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Formazione per Correlare completa
Correlare COnsolidare Reti REgionali e Locali per un'Accoglienza REsponsabile Progetto cofinanziato da Fondo europeo per l'integrazione di cittadini di paesi terzi. La tutela dei minori stranieri Avv. Anna Brambilla - ASGI Minore straniero STATUS TUTELA Richiedente asilo Accompagnato Non richiedente asilo Non accompagnato Elementi fondamentali età inferiore agli anni 18 minorenne non avente cittadinanza italiana o di altri Stati dell'U.E. straniero richiedente asilo / non richiedente asilo accompagnato / non accompagnato manifestazione o meno della volontà di richiedere asilo con / senza genitori presenti, affidatari o tutori Normativa di riferimento Superiore interesse del minore Assistenza e Art.28 D. Lgs. 286/98 In tutti i procedimenti amministrativi e Giurisdizionali finalizzati a dare attuazione Al diritto all‘unità familiare e riguardanti I minori deve essere preso in considerazione Con carattere di priorità il superiore Interesse del fanciullo art. 3 Convenzione ONU Diritti del fanciullo Tutela Art. 343 e ss. c.c. Affidamento Art. 2 e ss. L. 184/1983 rappresentanza Adozione Art. 6 e ss. L.184/1983 Art. 19, co. 1 D.Lgs. 286/98 richiedente D.Lgs. 251/07 asilo D.lgs. 25/08 Art. 29 bis D.Lgs. 286/98 famiglia Minori non accompagnati Ricongiungimento e coesione familiare Artt. 29, 30 e 31 D.Lgs. 286/98 Conversione del pds al compimento della maggiore età art. 32 D. Lgs. 286/98 art. 32 e art. 33 D. Lgs. 286/98 Ingresso dei minori in Italia: respingimento – espulsione reato di ingresso e soggiorno irregolare Minori stranieri: espulsione e respingimento Il minore straniero e’ inespellibile, salvo che per motivi di ordine pubblico o sicurezza dello Stato (con provvedimento adottato, su richiesta del questore, dal Tribunale per i minorenni ex art. 31 c. 4 TU 286/98), e salvo il diritto a seguire il genitore o l’affidatario espulsi (TU art. 19 co.2), Il minore straniero in quanto inespellibile ha diritto ad un permesso di soggiorno art. 28 DPR 394/99 permesso di soggiorno per minore età, per motivi familiari, per integrazione sociale del minore Il respingimento o l'esecuzione dell'espulsione di persone affette da disabilità, degli anziani, dei minori, dei componenti di famiglie monoparentali con figli minori nonché dei minori, ovvero delle vittime di gravi violenze psicologiche, fisiche o sessuali sono effettuate con modalità compatibili con le singole situazioni personali, debitamente accertate (art. 19 c. 2 bis TU 286/98 aggiunto dal D.L. 89/2011 convertito con L. 129/2011) Non ci sono limiti normativi espressi al respingimento dei minori salvo quelli previsti anche per gli adulti: In nessun caso può disporsi l'espulsione o il respingimento verso uno Stato in cui lo straniero possa essere oggetto di persecuzione per motivi di razza, di sesso, di lingua, di cittadinanza, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali o sociali, ovvero possa rischiare di essere rinviato verso un altro Stato nel quale non sia protetto dalla persecuzione Minori stranieri: il reato di ingresso e soggiorno irregolare Secondo quanto disposto dall’art. 10bis D. Lgs. 286/98 “Salvo che il fatto costituisca più grave reato, lo straniero che fa ingresso nel territorio dello Stato in violazione delle disposizioni del presente Testo Unico è punito con l’ammenda da 5.000 a 10.000 euro” reato di ingresso e soggiorno irregolare Sebbene non sia espressamente prevista un’esclusione dei soggetti minorenni dall’ambito applicativo dell’art. 10 bis una lettura costituzionalmente orientata della norma deve portare a ritenere che tale fattispecie di reato non possa essere configurata con riguardo ai minori in quanto: Il minore che si trova in stato di abbandono non può essere espulso ma deve ricevere protezione in base alla legislazione italiana in materia di adozione e affidamento e ha comunque diritto ad un permesso di soggiorno È dubbia la sussistenza dell’elemento psicologico del reato sia perchè il minore si affida verosimilmente a soggetti adulti per fare ingresso in Italia e comunque ha legittime aspettative di tutela sia relativamente alla consapevolezza del disvalore sociale dell’atto commesso La criminalizzazione del comportamento del minore (ingresso irregolare) appare contrastante con i principi enunciati dalla Convenzione ONU sui diritti dell’infanzia (diritto del minore privato del suo ambiente familiare a ricevere protezione e aiuti speciali dallo Stato in cui si trova) Cfr. Tribunale per i Minorenni di Bari decreto 11.12.2009 – Tribunale dei minorenni di Bologna decreto 12.1.2010 est. Martello Da una lettura congiunta e costituzionalmente orientata delle disposizioni del TU il reato non viene integrato in molti casi tra cui: “1) lo straniero che si presenta ai valichi di frontiera senza avere i requisiti per l’ingresso ma è temporaneamente ammesso sul T.N. per necessità di pubblico soccorso, 2) lo straniero che è stato fatto entrare in modo incolpevole perché vittima di tratta o di favoreggiamento dell’ingresso o del transito illegale compiuto da altri soggetti a fini di sfruttamento; 3) le ipotesi in cui vengano accordate misure di protezione temporanea per motivi umanitari, in conseguenza di afflusso massiccio di sfollati, 4) lo straniero che sia genitore, anche naturale, di minore italiano residente in Italia, a condizione che non sia stato privato della potestà genitoriale secondo la legge italiana; 5) lo straniero familiare di cittadino comunitario che renda disponibile passaporto e visto entro 24 ore dalla richiesta; 6) i minori stranieri; 7) lo straniero che sia in attesa della risposta alla domanda di rilascio o rinnovo del permesso di soggiorno; 8) lo straniero familiare di cittadino italiano, comunitario o non comunitario,che sia nelle condizioni di ottenere un permesso di soggiorno per motivi familiari, se era titolare di un permesso di soggiorno scaduto da non meno di un anno; 9) lo straniero familiare di cittadino comunitario che soggiorna per un periodonon superiore a tre mesi che accompagna o raggiunge, se è in possesso di passaporto ed è entrato con visto;) lo straniero espulso che permane in Italia per diniego del nullaosta da parte dell’A.G.; 10) lo straniero vittima di violenza o grave sfruttamento per cui sia in fieri un percorso ex art. 18 T.U; 11) lo straniero che abbia ottenuto un provvedimento di sospensione dell’efficacia esecutiva, in pendenza di ricorso, di un provvedimento di diniego di permesso di soggiorno o di espulsione; 19) lo straniero che abbia chiesto o ottenuto laspeciale autorizzazione dal tribunale per i minorenni ai sensi dell’art. 31, co. 3, T.U.; cfr. G. SAVIO, Il reato di cui all’art. 10 bis t.u. 286/98 e altre fattispecie connesse alla condizione dello straniero irregolare. I minori accompagnati in Italia : ricongiungimento e coesione familiare Minore accompagnato in Italia con genitori o parente affidatario Il minore è presente in Italia con almeno un genitore o cittadino straniero affidatario Se il genitore o parente affidatario è titolare di permesso di soggiorno Il minore è iscritto nel permesso di soggiorno o carta fino al compimento del 14 anno di età e segue la condizione giuridica del genitore o del cittadino straniero affidatario. Al 14 anno ha diritto ad un permesso di soggiorno per motivi familiari. - art. 31, co.1 e 2, D.Lgs.286/98 - Ricongiungimento familiare Il familiare si trova nel Paese d'origine ed entra in Italia con regolare visto per ricongiungimento Viene rilasciato un pds per motivi familiari Chi può effettuare il ricongiungimento (art. 28 D. Lgs. 286/98) Il diritto a mantenere o a riacquistare l'unità familiare nei confronti dei familiari stranieri è riconosciuto, alle condizioni previste dal presente testo unico, agli stranieri titolari di carta di soggiorno o di permesso di soggiorno di durata non inferiore a un anno rilasciato per motivi di lavoro subordinato o autonomo, ovvero per asilo, per studio, per motivi religiosi o per motivi familiari N.B. I cittadini stranieri titolari di permesso di soggiorno per motivi umanitari non possono effettuare il ricongiungimento. In particolare è possibile fare richiesta di ricongiungimento familiare per i titolari di: permesso di soggiorno per lavoro subordinato o per lavoro autonomo non inferiore a un anno permesso per asilo politico, permesso per protezione sussidiaria, permesso per motivi di studio, per motivi religiosi, permesso per motivi familiari, permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo permesso per attesa cittadinanza Permesso di soggiorno per ricerca scientifica (indipendentemente dalla durata del permesso) Carta blu (indipendentemente dalla durata dl permesso) NB: il possesso della ricevuta di richiesta di rinnovo del permesso di soggiorno abilita all’inoltro della domanda di nulla osta al ricongiungimento familiare Il ricongiungimento familiare: chi può essere ricongiunto Chi può essere beneficiario di ricongiungimento familiare (art. 29 D. Lgs 286/98): a) coniuge non legalmente separato e di età non inferiore ai diciotto anni; b) figli minori, anche del coniuge o nati fuori dal matrimonio, non coniugati, a condizione che l'altro genitore, qualora esistente, abbia dato il suo consenso (adottati, affidati o sottoposti a tutela sono equiparati ai figli) c) figli maggiorenni a carico qualora per ragioni oggettive non possano provvedere alle proprie indispensabili esigenze di vita in ragione del loro stato di salute che comporti invalidità totale d) genitori a carico o oltre 65 anni (solo senza altri figli nel Paese d'origine o altri figli impossibilitati al loro sostentamento) È inoltre consentito l’ingresso, per ricongiungimento al figlio minore regolarmente soggiornante in Italia, del genitore naturale che dimostri il possesso dei requisiti di disponibilità di alloggio e di reddito previsti dalla procedura per il ricongiungimento. Ai fini della sussistenza di tali requisiti si tiene conto del possesso degli stessi da parte dell’altro genitore. È consentito l’ingresso in Italia per ricongiungimento familiare degli ascendenti diretti di primo grado di minore non accompagnato titolare dello status di rifugiato. N. B. Ai fini del ricongiungimento si considerano minori i figli di eta' inferiore a diciotto anni al momento della presentazione dell'istanza di ricongiungimento. I minori adottati o affidati o sottoposti a tutela sono equiparati ai figli. I requisiti oggettivi per il ricongiungimento familiare Disponibilità oggettive del familiare che ricongiunge: a) alloggio conforme ai requisiti igienico sanitari, nonché idoneità abitativa; b) reddito minimo annuo; c) assicurazione sanitaria Salvo quanto previsto dall'articolo 29, lo straniero che richiede il ricongiungimento deve dimostrare la disponibilita': a) di un alloggio conforme ai requisiti igienico-sanitari, nonché di idoneità abitativa, accertati dai competenti uffici comunali. Nel caso di un figlio di età inferiore agli anni quattordici al seguito di uno dei genitori, è sufficiente il consenso del titolare dell’alloggio nel quale il minore effettivamente dimorerà; b) di un reddito minimo annuo derivante da fonti lecite non inferiore all'importo annuo dell'assegno sociale aumentato della meta' dell'importo dell'assegno sociale per ogni familiare da ricongiungere. Per il ricongiungimento di due o piu' figli di eta' inferiore agli anni quattordici ovvero. Ai fini della determinazione del reddito si tiene conto anche del reddito annuo complessivo dei familiari conviventi con il richiedente. b-bis) di una assicurazione sanitaria o di altro titolo idoneo, a garantire la copertura di tutti i rischi nel territorio nazionale a favore dell'ascendente ultrasessantacinquenne ovvero della sua iscrizione al Servizio sanitario nazionale, previo pagamento di un contributo il cui importo e' da determinarsi con decreto del Ministro del lavoro I requisiti oggettivi per il ricongiungimento familiare - Il reddito minimo annuo Richiedente - 5.749,90 € annui - 442,30 € mensili 1 familiare - 8.624,85 € annui - 663,45 € mensili 2 familiari - 11.499,8 € annuali - 884,6 € mensili 3 familiari - 14.374,75 € annuali - 1.105,75 € mensili 4 familiari - 17.249,7 € annuali - 1.326,9 € mensili 2 o più minori di 14 anni - 11.449,8 € annuali - 884,6 € mensili 2 o più minori di 14 anni e un familiare - 14.374,75 € annuali - 1.105,75 € mensili Al fine di dimostrare la disponibilità del reddito si tiene conto, non solo del reddito specifico del richiedente, ma anche di quello prodotto dai familiari conviventi(opportunamente documentato). I soggetti titolari dello status di rifugiato non dovranno dimostrare la sussistenza di questo requisito. In ogni caso, la valutazione sulle risorse economiche sufficienti non può portare ad una applicazione automatica del limite minimo stabilito in base all’importo annuo dell’assegno sociale ma dovrà invece tener conto della natura e solidità dei vincoli familiari, della durata dell’unione matrimoniale, della durata del soggiorno nello Stato membro, dei legami familiari, culturali o sociali con il Paese d’origine Sentenza Corte di Giustizia Europea del 4 marzo 2010 procedimento Chakroun c. Paesi Bassi (C-578/08) la direttiva n. 2003/86 deve essere interpretata alla luce dell’obiettivo di favorire la riunificazione familiare quale diritto umano fondamentale gli Stati possono indicare una certa somma come importo di riferimento, tenendo conto del salario minimo ovvero della pensione minima nazionale, ma non possono imporre un importo di reddito minimo al di sotto del quale qualsiasi ricongiungimento familiare sarebbe automaticamente respinto, a prescindere da un esame concreto della situazione di ciascun richiedente, poiché in tale situazione si verrebbe meno agli obblighi di individualizzazione dell’esame delle domande di ricongiungimento previsti dall’art. 17 della direttiva (necessità di tener conto della natura e solidità dei vincoli familiari, come ad es. la durata dell’unione matrimoniale, della durata del soggiorno nello Stato membro, dei legami familiari, culturali o sociali con il Paese d’origine). La direttiva non consente di introdurre nelle legislazioni nazionali di trasposizione una disparità di trattamento a seconda che i vincoli familiari si siano formati rispettivamente anteriormente o successivamente all’arrivo del richiedente nel Paese membro. La sentenza della Corte di Giustizia europea è suscettibile di avere implicazioni anche in relazione alla normativa italiana qualora quest’ultima venga interpretata nel senso di impedire automaticamente il rilascio del nulla-osta al ricongiungimento per la mancanza del reddito minimo previsto dall’art. 29 del d.lgs. n. 286/98 senza una valutazione individualizzata che tenga conto, in un’ottica di bilanciamento, la possibilità di far prevalere elementi quali ad es. la durata dell’unione coniugale, che possano invece compensare scostamenti dall’importo reddituale di riferimento. Appare scarsamente coerente con tali obblighi comunitari la modifica apportata dall’art. 1 c. 19 della Legge 94/2009 all’art 29 del T.U. immigrazione, con riferimento al requisito dell’ idoneità abitativa dell’alloggio del richiedente il ricongiungimento familiare, che deve essere accertato dai competenti uffici comunali sulla base di criteri non esattamente precisati I requisiti oggettivi per il ricongiungimento familiare - L’alloggio idoneoDocumentazione richiesta per l’alloggio: a) copia del contratto di locazione, contratto di comodato gratuito o atto di proprietà dell’alloggio; b) idoneità abitativa e certificazione igienico-sanitaria, cioè il certificato comunale attestante che l’alloggio rientra nei parametri previsti dalla legge e che sia conforme alle norme sanitarie; c) nel caso il richiedente sia ospitato: dichiarazione autenticata del titolare dell’alloggio, attestante il consenso al ricongiungimento dei familiari nominativamente indicati con riferimento alla parte di alloggio messa a disposizione del lavoratore dipendente (modello S2); d) nel caso di ricongiungimento con un figlio di età inferiore agli anni 14, sia solo che al seguito di uno dei genitori, l’idoneità abitativa può essere sostituita dal consenso del titolare dell’alloggio nel quale il minore effettivamente dimorerà La circolare del Ministero dell’Interno n. 7170 dd. 18 novembre 2009 ha fatto presente che i Comuni, nel rilasciare la certificazione relativa all’idoneità abitativa, possono fare riferimento alla normativa contenuta nel Decreto del 5 luglio 1975 del Ministero della Sanità, che stabilisce i requisiti igienico-sanitari principali dei locali di abitazione e che precisa anche i requisiti minimi di superficie degli alloggi, in relazione al numero previsto degli occupanti (superficie dell’abitazione, la composizione dei locali, l’altezza minima, l’aerazione, l’impianto di riscaldamento.) I requisiti soggettivi per il ricongiungimento familiare - La certificazione attestante il legame familiare Può essere presentata alla Rappresentanza diplomatica nel Paese d’origine direttamente dal familiare con il quale ci si vuole ricongiungere La certificazione deve essere tradotta, legalizzata e validata dalla Rappresentanza diplomatica In caso di mancanza di idonea documentazione, in ragione della mancanza di un’autorità riconosciuta o comunque quando sussistano fondati dubbi sull’autenticità della documentazione è possibile procedere al rilascio dell’attestazione del vincolo familiare (genitori/figli) previo svolgimento di esame del DNA a spese dell’interessato Il ricongiungimento familiare dei rifugiati e dei titolari di protezione sussidiaria Il ricongiungimento familiare dei rifugiati è disciplinato dall’art. 29bis del D. Lgs. 286/98 Il rifugiato può chiedere il ricongiungimento per le medesime categorie di familiari previste dall’art. 29 ma non deve dimostrare il possesso dei requisiti previsti per gli stranieri soggiornanti ad altro titolo (reddito, alloggio idoneo) è consentito all’istante di fornire la prova del vincolo familiare attraverso la produzione di certificazioni rilasciate dalla Rappresentanze diplomatiche italiane nel Paese di origine ai sensi dell’art. 49 DPR 5 gennaio 1967, n. 200, o con altri mezzi atti a provare l’esistenza del vincolo familiare, tra i quali gli attestati di organismi internazionali ritenuti idonei dal ministero degli affari Esteri l’art. 30, comma 1 lett. c) T.U. prevede il permesso di soggiorno per motivi familiari ai familiari del rifugiato in possesso dei requisiti per il ricongiungimento, anche a prescindere dalla regolarità del loro soggiorno. Ai sensi del comma 2 dell’art. 22 del d.lgs. n. 251/2007 i familiari del titolare dello status di rifugiato (coniuge e figli minori) presenti sul territorio nazionale, pur non avendo individualmente diritto allo status di protezione internazionale, hanno i medesimi diritti del titolare stesso, ed in loro favore è disposto il rilascio di un permesso di soggiorno per motivi di famiglia. I titolari di protezione sussidiaria devono dimostrare il requisito dell’alloggio idoneo ma per il ricongiungimento di due o piu' familiari e' richiesto, in ogni caso, un reddito non inferiore al doppio dell'importo annuo dell'assegno sociale Richiedenti asilo, titolari di protezione temporanea e umanitaria non possono invece chiedere il ricongiungimento famliare La fasi della procedura per il ricongiungimento familiare Prima fase Seconda fase Compilazione e invio moduli telematici sito internet Ministero dell’ Interno Consegna documenti attestanti il rapporto di parentela presso Rappresentanza consolare italiana Convocazione da parte dello Sportello Unico per la consegna di duplice copia dei documenti Verifica dei requisiti oggettivi da parte dello sportello unico e richiesta di parere alla Questura circa insussistenza motivi ostativi (180 giorni) Esito negativo: diniego – ricorso al Tribunale ordinario del luogo di residenza Esito positivo: rilascio nulla osta Verifica dei requisiti soggettivi da parte della Rappresentanza consolare Possibile segnalazione SIS – richiesta cancellazione Esito negativo: diniego – ricorso al Tribunale ordinario del luogo di residenza Esito positivo: rilascio visto di ingresso Ingresso in Italia: entro 8 giorni comunicare l’ingresso allo Sportello Unico e attendere convocazione per ritiro documentazione utile a chiedere il permesso di soggiorno tramite invio kit postale L’attesa per l’appuntamento in Prefettura è può durare anche 4 – 6 mesi durante i quali l’interessato non ha accesso a nessun servizio o prestazione poiché non ha ancora potuto richiedere il permesso di soggiorno. La coesione familiare Fatti salvi i casi di rilascio o di rinnovo della carta di soggiorno, il permesso di soggiorno per motivi familiari è rilasciato: a) allo straniero che ha fatto ingresso in Italia con visto di ingresso per ricongiungimento familiare, ovvero con visto di ingresso al seguito del proprio familiare ovvero con visto di ingresso per ricongiungimento al figlio minore; b) agli stranieri regolarmente soggiornanti ad altro titolo da almeno un anno che abbiano contratto matrimonio nel territorio dello Stato con cittadini italiani o di uno Stato membro dell'Unione europea, ovvero con cittadini stranieri regolarmente soggiornanti; c) al familiare straniero regolarmente soggiornante, in possesso dei requisiti per il ricongiungimento con il cittadino italiano o di uno Stato membro dell'Unione europea residenti in Italia, ovvero con straniero regolarmente soggiornante in Italia. In tal caso il permesso del familiare è convertito in permesso di soggiorno per motivi familiari. La conversione può essere richiesta entro un anno dalla data di scadenza del titolo di soggiorno originariamente posseduto dal familiare. Qualora detto cittadino sia un rifugiato si prescinde dal possesso di un valido permesso di soggiorno da parte del familiare; d) al genitore straniero, anche naturale, di minore italiano residente in Italia. In tal caso il permesso di soggiorno per motivi familiari è rilasciato anche a prescindere dal possesso di un valido titolo di soggiorno, a condizione che il genitore richiedente non sia stato privato della potestà genitoriale secondo la legge italiana. Quesito A Sono una cittadina marocchina e vorrei chiedere il ricongiungimento familiare con un minore marocchino, figlio di una mia amica d’infanzia, che mi è stato affidato tramite kafalah. Posso farlo? Siccome sono in attesa della concessione della cittadinanza italiana cambia qualcosa se attendo di ottenerla? La kafala (o kafalah o kafặla) è un istituto giuridico previsto dal diritto islamico in base al quale un bambino bisognoso di protezione può essere affidato, da un giudice o da un’autorità amministrativa, ad un’istituzione pubblica o sociale oppure ad una famiglia mussulmana che si prenderà cura della persona del bambino e dove necessario sei suoi beni. Non è equivalente all’adozione, non consentita dal diritto islamico, perché non incide sul rapporto genitore-figlio non facendo sorgere alcun vincolo di filiazione ma solo un obbligo di mantenimento. La kafala prevista nell’ordinamento marocchino può essere negoziale o giudiziale. La Corte di Cassazione con sentenza n. 7472 del 2008 ha riconosciuto l’idoneità della kafala ai fini del ricongiungimento familiare, attraverso un’interpretazione costituzionalmente orientata dell’art. 29 D. Lgs. 286/98 equiparando il minore beneficiario della kafala (makful) al minore affidato e consentendo al cittadino extracomunitario affidatario in base alla kafala (kafil) il ricongiungimento. La Corte di Cassazione con sentenza n. 4868 del 2010 ha invece negato l’ammissibilità della kafala quale presupposto per il ricongiungimento quando il richiedente sia cittadino italiano in quanto al cittadino italiano sarebbe applicabile quanto disposto dal D. Lgs. 30/2007 che però individua quali beneficiari del ricongiungimento i discendenti di età inferiore ai 21 anni non includendo espressamente tra gli stessi i minori affidati. Questa interpretazione della Corte è stata contestata perché: - il concetto di discendente non può considerarsi diverso da quello di figlio - non esiste una definizione comunitaria di famiglia e gli Stati membri sono lasciati liberi di decidere se includere o meno i minori affidati tra i discendenti - deve essere preso in considerazione il superiore interesse del minore - il D. Lgs. 30/07 si applica anche ai cittadini italiani solo se le disposizioni sono di maggior favore quindi proprio in virtù del criterio di maggior favore e del divieto di disparità di trattamento appare opportuno applicare anche ai cittadini italiani quanto disposto dall’art. 29 D. Lgs. 286/98. Le pronunce dei Tribunale di merito sono contrastanti: In senso favorevole al ricongiungimento richiesto da cittadini italiani in favore del minore kafil si veda Corte d’ appello Venezia decreto del 9.2.2011 e Tribunale di Tivoli decreto 18.06.2010 In senso negativo si veda Corte d’appello di Roma decreto 31.1.2011 che ha riformato il decreto del Tribunale di Tivoli di cui sopra N. B. La Corte di Cassazione – sez. IV con ordinanza del 24.1.2012 n. 996 ha tuttavia rimesso alle sezioni unite della Corte la decisione su un ricorso presentato avverso il decreto della Corte d’ appello di Roma del 31.1.2011 al fine di valutare l’applicabilità anche ai cittadini italiani dell’art. 29 D. Lgs. 286/98 L’ammissibilità della kafala ai fini del ricongiungimento (così come ogni altra modalità di affidamento) è stata riconosciuta anche in assenza di una precedente convivenza nel Paese d’origine. Ed infatti il mantenimento dell’unità familiare (posto alla base del diritto al ricongiungimento) non richiede un precedente rapporto di coabitazione tra le persone interessate venuto meno a seguito dell’emigrazione. Quesito B Sono un cittadino straniero. Vivo in Italia da dieci anni. Sono stato sposato per tre anni con un’altra cittadina straniera regolarmente soggiornante dalla quale ho avuto due figlie. Attualmente però viviamo separati. Io continuo a vedere le bambine e a contribuire al loro mantenimento anche se le bambine sono affidate esclusivamente alla madre e anche se la madre non vuole più vedermi. Cinque anni fa sono stato arrestato e sono stato condannato ad un anno di reclusione per maltrattamenti in famiglia. La pena è stata sospesa. A seguito di tale condanna non ho più avuto problemi penali e ho seguito un percorso presso un SERT. Ho chiesto il rinnovo del permesso di soggiorno ma ho ricevuto un diniego motivato dalla mia pericolosità sociale. Mi hanno detto che posso fare ricorso contro il diniego ma vorrei sapere quali sono le mie possibilità e quali sono le valutazioni che può fare il Giudice. Il diritto all'unità familiare trova espressa enunciazione in numerose norme internazionali, prime fra tutte l'art. 8 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo in base al quale “ogni persona ha diritto alla sua vita privata e familiare” ed è vietata l'interferenza di un'autorità pubblica se non in casi eccezionali per ragioni di sicurezza nazionale o pubblica (comma 2). Art. 5 comma 5 D. Lgs. 286/98: “Nell'adottare il provvedimento di rifiuto del rilascio, di revoca o di diniego di rinnovo del permesso di soggiorno dello straniero che ha esercitato il diritto al ricongiungimento familiare ovvero del familiare ricongiunto, ai sensi dell'articolo 29, si tiene anche conto della natura e della effettività dei vincoli familiari dell'interessato e dell'esistenza di legami familiari e sociali con il suo Paese d'origine, nonche', per lo straniero già presente sul territorio nazionale, anche della durata del suo soggiorno nel medesimo territorio nazionale”. La giurisprudenza che ha riconosciuto da una parte la necessità di valutare l'esistenza di vincoli familiari e l'effettiva pericolosità sociale e dall’altra la non automatica ostatività di condanne penali. Il Consiglio di Stato, muovendo proprio dall’art. 5 comma 5 del D. Lgs. 286/98, ha dato, nell’ultimo periodo, una applicazione estensiva e costituzionalmente orientata della previsione, proprio in ossequio all’art. 8 della CEDU, ritenendo che, anche al di fuori dei presupposti per l’esercizio del ricongiungimento familiare, occorre tenere conto, in sede di diniego o revoca del permesso di soggiorno, dei vincoli familiari dello straniero (cfr. Cons. di Stato sez. VI, sent. 15.06.2010 n. 3760 – rel. De Nictolis; Cons. di Stato, sez. VI ordd. 30.03.2010 n. 1480, 31.3.2010 n 1469, 31.3.2010 n. 1468; 10.2.2010 n. 691; n. 3.2.2010 n. 537). la Corte di Cassazione, chiamato a pronunciarsi in materia di rinnovo del permesso di soggiorno per motivi familiari, ha evidenziato la necessità della formulazione di un giudizio di pericolosità sociale che conforti la valutazione che lo straniero rappresenta una minaccia concreta ed attuale per l’ordine pubblico o la sicurezza, risultando del tutto insufficiente a tal fine il richiamo generico al tipo di condanne e/o delitti, occorrendo invece l’esplicitazione delle ragioni della perdurante attualità della pericolosità sociale, alla luce delle esigenze di carattere familiare (Corte cass. Sez. I. ord. 15.04.2011 n. 8795). Quesito C Sono un cittadino uruguayano. Vivo con mio nipote di quattro anni avente la cittadinanza italiana. Non ho il permesso di soggiorno. Mio nipote è molto legato a me e anche il padre. Un conoscente mi ha detto che non posso essere espulso ma che non posso avere il permesso di soggiorno perché mio nipote è troppo piccolo. E’ vero? L’art. 19 co. 2 lett. c del D. Lgs. 286/98 stabilisce un divieto di espulsione per il cittadino straniero c) degli stranieri conviventi con parenti entro il secondo grado o con il coniuge, di nazionalità italiana; Ai cittadini stranieri conviventi con il coniuge o con un parente entro il secondo grado di nazionalità italiana può essere rilasciato un permesso di soggiorno per motivi familiari ex art. 28 lett. b) DPR 394/99 e art. 30 D. Lgs. 286/98 Recentemente la Corte di Cassazione – mutando un precedente orientamento – ha riconosciuto come valida sia la manifestazione di volontà resa dal minore sia anche la manifestazione di volontà a base della convivenza resa dal rappresentante legale del minore (ad. Es. genitori) sulla base di quanto disposto dalla Convenzione ONU sui diritti dell’Infanzia (vedi Corte di Cassazione 23.9.2011 n.19464 e poi Corte di Cassazione 3.5.2012 n. 6694). La Convenzione di New York sui diritti del fanciullo del 20 novembre 1989, ratificata con L. n. 176 del 1991, all’art. 12, introduce l’obbligo di tener conto delle opinioni del minore in ogni procedura giudiziaria o amministrativa che lo riguardi solo se si tratti di “fanciullo capace di discernimento” e “tenendo conto della sua età e del suo grado di maturità” prevedendo, peraltro, che il minore possa essere ascoltato non solo direttamente, ma anche tramite di un rappresentante o di un organo appropriato, compatibilmente con le regole della legislazione nazionale”. I minori presenti in Italia con i genitori irregolarmente soggiornanti Minore accompagnato in Italia con genitori irregolarmente soggiornanti Il minore è presente in Italia con almeno un genitore o cittadino straniero affidatario Se il genitore o parente affidatario non è titolare di permesso di soggiorno I minori presenti in Italia con i genitori in stato di irregolarità non può essere rilasciato un permesso di soggiorno Gli stessi non devono però essere considerati come minori stranieri non accompagnati I minori stranieri presenti in Italia con genitori irregolarmente soggiornanti posso subire gravi forme di esclusione, in ragione dello status dei genitori. Ai minori comunque presenti in Italia devono essere assicurati i diritti previsti dalle Convenzioni internazionali e dalla normativa nazionale. Art.28 D. Lgs. 286/98 In tutti i procedimenti amministrativi e giurisdizionali finalizzati a dare attuazione al diritto all‘unità familiare e riguardanti i minori deve essere preso in considerazione con carattere di priorità il superiore Interesse del fanciullo à art. 3 Convenzione ONU Diritti del fanciullo Minori stranieri e tutela dell’unità familiare - L’autorizzazione alla permanenza ex art. 31 c. 3 D. Lgs. 286/98 - Art. 31 c. 3 D. Lgs. 286/98: “Il Tribunale dei Minorenni per gravi motivi connessi con lo sviluppo psicofisico e tenuto conto dell’età e delle condizioni di salute del minore che si trova nel territorio italiano, può autorizzare l’ingresso o la permanenza del familiare, per un periodo di tempo determinato, anche in deroga alle altre disposizioni del presente Testo Unico. L’autorizzazione è revocata quando vengono a cessare i gravi motivi che ne giustificano il rilascio o per attività familiare incompatibile con le esigenze del minore o con la permanenza in Italia”. Art. 29 c. 6 D. Lgs. 286/98 “Al familiare autorizzato all’ingresso o alla permanenza sul territorio nazionale ex art. 31 c. 3 è rilasciato un permesso di soggiorno per assistenza minore rinnovabile di durata corrispondente a quella stabilita dal Tribunale dei Minorenni. Il permesso di soggiorno consente di svolgere attività lavorativa ma non può essere convertito in permesso di soggiorno per motivi di lavoro”. Il Tribunale dei Minorenni può autorizzare una proroga del permesso di soggiorno. Inoltre può valutarsi la possibilità, una volta scaduto il permesso di soggiorno, della richiesta di permesso di soggiorno per motivi familiari a seguito di coesione familiare. In seguito all’intervento delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione (Cass. Civ. S. U. n 21199 del 25.10.2010) l’orientamento giurisprudenziale prevalente ritiene che la temporanea autorizzazione alla permanenza in Italia del familiare del minore, prevista dal D. Lgs. n. 286/98 art. 31 c. 3 in presenza di gravi motivi connessi allo sviluppo psico-fisico, non richiede necessariamente l’esistenza di situazioni di emergenza o di circostanze eccezionali strettamente collegabili alla salute del minore, potendo comprendere qualsiasi danno effettivo, concreto, percepibile ed oggettivamente grave che in considerazione dell’età o delle condizioni di salute ricollegabili al complessivo equilibrio psico-fisico, deriva o deriverà certamente al minore dall’allontanamento del familiare o dal suo definitivo sradicamento dall’ambiente in cui è cresciuto Elementi valutabili ai fini del rilascio del permesso di soggiorno ex art. 31 c. 3 -Effettività della coesione familiare e della funzione genitoriale -Se si tratta di minore in tenera età idoneità allo svolgimento della funzione genitoriale -Radicamento del minore e della famiglia nel territorio (es. iscrizione a scuola) -Esistenza di problemi di salute -La presenza dell’altro genitore e la sua condizione -La situazione familiare in generale Corte d’ appello di Milano – 14 febbraio 2013 La Corte d’Appello di Milano ha accolto il reclamo avverso il rigetto da parte del Tribunale dei Minorenni di un ricorso ex art. 31 c. 3 D. LGs. 286/98 basando la decisione su tre considerazioni fondamentali: la valutazione della sussistenza dei presupposti per l ’autorizzazione ex art. 31 TU deve tener conto della peculiarità della situazione prospettata; la decisione quindi, al di là di qualsiasi standardizzazione, deve essere fortemente caratterizzata dal caso concreto; deve aversi riguardo a qualsiasi danno effettivo, concreto, percepibile e obiettivamente grave che potrebbe derivare al minore da un cambio della sua situazione familiare e/o ambientale; qualora il nucleo familiare dovesse essere espulso dall’ Italia ciò provocherebbe un deterioramento grave delle condizioni di vita del minore allorché questi abbia espresso, anche attraverso i risultati di profitto scolastico raggiunti, una forte volontà di integrazione e di radicamento. L’indagine condotta alla stregua delle suddette considerazioni, conclude la Corte, consente di addivenire ad un bilanciamento equilibrato dei valori in gioco: da un lato il rispetto alla vita familiare del minore, dall’ altro l’interesse pubblico generale alla sicurezza del territorio che costituisce valore primario di pari rango. I minori presenti in Italia: diritti all’istruzione diritto all’assistenza sanitaria DIRITTO ALL'ISTRUZIONE I minori stranieri sono soggetti all'obbligo scolastico; si applicano tutte le disposizioni vigenti in materia di diritto all'istruzione, di accesso ai servizi educativi, di partecipazione alla vita della comunità scolastica. Dirittto all'istruzione indipendentemente dalla regolarità della posizione di soggiorno L'iscrizione dei minori stranieri nelle scuole italiane di ogni ordine e grado può essere richiesta in qualunque periodo dell'anno scolastico. I minori stranieri privi di documentazione anagrafica ovvero in possesso di documentazione irregolare o incompleta sono iscritti con riserva. L'iscrizione con riserva non pregiudica il conseguimento dei titoli conclusivi dei corsi di studio delle scuole d'ogni ordine e grado. In mancanza d'accertamenti negativi sull'identità dichiarata dell'alunno,il titolo è rilasciato all'interessato con i dati identificativi acquisiti al momento dell'iscrizione, sciogliendo in tal modo la riserva al termine dell'obbligo scolastico. RIFERIMENTI NORMATIVI D.Lgs. 25.7.1998 n.286 “Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero” (ART. 38) D.P.R. 31.8.1999 n.394 “Regolamento recante norme di attuazione del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione” (art.45) D. Lgs. 52/2003 Richiama allo sviluppo e alle potenzialità di tutti gli allievi attraverso la personalizzazione dei piani di studio per la costruzione di percorsi educativi e didattici appropriati a ciascun studente. D. Lgs. 76/2005 Riprende e amplia il concetto di obbligo formativo ed individua i destinatari in “tutti, ivi compresi i minori stranieri presenti nel territorio dello Stato” (comma 6 dell’art.1). C.M. 1.3.2006 n.24 “Linee guida per l’accoglienza e l’integrazione degli alunni stranieri” fornisce un quadro riassuntivo di indicazioni per l’organizzazione di misure per l’inserimento degli alunni stranieri e offre un comune denominatore operativo ricavato dalle buone pratiche delle scuole. Si comincia a definire il tema delle scuole a forte presenza di alunni stranieri. Circolare del ministero della Pubblica istruzione del 27 novembre 2008, Programma nazionale «Scuole aperte» e Piano nazionale L2 per studenti di recente immigrazione Circolare del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca n°2 dell’ 8 gennaio 2010 “Indicazioni e raccomandazioni per l’integrazione di alunni con cittadinanza non italiana”, Articolo 45 DPR 394/99 Iscrizione scolastica 1. I minori stranieri presenti sul territorio nazionale hanno diritto all'istruzione indipendentemente dalla regolarità della posizione in ordine al loro soggiorno, nelle forme e nei modi previsti per i cittadini italiani. Essi sono soggetti all'obbligo scolastico secondo le disposizioni vigenti in materia. L'iscrizione dei minori stranieri nelle scuole italiane di ogni ordine e grado avviene nei modi e alle condizioni previsti per i minori italiani. Essa può essere richiesta in qualunque periodo dell'anno scolastico. I minori stranieri privi di documentazione anagrafica ovvero in possesso di documentazione irregolare o incompleta sono iscritti con riserva. 2. L'iscrizione con riserva non pregiudica il conseguimento dei titoli conclusivi dei corsi di studio delle scuole di ogni ordine e grado. In mancanza di accertamenti negativi sull'identità dichiarata dell'alunno, il titolo viene rilasciato all'interessato con i dati identificativi acquisiti al momento dell'iscrizione. I minori stranieri soggetti all'obbligo scolastico vengono iscritti alla classe corrispondente all'età anagrafica, salvo che il collegio dei docenti deliberi l'iscrizione ad una classe diversa, tenendo conto: a) dell'ordinamento degli studi del Paese di provenienza dell'alunno, che può determinare l'iscrizione ad una classe immediatamente inferiore o superiore rispetto a quella corrispondente all'età anagrafica; b) dell'accertamento di competenze, abilità e livelli di preparazione dell'alunno; c) del corso di studi eventualmente seguito dall'alunno nel Paese di provenienza; d) del titolo di studio eventualmente posseduto dall'alunno. 3. Il collegio dei docenti formula proposte per la ripartizione degli alunni stranieri nelle classi: la ripartizione è effettuata evitando comunque la costituzione di classi in cui risulti predominante la presenza di alunni stranieri. La modifica dell’art. 6 co. 2 D. lgs 286/98 La L. 94/2009 ha modificato l’art. 6 c. 2 D. Lgs. 286/98 introducendo il principio per cui ai fini del rilascio di licenze, autorizzazioni,iscrizioni ed altri provvedimenti di interesse dello straniero comunque denominati si debba esibire il permesso di soggiorno agli ufficiali della Pubblica Amministrazione. Tale previsione non si applica per i provvedimenti riguardanti attività sportive e ricreative a carattere temporaneo, per quelli inerenti all’accesso alle prestazioni sanitarie di cui all’articolo 35 e per quelli attinenti alle prestazioni scolastiche obbligatorie. La deroga non è invece più prevista per gli atti dello stato civile e per i pubblici servizi. Dichiarazione di nascita e riconoscimento di figlio naturale non devono essere esibiti i documenti relativi al soggiorno trattandosi di dichiarazioni rese a tutela del minore nell’interesse pubblico della certezza delle situazioni di fatto (circolare Min Interno 7.8.2009 n17) ART. 6 D.LGS. 286/98 E PRESTAZIONI SCOLASTICHE OBBLIGATORIE: SCUOLE dell'INFANZIA E ASILI NIDO L’art. 6 c. 2 D. Lgs 286/98 stabilisce che per le prestazioni scolastiche obbligatorie non devono essere esibiti i documenti relativi alla regolarità del soggiorno (che devono invece essere esibiti agli uffici della P.A. in altri casi) La scuola dell'infanzia, ancorché non obbligatoria, è in diretta connessione funzionale alla scuola dell'obbligo "rientrando a pieno titolo nel più complesso sistema dell'istruzione scolastica ancorché la scelta se usufruirne o meno sia lasciata alla decisione dei genitori." (Trib. di Milano, decreto dell'11.2.2008 che ha ritenuto discriminatorio il comportamento del Comune di Milano che subordinava l'iscrizione alla scuola dell'infanzia al permesso di soggiorno). La nozione di "prestazioni scolastiche obbligatorie" ricomprende anche la scuola dell'infanzia, in ossequio al principio di non discriminazione tra minori. I minori stranieri non in regola con le norme in materia di soggiorno possono accedere a tutti quei servizi che agevolano il concreto esercizio del diritto all’istruzione (trasporto scolastico, mense, libri, etc.). Il genitore di minore, privo di permesso di soggiorno, non può attestare, né formalmente né con autocertificazione, i propri redditi e dunque non potrà accedere alle tariffe agevolate alla pari degli italiani. La Corte Costituzionale ha più volte affermato che gli asili nido sono " speciali servizi sociali di interesse pubblico ". L'accento posto sull'interesse pubblico, unitamente al principio del superiore interesse del fanciullo consentono di ritenere accessibile anche il nido d'infanzia per i minori stranieri figli di stranieri privi di permesso di soggiorno La cd. Circolare Gelmini 8 gennaio 2010 Diramata dal Ministro Gelmini la circolare che prevede la distribuzione degli alunni con cittadinanza non italiana tra le scuole e le classi costituite in ciascuna scuola in modo da non superare il tetto del 30% del numero degli alunni stranieri in ciascuna classe. La circolare prevede l’introduzione di tale limite a partire dall’anno scolastico 2010-2011 in modo graduale, a partire dal primo anno di ciascun grado di studi. Eventuali eccezioni e deroghe potranno essere consentite dal direttore dell’Ufficio scolastico regionale in presenza di alunni stranieri già titolari di adeguate competenze linguistiche, di istituti scolastici che abbiano a disposizione particolari risorse professionali e strutture di supporto ovvero consolidate e positive esperienze didattiche, ovvero al fine di salvaguardare la continuità didattica e, in ultima istanza, per ragioni di necessità per l’oggettiva esistenza di soluzioni alternative. ART. 6 D.LGS. 286/98 E PRESTAZIONI SCOLASTICHE OBBLIGATORIE: SCUOLE PROFESSIONALI E SUPERIORI In base alla normativa attualmente vigente le categorie giuridiche dell’istruzione scolastica e della formazione professionale devono essere intese in un unicum rappresentato dal “diritto/dovere all’istruzione e alla formazione” Obiettivo principale: deve essere considerato il conseguimento del titolo di studio superiore o di una qualifica professionale a prescindere dalla durata minima obbligatoria (almeno dieci anni, da espletarsi entro il 18° anno di età ed anche nei percorsi di istruzione e formazione professionale) Ai fini della corretta interpretazione dell’art. 6, co. 2, TU immigrazione d.lgs. 286/98, come riformato dalla legge 94/2009, si può affermare che l’esenzione dall’obbligo di esibizione del permesso di soggiorno vale dall’inizio e sino al completamento dell’intero percorso scolastico e/o formativo e dunque anche fino al 18° anno di età. Il limite dei 16 anni deve essere considerato solo ai fini della possibilità di svolgere attività lavorativa e non ai fini dell’assolvimento dell’obbligo scolastico, a prescindere dal completamento dell’iter scolastico o formativo. Al minore straniero iscritto o che intenda iscriversi in una scuola o in un corso di formazione professionale non può essere richiesto il permesso di soggiorno sino al termine del percorso scolastico e/o formativo, a prescindere dal fatto che abbia superato i 10 anni di scolarizzazione. ACCESSO ALLA SALUTE DEI CITTADINI STRANIERI (artt. 34 ss TU Immigrazione) a assistenza per gli stranieri iscritti al SSN parità di trattamento e piena uguaglianza di diritti e doveri rispetto ai cittadini italiani REGOLARE: (LAVORO, FAMIGLIA, GRAVIDANZA, DISOCCUPAZIONE, PROTEZIONE SOCIALE, UMANITARI, ASILO, MINORE ETA’, AFFIDAMENTO, INTEGRAZIONE) ISCRIZIONE OBBLIGATORIA SSN REGOLARE: STUDIO; RELIGIOSO; PERSONALE ORGANIZZAZIONI INTERNAZIONALI ISCRIZIONE VOLONTARIA (TESSERA SANITARIA – SCELTA MEDICO) (ISCRIZIONE DIETRO PAGAMENTO DI CONTRIBUTO) ISCRIZIONE OBBLIGATORIA AL SSN: ALCUNE PRECISAZIONI o L’iscrizione al SSN va effettuata nella ASL del luogo di residenza o effettiva dimora del richiedente, come risultante dal permesso di soggiorno, unicamente sulla base dell’esibizione del permesso stesso e di autocertificazione e del codice fiscale o La ricevuta di presentazione della richiesta di rinnovo del permesso di soggiorno è sufficiente ai fini dell’iscrizione al SSN (l’iscrizione alla ASL non decade in fase di rinnovo) tuttavia MOLTE ASL ASSEGNANO ALLA TESSERA SANITARIA LA STESSA DURATA DEL PERMESSO DI SOGGIORNO o Nelle more del primo rilascio del permesso di soggiorno, lo straniero può esercitare i diritti derivanti dal medesimo permesso, compresa la richiesta della tessera sanitaria (circolare del Min Salute 17 aprile 2007) o L’assistenza spetta anche ai familiari a carico regolarmente soggiornanti e viene assicurata fin dalla nascita ai minori figli di stranieri iscritti al Servizio Sanitario Nazionale, nelle more dell’iscrizione al Servizio stesso. o Gli stranieri già regolarmente soggiornanti in Italia e iscritti a titolo obbligatorio, al compimento della maggiore età conservano l’iscrizione, senza il pagamento del contributo. ASSISTENZA SANITARIA AGLI STRANIERI IRREGOLARMENTE SOGGIORNANTI assistenza per gli stranieri non iscritti al SSN CURE URGENTI CURE ESSENZIALI Sono assicurate, nei presidi pubblici ed accreditati, le cure ambulatoriali ed ospedaliere urgenti ed essenziali e sono estesi i programmi di medicina preventiva a salvaguardia della salute individuale e collettiva: a) gravidanza e maternità; b) salute del minore c) vaccinazioni d) interventi di profilassi internazionale e) profilassi, diagnosi e cura delle malattie infettive cure che non possono essere differite senza pericolo per la vita o danno per la salute della persona patologie non pericolose nell’immediato e nel breve termine, ma che nel tempo potrebbero determinare maggiore danno alla salute o rischi per la vita La legge assicura inoltre il principio della continuità del ciclo terapeutico Sono garantiti la prevenzione, cura e riabilitazione dalle tossicodipendenze (SERT), dalle malattie psichiatriche (presso i Dipartimenti di salute mentale – DSM.) e tutti gli interventi preventivi, curativi e riabilitativi L’art. 35 del TU immigrazione (D. Lgs. 286/98) vieta alle strutture sanitarie di segnalare alle autorità di polizia la presenza di irregolari Vige un obbligo di referto del personale sanitario anche per gli utenti italiani in caso di delitti di particolare gravità (procedibilità d’ufficio) questo obbligo non sussiste con riferimento al reato di ingresso e soggiorno irregolare (contravvenzione). Il codice STP è rilasciato a tutti i cittadini immigrati irregolari per cure urgenti, cure essenziali e interventi di medicina preventiva a tutela della salute individuale o collettiva. Viene rilasciata per l’accesso diretto alle prestazioni ed al momento della richiesta non deve essere richiesto nessun documento di identità. Il tesserino STP ha una validità di sei mesi ed è sempre rinnovabile in caso di permanenza dello straniero sul territorio nazionale. Il rinnovo avverrà possibilmente con lo stesso numero. In base al documento della Conferenza Permanente Stato Regioni denominato “indicazioni per una corretta applicazione della normativa in materia di assistenza sanitaria ai cittadini stranieri” tutti i minori, anche se presenti in Italia con i genitori irregolarmente soggiornanti, hanno diritto al pediatra di base Minori stranieri accompagnati: casi studio e approfondimenti Quesito C Sono un cittadino straniero sono stato regolarmente soggiornante per alcuni anni ma ora ho perso il soggiorno. Lavoro irregolarmente in un cantiere. In Italia convivo con una cittadina straniera dalla quale ho avuto una figlia che oggi ha sei anni e frequenta la scuola. Attualmente siamo in attesa del secondo figlio. Posso regolarizzare la mia posizione? L’art. 19 c. 2 lett. d) del D. Lgs. 286/98 prevede il divieto di espulsione per le donne in stato di gravidanza o nei sei mesi successivi alla nascita del figlio. La Corte Costituzionale ha dichiarato (sent. 376/2000) l’incostituzionalità di questa disposizione nella parte in cui non prevede il divieto di espulsione anche per il marito convivente della donna in stato di gravidanza o nei sei mesi successivi alla nascita del figlio. L’art. 28 del DPR 394/99 prevede in questi casi il rilascio del permesso di soggiorno per cure mediche. L’art. 31 c. 3 prevede che Il Tribunale dei Minorenni per gravi motivi connessi con lo sviluppo psicofisico e tenuto conto dell’età e delle condizioni di salute del minore che si trova nel territorio italiano, può autorizzare l’ingresso o la permanenza del familiare, per un periodo di tempo determinato, anche in deroga alle altre disposizioni del presente Testo Unico. Ai sensi dell’art. 30 del TU immigrazione il permesso di soggiorno per motivi familiari può essere rilasciato: b) agli stranieri regolarmente soggiornanti ad altro titolo da almeno un anno che abbiano contratto matrimonio nel territorio dello Stato con cittadini italiani o di uno Stato membro dell'Unione europea, ovvero con cittadini stranieri regolarmente soggiornanti; c) al familiare straniero regolarmente soggiornante, in possesso dei requisiti per il ricongiungimento con il cittadino italiano o di uno Stato membro dell'Unione europea residenti in Italia, ovvero con straniero regolarmente soggiornante in Italia. In tal caso il permesso del familiare è convertito in permesso di soggiorno per motivi familiari. La conversione può essere richiesta entro un anno dalla data di scadenza del titolo di soggiorno originariamente posseduto dal familiare. Quesito D Sono una cittadina peruviana residente regolarmente in Italia da più di dieci anni. Mio figlio dopo la morte della moglie mi ha raggiunto assieme alla figlia minore che ha otto anni. Al momento lui è senza permesso di soggiorno. La bambina può avere un permesso di soggiorno? Mio figlio vorrebbe affidare a me la bambina perché da solo non può prendersene cura e perché vorrebbe farla studiare in Italia. È’ possibile? Deve rivolgersi ad un Tribunale del nostro Paese d’origine? La bambina deve tornare in Perù? In presenza del genitore irregolarmente soggiornante, la figlia non può avere un permesso di soggiorno perché i figli minori seguono lo status giuridico del genitore. Il nostro ordinamento consente l’affidamento parentale libero riservato ai parenti entro il quarto grado (art. 4 L. 184/83).La manifestazione di volontà dei genitori di dare in affido il minore può essere redatto anche avanti ad un notaio e non deve essere necessariamente pronunciata da un Tribunale o da essa convalidata. Se il minore si trova in Italia e convive con il parente affidatario, la Questura, ricevuto l’atto di affido tradotto e legalizzato dall’Ambasciata italiana, deve precedere al rilascio del permesso di soggiorno che dovrebbe essere per affidamento (ma molte Questure rilasciano quello per minore età). Se il minore si trova ancora all’estero, il parente affidatario potrebbe procedere al ricongiungimento del minore, in quanto ai sensi dell’art. 29 c. 2 del D. Lgs. 286/98 i minori adottati, affidati o sottoposti a tutela sono equiparati ai figli. Quesito E Una mia amica, cittadina nigeriana,è rientrata in Nigeria l’anno scorso nella speranza di poter ottenere un visto di ingresso per motivi di lavoro. Purtroppo il visto di ingresso le è stato negato e ad oggi si trova nell’impossibilità di rientrare in Italia. In Italia ha lasciato una bambina di 5 anni che è stata affidata ai servizi sociali che hanno avviato le procedure per far dichiarare lo stato di abbandono. La mia amica vorrebbe rientrare in Italia per partecipare al procedimento e poter tornare a vivere con la figlia. È possibile? L’art. 31 c. 3 del D. Lgs. 286/98 prevede la possibilità per il Tribunale dei Minorenni di autorizzare l’ingresso o il soggiorno di un familiare per tutelare il benessere psicofisico del minore Al fine del rilascio di tale autorizzazione occorre verificare la sussistenza di gravi motivi connessi allo sviluppo psicofisico Occorre valutare che la richiesta di autorizzazione all’ingresso o al soggiorno non sia fatta strumentalmente al sono fine di ottenere un permesso di soggiorno, considerando anche che l’autorizzazione all’ingresso o al soggiorno risulta temporalmente limitata. Corte Appello Venezia – Decreto del 27.01.2011 rel Zampolli I minori stranieri non accompagnati Minori stranieri non accompagnati: definizione e percorsi Minori stranieri non accompagnati: definizioni Art. 1 del DPCM 535/99 - Oggetto e definizioni: Co. 2: Per "minore straniero non accompagnato presente nel territorio dello Stato", di seguito denominato "minore presente non accompagnato", s'intende il minorenne non avente cittadinanza italiana o di altri Stati dell'Unione europea che, non avendo presentato domanda di asilo, si trova per qualsiasi causa nel territorio dello Stato privo di assistenza e rappresentanza da parte dei genitori o di altri adulti per lui legalmente responsabili in base alle leggi vigenti nell'ordinamento italiano. In molti atti comunitari il minore straniero non accompagnato è definito come “un cittadino di un Paese terzo dell’Unione europea (o apolide) di età inferiore ai 18 anni giunto nel territorio degli Stati membri senza essere accompagnato da un adulto per lui responsabile in base alla legge o alla consuetudine e/o fino a quando questi non ne assuma effettivamente la custodia” (Direttiva 2001/55/CE; Direttiva 2003/9/CE; Direttiva 2004/83/CE). Alcuni Stati membri dell’Unione Europea non distinguono tra minori non accompagnati e minori richiedenti asilo (es. Regno Unito). Nei casi di minori stranieri che sono accompagnati da sedicenti genitori è necessario procedere all’accertamento del rapporto parentale attraverso documentazione tradotta e legalizzata o esame DNA I minori presenti in Italia con i genitori in stato di irregolarità non devono essere considerati come minori stranieri non accompagnati I minori presenti in Italia con parenti entro il quarto grado regolarmente soggiornanti a cui siano stati affidati o sottoposti a tutela non dovrebbero essere considerati come minori stranieri non accompagnati DPCM 535/99 Art. 5. Censimento 1. I pubblici ufficiali, gli incaricati di pubblico servizio e gli enti, in particolare che svolgono attività sanitaria o di assistenza, i quali vengano comunque a conoscenza dell'ingresso o della presenza sul territorio dello Stato di un minorenne straniero non accompagnato, sono tenuti a darne immediata notizia al Comitato, con mezzi idonei a garantirne la riservatezza. La notizia deve essere corredata di tutte le informazioni disponibili relative, in particolare, alle generalità, alla nazionalità, alle condizioni fisiche, ai mezzi attuali di sostentamento ed al luogo di provvisoria dimora del minore, con indicazione delle misure eventualmente adottate per far fronte alle sue esigenze. 2. La segnalazione di cui al comma 1 non esime dall'analogo obbligo nei confronti di altri uffici o enti, eventualmente disposto dalla legge ad altri fini. Il Comitato è tuttavia tenuto ad effettuare la segnalazione ad altri uffici o enti, quando non risulti in modo certo che essa sia stata già effettuata. 3. L'identità del minore è accertata dalle autorità di pubblica sicurezza, ove necessario attraverso la collaborazione delle rappresentanze diplomaticoconsolari del Paese di origine del minore. DPCM 535/99 Art. 6 Accoglienza 1. Al minore non accompagnato sono garantiti i diritti relativi al soggiorno temporaneo, alle cure sanitarie, all'avviamento scolastico e alle altre provvidenze disposte dalla legislazione vigente. 2. Al fine di garantire l'adeguata accoglienza del minore il Comitato può proporre al Dipartimento per gli affari sociali di stipulare convenzioni con amministrazioni pubbliche e organismi nazionali e internazionali che svolgono attività inerenti i minori non accompagnati in conformità ai principi e agli obiettivi che garantiscono il superiore interesse del minore, la protezione contro ogni forma di discriminazione, il diritto del minore di essere ascoltato. DPCM 535/99 Art. 7. Rimpatrio assistito 1. Il rimpatrio deve svolgersi in condizioni tali da assicurare costantemente il rispetto dei diritti garantiti al minore dalle convenzioni internazionali, dalla legge e dai provvedimenti dell'autorità giudiziaria, e tali da assicurare il rispetto e l'integrità delle condizioni psicologiche del minore, fino al riaffidamento alla famiglia o alle autorità responsabili. Dell'avvenuto riaffidamento è rilasciata apposita attestazione da trasmettere al Comitato. 2. Salva l'applicazione delle misure previste dall'articolo 6, il Comitato dispone il rimpatrio assistito del minore presente non accompagnato, assicurando che questi sia stato previamente sentito, anche dagli enti interessati all'accoglienza, nel corso della procedura. 3. Le amministrazioni locali competenti e i soggetti presso i quali il minore soggiorna cooperano con le amministrazioni statali cui è affidato il rimpatrio assistito. DPCM 535/99 Art. 9 Soggiorno 1. La durata totale del soggiorno di ciascun minore non può superare i novanta giorni, continuativi o frutto della somma di più periodi, riferiti alle permanenze effettive nell'anno solare. Il Comitato può proporre alle autorità competenti l'eventuale estensione della durata del soggiorno fino ad un massimo di centocinquanta giorni, con riferimento a progetti che comprendano periodi di attività scolastica o in relazione a casi di forza maggiore. L'eventuale estensione della durata della permanenza è comunicata alla questura competente ai fini dell'eventuale rinnovo o della proroga del permesso di soggiorno per gli accompagnatori e per i minori ultraquattordicenni. Minori stranieri non accompagnati: percorsi e procedure Il percorso dei minori stranieri che arrivano in Italia da soli MINORE NON ACCOMPAGNATO Fermato in frontiera Fermato sul territorio nazionale Prima identificazione del minore: anche attraverso rilievi fotodattiloscopici e esami medici Può essere respinto (salvo che presenti domanda di protezione internazionale) Non può essere espulso Se presenta subito domanda di asilo entra a far parte dell’asse dei richiedenti asilo Se non presenta domanda di asilo vengono applicate le disposizioni previste per I minori stranieri non accompagnati “Il 5 ottobre 2012, a Bari la Polizia di frontiera ha scoperto 81 persone nascoste in un camion su un traghetto arrivato da Igoumenitsa. Secondo i dati ottenuti da Rete Iside, erano 61 irachene, 12 siriane, e 6 afgane. Dodici sono state autorizzate a rimanere sul territorio italiano, mentre 69 persone sono state rispedite in Grecia il giorno stesso. Di quelle autorizzate a rimanere, 6 erano bambini non accompagnati, due coppie di fratelli composte da un bambino e un adulto ciascuna, e due adulti iracheni che hanno collaborato con le indagini della polizia per identificare il contrabbandiere”. “Human Rights Watch ha intervistato 10 minori, dai 13 ai 17 anni, che hanno detto di essere stati rispediti dall'Italia alla Grecia, e anche 3 ragazzi che avevano da poco compiuto 18 anni e hanno detto che erano stati rispediti dall'Italia quando avevano ancora meno di 18 anni. Nove dei ritorni che abbiamo documentato hanno avuto luogo durante i primi sei mesi del 2012. Altre organizzazioni in Grecia riferiscono risultati simili delle loro ricerche. Praksis, una ONG greca che assiste i bambini migranti a Patrasso, ha documentato 19 casi di bambini, di età compresa tra 14 a 17 anni di età, rispediti dall'Italia alla Grecia tra l'agosto 2011 e il luglio 2012. Un funzionario dell'ACNUR in Grecia, che ha chiesto di mantenere l’anonimato, stima che l'Italia abbia rispedito ogni mese a Patrasso una media di due bambini non accompagnati. Il funzionario ricordava un bambino di 11 anni che era stato restituito alla Grecia nel mese di agosto 2011, e un gruppo di nove ragazzi tornati da Brindisi nel mese di novembre 2011” “In una lettera a Human Rights Watch, il Prefetto Rodolfo Ronconi, direttore della Direzione Centrale del Ministero dell'Interno italiano per la Polizia dell'immigrazione e delle frontiere, ha dichiarato che la procedura di "respingimento alla frontiera" ai sensi dell'articolo 10 del Testo unico sull'immigrazione non si applica ai ritorni verso la Grecia "essendo venuto meno il concetto di frontiera tra Italia e Grecia. (…) il Prefetto Ronconi afferma che i due Paesi hanno convenuto su una procedura secondo la quale gli immigrati irregolari possono essere reimbarcati sulla stessa nave con la quale sono arrivati, sotto la custodia del capitano per tutto il viaggio di ritorno. Questa procedura sommaria, tuttavia, non è prevista nell'accordo bilaterale, e questa risposta ufficiale non riesce a spiegare l'apparente discrepanza tra le procedure stabilite nell'accordo bilaterale e la procedura sommaria“. “L'Accordo sulla riammissione del 1999 (firmato tra Italia e Grecia), che obbliga entrambe le parti ad accettare "senza formalità" il ritorno dei migranti privi di documenti qualora le autorità possano dimostrare che essi avevano viaggiato irregolarmente da un paese all'altro, impegna esplicitamente entrambe le parti a rispettare i trattati internazionali sui diritti umani in particolare Convenzione sui rifugiati del 195146. L'accordo non fa alcun riferimento specifico alla Convenzione sui Diritti dell’Infanzia, L'Accordo, entrato in vigore nel 2001, prevede la riammissione formale, su richiesta ed entro un determinato lasso di tempo, dei cittadini di Paesi terzi scoperti a entrare in Italia ai valichi di frontiera non ufficiali lungo la costa, o scoperti altrove nel territorio italiano. Lo Stato di presunta provenienza può rifiutare la riammissione se le prove non sono sufficienti a dimostrare il suo obbligo di riammettere l'individuo”. Estratti del rapporto “Restituiti al mittente” HRW Gennaio 2013 Identificazione del minore Prima segnalazione alla Procura, al Giudice Tutelare e al Comitato minori stranieri* Presa in carico del minore da parte dei Servizi sociali Adozione provvedimento di protezione, collocamento in comunità di prima accoglienza (90 gg), permesso di soggiorno Indagine sulla situazione personale del minore Rimpatrio assistito previo ascolto del minore, di indagini familiari e se non sussistono pericoli per l’integrità del minore Integrazione del minore nel contesto d’arrivo Collocamento presso comunità familiari di lunga permanenza * Con la L. 7 Agosto 2012, n. 135 le funzioni del Comitato Minori Stranieri sono state trasferite alla Direzione Generale dell’Immigrazione e delle Politiche di Integrazione presso lo stesso Ministero del lavoro e delle Politiche Sociali . Presa in carico del minore da parte dei Servizi sociali nella fase di prima o di pronta accoglienza (art. 403 cc) • • • • • • colloquio con il minore per la valutazione del caso; segnalazione del minore al comitato minori stranieri, ai fini del censimento, e per richiedere l’avvio alle indagini familiari predisposizione del, progetto educativo a breve termine, osservazione e inserimento in un percorso di alfabetizzazione; reperimento di informazioni utili per l’identificazione del minore e presentazione in questura dell’istanza di permesso di soggiorno per il minore segnalazione del minore al giudice tutelare e al tribunale dei minorenni affinché vengano avviate le procedure per la nomina di un tutore e/o per l’affidamento del minore (a parenti entro il quarto grado, ad una famiglia affidataria o a un singolo, connazionale o italiano, a una comunitàfamiliare o all’ente locale) richiesta delle indagini familiari al comitato minori stranieri Il caso “speciale” dei minori non accompagnati giunti durante l’Emergenza Nord Africa: la procedura fissata dal Decreto 18.05.2011 Prima identificazione e segnalazione alla Procura, al Giudice Tutelare e al soggetto attuatore Trasferimento dal centro di prima assistenza alle strutture di assistenza temporanea (SAT) Segnalazione al Giudice Tutelare, al tribunale dei minorenni e ai servizi sociali territoriali Perfezionamento dell’identificazione e accertamento della minore età; verificare l’effettivo status di non accompagnato; informazioni su eventuali parenti presenti in Italia; informazioni sull’opportunità di chiedere protezione internazionale;screening sanitario, attraverso le strutture sanitarie locali. Segnalazione al Comitato Minori Stranieri e individuazione comunità di accoglienza definitiva Presa in carico da parte dei Servizi Sociali e adozione provvedimenti di protezione Le SAT (Strutture di Accoglienza Temporanea) individuate e messe a disposizione sono state 24 situate in Calabria, Sicilia, Basilicata, Puglia e Toscana. A seguito dell’Emergenza Nord Africa inoltre erano già state messe a disposizione altre strutture destinate all’accoglienza dei minori stranieri non accompagnati (ad es. 6 strutture messe a disposizione dalla Regione Lazio e 13 strutture messe a disposizione dal Comune di Roma). In circa 3 mesi (dal 3 luglio al 27 settembre 2011) sono stati 1.028 i minori non accompagnati trasferiti da Lampedusa in SAT, pari al 40% circa dei minori non accompagnati sbarcati a Lampedusa dall’inizio del 2011 (2.594). La maggior parte dei minori non accompagnati trasferiti da Lampedusa nelle SAT proviene dalla Libia (733) ed è originaria di Paesi dell’Africa sub sahariani (686). Gli altri sono originari di Pakistan (3) e Bangladesh (17), Corno d’Africa (15 Somalia, 1 Etiopia e 1 Eritrea) e Libia (4). Altri 295 minori arrivati a Lampedusa sono tunisini. Molti minori sono stati trasferiti presso le SAT dopo 10 – 20 giorni di presenza a Lampedusa ma alcuni hanno aspettato a Lampedusa anche 40- 50 giorni. La procedura per il collocamento dei minori stranieri” del 17 maggio 2011 non dà, invece, indicazioni rispetto alla possibilità di aprire la tutela nel periodo di permanenza del minore in SAT. (Dati estratti dal Rapporto di Save the Children “L’accoglienza temporanea dei minori non accompagnati arrivati via mare a Lampedusa nel contesto dell’Emergenza Umanitaria Nord Africa ottobre 2011) Minori stranieri non accompagnati: minore età ed identificazione Minori stranieri non accompagnati: maggiore età La maggiore età dei ragazzi e delle ragazze stranieri deve essere stabilita in base alla legge dello stato di cui hanno la cittadinanza. Articolo 42 della legge 218/1995:- Giurisdizione e legge applicabile in materia di protezione dei minori. 1. La protezione dei minori è in ogni caso regolata dalla Convenzione dell’Aja del 5 ottobre 1961, sulla competenza delle autorità e sulla legge applicabile in materia di protezione dei minori, resa esecutiva con la legge 24 ottobre 1980, n. 742. 2. Le disposizioni della Convenzione si applicano anche alle persone considerate minori soltanto dalla loro legge nazionale, nonché alle persone la cui residenza abituale non si trova in uno degli Stati contraenti. Articolo 12 Convenzione dell’Aja del 5 ottobre 1961 sulla competenza delle autorità e sulla legge applicabile in materia di protezione dei minori Ai fini della presente Convenzione, per « minore » s’intende qualsiasi persona che ha tale qualità sia secondo la legislazione interna dello Stato di cui è cittadino, sia secondo la legislazione interna dello Stato di sua abituale residenza. Per conseguenza, le autorità italiane devono considerare minorenni i ragazzi che sono tali in base alla legge dello stato di origine e adottare i provvedimenti di protezione previsti dalla legge italiana per i minorenni, fino al raggiungimento della maggiore età così stabilita. Vedi Giudice di Pace di Roma, decreto del 05.12.2012 in proc. n. 42634/2012 Tribunale di Roma, decreto del 20 settembre 2011 in proc. n. 17850/2010 Minori stranieri non accompagnati: identificazione e accertamento dell’età Nel caso in cui il minore sia in possesso di un documento valido nel quale viene specificato solo l’anno di nascita, è buona prassi attribuire al minore come data di nascita il 31 dicembre dell’anno riportato nel documento (Linee Guida del Comitato minori stranieri, 2003). • Quando il minore è privo di documenti di identità al fine di rilasciargli un permesso di soggiorno e riconoscerlo come straniero non accompagnato è necessario procedere all’identificazione (nome, cognome, età, genere, provenienza). E’ competenza delle Forze dell’ordine accertare e successivamente ratificare suddetta identità (DPCM 535/99 art.5 co.3) •Gli accertamenti sono fatti da personale medico qualificato. Gli accertamenti non sono mai esatti: è scientificamente provato che nessun accertamento medico può dare una definizione esatta dell’età della persona. Gli esami possono determinare un ambito temporale in cui può collocarsi l’età della persona esaminata. •Gli accertamenti e gli esami possono essere compiuti sulla persona solo con il suo consenso espresso personalmente o attraverso il tutore. •In ogni caso il minore ha diritto ad essere informato circa: a) la determinazione dell’età attaverso esami medici; b) Il tipo di esame medico, i risultati possibili e le eventuali conseguenze; c) le conseguenze del suo rifiuto •Il rifiuto da parte del minore di sottoporsi agli accertamenti medici per la determinazione dell’età non può comportare il non accoglimento della domanda di protezione internazionale•il minore non accompagnato può in ogni fase della procedura, essere sottoposto, previo consenso suo o del suo legale rappresentante, ad accertamenti medico-sanitari non invasivi al fine di accertarne l’età. Nel corso degli accertamenti I principi fondamentali, derivanti dal diritto internazionale e nazionale vigenti in Italia, da applicare nel processo di accertamento dell’età dei minori stranieri, possono essere riassunti come segue: l’accertamento dell’età deve essere sempre effettuato in conformità con la considerazione preminente del superiore interesse del minore in caso di incertezza circa la minore età, occorre accordare al sedicente minore il beneficio del dubbio e trattarlo come tale; il ricorso a procedure medico-scientifiche dovrebbe aver luogo solo allorquando emerga un dubbio fondato e dopo che altri mezzi ai quali si è fatto ricorso non abbiano dato nessun esito (sempre quando ciò non sia in alcun modo dannoso per il minore in questione o per la sua famiglia). La minore età deve essere sempre presunta qualora, anche dopo la perizia di accertamento, permangano dubbi circa l’età del minore (Circolare del Ministero dell’Interno del 9 luglio 2007 n. 17272/7). In mancanza di un adulto legittimamente responsabile, è necessario procedere alla nomina di un tutore. l’accertamento deve essere eseguito con modalità che siano il meno invasive possibili e deve prendere in considerazione lo sviluppo fisico e psico-sociale del minore, nonché fattori e parametri che tengano conto della cultura di provenienza e dell’etnia di appartenenza del minore l metodo ancora maggiormente utilizzato per l’accertamento dell’età risulta essere quello basato sullo studio radiologico dei nuclei di ossificazione del polso e della mano sinistra, valutati sulla base di un atlante (il c.d. Atlante di Greulich WW e Pyle Sl, 1959) ove sono riportati i radiogrammi tipici delle diverse età. Tale atlante utilizza radiografie rilevate negli anni ’30 in bambini ed adolescenti statunitensi di origine nord europea. L’applicazione di tale metodica in soggetti di diversa provenienza può comportare margini di errore di un certo rilievo in quanto l’accrescimento è diverso nelle diverse etnie. L’ organizzazione inglese di tutela Medical Foundation sostiene che l’imprecisione dei metodi radiologici è di più o meno 2 anni16. La Commissione svizzera che ha affermato che l’accertamento della maggiore età con tale metodo non può considerarsi attendibile, portando con sé un margine di errore di circa due anni, motivando tale posizione con argomentazioni scientifiche basate sull’analisi di numerosi studi e sull’audizione di diversi radiologi. Sul territorio nazionale non esiste una procedura che venga utilizzata in modo uniforme e che abbia margini di incertezza contenuti inoltre nel certificato medico non viene in genere quasi mai indicato il margine di errore, ma viene direttamente indicata l’età che viene arbitrariamente addebitata al minore; questa si configura come una grave mancanza dal momento che dovrebbe sempre essere garantito il beneficio del dubbio nel caso in cui, considerato il margine di errore, la maggiore età risulti incerta. In fase di accertamento dell’età e/o dell’intervista dovrebbe essere sempre presente il tutore o un mediatore culturale A Lampedusa: da febbraio 2011 l’accertamento dell’età non viene più effettuato facendo ricorso alla radiografia del polso bensì le autorità di pubblica sicurezza procedono all’identificazione dello straniero sulla base delle dichiarazioni dello stesso Minori stranieri non accompagnati: rimpatrio assistito, integrazione in Italia e provvedimenti di protezione Minori stranieri non accompagnati: rimpatrio assistito e integrazione in Italia Le misure da adottare nei confronti dei minori stranieri non accompagnati devono essere valutate alla luce del loro superiore interesse e possono consistere: Nella decisione di rimpatrio assistito nel paese di origine. La decisione di rimpatrio assistito è preceduta da un’indagine familiare condotta nel paese di origine con i genitori o i familiari del minore. I dati sono comunicati, insieme ad una relazione relativa al profilo del minore, dalla Direzione Generale dell'Immigrazione e delle Politiche di Integrazione all’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (OIM), l’organismo attualmente designato per lo svolgimento delle indagini familiari. Nella decisione di far restare il minore in Italia rilasciando allo stesso un permesso di soggiorno. In questa fase: permesso di soggiorno per minore età Il rimpatrio assistito La Direzione Generale dell'Immigrazione e delle Politiche di Integrazione stipula convenzioni con organismi o associazioni umanitarie a carattere nazionale o internazionale, per l’attuazione di programmi diretti a rintracciare anche nel paese di origine i familiari dei minori non accompagnati. I progetti di rimpatrio assistito devono prevedere l’accompagnamento nel paese di origine, il riaffido alla famiglia e il progressivo reinserimento (scolastico, lavorativo, ecc). Nel caso in cui le indagini familiari si concludano nel senso di riaffidare il minore alla famiglia di origine deve essere elaborato un progetto di reinserimento, e deve essere informato il Tribunale per i Minorenni per il rilascia del nulla osta al rimpatrio. Il rimpatrio viene eseguito dalla Polizia (nel caso dei rimpatri coattivi), dai servizi sociali e/o dall’organizzazione che ha svolto le indagini nel paese di origine. Nel caso in cui ritenga che il rimpatrio non sia nel suo interesse, il minore ha diritto di presentare, per il tramite dei genitori o del tutore, ricorso alla magistratura (Tribunale ordinario o TAR) per ottenere l’annullamento del provvedimento Per approfondimenti Guida pratica all’intervento sociale transnazionale per i minori migranti non accompagnati e delle loro famiglie – Ministero del lavoro e delle politiche sociali Interventi a protezione dei minori strani non accompagnati Quando non sussistano le condizioni necessarie ed indispensabili per procedere al rimpatrio assistito viene disposto di non procedere al rimpatrio e viene segnalata la situazione ai servizi sociali e al Giudice Tutelare o al Tribunale per i Minorenni perché provvedano all’affidamento del minore ai sensi della legge n.184/1983 e venga avviato un progetto di integrazione sociale e civile della durata di almeno due anni. Apertura della tutela Affidamento Ammissione ad un progetto di integrazione Il percorso dei minori stranieri non accompagnati che arrivano in Italia è spesso caratterizzato da una distorsione dei percorsi e dell’assenza/ritardo di provvedimenti di protezione. In molti casi, per i minori che arrivano in Italia ad un età compresa tra i 16 e i 17 anni non vengono adottati provvedimenti di protezione. Minori stranieri non accompagnati: tutela e affidamento Nell’adozione di provvedimenti a protezione dei minori stranieri non accompagnati ci si avvale di: norme e delle disposizioni previste dalla legge italiana in materia di assistenza e protezione dei minori •Codice Civile,Titolo X, dall’art. 343 all’art. 389 •Legge 184/83,“Disciplina dell’adozione e dell’affidamento dei minori”, come modificata dalla Legge 476/98 e dalla Legge 149/01 Per approfondimenti Minori stranieri non accompagnati e stato di abbandono – nota di Lorenzo Miazzi in Diritto immigrazione e cittadinanza n. 3/2011 testi normativi sopranazionali (convenzioni, disposizioni) in materia di diritti e garanzie dei minori •Convenzione ONU sui diritti dell’Infanzia •Convenzione de L’Aja del 5 ottobre 1961 sulla competenza delle autorità e sulla legge applicabile in materia di protezione dei minori, ratificata in Italia con legge 742/80, •Convenzione de l’Aja del 28 maggio 1970 in materia di rimpatrio dei minori, ratificata con legge 396/1975, •Convenzione di Lussemburgo del 20 maggio 1980 sul riconoscimento e l'esecuzione delle decisioni in materia di affidamento dei minori e sulla ristabilimento dell'affidamento dei minori, e •Convenzione de L’Aja del 25 ottobre 1980 sugli aspetti civili della sottrazione internazionale di minori, ratificate in Italia e rese esecutive con Legge n. 64/94: “Recepimento di convenzioni europee sui minori” •Risoluzione Europea del 26/6/97 sui minori non accompagnati, cittadini dei paesi terzi (97/C221/03), 2 Minori stranieri non accompagnati: tutela Tutela: riferimenti normativi •Se entrambi i genitori sono morti o per altre cause non possono esercitare la potestà dei genitori (Art. 343 del Codice Civile) •La filiazione proveniente da genitori ignoti o che non intendono riconoscere il proprio figlio (art. 345 c.c.) •La scomparsa, assenza, dichiarazione di morte presunta dei genitori quali condizioni di impedimento (art. 48, 49 e 58 c.c.) •La decadenza della potestà genitoriale (art. 330 c.c.) •La sospensione della genitorialità (nel corso della procedura di adottabilità) (art.19 Legge 184/83) •L’esclusione dei genitori dalla potestà, interdizione o minore età dei genitori e incapacità naturale dei genitori (art. 317 c.c.) •L’impedimento dei genitori per i minori ricoverati in comunità di tipo famigliare o in istituto fino a quando il genitore non riprenda l’esercizio della patria potestà (art. 3 Legge 184/83 come modificato dalla Legge 149/2001) DPCM 535/99 Art. 1, c. 2 “Per "minore straniero non accompagnato presente nel territorio dello Stato", di seguito denominato "minore presente non accompagnato", s'intende il minorenne non avente cittadinanza italiana o di altri Stati dell'Unione europea che, non avendo presentato domanda di asilo, si trova per qualsiasi causa nel territorio dello Stato privo di assistenza e rappresentanza da parte dei genitori o di altri adulti per lui legalmente responsabili in base alle leggi vigenti nell'ordinamento italiano”. 9 Soggetti che devono dare notizia al Giudice tutelare della necessità di apertura della tutela • L'ufficiale di stato civile (art 345 c.c.) • Il notaio (art 345 c.c.) • Il Cancelliere del Tribunale (art 345 c.c.) • I parenti del minore entro il terzo grado (art 345 c.c.) • La persona designata come tutore (art 345 c.c.) • I legali rappresentanti delle comunità di tipo familiare e degli istituti di assistenza pubblici o privati, dove il minore è stato collocato, che esercitano in via provvisoria i poteri tutelari sul minore loro affidato (L.184/83 come modificato dalla L. 149/2001, art. 3) • Tribunale per i Minorenni, nel caso di minori non accompagnati richiedenti asilo (D.P.R. n. 303/2004, Art. 2, c. 5) • Comitato Minori Stranieri (D.P.C.M. n. 535/1999, Art. 3, c. 6°) Nella prassi avviene che la notizia sia data al Giudice Tutelare da: • I Servizi Sociali del Territorio che hanno in carico il minore, il quale ricade sotto le competenze amministrative ed economiche dell’ente locale presso il quale è avvenuta la sua segnalazione, in base a quanto disposto dalla Legge 328/2000 E’ possibile deferire la tutela del minore provvisoriamente ai legali rappresentanti delle comunità di tipo familiare e degli istituti di assistenza pubblici o privati a cui è affidato il minore, per un massimo di 30 giorni (Art. 354 e art. 402 cc, art. 3 L. 184/83 21 Affidamento (L. 184/83) Art. 2 il minore temporaneamente privo di un ambiente familiare può essere affidato ad una famiglia o inserito in una comunità di tipo familiare (o in mancanza in un istituto pubblico o privato) al fine di assicurare il necessario mantenimento, educazione e istruzione. Art. 3 i legali rappresentanti delle comunità di tipo familiare e degli istituti di assistenza esercitano i poteri tutelari sul minore affidato fino a quando non si provveda alla nomina di un tutore in tutti i casi nei quali l’esercizio della potestà dei genitori o della tutela sia impedito Art. 4 L’affidamento è disposto • dal servizio locale, previo consenso manifestato dai genitori o dal genitore esercente la potestà, ovvero dal tutore (affidamento consensuale); • dal Tribunale per i minorenni, ove manchi l'assenso dei genitori esercenti la potestà o del tutore; in tal caso si applicano gli articoli 330 e seguenti del Codice Civile (affidamento giudiziale). Per l’affidamento dei minori stranieri non accompagnati L'affidamento consensuale è sempre da ritenersi la soluzione preferibile. Per l’ottenimento del consenso. Le soluzioni prospettate sono: il Giudice Tutelare nomina un tutore, che dà poi il consenso all'affidamento; il consenso all'affidamento può essere manifestato dall'istituto di pubblica assistenza (ovvero, in genere, l'Ente locale) in quanto esercente i poteri tutelari ex art. 402 del Codice Civile; si può ipotizzare la possibilità per i genitori di manifestare il consenso all'affidamento mediante atto notarile legalizzato presso la Rappresentanza Diplomatico-Consolare italiana nel paese d'origine. A proposito dell'affidamento consensuale, il Tribunale per i minorenni e la Procura della Repubblica per i minorenni di Venezia hanno indicato: "Poiché il minorenne, non accompagnato immigrato da solo è pur sempre un minore nei confronti del quale i genitori non possono esercitare la potestà, il caso potrà essere segnalato al Giudice Tutelare del luogo ove il minore è stato accolto per l'apertura della tutela ai sensi dell'art. 343 c.c. Il tutore così nominato potrà dare il consenso per l'affidamento familiare, qualora sia questo il provvedimento disposto dal Servizio Locale ai sensi dell'art. 4 della legge 184/83. Qualora il minore sia stato accolto presso una struttura assistenziale il Comune quale ente erogatore dell'assistenza può essere considerato Istituto di Pubblica Assistenza che esercita i poteri tutelari sul minore ricoverato o assistito ai sensi degli artt. 3 e 5 della legge 184/83.“ (Tribunale per i minorenni e della Procura della Repubblica per i minorenni di Venezia "Informazioni, indicazioni, suggerimenti in ordine alla tutela giudiziaria dei minori" 21 giugno 2000.) Minori non accompagnati: tipologie di permesso di soggiorno Tutti i minori stranieri non accompagnati hanno diritto di ottenere, per il solo fatto di essere minorenni (e quindi inespellibili – art. 19 D. Lgs. 286/98), un permesso di soggiorno per minore età (art. 28 DPR 394/99). I minori titolari di permesso per minore età possono convertirlo in uno per affidamento nel caso in cui, a seguito del provvedimento di "non luogo a provvedere al rimpatrio" dal Comitato per i minori stranieri, vengono affidati o direttamente con provvedimento del Tribunale per i minorenni o su iniziativa dei Servizi Sociali resa esecutiva dal Giudice Tutelare. I minori affidati ad un cittadino straniero regolarmente soggiornante, che convivono con l’affidatario, vengono iscritti nel permesso di soggiorno del medesimo fino al compimento dei 14 anni e ricevono un permesso di soggiorno per motivi familiari al compimento dei 14 anni. I minori che abbiano commesso un reato per il quale siano stati reclusi prima del compimento della maggiore età, se hanno partecipato a un programma di assistenza e integrazione sociale possono, al termine della espiazione della pena, ottenere un permesso di soggiorno per protezione sociale. Il permesso per protezione sociale può inoltre essere rilasciato dal Questore, su proposta dei servizi sociali del Comune, anche ai minori stranieri nei cui confronti siano state rilevate situazioni di violenza e di grave sfruttamento (prostituzione, sfruttamento lavorativo, ecc.), per le quali vi siano concreti pericoli di incolumità. Il permesso per protezione sociale consente di lavorare ed è rinnovabile. In base a quanto disposto dall’art. 32 D. Lgs. 286/97 così come modificato dalla L. 189/2002 ai minori non accompagnati che hanno fatto ingresso in Italia almeno tre anni prima del compimento della maggiore età e hanno seguito un progetto di integrazione civile e sociale per almeno due anni può essere rilasciato un permesso di soggiorno per integrazione minore Approfondimento: il permesso per minore eta’ Il permesso di soggiorno per minore età viene rilasciato qualora si verifichino situazioni non riconducibili ad altre tipologie di soggiorno già previste dalla normativa in vigore: Art. 22 DPR 334/04 che modifica l’art. 28 del DPR 394/99 - Permessi di soggiorno per gli stranieri per i quali sono vietati l’espulsione o il respingimento 1. Quando la legge dispone il divieto di espulsione, il questore rilascia il permesso di soggiorno: “a) per minore età, salvo l’iscrizione del minore degli anni quattordici nel permesso di soggiorno del genitore o dell’affidatario straniero regolarmente soggiornanti in Italia. In caso di minore non accompagnato, rintracciato sul territorio e segnalato al Comitato per i minori stranieri, il permesso di soggiorno per minore età è rilasciato a seguito della segnalazione al Comitato medesimo ed è valido per tutto il periodo necessario per l’espletamento delle indagini sui familiari nei Paesi di origine. Se si tratta di minore abbandonato, è immediatamente informato il Tribunale per i minorenni per i provvedimenti di competenza”. Circolare n. 300/C/2000/785/P/12.229.28/1^ Div. del 13.11.2000 : “Il Ministero ribadisce che il titolo di soggiorno da attribuire al minore presente sul territorio nazionale in stato di clandestinità è determinabile solo dopo che sia stata individuata puntualmente l'effettiva situazione familiare in cui il medesimo versa…”. Approfondimento: il permesso per integrazione minore Ai minori stranieri non accompagnati che soddisfino le condizioni poste nel Testo Unico all’articolo 32 dai nuovi commi 1bis, 1ter, 1 quater, può essere rilasciato un permesso di soggiorno per integrazione di minore previo parere del Comitato Minori stranieri (art. 11 DPR 394/99 co.1 lettera c-sexies). Quali sono le condizioni di cui all'articolo 32, commi 1- bis e 1-ter, del Testo Unico 286/98? • • Essere stati ammessi per un periodo non inferiore a due anni in un progetto di integrazione sociale e civile gestito da un ente pubblico o privato che abbia rappresentanza nazionale e che comunque sia iscritto nel registro istituito presso la Presidenza del Consiglio dei ministri ai sensi dell’articolo 52 del decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto 1999, n. 394. (art. 32 comma 1 bis) Avere fatto ingresso almeno tre anni prima del compimento della maggiore età (art. 32 comma 1 ter) Approfondimento: il permesso per affidamento Ai minori stranieri non accompagnati può essere rilasciato un permesso di soggiorno per affidamento Circolare del Ministero dell’Interno - Dipartimento della Pubblica Sicurezza - Direzione centrale per la polizia stradale, ferroviaria, di frontiera e postale - 9 Aprile 2001, N.00/C/2001/2081/A/12.229.28/1^DIV: “ [….] Nell'ipotesi in cui il rimpatrio non fosse realizzabile, qualsiasi valutazione in ordine ad una permanenza più duratura del minore sul territorio nazionale spetta unicamente al Comitato per i Minori Stranieri che, dopo aver esaminato, caso per caso, tutta la documentazione in suo possesso, potrà formulare la raccomandazione ai Servizi Sociali territorialmente competenti per l'affidamento del minore ai sensi dell'art.2 della legge 184/83, informando il Giudice Tutelare e la Questura competenti. In tali circostanze le SS.LL. potranno procedere alla modifica, a richiesta dei Servizi Sociali territoriali, del permesso di soggiorno per ''minore età" in uno per "affidamento", previa esibizione del provvedimento di convalida della competente autorità giudiziaria. A tale proposito, si rammenta che il permesso di soggiorno per affidamento, che sia stato disposto ai sensi della legge 184/83, consente al minore non accompagnato l’accesso allo studio e ad attività formative e, ove sussistano i requisiti previsti dalla normativa italiana in materia di lavoro minorile, anche al lavoro, consentendo, altresì, di ottenere, al raggiungimento della maggiore età, un nuovo titolo di soggiorno per motivi di studio, di accesso al lavoro, di lavoro subordinato o autonomo (art.32 del D.L.vo 286/98)”. I minori stranieri non accompagnati al raggiungimento della maggiore età DAL 1998 AL 2002 Nella sua originaria formulazione l’art. 32 c. 1 del D. Lgs. 286/98 prevedeva:“Al compimento della maggiore età, allo straniero nei cui confronti sono state applicate le disposizioni di cui all’articolo 31, commi 1 e 2, e ai minori comunque affidati ai sensi dell’articolo 2 della legge 4 maggio 1983, n. 184, può essere rilasciato un permesso di soggiorno per motivi di studio, di accesso al lavoro, di lavoro subordinato o autonomo, per esigenze sanitarie o di cura. Il permesso di soggiorno per accesso al lavoro prescinde dal possesso dei requisiti di cui all’articolo 23.” Tale disposizione, che prevedeva in ogni caso il rilascio di un permesso di soggiorno al compimento della maggiore età, non riguardava i minori stranieri non accompagnati, la cui condizione era disciplinata dall’art. 33 e per i quali ogni decisione era rimessa al Comitato Minori Stranieri. DAL 2002 AL 2009 Nel 2002 con la cd. Legge Bossi Fini il legislatore interviene sull’art. 32 nell’ottica però di limitare le possibilità di conversione del permesso di soggiorno al compimento della maggiore età per i minori stranieri non accompagnati introducendo le disposizioni di cui ai commi 1 bis - quater (presenza in Italia da tre anni e progetto di integrazione di due anni) In particolare In particolare il comma 1bis disponeva: “Il permesso di soggiorno di cui al comma 1 può essere rilasciato per motivi di studio, di accesso al lavoro ovvero di lavoro subordinato o autonomo, al compimento della maggiore età, semprechè non sia intervenuta una decisione del Comitato per i minori stranieri di cui all’articolo 33, ai minori stranieri non accompagnati che siano stati ammessi per un periodo non inferiore a due anni in un progetto di integrazione sociale e civile gestito da un ente pubblico o privato che abbia rappresentanza nazionale e che comunque sia iscritto nel registro istituito presso la Presidenza del Consiglio dei ministri ai sensi dell’articolo 52 del decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto 1999, n. 394”. Gli effetti negativi delle modifiche introdotte dalla L. Bossi Fini sono stati in parte attenuati dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 198/03 intervenuta sull’originaria formulazione dell’art. 32 D. Lgs. 286/98 laddove prendeva in considerazione solo i minori affidati e non anche quelli sottoposti a tutela. Secondo la Corte un’interpretazione costituzionalmente orientata dell’art. 32 anche la sottoposizione alla sola tutela consente la conversione del permesso di soggiorno al compimento della maggiore età, essendo il fine della tutela analogo a quello dell’affidamento (provvedere ai bisogni del minore). Sempre in base a tale sentenza, il nuovo comma 1bis è stato interpretato nel senso di ritenersi applicabile unicamente ai minori stranieri non accompagnati (non ancora sottoposti a tutela o affidamento) e non a quelli sottoposti a tutela o affidamento a prescindere dal requisito della presenza in Italia da tre anni e progetto di integrazione di due anni Tale interpretazione è stata confermata dallo stesso Ministero dell’Interno con circolare del 28.03.08. In questo modo la maggior parte dei minori stranieri presenti in Italia rientra nel comma 1 e non nel comma 1bis non discriminazione ai fini del rilascio del permesso di soggiorno di minori in tutela o affidamento al Servizio Sociale (Consiglio di Stato sezione VI, sentenza n. 2437 del 22.4.2008, Consiglio di Stato, sezione VI, n. 1540 del 5.4.2007, Consiglio di Stato, sez. IV, n. 6525 del 18.12.2007); non discriminazione ai fini del rilascio del permesso di soggiorno al compimento della maggiore età di minori affidati di fatto al parente entro il IV grado durante la minore età ex art. 9 L. 184/1983, in quanto non identificabili come minori stranieri non accompagnati (Corte cost., sent. n. 198/2003,T.A.R. Lombardia, sede di Milano, sentenza n. 1847 del 27.5.2008, T.A.R. Lombardia, sede di Milano, sentenza n. 1766 del 27.3.2008, T.A.R. Lombardia, sede di Brescia, sentenza n. 1741 dell’1.12.2004, T.A.R. Abruzzo, sentenza n. 85 del 21.2.2006); irretroattività della normativa introdotta dalla L. 189/2002 (cd. BossiFini) in materia di minori stranieri non accompagnati, rimarcando “l’impossibilità di applicare la norma di cui si tratta a soggetti che abbiano compiuto la maggiore età prima della sua entrata in vigore, ovvero entro i successivi due anni”. Cons. Stato sentenza n. 2951/2009) DAL 2009 AL 2011 Nel 2009 con la L. 94/2009 il legislatore interviene nuovamente sul testo dell’art. 32 TU Art. 32 Testo Unico 286/98 come modificato dalla legge 94/09 (sottolineato) disposizioni concernenti minori affidati al compimento della maggiore età1. Al compimento della maggiore età, allo straniero nei cui confronti sono state applicate le disposizioni di cui all’articolo 31, commi 1 e 2, e, fermo restando quanto previsto dal comma 1-bis, ai minori che sono stati affidati ai sensi dell’articolo 2 della legge 4 maggio 1983, n. 184, può essere rilasciato un permesso di soggiorno per motivi di studio, di accesso al lavoro, di lavoro subordinato o autonomo, per esigenze sanitarie o di cura. Il permesso di soggiorno per accesso al lavoro prescinde dal possesso dei requisiti di cui all’articolo 23 1 bis. Il permesso di soggiorno di cui al comma 1 può essere rilasciato per motivi di studio, di accesso al lavoro ovvero di lavoro subordinato o autonomo, al compimento della maggiore età, (...) ai minori stranieri non accompagnati, affidati ai sensi dell'articolo 2 della legge 4 maggio 1983, n. 184, ovvero sottoposti a tutela, che siano stati ammessi per un periodo non inferiore a due anni in un progetto di integrazione sociale e civile gestito da un ente pubblico o privato che abbia rappresentanza nazionale e che comunque sia iscritto nel registro istituito presso la Presidenza del Consiglio dei ministri ai sensi dell’articolo 52 del decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto 1999, n. 394. 1-ter. L’ente gestore dei progetti deve garantire e provare con idonea documentazione, al momento del compimento della maggiore età del minore straniero di cui al comma 1-bis, che l’interessato si trova sul territorio nazionale da non meno di tre anni, che ha seguito il progetto per non meno di due anni, ha la disponibilità di un alloggio e frequenta corsi di studio ovvero svolge attività lavorativa retribuita nelle forme e con le modalità previste dalla legge italiana, ovvero è in possesso di contratto di lavoro anche se non ancora iniziato.1-quater. Il numero dei permessi di soggiorno rilasciati ai sensi del presente articolo è portato in detrazione dalle quote di ingresso definite annualmente nei decreti di cui all’articolo 3, comma 4». Dopo l’introduzione delle modifiche previste dalla L. 94/09, la giurisprudenza ha proposto più volte una lettura delle nuove norme conforme ai principi generali dell’ordinamento in materia di protezione del minore, come affermati anche dalla Corte Costituzionale nella fondamentale sentenza n. 198 del 2003, disponendo la conversione del permesso anche al di fuori delle ipotesi previste dalla nuova norma (es. TAR Lazio, sentenza del 18.11.2010 n. 33581 e del 7.10.2010 n. 32718 Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza del 21.10.2009 n. 6450). E’ stato inoltre individuato un regime transitorio per il quale la norma introdotta dalla L. 94/09 non può applicarsi ai minori entrati in Italia prima 8 agosto 2009, nè a quelli che pur entrati successivamente raggiungono la maggior età prima del decorrere dei termini (triennale e biennale) previsti dal comma 1 bis (Cons Stato Ordinanze 2919/2010 – 3749/2010 – 4232/2010) . In particolare, la normativa che ha introdotto il requisito di avere frequentato un percorso biennale di integrazione sociale è stata giudicata applicabile solo ai ragazzi che compiano la maggiore età almeno due anni dopo l’8 agosto 2009, data di entrata in vigore della modifica legislativa, in modo da consentire agli stessi di partecipare al progetto biennale (art. 32 del testo Unico sull’Immigrazione, commi 1bis e ter, come modficato dalla legge n. 94/2009). La disposizione non può comunque applicarsi ai minori comunque inseriti in un nucleo familiare perché affidati ai sensi dell’art. 4 L. 184/83 (quindi con un formale provvedimento di affidamento giudiziario o amministrativo) ad un parente e minori la cui tutela sia stata deferita a parenti entro il 4° grado ex art. 9 L. 184/2003: in quanto equiparati ai figli ex art. 29 D. Lgs. 286/98. A questi minori dovrà essere rilasciato un permesso per motivi familiari convertibile al compimento della maggiore età La Corte Costituzione è intervenuta con due ordinanze (n. 222/2011 e n. 326/2011) ritenendo nel primo caso la questione di costituzionalità inammissibile per non aver il giudice remittente adempiuto all’obbligo di ricercare un’interpretazione costituzionalmente orientata della norma e nel secondo caso disponendo la restituzione degli atti al Giudice in ragione del mutato quadro normativo CONSIGLIO DI STATO Ordinanze 2919/2010 – 3749/2010 – 4232/2010-1547/2011 Al ricorrente...entrato minorenne, sottoposto a tutela, e aspirante, divenuto maggiorenne, al permesso di soggiorno per lavoro subordinato o studio, deve essere applicato l'art. 32, co. 1, D.lgs. 286/98 nel testo anteriore alla L. 94/2009, che consente, in favore dei minori affidati, il rilascio del permesso di soggiorno per motivi di Studio o lavoro a prescindere dalla partecipazione ad un progetto almeno biennale; Invece, la nuova disciplina recata dalla L. 94/2009, che anche per i minori affidati consente il rilascio del permesso di soggiorno, dopo la maggiore età, a condizione della partecipazione ad un progetto almeno biennale, si applica ai minori affidati dopo la sua entrata in vigore, o anche affidati prima, ma che compiano la maggiore età almeno due anni dopo l'entrata in vigore della citata legge, in modo da consentire a tali soggetti di partecipare al progetto biennale. In senso sostanziale sulla convertibilità del permesso di soggiorno al compimento della maggiore età TAR Lazio, sentenza del 18 novembre 2010 n. 33581 “Deve essere riconosciuto il diritto alla conversione del permesso di soggiorno alla maggiore età per i minori comunque affidati ad altro soggetto, a un istituto o ente, o che siano stati sottoposti a tutela, se sussistano tutti i requisiti per il rinnovo ad altro titolo del permesso di soggiorno. Non trovano applicazione gli ulteriori requisiti relativi alla frequenza di un progetto di integrazione sociale e alla presenza in Italia da almeno tre anni: l’art. 32 del D. lgs. n. 286/98 va interpretato nel senso che i commi 1-bis e 1-ter integrano una fattispecie distinta da quella del primo comma, con la conseguenza che le condizioni richieste in tali commi non si cumulano con quelle del primo comma, idonee autonomamente a consentire la conversione del permesso. 2011 Con la L. 129/2011 il legislatore interviene nuovamente sul testo dell’art. 32 Art. 32 Testo Unico 286/98 come modificato dalla legge 94/09 (sottolineato) e dalla L. 129/2011 (grassetto) disposizioni concernenti minori affidati al compimento della maggiore età- 1. Al compimento della maggiore età, allo straniero nei cui confronti sono state applicate le disposizioni di cui all’articolo 31, commi 1 e 2, e, fermo restando quanto previsto dal comma 1-bis, ai minori che sono stati affidati ai sensi dell’articolo 2 della legge 4 maggio 1983, n. 184, può essere rilasciato un permesso di soggiorno per motivi di studio, di accesso al lavoro, di lavoro subordinato o autonomo, per esigenze sanitarie o di cura. Il permesso di soggiorno per accesso al lavoro prescinde dal possesso dei requisiti di cui all’articolo 23 1-bis. Il permesso di soggiorno di cui al comma 1 può essere rilasciato per motivi di studio, di accesso al lavoro ovvero di lavoro subordinato o autonomo, al compimento della maggiore età, (...) ai minori stranieri non accompagnati, affidati ai sensi dell'articolo 2 della legge 4 maggio 1983, n. 184, ovvero sottoposti a tutela, previo parere positivo del Comitato per i minori stranieri di cui all'articolo 33, ovvero ai minori stranieri non accompagnati che siano stati ammessi per un periodo non inferiore a due anni in un progetto di integrazione sociale e civile gestito da un ente pubblico o privato che abbia rappresentanza nazionale e che comunque sia iscritto nel registro istituito presso la Presidenza del Consiglio dei ministri ai sensi dell’articolo 52 del decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto 1999, n. 394. 1-ter. L’ente gestore dei progetti deve garantire e provare con idonea documentazione, al momento del compimento della maggiore età del minore straniero di cui al comma 1-bis, che l’interessato si trova sul territorio nazionale da non meno di tre anni, che ha seguito il progetto per non meno di due anni, ha la disponibilità di un alloggio e frequenta corsi di studio ovvero svolge attività lavorativa retribuita nelle forme e con le modalità previste dalla legge italiana, ovvero è in possesso di contratto di lavoro anche se non ancora iniziato.1-quater. Il numero dei permessi di soggiorno rilasciati ai sensi del presente articolo è portato in detrazione dalle quote di ingresso definite annualmente nei decreti di cui all’articolo 3, comma 4». In base alla nuova disposizione la conversione del permesso di soggiorno per i minori stranieri non accompagnati al compimento della maggiore età se risulta soddisfatta una delle seguenti circostanze: • • Siano stati affidati ai sensi dell’art. 2 L. 183/84 o sottoposti a tutela intervenuto un parere positivo del Comitato per i Minori Stranieri sulla prosecuzione del loro soggiorno in Italia (oggi Direzione Generale dell’Immigrazione e delle Politiche di Integrazione presso lo stesso Ministero del lavoro e delle Politiche Sociali ) Siano presenti in Italia da almeno tre anni, siano inseriti da almeno due anni in un progetto di integrazione sociale, dispongano di un alloggio, frequentino un corso di studio o svolgano attività lavorativa retribuita La disposizione non riguarda: i minori sottoposti a tutela di un cittadino straniero o italiano (parificati ai figli minori) i minori affidati di fatto a parenti entro il quarto grado La disposizione riguarda i minori sottoposti alla tutela di un ente i minori destinatari di un intervento ex art. 2 L 183/84 inserimento in comunità Il parere del Comitato dovrebbe essere acquisito al termine delle indagini familiari e quindi preventivamente (in alternativa decisione di rimpatrio assistito) e non in prossimità del compimento del 18mo anno di età Una volta acquisito il parere favorevole del Comitato per i Minori Stranieri al proseguimento del soggiorno in Italia dopo il conseguimento della maggiore età, il permesso di soggiorno per minore età deve essere convertito, anche se risulta che il cittadino straniero è in Italia da meno di tre anni Si vedaTribunale Amministrativo Regionale del Veneto, sentenza del 4 ottobre 2012 n. 1237 Se il Comitato non risponde alla richiesta del parere, il permesso di soggiorno può comunque essere rilasciato. In base ai principi generali sul procedimento amministrativo, è responsabilità della Questura promuovere l’emissione del parere del Comitato, riguardo all’opportunità che il richiedente prosegua o meno il soggiorno in Italia. Il ritardo della risposta del Comitato non può legittimamente fondare il rifiuto del rilascio del permesso di soggiorno Si veda tribunale amministrativo della regione Liguria con sentenza del 15 novembre 2012 n. 1441. In ogni caso anche per il nuovo requisito del parere favorevole del Comitato Minori Stranieri (oggi Direzione Generale dell’Immigrazione e delle Politiche di Integrazione presso lo stesso Ministero del lavoro e delle Politiche Sociali) in applicazione di quanto previsto dalla giurisprudenza per le diposizioni introdotte dalla L. 94/2009 si Si può ritenere che il requisito del parere sia applicabile solo per i ragazzi che, alla data di entrata in vigore della norma che lo ha previsto (6 agosto 2011) fossero in grado (ovvero ne avessero il tempo e il modo, anche attraverso l’affidatario) di chiedere e ottenere tale atto Minori permesso di soggiorno per motivi di protezione sociale e permesso di soggiorno per motivi umanitari in presenza di grave sfruttamento Le varie disposizioni applicabili Il permesso per protezione sociale può essere rilasciato dal Questore, su proposta dei servizi sociali del Comune, ai minori stranieri nei cui confronti siano state rilevate situazioni di violenza e di grave sfruttamento (prostituzione, sfruttamento lavorativo, ecc.), per le quali vi siano concreti pericoli di incolumità (art. 18 c. 1 D. Lgs.286/98) I minori che abbiano commesso un reato per il quale siano stati reclusi prima del compimento della maggiore età, se hanno partecipato a un programma di assistenza e integrazione sociale possono, al termine della espiazione della pena, ottenere un permesso di soggiorno per protezione sociale. (art. 18 c. 6 D. Lgs.286/98) Ai minori in età non lavorativa che risultino essere stati impiegati irregolarmente che presentano denuncia e cooperano alle indagini può essere rilasciato un permesso di soggiorno per motivi umanitari (art. 22 c. 12 quater D. Lgs 286/98) Presunzione legale relativa allo status di vittima del minore Protezione sociale ex art. 18 co. 1 Quando il minore è riconosciuto vittima di violenza o di grave sfruttamento Contestualmente alla richiesta di pds è necessario presentare il programma d’integrazione che può essere implementato solo da associazioni o enti iscritte ad uno specifico albo in collaborazione con i servizi sociali G I U D I Z I A R I O denuncia degli sfruttatori e rilascio con parere positivo del p.m. relazione della storia di vita e rilascio a discrezionalità del questore Il permesso di soggiorno dura un anno è rinnovabile e convertibile S O C I A L E Protezione sociale ex art. 18 co. 6 Art. 18, co. 6: rilasciato al maggiorenne che è stato condannato per un reato commesso durante la minore età ed ha dato prova concreta di partecipazione a un programma di assistenza ed integrazione sociale con il servizio sociale territorialmente competente o con un’associazione accreditata Destinatario è qualsiasi straniero che abbia espiato una pena per un reato commesso durante la minore età che trovi all’atto delle dimissioni dall’istituto di pena e ha dato prova concreta di partecipazione ad un programma di assistenza e integrazione sociale È pacifica l’applicabilità dell’istituto anche quando il Tribunale dei Minorenni abbia disposto l’applicazione di alternative o sostitutive, in particolare sospensione del processo e messa in prova Il permesso di soggiorno dura un anno è rinnovabile e convertibile Protezione umanitaria e sfruttamento lavorativo Art. 22 c. 12 TU Immigrazione: “Il datore di lavoro che occupa alle proprie dipendenze lavoratori stranieri privi del permesso di soggiorno previsto dal presente articolo, ovvero il cui permesso sia scaduto e del quale non sia stato chiesto, nei termini di legge, il rinnovo, revocato o annullato, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa di 5000 euro per ogni lavoratore impiegato Art. 22 c. 12bis Le pene per il fatto previsto dal comma 12 sono aumentate da un terzo alla metà: a) se i lavoratori occupati sono in numero superiore a tre (nella direttiva “numero significativo”) ; b) se i lavoratori occupati sono minori in eta' non lavorativa (nella direttiva “minori d’età”); c) se i lavoratori occupati sono sottoposti alle altre condizioni lavorative di particolare sfruttamento di cui al terzo comma dell'articolo 603-bis del codice penale (nella direttiva “vittime di tratta” o grave sfruttamento). Art. 22 c. 12 bis quater Art. 22 c. 12quater Nelle ipotesi di particolare sfruttamento lavorativo di cui al c. 12bis e' rilasciato dal questore, su proposta o con il parere favorevole del procuratore della Repubblica, allo straniero che abbia presentato denuncia e cooperi nel procedimento penale instaurato nei confronti del datore di lavoro, un permesso di soggiorno ai sensi dell'articolo 5, comma 6 (permesso previsto dal D. Lgs. 109/2012) Il permesso di soggiorno ha la durata di sei mesi e puo' essere rinnovato per un anno o per il maggior periodo occorrente alla definizione del procedimento penale. I minori non accompagnati richiedenti asilo Normativa di riferimento e problematiche Direttiva sui minori stranieri non accompagnati richiedenti asilo - Min. dell’Interno e Min. della Giustizia del 07.03.2007 Dipartimento per le Libertà Civili e l’Immigrazione Circ. 1157 dell’11.04.2007 art. 28 D.L.vo 251/2007 art. 19, art. 13, co 3, e art. 26, co. 5 e s, D. L.vo 25/2008 La normativa vigente prevede che minori, nel periodo intercorrente tra la manifestazione della volontà di chiedere asilo e la formale verbalizzazione (mod C3) presso la Questura competente, vengono assegnati ai servizi sociali del Comune dove si trovano. Questi li ospitano in strutture ove, nelle more della nomina del tutore e della conferma della domanda di asilo, sostano prima di poter essere indirizzati in uno dei centri destinati alla loro specifica accoglienza, La Direttiva 2005/85/CE all’art. 17, par. 1, lett. a), pone il legale rappresentante come figura centrale e necessaria nell’intera procedura di riconoscimento della protezione internazionale dei minori non accompagnati e che la stessa centralità viene ribadita dall’art. 19, co.1, del D.Lgs 25/2008 il quale prevede che al minore non accompagnato, che abbia espresso la volontà di chiedere la protezione internazionale, sia fornita la necessaria assistenza per la presentazione della domanda e che l’assistenza del tutore sia garantita in ogni fase della procedura per l’esame della domanda stessa Principali problematiche •individuazione dei minori non accompagnati richiedenti asilo, •riammissione verso Paesi terzi (in particolare la Grecia) •Tempistica nomina tutore •Divergenza tra luogo di prima e seconda accoglienza I minori che hanno presentato domanda di protezione internazionale sono stati 573 nel 2008, 409 nel 2009 e 306 nel 2010. Il maggior numero delle richieste arriva da minori di nazionalità afghana(414 nei tre anni considerati. L’età dei minori si colloca prevalentemente tra i 16 e i 17 anni. Il maggior numero di minori, ad eccezione di quelli afghani, arriva medianti “sbarchi”. I problemi di accesso alla procedura di asilo sono evidenti se si incrociano i dati relativi ai minori non accompagnati segnalati al Comitato minori stranieri con i dati dei minori richiedenti asilo. I minori non accompagnati che presentano domanda di asilo dovrebbero essere espunti dal numero dei minori non accompagnati (questo non sempre avviene). Il numero dei minori non accompagnati di nazionalità afghana risulta essere molto alto, così come alta risulta la percentuale degli irreperibili, in entrambi i casi si può trattare di potenziali richiedenti asilo (per approfondimenti si veda Il diritto alla protezione – Studio sullo stato del sistema di asilo in Italia e proposte per una sua evoluzione) Direttiva sui minori stranieri non accompagnati richiedenti asilo:ruoli e procedura Identificazione del minore non accompagnato: informazione della possibilità di chiedere protezione internazionale Espressione della volontà di chiedere asilo (Questura o in frontiera) Segnalazione al Giudice Tutelare, al tribunale dei minorenni e affido temporaneo ai servizi sociali territoriali. Rilascio documentazione attestante la qualifica di richiedente asilo (Questura) Segnalazione al Servizio Centrale del Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati e Assistenza nella presentazione della domanda di asilo e nella compilazione del Mod.C3 (Servizi sociali) Inserimento presso un progetto di accoglienza (Sprar) situato nel territorio dell’Ente locale che ha effettuato la segnalazione o in altro territorio Segnalazione al giudice tutelare Accesso alla procedura per la richiesta di protezione internazionale Se la domanda di protezione è presentata da un minore la procedura deve essere sospesa - nomina del tutore entro 48 ore dalla presentazione della domanda – immediato contatto del tutore per la conferma. Verifica identità, età, nazionalità Rilascio di attestato nominativo /permesso di soggiorno Verbalizzazione Mod. C3 convocazione commissione Audizione commissione Immediato inserimento nello SPRAR In nessun caso i minori richiedenti asilo possono essere trattenuti in CARA, CID o CIE Regolamento Dublino: competente lo Stato membro nel quale si trova legalmente un familiare solo se viene rispettato il superiore interesse del minore o in assenza lo Stato membro in cui è stata presentata la domanda di asilo. Le impronte vengono prese solo ai minori di età superiore ai 14 anni il colloquio deve avvenire alla presenza o del tutore I minori non accompagnati richiedenti la protezione internazionale arrivati durante l’Emergenza Nord Africa (provvedimento del 15.7.11) Il minore esprime subito la volontà di chiedere asilo Rilascio dell’attestato nominativo e segnalazione al Soggetto Attuatore e allo SPRAR (Questura) Individuazione di un posto in accoglienza e segnalazione a Trib Minori, Procura, Soggetto Attuatore (SPRAR) In caso di assenza di posti nello SPRAR è il soggetto attuatore a dover individuare una struttura di accoglienza alternativa informando il Comune interessato Il minore esprime la volontà di chiedere asilo in un momento successivo alla collocazione in SAT Formalizzazione della richiesta in Questura e sottoscrizione Mod. C3 Segnalazione del minore al Soggetto Attuatore e allo SPRAR Eventuale individuazione di altro posto in accoglienza (il minore può anche continuare ad essere ospitato presso la medesima struttura) Sono almeno 40 i minori che hanno manifestato a Lampedusa la volontà di chiedere asilo e che sono stati successivamente trasferiti in SAT. Non risulta tuttavia essere stata effettuata alcuna segnalazione alla rete SPRAR delle domande di protezione internazionale presentate. La protezione riconoscibile RIFUGIATO Colui che temendo a ragione di essere perseguitato nel suo Paese per motivi di razza, religione, nazionalità, appartenenza ad un determinato gruppo sociale o per le sue opinioni politiche, si trova fuori dal Paese cui è cittadino e non può o non vuole, a causa di questo timore, avvalersi della protezione di questo Paese;oppure che, non avendo una cittadinanza e trovandosi fuori dal Paese di cui aveva la residenza abituale, a seguito di siffatti avvenimenti, non può o non vuole tornarvi per i fatti di cui sopra. -art. 1 Convezione di Ginevra del 28 Luglio 1951-Art. 2, co. 1, lett. e), D.Lgs. 251/2007 - Persona ammissibile alla protezione sussidiaria Cittadino straniero che non possiede i requisiti per essere riconosciuto come rifugiato ma nei cui confronti sussistono fondati motivi di ritenere che, se ritornasse nel Paese d’origine, o, nel caso di un apolide, se ritornasse nel Paese nel quale aveva precedentemente la dimora abituale, correrebbe un rischio effettivo di subire un grave danno come definito dal presente decreto e per il quale non può o, a causa di tale rischio, non vuole avvalersi della protezione di detto Paese - art. 2, co. 1, lett. g), D.L.vo 251/2007 Cittadino straniero che non possiede i requisiti per essere riconosciuto rifugiato o titolare di protezione sussidiaria ma nei cui confronti non può essere disposto il respingimento o l’espulsione in quanto ricorrono seri motivi, in particolare di carattere umanitario o risultanti da obblighi costituzionali o internazionali dello Stato italiano - art. 5, co. 6 e art. 19, co. 1, D.L.vo 286/98 Persona ammissibile alla protezione umanitaria può presentare ricorso per ottenere lo status di rifugiato protezione sussidiaria status di rifugiato decisione commissione Permesso di soggiorno Per 3 anni Ricorso per ottenere lo status di rifugiato o la protezione sussidiaria Protezione umanitaria permesso di Soggiorno per 5 anni Diniego con possibilità di presentare ricorso ed ottenere un permesso di soggiorno per richiesta asilo (in attesa di sentenza) o per altri motivi permesso di soggiorno per 1 anno Per quanto riguarda l’accoglienza dei minori all’interno dello SPRAR, il rapporto annuale 2009-2010 mette in luce la forte crescita del numero dei minori stranieri accolti: nel 2006 il numero dei minori accolti era di appena 31, nel 2007 di 197, mentre il picco si è avuto nel 2008 con un numero di 409 minori, scesi a 320 per il 2009. Tuttavia, poco più della metà dei posti di accoglienza dei minori sono reperiti nello SPRAR a causa del limitato numero di posti disponibili. Nel caso in cui il minore, per quanto richiedente asilo, non riesca ad entrare in un progetto SPRAR e quindi rimanga nell’accoglienza sul territorio, il quadro degli interventi diviene ancora più frastagliato. Non si prevede una separazione tra i minori stranieri richiedenti asilo e gli altri minori stranieri non accompagnati che vengono, pertanto, accolti nelle medesime strutture e ai quali vengono, quasi sempre, offerti i medesimi servizi. Attualmente, inoltre, la normativa italiana non distingue compiutamente tra comunità di prima o di seconda accoglienza; tuttavia questa distinzione è molto frequente nella prassi: in particolare la comunità educativa di prima accoglienza (detta anche pronta accoglienza) è caratterizzata dalla continua disponibilità e temporaneità dell’accoglienza che in genere è rivolta ad un gruppo ristretto di minori, massimo 10, che hanno a disposizione un gruppo di educatori che a turno assumono la funzione di adulto di riferimento. Il minore dovrebbe risiedere all’interno della comunità per un lasso di tempo molto ridotto, e, entro un mese, dovrebbe essere elaborato un progetto educativo a medio/lungo termine presso una comunità di seconda accoglienza. Minori stranieri non accompagnati: casi studio e approfondimenti Ajub, Marocco 17 anni Sono arrivato a Milano qualche mese fa. Ho detto di essere nato il 4/12/1993. La Polizia però ha scritto 1/1/1993. Allora mi hanno portato in un centro per stranieri e, dopo 2 mesi, mi hanno fatto uscire con un foglio che dice che devo andarmene. Perché mi hanno messo in prigione se sono minore? Un mio amico mi ha detto che i minori non possono essere mandati via. Allora sono venuto in questa comunità. Mi potete aiutare? Come faccio a dimostrare che ho 17 anni? Assistenza mediatore culturale nell’immediato; contatto con struttura pubblica “di fiducia” per accertamento età; Acquisire informazioni rilevanti subito; Richiesta invio documento di identità; esclusione condizione richiedente asilo; Presentare istanza di accesso agli atti per copia certificato medico e decreto di espulsione; Assistenza per richiesta di passaporto; deposito istanza revoca espulsione; Contatto avvocati rete per predisposizione ricorso sulla base di perizia di parte Segnalazione a Autorità Giudiziaria per riconoscimento minore età ed a servizi sociali supportata da elementi di dubbio e richiesta di collocamento Moussà, 15 anni, Togo Da quando sono arrivato in Italia ho sempre male alla pancia. I dottori mi hanno detto che mi devo operare tra due settimane. Mi hanno anche detto che i miei genitori devono firmare per l’operazione. Però mia mamma è morta e mio padre è in Togo. Ora che succede, non posso fare l’operazione? Anche dopo l’operazione posso farmi curare dal medico anche se non sono italiano? Da chi devo andare? Se problemi di salute sono tali da mettere a rischio la vita del minore, informativa su condizioni di accesso alle cure e chiamata a ambulanza o accompagnamento a PS o ambulatorio STP informando tempestivamente GT e tutore; Quando non sussista il rischio menzionato, va tempestivamente informato il GT per la nomina di un tutore provvisorio (se il tutore è già nominato provvede a dare il consenso) che sarà responsabile sulle scelte riguardo a terapie mediche e interventi necessari; Cura: quando un minore è sottoposto a tutela, le funzioni genitoriali sono suddivise tra i vari soggetti istituzionalmente preposti, che devono agire in rete, nel rispetto delle loro precise responsabilità. Questi soggetti sono: il Comune, che ha la titolarità della tutela dei minori e al quale compete il sostegno economico; il servizio sociale che ha in carico il minore e che è responsabile del progetto di tutela per lui predisposto; il Giudice che sovraintende alla tutela; la famiglia affidataria o la comunità di accoglienza che si occupa della cura quotidiana del bambino e della sua educazione. Rappresentanza: poiché il minore non ha la capacità di agire, il tutore lo sostituisce negli atti formali, consentendogli di esercitare i diritti che le convenzioni internazionali e la nortmativa nazionale gli riconoscono. Perciò, tiene i rapporti con i servizi e le istituzioni (lo iscrive a scuola, autorizza un intervento chirurgico, può costitursi parte civile in un processo, può presentare querela,…) I minori stranieri titolari di un permesso di soggiorno (per minore età, per affidamento, per motivi familiari, per protezione sociale, per richiesta di asilo o per asilo) sono iscritti obbligatoriamente al Servizio Sanitario Nazionale e quindi hanno pienamente diritto di accedere a tutte le prestazioni fornite. I minori stranieri privi di permesso di soggiorno non possono iscriversi al Servizio Sanitario Nazionale, ma hanno comunque diritto alle cure ambulatoriali ed ospedaliere urgenti o comunque essenziali, ancorché continuative, per malattia ed infortunio e ai programmi di medicina preventiva e ad un pediatra di base Frank, Ghana, 17 anni e 6 mesi Sono arrivato in Italia a agosto del quando avevo 16 anni. Ho il permesso di soggiorno per minore età. Ho frequentato la scuola ed ho finito la scuola dell’obbligo. Ho trovato lavoro in una bottega e mi vogliono mettere in regola. Possono? Che contratto posso avere? I minori stranieri si applicano le stesse norme in materia di lavoro che si applicano ai minori italiani (salvo la discriminazione vista al punto 1), in base a cui i minorenni possono essere ammessi al lavoro solo dopo il compimento dei 15 anni e l’assolvimento dell’obbligo scolastico, e con modalità tali da non violare l’obbligo formativo: in generale l’età minima per l’ammissione al lavoro è fissata a 15 anni; per stipulare un contratto di apprendistato o un contratto di formazione e lavoro, l’età minima è fissata a 16 anni; l’obbligo scolastico è assolto se il minore ha frequentato il primo anno di scuola superiore ed è stato promosso, ovvero se ha compiuto 15 anni e dimostra di aver frequentato la scuola per 9 anni; i minori sono soggetti all'obbligo formativo fino ai 18 anni; l’obbligo formativo può essere assolto nel sistema scolastico, nel sistema della formazione professionale o nell’apprendistato; un minore può stipulare un contratto diverso dall’apprendistato solo se tale contratto non gli impedisce di frequentare la scuola o la formazione professionale. Maltrattamento e abuso di minori tutela ed interventi Abuso e maltrattamenti: definizioni Per abuso all’infanzia e maltrattamento devono intendersi “tutte le forme di cattiva salute fisica ed emozionale, abuso sessuale, trascuratezza o negligenza o sfruttamento commerciale o altro che comportano un pregiudizio reale o potenziale per la salute del bambino, per la sua sopravvivenza, per il suo sviluppo o per la sua dignità, nell’ambito di una relazione caratterizzata da responsabilità, fiducia e potere” (WHO, World Report on Violence and Health, 2002). Il maltrattamento può concretizzarsi in una condotta attiva (percosse, lesioni, atti sessuali, ipercura) o in una condotta omissiva (incuria, trascuratezza, abbandono). Tipologia e caratteristiche del maltrattamento Patologia delle cure Per patologia delle cure si intendono quelle condizioni in cui i genitori o le persone legalmente responsabili del bambino, non provvedono adeguatamente ai suoi bisogni, fisici e psichici, in rapporto al momento evolutivo ed all'età. La patologia della somministrazione delle cure comprende pertanto tre categorie cliniche: - l'incuria vera e propria (i bambini trascurati) si realizza quando le cure sono insufficienti (cibo, igiene, cure mediche) e si manifesta con ripercussioni sullo stato di salute, con segni fisici e comportamentali; - la discuria si realizza quando le cure vengono fornite ma in modo distorto, non appropriato al momento evolutivo e ciò può condurre ad anacronismo delle cure, imposizione di ritmi di acquisizione precoci, aspettative irrazionali, iperprotettività; - l'ipercura si realizza quando le cure dello stato fisico sono caratterizzate da una persistente e eccessiva medicalizzazione. Maltrattamento fisico Per maltrattamento fisico, si intende la presenza di un danno fisico dovuto ad aggressioni, maltrattamenti, punizioni corporali o gravi attentati all’integrità fisica e alla vita. I principali segni fisici del maltrattamento sono contusioni, ecchimosi, cicatrici, morsi, lesioni scheletriche o addominali. Maltrattamento psicologico Per maltrattamento psicologico o abuso emozionale, si intendono verbalizzazioni o comportamenti che si configurano come pressioni psicologiche, ricatti affettivi, indifferenza, rifiuto, denigrazione e svalutazioni che danneggiano o inibiscono nel bambino lo sviluppo di competenze cognitivo-emotive fondamentali quali l'intelligenza, l'attenzione, la percezione, la memoria. Violenza assistita Per violenza assistita intrafamiliare si intende l’esperire da parte del bambino qualsiasi forma di maltrattamento compiuto attraverso atti di violenza fisica, verbale, psicologica, sessuale ed economica su figure di riferimento o affettivamente significative. Si include l’assistere a violenze di minori su altri minori e/o su altri membri della famiglia e maltrattamenti a danni di animali domestici. Abuso sessuale Per abuso sessuale si intende il coinvolgimento di un minore in atti sessuali – con o senza contatto fisico – a cui non può liberamente consentire in ragione dell’età o della preminenza dell’abusante, lo sfruttamento sessuale di un bambino o adolescente dipendente e/o immaturo sul piano dello sviluppo, prostituzione infantile e pornografia. Fasi dell’intervento Prevenzione: promozione di interventi di natura sociale e sanitaria che vadano ad agire sulle condizioni di rischio Rilevazione: maltrattamento e abusi non sono normalmente affrontabili tramite un’esplicita richiesta di aiuto. Per rilevazione si intende il percorso di approfondimento che trae spunto da osservazioni compiute nell’ambito della loro funzione istituzionale da insegnanti, medici, educatori nonché da familiari o cittadini preoccupati dall’emergere di comportamenti di disagio e sofferenza vissuti da un minore. Fondamentale inoltre in questa fase è la possibilità di osservare e promuovere le capacità protettive immediatamente disponibili nell’ ambito familiare e comunitario in cui il minore vive. I punti della rete sensibili rispetto al mondo dell’infanzia operanti sul territorio sono individuati a due livelli: 1. un livello primario in cui i minori vengono incontrati nella “normalità” per bisogni generali legati alla loro crescita: scuola; servizi sanitari di base; pronto soccorso, pediatria, ginecologia. 2. un livello secondario di soggetti istituzionali che incontrano bambini o famiglie già portatori di una richiesta di aiuto a carattere socio-assistenziale o educativo: servizi sociali, forze dell’ordine, neuropsichiatria infantile, consultori etc Segnalazione all’Autorità giudiziaria minorile: quando i segnali osservati nella fase di rilevazione concorrono a far emergere una situazione di pregiudizio per il bambino, connesso alle condotte genitoriali, e non è stato possibile o non ha dato esito l’intervento dei servizi in contesto di “consensualità”, è necessario coinvolgere la Magistratura minorile tramite la “segnalazione” della situazione. La segnalazione è l’atto attraverso il quale si rende pubblica la preoccupazione per le condizioni di un bambino connessa alle relazioni familiari e si chiede all’organo giudiziario (Procura/Tribunale per i minorenni) di attivare idonee misure di protezione e di predisporre una valutazione approfondita della situazione. La segnalazione non presuppone necessariamente una conoscenza esaustiva della situazione, ma deve riferire gli elementi che sono stati individuati e che fanno fondatamente ritenere che sussistano le condizioni di pregiudizio per il minore. La denuncia è l’atto attraverso il quale si informa l’Autorità Giudiziaria penale di fatti che, se veri, costituiscono reato. La denuncia può anche essere inoltrata quando le notizie che pervengono all’incaricato di pubblico servizio non sono dirette ma “de relato” cioè apprese da altra persona. La denuncia ha la funzione di attivare un procedimento giudiziario finalizzato a stabilire la sussistenza di un reato accertandone le responsabilità individuali I Servizi sociali hanno il dovere di segnalare alla Procura presso il Tribunale per i minorenni ogni situazione di pregiudizio del minore (non affrontabile attraverso liberi e accettati interventi da parte della famiglia) art. 13 del R.D. 2316/1934 (T.U. delle leggi protezione maternità e infanzia art. 23, lett. c. del D.P.R. 616/1977, che disciplina la collaborazione tra Servizi e Giustizia minorile a tutela del minore, art. 19 della L. 176/1991 (Convenzione ONU) art.1, comma 2 della L. 216/1991 "Primi interventi in favore dei minori soggetti a rischio di coinvolgimento in attività criminose", Per i pubblici ufficiali e incaricati di pubblico Servizio esiste uno specifico obbligo di segnalare alla Procura per i minorenni le situazioni di abbandono (mancanza di assistenza morale e materiale da parte dei genitori o dei parenti), ai sensi dell’ art. 9 della L.149/2001 (modifiche alla legge in materia di adozione e affidamento). Quando nelle condotte degli adulti si rilevano fatti potenzialmente costituenti reatovi è un obbligo di segnalare alla Procura della Repubblica presso il Tribunale Ordinario i fatti di cui si è avuta notizia nell’esercizio delle proprie funzioni. Quando nelle condotte degli adulti si configura un’ipotesi di reato procedibile d’ufficio, oltre alla segnalazione alla Procura presso il Tribunale per i minorenni vi è un obbligo di “denuncia” alla Procura della Repubblica presso il Tribunale Ordinario dei fatti di cui si è avuta notizia nell’esercizio delle proprie funzioni ( art. 331 c.p.p.). Protezione La presa in carico del minore vittima di violenza o abuso presuppone in primo luogo la garanzia di un contesto di protezione all’interno del quale si possano attivare i necessari interventi di sostegno e cura sia fisica che psicologica. Gli interventi di protezione devono essere modulati in relazione alla gravità del pregiudizio ed alla presenza o meno di risorse protettive nel contesto familiare anche allargato. Nelle situazioni più gravi è invece necessario collocare il bambino in un contesto diverso da quello familiare. In tal senso particolare cura deve essere data alla: - scelta della risorsa più idonea in cui collocare il bambino allontanato (famiglia affidataria, strutture di accoglienza, ecc) in relazione all’età, alla tipologia del trauma subito, ai bisogni di approfondimento diagnostico sul minore e sulla famiglia; - modalità con cui gestire gli incontri tra minore e familiare eventualmente concessi dall’Autorità giudiziaria con mandato di vigilanza e osservazione; - definizione immediata delle modalità di funzionamento e coordinamento della rete interprofessionale degli operatori che seguirà la situazione. Strumenti a protezione del minore: art. 330 cc Decadenza dalla potestà genitoriale quando il genitore viola o trascura i doveri ad essa inerenti o abusa dei relativi poteri con grave pregiudizio del figlio. È pronunziata dal Tribunale per i Minorenni su ricorso del pubblico ministero, dell’altro genitore o di un parente. La decisione è presa in camera di consiglio dopo aver sentito il p.m.m. ed è reclamabile dinanzi alla sezione minorile della Corte di Appello. La legge prevede anche che sia sentito il genitore contro il quale è richiesto il provvedimento, nonché il minore stesso quando abbia capacità di discernimento, quale parte del giudizio. (art. 12 della Convenzione sui diritti del fanciullo). Art. 333 cc condotta pregiudizievole dei genitori a danno dei figli: Il giudice del Tribunale dei Minorenni che non riscontra gli estremi per la decadenza dalla potestà del genitore può adottare i provvedimenti opportuni secondo le circostanze per la tutela del minore in particolare affidamento familiare o allontanamento del figlio dalla residenza familiare. Sono revocabili e modificabili. Art. 342-bis.Ordini di protezione contro gli abusi familiari (introdotto dalla L. 154/2001) “Quando la condotta del coniuge o di altro convivente è causa di grave pregiudizio all’integrità fisica o morale ovvero alla libertà dell’altro coniuge o convivente, il giudice, qualora il fatto non costituisca reato perseguibile d’ufficio, su istanza di parte, può adottare con decreto uno o più dei provvedimenti di cui all’articolo 342ter”. Art. 342-ter.Contenuto degli ordini di protezione “Con il decreto di cui all’articolo 342-bis il giudice ordina al coniuge o convivente, che ha tenuto la condotta pregiudizievole, la cessazione della stessa condotta e dispone l’allontanamento dalla casa familiare del coniuge o del convivente che ha tenuto la condotta pregiudizievole prescrivendogli altresì, ove occorra, di non avvicinarsi ai luoghi abitualmente frequentati dall’istante. Con il medesimo provvedimento il giudice può altresì disporre altri interventi es. quello dei servizi sociali e dispone la durata dell’ordine di protezione, che decorre dal giorno dell’avvenuta esecuzione dello stesso. Questa non può essere superiore a sei mesi e può essere prorogata, su istanza di parte, soltanto se ricorrano gravi motivi per il tempo strettamente necessario. Art. 736 bis cpc Provvedimenti di adozione degli ordini di protezione contro gli abusi familiari Nei casi di cui all’articolo 342-bis del codice civile, l’istanza si propone, anche dalla parte personalmente, con ricorso al tribunale del luogo di residenza o di domicilio dell’istante, che provvede in camera di consiglio in composizione monocratica. Il provvedimento viene assunto sentite le parti o, in caso di urgenza, anche immediatamente l’ordine di protezione fissando l’udienza di comparizione delle parti davanti a sé entro un termine non superiore a quindici giorni ed assegnando all’istante un termine non superiore a otto giorni per la notificazione del ricorso e del decreto. All’udienza il giudice conferma, modifica o revoca l’ordine di protezione. Questi ordini di protezione “civili” trovano dei corrispondenti anche in ambito penale: misura coercitiva dell’allontanamento dalla casa familiare ex art. 282 bis c.p.p. decadenza dalla potestà genitoriale come pena accessoria in seguito a condanna ex art.34 c.p. con durata pari alla pena Art. 403.Intervento della pubblica autorità a favore dei minori. Quando il minore è moralmente o materialmente abbandonato o è allevato in locali insalubri o pericolosi, oppure da persone per negligenza, immoralità, ignoranza o per altri motivi incapaci di provvedere, all'educazione di lui, la pubblica autorità, a mezzo degli organi di protezione dell'infanzia, lo colloca in luogo sicuro, sino a quando si possa provvedere in modo definitivo alla sua protezione. È un atto di amministrazione e ha una natura essenzialmente operativa e di protezione, non richiede l’esplicitazione dettagliata dei motivi; deve tuttavia essere indicata la presenza di una situazione attuale di sofferenza e pregiudizio del minore. Non è necessario che venga indicato il luogo in cui il minore si trova se ciò serve a proteggerlo. L’iniziativa di protezione proviene normalmente dai servizi sociali, che dovranno farsi carico della collocazione in luogo sicuro e potranno richiedere l’intervento della forza pubblica soltanto se ciò è strettamente necessario per vincere la resistenza dei genitori. Se l’iniziativa proviene dalle forze di polizia, i servizi sociali dovranno comunque essere necessariamente coinvolti. I servizi sociali devono in primo luogo effettuare l’intervento di collocazione del minore in ambiente protetto, ex art.403 c.c., e segnalarlo con urgenza al Pubblico Ministero per i minorenni per la decisione da parte del Tribunale per i Minorenni. Il presupposto è il grave pericolo per l’integrità fisica e psichica del minore.