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ma... come giocano - rivista Girotondo

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ma... come giocano - rivista Girotondo
ANNO 5 · N° 19 · MAGGIO 2016 · DISTRIB. GRATUITA
CITTÀ DI
PALESTRINA
Comune
di Zagarolo
Comune di
San Cesareo
Città
diCave
Castenaso
omune di
Comune di
Ozzano dell’Emilia
< SEGUICI
Comune di
budrio
terra e civiltà
,
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a
vacanze estive:
riscopriamo il valore
della lentezza
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UN PROGETTO
A SOSTEGNO
DELLE FAMIGLIE
PATROCINATO DA:
WWW.RIVISTAGIROTONDO.IT
giochi moderni e bambini:
istruzioni d’uso
senza l’abuso
pianeta bambini:
un mondo magico
tutto da scoprire
giocare con i figli...
perchè a volte
è così difficile?
l’estate arriva, tutti in vacanza!!!
ma... come giocano
i nostri bambini?
19-Girotondo Mag'16 FBO.indd 1
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a cura dott.ssa Cristiana Chiapparelli
direttore responsabile Girotondo
l' editoriale
Scaricando sul vostro smartphone
l’app QRReader e puntando sul codice
sovrastante, vi collegate direttamente al
sito di Girotondo: www.rivistagirotondo.it
Registrazione presso il Tribunale di Tivoli
n. 14 del 25.11.2011
l’estate arriva, tutti in vacanza!!!
ma... come giocano
i nostri bambini?
Sta per chiudersi un altro anno scolastico e la fine della scuola è legata alle
vacanze al mare, in montagna e dai nonni, al riposo, ai giochi all’aria aperta,
all’assenza di regole quotidiane rigide, alla voglia di andare tutti i giorni al
parco, per scatenarsi, correre e rincorrersi, per… giocare!
Questo numero lo abbiamo dedicato alla socilizzazione dei bambini, con
due risvolti principali, il gioco e l’interazione sociale, l’aria aperta e la
natura. Abbiamo chiesto ai tantissimi professionisti che collaborano con
Girotondo: quanto è importante il gioco per i bambini? Cosa implica
crescere i figli oggi, a fianco di playstation, telefonini e computer?
Dove sono finiti i giochi all’aria aperta e in cortile? Confrontiamo i nostri
giochi con quelli dei nostri figli… cominciamo a farlo davvero ed ecco riapparire giochi tipo la campana, ruba bandiera, mondo, l’elastico, la corda…
Giochi semplici, da fare insieme e soprattutto all’aria aperta, nella natura.
L’altra tematica che affrontiamo in queste pagine è infatti natura, vita all’aria
aperta e socializzazione dei bambini: Cosa succede ai nostri bambini
quando finisce la scuola e gli impegni extra scolastici? L’estate è fatta anche di giornate da riempire come si vuole… è utile questa libertà? I nostri bambini sono capaci di starsene semplicemente a far “niente”?
E noi genitori come vediamo questo “dolce far niente”?
Non mancano interessanti contributi e approfondimenti nelle rubriche specialistiche. Nell’augurare a tutti voi, piccoli e grandi lettori di Girotondo, un’estate ricca di emozioni e di scoperte, voglio ringraziare tutte le persone
che hanno deciso di appoggiare questo progetto editoriale sociale:
dai volontari che lavorano “dietro le quinte” e confezionano la rivista, agli
esperti che ci offrono professionalità e competenza, ai sostenitori che ci permettono di distribuire gratuitamente 30 mila copie di Girotondo, ai volontari
che le distribuiscono nelle scuole, agli Istituti Comprensivi che ci accolgono
riconoscendo alla rivista un valore educativo, ai Comuni che ci sostengono
con il patrocinio. E, sperando di non aver dimenticato nessuno, grazie a voi,
lettori, che leggendoci date alla rivista dei bambini e delle loro famiglie la ragione di esistere!•
19-Girotondo Mag'16 SAV+SAR.indd 3
Distribuzione gratuita nelle scuole primarie e dell’infanzia di Bologna e provincia
Fondato da: Cristiana Chiapparelli e Silvia Schiano di Tunnariello de L’Isola che
non C’è - L’asilo dei Bambini da 6 mesi
a 6 anni - con la collaborazione di Ilaria
Zamboni
Direttore Responsabile: Cristiana Chiapparelli
Responsabile Comitato Scientifico: Silvia
Schiano di Tunnariello
Hanno collaborato a questo numero: Annalisa Amadesi; Ilaria Arena; Alessandra
Augusti; Benedetta Aureoli; M. Lavinia
Bartolucci; Marika Benaglia; Claudio
Buccheri; Anna Maria Casadei; Federica Casilli; Maria Luisa Chillemi; Marina
Ciampoli; Claudia Ciarrocchi; Francesca
Cristofari; Alessandra Cremonini; Marianna De Luca; Valentina De Matteis;
Franca Errani; Letizia Fattori; Claudia Filidi; Lucia Fusco; Cristiana Gattai; Irene
Giardini; Eldad Kazaz; Angela Maiorano;
Laura Magnani; Morena Manzini; Carla
Sale Musio; Maria Cristina Nanni; Sara
Ottonello; Cristina Pantaleo; Mariangela
Pinci; Loredana Raso; Nada Raspanti;
Stefano Rimondini; Serena Rosa; Paola
Rubatta; Roberta Sabattini; Gabriella Saladini; Paola Saoncella; Pamela Sorrentino; Camilla Targher; Carmela Travaglini;
Patrizia Valenti; Licia Vasta; Lucia Zerbinati; Luisa Zoni.
Immagine, comunicazione, sito internet
e progetto grafico: Ilaria Zamboni
Stampa: Casma Tipolito, via Provaglia,
3 - 40138 Bologna
Redazione: Associazione Culturale Girotondo, Via Prenestina Nuova, 30 - 00036
Palestrina (RM), tel. 347.308.22.05,
[email protected].
Finito di stampare a MAGGIO 2016
Ogni collaborazione è a titolo gratuito. Tutti i materiali, le foto, i testi inviati alla redazione ai fini della
pubblicazione non verranno restituiti, salvo diverso
accordo, e tale invio fornisce automaticamente alla
redazione la liberatoria, da parte del mittente, per
l’uso delle immagini e del pensiero anche sul sito
internet. La riproduzione anche parziale dei materiali e dei testi pubblicati è espressamente vietata.
anno 5 • n° 19 • maggio ‘16
girotondo
la rivista dei bambini
e delle loro famiglie
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dossier
5
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a cura della Redazione
in collaborazione con i propri esperti dell’infanzia
Il gioco è l’essenza
stessa dell’infanzia
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giochi moderni e bambini:
istruzioni per l’uso
senza l’abuso
l’età in cui si “impara la vita”; è
un ponte fondamentale tra fantasia e realtà; uno strumento fondamentale di conoscenza di sé,
del proprio corpo, degli oggetti
e dell’ambiente circostante e dovrebbe essere un’attività del tutto libera, autonoma, priva di ogni
finalità, se non il piacere stesso
di giocare.
Ogni attività ludica si presenta
come “un qualcosa da inventare, da organizzare, da svolgere
e anche da terminare”, per tale
ragione essa sviluppa e rafforza
le capacità cognitive supportando la nascita del pensiero creativo che gli psicologi definiscono
“divergente”. Se gli oggetti che il
bambino ha a disposizione sono
semplici, duttili e versatili nel
loro utilizzo saranno sicuramente di maggior aiuto in quanto,
come sostiene il pedagogista
Rudolf Steiner, è l’immaginazione del fanciullo come fantasia
creatrice che deve compiere la
trasformazione e aiutare a entrare in un ruolo: un semplice
pezzo di stoffa può divenire una
bambolina oppure il velo di una
principessa o ancora il mantello
di un coraggioso cavaliere!
L’abilità dell’adulto
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coraggio, la bontà, la lealtà, la
pazienza, l’audacia, la perseveranza e la compassione.
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Il gioco ha quindi un forte risvolto sociale, insegna il rispetto delle regole e degli altri, tinge di forti
emozioni e sentimenti i rapporti con gli amici o con
gli adulti più cari, mantenendo la sua natura di spazio
dedicato all’avvenire, in quanto proprio facendo finta di essere qualcuno che non si è, forse si anticipa a se stessi quel
che si potrà diventare un giorno.
“Il gioco è come un caleidoscopio”
sostiene Marc Bekoff biologo evolutivo dell’Università del Colorado, nel senso
che è creativo e casuale.
Dato che l’esperienza del gioco è
fondamentalmente creativa, non possono definirsi tali
tutti quei giochi “preconfezionati” in cui non c’è spazio
per l’apporto personale del bambino.
Per questo favorisce flessibilità e creatività
che in futuro potrebbero rivelarsi particolarmente importanti per risolvere situazioni impreviste e problematiche con il
conseguente sviluppo dell’adattamento all’ambiente.
I videogiochi, come i giochi con favole registrate, DVD o simili, non permettono al bambino di attivare le proprie
risorse creative, perché il processo su cui si basano è già
compiuto in sé. Il bambino non può dare nessun apporto creativo, ma può solo seguire il percorso già predeterminato dall’attività, con il rischio che venga “risucchiato dentro”,
come incantato, anestetizzato, senza avere però nessuna
possibilità di “personalizzare” il gioco affinché possa
rispondere alle sue esigenze emotive.
giocare
Non sottovalutiamo i rischi legati all’eccessivo o scorretto
utilizzo da parte dei nostri bambini, che rischiano di estraniarsi dalla realtà, di avere una preoccupante mancanza
di empatia per i propri coetanei e in seno alla famiglia, fino
ad arrivare a non sapere più interagire in modo equilibrato, esercitando un eccessivo senso di potere e controllo con
giocare
giocare...
È vero che siamo in un’era tecnologica, ma è anche vero che
C’È UN’ETÀ GIUSTA PER TUTTO. I bambini di oggi sono capaci di usare il pc, accendere il dvd, usare il cellulare, ma questo non significa
essere più intelligenti o attrezzati per la vita.
Queste sono prestazioni, che sono diverse dalle competenze che si
sviluppano con il tempo e mettendo in gioco sé stessi e la propria
fantasia.
In questo TEMPO DI FRETTA e di corsa alla prestazione è fondamentale che noi genitori, gli educatori e tutti coloro che si adoperano per il benessere del bambino, si assumano la
fatica (e l’orgoglio) di ANDARE CONTROCORRENTE.
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le persone e l’ambiente che li circonda… dal punto di vista fisico si evidenziano problemi come sedentarietà, sovrappeso, tachicardie e tic legati
all’eccessiva stimolazione che ricevono durante l’utilizzo dei videogiochi e
notevoli disturbi della vista fin dalla precoce età.
Per non parlare dei contenuti violenti di alcuni videogiochi, che possono avere un forte impatto sul comportamento dei bambini. In effetti, uno
studio dell’Università del Missouri, in cui alcuni bambini sono stati invitati
a giocare con dei videogiochi per 25 minuti, ha evidenziato come i videogiochi violenti desensibilizzano il cervello alle immagini “crude”
e inducono comportamenti aggressivi. Soprattutto nel periodo della
preadolescenza (8-11 anni), l’esposizione ripetuta alla violenza presente
in questi strumenti esercita un’influenza significativa, perché va a rinforzare ed incrementare quei sentimenti, quelle cognizioni e quei livelli di
attivazione correlati all’aggressività che il giovane già vive di per sé.
Al giorno d’oggi i videogiochi sono molto utilizzati come “sedativi” o “baby
sitter” virtuali (i ristoranti sono pieni di bambini che al tavolo ingaggiano
battaglie solitarie per passare ai livelli successivi, mentre gli adulti si godono la cena!), ma questo rischia di intaccare la relazione, rischia di
creare bambini “spenti” (o che faticano a tollerare lo star seduti a tavola
o la noia) e adulti che faticano sempre più a stare con i propri figli, a
conoscerli profondamente.
Fino al giungere della scuola primaria
sarebbe utile non permettere questo tipo di giochi, ma stimolare il bambino a “creare” il suo gioco (di solito i giocattoli migliori sono quelli che
ci si costruisce da soli, usando materiale povero), a sentire cosa ha voglia
di fare e, perché no, anche ad annoiarsi!
Non è un caso che nell’era della comunicazione
IL DISAGIO AUMENTA sempre di più, perché è sempre
più assente la capacità di comunicare, di entrare in relazione con se stessi e con gli altri in modo autentico. Il rischio è che la realtà virtuale sostituisca quella reale (soprattutto in adolescenza) e FAVORISCA L’ISOLAMENTO.
Verso i 7-8 anni si può iniziare a concedere questo tipo
di gioco, sempre alternandoli ad altre attività ludiche,
LIMITANDONE IL TEMPO A MEZZ’ORA AL GIORNO
e scegliendo molto accuratamente il tipo di videogioco
che si offre ai propri figli. Stessa cosa vale per la TV.
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Utilizzare i videogiochi per sfide con amici o fratelli può essere UN BUON MODO per rendere il gioco
uno strumento di socializzazione piuttosto che di
isolamento, soprattutto se i fratelli hanno fasce di
età differenti, questo può diventare un MOMENTO
D’INCONTRO che non deve comunque restare l’unico
ed essere sempre alternato ai giochi tradizionali.
La bussola per noi genitori può essere tenere conto
nella quotidianità dello stesso tempo dedicato ad attività ludiche così come a playstation, telefonini e TV,
in un rapporto di uno a uno.
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Quando gli unici giochi a cui desiderano giocare i nostri bambini
sono proprio i videogiochi, c’è il rischio che il confine tra uso di
questi strumenti e abuso diventi troppo sottile e il bambino diventi
alla fine dipendente. Infatti, durante il gioco con i videogames c’è un
incremento della produzione di dopamina, neurotrasmettitore
che, oltre ad essere coinvolto nell’apprendimento e nel consolidamento mnemonico delle nuove informazioni, è correlato anche con
il potenziamento del comportamento aggressivo, legato al piacere
ed alla ricerca di nuove ed intense emozioni. Questo fattore, insieme ad un utilizzo massiccio di videogiochi e alla continua ricerca
di nuove emozioni, sembra essere collegato con il Tech Abuse,
comportamento patologico caratterizzato dall’utilizzo eccessivo
delle nuove tecnologie e dalla difficoltà, o incapacità, a relazionarsi
al di fuori del mondo virtuale.
In effetti, nei bambini che giocano con i videogames tutti i giorni assiduamente, si verifica un sovraccarico di informazioni
che li rende incapaci di ritenere, gestire, elaborare ed interpretare la mole di dati cui si trovano esposti. Ciò si riscontra
soprattutto con quei videogiochi e simulazioni virtuali che presentano una perfezione grafica tale da ridurre notevolmente la distanza
tra realtà e finzione: il contatto precoce, intenso e prolungato rende,
in questi casi, difficile al bambino l’individuazione del confine tra
uomo e macchina, animato ed inanimato, fantasia e realtà.
E’ necessario che noi genitori
supervisioniamo il tempo trascorso giocando dei nostri figli
per non trasformare l’uso dei videogiochi in una pratica quotidiana
e stabile, ma piuttosto ad un’attività fatta con eccezione e comunque mai come unica fonte di gioco, ma come una delle tante
usate durante l’attività ludica dei propri figli.•
LA PREVENZIONE RIMANE L’UNICA ARMA che abbiamo a disposizione, e qui un ruolo evidente ce l’abbiamo noi genitori che dobbiamo sempre interessarci ai contenuti dei videogiochi acquistati,
evitando sfide violente o eccessivamente competitive.
Uno strumento che può essere d’aiuto in questo senso è la raccomandazione PEGI (Pan-European Game Information o Informazione Paneuropea sui Giochi) che informa sull’età a partire dalla
quale un videogioco può essere utilizzato e che troppo spesso è
sottovalutata proprio da noi genitori che non siamo nati nell’era
digitale…
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Nasce un bellissimo campo solare che permette ai
bambini di trascorrere più tempo all’aria aperta, di
imparare a riconoscere i tempi dell’orto e della natura, scoprire l’attesa ed avere un rapporto stretto con
gli animali ed in particolare con i cavalli imparando
ad accudirli e a cavalcarli.
cosa succede se una
fattoria didattica e un a
di equitazione s’inc on
Il campus estivo che è nato dalla collaborazione tra la Fattoria Didattica Belvedere di San Lazzaro e il Bologna Equestrian Center
(BEC) di Ozzano Emilia, rivolto ai bambini ed alle bambine dai 6 ai
14 anni è proprio pensato con questa filosofia e strutturato in modo tale
che genitori e bimbi possano scegliere la formula più adatta alle proprie
esigenze. Infatti è come se fossero due campi solari in uno.
Al mattino l’appuntamento è sotto l’arco delle scuderie per cominciare con le lezioni di equitazione. Proprio al Bec, dalle 8.30 alle 12.30,
personale altamente qualificato, insegnerà non solo a montare con sella
all’inglese, ma svolgerà anche tutti quei piccoli compiti che riguardano la
cura del cavallo, passando dalla pulizia degli zoccoli fino ad accompagnarlo nel proprio box. Questi insegnamenti avvengono nel totale rispetto
dei bambini e dell’ambiente. Al BEC, grazie all’equitazione s’impara
non solo a non urlare per non spaventare gli animali, ma si acquistano anche maggiore autostima e sicurezza grazie alla possibilità
di dominare un animale tanto grande.
Finita la mattina al Bologna Equestrian Center ci si sposta alla Fattoria
Didattica Belvedere dove, a ridosso dei colli con un panorama bellissimo
e in un ambiente familiare, i bambini potranno gustare il pranzo biologico
fornito da un’azienda esterna specializzata.
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Finito di mangiare è ora la volta dei laboratori, in modo da trascorre le ore
più calde della giornata all’ombra facendo un’attività stimolante e utile ma
allo stesso tempo anche rilassante.
La merenda, è il momento di socializzazione per eccellenza, poiché
prima viene preparata tutti assieme e poi mangiata.
Nel frattempo gli animali chiamano: il raglio dell’asino e dei pony, il belare
delle caprette e il chiocciare delle galline ricordano ai bambini, come una
volta lo facevano con il fattore, che è arrivato il momento di dedicare loro
attenzioni. Ecco i bimbi pronti per confrontarsi con una nuova avventura quella
di raccogliere le uova dal pollaio, pulire
gli zoccoli all’asino ed accarezzarlo, annaffiare l’orto e sradicarne le erbacce.
un a scuola
nc ontrano?
Entrambe le strutture offrono un
contatto continuo e costante con la
natura, permettendo ai bambini di
misurarsi, sempre in sicurezza, con esperienze nuove ogni giorno.
Se volete si può scegliere di fare anche o il solo CAMPUS del BEC
o solo il CAMPUS DELLA FATTORIA BELVEDERE.
Nel primo caso il campo è aperto solo al mattino dalle 8.30 alle 12.30 e poi
tutti a casa per il pranzo. Nelle quattro ore passate al centro si imparerà
comunque l’accudimento, l’autonomia e la lezione in sella con tanto di
caschetto obbligatorio.
Per il campus della sola Fattoria didattica Belvedere, invece, le porte aprono alle 7.30 e Marzia ospiterà i vostri figli fino alle 18. Durante la giornata
si rispetterà il ciclo naturale del sole, stando all’aria aperta, quando l’aria è
più fresca cioè al mattino presto, curando l’orto, raccogliendone i frutti ed
annaffiandolo. Il pranzo tutti assieme, i laboratori, la merenda, il contatto con gli animali e poi il venerdì sera l’aperitivo con i genitori,
per renderli partecipi di quanto fatto durante la settimana.
I campus prenderanno il via il 7 giugno e proseguiranno fino all’inizio della
scuola con una piccola pausa nel mese di agosto.
Potete avere maggiori informazioni consultando i siti www.ec-bologna.it o
www.fattoriabelvedere.it o telefonando al 051.79.04.49 -340.48.67.821.•
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Perché fare code estenuanti in autostrada per andare al mare, quando abbiamo una vera e propria
oasi in città? A soli 5 minuti da Bologna e da San
Lazzaro di Savena la piscina Paolo Gori offre relax,
divertimento e sport per grandi e piccoli, il tutto in
una cornice naturalistica invidiabile!
il giusto relax per i pi ù
tanto divertimento pe
Nello splendido solarium possiamo veramente rilassarci mentre i nostri
figli si divertono, vicino a noi, in uno spazio dedicato all’animazione (da 3
a 9 anni) grazie ad uno staff di insegnanti qualificati che si prenderanno
cura di loro.
Baby dance, ginnastica in acqua, tappeti elastici, giochi di società e laboratori di ogni tipo, queste le innumerevoli attività che i bambini possono
svolgere tutti i giorni compresa la domenica in compagnia di Lorella la
Coccinella, mascotte della piscina.
Il nuovissimo SCIVOLO PISCINA SUMMERFUN sarà una delle attrattive di questa estate, permettendo ai bambini di trascorrere tantissime ore di puro divertimento!!
Per i ragazzi oltre i 9 anni il centro sportivo, di cui fa parte la piscina, offre
la possibilità di giocare a tennis (compatibilmente con la disponibilità dei
campi), ping-pong, basket, beach tennis e volley, oltre al recente campo
da bocce su sabbia.
Una festa di compleanno fuori dal comune….
organizza una festa davvero speciale per i tuoi bambini o ragazzi, ti verrà
riservata un’area ad hoc all’interno del solarium e potrai usufruire della nostra animazione. In più tutte le domeniche tanta musica con il nostro D.J.
SET, balli di gruppo e giochi a premi!!
+ movimento – farmaci + salute
Per i genitori più dinamici che non si accontentano del solo relax e vogliono fare un po’ di movimento in acqua mentre i bambini giocano, c’è la possibilità di avvalersi di un servizio ad hoc di Trainer di vasca (con tanto di
videoripresa della nuotata). Braccia e gambe più toniche, meno mal di
schiena, meno cervicale, meno peso, meno gambe gonfie e meno stress!
Questo l’obiettivo del progetto PIANORO cammina….corre….nuota che prevede, oltre al Trainer di
vasca gratuito, un Personal Trainer con il quale svolgere allenamenti personalizzati in giorni ed orari
da concordare con la segreteria.
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Le attività fuori dall’acqua per le quali ci si può avvalere del Personal Trainer, spaziano dalla semplice camminata lungo il circuito naturale attorno
al centro sportivo, alla corsa fino alla bicicletta. Lo splendido Velodromo
che si trova nelle vicinanze della piscina è a disposizione dei ciclisti più
“agonisti”. Per tutta l’estate rimane attiva la nuovissima attività di
GROUND TRAINER con la campionessa italiana di pugilato categoria Supergallo; allenamento a circuito, nozioni di pugilato, sacco,
attività outdoor etc...giorni ed orari in base alle richieste con gruppi
di 4/5 persone o anche sedute individuali.
pi ù grandi...
to per i piccini
ORARI
ESTIVI dal 1 Giugno:
Lunedì
dalle 10,00 alle 20,30
Martedì
dalle 06,00 alle 22,00
Mercoledì
dalle 06,00 alle 22,00
Giovedì
dalle 06,00 alle 20,30
Venerdì
dalle 06,00 alle 20,30
Sabato
dalle 07,00 alle 19,30
Domenica dalle 08,30 alle 19,30
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Dopo l’attività sportiva goditi
un bel massaggio (servizio a
pagamento) e assapora una bibita fresca e dissetante a bordo
piscina! Tutto questo e molto
altro rappresenta la Piscina –
Centro Sportivo – Paolo Gori… un oasi in città dove possiamo
riposarci e rilassarci con un
buon libro, oppure trascorrere
giornate all’insegna dello sport
e del divertimento.•
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“Contadino: Scarpe grosse e cervello fino!” è questo
un antichissimo proverbio che si riferisce al mondo contadino, quando proprio gli agricoltori esprimevano, malgrado le calzature pesanti, acume ed
intelligenza.
una settimana da contadino per
il tuo bambino nel pa rc
gessi e calanchi dell’ab
E’ ormai assodato che dal contatto con la natura e gli animali si possa far
crescere meglio anche intellettualmente i nostri figli, allora quale occasione
migliore da sfruttare se non le vacanze estive per stare di più all’aria
aperta?
Esiste un modo per far divertire i bambini ed allo stesso tempo permettere
loro d’imparare, ce lo conferma l’Agriturismo Dulcamara che pare aver
trovato la chiave giusta per entrare in contatto non solo con la natura
ma soprattutto con i vostri bimbi.
Il Dulcamara, ormai centro di riferimento per molte scuole del bolognese
e famosissimo fra i bambini, ha pensato anche per quest’anno di offrire la
possibilità ai ragazzini della scuola elementare e media di trascorrere parte
delle proprie vacanze facendo il CONTADINO, grazie ad una delle tre proposte di “Campo Estivo” pensato dal team della fattoria.
Durante la permanenza in fattoria i vostri figli impareranno a riconoscere
frutta, piante ed ortaggi che verranno raccolti e utilizzati in cucina per preparare il pranzo. Conosceranno come predisporre la semina e il vivaio per
le prossime stagioni, distribuiranno il cibo agli animali e li osserveranno per
percepire le loro esigenze del momento: paglia pulita, acqua o carezze.
Produrranno pane e pizze cucinate nel forno esterno in terra cruda e faranno
frittate con le uova raccolte nel pollaio.
Inoltre impareranno a costruire i mattoni in terra cruda ideali per nicchie e
ricoveri per piccoli animali amici dei contadini, come lucertole, ragni, coccinelle, ricci e costruiranno nidi artificiali in legno per uccellini insettivori, lavoreranno la lana per produrre piccoli oggetti in feltro e l’argilla per piccole
opere di loro fantasia. Un addestratore equestre permetterà ai bambini di
avvicinarsi ai cavalli e, chi vorrà, potrà anche montarli.
Le prime due proposte, entrambe solo diurne, si differiscono nel fatto che
nel campo diurno a cavallo i bambini faranno equitazione dalle 9 alle 13
affrontando tutti gli aspetti del cavallo che vanno dalla pulizia degli zoccoli
alla sella, mentre nella settimana diurna la mattina sarà dedicata ai diversi
lavori di cui una fattoria ha bisogno.
Al Dulcamara ci sono tutti gli elementi necessari affinché un bambino si diverta e le tre differenti
proposte permetteranno ai genitori di scegliere la formula che più si adatta alle esigenze loro ed
dei propri bambini.
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Il campo estivo a cavallo è gestito da istruttori tecnici equestri del
maneggio di Parco Cavaioni di Bologna e prevede l’avvicinamento al
mondo del pony e del cavallo, l’osservazione del comportamento e delle
regole di base da rispettare per non farsi male, la pulizia, il sellaggio, la
conduzione a mano, la ginnastica sul cavallo, i giochi di equilibrio e coordinamento, i giochi a squadre e passeggiate nel parco.
Molto interessante inoltre è la proposta residenziale, grazie alla quale i
bambini passeranno un’intera settimana in tenda nel cuore del Parco
Regionale dei Gessi Bolognesi e Calanchi dell’Abbadessa. Un’esperienza formativa che permetterà ai vostri
figli di divertirsi e misurarsi con l’esperienza della notte fuori casa, in campeggio.
Quest’ultima possibilità sarà però limitata
alle sole settimane dal 17 al 22 luglio e dal
24 al 29 luglio.
pa rco dei
dell’abbadessa
Segnate in agenda l’appuntamento
di giovedì 26 maggio alle 19, giorno in
cui sarà fatta la presentazione ufficiale dei campi strutturati dal Dulcamara,
aperta a tutti coloro che sono interessati ai campi estivi, momento ideale
per ritirare anche i moduli necessari all’iscrizione. Potete inoltre chiedere
maggiori informazioni telefonando al numero 051/796643 o mandando una
mail a [email protected].
Ramona, l’asina che da anni è al Dulcamara, Ugo il cavallo, Genziana
il pony aspettano i vostri bambini per fargli vivere l’estate più bella
della loro vita, ma ricordate che la domanda di partecipazione deve
pervenire all’agriturismo entro il 31 maggio 2016.
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Il Poliambulatorio “Sanitas 2002” di Cave opera
sul territorio dal 2002 per offrire e garantire con la
massima professionalità e competenza ogni servizio
sanitario necessario a tutelare la salute degli utenti.
al Sanitas 2002 un eq ui
professionisti dell’et à e
Dal 2005 il Poliambulatorio Sanitas 2002 è accreditato con il Servizio Sanitario Nazionale (S.S.N.) per le branche di Radiologia, Fisiokinesiterapia e Analisi Cliniche, con la possibilità di richiedere anche il servizio di prelievi a domicilio, offrendo a tutti la
possibilità di usufruire di prestazioni sanitarie celeri e professionali.
Il centro è dotato delle più moderne apparecchiature (Rx digitale) per la Radiologia, con esami radiografici che riguardano lo scheletro in tutte le sue
proiezioni radiografiche e tomografiche. Vengono fatte anche a domicilio. La Fisiokinesiterapia si avvale di una equipe di fisioterapisti, fisiatri e ortopedici specializzati nelle problematiche di natura traumatologica, ortopedica, neurologica, reumatologica e posturale.
Da un paio di anni nel centro Sanitas 2002 si è creata un’equipe di professionisti concentrata sulle problematiche dell’età evolutiva, nata
dall’esigenza di seguire nella globalità le necessità dei bambini e
delle loro famiglie e pertanto si pone come obiettivo prioritario la presa
in carico a 360° delle loro problematiche.
In tal senso ogni professionista che ne fa parte (neuropsichiatra Infantile, terapista della neuro psicomotricità, logopedista e la psicologa e
psicoterapeuta) contribuisce con le proprie competenze specialistiche e
professionalità alla definizione della diagnosi e/o del percorso terapeutico.
La figura del neuropsichiatra dell’età evolutiva, la dott.ssa Mariangela Pinci, che si occupa di diagnosi e indicazioni al trattamento farmacologico e/o riabilitativo, coordina questo lavoro d’equipe collaborando
con la logopedista dott.ssa Eleonora Storai, la dott.ssa Elena Bolli
terapista della neuropsicomotricità e la psicologa e psicoterapeuta
dott.ssa Alessandra Chiapparelli che offre sostegno alla genitorialità
nell’ambito della gestione delle emozioni rispetto alle problematiche rile-
Grazie alle tante collaborazioni con medici professionisti fornisce un’assistenza sanitaria efficiente e di
qualità. Il Poliambulatorio effettua anche esami di diagnostica strumentale per valutare le funzioni di
singoli organi e/o apparati, con la consegna immediata del referto.
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arearivista
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vate. Alla base di questo servizio che il Poliambulatorio offre c’è quindi un
lavoro trasversale di squadra di queste quattro figure professionali,
ognuno secondo il proprio ruolo e la propria prospettiva. Le loro riunioni d’equipe per affrontare e discutere un caso clinico sono fondamentali
per offrire al paziente una valutazione globale, per indirizzare la famiglia al
migliore trattamento e per seguire il bambino nel suo percorso riabilitativo
completo.
L’equipe effettua anche valutazioni
standardizzate per la definizione del
quadro clinico nonché della diagnosi. Tutto questo è un grande vantaggio
per le famiglie e rappresenta il fiore
all’occhiello che il Centro Sanitas a
Cave offre alla propria utenza: per un
genitore torvare tanti professionisti che
possano gestire la propria problematica all’interno della stessa struttura è
importante sia da un punto di vista clinico, emotivo nonché pratico-organizzativo, qui si sente accolto come in una più grande famiglia!
eq uipe di
l’et à evolutiva
Entrando più nello specifico, le aree di intervento sono:
• Disturbi del tono muscolare, della postura e del movimento;
• Ritardo e/o disturbo dello sviluppo neuro psicomotorio;
• Sindromi genetiche;
• Prematurità;
• Disabilità cognitiva;
• Disturbi dell’apprendimento scolastico;
• Disturbi del tono dell’umore,
• Cefalea;
• Disturbi del sonno; • Difficoltà relazionali e comunicative
(autismo e disturbi generalizzati dello sviluppo, etc…);
• Disturbi del comportamento (deficit dell’attenzione con o senza
iperattività, disturbo oppositivo provocatorio, della condotta; etc..);
• Disturbi del linguaggio, deglutizioni atipiche;
• disfunzioni tubariche e disfonie.
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a cura dott.ssa Silvia Schiano di Tunnariello
pedagogista, counselor relazionale, coordinatore asilo nido “L’Isola che non C’è”
la parola al pedagogista
Computer, video giochi, televisori al plasma, telefoni
cellulari di ultima generazione, chi più ne ha ne metta!! Siamo circondati!!
le nostre mani:
quali preziosi strume nt
per noi e i nostri ba mb
Le tecnologie informatiche ormai sono parte integrante della nostra vita,
tutto è informatizzato comprese le operazioni più semplici del nostro agire
quotidiano come preparare un caffè. Cambiano le caratteristiche dell’ambiente in cui viviamo e la nostra specie si trasforma, si adatta, sviluppa
nuove competenze, avete notato come i bambini di oggi sono molto più
bravi di noi con tablet e smartphone?
Siamo entrati da anni ormai nell’era del digitale e ci apprestiamo a diventare degli homo sapiens sapiens “digitalis”, stiamo imparando a digitare,
scorrere, sfogliare pagine con un tocco delle dita, le mani, come vedete,
sono sempre protagoniste dei nostri progressi, ma vi siete mai fermati a
osservare il lavoro di un artigiano e in particolare tutti i preziosissimi movimenti della sua mano?
I suoi movimenti così come i movimenti dell’uomo digitale sono sempre
dettati da impulsi cerebrali, ma quante abilità stiamo perdendo? E in
particolare stanno perdendo i nostri bambini! Allacciarsi le scarpe,
o appendere il cappotto a una stampella per molti sono diventati compiti
inaccessibili. Dunque, senza demonizzare le moderne tecnologie, importanti per la nostra vita, senza le quali oggi sarebbe difficile sopravvivere
tanto ci siamo “abituati” ad usufruirne, mi piacerebbe riportare l’attenzione sulla mano quale strumento cardine dello sviluppo dell’intelligenza e su quanto per un bambino sia fondamentale oltre al digitale poter
fare concretamente con le mani!!
Per far questo, non posso non far riferimento a una grande donna, scienziata, medico, pedagogista, Maestra delle maestre, una precorritrice dei
nostri tempi: Maria Montessori, in uno dei suoi molteplici scritti ci parla proprio della Mano quale strumento privilegiato per lo sviluppo
dell’intelligenza umana.
Lo sviluppo dell’abilità della mano va di pari passo con lo sviluppo dell’intelligenza. La Montessori sostiene che l’intelligenza del bambino raggiunge un certo livello, senza far uso della mano; con l’attività
manuale egli raggiunge un più alto livello di sviluppo, e sostiene, inoltre, che il bambino che ha potuto
far uso delle proprie mani sviluppa un carattere più forte.
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La Montessori innanzitutto ci fa notare come in tutti gli animali lo sviluppo
dei quattro arti avvenga uniformante, mentre nell’uomo mani e piedi seguono uno sviluppo differente perché diversa la loro funzione; mentre lo
sviluppo del piede e del passo è fisso in tutti gli uomini, pertanto una volta
imparato a camminare gli uomini utilizzeranno nello stesso modo i loro
piedi, tanto da essere considerato un fatto biologico, lo stesso non può
dirsi per le mani la cui funzione non è fissa; lo sviluppo della mano
nell’uomo dipende dalla psiche, non solo dell’io individuale, ma anche dalla vita psichica delle differenti epoche.
me nti
ba mbini!!!
La trattazione di questa materia da parte di
Montessori prosegue, analizzando quelle che
sono le implicazioni e le correlazioni tra lo sviluppo delle mani e degli arti inferiori: i piedi, il
camminare.
Affronteremo questo aspetto nel prossimo articolo, nel frattempo, prendiamoci del tempo per
osservare quanto abili sono le nostre mani,
quanto lo erano quelle dei nostri nonni, quanto lo sono quelle degli artigiani, cerchiamo di offrire ai nostri bambini fin da subito occasioni
per esercitare la mano, partendo dalla manipolazione libera di quello che
si ha in casa, facendo naturalmente attenzione nel preservarlo dai pericoli,
e offrendogli piccoli compiti sempre più complessi man mano che le sue
competenza progrediscono e si sviluppano. Soltanto così possiamo rispondere al profondo bisogno del bambino “aiutami a fare da solo” che Maria
Montessori per prima aveva scoperto e assecondato più di un secolo fa!•
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a cura dott. Claudio Buccheri
psicomotricista, TNPEE, formatore, supervisore e tutor
psicomotricita ' e bambini
Una mamma mi ha regalato queste domande che
rappresenteranno per me il riferimento costante
nello scrivere questo articolo: “Quanto è importante
per i bambini il gioco? E quanto s’impara giocando?
Cosa significa veramente nel loro immaginario? Come
possiamo noi adulti attraverso il gioco interagire con
loro? E come i loro giochi ci aiutano a capirli?”
i giochi dei bambini
ci aiutano a capirli?
Fiumi d’inchiostro hanno raccontato i molteplici sensi del giocare e del
gioco tanto infantile quanto adulto, e sarebbe un gesto inopportuno fare
di quest’occasione un infelice “Bignami” su tale argomento. Non resta
allora che rivolgerci ai bambini, gli esperti che, nel corso del tempo,
mi hanno pazientemente accompagnato nella scoperta del senso
dei loro giochi, itinerari lungo i quali ho dovuto mettere da parte i saperi
codificati per partecipare con stupore al viaggio.
Essere partner simbolici significa garantire ai bambini che la nostra posizione sarà “sufficientemente buona” e che, nella nostra perfettibilità, saremo sempre disponibili a modularci al meglio… in fondo, il gioco è il
campo esperienziale nel quale ognuno di noi ha costruito la sua prima
mappa del mondo, ove abbiamo misurato le distanze e i ritmi, le relazioni,
provando cose difficili che rappresentavano per noi il segno di un momento di crescita. Quante volte nell’ingaggio ludico risuonano frasi quali
“Sono il Re!!… Sono la Regina!!”, veri e propri progetti, ponti verso il loro
futuro, il momento della loro definitiva affermazione come soggetti capaci,
ma che, nel loro presentificarsi all’adulto, non possono essere accolte
nel loro senso letterale, “adesso io sono il Re e ti sono superiore”, bensì
trasformate nella dichiarazione di un futuro a venire che ora vive del
limite della nostra presenza, una presenza di protezione e sostegno.
In fondo, il gioco è lo spazio ove si sviluppa la relazione fondamentale
con le regole e i limiti, soli elementi sui quali il bambino sa che potrà
fondare la sua costruzione di soggetto. Ogni qualvolta, mi sono trovato a
misurarmi con bambini delle più svariate età definiti “iperattivi” e/o “senza
regole”, quando non v’erano delle basi fisiologiche, ho incontrato persone che, attraverso modalità certamente estreme, cercavano di formulare
domande essenziali alla loro crescita e che, non trovando l’ascolto
necessario, esplodevano nell’attacco all’adulto di riferimento, fosse un genitore piuttosto che l’insegnante. “Ti colpisco perché sono solo con le
mie paure, i miei bisogni e non vedo altro modo per portare la tua
attenzione su di me”, frase la cui realtà assume un peso specifico via
via crescente con il diminuire dell’età del bambino e delle loro possibilità
di “dirci ciò di cui hanno bisogno”. Lo sguardo, in queste situazioni, do-
Se il gioco può insegnare qualcosa a noi grandi è quello di riscoprirlo come spazio di creazione e
formazione del soggetto che, fuori dalle mirabolanti imprese con tablet e smartphone a cui i nostri
bambini sono tristemente avvezzi, è nel dialogo dei corpi-parola nel loro ingaggio ludico che aiutiamo
il bambino a costruire una mappa efficace del mondo.
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vrebbe cercare di mettere a fuoco lo sfondo nel quale si muove questo
piccolo proiettile, infatti, è lì che potremo ritrovare la verità di quella corsa
o di quel colpo dato al compagno che, se nella maggior parte dei casi rappresentano una richiesta di modulazione, “mi aiuti a regolarmi in modo
tale che sia poi in grado di farlo da solo?”, in situazioni più estreme,
rappresenta l’unica modalità di raccontare disagi e traumi profondi, senza necessariamente descrivere la scena del trauma, cosa tanto più vera
quando ci si trovi di fronte ad abusi o maltrattamenti.
Il gioco con leggerezza ci può permettere di riconoscere al bambino traumatizzato il diritto essere arrabbiato, dando una direzione alla rabbia che
lo abita e mettendosi al suo fianco assicurandolo del fatto che “faremo di
tutto per proteggerlo da ulteriori ferite”. Purtroppo, diverse sono le immagini che abitano queste mie parole e sono giochi, parole, volti che troppo
spesso non venivano viste nella loro urgenza ma derubricate a gesti
violenti del tutto gratuiti.
Tutto questo non avrebbe nessun senso se non ci si soffermasse su di
un’urgenza molto spesso messa in campo dai bambini, il bisogno di riti di
passaggio che li aiutino a scandire il loro processo di crescita. In una società di consumo che abbisogna dell’infantilizzazione dei soggetti in quanto “produttori/consumatori” ciò che interessa non è scandire la crescita
attraverso la formazione di un pensiero critico quanto piuttosto indurre
bisogni, istillare desideri. A fronte di quest’orizzonte, a dispetto di tutto, i
bambini, in quella che non posso che definire la loro profonda saggezza, chiedono nel gioco di costruire veri e propri dispositivi di misura
delle loro forze di soggetto, riti di passaggio nei quali misurare la loro
forza e le loro capacità e nei quali cementificare quell’alleanza di classe
d’età essenziale al processo di autonomizzazione dalla famiglia.•
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a cura dott.ssa Paola Rubatta
psichiatra e psicoterapeuta sistemico relazionale
l' intervento di psicoterapia
Qualche anno fa un’amica, insegnante della scuola
primaria, mi raccontò di aver passato una mattinata
in cortile con i suoi allievi. Arrivati a casa i bambini
raccontarono di aver giocato per tutto il tempo.
Molti genitori contattarono l’insegnante allarmati ed irritati per tutte
le ore “perse”: si trattava di scuola
e i bambini avrebbero dovuto usare quel tempo per apprendere.
Ma se i genitori avessero chiesto
semplicemente “a cosa avete
giocato?”, avrebbero scoperto
che i loro figli, armati di metro,
carta e penna, avevano passato
la giornata misurando il cortile,
segnandosi la lunghezza dei lati
e delle diagonali, calcolando perimetri e aree di tante figure geometriche.
Secondo voi quali bambini ricorderanno meglio la lezione
di geometria: quelli che l’hanno appresa seduti ai banchi o
quelli che l’hanno sperimentata
nello spazio?
Spesso, nella nostra testa, distinguiamo tra “dovere” e “ piacere”,
tra “gioco” e “ apprendimento”. La
scuola stessa ci spinge a fare questa distinzione: fino ai cinque anni
si va a scuola per stare con gli altri
bambini e per giocare, dai sei anni
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giochiamo insieme?
si sta seduti nei banchi, si studia e si fanno i compiti. Eppure tutti noi abbiamo fatto l’esperienza di quanto risulti più facile apprendere, ricordare e
interagire con gli altri, se tutto ciò avviene attraverso il divertimento.
Ma, a questo punto, qualche genitore penserà “non è che si possa giocare
sempre…. la vita non è tutta un gioco”; altri, invece, penseranno “sono un
pessimo genitore perché gioco troppo poco con i miei figli”.
Qual è allora il giusto equilibrio tra tempo di gioco e tempo di non-gioco?
Ed è più giusto giocare con loro, organizzare dei giochi per loro o lasciarli
giocare tra loro? Se ci pensiamo giocare con i figli è un’”invenzione”
recente. Fino a una cinquantina di anni fa il gioco era qualcosa che apparteneva ai bambini e rappresentava la possibilità di sperimentarsi senza la
diretta e continua supervisione di un adulto.
Oggi, per contro, si insiste molto sulla necessità di giocare con i propri
figli, come mezzo per garantire loro una crescita serena ed equilibrata.
E così nella foga di essere bravi genitori si rischia di incastrare momenti di
gioco quando si è distratti e stanchi rischiando di comunicare più un senso
di fatica che di allegria.
Esiste una condizione necessaria affinché un gioco sia efficace, divertente, coinvolgente e davvero fonte di apprendimento: deve essere sentito e
partecipato da tutti i giocatori. Allora, come genitori, perché non provare
a spostare la nostra attenzione più che su un gioco da dover fare con i figli,
sulla possibilità di aggiungere “giocosità” nella nostra relazione con loro?
Perché non imparare a ridere con i nostri bambini, inventare modi divertenti
per affrontare le difficoltà e le incombenze della vita quotidiana, magari trasformando in gioco alcune delle tante richieste che facciamo ai nostri figli?
Forse da grandi, parlando di noi, diranno: “ricordo un volto sorridente, gli
occhi divertiti e tante risate fatte insieme”.•
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a cura dott.sse Annalisa Amadesi,
Irene Giardini, Sara Ottonello
psicologhe, psicoterapeute
?
“SI PUÒ SCOPRIRE DI PIÙ SU UNA PERSONA IN UNA
ORA DI GIOCO CHE IN UN ANNO DI CONVERSAZIONE” Platone
scoprire l’altro
attraverso il gioco
Giocare rappresenta per chiunque un’esperienza fondamentale per lo sviluppo psico-fisico, infatti, durante le prime attività ludiche si sperimenta e si
conosce il mondo per la prima volta. L’epoca tecnologica che viviamo
rappresenta un limite per qualsiasi tipo di gioco che non sia elettronico. La crescente diffusione di questi giochi abbassa l’età in cui ci si
approccia a videogame e consolle e innalza la quantità di tempo speso con
questi strumenti.
no essere molto graditi giochi con
principi didattici che assecondino
la naturale curiosità di sperimentare materiali e oggetti nuovi e più
complessi.
Johan Huizinga, autore del famoso saggio Homo Ludens, divideva
i giochi in due grandi famiglie: la
lotta per qualcosa (competizione) e la gara fra chi rappresenta
meglio qualcosa (rappresentazione). Queste modalità sono alcune tra le competenze necessarie
nelle relazioni sociali della nostra
vita, la modalità con cui le apprendiamo, anche attraverso il gioco,
saranno parte del nostro bagaglio
emotivo ed esperienziale.
Per il modello della Schema Therapy gli schemi appresi durante
l’infanzia saranno la struttura portante della nostra personalità, e rivestiranno un ruolo importante per
comprendere il funzionamento del
comportamento di un individuo.•
Il perno per stabilire quanto limitante possa essere approcciarsi al
gioco solo attraverso l’elettronica è il tempo che ne viene investito: giocare con i videogame deve essere UNA DELLE ATTIVITÀ LUDICHE E NON L’UNICA. Tale attività non dovrebbe superare l’ora e
mezza circa al giorno e non deve essere continuativa.
La modalità di gioco che vogliamo far perseguire può non essere quella che
il bambino sceglierebbe, ma è comunque importante mantenere chiaro un
concetto: il gioco deve essere il più sfaccettato possibile e deve comprendere attività di tipo fisico come correre, saltare o nuotare, attività
cognitive tipo disegnare, o manipolare oggetti, attività con i pari quindi
attività di gruppo o gioco a due. Quale può essere il tipo di gioco più
“adatto”?
Fondamentalmente è che sia qualcosa di gradito al bambino, ma che
tenga conto di alcuni principi: ambienti arricchiti, un mix di oggetti vari, colori,
fogli colorati, acquarelli, pasta modellabile, cartoncini, spaghi, corde, omini
e bambole snodabili, tutto ciò stimola la plasticità neurale soprattutto
nelle prime fasi della crescita. Andando avanti con lo sviluppo posso19-Girotondo Mag'16 SAV+SAR.indd 19
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a cura dott.ssa Carla Sale Musio
psicologo, psicoterapeuta
l' intervento di psicoterapia
Per i bambini, giocare è un’attività importante quanto respirare. Giocando si lasciano fluire le emozioni
e i vissuti interiori, si acquisiscono abilità nuove, ci
si prepara alla vita e s’impara a gestire la fantasia e
l’immaginazione.
giocare con i propri fi gl
perchè a volte è co sì d
Il gioco è un’espressione fondamentale della creatività, indispensabile per il benessere psicologico dei piccoli ma anche dei grandi. Tutti
i bambini assecondano spontaneamente il bisogno naturale di giocare ma
troppo spesso questa capacità si perde con la crescita.
Sugli adulti, infatti, la pressione sociale esercita un controllo conformista e
stereotipato, che limita i comportamenti creativi e indirizza ogni attività al
raggiungimento di un più proficuo benessere economico. Così, crescendo censuriamo la nostra naturale giocosità e costringiamo noi
stessi in quel range di comportamenti prestabiliti che chiamiamo maturità,
limitando il desiderio di gioco alle poche attività ludiche ritenute socialmente
accettabili. Giocare però fa bene alla salute ed è psicologicamente necessario! A qualsiasi età.
Perché giocando esprimiamo la nostra sensibilità e la nostra vitalità, e ritroviamo il contatto con la profondità della vita.Il gioco è un’attività coinvolgente, avventurosa e appassionante, che monopolizza l’attenzione e che è bello
vivere insieme con gli altri. Spesso, quando giochiamo, abbiamo bisogno di
condivisione. Per i più piccoli giocare insieme è importantissimo. Insieme
agli altri bambini. E anche insieme a mamma e papà.
Molti genitori, però, non riescono a giocare con i propri figli e, pur
comprando giochi e giocattoli, non sanno come utilizzarli con loro.
Queste persone ritengono impropriamente che agli individui maturi siano
permessi soltanto alcuni tipi di giochi e non altri. Perciò possono giocare
a scacchi, a carte, a Risiko, a calcetto, a tennis… ma non alle bambole, al
dottore, a nascondino, con la plastilina, con la tempera a dita o con altre
cose del genere.
Purtroppo al primo posto, nello scarno repertorio dei giochi che tante mamme e papà si concedono di condividere con i bambini, stanno i giochi di
società (monopoli, gioco dell’oca, quiz, giochi di abilità, ecc.) o i giochi di
movimento (rincorrersi, fare la lotta, giocare a calcio, cucinare, ecc.) cioè
giochi molto strutturati e con regole da rispettare, oppure giochi che non è
possibile fare spesso o che non possono durare a lungo.
Per chi è grande, purtroppo, non esistono giochi creativi da poter fare insieme. Il mondo degli adulti è
fatto di doveri e non di fantasia, perciò, quando diventiamo genitori, non ricordiamo più quali erano i
bisogni, i giochi e i desideri che avevamo da bambini.
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I giochi creativi (disegnare, costruire, fabbricare, inventare, comporre, ecc.)
e i giochi di ruolo (bambole, drammatizzazione, pupazzi, burattini, ecc.)
sono spesso trascurati dai grandi. Per sciogliere il blocco che ingabbia la
giocosità, sarebbero necessari dei centri di “Fisioterapia del Gioco” per
adulti. Luoghi dove ritrovare il contatto con la propria parte creativa, avventurosa, vitale ed entusiasta, e in cui ripristinare la confidenza e l’esplorazione di
aspetti nuovi e diversi di se. Ma in attesa di un mondo migliore… una buona
terapia per i genitori che non sanno giocare è quella di ricontattare
la propria parte infantile, dedicandogli
qualche minuto ogni giorno.
fi gli...
Per attuarla basta portare l’attenzione al
bambino che siamo stati (magari con l’aiuto di qualche foto) e concedergli di fare
capolino nella nostra vita quotidiana… chiudere gli occhi e immaginare… non è difficile,
si tratta di ascoltare quei pensieri, veloci e
sciocchi, che di solito censuriamo occupati in altre cose più serie. Per risvegliare il bambino interiore può essere terapeutico: comprare delle figurine…
appiccicare qualche stellina… ascoltare una musica infantile… camminare
dentro una pozzanghera… dare forma a un tovagliolino di carta… disegnare
un cuore sul palmo della mano e altre cose simili... piccoli gesti che aiutano
a ritrovare i codici meno inibiti e più liberi della nostra anima infantile che
ancora ci appartiene e ci apparterrà per sempre. Recuperando il proprio
desiderio di giocare, diventa possibile per i genitori assecondare nei
figli il bisogno naturale di condividere il gioco.•
co sì difficile?
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a cura dott.ssa Mariangela Pinci
neuropsichiatra infantile
neuropsichiatria e dintorni
Il gioco è l’attività attraverso la quale il bambino effettua le sue esperienze dapprima di tipo sensoriale
e poi motorie; attraverso di esso riesce a scoprire se
stesso e la realtà che lo circonda.
crescere,
amare, socializzare: i ba
ci riescono attravers o i
Il gioco attiva funzioni intellettive, affettive e relazionali; favorisce il conseguimento di nuove competenze; lo sviluppo nonché il consolidamento di
altre già acquisite. L’attività ludica permette di esprimere i propri contenuti
affettivi e inoltre ne favorisce la rappresentazione di vissuti emotivi poiché le
emozioni nel gioco si alternano. E’ scientificamente riconosciuto che il gioco
contribuisca in modo significativo ad un adeguato sviluppo fisico e mentale.
L’attivazione di risposte di natura sensoriale e/o motoria attraverso
gli stimoli, che il bambino riceve dall’ambiente che lo circonda, rappresenta la prima forma di gioco (gioco sensomotorio) con cui sperimenta piacere e divertimento. Questa attività ludica gli permette di conoscere
meglio se stesso, il proprio corpo e la propria efficienza motoria. La scoperta quotidiana e costante dell’ambiente permetterà al bambino di entrare
in contatto con vari oggetti che favoriranno lo sviluppo di percezioni visive
e sonore nonché la coordinazione tra i due sensi; inoltre contribuiranno a
facilitare l’emissione dei primi suoni e/o di sillabe (vocalizzazione ludica).
L’esplorazione degli oggetti, inizialmente di tipo orale e successivamente con le mani, che ne permette la conoscenza delle varie caratteristiche, rappresenta un’altra manifestazione ludica.
Le esperienze quotidiane, talora del tutto casuali, dalla scoperta che battendo un oggetto su una superficie dura produce rumore a quella che gli
oggetti che cadono a terra fanno rumore, attivano l’interesse del bambino
permettendogli di diventare uno sperimentatore instancabile e ne stimolano
la abilità creative.
Al termine dei 2 anni il bambino può essere in grado di utilizzare simboli,
immagini, parole e azioni che rappresentano le cose. In questa fase è possibile la riproduzione di un modello (ad esempio situazione di vita quotidiana)
Attraverso il gioco il bambino riesce a capire come funzionano gli oggetti mediante un’attività per
lo più imitativa rispetto alle situazioni reali (gioco funzionale). Quando quest’ultimo diventa rappresentativo, cioè quando il bambino utilizza funzionalmente gli oggetti, si comincia a parlare di vera e
propria attività ludica (gioco rappresentativo).
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in modo differito poiché ne ha conservato una rappresentazione interna.
Successivamente si sviluppa il gioco simbolico per cui il bambino utilizza un oggetto come se fosse qualcosa di diverso: ad esempio una scopa
può essere usata come un cavallo o un treno. Nel frattempo i giochi di tipo
senso-motorio, sebbene siano prevalenti nei primi 18 mesi di vita, continuano a rivestire grande importanza nell’attività ludica del bambino e si possono
osservare anche negli anni della scuola dell’infanzia.
I bambini di 2-3 anni, anche se fisicamente vicini, interagiscono poco
tra di loro, preferendo attività ludiche solitarie. Successivamente all’ingresso nella
scuola dell’infanzia migliorano le loro capacità di socializzazione, di entrare in relazione
con i pari e pertanto comincia a svilupparsi anche il gioco di gruppo. All’età di 4-5
anni si acquisisce la capacità di autogestirsi
in semplici giochi di gruppo. Dall’ingresso
alla scuola primaria ci si diverte anche con giochi complicati, svolti in
casa e all’aperto, che possono richiedere precise istruzioni preliminari, buon allenamento, stretto rispetto delle regole e senso di lealtà.
Spesso il bambino chiede ai genitori di giocare con lui ed è importante farsi
coinvolgere sia perché attraverso questa esperienza possiamo conoscere
meglio il bambino, le sue abilità nonché le sue emozioni più profonde e poi
è un modo per noi adulti di riscoprire l’entusiasmo e la capacità di divertirsi propria dell’infanzia.•
i bambini
ers o il gioco
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a cura dott.ssa Gabriella Saladini
logopedista
bambini e linguaggio
Gioco e linguaggio si somigliano molto e si potenziano l’un
l’altro. Entrambi hanno a che fare
con la realtà ma contemporaneamente se ne distanziano creando uno spazio intermedio tra il
reale ed il sogno, che diviene
il regno della fantasia e della
narrazione. In questo spazio creativo trova posto l’apprendimento
naturale e piacevole.
Gioco e linguaggio sono “in
divenire” e si modificano continuamente. Il gioco è il miglior
modo per il bambino per imparare, mentre a noi è utile per l’osservazione e se necessario può
essere un efficace riabilitativo. Il
gioco si modifica nel tempo:
un bambino piccolo fa un gioco diverso da uno più grande!
Al piccino all’inizio piace ripetere
le azioni che modificano la realtà,
come buttare giù dal seggiolone
un oggetto e sentirne il rumore
quando cade, sperimentando alcune leggi della fisica,
o mettere dentro un contenitore
delle cose e poi tirarle fuori, così
il bambino impara delle leggi
I bambini non camminano mai: saltellano, zompettano, fanno piroette o corrono e trasformano il marciapiede nella galassia di Star Wars ed un filone di
pane nella spada di Luke Skywalker!
e se i grandi
si mettessero
a giocare?
della psicologia. Crescendo il gioco si articola, con regole socializzate,
ed il divertimento diventa anche condivisione, permettendo l’amplificazione della creatività. Il gioco però, per essere tale, deve avere alcune caratteristiche: essere piacevole, avere un inizio ed una fine,
potersi modificare ed essere condiviso con qualcuno. Anche l’adulto
continua a giocare, lo fa in modo diverso, per tempi minori, ma con le
stesse caratteristiche del bambino.
Lo fa quando ascolta musica, legge, o si dedica ad attività piacevoli. Anche nell’adulto la curiosità della mente viene nutrita dal gioco, ed è
questa area creativa che ha permesso le più grandi scoperte dell’umanità.
Potremmo dire che tutti i giochi sono linguistici, nel senso che il
pensiero viene veicolato attraverso le parole, poi ci sono dei giochi
che utilizzano le componenti linguistiche in modo ludico come le
filastrocche, le canzoni, inventare le parole o fare indovinelli che
spesso sono associati a delle sequenze motorie. Anche capire che le parole, sono dotate oltre che di significati anche di una struttura che può essere segmentata, permette al bambino di accedere al mondo della parola
scritta ed anche questo passaggio deve essere creativo e giocoso.
Lasciamo allora che i bambini si divertano ad imparare, che è uno
dei passatempi che a loro piace tanto e noi riprendiamo a giocare
e facciamolo con loro, perché l’unico rischio che corriamo è quello
di tornare a divertirci!•
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approfondimenti
a cura di Cristiana Gattai
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pedagogista area infanzia, Cooperativa Sociale Società Dolce
filo diretto
Il gioco è considerato la forma espressiva più significativa per i bambini: è giocando che si comprende il
funzionamento degli oggetti, che si libera la fantasia
e si sperimentano nuove forme di piacere.
ogni frutto ha la sua
stagione: gioco
e nuove tecnologie
Ed è sempre il gioco che diventa strumento di comunicazione, mediazione e condivisione tra gruppi di pari e con gli adulti, che è strumento per
controllare e gestire le frustrazioni sollecitate dalla vita sociale, per comprendere i bisogni soggettivi propri e altrui.
Diventa significativo promuovere il gioco come possibilità data al
bambino di giocare liberamente e spontaneamente e se possibile in
spazi e contesti all’aria aperta che maggiormente sono in grado di potenziare le abilità non solo espressive e cognitive ma anche fisiche.
I bambini soprattutto della fascia d’età 0-6 anni conoscono il mondo attraverso il contatto e il contatto con la natura e con gli elementi naturali favorisce spontaneamente questo processo esperienziale. Non vanno
demonizzati computer, telefonini, playstation, tablet perché sono forme di
gioco e di espressione ormai entrati nella nostra vita., ma come “ogni frutto ha la sua stagione” ritengo che siano oggetti e forme di gioco che
devono entrare quando il frutto è più maturo, quando altre esperienze
fondamentali hanno dato al nostro corpo ed alla nostra mente un assetto
più completo, quando soprattutto siamo in grado di discernere tra fantasia
e realtà in maniera strutturata.
I giochi all’aria aperta a contatto con la natura permettono ai bambini di realizzare giochi fantastici, liberare la fantasia, far finta di essere… in stretta connessione con l’ambiente. Un ambiente che si presta
a infinite rielaborazioni, che si modifica con il cambiamento delle stagioni,
ma che è reale e tangibile. Solo dopo aver sperimentato queste forme
di gioco, dopo aver liberato la propria fantasia in contesti aperti e liberi, dopo aver misurato le proprie potenzialità riconoscendosi, i bambini
sono più maturi per entrare in un gioco virtuale uscendone senza
rimanerne “imprigionati”.
Questa possibilità non significa che oggi nel 2016 la “maturità” dei bambini
sia diversa da quella di trent’anni fa. Non è da trascurare invece il fatto che
oggi i bambini sono circondati da strumenti di uso corrente e quotidiano
che è impensabile non sappiano usare. Un po’ come i bambini di cinquant’anni fa di fronte alla prima televisione. Giocavano in cortile, alcuni,
la maggior parte, avevano i conigli come compagni di gioco ma hanno
imparato a conoscere ed usare la tv senza dimenticarsi di essere
bambini.•
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a cura dott.ssa Morena Manzini
logopedista, counselor relazionale
bambini e linguaggio
Gioco e bambino sono due parole che devono sempre andare di pari passo ed anche quando si deve
fare un lavoro logopedico queste due parole devono
essere inseparabili.
gioco, gioco e ancora
gioco e... imparo !
Lo scopo principale del gioco è il divertimento e la spontaneità ma il
gioco svolge anche diverse funzioni importanti, come quello di apprendimento ed ha una vera e propria funzione terapeutica.
Con il gioco emergono nei bambini i bisogni e gli eventuali conflitti.
In ambito riabilitativo l’utilizzo del gioco è indispensabile come strumento per la stimolazione e l’apprendimento delle competenze psicomotorie,
cognitive e comunicative. All’interno della terapia logopedica il gioco
può essere utilizzato sotto diverse forme:
Il GIOCO CON IL CORPO è tutto quello che riguarda il piacere di muoversi o manipolare, si tratta di una scoperta attraverso il movimento. La
stessa manipolazione fa parte anche del GIOCARE CON OGGETTI, così
che attraverso l’esplorazione il bambino ne scopre le proprietà fisiche oltre
alle sue capacità percettive.
Il GIOCO DEL FAR FINTA è quello più utilizzato in ambito logopedico. Il
gioco simbolico, di importante funzione psicologica, offre la possibilità di fornire un adeguato modeling linguistico e stimola l’imitazione e l’interazione comunicativa. In questa tipologia di gioco il bambino rappresenta
le relazioni anticipando le conseguenze dell’azione svolta nel “far finta di”.
interlinea
Il GIOCO DI COSTRUZIONE è utilissimo per comprendere le capacità di
pianificazione, progettazione, sequenzializzazione utilizzate dal bambino
per il raggiungimento dell’obiettivo richiesto, il bambino infatti in questo
gioco deve riprodurre e ricostruire rimanendo fedele all’immagine fornita.
La funzione del GIOCO CON REGOLE è la regola stessa che permette
al bambino di confrontarsi con le proprie capacità cognitive ricordandosi
la regola e il rispetto del proprio turno. Questo è fondamentale per inibire
l’impulsività, tollerare le pause e le attese e per migliorare le proprie capacità di autocontrollo. Il gioco con le regole aiuta il bambino a imparare
a perdere quindi a controllare la frustrazione e le pulsioni aggressive e distruttive.
Moltissimi studi hanno confermato l’importanza del gioco nello sviluppo del linguaggio, nella capacità di cooperare con gli altri, nella consapevolezza di se, delle proprie possibilità e dei propri limiti,
nell’aumentare le conoscenze e scoprire l’ambiente circostante.
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ra
approfondimenti
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Esistono delle vere proprie tappe evolutive del gioco definite da Jean
Piajet, noto psicologo e pedagogista nonché fondatore dello studio della
psicologia dello sviluppo.
L’attività di lallazione e vocalizzazione è, ad esempio, per il bambino un
GIOCO D’ESERCIZIO. Il bambino scopre la sua voce e prova piacere nel
riprodurre suoni e nell’ascoltarli. Questa tipologia di gioco viene fatta dal
bambino nei primi mesi di vita fino ai 2 anni e si diverte nell’esercitarsi nelle
competenze apprese e può essere mediatore di acquisizione di concetti.
Pensate al bimbo che ripetutamente lancia oggetti dal seggiolone: il
bambino può sentirsi “causa” di un effetto fisico (la caduta dell’oggetto) e di una conseguenza emotiva (l’arrabbiatura della mamma).
Nel giocare ad aprire e chiudere un contenitore e a mettere e tirare fuori
gli oggetti il piccino impara il concetto di apparizione e scomparsa dell’oggetto stesso.
Tra i 2 -3 anni compaiono le prime forme di GIOCO SIMBOLICO attività rappresentativa d’immagini mentali. Il bambino utilizza un oggetto neutro e gli assegna una funzione specifica: così ad esempio, un
pettine viene utilizzato per “giocare a telefonare”. Il gioco simbolico può
organizzarsi in GIOCHI CON SCHEMI SUCCESSIVI D’AZIONE, come
ad esempio fare il bagnetto ad una bambola o metterla a letto. In questo
modo nostro figlio impara a raccontare una storia, prima attraverso gli oggetti e poi con figure.
Insomma giocando in tutte queste forme, i nostri bambini imparano a diventare grandi.•
Tratto dal libro “Logopedia in età evolutiva” di M. C. Caselli, E. Mariani, M. Pieretti
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approfondimenti
a cura dott.ssa Patrizia Valenti
psicologo, psicoterapeuta
l' intervento dello psicologo
Spesso si sottovalutano le dinamiche del gioco.
Quante volte noi genitori diciamo ai nostri figli “Vai
e gioca”? Eppure il gioco non è un traguardo sempre facile da raggiungere perché, se la pensiamo cosi
non stiamo considerando il nostro sistema nervoso.
il gioco è un
Due bambini si incontrano al parco: si scrutano a distanza, si avvicinano, si osservano meglio, cercano aspetti comuni e poi, se ci
sono le giuste condizioni, iniziano
a giocare. Prima ancora che accada tutto questo, a livello neurofisiologico i loro corpi hanno iniziato ad elaborare attraverso i loro
sistemi nervosi e sensoriali i dati
provenienti dall’ambiente e a valutarne sicurezza e rischio. Stephen
Porges ha coniato il termine
neurocezione per indicare quei
circuiti neurali in grado di distinguere situazioni e persone
pericolose da quelle sicure.
Questa distinzione avviene al di là
della nostra consapevolezza.
Si può “giocare bene” quando la neurocezione segnala
sicurezza e promuove stati fisiologici che permettono la
socializzazione come ad esempio il rilassamento. Se vengono
identificate condizioni minacciose,
il nostro sistema si difende con
comportamenti di attacco, fuga o
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traguardo che passa
da testa e muscoli
freezing, che appartengono ad un sistema neurobiologico difensivo più
primitivo. Soltanto in un ambiente considerato sicuro è possibile socializzare. Una “neurocezione errata”, cioè una valutazione dell’ambiente come
pericoloso quando non lo è, porterebbe il bambino ad una reazione non
idonea e a comportamenti difensivi, tipici di disturbi psichiatrici, che ne impediscono la socializzazione.
Il gioco è una condizione particolare che richiede l’attivazione simultanea di entrambi gli stati, cioè quello di ingaggio sociale e di attacco\
fuga. In altre parole, il gioco permette di contenere contemporaneamente l’aggressività e i comportamenti di difesa. Prendiamo l’esempio
di due bambini che giocano a fare la lotta e uno dei due bambini si fa male,
mentre l’altro è dispiaciuto per l’accaduto. Cosa succede nel bambino
leso? Il suo comportamento non si trasforma in una reazione di “attacco”,
perché la preoccupazione espressa dall’altro gli comunica la non intenzionalità, fermando l’attivazione del sistema attacco\fuga e aumentando
quello dell’ingaggio sociale. Gesti calmanti, voci familiari e appropriate espressioni facciali hanno un ruolo fondamentale nel contenere
reazioni aggressive. I veri protagonisti della socializzazione sono la
testa e i muscoli facciali che rendono il nostro viso espressivo contribuendo alla creazione di un’impressione di sicurezza o di fiducia negli altri. A
questo punto non dovrebbe sorprenderci l’effetto calmante e rassicurante che può avere un sorriso.•
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a cura dott.ssa Silvia Laffi
psicomotricista
filo diretto
quando, verso gli 8/9 anni, il piacere del gioco si sposta dall’uso
gratuito del movimento e delle
proprie potenzialità corporee al
risultato e al controllo del movimento.
a
oli
Il gioco di movimento, senso-motorio, inizia nel secondo anno di vita, quando il bambino impara a camminare e diventa padrone dei propri movimenti...
i bambini
hanno bisogno
di giocare!!!
.... migliorando progressivamente le sue capacità fino a poter correre, arrampicarsi, saltare, scivolare, con piacere ed intensità sia
fisica che emotiva.
E’ così che i salti, le cadute, lo strisciare, l’arrampicarsi, i giochi di
equilibrio-disequilibrio, aiutano il
bambino a percepire i propri confini corporei e a sentire che il proprio corpo delimita un Io separato da un non-Io, un Io struttura
psichica di cui il corpo è la sede
che lo racchiude e delimita.
Il gioco di movimento dei bambini è espressione di un’importante tappa evolutiva dell’infanzia ed e’ per questa ragione
che in tutte le culture i bambini
fanno da sempre gli stessi giochi
con lo stesso piacere e intensità.•
E’ un modo per conoscere e conquistare il mondo ed è un esperienza
che viene vissuta con entusiasmo dal bambino, interessato, almeno fino
ai primi anni della scuola primaria, non tanto alla performance, ma alla
soddisfazione di esprimere le potenzialità del proprio corpo, qualunque
esse siano.
I genitori dovrebbero sapere che il gioco di movimento è uno strumento che il bambino ha a sua disposizione per costruire la sua
identità, perché questa ha, in particolar modo nell’infanzia, un’importante dimensione corporea.
I bambini piccoli, soprattutto nei primi tre anni di vita, stanno costruendo la
propria personalità e stanno differenziandosi dalla figura adulta compiendo il processo di separazione-individuazione teorizzato dalla psicologa
M. Mahler nel suo famoso libro La nascita psicologica del bambino.
In questo processo anche il gioco di movimento riveste un ruolo fondamentale e deve essere vissuto pienamente per tutta l’infanzia, fino a
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salute
a cura dott.ssa Carmela Travaglini
medico chirurgo, specialista in Pediatria, Agopuntura, Omotossicologia, Kinesiologia
pillole di pediatra
“Dottoressa, vorrei fare un controllo al mio bimbo di
sei mesi, perché comincia il Nido. Le chiedo anche
qualche rimedio naturale per farlo ammalare meno,
visto che tutti mi dicono che al Nido ci si ammala
di più”.
sbucciature e
lividi? si grazie,
per ammalarsi meno!
Quando domando il perché della scelta di inserirlo all’asilo così piccino visto
che la nonna è disponibile a stare con il nipote, la risposta mi lascia sempre
perplessa: “Voglio che impari presto a socializzare!”
Cosa si intende per socializzazione? La socializzazione è il processo attraverso cui apprendiamo le competenze e gli atteggiamenti connessi ai nostri ruoli all’interno della società. La vita di cortile sin da quando
i bambini cominciano a muovere i primi passi sotto lo sguardo amorevole
dei genitori o dei nonni, rappresenta la condizione ideale per un bambino
affinché raggiunga un equilibrio tra corpo e mente. Nel parco o nel cortile il ragazzo innesca un rapporto di condivisione con il gioco e le
emozioni di gioia o di paura, conquiste o sconfitte, dove la propria
personalità può formarsi e lentamente crescere.
Questa è una realtà ancora possibile nella società odierna? Nel cortile i bambini vengono a contatto con tutti gli agenti atmosferici, incontrano
microbi di diversa natura che rafforzano e stimolano il sistema immunitario
in modo spontaneo e duraturo senza ricorre a particolari farmaci per la prevenzione delle malattie invernali.
Quando passeggio nel parco mi capita di sentire frasi del tipo: “Stai attento
a non sporcarti” oppure “Fai piano altrimenti cadi e ti fai male!” o ancora “Non correre se no sudi e ti ammali!” Sono queste frasi che vorrei cancellare perché i bambini hanno bisogno di correre, sporcarsi, farsi qualche
livido e qualche sbucciatura, è infatti attraverso queste piccole esperienze
fisiche ed emozionali che imparano a fortificarsi fino ad aumentare la propria auto stima. Quest’ultima è la vera medicina che porterà i bambini
a districarsi nella vita quotidiana, dove l’auto svalutazione oggigiorno
sembra farla da padrona!
Ecco allora che rispondo alla domanda iniziale di quella mamma che chiedeva qualcosa di naturale per evitare di fare ammalare il bimbo: “Lo porti al
parco o giocare nel cortile, qui imparerà a socializzare con gli altri bambini,
incontrerà microbi che stimoleranno il suo sistema immunitario e si preparerà ad affrontare il mondo vero”.
Un bambino richiede attenzione, responsabilità e consapevolezza di
un nuovo equilibrio familiare, ma soprattutto rispetto ed amore per
questa creatura che trova, in particolare modo nei primi anni di
vita, la possibilità di rafforzare lo stato psico-fisico nella famiglia. •
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no!
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a cura dott.ssa Marina Ciampoli
ex responsabile unità pediatrica-nido Ospedale Palestrina (RM)
pillole di pediatra
se i nostri figli fossero
ragazzi di campagna?
Quando mia figlia aveva 4 anni, decidemmo di trasferirci in un casa immersa
nel verde... un paio di anni dopo quando, tornando da scuola molto soddisfatta, lei ci raccontò di essere stata l’unica capace di saltare una siepe
nell’ora di educazione fisica, ci disse tutta contenta: “perché sono una ragazza di campagna!!”, noi fummo ripagati della scelta fatta.
Non dico che sia necessario trasferirsi tutti a vivere in campagna ma è indispensabile che i genitori insegnino ai figli quanto sia piacevole giocare all’aria aperta e quanto sia bello scoprire i segreti della natura, magari sacrificando qualche giorno libero... ma come convincere i bambini a schiodarsi
dal divano? Ce lo suggeriscono gli esperti del National Trust britannico,
dopo aver scoperto, con un sondaggio condotto su bambini entro i 12 anni,
che solo 1 su 10 gioca all’aria aperta e che un terzo di loro non si è mai
arrampicato su un albero e non sa andare in bicicletta!!
Gli esperti britannici hanno suggerito ai genitori di stilare con i propri ragazzi
un divertente elenco di attività che bisogna assolutamente fare almeno una
volta prima di raggiungere i 12 anni, ne riporto alcune e vi invito a provarci
con i vostri: far rimbalzare i sassi sull’acqua, far volare un aquilone,
costruire un rifugio (meglio se su un albero), fare una corsa sotto la
pioggia o rotolarsi giù da una collina e tutto ciò che la vostra fantasia
riuscirà a immaginare...
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Parliamo di salute? Giardinetti e
parchi si prestano a giochi fisici:
correre, saltare, giocare a palla
sono giochi che sviluppano resistenza e coordinazione, prevengono malattie cardiache,
obesità e diabete e aumentano
il benessere psicofisico. Stare al
sole anche se pochi minuti al giorno stimola inoltre la produzione di
vitamina D, utile per le ossa e per il
rafforzamento del sistema immunitario, anche ansia, depressione
o altri disturbi dell’umore regrediscono durante una vacanza
in luoghi assolati, anche d’inverno
infatti, purché adeguatamente coperti, è bene che i nostri figli stiano
all’aperto perché con il freddo virus
e batteri si debellano più facilmente che non nelle nostre case ultra
riscaldate. Infine trascorrere tempo
all’aperto può prevenire anche la
miopia: in una settimana, per ogni
4 ore passate all’aperto, un bambino riduce del 2% il rischio di sviluppare questo comunissimo errore di
rifrazione del cristallino.
Se non vi ho ancora convinto, cari
Genitori, devo pensare che voi apparteniate a quel terzo di soggetti
che da bambino non si è mai arrampicato su un albero... poco
male, è bello impararle anche da
adulti queste cose e ancora più
divertente se potrete farlo insieme
ai vostri “ragazzi di campagna”.
Fidatevi!•
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a cura dott.ssa M. Lavinia Bartolucci
specialista in Ortognatodonzia, prof. a.c. Università di Bologna
approfondi denti
Serrare, digrignare o battere i denti, sono alcune
delle azioni più frequenti che possono essere ricondotte ad una parafunzione orale e cioè ad un movimento della bocca non finalizzato ad uno scopo, che
nello specifico è chiamato bruxismo.
bambini che dormono
a denti stretti: una br ut
abitudine o vera pa tol
Si tratta di un disturbo complesso che la ricerca scientifica ha cercato di indagare in modo approfondito e di cui ha svelato due condizioni principali:
il bruxismo del sonno che porta a digrignare o battere i denti durante il riposo e il bruxismo della veglia o diurno. Nei bambini è piuttosto frequente
e può insorgere molto precocemente, anche intorno ad un anno, insieme
all’eruzione degli incisivi da latte.
Il bruxismo è un argomento di particolare interesse in odontoiatria sia
negli adulti che in età pediatrica. L’odontoiatra, cioè il dentista, è una figura
di riferimento per la diagnosi e la prevenzione delle possibili conseguenze
che possono scaturire da questo disturbo a danno della salute orale. Il
bruxismo non provoca esclusivamente usura dentaria (denti che si “consumano”) ma anche dolore ai muscoli della faccia correlati alla masticazione, mal di testa ed alcuni disturbi respiratori del sonno.
Il rumore provocato dallo strofinamento delle superfici dentarie è il principale indizio a cui fare attenzione, normalmente questo tipico rumore viene
riferito o dal paziente stesso o da parenti che a lui sono vicini. Il bruxismo è abbastanza frequente in età infantile e adolescenziale, le cause
non sono ancora del tutto conosciute ma sembra che fattori genetici
e psicologici come l’ansia e lo stress abbiano un certo peso nello
sviluppo del fenomeno, che probabilmente nasce da una serie di fattori
concomitanti. La letteratura scientifica non fornisce dati sufficienti sulle conseguenze
del bruxismo nei bambini ma pare che questi siano più a rischio per lo
Una volta diagnosticato il bruxismo e la possibile presenza di altri disturbi correlati, l’odontoiatra potrà
dare indicazioni al paziente sullo specialista di riferimento per ulteriori controlli (otorinolaringoiatri,
psicologi, neurologi tanto per citarne alcuni) in modo da garantirgli una gestione multidisciplinare che
rappresenta il massimo livello di cura, poiché saranno diversi professionisti ad occuparsi del problema
sotto differenti punti di vista.
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salute
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sviluppo di affaticamento dei muscoli masticatori con difficoltà ad aprire
la bocca. A questo proposito è fondamentale distinguere tra bruxismo
diurno e bruxismo notturno, condizioni che hanno profili diversi sia
per cause che per conseguenze e richiedono trattamenti diversi. I
pazienti con bruxismo diurno provano dolore nella masticazione e mal
di testa che peggiora durante il giorno, con picchi di intensità serali. I pazienti con bruxismo notturno riferiscono un indolenzimento transitorio
dei muscoli al risveglio e all’esame dell’odontoiatra presentano denti usurati in modo differente da caso a caso.
br utta
Dopo aver escluso sovrapposizioni con altre patologie, il bruxismo nei bambini deve
essere considerato una parafunzione fisiologica che va controllata nel tempo. Le parafunzioni sono atteggiamenti non corretti, viziati
ripetuti nel tempo che portano ad un sovraccarico dentale, muscolare ed
articolare. Esempi classici sono il morsicarsi le labbra, tenere in bocca un
bastoncino o la penna, mangiarsi le unghie, succhiarsi il dito, muovere
nervosamente le guance stringere ritmicamente i denti.
pa tologia?
Una regola generale, applicabile anche al disturbo del bruxismo è
quella di rivolgersi SEMPRE a personale specializzato per una gestione appropriata della situazione.•
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salute
a cura dott. Stefano Rimondini
ortognatodonzista
approfondi denti
Le spese, per tali cure, possono
essere abbastanza elevate, soprattutto se si tratta di casi complessi che si protraggono nel tempo, come ad esempio tre o quattro
anni. Non tanto a scuola, ma
quanto d’estate, quando tutti
si è più rilassati, bambini compresi, la possibilità di perdere
l’apparecchio mobile aumenta.
Questa perdita ha due effetti negativi: il primo è sicuramente quello
oneroso e il secondo è il protrarsi
dell’esito delle cure.
In caso di smarrimento infatti,
occorre tornare dal dentista, riprendere le impronte (che non
sono mai gradite agli adulti,
figuriamoci ai bambini!), aspettare almeno una settimana che
il laboratorio ricostruisca l’apparecchio e infine ritornare dal
dentista per ricollocarlo.
Le assicurazioni che pur coprono
lo smarrimento delle lenti a contatto, non proteggono invece dalla
perdita di apparecchi ortodontici, forse per l’elevato numero di
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Sempre più bambini necessitano di cure ortodontiche, pare infatti che l’87% dei bambini, avendo
denti malposizionati, necessiti di apparecchi fissi o
mobili...
hai perso l’apparecchio?
nessun problema...
scomparse delle famose “macchinette” per i denti. Il 17% dei bambini, infatti, perde almeno una volta nel corso della cura l’apparecchio ortodontico e
meno della metà vengono ritrovati entro 7 giorni.
Ecco allora che se da una parte le assicurazioni non aiutano sul fronte economico, la tecnologia può in qualche modo rimediare al danno
subito. Come? Facendo personalizzare l’apparecchio!
La personalizzazione viene fatta con l’inserimento delle iniziali ed un numero
di telefono all’interno della parte acrilica (quella a contatto con il palato per intenderci). Il numero di telefono può essere o quello di mamma e papà o quello
dell’ambulatorio medico che segue il bambino. In questo modo chiunque lo
trovi, chiamerà sicuramente e concorderà la restituzione, risparmiando tempo,
denaro e fastidi in più. L’assicurazione non copre gli smarrimenti? Non è un
problema, perché ancora una volta la tecnologia ci viene in aiuto.•
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comportamento
a cura di Serena Rosa
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tutor dell’apprendimento
l' intervento dell' esperto
Chi di noi non è mai entrato in contatto con l’acronimo D.S.A, oppure con i termini Dislessia e difficoltà
d’apprendimento?
difficoltà o
Disturbo Specifico
d’Apprendimento?
Spesso tutte queste parole vengono utilizzate per indicare erroneamente chi procede con difficoltà nel percorso scolastico, senza distinzione.
Facciamo chiarezza. La scuola è dove si fa più uso di queste definizioni
perché è proprio in questa fase dello sviluppo dei nostri ragazzi, in qualità
di studenti, che si manifestano. La scuola infatti è il “luogo dell’apprendimento”.
L’Apprendimento ha due sfaccettature:
una esplicita legata all’acquisizione di nozioni attraverso l’insegnamento
(ad esempio il concetto di rotazione della terra intorno al sole)
l’altra implicita o procedurale, che permette di avere conoscenze su come
compiere una serie di azioni automatizzandole in modo efficiente e rapido
con un basso dispendio di energie (ad esempio come fare a leggere non
ci viene insegnato tutte le volte che ci mettiamo davanti ad un libro ma è
automatico).
Sia le difficoltà che i disturbi colpiscono l’apprendimento. Per difficoltà intendiamo alcune problematiche scolastiche che ostacolano temporaneamente il percorso scolastico, che non si associano a patologie cliniche
ma ad elementi di tipo culturale (es. scarsa conoscenza della lingua), famigliare (es. bassa scolarizzazione dei genitori), motivazionale (es. scarsa
motivazione allo studio in seguito ad insuccesso), caratteriale (es. bassa
autostima), stile di vita (abitudini legate alle ore di sonno) e qualità dell’istruzione. Attraverso interventi mirati queste difficoltà sono estinguibili.
I disturbi specifici dell’apprendimento o disturbi specifici delle abilità
scolastiche, sono invece innati, si parla di neurodiversità, di un diverso
modo di attivare distinte aree celebrali, sono migliorabili ma non estinguibili nel corso della vita, colpiscono i processi automatici alla base delle
abilità di lettura (DISLESSIA), di calcolo (DISCALCULIA) e dell’espressione
scritta (DISGRAFIA e DISORTOGRAFIA), causando un forte dispendio di
energie. Nelle prestazioni legate ad una o più di queste abilità, i nostri studenti D.S.A. risultano deficitari nonostante un Q.I. nella norma o superiore.
La differenza tra Q.I e prestazioni, la stabilità nel tempo, e l’aspetto genetico permettono di distinguere difficoltà e disturbi, fermo restando che in
entrambi i casi non si parla di “mancanze”, “svogliatezza” o patologie cliniche, bensì della necessità di un diverso approccio all’apprendimento.•
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a cura di Eldad Kazaz
optometrista
a quattr' occhi
Come ormai è risaputo, le lenti a contatto sono dispositivi medici che vengono applicati sulla superficie oculare per la correzione di qualsiasi difetto visivo
(miopia, ipermetropia, astigmatismo), anche nel caso
tali difetti siano presenti contemporaneamente.
lenti a contatto: come e quando
utilizzarle per un ma gg
benessere visivo e ps
Risultano essere uno strumento di correzione molto efficace, sia per un
uso quotidiano che per un uso saltuario, finalizzato ad esempio ad un’attività fisica o a un hobby. La lente a contatto risulta essere piacevole non
solo per l’effetto psicologico che se ne trae evitando l’occhiale ma permette una visione naturale nelle dimensioni e una percezione corretta del
campo visivo (fondamentale ad esempio per chi fa sport). L’applicazione
di lenti rigide gas permeabili (uso diurno o notturno) può aiutare, ad esempio, a rallentare una eventuale rapida progressione della miopia.
Quale deve essere la caratteristica principale delle lenti a contatto?
Consentire un’adeguata trasmissione di ossigeno alla cornea, mantenendo l’integrità della parte anteriore dell’occhio.
In passato quando si usavano solo la lenti rigide (non gas-permeabili),
l’ossigenazione della cornea avveniva solo attraverso la lacrimazione e la
conseguenza era che nella parte posteriore della cornea, le cellule endoteliali morivano con conseguente perdita di trasparenza della cornea stessa.
Proprio per questo si è passati dalle lenti rigide a quelle semirigide gas
permeabili che lasciandosi attraversare dall’ossigeno assicurano una
sufficiente ossigenazione della cornea.
Oggi le lenti più usate in assoluto sono quelle morbide, caratterizzate dalla presenza,
nella loro struttura, di una percentuale molto elevata di molecole d’acqua e da un’adeguata trasmissione dell’ossigeno garantendo un grande confort.
Migliorare la vista durante il sonno
L’ortocheratologia notturna prevede l’utilizzo di speciali lenti ad elevata
gas permeabilità da utilizzare durante il sonno, grazie alle quali si ottiene un modellamento corneale preciso che può eliminare, ridurre o variare
un difetto visivo, qualsiasi esso sia. Al risveglio, le lenti indossate durante il
sonno vengono rimosse e per tutto il giorno la visione rimarrà buona senza
l’uso di occhiali o di lenti a contatto.
E’ una tecnica non chirurgica e non invasiva che utilizza speciali lenti
a contatto con un’elevata permeabilità all’ossigeno, per migliorare la vista
già dal primo giorno di utilizzo. La miopia, l’ipermetropia, l’astigmatismo si
riducono e l’acutezza visiva senza lenti o occhiali torna ad essere perfetta.
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salute
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Allora se è possibile intervenire in questo modo, perché dover rischiare un
intervento chirurgico?
L’intervento chirurgico è sempre rischioso ed è un’opzione che comunque
non è sicuro al 100%. I risultati non sempre sono soddisfacenti, la visione
notturna non è perfetta e spesso dopo qualche anno torna una parte della
miopia con astigmatismo che prima non c’era. Allora quando intervenire?
Quando si arriva al punto di non riuscire più a correggere un difetto con
le lenti a contatto, o si è riluttanti a mettere gli occhiali…..allora si è psicologicamente pronti per l’intervento, con il rischio che se anche il risultato
dell’intervento non è perfetto lo si accetta
comunque!
ma ggiore
e psicologico
L’Artigiano delle lenti a contatto
Esistono dei veri e propri artisti delle lenti
a contatto (contattologi) che sono in grado di costruire lenti ad hoc a seconda
della geometria dell’occhio di ogni singo-
la persona!
Purtroppo le multinazionali hanno portato ad una industrializzazione e banalizzazione del processo applicativo, senza prendere in considerazione
che ogni singolo occhio necessita di un’attenzione specifica come la topografia corneale, la bagnabilità della superficie oculare, la correzione esatta
del difetto diviso...ecc.
Bisogna quindi essere in grado non solo di leggere le specificità /morfologia degli occhi di ogni persona, ma conoscere altrettanto bene il materiale
da applicare, perché la lente deve essere sana per l’occhio (non deve
dare alcun problema), deve far vedere bene e deve essere sopportata per
le ore necessarie all’utilizzo richiesto.
Un utilizzo non corretto delle lenti a contatto, sia che le lenti siano
rigide gas permeabili (semi rigide) oppure morbide, può causare la
deformazione della cornea e un conseguente problema visivo.
Se invece le lenti vengono applicate correttamente e monitorate per rilevare situazioni di eventuale disagio permettono performance elevate nel
massimo comfort.•
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salute
a cura dott.ssa Claudia Filidi
ginecologa
mondo donna
Di recente si sta diffondendo un esame prenatale
non invasivo (NIPT – Non Invasive Prenatal Testing),
che consente lo studio del DNA fetale circolante nel
sangue materno.
Si tratta di un test di screening,
eseguito a partire da un semplice
prelievo di sangue della mamma
in attesa, per valutare il rischio
che il feto sia affetto da alcune
anomalie cromosomiche relative ai cromosomi 21, 18, 13 e
ai cromosomi sessuali X e Y.
Il test si basa sul principio per cui
nel sangue materno circolano cellule del feto, o meglio della placenta, che contengono lo stesso
corredo genetico fetale. Grazie a
particolari procedure si può isolare questo DNA, in modo da non
confonderlo con quello materno,
e replicarlo in laboratorio fino a
ottenerne una quantità sufficiente
per l’analisi.
Il test può essere effettuato a
partire dalla 10° settimana di
gravidanza, e il suo principale
vantaggio è che, essendo non
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la diagnosi prenatale
sul sangue materno
invasivo, non comporta rischi né per la mamma né per il bambino.
La risposta viene fornita in 8-10 giorni, e sembra estremamente affidabile,
avendo un’attendibilità intorno al 99% nel rilevare la trisomia 21 (sindrome
di Down), al 98% per la trisomia 18 (sindrome di Edwards), all’80% per la
trisomia 13 (sindrome di Patau), e al 95% per la monosomia X, con percentuali di falsi positivi inferiore allo 0.1%.
Il test consente, inoltre, la determinazione del sesso fetale, informazione
gradita alla paziente e soprattutto utile alla gestione di eventuali malattie
genetiche legate al sesso.
Attualmente il test trova indicazione solo su gravidanze singole, poiché in
caso di gestazione gemellare pur identificando un’eventuale trisomia, non
è in grado di attribuire il dato patologico al gemello corrispondente.
Va tuttavia precisato che questa metodica è una tecnica di screening
e non di diagnosi; pertanto non può assolutamente sostituire tecniche diagnostiche tradizionali, come la villocentesi e l’amniocentesi.
Per cui se il test fornisce un risultato positivo, le società scientifiche
raccomandano di confermarlo con uno di questi esami diagnostici.•
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le
no
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a cura dott.ssa Maria Luisa Chillemi
farmacista
in farmacia
non steroidei), di fungere da
protettori della mucosa intestinale e di diminuire la sensibilità verso gli allergeni alimentari, cutanei e respiratori.
Nonostante la grande diffusione di questi prodotti,
non tutti sanno di cosa si tratti esattamente e la disinformazione fa da padrona.
facciamo chiarezza
fra Omega 3, 6, 9...
Da un punto di vista chimico, sono lipidi o più semplicemente acidi grassi,
appartenenti alla grande famiglia che comprende sostanze molto differenti
tra loro, come gli oli, i grassi animali o il colesterolo. Gli omega quindi
si trovano in natura negli oli e nei grassi vegetali ed animali che
quotidianamente consumiamo. Nello specifico, gli omega 3 e gli
omega 6 sono considerati grassi essenziali, poiché il nostro organismo non è in grado di produrli, è quindi indispensabile assumerli con
la dieta, per evitare di incappare in serie carenze nutrizionali.
Gli omega 9, di contro, non sono
considerati essenziali, poiché il
nostro organismo è in grado di
sintetizzarli a partire da altri acidi
grassi insaturi, inoltre l’acido oleico, il più noto omega 9, è piuttosto comune nella dieta mediterranea sottoforma di olio d’oliva.
La loro presenza negli integratori
risulta comunque indispensabile
per equilibrare il rapporto tra omega 3 ed omega 6.
Ecco spiegato il perché di tanto parlare di integratori a base
di omega 3, 6 e 9, non solo per
quanto riguarda l’alimentazione,
ma anche in ambito medico e sanitario.•
Sembrerebbe tutto molto semplice: basta scegliere i giusti alimenti
ed il gioco è fatto! In realtà la situazione è più complessa.
Di fondamentale importanza è il rapporto tra omega 3 ed omega
6, che dovrebbe variare tra l’1 a 1 e l’1 a 4. Considerando che, le principali fonti di omega 3 sono i pesci dei mari freddi ed i semi di lino, mentre
quelle più comuni di omega 6 sono legumi, frutta secca e oli di semi, nelle
diete occidentali il rapporto medio stimato è di circa 1 a 10. Questo dato
ci fa notare come sarebbe buona pratica aumentare il consumo di
pesce azzurro nell’arco della settimana. Nel caso in cui questo non
fosse possibile, potrebbe essere una buona idea fare ricorso ad integratori
alimentari che garantiscono un buon equilibrio tra omega 3 ed omega 6.
Questo discorso è valido per chi necessita di integrazione per prevenire
patologie coronariche, ipertensione o diabete di tipo 2 (il tipo più diffuso,
non necessita di insulina ed è più frequente nella terza età). Sono inoltre
riconosciute le capacità di questi acidi grassi di: intervenire nella reazione infiammatoria come i FANS (farmaci antinfiammatori
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a cura di Claudia Ciarrocchi
operatore olistico
Scoperti da Edward Bach, medico
inglese molto affermato, intorno al
1920, i fiori di Bach riequilibrano
psiche e corpo, divenendo chiavi di apertura e di sblocco per le
nostre risorse interiori, che spesso tralasciamo, non abbracciamo
o nascondiamo.
Mi sono avvicinata a questa
realtà sedici anni fa, con scetticismo, ma sentivo di poter
provare: al massimo non facevano nulla! In realtà lo stupore
e la gioia sono stati grandi nello scoprire che “si era sciolto
qualcosa”. Nasce così la mia
passione per la Floriterapia, non
solo per i fiori di Bach, ma anche
per i fiori californiani, australiani e
tutti i rimedi alternativi, passione
che poi sono riuscita trasformare
in professione: quella dell’Operatore Olistico.
L’operatore olistico è un facilitatore del benessere che
utilizzando diversi strumenti,
tra i quali anche i fiori, aiuta la
persona a ritrovare il proprio
benessere psicofisico.
I fiori di Bach, estratti floreali che curano gli stati
d’animo negativi responsabili del nostro malessere
interiore e fisico, sono stati definiti da Bach stesso
“Lanterne per l’anima”.
fiori di Bach:
un rimedio efficace
per tutti !
I fiori aiutano e sostengono le persone nei momenti difficili, restituendo
loro armonia, migliorano aspetti di sé, sono accessibili a tutti, compatibili
con altri tipi di cure, non hanno controindicazioni, sono sicuri e possono
essere assunti anche da persone allergiche.
I Fiori di Bach, medicina dolce e alternativa guarda la parte sana del paziente ed agisce nell’interezza della persona senza fermarsi solo alla malattia. E’ un trattamento semplice e naturale e può essere utilizzato
fin dai primi giorni di vita, ad esempio per superare il trauma della
nascita e l’entrata nel mondo, o per aiutare la mamma dopo il parto.
Proprio alle neo mamme mi sento di consigliare “star of bethlehem”, un
bellissimo fiore, che aiuta a superare i traumi emotivi, le angosce e riporta
il libero fluire delle emozioni, rilassando mentalmente ed emotivamente.
Utile per superare gli shock e i traumi anche sul piano fisico. Usato
localmente aiuta a diminuire lividi e cicatrici.
Lo sapevate che i fiori possono essere utilizzati anche sul corpo? Io
stessa durante i trattamenti olistici preferisco le miscele con oli essenziali
ed essenze floreali per aiutare maggiormente le persone nello scioglimento delle proprie problematiche ottenendo ottimi risultati. E possono essere usati su persone, animali e piante… ovviamente i fiori di Bach
o californiani non sostituiscono terapie mediche nè sostituiscono il
parere del medico.
I fiori lavorano con noi per aiutarci a ritrovare equilibrio e ci aiutano a riscoprire il passo dell’armonia e della felicità.•
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salute
a cura dott.sse Loredana Raso e Nada Raspanti
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erboriste fitoterapiche
in erboristeria
La Vitamina D si presenta in due forme chimiche
Vitamina D3 o colecalciferolo che si produce naturalmente negli uomini e negli animali, specialmente
nel pesce, e viene immagazzinata nel fegato.
facciamo scorta di
vitamina D con
tanti bagni di sole!
Sotto l’influenza dei raggi solari, viene sintetizzata nello strato superficiale
della pelle, a partire da un derivato del colesterolo (il 7-deidrocolesterolo)
Vitamina D2 o ergocalciferolo, che viene ricavata artificialmente in laboratorio ed è usata per arricchire i cibi di vitamina D.
In natura, è contenuta in quantità ridotte in alcuni alimenti quali i pesci
grassi, le aringhe, gli sgombri, le sardine, il tonno, ma la maggior parte
della vitamina D che circola nel sangue è però sintetizzata nella
nostra pelle quando questa è esposta al sole.
E’ sorprendente la rapidità con la quale la luce solare induce all’assimilazione di vitamina D: con soli 6 giorni di esposizione occasionale, il sole
può compensare ben 49 giorni di non esposizione, infatti durante i periodi
di esposizione, la vitamina D viene immagazzinata nel fegato per poi
essere gradatamente rilasciata nel periodo di non esposizione.
La più risaputa e principale funzione biologica della vitamina D è mantenere normali i livelli di calcio e fosforo nel sangue e favorisce l’assorbimento del calcio contribuendo a formare e mantenere le ossa forti.
Ma dagli ultimi studi sono emerse molte più funzioni biologiche come ad
esempio si è rilevato che nei bambini in età scolare, l’assunzione di questa
vitamina riduce le probabilità di contrarre malattie ed influenze stagionali, motivo per cui la miglior prevenzione per i malanni invernali è di
tenere i bimbi all’aria aperta il più possibile.
La carenza di vitamina D è più comune di quanto ci si potrebbe
aspettare. Le persone che non ricevono abbastanza luce solare, sono
particolarmente a rischio. Questo si verifica anche in zone soleggiate,
perché si rimane per molto tempo in casa o in ambienti comunque
chiusi, o, anche quando ci si espone al sole, si ricorre all’utilizzo di creme
solari quando non necessario. A tal proposito, ha una notevole importanza anche la scelta dei solari con cui proteggiamo i nostri piccoli.
Utilizzare sempre una protezione troppo alta può essere controproducente
in termini di assorbimento di Vitamina D. Il mio consiglio è scegliere il
fattore di protezione in base all’età del bimbo e al suo fototipo e di
esporre i piccoli al sole nelle ore più sicure per non dover utilizzare fattori
protettivi troppo alti, ma di fare scorta di Vitamina D facendo stare i nostri bimbi al sole almeno 15 minuti al giorno… e buona estate a tutti!•
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comportamento
a cura dott.ssa Maria Cristina Nanni
riflessologo
l' intervento dell' esperto
Un bambino è il sole al quale regaliamo i raggi. È il cielo dove
dipingiamo le stelle. È un fiore sul quale poggiamo la rugiada. È una strada sulla quale tracciamo la direzione. È l’amore
gratuito. Trattarlo male significa oscurare il sole, spegnere le
stelle, appassire il fiore, chiudere la strada e strappare l’amore
dal cuore. È mancanza di rispetto alla vita.
Elena
Elena, una delle mie maestre di
vita, mi ha fatto capire come rispettare un bambino cercando di
preservarne l’originalità, poiché
comprenderne il carattere significa non lasciare cicatrici nella vita.
Da insegnante di scuola secondaria di I grado quale sono, posso dirvi che associando il lavoro
di riflessologa a quello di insegnate ho ottenuto sui bambini ottimi risultati.
I disturbi dell’apprendimento,
l’ansia o la scarsa capacità di
concentrazione sono il risultato del corpo che manifesta un
disagio, causa spesso di squilibri energetici. Dal piede si riequi-
pianeta bambini:
un mondo da scoprire
librano le energie, attraverso il massaggio tensio riflessogeno che allenta
tensioni e ripulisce dalle tossine accumulate non scaricate con le giuste
emozioni.
Attraverso l’esperienza e ricerca personale ho dato vita ad uno schema
associando comportamenti, posture, propensioni, reazioni emotive e fisionomia dei ragazzi.
I ragazzi gioiosi sono caldi, passionali, egocentrici, entusiasti, sconsiderati e agiscono sotto il dominio della parola. Spesso ritenuti nervosi,
irrequieti, sono bambini che rompono gli schemi: bambini geniali!
I ragazzi riflessivi sono tranquilli, sereni, pacati, gustano il tempo, quel
tempo che tutti noi abbiamo perso irrimediabilmente. Loro ci insegnano a
rallentare il nostro pensiero e la nostra irruenza.
I ragazzi melanconici-tristi: vivono la dimensione dell’estraneazione,
riescono ad essere nello stesso momento in più luoghi, in più anfratti del
corpo, della memoria. Hanno una capacità di ragionamento straordinaria
che a volte mette a disagio insegnante e genitore. Possono avere eccessivo bisogno di contatto o rifiutarlo ed necessitano di loro spazi.
I ragazzi irosi sono irruenti, aggressivi nei confronti della vita, avidi di
conoscenza, di cibo, di contatto. “IO VOGLIO” è una nota caratterizzante
della loro emotività. Insegnano ad altri a tirare fuori il coraggio, la buona e
sana irruenza che ci permettere di difendere il proprio io. Questi bimbi
sono definiti ipercinetici e disagiati.
I ragazzi timorosi sono energia pura, carichi di adrenalina, hanno intuito
ed allarmismo impareggiabili, colgono in anticipo eventi positivi e negativi ed hanno una sensorialità sviluppata.•
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arearivista
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a cura dott.ssa Camilla Targher
formatore, pedagogista e mediatore familiare
la parola al pedagogista
Che la scuola sia uno stress per tanti bambini è ormai risaputo, ma si può fare qualcosa per aiutare a
rendere più rilassante l’apprendimento? La risposta
ci arriva da un paese che ha vinto per dieci anni
consecutivi la medaglia delle scuole meno stressanti
d’Europa: la Finlandia.
scuola no stress?
all’aperto, grazie!
Quali sono gli elementi base per garantire il benessere delle giovani generazioni utilizzati dai plurimedagliati finlandesi? L’ultimo rapporto quadriennale dell’Oms in materia di salute e benessere dei giovani europei
evidenzia come gli adolescenti italiani abbiano un pessimo rapporto con
la scuola, con livelli di stress da carico di studio che colpisce il 72% delle quindicenni e il 51% dei ragazzi. Al contrario, gli studenti finlandesi
sono i più contenti di andare a scuola.
quasi 10 ore al giorno!), ma anche
tornati a casa, i passatempi preferiti da grandi e bambini sembrano
essere il tablet e la tv (sì, anche
dai grandi, perché per un genitore stanco spesso è più
facile “anestetizzare” il figlio
con i cartoni animati o i video
game, piuttosto che portarlo al
parco).
Un po’ d’aria fresca, invece, farebbe bene a tutta la famiglia!
Ecco qualche piccolo stratagemma per fare brevi passeggiate
all’aria aperta: parcheggiare l’auto un po’ più lontana dalla scuola
e a fine giornata, andare al parco
almeno una volta, così come nel
weekend (anche in inverno) e cogliere l’opportunità delle vacanze
estive per stare il più possibile
all’aperto. Ne gioveranno il divertimento, la creatività, l’apprendimento ed il benessere di
tutti, grandi e piccini.•
Fra i vari accorgimenti, due in particolare sono di facile applicazione e
ideali anche per una fascia di età della scuola primaria.
La luce del sole: importantissima poiché un ambiente luminoso favorisce
lo sviluppo del lessico e l’apprendimento delle materie scientifiche, al contrario la luce artificiale sarebbe spesso legata all’iperattività.
Fare la ricreazione all’aperto è un altro elemento importante poiché
anche l’aria fresca e le attività in mezzo alla natura migliorano l’apprendimento e non è necessario che il tempo sia clemente (pensate al clima
della Finlandia!) basta coprirsi!
A questo punto occorre riflettere su come il contatto con la natura e lo stare all’aperto possano essere valorizzati non solo per la loro componente
ludica del gioco libero e della spensieratezza, ma anche per il loro risvolto
positivo a livello didattico.
Cosa succede in Italia? I bambini non solo passano gran parte della
propria giornata dentro le mura scolastiche (fra pre e post scuola sono
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a cura dott. ssa Licia Vasta
psicopedagogista
la parola al pedagogista
“Vorrei un tempo libero, libero veramente, adatto
per sognare o per quel che passa in mente.
Vorrei un tempo vuoto ancora da inventare, riempirlo a poco a poco e poi lasciarlo andare…”
Citazione tratta da “Vorrei un tempo lento lento” (Edizione Lapis)
perdere tempo
è guadagnare tempo: ris
il valore della lentez za
In una società moderna nella quale si sente tanto parlare di diritti dell’infanzia, spesso ci scordiamo dei bisogni più profondi dei bambini, quelli più
intimi e primordiali, di cui il primo fra tutti il CON-TATTO, cioè di conoscere
attraverso il TATTO.
Il tatto è sensorialità, una memoria epidermica che crescendo lascia
velocemente spazio ad una mente logica e razionale e di conseguenza il
corpo passa in secondo piano, ma i bambini sono un tutt’uno mente e
corpo. Il corpo, in questo particolare periodo storico dominato dai mass
media, è vissuto solo come un’icona artistica, dove la bellezza viene messa al primo posto, scordandoci ciò di cui il corpo ha più bisogno: sentire,
annusare, toccare.
La mano che tocca è toccata, un gesto semplice ma fondamentale,
esperienza sempre più rara poiché troppo tempo viene passato davanti
a schermi e le nuove tecnologie non sono in grado di dare sensazioni.
Il toccare è nutrimento, linfa vitale per il cervello dell’essere umano.
Il rischio che si corre è di avere bambini con menti molto sviluppate, ma
con corpi sempre più fragili e che perdono il piacere del toccare, di
percepire le differenze di diverse tessiture. L’aria aperta aiuta il bimbo a
sviluppare questo tipo di sensorialità, al contrario se tenuto troppo al chiuso, perde lo stimolo del toccare.
L’educazione di oggi tende ad impoverire il nutrimento della mente
se la vogliamo intendere come elemento che parte dal corpo, dalle sensazioni che si trasformano in emozioni e quindi in pensieri. I bambini di oggi
sono sovraccaricati di pensieri non loro, non riescono a produrre
proprie idee poiché anticipati ed iperprotetti nel fare esperienze.
Pensare significa prendersi cura della mente partendo dal corpo. Sarebbe importante uscire tutti i
giorni, guardare, osservare, “toccare con mano” perché è analizzando i fenomeni naturali e descrivendoli cioè trasformandoli in parole, che si educa la mente formando idee vive e non idee inerti.
Educazione all’aria aperta significa insegnare ai piccoli e piccolissimi fin da subito la cura ed il rispetto
di ciò che li circonda, come ordine fisico, emozionale e mentale.
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Nella nostra società le parole lentezza e ozio hanno accezione negativa
ma la capacità di rimanere “a maggese” significa dare nuovo valore
all’ozio, inteso come esperienza del Sé, che permette in un sano silenzio
di restare in ascolto di se stessi, vivendo un nuovo ritmo di lentezza,
cullando il proprio mondo interiore.
Gianfranco Zavalloni, nel suo splendido libro “la Pedagogia della lumaca” afferma che “perdere tempo è Guadagnare tempo”.
Come può accadere? Zavalloni lo spiega così.
Il gioco spontaneo è il canale
privilegiato dell’apprendimento
infantile e “perdere tempo per
giocare” vuol dire recuperare
un tempo perduto che sembra lontano ma che è il motore energetico per l’adulto del
domani: “Perdete tempo per
crescere” e per camminare!
Tempo per so-stare, saper stare nell’esserci e soffermarsi a osservare
cosa accade attorno, nella lentezza, e non nelle sollecitazioni date dagli
adulti ai più piccoli, si impara il sentire.
po: riscopriamo
tez za...
“Il diritto all’ozio” non esiste più, un bambino che si ferma ad osservare cercando una sua nicchia per proteggersi dall’eccesso di suoni,
colori e rumori viene tenuto sotto controllo perché si teme possa avere
problematiche importanti.
Nei bambini moderni, sembra non esserci più spazio nè per l’imprevisto nè per potersi autoregolare e giocare da soli senza che l’adulto
viva la preoccupazione che il piccolo si possa fare male, percependo il
mondo esterno come pericoloso se non viene attentamente controllato
nei minimi dettagli. I genitori vivono nell’illusione che riempiendo il proprio
figlio di ginocchiere e gomitiere questi possa rimanere senza graffi, sbucciature o lividi, ma i bambini “apprendono dall’esperienza”.
Nella prossima uscita di Girotondo vedremo come natura e apprendimento siano strettamente collegati per la crescita dei bambini…
buona estate!•
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a cura dott.ssa Franca Errani
counselor relazionale, direttrice scuola counseling “InnerTeam”
la relazione di aiuto
“Il ritorno alle origini della propria esistenza, il tentativo di far scorrere di nuovo l’acqua stagnante, il
riconoscere i diritti sia del passato che del presente...
sono stata anche io b am
di mio padre innam or
...può corrispondere al bisogno di lealtà, che spesso lavora come movente invisibile all’interno di ogni essere umano… E’, questo, un modo
per rendere giustizia alle proprie radici”. (Jan van Kilsdonk)
Ci piace iniziare questo articolo con questa citazione che rispecchia anche
la prospettiva del Voice Dialogue – Dialogo delle Voci: per scoprire chi
siamo veramente, è necessario recuperare le nostre radici, nel luogo e nel
tempo e nelle persone in cui queste radici si sono incarnate. I genitori
sono stati i nostri primi modelli: nel bene e nel male ci siamo plasmati
e modellati in adesione o in ribellione ai loro valori oppure, più spesso, in
un conflitto che oscilla tra adesione e ribellione.
Ognuno di noi nasce con una precisa e unica impronta psichica, ma
questa unicità è destinata ad incontrarsi/scontrarsi con il contesto, con la
realtà esterna che accompagna la nostra crescita. I genitori e le figure
di riferimento (parenti, insegnanti, ecc…) si prendono cura, danno
amore e protezione, ma assieme ai loro valori ci trasmettono anche
quello che di problematico appartiene alla loro personalità e al loro
vissuto di esseri umani.
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Il processo interattivo tra bambino, famiglia e contesto sociale porta inevitabilmente a sviluppare alcuni modi di essere e comportarsi, alcuni
aspetti (per es. quelli apprezzati o condivisi) e a metterne da parte altri
(per es. quelli disapprovati o non apprezzati). In questo modo si forma a
poco a poco il caleidoscopio interiore della nostra personalità.
Il percorso di crescita è dunque, inevitabilmente, anche un processo
di adattamento. Per quanto presenti, amorevoli e premurosi possano essere i genitori reali non potranno mai essere all’altezza del bisogno
infinito di amore che un bambino porta nell’animo - un desiderio, uno struggimento, una nostalgia d’infinito che non
possono non essere ridimensionati dalla
realtà limitata di ogni creatura umana.
Naturalmente vi sono situazioni in cui il genitore è stato realmente assente, abusivo, violento: in questi casi il processo di recupero della propria
integrità può essere più lungo e avere bisogno di un percorso psicoterapeutico che lavori sulla ristrutturazione profonda della personalità. Al di
là di questi casi, purtroppo non rari, la “ferita” infantile fa parte dello
sviluppo di ogni essere umano e non è solo un elemento negativo: è anche lo stimolo per la trasformazione, la capacità di superare gli
ostacoli e le difficoltà che la vita ci pone davanti.
b ambina,
am orata...
Molte difficoltà le incontriamo soprattutto nelle relazioni, perché
le dinamiche che abbiamo sviluppato con le figure che hanno accompagnato la nostra crescita, sono in qualche modo la matrice automatica
sulla quale tendiamo a ricreare i nostri rapporti - fino a che non ci rendiamo conto dei nostri meccanismi più usuali e ci prendiamo il tempo per
dipanare la matassa più o meno aggrovigliata delle origini e riscoprire
chi siamo veramente e chi eravamo destinati ad essere.
Per fortuna il richiamo all’importanza delle origini della nostra esistenza
ha finito per mettere da parte le rigidità di alcune visioni psicologiche,
che tendevano a creare nel paziente/cliente la sensazione di essere vittima di un passato elaborabile solo a prezzo di anni e anni di terapia.
Oggi esistono modelli più elastici ed efficaci, che con percorsi
più brevi e mirati aiutano a riappropriarsi delle proprie radici e a
scoprire le proprie potenzialità.•
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a cura dott.ssa Luisa Zoni
specialista in scienza dell’Alimentazione - AUSL Bologna
nutriamoci bene
Vorrei premettere alle mie riflessioni un dato di fatto: tra gli animali l’animale uomo è l’unico che da
millenni, si è adattato all’ambiente imparando a sopravvivere e a nutrirsi con quanto l’ambiente stesso
gli forniva ed utilizzando, nel contempo, il modo di
alimentarsi come base socio-culturale su cui costruire la propria identità di popolazione.
cibo giusto, cibo sbag lia
quale cibo?
Fino al secondo dopoguerra del secolo scorso questa regola valeva anche nel nostro mondo occidentale, Italia compresa. La modernità e le
tecnologie degli ultimi 50-60 anni hanno portato abbondanza di cibo sulle
nostre tavole e nel business agroalimentare e culinario.
Se da un lato questo ha comportato dei vantaggi come la minor malnutrizione da carenza di nutrienti o la maggior crescita staturale da potenziale
genetico, dall’altro ha portato molti svantaggi: cibo ad ogni ora del giorno
e della notte; scelte condizionate dalla pubblicità; estrema manipolazione
degli alimenti; media invasi da suggerimenti senza fine su come cucinare, cosa scegliere e così via; diet-industry oltremodo florida; sfiducia nelle
competenze sanitarie legate all’alimentazione e, dall’altro lato, fiducia a
volte cieca verso guru vari delle diverse proposte dietetiche e di stile di
vita; cibi vari vissuti ora come veleni esistenziali tanto quanto prima erano fondamentali per la sopravvivenza; disturbi vari ed aspecifici attribuiti
sempre e solo all’alimentazione e non ad altri fattori interferenti, in primis lo
stress del quotidiano vivere...
Attualmente l’Italia è il paese europeo con il maggior numero di soggetti
vegetariani e vegani (4,2 milioni di Italiani) in costante aumento. Tale scelta
viene fatta, in gran parte, per motivi etici. I regimi alimentari vegani, più restrittivi nelle scelte rispetto a quelli vegetariani classici (latto-ovo vegetariani, pesco-vegetariani), se comunque ben condotti e variati non portano
a carenze particolari dal punto di vista nutritivo. Per i bambini è richiesta
una maggior attenzione: tutti, indipendentemente dal tipo di alimentazione che seguono, manifestano preferenze e rifiuti di alcuni alimenti e, se
questi sono vettori di sostanze nutritive particolari, vanno supplementati se
non introdotti.
Ci tengo a sottolineare che nella fascia precoce di vita del cucciolo
umano la crescita del cervello e delle sue interconnessioni è proporziona-
I nostri figli crescono in un ambiente pervaso da insicurezze alimentari e di aspetto fisico, che li minano emotivamente ed a volte anche fisicamente. Il cibo può divenire terreno di scontro quando ci s’irrigidisce su posizioni intransigenti e quando questo accade coinvolgendo i bambini ed i rapporti tra pari
che si hanno nelle scuole, ecco che anziché momento di crescita diventa occasione persa di relazione.
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alimentazione
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le al numero di esperienze sensoriali e di vita che il bambino compie. Eliminare totalmente alcuni alimenti nei primi anni di vita di un bambino, indipendentemente dalle scelte etiche, significa non fargli costruire
alcuni circuiti cerebrali a scapito di altri (olfattivi, percettivi, cenestesici, cognitivi). Analogamente, la selezione alimentare condiziona il patrimonio batterico intestinale; questo campo di ricerca ancora giovane
ha visto che l’eliminazione completa delle carni impoverisce uno dei
ceppi batterici protettivi del microbioma intestinale.
Infine, ultimo ma forse ancor più importante, il cibo può diventare nelle
scuole, motivo di scontro. Ho colleghi chiamati in tribunale per pareri su
denunce di genitori verso insegnanti che non hanno
“proibito” ai compagni di classe di far assaggiare ai
loro figli il cibo non vegano che consumavano. Considerando che l’infanzia e l’adolescenza sono momenti di esplorazione dell’ambiente, esplorazione
che passa anche attraverso l’assaggio del cibo, far
nascere discussioni e generare situazioni che a volte
si configurano quasi come emarginazione (vassoi sigillati, tavoli separati…) non serve ai nostri bambini.
ag liato...
Non ho suggerimenti da dare al di fuori dell’osservare che la civiltà umana
ha costruito ponti attorno alle tavole imbandite, ha segnato le sue culture
specifiche e compattato le persone attorno ai piatti tipici locali, è sopravvissuta e cresciuta con tutto ciò che l’ambiente offriva, con moderazione perché cercare e produrre cibo era faticoso; ora si stanno
invece ergendo muri attorno a quelle stesse tavole. Questo mi fa riflettere
e pensare che il futuro alimentare e di relazione dei nostri figli e nipoti sarà
meno gradevole e ricco che in passato.•
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alimentazione
a cura dott.ssa Valentina De Matteis
biologo nutrizionista
nutriamoci bene
Cari genitori, dopo qualche anno
di approfondimenti sulle varie tematiche nutrizionali, i dibattimenti e i consigli su come affrontare
la nuova stagione imminente, su
quanto sia importante mangiare
sano e riprendere il giusto peso
con delle diete equilibrate e allo
stesso tempo appaganti, ho pensato che fosse giusto e gradito
darvi un aiuto concreto!
A tal proposito, ho elaborato un
regime alimentare controllato per
una persona tipo di sesso femminile con le caratteristiche riportate
in sotto. (Per i papà sarà sufficiente aggiungere in media 30g a
ogni spuntino, ai primi piatti e ai
secondi, lasciando invece invariata la colazione).
Omaggio dieta per le Mamme
della Rivista Girotondo: peso
tipo 75Kg x 160cm di altezza.
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un omaggio per le mamme...
per avere più energia
durante l’estate!
Colazione: Latte scremato 200ml/spremuta d’arancia 200ml, caffè
espresso 35 g, zucchero di canna 5g/ miele biologico 7g, fette biscottate
integrali 30g/biscotti Kamut o farro (max due volte a settimana) 25 g, marmellata biologica light 25g
Spuntino mattina: Mix di 100g Frutta + 60ml latte di soja + cannella/
zenzero a piacere, acqua a piacere
Pranzo: 70 g di orzo perlato/140g legumi/pasta Nutrifree 60 g, 250g verdure a foglia/ 65 g proteine animali
Spuntino pomeriggio: yogurt 0,1% 125g/barretta cereali 80-100Kcal 22
g/100g frutta
Cena: pesce di mare 230 g/ 200 pollame (senza pelle)/manzo 180g (max
due volte a settimana), verdure a foglia 250g, frutta 60 g
Dopo cena: tisana finocchio/biancospino/frutti rossi (tutte e tre in quantità
libera)
Durante il giorno: olio extravergine d’oliva 20g , 2000ml d’acqua naturale
e iposodica•
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a cura dott.ssa Alessandra Augusti
a
biologa, nutrizionista
piccoli cuochi crescono...
portanti per la salute dei nostri
occhi, mantengono le ossa forti e sane, sbiancano i denti e
sono ricche di fibre!
cosa c’è nel piatto... dei topini?!?
niente paura, ci pensa
micio Fragolone!!!
Molto spesso ai nostri bimbi non piace la frutta. Per fare in modo che
imparino a mangiarla allora, potrebbe esserci di aiuto provare a tornare un
pò bambini noi. Attraverso ciò che a loro piace fare di più, giocare,
possiamo far conoscere e apprezzare alcuni cibi che difficilmente
riusciamo ad inserire nella loro alimentazione.
Diamo alla merenda un tocco di colore, creatività e allegria… sarà più
facile trasformarla in un momento divertente, di scoperta, di gioco e non di
costrizione. La frutta, dal sapore dolce e dai colori brillanti, prende la forma
di personaggi, animali o oggetti che più ispirano la loro fantasia: invece di
disegnare con una matita, facciamolo utilizzando della frutta fresca
e la Gioco merenda ha inizio!
Fate attenzione a scegliere un
prodotto biologico, per evitare
la presenza di pesticidi e lavatele accuratamente poiché, crescendo a contatto con il terreno,
possono trattenere microrganismi. Le fragole vanno introdotte
nell’alimentazione del bambino
dopo il primo anno di età e sotto
indicazione del pediatra, perché
possono essere causa di fenomeni allergici. E’ bene in ogni
modo evitarne il consumo quando
non completamente mature.
Ora tocca a voi! Fate largo alla
fantasia per preparare la vostra
merenda super giocosa!•
FONTI libro: Verso la scelta vegetariana.
Il tumore si previene anche a
tavola, Umberto Veronesi.
Libro: Mangia bene, cresci bene,
Alberto Fiorito.
Ecco quello che ci serve realizzare il Micio Fragolone e i suoi topini:
fragole fresche, qualche mandorla, gocce di cioccolato, delle formine e… tanti ‘’grammi’’ di fantasia! Un’idea semplice ma coinvolgente e
spiritosa, che potrete realizzare insieme ai vostri bambini! Ma prima:
Occhio all’ingrediente!
Bimbi, sapete che la fragola in realtà è un falso frutto? Quello che noi
consideriamo il frutto, è in realtà il contenitore dei veri frutti: i semini piccolissimi di color giallo-bruno, posti sulla superficie.
Secondo la leggenda, le fragole erano consumate specialmente nel periodo delle festività in onore di Adone, il dio della bellezza. Alla morte di
Adone, la bella dea Venere, che ne era innamorata, pianse per l’accaduto,
ma le lacrime, cadute a terra, si trasformarono in tanti piccoli cuori rossi,
le fragole.
Dolci, rosse, succose, ricche di sostanze preziose per il benessere nostro
e dei nostri cuccioli, rinforzano le difese immunitarie, sono uno dei frutti
più amati dai bambini, stiamo parlando delle fragole. Oltre agli zuccheri
facilmente assimilabili e ai sali minerali, come potassio, fosforo,
calcio e ferro, le fragole sono ricche di vitamina C, A, e B e im-
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alimentazione
a cura dott.ssa Alessandra Cremonini
biologo nutrizionista, etologo alimentare, naturopata,
esperta in alimentazione psicosomatica
nutriamoci bene
La primavera ha fatto ufficialmente il suo ingresso
anche sul calendario e temperature sempre più gradevoli e sole alto in cielo sono complici di una voglia
costantemente maggiore di stare all’aria aperta!
Ribes Nigrum e terapie naturali:
lotta all’allergia
solo in primavera?
Ma se da una parte primavera significa caldo e sole dall’altra significa anche doversela vedere con il vento che mette in circolazione
i pollini. Negli ultimi anni c’è stato un notevole incremento del numero di
bambini allergici e così per questi bimbi iniziano le giornate tra starnuti, occhi
lacrimanti, congiuntiviti, naso che cola e tosse persistente. Sintomi davvero
insopportabili per un adulto, figuriamoci per un bambino!
Ma come riconoscere un raffreddore allergico? Gli starnuti si presentano in
rapida successione, con lacrimazione e prurito al naso.
I sintomi possono fare la propria apparizione senza dare preavviso
e in qualunque momento compaiano, soprattutto nei più piccoli, è
bene non trascurarli mai, poiché con gli anni possono farsi avanti
problematiche più serie.
Spesso i bambini vengono trattati con farmaci che non hanno effetto e che
non risolvono il problema, poiché sospendendolo il bimbo riprende a stare
male. L’importanza di fare un lavoro a 360 gradi è corretto sia che il genitore
opti per farmaci tradizionali, sia per quelli naturali, oppure che voglia provare
con entrambi per ridurre successivamente il farmaco.
Il rimedio naturale per le allergie più famoso e più usato è il Ribes
Nigrum, ovvero il macerato glicerico del Ribes, dotato di eccezionali proprietà tra cui quella antibiotica e simil cortisonica. Non tutti sanno
che buoni risultati si possono avere anche con l’Oligoterapia (utilizzando
oligoelementi come zolfo, manganese, rame in base alla problematica e al
bambino), ottima soprattutto come prevenzione e con i fiori di Bach i quali
agiscono sull’aspetto emozionale che, soprattutto nei bambini è di fondamentale importanza.
Da non trascurare la cura dell’alimentazione del bambino, poiché i
motivi delle allergie sono molteplici. Le nuove generazioni sono sempre
più distanti dalla natura, dai suoi ritmi e dai loro istinti primordiali come il
contatto con la terra e con gli alberi. Muri, cemento, oggetti e case sempre
più pulite e disinfettate e vaccini per qualsiasi cosa sono all’ordine del giorno
così come due parole che remano contro: Paura e Difesa. Il mondo viene
percepito come ostile e pericoloso e anche un polline o un acaro, viene visto
nel linguaggio psicosomatico, come qualcosa che può creare danni.
Non si possono scindere allergie e situazioni emotive e conflittuali che il
bimbo vive. Fondamentale quindi conoscere il bambino e la sua bellissima storia nella sua interezza per arrivare a risolvere la sua allergia.•
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diventare genitori
59
pag
a cura dott.ssa Ilaria Arena
medico veterinario
cucciolo e co.
Siamo ormai entrati a pieno nella stagione primaverile e la voglia di trascorrere il tempo libero all’aria aperta è sempre più grande, così anche i nostri
bambini non vedono l’ora di trascorrere i pomeriggi
al parco magari con i loro amici a quattro zampe
dopo un inverno trascorso in casa.
correre insieme
all’aria aperta...
Fortunatamente sono molti i bambini che possono godere della compagnia di un amico peloso e proprio la relazione con un animale da
compagnia rappresenta uno stimolo educativo potente. Spesso noi
genitori accontentiamo il desiderio dei nostri figli di adottare un cane con
la loro promessa di prendersene cura. Accade purtroppo che dopo i primi
entusiasmi per la novità, i bambini se ne disinteressino e finiamo noi per
occuparci del nuovo arrivato. Questo accade perché probabilmente manca qualcosa che li stimoli all’interazione con il cane.
lità del leader rispettoso e attento
verso il proprio gregario. La fase
successiva sarà quella di imparare a condurre il cane lungo
un percorso a ostacoli come
quelli dell’agility o nell’esecuzione
di specifici movimenti nello spazio
come nelle gare di rally obedience. Esistono poi altre discipline
come il disc dog (il gioco del
fresbee col cane) e lo sheep
dog (il lavoro di riunione del
gregge) sempre da praticare
all’aria aperta.
Quella che rappresenta una buona attività fisica e mentale per il
cane diventa una palestra-gioco
per il bambino che migliorerà
nella coordinazione e nella concentrazione.
L’attività all’aria aperta non sarà
solo rappresentata da corse
all’impazzata dietro a un pallone
ma un importante momento di
crescita e condivisione con il migliore amico dell’uomo o meglio
del bambino.•
E’ quindi importante ricercare un’attività che possa motivare i bambini alla relazione con il cane, sviluppare importanti capacità psicomotorie e giovare alla salute mentale e fisica canina. Si è sempre pensato che
educare un cane sia “roba da grandi”, in realtà i concorsi cinofili sono
sempre più popolati da bambini che mostrano avere un feeling enorme
con il loro cane tanto da eccellere in discipline come l’agility e il rally obedience nella categoria juniores. Non si tratta di fuoriclasse ma di bambini
normali che hanno imparato a comunicare con un’altra specie con cui
praticare uno sport cinofilo.
All’età di 6-7 anni infatti è già possibile per un bambino prendere lezioni
di educazione di base. In questa fase si impara la lingua del cane,
come rispettarlo e farsi ascoltare. Attraverso i primi comandi “seduto”
“terra” “resta” ecc… si costruiscono le fondamenta per la collaborazione bambino-cane, che risultano fondamentali nella vita in famiglia e non
solo. Avere un cane che riconosce un affidabile capo branco nel
proprio padroncino è fondamentale. In questo modo il bambino acquisirà la coscienza di un nuovo ruolo e potrà sviluppare la responsabi19-Girotondo Mag'16 FBO.indd 59
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diventare genitori
a cura dott.ssa Roberta Sabattini
medico veterinario
cuccioli e co.
Convivere con un animale domestico offre ai bambini
un’esperienza di apprendimento impareggiabile, anche se non si può negare che gli animali possono trasmettere alcune malattie, di cui le più frequenti, pur
sempre nella rarità, sono quelle parassitarie: i vermi!
aiuto, mio figlio ha...
i vermi!!!
Il parassita più diffuso nei bambini tra 2-12 anni è l’OSSIURO. Un
piccolo vermetto delle dimensioni di pochi millimetri, che depone uova
nella mucosa anale del bambino creando prurito al culetto. La diagnosi si
esegue mediante uno scotch test: nastro adesivo sulla mucosa anale per
evidenziare la presenza delle uova. La terapia prevede un farmaco che
uccida i vermi adulti.
Dalle dimensioni che vanno dai 10 ai 20 centimetri gli ASCARIDI vivono nell’intestino del cane o del gatto, dove producono uova che l’ospite
elimina con le feci. Il cane, il gatto e talvolta i bambini si infestano ingerendo le uova dal suolo. Divenute larve attraverso la circolazione sanguigna, raggiungono il fegato, il tratto respiratorio e l’occhio. Il rischio è la
compromissione della vista in modo permanente. In Inghilterra si è
evidenziata una positività del 2-3% tra bambini di età scolare.
L’uomo è l’ospite definitivo della TENIA, mentre bovini e suini fungono
da ospiti intermedio. Il verme adulto può misurare diversi metri di
lunghezza. Nell’intestino dell’uomo, i parassiti adulti emettono segmenti
del corpo del verme (proglottide) gravido che fuoriescono nell’ambiente
mediante la defecazione. Capita che i bambini si infestino con alimenti e
acque contaminate. Le uova ingerite liberano larve che attraverso il sangue
raggiungono muscoli, cuore, occhio e cervello e assumono la forma di
cisticerchi (fase dormiente delle larve). I sintomi possono essere molto
gravi. Il ciclo biologico si completa quando l’uomo ingerisce carni
crude o poco cotte contenenti cisticerchi.
Il verme più pericoloso è l’ECHINOCOCCO, molto diffuso in aree con
allevamenti ovini. L’ospite definitivo è il cane, ma tutti i mammiferi
possono infettarsi con le uova emesse nell’ambiente. La malattia
idatidosi o echinoccosi è estremamente pericolosa in quanto l’unica risoluzione è chirurgica. Il cane emette proglottidi che giunte nel suolo
permangono fino ad un anno dando modo agli erbivori e all’uomo
di assumerle attraverso verdure poco lavate.
A questo punto tutti starete pensando a come prevenire il problema,
di sicuro non liberandovi del vostro amico a 4 zampe! Bastano alcuni
accorgimenti, come buone norme igieniche e buon senso: lavare bene
le verdure, evitare carni poco cotte e lavarsi spesso le mani, soprattutto
quelle dei bambini. Il ruolo degli animali domestici è indispensabile
per il compimento del ciclo biologico dei vermi, per questo motivo
è IMPORTANTISSIMO assicurarsi che le deiezioni vengano raccolte
dal suolo e che gli animali siano seguiti dal veterinario.•
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arearivista
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a cura di Paola Saoncella
libreria Biblion
filo diretto
..
!!!
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“mamma, papà...
leggetemi forte!”
Numerose ricerche scientifiche dimostrano come la lettura ad alta voce
rivolta ai bambini ben prima dell’età scolare sia fondamentale per il loro
sviluppo cognitivo, intellettuale ed affettivo.
La lettura ad alta voce, anche nei primi mesi di vita del bambino fatta con
continuità, svolge un’influenza positiva sia dal punto di vista relazionale, essendo un’opportunità di relazione tra bambino e genitore, che
cognitivo sviluppando meglio e più precocemente la comprensione del
linguaggio e la capacità di lettura, inoltre consolida nel bambino l’abitudine a leggere.
personaggi e la mimica sono poi
elementi importanti per ottenere
l’attenzione del bambino.
L’editoria rivolta ai bambini
propone oggi una vastissima
scelta di pubblicazioni in cui
l’attenzione al testo e la cura
dell’illustrazione rendono la
lettura ad alta voce una magica
esperienza sia per il bambino
che per il genitore.
Il programma Nati per Leggere
e personale specializzato (educatori, bibliotecari, librai) aiutano
ad orientarsi nella scelta dei libri
appropriati nelle diverse fasi della
crescita.•
Nati per leggere è un progetto nazionale promosso dall’Associazione
Italiana Biblioteche, dall’Associazione Culturale Pediatri e dal Centro per
la Salute del Bambino che dal 1999, promuove la lettura in famiglia
sin dalla nascita; si rivolge ai bambini da 0 a 6 anni e mira a favorire la
crescita armoniosa del bambino attraverso una attenzione particolare ad
uno sviluppo cognitivo ed affettivo ricco, attraverso lo stimolo della lettura.
Al centro del programma Nati per Leggere c’è Il ruolo del genitore,
in quanto primo intermediario tra il bambino e il mondo che egli si
accinge a scoprire, che viene supportato tramite la proposta di libri selezionati e l’indicazione di alcune regole di lettura.
Non sono necessarie particolari tecniche di lettura, è sufficiente intraprendere con il bambino una lettura dialogata, secondo cui il genitore incoraggia il bambino a parlare coinvolgendolo attraverso domande
e lasciando che egli ponga domande. L’attenzione alle illustrazioni, la variazione del ritmo di lettura, la differenziazione delle voci dei
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a cura a cura di Letizia Fattori
e Pamela Sorrentino
referenti associazione Ludofficina
L’Associazione Sportiva e Culturale LUDOFFICINA, che dal 2008
promuove percorsi orientati alla
conoscenza della nascita, laboratori per bambini e genitori e attività di aggregazione per la famiglia
organizza, nel contesto dell’evento “Bimbi in Festa 2016”, attività
pensate e strutturate per le famiglie!
In concomitanza con questo
evento, all’interno degli impianti sportivi, si terrà anche la “31°
EDIZIONE DELLE OLIMPIADI
DEI RAGAZZI” (la quarta nel paese di Molinella) in concomitanza
con la Festa Nazionale dello
Sport promossa dal CONI in tutta
Italia che coinciderà nella giornata
della domenica 5 giugno. La manifestazione Olimpiadi dei Ragazzi coinvolgerà 13 comuni aderenti
al Comitato del Reno nell’ambito
delle Province di Bologna, Ferrara
e Ravenna.
Il 3, 4 e 5 Giugno si terrà la manifestazione gratuita
“BIMBI IN FESTA – 2° EDIZIONE” nel Comune di Molinella, evento promosso dal Comune, dall’Associazione Ludofficina, dal Comitato Olimpiadi del Reno
e dalla Proloco di Molinella.
“Bimbi in festa” e “Olimpiadi del Reno”
aspettano le famiglie
il 3, 4 e 5 giugno!!!
Questa sinergia tra il Comitato Locale per le Olimpiadi dei Ragazzi, Ludofficina per Bimbi in Festa e la Pro Loco di Molinella, ha creato i presupposti
per la realizzazione di un evento di grandi proporzioni, che nei tre giorni
programmati convoglierà oltre 6mila persone.
Nello specifico la manifestazione BIMBI IN FESTA 2016 si affiancherà alle
OLIMPIADI DEI RAGAZZI proponendo per grandi e piccoli tante attività:
La tenda dei Bambini con Spazi Gioco, Angoli di Scoperta;
Laboratori Sensoriali e “Gioco – Motori” per bambini e genitori;
Bio-laboratori di arte del rispetto ambientale;
Incontri per adulti curiosi e genitori: gravidanza e nascita, infanzia, salute,
educazione e crescita;
Spettacoli per bambini e famiglie tutti da vivere!
Inoltre ci saranno espositori e punti ristoro che renderanno le vie di Molinella piene di luoghi da scoprire!
Potrete trovare i programmi completi su www.olimpliadidelreno.it e www.
ludofficina.net
Vi aspettiamo il 3 - 4 - 5 GIUGNO 2016 a scoprire BIMBI IN FESTA
e LE OLIMPIADI DEL RENO: le manifestazioni sono GRATUITE per
tutti, quindi partecipate numerosi!•
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no”
ie
!!!
diventare genitori
a cura dott.sse Benedetta Aureoli e Marika Benaglia
61
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insegnante e pedagogista
filo diretto
mens sana in corpore sano...
senza paura
delle regole!
W l’estate! Ma come organizzare la giornata dei vostri ragazzi che si ritrovano
con tante ore libere a disposizione? Come combinare attività all’aria aperta
e studio? Ecco alcuni consigli che valgono per i giovani dai 6 ai 18 anni.
Il primo consiglio è questo: più attività fisica e meno immobilità davanti a uno schermo, tv, computer o telefonino che sia!
L’attività fisica, basta anche una semplice passeggiata, crea le ideali condizioni fisiche e mentali per uno studio più proficuo: aumenta l’ossigenazione del sangue, stimola le endorfine, abbassa il livello di
stress, rilassa e prepara i giovani a rendere di più intellettualmente migliorandone la concentrazione. Pertanto, i momenti trascorsi all’aria aperta
non tolgono energie allo studio, anzi, le due cose si potenziano l’un
l’altra.
nazioni del ragazzo e che preveda
un frazionamento dell’impegno
tra momenti di svago e di studio: arriverà alla fine dell’estate
preparato e con il minimo sforzo.
Ricordate che il lavoro di voi
genitori è fondamentale: bambini e ragazzi vanno costantemente sostenuti con disciplina
e tanta pazienza. Loro cercano
di imporsi, inseguono l’autonomia
attraverso critiche e scontri, ma
quello che chiedono sono supporto e comprensione. Genitori non desistete e non temete!
Saranno proprio le vostre regole che fortificheranno i vostri figli,
che insegneranno loro ad auto regolarsi e che, nello stesso tempo,
infonderanno in loro un senso di
protezione.•
È utile quindi che voi genitori vi impegniate ad organizzare le giornate
estive dei vostri figli programmando momenti di studio e momenti
di attività all’aria aperta. Per fare questo, dovreste dare importanza all’indole dei vostri figli e valutare anche i vostri impegni e gli orari lavorativi.
Per i più piccoli, vi consigliamo di individuare ogni giorno un tempo
per lo studio in quanto per loro è un divertimento, una scoperta, un
mettersi alla prova, senza ostacolarli con ansie e paure ma lasciandoglielo vivere in modo autonomo e piacevole, intervenendo semmai successivamente per chiarire dubbi o errori. Vi accorgerete che alla fine dell’estate i vostri bambini saranno senz’altro soddisfatti di avere fatto il
loro dovere.
Se per i più piccoli studiare e voler imparare è spontaneo, i ragazzi più
grandi hanno meno motivazione allo studio: hanno altri interessi come
amici, sport e fidanzatini!
Tocca allora a voi genitori mettere in campo maggiori risorse e strategie per farli studiare. Il suggerimento è di creare assieme a vostro figlio, un piano di studi estivo preparato sulla base delle incli19-Girotondo Mag'16 SAV+SAR.indd 61
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a cura dott.ssa Anna Maria Casadei
esperta di psicologia del disegno infantile e dello scarabocchio
filo diretto
(1)
Inviate lo scarabocchio o il disegno del vostro bambino (in formato JPEG - max 4 disegni) indicando il
nome e l’età dell’autore e... se l’età lo permette chiedete al vostro piccolo artista di dare un titolo al suo
disegno! Li aspetto per spiegare cosa significano su:
[email protected].
i disegni dei nostri bambini
ci parlano del loro mo nd
e delle loro emozio ni.
(2)
Ogni disegno è espressione della persona che lo esegue. Quando un
bambino ti mostra un foglio scarabocchiato, ti sta rivelando parte del suo
mondo e di se stesso.
Lo scarabocchio è l’origine della scrittura, dell’esistere come essere separato dall’altro, come atto primitivo universale simile in tutte le culture,
presso ogni razza e a tutte le latitudini.
La mano libera del bimbo, percorrendo il foglio in lungo e in largo, lascia
una traccia, un’espressione che codifica e rappresenta gli avvenimenti vissuti. Cari genitori, ecco una breve sintesi dei disegni arrivati i mesi scorsi:
1) Lorenzo 7 anni “spade laser”: in casa o a scuola, incominciano ad
esserci delle regole e Lorenzo ne è insofferente.
2) Ginevra 4 anni e mezzo: il fiore occupa tutto lo spazio e l’autrice è
ben felice di essere al centro dell’attenzione famigliare. Ama chiacchierare
e colorare tutto.
3) Lorenzo 7 anni “vulcano arcobaleno”: è un disegno molto particolare, Lorenzo unisce il vulcano con l’arcobaleno. Probabile che in casa ci
siano comportamenti degli adulti in contrasto tra loro.
4) Lorenzo 7 anni “lo squalo”: è un momento di tensione per Lorenzo,
vorrebbe inglobare qualcuno, forse è nato un fratellino ed è geloso.
(5)
(3)
(4)
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diventare genitori
63
pag
5) Matilde 3 anni: incomincia a capire il concetto degli spazi
e probabilmente averla ascoltata ad ogni punto di colore posto sul foglio ha dato una spiegazione. E’ probabile che abbia
voluto scrivere – una lettera – a qualcuno.
(6)
6) Manuela anni 5: ha posizionato al centro con spazi equidistanti la figura della mamma. Ciò indica che il rapporto è di
complicità. Però questa mamma è irruenta, a volte irritata con
il mondo ed EManuela stempera ciò ponendo un bel fiore tra
la folta chioma.
mo ndo
zio ni...
7) Giada 4 anni: vive un momento complicato in seno alla famiglia: a sinistra movimenti circolari, aggraziati e armoniosi. A
destra forme rigide con colori scuri. Ciò
che crea unione è dato dal sole al centro (padre) il quale cerca di portare serenità a
(7)
(8)
Giada.
8) Enrico 6 anni: è suggestionato dalle favole, racconti o
immagini televisive (meno ore davanti allo schermo!) in questa storia ci sono solo immagini divertenti ed Enrico ne trae
soddisfazione e placa l’ansia.
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a cura di Marianna De Luca
educatrice scuola materna e elementari
l' angolo delle fiabe
Bentrovati amici carissimi! Oggi vi racconterò una storia speciale che comincia sulle
calde coste marine di Fiabilandia quando
un bel giorno d’estate il mare decise di
lasciare agli abitanti un misterioso dono...
il grande cuore di Gibo
Un grande uovo, ancora completamente chiuso... grossa fu la
sorpresa e lo stupore degli abitanti. Tutti si chiedevano “Cosa
ci farà questo grande uovo sulle nostre coste? Sarà un uovo
di tartaruga o di dinosauro?” La curiosità era tanta e attesero
impazienti che l’uovo si schiudesse. Passarono giorni e giorni,
quando finalmente notarono delle piccole crepe che disegnavano l’uovo misterioso... il momento tanto atteso era arrivato!
Tutti gli animali del bosco si erano radunati in cerchio
lasciando l’uovo nel mezzo con il fiato sospeso e gli occhi
spalancati… all’improvviso l’uovo si schiuse. Cosa saltò fuori?
Di quale animaletto si trattava? Beh! Amici cari, nessuno lo
capì.
illustrazioni
di Lucia Zerbinati
Si trattava di un buffo e strano animaletto, alto non più di un
metro, due dolcissimi occhi a palla, neri e profondi, le orecchie
ricordavano quelle di un cane, un delizioso musetto, due grandi ali, troppo grandi per un esserino come lui, ed una lunga
coda. Potete immaginare la reazione... davanti a quale strano
animale si trovavano? Si guardavano l’un l’altro sbigottiti. Ad un
certo punto il misterioso ospite fece un passo avanti e disse:
“Salve, io sono Gibo, piacere di fare la vostra conoscenza!”
Ma la reazione degli abitanti non fu delle più belle purtroppo...
ignorarono Gibo, solo perché apparentemente “diverso”
da loro, e non fu minimamente considerato, rimase solo.
Il tempo passò ma la situazione rimase la stessa.
E di questo il nostro piccolo amico soffriva, non comprendendo i motivi e le ragioni di tanto rifiuto mascherato da indifferenza. Ma tutto stava per cambiare. In realtà era un vero e
proprio miracolo, un dono concesso dal mare agli abitanti
di Fiabilandia, ma non era stato riconosciuto. Il mare rimase a guardare il corso degli eventi, fino a quando decise di
intervenire e, in un bel giorno, caldo d’estate, all’improvviso il
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bo
bambini
cielo si oscurò, si aggiunse un vento minaccioso ed il mare
diventò scuro e pauroso, si gonfiò, talmente tanto da mettere
in pericolo la stessa Fiabilandia. Gibo, che ormai viveva in
tutta solitudine in riva al mare, fu il primo ad accorgersi ed
intuire il pericolo. E senza alcun indugio, di corsa raggiunse
il bosco, allertando i suoi abitanti, gli stessi che lo avevano
ingiustamente allontanato, i quali, a questo punto, indifesi
davanti alla maestosità e alla forza del mare, erano tutti li,
non sapendo cosa fare, vicino a Gibo.
Il nostro piccolo amico ebbe poi un’intuizione: costruire un muro, altissimo, tanto da impedire al mare, così
arrabbiato, di distruggere il bosco, le abitazioni, Fiabilandia tutta. Ma il tempo a disposizione non era tanto, c’era
bisogno della collaborazione di tutti. Così fu. Gli abitanti procurarono dei grossi macigni e Gibo preparava l’alto muro,
aiutandosi con le sue grandi ali. Nessun altro sarebbe riuscito in quel difficile compito, il muro era davvero altissimo!
L’idea di Gibo era stata vincente! Poco alla volta il mare
calmò la sua rabbia e il sereno fece ritorno, Fiabilandia
salva. Finita la bufera, Gibo, non aspettandosi nulla, s’incamminò senza dire una parola, verso la sua capanna, in tutta solitudine. Gli abitanti del bosco davanti a tanta umiltà,
furono commossi e gli corsero dietro abbracciandolo,
ringraziandolo e porgendo le scuse più sentite, quelle
che provengono dal cuore, a Gibo, che li aveva salvati, non
solo dalla bufera, ma da quello stupido sentimento di “paura
e di ignoranza” , verso ciò che non si conosce, e non ci appartiene. Gibo aveva insegnato loro questo! A non fermarsi
alle apparenze, di conoscere prima di giudicare. Di accogliere il prossimo. •
illustrazioni
di Lucia Zerbinati
SSTE
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Fly UP