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PERSONAGGI 7 21 agosto «Ridare il volto alla gente» Dice il professor Filonenko: «Il lavoro dei cristiani è ridestare l’umano in un mondo completamente anonimo» E, raccontando la sua vita fitta di incontri decisivi, fa eco al messaggio del Papa: «Restituire l’uomo a se stesso» «Quello che mi colpisce di Aleksandr, è che è un uomo stupito di fronte a tutto ciò che nasce. Un uomo che vive l’esperienza che ogni circostanza, ogni persona che incontra è un rapporto col Mistero che fa tutte le cose». Sono parole cariche di attesa quelle con cui ieri Franco Nembrini, rettore del Centro Scolastico “La Traccia”, ha introdotto la testimonianza di Aleksandr Filonenko, ortodosso, docente di filosofia all’Università Nazionale di Char’kov, Ucraina. Aleksandr non è nuovo al Meeting, ma per la prima volta ha potuto offrire al popolo della fiera riminese la testimonianza della sua vita. «La mia infanzia è stata quella di un ragazzo sovietico modello, iniziato all’ateismo. I cristiani dicevano di sé: “Noi siamo malati e invalidi, abbiamo bisogno di essere sorretti dalle stampelle della religione”, e questo a me non interessava. Fino a quando ho conosciuto la testimonianza di Pavel Florenskij». La storia di Florenskij, scienziato e religioso russo, martirizzato in epoca staliniana, è una delle tante raccontate nella mostra “La luce splende nelle tenebre” esposta al padiglione C5. «Mi sono chiesto: “Cosa rendeva quest’uomo così vivo?”. Se lui era uno degli “invalidi”, io dovevo stare con questo invalido. Ma era morto: come potevo seguirlo? Ricordo che dissi a un amico: “Dobbiamo trovare almeno una persona da seguire, perché ci porti a Cristo”». Ci sono voluti molti anni, finchè un giorno quell’amico corre da Aleksandr con un nastro registrato in mano: «“Ascolta la voce di quest’uomo!” Non avevo mai sentito niente di simile. C’erano troppi pensieri e idee, era un invito troppo forte a seguire Cristo. “Dobbiamo andare da quest’uomo e vedere se vive così come parla!”» Quell’uomo era il metropolita orto- Emmaus? È a Char’kov Il professor Aleksandr Filonenko ha portato per la prima volta al Meeting la testimonianza sulla sua vita dosso d’Inghilterra, Anthony Bloom. «Quando lo incontrai, era il 1997, conobbi la sua storia e il suo messaggio: “Se vuoi incontrare Cristo, devi essere disponibile a un incontro, perché Lui si fa presente così”. Quando poi cinque anni dopo ho incontrato il Movimento, ho visto come la scuola di don Giussani converga con quella di monsignor Anthony su questo punto». «La nostra vita è piena di incontri» si accende Filonenko «magari non particolari, ma ogni circostanza ha dentro di sé l’invito all’incontro con Cristo! Se noi incontriamo Cristo, il risultato della strada con Lui deve diventare il fatto che in ogni incontro della vita riusciamo a vivere con questa profondità evangelica». E il resto del racconto di Aleksandr mostra come oggi sia lui a vivere questo nella carne: un’esplosione di fatti ed esperienze personali che è impossibile sintetizzare. «Ho scoperto tanto del cristianesimo grazie a una ragazzina di cui tutti mi avevano solo detto che era cattiva, fumava e diceva parolacce. Un giorno, durante una caritativa con lei e altri ragazzi difficili, si ferma vicino a me mentre spiegavo matematica a un ragazzo, e dopo un po’ mi chiede se volevo vedere il suo album di fotografie. Era la storia della sua famiglia, e si vedevano i suoi genitori, morti per problemi di alcolismo. La ragazza oggi è senza reni per causa loro, e lo sa, ma nel suo racconto non c’era l’ombra di cattiveria. A me non chiedeva niente, solo che condividessi con lei la sua vita. Ho capito in questo episodio che il cristianesimo è nato per condividere il destino. A nessuno di quelli che la aiutavano aveva mostrato le sue foto, perché non erano interessati al suo destino, che era l’unica cosa che a lei importasse! Oggi viviamo in un mondo completamente anonimo: noi cristiani possiamo fare il lavoro di ridare il volto alla gente che ci circonda. È un lavoro umile, che non si può organizzare, ma a cui non possiamo sottrarci». Ma come è possibile, e da dove sorge l’impeto per compiere questo lavoro? «È legato al vivere la gioia. Quello che vivo nell’amicizia per il Movimento è la festa del collaborare alla gioia. Ed è quello che volevo condividere con voi nell’incontro di oggi». Francesco Brignoli La vita della comunità di Cl di Char’kov da un paio di anni è movimentata dalla fondazione “Emmaus”, un’opera socio-culturale di aiuto a ragazzi invalidi e orfani. L’idea è sorta ad Aleksandr Filonenko e ai suoi amici dopo l’incontro con Rosalba Armando, della fondazione Maksora di Novosibirsk. «Venne in Ucraina a raccontarci la sua esperienza» ha ricordato Filonenko ieri. «Si tratta di una casa di accoglienza per ragazze madri, sorta in Siberia vent’anni fa. Dopo l’incontro tutti parlavano di Rosalba e dicevano: “Dobbiamo fare la stessa cosa a Char’kov!”». «Poco dopo abbiamo incontrato il regista Vasilij Sidin, praticamente un santo» dice Aleksandr. «Aveva aperto un teatro per ragazzi difficili e ci ha chiesto una mano. Così è nata “Emmaus”, un centro di aiuto per ragazzi che vivono in un internato». Da allora, tantissimi episodi. L’ultimo è quello di Lena, una ragazza invalida a cui lo Stato proponeva solo la vita in un ospizio per anziani. «Le abbiamo insegnato matematica e grammatica. Ha frequentato l’istituto tecnico e due settimane fa è stata ammessa all’Università. La sua insegnante ci aveva detto che sarebbe stato impossibile. Per questo noi oggi stiamo festeggiando: è nata davvero Emmaus!». O l’umano o l’ideologia La lezione di Solzenicyn Dell’Asta e Parravicini: «È la scelta di ognuno di noi» «Questi non sono solo racconti, questa è la realtà». La frase del professor Adriano Dell’Asta stuzzica la nostra curiosità verso “L’Uomo Nuovo”, il libro di Aleksandr Solzenicyn che Giovanna Parravicini, della Fondazione Russia Cristiana, ha presentato ieri e che raccoglie brani inediti con a tema l’uomo. Dicono Dell’Asta e Parravicini: «I protagonisti sono tutti in qualche modo vittime ma, a un certo punto, ciascuno ha la possibilità di una scelta: o per una verità percepita nel proprio cuore o per lasciarsi trasportare dalla corrente e dismettere la propria umanità. In ogni momento ognuno può scegliere di seguire l’ideologia o di staccarsene, riconoscendo che la realtà è più conveniente. È una scelta che si pone per tutti noi. Dopo la vita più terribile uno può dire no all’ideologia, dopo la vita migliore uno può tradire». La realtà è quindi umanamente più interessante di qualsiasi ideologia e, riconoscendo di avere tutti un destino comune, possiamo essere uniti nel dire: «Il cristianesimo ti rende capace di una comprensione e di un rispetto della realtà che nessun’altra posizione umana è in grado di dare». Dell’Asta a questo proposito parla di irriducibilità citando la storia di Matrjona, la protagonista di un racconto di Solzenicyn. Tutti la trattano come una povera stupida, ma quando Matrjona muore la verità emerge: non si trattava di stupidità ma di un’umanità buona che faceva sì che tutti gli altri potessero consistere. A immagine dell’infinito — dice la tradizione d’oriente — l’uomo non può essere schiavo di nessuna cosa finita. Ed è proprio su questo punto, come e- Giovanna Parravicini, della Fondazione Russia Cristiana merso dall’incontro, che l’esperienza di Cl e il cammino di Russia Cristiana si sono sempre incontrati. È stato ricordato il profondo rapporto tra don Luigi Giussani e padre Romano Scalfi e, tra i tanti episodi, quello in cui, subito dopo la caduta del regime comunista, don Giussani aveva chiesto ad alcuni giovani (tra cui gli stessi Dell’Asta e Parravicini) di recarsi a Mosca. E quando questi avevano chiesto a don Giussani la ragione di questa indicazione la risposta era stata: «Dovete restituire loro tutta la ricchezza che ci hanno donato». Victorita Bonarelli