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Documento - Diritto penale contemporaneo
LE QUALIFICHE SOGGETTIVE DEGLI AMMINISTRATORI DI SOCIETA’ MISTE TRA PRINCIPIO DI TASSATIVITA’ ED ESIGENZE DI TUTELA DELLA CORRETTA GESTIONE DELLE IMPRESE CON FINALITA’ PUBBLICHE. di Irene Scordamaglia SOMMARIO: 1. Introduzione : le ragioni della risposta formalistica. – 2. Il meccanismo di “esternalizzazione’ di servizi pubblici. – 3. Il criterio dell’attività in concreto esercitata dalla società mista e della sottoposizione ad una disciplina di stampo pubblicistico. - 4. La nozione di pubblica amministrazione in senso sostanziale : i limiti di compatibilità comunitaria della cd. ‘golden share’. - 5. Spunti di riflessione dal regime di responsabilità da reato degli enti : il criterio della collocazione dell’impresa a capitale misto in un’area sottoposta alle leggi di mercato. – 6. Conclusioni 1. Introduzione : le ragioni della risposta formalistica. Quello delle qualifiche soggettive pubblicistiche degli amministratori e funzionari di società miste è problema che il penalista è, spesso, chiamato ad affrontare. Ed è consolidato l’orientamento volto a ricondurre, in ogni caso, le condotte inosservanti dei doveri di correttezza e trasparenza, poste in essere dalle figure dotate di potere ‘d’imperio’ nella gestione di questo tipo d’imprese, nel cono d’ombra precettivo delle norme penali dettate a presidio della pubblica amministrazione. Ciò, con il riconoscere, sempre, alle società miste i connotati peculiari degli organismi di diritto pubblico o, altrimenti, con l’identificare, tout – court, l’operato delle predette figure apicali in quello, quantomeno, dell’incaricato di pubblico servizio, in ragione della sola considerazione della finalità di rilievo pubblicistico complessivamente perseguita dall’ente. Questo percorso ermeneutico è sintomatico, tuttavia, della constatazione, da parte dell’interprete, delle falle apertesi nell’ordito della tutela penale dello Stato Amministrazione a seguito della privatizzazione di settori cruciali dello stesso, ed, al contempo, dell’insidiosa tendenza a voler ricucire tali smagliature attraverso arbitrarie estensioni delle norme penali, agganciando, surrettiziamente, la qualificazione dell' attività concretamente esercitata dal soggetto al contesto della sua sottostante relazione con la pubblica amministrazione1. C. MANDUCHI, La sentenza Eni - Sai: la Cassazione ritorna ad una concezione soggettiva della qualifica pubblicistica? Nota a Cassazione penale, 12/11/1996, n. 2827, sez. VI, in Riv. it. dir. e proc. pen., 2000, 1, 349. 1 Via Serbelloni, 1 | 20122 MILANO (MI) | Telefono: 0289283000 | Fax: 0289283026 | [email protected] | Direttore Responsabile Francesco Viganò | P.IVA 07362900966 Copyright © 2010 Diritto Penale Contemporaneo 2. Il meccanismo di ‘esternalizzazione’ di servizi pubblici. In proposito va, allora, rammentato che la possibilità di affidare la gestione dei servizi pubblici alla collaborazione pubblico - privata è stata regolamentata con interventi normativi che si sono succeduti nel tempo. La disposizione di cui all’art. 22 L. 142/1990, sull' Ordinamento delle Autonomie Locali, prevedeva, infatti, che i Comuni potessero provvedere alla gestione dei servizi pubblici anche attraverso società per azioni, purché a prevalente capitale pubblico, qualora fosse stata reputata opportuna la partecipazione di soggetti privati, in relazione alla natura del servizio, agli obiettivi programmati ed al modo migliore di realizzare l'interesse pubblico ad essi sotteso, attraverso l’apporto di capitali, di tecnologie, di organizzazione e di competenze imprenditoriali specifiche, nella prospettiva di una più efficiente prestazione del servizio mediante una più agile struttura di tipo privatistico. Pur venuto meno il vincolo della proprietà maggioritaria pubblica, con la disposizione di cui all’art. 12 L. 498/1992 veniva stabilito a carico dell’ente pubblico partecipante alla s.p.a. l’obbligo del ricorso alla procedura di evidenza pubblica per la scelta del socio privato e per la collocazione sul mercato dei titoli azionali e quello di nominare uno o più amministratori e sindaci. Attualmente la materia è regolata dall’art. 1132 D.Lgs. n. 267/2000 (Testo Unico delle leggi sull'Ordinamento degli Enti Locali) che ha dettato una nuova disciplina dell'intero settore, ribadendo la possibilità di costituire società per azioni miste, destinate sia alla gestione delle reti, degli impianti e delle altre dotazioni patrimoniali gli enti locali, che all’erogazione dei servizi, nelle quali il socio privato venga scelto dalla parte pubblica attraverso l’espletamento di gare con procedure ad evidenza pubblica e nel rispetto delle garanzie della concorrenza. Secondo il meccanismo delineato, dunque, la partecipazione dell'ente pubblico all'attività di gestione del servizio avviene sia per effetto del conferimento del capitale (in misura maggioritaria), sia attraverso la nomina di amministratori e sindaci, in modo tale da indirizzare dall'interno l'attività sociale, nelle forme previste dalla disciplina civilistica delle società, verso gli obiettivi di interesse pubblico che l'Amministrazione intende realizzare, senza pregiudizio, tuttavia, per l'economicità della gestione3. 3. Il criterio dell’attività in concreto esercitata dalla società mista e della sottoposizione ad una disciplina di stampo pubblicistico. Ciò che qui interessa, allora, è comprendere quali siano stati i riflessi di questa trasformazione sull’applicazione delle qualifiche soggettive di cui agli artt. 357 e 358 c.p., poiché la diffusione operativa di questi modelli organizzativi, sottoposti ad una Come modificato per effetto della Sent. Corte Cost. n. 272 / 2004. Per una doviziosa ricostruzione degli interventi legislativi che hanno privatizzato il settore dei servizi resi dagli enti pubblici ai cittadini cfr. S. MASSI, Le qualifiche pubblicistiche nel diritto penale dell’impresa, cap. III, pag. 77 segg. Aracne Editrice, Roma, maggio 2008. 2 3 2 disciplina tipicamente privatistica, ha mostrato più elementi di frizione con lo stesso tenore letterale delle norme richiamate. Le disposizioni introdotte con la L. n. 86/1990, infatti, in ossequio alla ratio ispiratrice degli artt. 97 e 98 della Costituzione, intendendo valorizzare la pubblica amministrazione come attività che deve essere svolta secondo i parametri dell’imparzialità e del buon andamento, hanno delineato la figura del pubblico agente con il riferimento specifico non a quel che è (vale a dire richiamando il rapporto di dipendenza da un organismo pubblico o di appartenenza ad esso), ma, piuttosto, a quel che fa (concezione oggettivo - funzionale)4, ed hanno individuato il discrimen tra l’attività oggettivamente pubblicistica e quella privatistica nell’essere la prima regolata da una “disciplina di diritto pubblico” e/o sottoposta ad “atti autoritativi”. La giurisprudenza di legittimità e di merito ha pertanto selezionato alcuni criteri cui ancorare la valutazione circa la sussistenza in capo agli amministratori ed ai funzionari delle società in mano pubblica5 delle qualifiche soggettive rilevanti per l’applicazione delle fattispecie a tutela della pubblica amministrazione. In particolare, la Cassazione Penale a Sezioni Unite, nella Sentenza n. 10086/1998 Citaristi - Fondo Pensioni Banca Cariplo -, dopo aver precisato che la norma di cui all’art. 357 2°comma c.p. fornisce “un' analitica definizione della "pubblica funzione", non esposta al rischio di discrezionali scelte interpretative, ma destinata a riflettersi, attraverso una comparazione negativa, sulla nozione residuale del "pubblico servizio", ha posto il principio di diritto secondo il quale la connotazione pubblica dell’attività riferibile ad un funzionario di un ente, cui sia assegnato l’espletamento di un servizio di rilevanza collettiva, esige che la stessa sia disciplinata da norme di diritto pubblico, quale che sia la relazione soggettiva del suo autore con l’ente medesimo; distinguendosi, poi, nell'ambito dell'attività definita pubblica sulla base di detto parametro oggettivo - la pubblica funzione dal pubblico servizio per la presenza (nell'una) o la mancanza (nell'altro) dei poteri tipici della potestà amministrativa, vale a dire la formazione o la manifestazione della volontà della pubblica amministrazione e l'esercizio di poteri autoritativi o certificativi. Le Sezioni Semplici della stessa Corte hanno conformemente stabilito che la trasformazione degli enti pubblici in società per azioni e la successiva alienazione a privati dei corrispondenti titoli azionari non comportano, in sé, il venir meno della qualifica di pubblici ufficiali o incaricati di pubblico servizio dei suoi dipendenti, ove l’ente rimanga comunque disciplinato da una normativa pubblicistica e persegua finalità pubbliche, anche se con strumenti privatistici6; cosicchè per individuare lo statuto della responsabilità degli amministratori delle c.d. imprese pubbliche, occorre accertare, di volta in volta, se gli atti loro riferibili siano stati posti in essere nell'ambito della gestione privatistica L’espressione è mutuata da A.VALLINI, La nozione di incaricato di pubblico servizio e l’odierna realtà dei servizi d’interesse generale. Leggendo Vittorio Manes, Servizi pubblici e diritto penale. L’impatto delle liberalizzazioni sullo statuto penale della pubblica amministrazione (Giappichelli, Torino, 2010), in www.penalecontemporaneo.it. 5 L’espressione è mutuata da F.GOISIS, Gli amministratori e funzionari di società in mano pubblica come pubblici ufficiali ed incaricati di pubblico servizio, in Dir. proc. amm. 2002, 03, 774. 6 Cfr. Cass. Pen., VI, 12.11.1996, Cass. Pen., 23.09.1993, in Cass. pen., 1995, p. 1125. 201 Cass. Pen., VI, 30.09.1994, in Cass. pen., 1996, p. 820. 4 3 dell'attività imprenditoriale, ovvero costituiscano espressione dell’esercizio di poteri autoritativi di autorganizzazione ovvero di funzioni pubbliche svolte in sostituzione dell'amministrazione dello Stato o di pubblici poteri7. La giurisprudenza di merito, recentemente, ha mostrato di volere affrontare la questione classificatoria delle nuove figure giuridiche derivanti dal processo di esternalizzazione dei servizi pubblici essenziali, investite della titolarità di poteri e funzioni pubbliche pur se operanti iure privatorum, avendo riguardo alle modalità con le quali è realizzata la finalità pubblicistica, al cui conseguimento l’ente imprenditoriale misto è strumentale. In particolare il Tribunale di Palermo8, nel qualificare l’attività svolta da una società mista, non si è avvalso di criteri definitori meramente formali, ma ha piuttosto optato per la scelta di verificare in concreto quando ed in quali termini sia possibile ricondurre l’operato di un siffatto organismo, e per esso dei suoi rappresentanti, nella sfera del diritto pubblico piuttosto che in quella del diritto privato. Si è pertanto affermato che è possibile riconoscere la connotazione pubblica dell’agire di una società per azioni, qualora il predetto ente sia sottoposto ad "un'influenza pubblica" - ossia quando l'attività dell'organismo sia finanziata dallo Stato o dagli enti locali, ovvero quando la sua gestione sia soggetta al controllo di quest'ultimi, oppure, ancora, quando gli organi di amministrazione, direzione o vigilanza siano in maggioranza designati dalla Pubblica Amministrazione – e sia stato costituito proprio in vista del soddisfacimento di bisogni d'interesse generale, non aventi carattere industriale o commerciale.9 Si è richiamato sul punto il decisum della Cassazione Civile a Sezioni Unite, Sentenza n. 9096/2005, che ha affermato che: "La qualificazione di un ente come società di capitali non è di per sé sufficiente ad escludere la natura di istituzione pubblica, dovendo procedersi ad una valutazione in concreto, caso per caso, sicché la natura d'istituzione pubblica è configurabile allorché la detta società, le cui azioni siano possedute prevalentemente, se non esclusivamente, da un ente pubblico, costituisca lo Cass. Pen, Sez. V, Sent. n. 7295 del 25 luglio 1997, in C.E.D., Cass. n. 205899. Tribunale Palermo, sez. riesame, 16 marzo 2009, Belice Ambiente S.p.a. 9 art. 3 comma 26 D.L.vo n.163/2006 c.d. Codice degli Appalti, recettivo della normativa comunitaria, che definisce quale organismo di diritto pubblico qualsiasi organismo anche in forma societaria, istituito per specifiche esigenze di interesse generale, aventi carattere non industriale o commerciale, dotato di personalità giuridica e la cui attività sia finanziata in modo maggioritario dallo Stato, dagli enti pubblici territoriali o da altri organismi di diritto pubblico oppure la cui gestione sia soggetta al controllo di questi ultimi oppure il cui organo di amministrazione, di direzione o di vigilanza sia costituito da membri dei quali più della metà è designata dallo Stato, dagli enti pubblici territoriali o da altri organismi di diritto pubblico. e Consiglio di Stato, sez. V, 23/8/2006 n. 4959, che ha stabilito che "Una società può essere qualificata quale organismo di diritto pubblico quando, per le finalità specifiche dei compiti assegnatile, per la mancanza, nella sua attività, di scopo di lucro, per l'inibizione a svolgere attività di commercializzazione di quanto ottenuto mediante l'utilizzazione di impianti tecnologici, per la pregnante presenza pubblica nel Consiglio d'Amministrazione e nel Collegio sindacale, appare manifesto che non si tratta di un soggetto chiamato a svolgere normale attività industriale o commerciale e che il controllo dello stesso è riservato alla mano pubblica che, del resto, è determinante anche nell'assicurare la copertura finanziaria della società in questione” (fattispecie relativa al Centro italiano di ricerche aerospaziali C.I.R.A. - s.p.a.). 7 8 4 strumento per la gestione di un servizio pubblico e quindi faccia parte di una nozione allargata di pubblica amministrazione”.10 Ne viene che, se può escludersi la natura pubblica della società per azioni quando questa, pur gestita da pubblici poteri titolari in misura maggioritaria del capitale azionario, sia sottoposta alla disciplina ordinaria del diritto privato, senza alcuna speciale caratterizzazione in senso pubblicistico, viceversa si deve riconoscere connotazione pubblica all’attività della società che presenta un regime fortemente derogatorio di stampo pubblicistico rispetto a quello tipico delle società per azioni, poiché, in tal caso, la pubblica amministrazione ha ritenuto di gestire il servizio pubblico attraverso un organismo che, pur se formalmente autonomo, conserva sostanzialmente la natura di organo dello Stato-Amministrazione o dell’ente pubblico territoriale, operando sulla base delle direttive impartitegli dalla parte pubblica. 4. La nozione di pubblica amministrazione in senso sostanziale : i limiti di compatibilità comunitaria della cd.’ golden share’. I criteri indicati paiono allinearsi alla nozione comunitaria di pubblica amministrazione in senso sostanziale, laddove indicano la necessità di verificare in concreto se, pur in un regime di privatizzazione di settori strategici, siano previste condizioni vantaggiose per le autorità pubbliche azioniste di maggioranza di società miste, in relazione alla possibilità di riservarsi un certo quantitativo di capitale sociale, al potere di nominare il Presidente del Consiglio di Amministrazione della società e di attribuire a tale membro poteri più ampi rispetto a quelli riconosciuti ad altri componenti dell’organo di governo dell’impresa ed, infine, quanto all’esercizio del diritto di voto, allo scopo di intervenire sulle strategie dell’impresa e di assicurare una vigilanza pregnante sul perseguimento delle finalità pubbliche. Occorre tuttavia dare atto, in proposito, della questione relativa alla compatibilità rispetto alla normativa comunitaria della c.d. golden share (l’“azione dorata”), vale a dire del regime di privilegio riconosciuto alle pubbliche amministrazioni partecipi di società miste, nel caso in cui “ricorrano rilevanti e imprescindibili motivi di interesse generale, in particolare con riferimento all’ordine pubblico, alla sicurezza pubblica e alla difesa”11. Il mancato rispetto, da parte dello Stato Italiano, di questo presupposto, ha determinato, infatti, la recente condanna dell’Italia da parte della Corte di Giustizia CE12 per la violazione degli artt. 43 e 56 CE, inerenti la libertà di stabilimento e la libera Enunciando tale principio le Sezioni Unite hanno qualificato l’Azienda Municipale Ambiente - AMA SpA - di Roma, società interamente partecipata dal Comune, quale "longa manus" dell'ente territoriale per la gestione di un servizio pubblico finanziato con entrate di natura pubblicistica, quali la tassa - ora tariffa per la raccolta dei rifiuti. 11 Tale regime derogatorio rispetto a quello ordinario delle società per azioni era previsto per lo Stato dall’art. 1 commi 1 e 2 del Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 10.06.2004, n. 14625, attuativo della legge finanziaria n. 350/2003 in riferimento alla partecipazione al pacchetto azionario di in Telecom Italia, Eni, Enel e Finmeccanica. 12 Cfr. Sentenza CEDU, Sezione III, 26 marzo 2009 n. 326 Causa C-326/07, in Guida al diritto, 15, 2009, p. 102 10 5 circolazione dei capitali, sul rilievo che lo Stato Italiano non aveva dimostrato il nesso esistente in concreto tra l’esercizio dei diritti speciali attribuiti alle autorità pubbliche e gli obiettivi perseguiti e non aveva fornito, altresì, alcuna giustificazione a sostegno dell’utilità della misura di privilegio rispetto alla salvaguardia dell’interesse generale. Dalla massima affermata dalla Corte di Giustizia Europea è dunque possibile trarre il principio d’interpretazione secondo il quale il regime di disciplina delle imprese pubbliche esercitate nella forma delle società per azioni e quello, collegato, relativo all’agire dei funzionari per esse operanti, devono essere fondati sulla specifica considerazione del tipo di attività in concreto svolta dalle imprese in parola. 5. Spunti di riflessione dal regime di responsabilità da reato degli enti : il criterio della collocazione dell’impresa a capitale misto in un’area sottoposta alle leggi di mercato. Questa scelta metodologica sembra essere quella che ha ispirato la decisione della Cassazione Penale, Sez. II, del 09/07/2010, N. 28699 /2010 Vielmi ed altri13, che ha riconosciuto la possibilità di applicare la disciplina dettata dal D.Lgs. n. 231/ 2001, sulla responsabilità degli enti per i reati commessi nel loro interesse ed a loro vantaggio dalle figure apicali, agli enti pubblici che svolgono attività economica ed alle società commerciali a capitale "misto", pubblico e privato, che svolgono servizi pubblici. Questa pronuncia è di peculiare interesse per il tema affrontato, poiché pone l’accento, appunto, sulla necessità che, nella disamina delle questioni afferenti la gestione di attività di rilevanza pubblica attraverso la sinergia della mano “pubblica” e della “mano privata”, si abbia riguardo al dato sostanziale relativo alla misura in cui questa stessa gestione sia collocata in un’area sottoposta alle leggi del mercato14, poiché l’inserimento dell’impresa in un contesto in cui essa sia obbligata a confrontarsi tendenzialmente “alla pari” con altri operatori del settore in vista del perseguimento di utili – “a prescindere da quella che sarà, poi, la destinazione degli utili medesimi, se realizzati”15-, evidenzia, già di per sé, l’assenza di un regime di disciplina derogatorio, in senso pubblicistico, rispetto a quello ordinario stabilito per le società di capitale. Sul punto la Corte ha osservato che la ratio della clausola di esclusione di cui all’art. 1 comma 3 D.L.vo 231/ 01 deve essere scorta nell’esigenza di preservare l’operatività di enti rispetto ai quali le misure cautelari e le sanzioni previste dalle norme sulla responsabilità delle persone giuridiche potrebbero sortire l'effetto di sospendere funzioni indefettibili negli equilibri costituzionali. Situazione, questa, che di certo non è riferibile a quegli organismi, pur a capitale maggioritario pubblico, che svolgano mere attività d’impresa, non essendo consentito confondere il valore di spessore costituzionale - ad esempio quello relativo alla tutela della salute - con il rilievo O. DI GIOVINE, Sanità ed ambito applicativo della disciplina sulla responsabilità degli enti: alcune riflessioni sui confini tra pubblico e privato, in Cass. Pen., 2011, pag. 1889 e segg. 14 Nello stesso senso in dottrina V. MANES, Servizi pubblici e diritto penale, L’impatto delle liberalizzazioni sullo statuto penale della pubblica amministrazione, Torino, 2010. 15 Così testualmente la sentenza richiamata. 13 6 costituzionale dell'ente o della relativa funzione, non assegnabile, di certo, ad un ente di diritto privato, per il solo fatto di essere partecipato da un ente pubblico. Tanto più quando – come osservato dal Giudice della Nomofilachia - le Sezioni Unite Civili della Corte di Legittimità (Sentenze 26.8.98 n. 8454 e 6.5.95 n. 4989) si sono pronunciate ravvisando la natura privatistica dell’attività dispiegata da società partecipate da capitale pubblico per la gestione di servizi di rilevanza pubblica, nell’ipotesi in cui tale organismo imprenditoriale ponga in essere, in regime di concorrenza, operazioni negoziali dirette, si, all’acquisizione di beni strumentali al perseguimento dell’interesse pubblico, ma funzionali, in primo luogo, allo svolgimento dell'attività produttiva di beni o erogativa di servizi. E ciò perché, quando la società mista operi alla stregua di un qualsivoglia imprenditore privato, non è configurabile nel suo agire l'esercizio di potestà, funzioni o servizi istituzionalmente appartenenti alla P.A. ma trasferiti all’ente medesimo. In siffatte evenienze, allora, l’operato dell’amministratore delegato della persona giuridica che svolge l'intera sua attività in regime privatistico non può essere assimilato a quello dell’incaricato di pubblico servizio, solo perché espressione, sia pure in via mediata, dello svolgimento di un servizio pubblico. Non vi è dubbio, infatti, che l'interesse pubblico e l'utilità sociale possano essere perseguiti e realizzati dagli enti pubblici territoriali anche con strumenti giuridici di natura privatistica, più duttili ed efficaci di quelli previsti dal diritto pubblico, ma occorre in tal caso discernere se l’ente pubblico abbia davvero ‘trasferito’ alla società di cui fa parte poteri e prerogative pubblicistiche, poiché non è possibile affermare aprioristicamente che taluni servizi, pur diretti a soddisfare un bisogno sociale, appartengano istituzionalmente alla competenza della pubblica amministrazione, che pertanto li gestisca secondo i criteri propri dell’organizzazione degli enti pubblici. 6. Conclusioni L’operazione ermeneutica volta all’estensione indiscriminata delle qualifiche pubblicistiche ai funzionari delle società miste trova dunque uno sbarramento, non solo nell’ottica di una visione unitaria dell’ordinamento giuridico, ma nella stessa dimensione costituzionale, che non consente, di certo, di effettuare un’equiparazione tra le “ragioni” del controllo penale sugli enti pubblici e quelle del controllo penale sugli enti privati economici e di conciliare, pertanto, i principi guida dell’azione amministrativa, di cui all’art. 97 Cost., in primis il principio d’“imparzialità”, con il principio di libertà d’iniziativa economica privata di cui all’art. 41 Cost. 7