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Doveri e responsabilità degli amministratori di s.r.l. in comparazione

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Doveri e responsabilità degli amministratori di s.r.l. in comparazione
From the SelectedWorks of Valerio Sangiovanni
December, 2006
Doveri e responsabilità degli amministratori di
s.r.l. in comparazione con la GmbH tedesca
Valerio Sangiovanni
Available at: http://works.bepress.com/valerio_sangiovanni/34/
n
OSSERVATORIO INTERNAZIONALE . OPINIONI
Amministratori
Doveri e responsabilità
degli amministratori di s.r.l.
in comparazione con la GmbH
tedesca
di VALERIO SANGIOVANNI
In questo articolo si esamina la disciplina italiana della responsabilità degli amministratori di s.r.l. verso
la società. Si confronta la nostra regolamentazione con quanto previsto in Germania per la GmbH. Dapprima si individuano i doveri che fanno capo agli amministratori, la cui violazione fa sorgere l’obbligo di
risarcire il danno. Poi ci si occupa della possibile corresponsabilità dei soci. Infine si analizzano i diversi
regimi di amministrazione e le conseguenze che ne derivano in termini di responsabilità.
Introduzione
GmbH tedesca la disposizione di riferimento è il § 43
U
Note:
n ruolo significativo nella governance delle società di capitali è giocato dalla responsabilità
degli amministratori. Scopo di questo articolo
è di esaminarne la disciplina nella s.r.l. italiana. Nel fare
questo, in conformità alle caratteristiche della rubrica
«osservatorio internazionale» che ospita questo scritto,
si confronterà la regolamentazione italiana con quella
tedesca. Il tipo societario corrispondente alla s.r.l. italiana nell’ordinamento germanico è la Gesellschaft mit
beschränkter Haftung (GmbH (1); società a responsabilità limitata) (2). La disciplina italiana della s.r.l. è contenuta negli artt. 2462-2483 c.c. (3), mentre la regolamentazione della GmbH si rinviene in un apposito testo
normativo: la legge sulla società a responsabilità limitata
(Gesetz betreffend die Gesellschaften mit beschränkter Haftung, GmbHG).
La responsabilità degli amministratori di s.r.l. è regolata,
nel diritto italiano, dall’art. 2476 c.c. L’art. 2476, comma 1, c.c. prevede che «gli amministratori sono solidalmente responsabili verso la società dei danni derivanti
dall’inosservanza dei doveri ad essi imposti dalla legge e
dall’atto costitutivo per l’amministrazione della società.
Tuttavia la responsabilità non si estende a quelli che dimostrino di essere esenti da colpa e, essendo a cognizione che l’atto si stava per compiere, abbiano fatto constare del proprio dissenso». Tre elementi concorrono
dunque a fondare la responsabilità dell’amministratore:
1) un atto o un’omissione in violazione di un dovere;
2) il verificarsi di un danno; 3) il legame fra il comportamento del gestore e le conseguenze dannose per la società. Per la responsabilità degli amministratori di
(1) Per facilitare la lettura e la comprensione si segnala da subito al cortese lettore che, in questo articolo, si fa uso delle seguenti abbreviazioni tedesche: BGB: Bürgerliches Gesetzbuch (codice civile); BGH: Bundesgerichtshof (Corte di cassazione federale); GmbH: Gesellschaft mit beschränkter Haftung (società a responsabilità limitata); GmbHG: Gesetz betreffend die Gesellschaften mit beschränkter Haftung (legge sulle società a responsabilità limitata); GmbHR: GmbH-Rundschau [rivista]; KG: Kammergericht (Corte
di appello di Berlino); Rn.: Randnummer (numero a margine di pagina).
(2) Fra i principali articoli apparsi in lingua italiana sulla GmbH tedesca
cfr. Angelici, La novella tedesca sulle società a responsabilità limitata, in Riv.
dir. comm., 1981, I, 185 ss.; Ducouloux-Favard, La sarl francese e la
GmbH tedesca: profili di comparazione, in Contratto e impresa/Europa, 2000,
720 ss.; Ibba, S.r.l. unipersonale e responsabilità del fondatore: dalla giurisprudenza tedesca alla legge italiana, in Giur. comm., 1996, I, 611 ss.; Sangiovanni, Il diritto del quotista di s.r.l. all’informazione a all’ispezione nel diritto tedesco, in corso di pubblicazione in Riv. dir. comm., 2006, I; Id., Finanziamenti dei quotisti di s.r.l. tedesca (GmbH) alla società e insolvenza della società, in Contratto e impresa/Europa, 2006, 329 ss.; Id., I limiti statutari alla circolazione di quote di s.r.l. tedesca (GmbH), in questa Rivista, 2006, 381 ss.;
Id., La cessione di quota di s.r.l. e il ruolo del notaio nel diritto tedesco, in Notariato, 2006, 82 ss.; Id., Responsabilità degli amministratori di s.r.l tedesca
(GmbH) nei confronti della società, in questa Rivista, 2005, 1571 ss.; Id., Il
diritto delle minoranze di convocare l’assemblea e d’inserire punti all’ordine del
giorno nella GmbH tedesca, in Riv. dir. comm., 2002, I, 813 ss.; Id., La società a responsabilità limitata tra avvocati nel diritto tedesco, in Riv. soc., 1999,
914 ss.; Santosuosso, Le società non quotate in Germania dalla GmbH
(s.r.l.) alla AG (s.p.a.) «flessibile» (appunti su alcune prospettive di riforma),
in Riv. soc., 1999, 516 ss.; Somma, Una novità tedesca: la società tra avvocati a responsabilità limitata, in Riv. dir. priv., 1999, 337 ss.
(3) Sulla recente riforma della s.r.l. cfr., fra gli altri, Benazzo, L’organizzazione nella nuova s.r.l. fra modelli legali e statutari, in questa Rivista, 2003,
1062 ss.; Salafia, Il nuovo modello di società a responsabilità limitata, in questa
Rivista, 2003, 5 ss.; Salvatore, L’organizzazione corporativa nella nuova s.r.l.:
amministrazione, decisione dei soci e il ruolo dell’autonomia statutaria, in Contratto e impresa, 2003, 1342 ss.; Zanarone, Introduzione alla nuova società a
responsabilità limitata, in Riv. soc., 2003, 58 ss.
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GmbHG. Questa norma prevede che, nella gestione
della società, gli amministratori devono usare la diligenza del bravo uomo d’affari (§ 43, comma 1, GmbHG). I
gestori che vengono meno ai propri doveri rispondono
solidalmente nei confronti della GmbH per il danno
che ne deriva (§ 43, comma 2, GmbHG) (4).
Gli amministratori di fatto
N
el diritto italiano è amministratore chi sia stato nominato tale in conformità alle disposizioni che regolano l’individuazione dei gestori.
Non si può tuttavia escludere che un soggetto svolga le
mansioni di amministratore «di fatto», vale a dire in assenza di un atto di nomina. Si tratta di una situazione
che tende a verificarsi con una certa frequenza nelle
s.r.l., che - nella prassi - si presentano normalmente con
una ristretta compagine sociale. Può allora capitare che
gli stessi (pochi) quotisti agiscano come amministratori,
pur in assenza di un formale atto di nomina. Amministratore di fatto può tuttavia essere anche una persona
che non è socio della s.r.l. A fronte di una situazione
del genere si pone il problema di comprendere se il gestore di fatto può essere chiamato a rispondere ai sensi
dell’art. 2476 c.c. In dottrina la risposta è affermativa (5). La soluzione opposta comporterebbe un significativo arretramento in termini di tutela. Se l’amministratore di fatto non rispondesse, i quotisti avrebbero un
escamotage per amministrare sottraendosi a responsabilità. Essi potrebbero difatti gestire la società in assenza di
un atto di nomina e, a fronte di richieste di risarcimento danni, opporre che non sono gestori. La tutela dei
terzi sarebbe in questo modo ridotta, perché la società secondo la regola generale dell’art. 2462, comma 1, c.c.
- risponde per le obbligazioni sociali soltanto nei limiti
del suo patrimonio.
Anche nel diritto tedesco si considera amministratore
a tutti gli effetti solo chi viene nominato tale in corretta applicazione delle rilevanti disposizioni. Alla nomina
in senso tecnico può far seguito, o meno, la stipulazione di un apposito contratto fra società e amministratore (6). Questa pattuizione ha natura «privatistica» e
non produce effetti sul carattere «istituzionale» della
funzione di gestore della GmbH. È dunque sufficiente
la nomina a far sı̀ che un soggetto risponda per danni
nei confronti della società, anche se non è seguita la
stipulazione di un apposito contratto (7). Si immagini
poi che una persona svolga, in assenza di un qualsiasi
atto di nomina, la funzione di amministratore della società (8). Si tratta del caso di un soggetto (normalmente uno dei quotisti) che gestisce sic et simpliciter la società senza alcuna legittimazione formale. Secondo l’opinione prevalente in Germania, chi amministra di fatto
una GmbH risponde nei confronti della società per i
danni derivanti dal suo operato in applicazione del §
43 GmbHG. L’effettiva influenza esercitata sulle vicende societarie lo rende responsabile e non è possibile ri-
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n
chiamarsi all’assenza di nomina per sottrarsi a responsabilità.
I doveri degli amministratori in generale
N
el diritto italiano non si rinviene una disposizione che sancisca in modo specifico che gli
amministratori di s.r.l. si devono comportare
secondo diligenza. L’art. 2476, comma 1, c.c. si limita a
stabilire che gli amministratori sono responsabili per i
danni derivanti «dall’inosservanza dei doveri ad essi imposti dalla legge e dall’atto costitutivo». Sotto questo
profilo la disciplina della s.r.l. si differenzia dalla regolamentazione della s.p.a. In questo tipo societario si prevede difatti che gli amministratori devono adempiere i
doveri ad essi imposti dalla legge e dallo statuto «con la
diligenza richiesta dalla natura dell’incarico e dalle loro
specifiche competenze» (art. 2392, comma 1, c.c.).
Questa disposizione non viene richiamata nella disciplina della s.r.l. Un richiamo espresso alla diligenza è peraltro rinvenibile, nell’ambito della regolamentazione
della s.r.l., nell’art. 2489, comma 2, c.c., ove si stabilisce
che «i liquidatori debbono adempiere i loro doveri con
la professionalità e diligenza richieste dalla natura dell’incarico». Ma se i liquidatori devono essere diligenti
nella fase terminale della vita della società, non si vedono ragioni per cui non debbano esserlo gli amministraNote:
(4) La tutela più efficace per gli amministratori contro il rischio di essere
condannati a risarcire i danni alla società è quello di stipulare un contratto di assicurazione per il caso di responsabilità civile. Su questo argomento
nella dottrina tedesca cfr. Koch, Die Rechtsstellung der Gesellschaft und des
Organmitglieds in der D&O-Versicherung (I), Teil 1: Rechtsstellung der Gesellschaft gegenüber dem D&O-Versichereráin GmbHR, 2004, 18 ss.; Koch,
Die Rechtsstellung der Gesellschaft und des Organmitglieds in der D&O-Versicherung (II), Teil 2: Rechtsstellung des Organmitglieds gegenüber der Gesellschaft, in GmbHR, 2004, 160 ss. In materia di assicurazione obbligatoria
della responsabilità civile nel diritto germanico, con particolare riferimento al caso dell’avvocato, sia consentito rinviare a Sangiovanni, L’assicurazione obbligatoria della responsabilità civile dell’avvocato nel diritto tedesco, in
Riv. dir. civ., 2000, I, 105 ss.
(5) Cfr. Abriani, in Diritto delle società, III ed., Milano, 2006, 318; Mainetti, in Codice commentato delle nuova società (a cura di Bonfante/Corapi/
Marziale/Rordorf/Salafia), Milano, 2004, 1066; Parrella, in La riforma delle
società (a cura di Sandulli/Santoro), vol. III, Torino, 2003, 132; Racugno,
L’amministrazione della s.r.l. e il controllo legale dei conti, in questa Rivista,
2004, 16; Silvestrini, Responsabilità degli amministratori nella s.p.a. e nella
s.r.l. dopo la riforma societaria, in questa Rivista, 2004, 698.
(6) Il rapporto contrattuale fra società e amministratore è da qualificarsi
come «contratto di servizio in qualità di amministratore» (Geschäftsführerdienstvertrag). Esso configura una particolare applicazione del contratto di
servizio (Dienstvertrag), regolato dal § 611 ss. BGB. Su questo tipo contrattuale sia permesso il rinvio a Sangiovanni, Il rapporto contrattuale tra gli
arbitri e le parti nel diritto tedesco, in I Contratti, 2005, 827 ss.
(7) Haas, in Michalski (a cura di), Kommentar zum Gesetz betreffend die
Gesellschaften mit beschränkter Haftung (GmbH-Gesetz), vol. II, München,
2002, § 43 Rn. 23.
(8) La responsabilità dell’amministratore di fatto della GmbH è studiata
da Geiâler, Die Haftung des faktischen GmbH-Geschäftsführers, in GmbHR,
2003, 1106 ss.
n
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tori durante tutto il periodo di funzionamento per cosı̀
dire «ordinario» della s.r.l.
All’assenza di un richiamo espresso alla diligenza degli
amministratori nell’ambito specifico della disciplina dell’amministrazione della s.r.l. la dottrina non dà alcun
peso. È difatti opinione comune che il criterio della diligenza debba comunque rilevare nella valutazione della
responsabilità del gestore, pur in mancanza di una disposizione ad hoc (9). In alternativa si dovrebbe ritenere
che l’amministratore di s.r.l. sia legittimato a comportarsi in modo non diligente, soluzione evidentemente non
accettabile. I gestori di s.r.l. sono tenuti a osservare i
«doveri ad essi imposti dalla legge e dall’atto costitutivo
per l’amministrazione della società» (art. 2476, comma
1, c.c.). L’adempimento di questi doveri è adempimento
di obbligazioni, cui trovano applicazione le disposizioni
sulle obbligazioni in generale (art. 1173 ss. c.c.). La diligenza che deve caratterizzare l’operato dell’amministratore è quella prevista dall’art. 1176, comma 2, c.c. Non
si tratta della diligenza ordinaria del debitore (art. 1176,
comma 1, c.c.), bensı̀ della diligenza richiesta nell’adempimento di obbligazioni inerenti all’esercizio di
un’attività professionale. Il fatto che non ci sia una disposizione specifica in materia di amministrazione della
s.r.l. che si richiama al principio della diligenza non ha
per effetto di escludere l’applicazione delle regole generali in materia di adempimento. L’amministratore è assoggettato a certi doveri e risponde per l’inosservanza di
essi (art. 2476, comma 1, c.c.). Questi obblighi vanno
adempiuti con diligenza perché lo impone, in via generale, l’art. 1176 c.c.
Il Tribunale di S.M. Capua Vetere ha affrontato recentemente questo problema e ha affermato che, in materia
di amministrazione di s.r.l., trova applicazione il criterio
generale di diligenza nell’adempimento stabilito dall’art.
1176 c.c. (10). Bisogna avere riguardo non alla diligenza dell’uomo medio, quanto alla più elevata diligenza
che si può richiedere a un accorto gestore di un patrimonio altrui (art. 1176, comma 2, c.c.), quale è quello
appartenente alla società amministrata (11). L’amministratore di s.r.l. deve dunque essere diligente e la diligenza che gli è richiesta è quella professionale.
Il diritto tedesco, al § 43, comma 1, GmbHG, stabilisce
espressamente che gli amministratori - nella gestione
delle vicende societarie - devono usare la diligenza del
bravo uomo d’affari. Se tale livello di accuratezza non
viene osservato, ci si rende responsabili. È opinione diffusa nella dottrina tedesca che la diligenza richiesta agli
amministratori non possa variare in relazione a quelle
che sono le caratteristiche personali dei singoli gestori.
In particolare non è possibile richiamarsi a fattori quali
età, mancanza di formazione o di esperienza per andare
esenti da responsabilità.
Gli amministratori di una s.r.l. italiana sono responsabili
dei danni derivanti dall’inosservanza dei «doveri ad essi
imposti dalla legge e dall’atto costitutivo per l’amministrazione della società» (art. 2476, comma 1, c.c.). Il
nostro legislatore si avvale di una formulazione ampia
(«doveri imposti»). Una limitazione risulta tuttavia dalle fonti da cui possono risultare questi doveri: si deve
trattare della «legge» oppure dell’«atto costitutivo».
Analogamente nel diritto tedesco l’amministratore di
GmbH risponde se viola degli «obblighi» (di «Obliegenheiten» parla il § 43, comma 2, GmbHG). Diversamente dal diritto italiano, però, non si indica espressamente quale debba essere la fonte di tali doveri. Anche
gli amministratori di GmbH sono certamente tenuti a
rispettare quanto stabilito dalla legge e dall’atto costitutivo. Nel diritto tedesco un’ulteriore fonte di obblighi
può essere il contratto società-amministratore, con il
quale possono venire regolati certi aspetti della relazione
fra la GmbH e chi accetta di operare in qualità di suo
gestore. Anche l’inosservanza dei doveri risultanti da tale contratto obbliga al risarcimento del danno. In una
recente sentenza della Corte di appello di Berlino è stato affermato che la violazione della clausola contrattuale
che pone limiti finanziari all’operatività dell’amministratore può fondare una pretesa di risarcimento della
GmbH (12). Nel caso di specie il contratto fra società e
amministratore prevedeva che questi potesse stipulare,
da solo, contratti commerciali sino a un valore di
200.000 marchi tedeschi. Se il valore dell’operazione
era superiore a questa cifra, doveva essere ottenuto il
preventivo assenso dell’unico quotista della società (13).
Note:
(9) Abriani, op. cit., 314; Allegri, L’amministrazione della società a responsabilità limitata dopo la recente riforma, in La nuova disciplina della società a responsabilità limitata (a cura di Santoro), Milano, 2003, 164; Ambrosini, in
Società di capitali (a cura di Niccolini/Stagno d’Alcontres), vol. III, Napoli,
2004, 1591; Caccavale, in La riforma della società a responsabilità limitata,
Milano, 2004, 352 s.; Cagnasso, in Cottino/Bonfante/Cagnasso/Montalenti (a cura di), Il nuovo diritto societario, vol. II, Bologna, 2004, 1880;
Capo, Il governo dell’impresa e la nuova era della società a responsabilità limitata, in Giur. comm., 2003, I, 514; De Angelis, Amministrazione e controllo
nelle società a responsabilità limitata, in Riv. soc., 2003, 479 s.; Mainetti, op.
cit., 1065; Parrella, op. cit., 124; Pasquariello, in Maffei Alberti (a cura
di), Il nuovo diritto delle società, vol. III, Padova, 2005, 1974; Silvestrini,
op. cit., 695.
(10) Trib. S.M. Capua Vetere 15 novembre 2004, ord., in questa Rivista,
2005, 477 ss., con nota di Sandulli.
(11) Un altro principio di carattere generale che trova applicazione in
materia di responsabilità degli amministratori è quello fissato dall’art.
1218 c.c. (responsabilità del debitore). Secondo questa disposizione «il debitore che non esegue esattamente la prestazione dovuta è tenuto al risarcimento del danno, se non prova che l’inadempimento o il ritardo è stato
determinato da impossibilità della prestazione derivante da causa a lui
non imputabile». In questo senso Salafia, Profili di responsabilità degli amministratori di società di capitali, in questa Rivista, 2005, 1333.
(12) KG Berlin, sentenza del 17 dicembre 2004, in GmbHR, 2005, 477
ss., con nota di Brötzmann.
(13) Si tratta di una clausola ricorrente nei contratti fra società e amministratore, finalizzata a evitare che questi ponga in essere operazioni finanziariamente rilevanti senza avere prima ottenuto l’assenso dei quotisti, che
sono coloro che - in definitiva - reggono il rischio economico dell’impresa. Richiedono tipicamente il preventivo consenso dei soci decisioni quali: investimenti di considerevole portata, compravendita di partecipazioni
societarie e di beni immobili, assunzione di personale con retribuzioni elevate.
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In violazione di questo obbligo di raccogliere il consenso del socio, l’amministratore acquistò applicazioni informatiche per la società (un programma di contabilità
che si rivelò poi mal funzionante) per un valore superiore al tetto fissato contrattualmente. L’inosservanza del
contratto società/gestore configura una «violazione di
obbligo» e, quindi, del dettato del § 43, comma 2,
GmbHG. L’amministratore non ha agito con la diligenza del bravo uomo d’affari (come richiesto dal § 43,
comma 1, GmbHG). Il gestore è tenuto a conoscere e a
rispettare i vincoli alla sua operatività risultanti dal contratto intercorrente con la società. In caso di violazione
la GmbH ha diritto di ottenere il risarcimento del danno.
Ma quali sono i «doveri» che fanno capo all’amministratore di s.r.l. e di GmbH? Per individuare questi obblighi basta scorrere le disposizioni di legge italiane e tedesche. In questa sede non si può che fare qualche
esempio. Un dovere dell’amministratore di s.r.l. italiana
è fissato dall’art. 2466, comma 1, c.c., secondo cui «se il
socio non esegue il conferimento nel termine prescritto,
gli amministratori diffidano il socio moroso ad eseguirlo
nel termine di trenta giorni». Si immagini cosa può succedere se gli amministratori omettono di attivarsi per
ottenere dal quotista il conferimento dovuto. Oppure sempre a titolo di esempio - si ponga mente all’art.
2470, comma 5, c.c., ai sensi del quale «quando si costituisce o ricostituisce la pluralità dei soci, gli amministratori ne devono depositare apposita dichiarazione per l’iscrizione nel Registro delle imprese». L’elencazione potrebbe andare avanti a lungo, ma non ha senso illustrare qui tutti i possibili doveri degli amministratori. L’importante è sottolineare che, in tutti i casi in cui la legge
richiede un adempimento dei gestori e questi non si attivano, essi rispondono nei confronti della società per i
danni che ne derivano. La situazione non è diversa nel
diritto tedesco, perché anche qui la legge impone agli
amministratori - in contesti eterogenei - di tenere certi
comportamenti. Ai sensi del § 49 GmbHG, tanto per
fare un esempio, i gestori - in certe situazioni - hanno
l’obbligo di convocare l’assemblea. Se non lo fanno e si
verifica un danno, essi sono tenuti a risarcirlo.
In entrambi gli ordinamenti il dovere fondamentale dell’amministratore è quello di amministrare la società. Si
tratta dell’obbligo di svolgere l’attività d’impresa per la
quale la società è stata costituita. Nel diritto italiano
questo obbligo è affermato con maggiore chiarezza per
la s.p.a., in relazione alla quale la legge prevede che «la
gestione dell’impresa spetta esclusivamente agli amministratori, i quali compiono le operazioni necessarie per
l’attuazione dell’oggetto sociale» (art. 2380 bis, comma
1, c.c.). Una disposizione identica non si rinviene in
materia di s.r.l. Tuttavia quale sia il compito fondamentale degli amministratori lo si desume dalla clausola generale di cui all’art. 2475, comma 1, c.c., secondo cui
«l’amministrazione della società è affidata a uno o più soci». In un caso (s.p.a.) si parla di «gestione dell’impre-
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n
sa», nell’altro di «amministrazione della società» (s.r.l.),
ma il contenuto del dovere è lo stesso. Inoltre, in tema
di s.r.l., l’art. 2476, comma 1, c.c. prevede che gli amministratori sono responsabili dei danni derivanti dall’inosservanza dei doveri ad essi imposti per «l’amministrazione della società». Infine, sempre in tema di s.r.l.,
l’art. 2486, comma 1, c.c. prevede che al verificarsi di
una causa di scioglimento, gli amministratori conservano «il potere di gestire la società», ai soli fini della conservazione dell’integrità e del valore del patrimonio sociale. Da questa disposizione si evince che il «potere di
gestire la società» sussiste anche prima del verificarsi di
una causa di scioglimento; anzi: prima di tale momento
il potere di gestire sussiste in tutta la sua pienezza. Anche nel diritto tedesco l’obbligo fondamentale che fa
capo all’amministratore viene individuato nella gestione
dell’impresa. La conduzione dell’impresa è, ovviamente,
un dovere dal contenuto generico. La sua concretizzazione dipende dalle circostanze del caso. Talvolta si tratta di compiere azioni, talaltra di omettere qualcosa. Fare
un catalogo dettagliato dei comportamenti cui è tenuto
l’amministratore «diligente» è difficile, perché i fattori
di cui bisogna tenere conto sono numerosi. Lo stesso
contenuto dell’obbligo di organizzare adeguatamente
l’impresa è vago perché dipende dalla caratteristiche
della società governata. È evidente che gestire una piccola attività imprenditoriale in forma societaria richiede
comportamenti ben diversi da quelli che deve tenere
l’amministratore di una grossa impresa industriale che
dispone di più stabilimenti e realizza fatturati milionari.
I doveri degli amministratori nel contesto
delle acquisizioni
N
ella dottrina tedesca è stato particolarmente
approfondito lo studio del dovere dell’amministratore di GmbH di conservare il segreto
sulle informazioni riservate di cui sia entrato in possesso.
Occasionalmente la comunicazione di dati a soggetti
esterni rispetto alla struttura societaria risulta nell’interesse della società, con la conseguenza che essa è legittima. Il caso tipico è quello di consulenti dell’impresa
(quali avvocati, commercialisti e revisori) che hanno
bisogno di certe informazioni per svolgere la propria attività. Se i soggetti che ricevono i dati e le notizie non
sono obbligati al segreto per effetto della professione
che svolgono, al fine di escludere la responsabilità dell’amministratore è certamente utile stipulare un apposito accordo con il quale ci si garantisce che le informazioni fornite non possono essere comunicate a terzi (14).
La necessità di fornire informazioni a esterni si pone, in
particolare, quando un quotista intende vendere la proNota:
(14) Hommelhoff/Kleindiek, in Lutter/Hommelhoff (a cura di), GmbHGesetz Kommentar, XVI ed., Köln, 2004, § 43 Rn. 11.
n
OSSERVATORIO INTERNAZIONALE . OPINIONI
pria quota. Il soggetto interessato all’acquisto generalmente vuole essere informato sin nei minimi dettagli
sulle caratteristiche della partecipazione che si appresta
a comprare. Acquistando la quota, l’acquirente diventa
titolare di una parte del patrimonio sociale ed è importante che sappia in anticipo quali sono le reali condizioni in cui versa la società. Un’accurata verifica preventiva consente di estrapolare le informazioni necessarie a
formulare un’appropriata offerta di acquisto. Si tratta,
da un lato, di determinare il «giusto» prezzo per la quota, dall’altro di negoziare le dovute garanzie a tutela dell’acquirente. Questi però non dispone, normalmente,
della competenza tecnica necessaria per effettuare un
esame completo della società bersaglio. Per questa ragione viene di regola affidato a consulenti esterni il compito di effettuare una verifica della situazione economica,
finanziaria, fiscale e legale della GmbH. A questo procedimento ci si riferisce con l’espressione inglese «due diligence».
È opinione prevalente in dottrina che la decisione di
consentire a terzi di esperire una due diligence rappresenti
un’operazione straordinaria che gli amministratori della
società bersaglio non possono avviare autonomamente.
È invece necessaria una deliberazione assembleare (15).
Gli amministratori devono dunque, innanzitutto, convocare un’assemblea ai sensi del § 49 GmbHG. In sede
assembleare, poi, deve essere adottata una deliberazione
con la quale i quotisti dichiarano di acconsentire a che
venga avviata una due diligence. In assenza di una deliberazione assembleare, gli amministratori della società
bersaglio - secondo l’opinione prevalente - non sono legittimati a fornire informazioni al terzo interessato all’acquisto di una quota. Il potenziale acquirente è un soggetto estraneo alla compagine sociale e alla struttura societaria, per cui non è legittimato a ottenere dati e notizie sulla GmbH. Il futuro acquirente deve cosı̀ limitarsi
a raccogliere informazioni che sono accessibili pubblicamente, quali quelle contenute nel Registro delle imprese. Ma questi dati sono del tutto insufficienti rispetto alle esigenze informative di chi intende comprare una
partecipazione.
Le informazioni fornite dalla società bersaglio possono
essere particolarmente sensibili e l’amministratore della
GmbH deve ridurre al minimo il rischio che esse vengano comunicate a terzi. Il problema viene generalmente
superato nella prassi in questo modo: i due soggetti
coinvolti nell’operazione stipulano uno specifico accordo in base al quale la società da acquisirsi fornisce dati
e notizie al potenziale acquirente e questa si impegna a
non divulgarli. In presenza di una pattuizione del genere
la persona interessata all’acquisto della quota acquisisce
una pretesa a ottenere le informazioni dagli amministratori della società bersaglio. Il problema della mancanza
di legittimazione del terzo è cosı̀ superato. Dal canto loro, gli amministratori della GmbH non rispondono perché hanno tutelato la società da una indebita diffusione
delle informazioni mediante un apposito accordo.
Il flusso informativo dalla società bersaglio a chi è interessato all’acquisto può seguire un percorso diverso da
quello per cosı̀ dire «naturale» dei dati messi a disposizione da parte degli amministratori quali rappresentanti
legali della società. Può difatti capitare che le informazioni vengano fornite non dal gestore della GmbH, bensı̀ dal quotista della stessa interessato a cedere la propria
partecipazione (16). Il § 51a, comma 1, GmbHG stabilisce che gli amministratori, quando richiesti, devono
fornire immediatamente ai soci dati e notizie sulle vicende della società. Questo potere può essere esercitato
sia in assemblea sia al di fuori di essa. Il quotista può
dunque, in un primo momento, ottenere informazioni
dagli amministratori e, in un secondo momento, potrebbe trasmetterle - in tutto o in parte - al soggetto esterno
interessato a rilevare la quota.
Gli amministratori possono tuttavia rifiutare di fornire
l’informazione richiesta quando sussiste il pericolo che i
quotisti la utilizzino per scopi estranei a quelli sociali e
ne consegua uno svantaggio non irrilevante per la società (§ 51a, comma 2, GmbHG). Occorre dunque che
l’organo amministrativo, cui viene avanzata la richiesta
dal socio, rifletta su quello che è il fine per cui i dati
vengono chiesti. Se risulta che la richiesta è finalizzata
al perseguimento di scopi estranei a quelli sociali e vi è
il rischio che ne derivi un danno consistente in capo alla società, l’amministratore fa bene a rifiutare di fornire
l’informazione. Se i dati e le notizie richiesti vengono
ciò nonostante forniti, l’organo amministrativo potrebbe
rendersi responsabile nei confronti della GmbH. L’amministratore, per evitare questo rischio, ha interesse a
convocare l’assemblea - al fine di ottenere l’autorizzazione a fornire al quotista le informazioni - evidenziando
al consesso assembleare il rischio che il socio le trasmetta a terzi e possa cagionare un danno alla società (17).
Se i soci autorizzano la comunicazione, non possono
successivamente contestare al gestore di avere posto in
essere una condotta dannosa nei confronti della società.
In linea generale si può affermare che l’intenzione di cedere una quota non costituisce una vicenda estranea allo scopo sociale in grado di cagionare un danno consistente (presupposi dai quali il § 51a, comma 2,
GmbHG fa discendere il divieto di fornire i dati). Occorre tuttavia valutare attentamente le circostanze del
caso concreto. Molto dipende dalle caratteristiche del
soggetto che intende rilevare la quota. Nel caso in cui
si tratti, per esempio, di un concorrente, va prestata particolare attenzione nel fornire le informazioni, perché
tale persona potrebbe sfruttare i dati ricevuti non tanto
per l’acquisto della partecipazione ma per trarne vantagNote:
(15) Cfr. Haas/Müller, Haftungsrisiken des GmbH-Geschäftsführers im Zusammenhang mit Unternehmens(ver)käufen, in GmbHR, 2004, 1175; Hommelhoff/Kleindiek, op. cit., § 43 Rn. 12.
(16) Haas/Müller, op. cit., 1169.
(17) Haas/Müller, op. cit., 1169.
LE SOCIETA’ N. 12/2006
1567
OSSERVATORIO INTERNAZIONALE . OPINIONI
gio nella propria attività imprenditoriale a detrimento
della GmbH cui sono state «sfilate» le notizie.
Profili di responsabilità si possono porre anche nel caso
opposto a quello appena esaminato, vale a dire quando
è una GmbH che intende procedere a un’acquisizione.
Fra i doveri di un amministratore di una GmbH che intende acquistare una partecipazione in un’altra società
rientra quello di assumere tutte le necessarie informazioni sulla società bersaglio. Se il gestore omette di raccogliere i dati e le notizie che consentono di valutare adeguatamente l’operazione può incorrere in responsabilità.
Può in particolare capitare che il prezzo di acquisto sia
eccessivo perché, a causa di una raccolta non completa
di informazioni, esso non tiene conto del fatto che il
valore reale dell’impresa è inferiore.
Si deve dunque concludere nel senso che vi è un conflitto immanente fra la politica informativa della società
acquirente e quella della società acquisita. Gli amministratori della prima hanno interesse a ottenere più informazioni possibili (se non lo fanno rischiano di rispondere per danni). Viceversa gli amministratori della seconda devono evitare di fornire troppi dati e notizie altrimenti rischiano di rendersi responsabili per violazione
del dovere di riservatezza.
Il dovere di informarsi e di preparare
adeguatamente le decisioni
L’
attività di amministrazione di una società comporta dei rischi. Le decisioni devono tenere
conto di numerose variabili. Poiché alcuni di
questi fattori possono essere non facilmente valutabili
ex ante, di fatto non esiste un’attività imprenditoriale
del tutto priva di rischi. Di questo il legislatore, sia italiano sia tedesco, è consapevole. Il principio cardine
dell’intera regolamentazione della società «a responsabilità limitata» (mit beschränkter Haftung) è difatti la limitazione di responsabilità. Nel diritto italiano la disposizione di riferimento è l’art. 2462, comma 1, c.c., secondo cui «nella società a responsabilità limitata per le obbligazioni sociali risponde soltanto la società con il suo
patrimonio». Nel diritto tedesco il § 13, comma 2,
GmbHG statuisce che per le obbligazioni della società
risponde, nei confronti dei creditori, il solo patrimonio
sociale. Se la responsabilità dei quotisti fosse illimitata,
non sarebbe facile trovare persone disposte a rischiare il
proprio patrimonio personale in un’avventura imprenditoriale. Proprio al fine di incentivare l’attività economica il legislatore ha creato lo strumento della società a responsabilità «limitata».
Rischi nell’attività imprenditoriale sussistono - direttamente - per i soci, che hanno investito nella società,
ma anche - indirettamente - per gli amministratori che
si trovano a gestire le risorse messe a disposizione dai
quotisti e che, commettendo errori, potrebbero essere
chiamati a risarcire il danno. Affinché possa escludersi
la responsabilità è necessario effettuare appropriate valu-
1568
LE SOCIETA’ N. 12/2006
n
tazioni dei vantaggi e degli svantaggi derivanti dall’operazione che si ha in mente di compiere. In altre parole
occorre informarsi adeguatamente e preparare bene le
decisioni che si vanno a prendere. Nel diritto italiano
questo principio trova un riscontro testuale nell’art.
2381, comma 6, c.c. - dettato per le s.p.a. - laddove si
prevede che gli amministratori sono tenuti ad agire in
modo informato. Il gestore che non si informa in modo
adeguato si rende responsabile. È ragionevole ritenere
che questa disposizione valga anche per le s.r.l. (18).
L’assunzione di un quantitativo sufficiente d’informazioni deve difatti ritenersi espressione di quella diligenza
che non può non connotare il comportamento dei gestori. Negare questo principio significherebbe dire che
gli amministratori possono amministrare una società (e
dunque svolgere un compito professionale che può risultare anche di notevole difficoltà) senza necessità d’informarsi. Un’interpretazione del genere non è evidentemente accettabile. Diverso è il discorso di valutare, caso
per caso, sino a che punto si debba spingere l’obbligo
degli amministratori d’informarsi.
All’amministratore di s.r.l. o di GmbH non è vietato effettuare operazioni rischiose, a condizione che vi sia
consapevolezza del rischio nonché un ragionevole controllo dello stesso (19). Si è già accennato sopra al fatto
che qualsiasi attività imprenditoriale comporta margini
d’insicurezza. Consapevolezza del rischio significa cercare d’identificare ex ante quelle che sono le conseguenze
delle scelte che si effettuano. Inoltre è necessario chiedersi se sussistano delle alternative meno rischiose. Effettuata una scelta vanno poi posti in essere gli accorgimenti idonei a ridurre il rischio. A seconda delle circostanze può, per esempio, risultare appropriato stipulare
una polizza assicurativa. Nella stipulazione di contratti
commerciali va fatto il possibile per negoziare clausole
vantaggiose per la società.
I concetti appena espressi possono essere illustrati facendo ricorso a un esempio. Si prenda il caso di un’industria che produce e vende macchinari. In questi casi la
società, tramite il suo amministratore, pone in essere
contratti di compravendita (20). Quali sono i comporNote:
(18) De Angelis, op. cit., 480.
(19) Cfr. Haas, op. cit., § 43 Rn. 22; Haas/Müller, op. cit., 1180; Zöllner,
in Baumbach/Hueck (a cura di), GmbH-Gesetz, XVII ed., München,
2000, § 43 Rn. 21.
(20) Fra i principali contributi in lingua italiana sul diritto tedesco della
compravendita cfr. Bianca, La nuova disciplina della compravendita: osservazioni generali, in La riforma dello Schuldrecht tedesco: un modello per il futuro
diritto europeo delle obbligazioni e dei contratti? (a cura di Cian), Padova,
2004, 179 ss.; Grundmann, La nuova disciplina della compravendita: la violazione dell’impegno contrattuale, in La riforma dello Schuldrecht tedesco: un
modello per il futuro diritto europeo delle obbligazioni e dei contratti? (a cura di
Cian), Padova, 2004, 187 ss.; Id., La disciplina della vendita dopo la riforma
dello «Schuldrecht» in Germania - Da un ius commune romano a un ius
commune americano-europeo?, in Annuario di diritto tedesco 2002 (a cura di
Patti), Milano, 2003, 77 ss. (trad. di Buchberger); Micklitz, Riforma della
(segue)
n
OSSERVATORIO INTERNAZIONALE . OPINIONI
tamenti che qualificano come «diligente» l’operato dell’organo amministrativo? Il primo passaggio da effettuare
è quello di assumere le opportune informazioni sull’acquirente. Un’ipotesi di responsabilità potrebbe realizzarsi
nel caso in cui l’amministratore concluda un contratto
con un cliente con cui non sono state effettuate prima
operazioni senza la premura d’informarsi adeguatamente
sulla solvibilità dello stesso. Accertarsi che la controparte contrattuale è in buona salute finanziaria può tuttavia
non bastare. Soprattutto se l’importo della fornitura è di
valore elevato, fa parte di un operato diligente chiedere
una qualche forma di garanzia per il pagamento del
prezzo. Se l’impresa cui viene fornita la merce non paga,
la GmbH non riesce a riscuotere la controprestazione e
subisce una perdita. Nell’esempio fatto diligenza vuole
che si pattuisca quantomeno una riserva di proprietà
sulla merce fornita. Un accordo del genere garantisce
difatti il venditore per il caso in cui il compratore non
adempia l’obbligazione di corrispondere il prezzo. Oppure si può pensare alla stipulazione di un contratto di assicurazione che garantisca il cedente per l’ipotesi di
mancato pagamento da parte dell’acquirente.
Il possibile concorso dei soci
L
a relazione fra quotisti e amministratori pone delicate questioni in riferimento al tema della responsabilità di questi ultimi. I soci hanno effettuato nella società un certo investimento e su di essi incombe costante il pericolo di perdere i danari investiti.
Il rischio assunto deve essere compensato quantomeno
dal potere di definire gli indirizzi fondamentali della società. Conseguentemente i quotisti hanno il potere di
decidere su una serie di materie. Nel diritto italiano
l’art. 2479, comma 2, c.c. stabilisce che certe decisioni
sono riservate «in ogni caso» alla competenza dei soci.
Similmente il diritto tedesco individua le materie per le
quali occorre una determinazione dei quotisti (cfr. il §
46 GmbHG).
Nel caso in cui il comportamento degli amministratori
è preceduto da una decisione dei quotisti, si pone la
questione della misura in cui i gestori rispondono. La
deliberazione dei soci può comportare il dovere in capo
agli amministratori di porre in essere misure attuative.
Gli amministratori hanno la rappresentanza generale
della società (art. 2475 bis c.c.). Essi dunque esprimono
all’esterno la volontà della s.r.l. Se nell’attuare la volontà dei quotisti gli amministratori non godono di discrezionalità, la soluzione da doversi prospettare è nel senso
che la decisione dei soci dispensa da responsabilità i gestori. Ci si trova difatti dinanzi a un’autorizzazione al
compimento dell’operazione rispetto alla quale gli amministratori hanno compiti meramente attuativi. Diverso il caso in cui i gestori godono di un margine di discrezionalità nell’attuazione della volontà dei quotisti.
Laddove questi spazi di libertà vengano utilizzati male
dagli amministratori, cagionando un danno, può affermarsi una loro responsabilità.
L’art. 2476, comma 7, c.c. stabilisce che «sono altresı̀
solidalmente responsabili con gli amministratori, ai sensi
dei precedenti commi, i soci che hanno intenzionalmente deciso o autorizzato il compimento di atti dannosi per la società, i soci o i terzi». Per comprendere il significato di questa disposizione occorre riflettere sul fatto che nella s.r.l. la distribuzione di competenze fra soci
e amministratori non è cosı̀ netta come nella s.p.a. In
quest’ultimo tipo societario vale il principio che «la gestione dell’impresa spetta esclusivamente agli amministratori» (art. 2380 bis, comma 1, c.c.). Nella s.r.l. i quotisti possono invece disporre di ampi poteri. Occorre fare riferimento, in particolare, a quanto previsto dall’art.
2468 c.c. e dall’art. 2479 c.c. L’art. 2468, comma 3, c.c.
sancisce che «resta salva la possibilità che l’atto costitutivo preveda l’attribuzione a singoli soci di particolari diritti riguardanti l’amministrazione della società». L’art.
2479, comma 1, c.c. stabilisce inoltre che «i soci decidono sulle materie riservate alla loro competenza dall’atto costitutivo, nonché sugli argomenti che uno o più
amministratori o tanti soci che rappresentino almeno
un terzo del capitale sociale sottopongono alla loro approvazione».
L’art. 2476, comma 7, c.c. non chiarisce se la responsabilità dei quotisti, solidale con quella dei gestori, sia limitata. In linea di principio «nella società a responsabilità limitata per le obbligazioni sociali risponde soltanto
la società con il suo patrimonio» (art. 2462, comma 1,
c.c.). La responsabilità del quotista è dunque limitata.
La responsabilità dell’amministratore non è invece limitata. Il gestore risponde dell’adempimento delle obbligazioni con tutti i suoi beni presenti e futuri, secondo la
regola stabilita dall’art. 2740, comma 1, c.c. Vi è pertanto il raggiungimento di un equilibrio nella s.r.l.: alla
responsabilità limitata dei quotisti si oppone la responsabilità illimitata degli amministratori (21). Il richiamo
a queste disposizioni consente di comprendere il significato della responsabilità solidale di soci e gestori affermata dall’art. 2476, comma 7, c.c. I quotisti di s.r.l. sono tutelati contro il rischio d’impresa dalla previsione
generale di responsabilità limitata. Se essi assumono anche la funzione di amministratori, alla responsabilità limitata si aggiunge una responsabilità illimitata per gli
atti posti in essere come gestori. Sotto questo profilo ai
Note:
(segue nota 20)
vendita e tutela del consumatore, in Contratto e impresa/Europa, 2004, 860
ss. (trad. di Ferrante); Saenger, I fondamenti della nuova vendita tedesca, in
Contratto e impresa/Europa, 2004, 834 ss. (trad. di Mangels); Sangiovanni,
Contratto di compravendita e riserva di proprietà nel diritto tedesco, in I Contratti, 2005, 511 ss.; Schmidt, Il diritto di regresso del venditore finale nella
compravendita di beni di consumo: teoria e prassi, in La riforma dello Schuldrecht tedesco: un modello per il futuro diritto europeo delle obbligazioni e dei
contratti? (a cura di Cian), Padova, 2004, 227 ss. (trad. di Bolognini e De
Cristofaro).
(21) Cristiano, Azioni di responsabilità contro gli amministratori di s.r.l. nella
riforma del diritto societario, in questa Rivista, 2005, 1018.
LE SOCIETA’ N. 12/2006
1569
OSSERVATORIO INTERNAZIONALE . OPINIONI
quotisti non conviene quindi diventare amministratori.
Ai soci conviene invece avvalersi di altri soggetti che
assumono la qualifica di gestori. Il legislatore è però preoccupato del fatto che i quotisti possano avvalersi di
prestanome per lo svolgimento della funzione amministrativa. I soci potrebbero dare istruzioni agli amministratori, salvo poi ripararsi dietro lo schermo della responsabilità limitata della società per sfuggire a qualsiasi
sanzione negativa. Il legislatore desidera evitare che si
realizzi una situazione del genere e sancisce la responsabilità del quotista, aggiuntiva a quella del gestore, quando vi sia preordinazione nella realizzazione di atti dannosi.
Nell’interpretare l’art. 2476, comma 7, c.c. pare doversi
distinguere fra due ipotesi. Quando le decisioni vengono adottate direttamente dai quotisti e non vi sono atti
esecutivi degli amministratori, i soci rispondono da soli
(mentre i gestori non rispondono) per le conseguenze
dannose che si realizzano. La fattispecie regolata dall’art.
2476, comma 7, c.c. è diversa. Questa disposizione prevede un concorso di responsabilità di quotisti e amministratori, situazione che si può realizzare quando i soci
hanno contribuito alla realizzazione di atti dannosi mediante decisione o autorizzazione. Si tratta della ipotesi
in cui il danno è cagionato dall’operare congiunto di
uno o più quotisti e di uno o più gestori.
Sul significato dell’avverbio «intenzionalmente», utilizzato da legislatore nell’art. 2476, comma 7, c.c., sono
state avanzate diverse ipotesi interpretative. La legge dice che i quotisti rispondono se hanno «intenzionalmente» deciso o autorizzato il compimento di atti dannosi.
Una parte della dottrina ha fatto notare che la decisione o l’autorizzazione sono sempre «intenzionali», cosicché l’avverbio «intenzionalmente» sarebbe pleonastico.
In realtà è da preferire l’interpretazione secondo cui la
responsabilità dei quotisti sussiste solo in caso di dolo
concernente il danno. Occorre, in altre parole, che i soci abbiano voluto cagionare un nocumento mediante la
decisione o l’autorizzazione del compimento di certi atti (22). Un’interpretazione diversa avrebbe per effetto
di estendere eccessivamente la responsabilità dei quotisti, sino a entrare in conflitto con il caposaldo di tutta
la disciplina della s.r.l.: la responsabilità limitata dei soci.
Nel diritto tedesco si ritiene che i quotisti abbiano la
possibilità d’impartire istruzioni agli amministratori.
Quando i soci danno indicazioni su come operare, la discrezionalità di cui dispone l’organo amministrativo viene meno. Gli amministratori che eseguono le istruzioni
dei soci vanno dunque, in linea di principio, esenti da
responsabilità. La volontà dei soci deve, peraltro, trovare espressione in una deliberazione assembleare oppure comunque - nel consenso manifestato da tutti i detentori di partecipazioni. L’opinione dottrinale è nel senso
che l’indicazione data da un singolo quotista, fosse anche quello di maggioranza, non sia sufficiente (23). In
una recente sentenza del BGH è stato affermato il prin-
1570
LE SOCIETA’ N. 12/2006
n
cipio che un’azione o un’omissione dell’amministratore
realizzata con l’accordo di tutti i soci non configura una
violazione di dovere che fa sorgere responsabilità (24).
In alternativa rispetto alla deliberazione preventiva la
legittimazione dell’operato del gestore può avvenire a
posteriori, vale a dire dopo che l’operazione è stata posta
in essere. In questo caso la successiva decisione dei soci
ratifica e sana i precedenti comportamenti degli amministratori.
In linea di principio si può dunque affermare che, nel
diritto tedesco, le preventive istruzioni dei quotisti come
pure le successive ratifiche da parte dei soci del comportamento posto in essere dagli amministratori dispensano
da responsabilità. Occorre tuttavia porre attenzione a
certe situazioni in cui una tale esenzione non può realizzarsi. La legge stabilisce espressamente che se il risarcimento del danno è necessario per il soddisfacimento dei
creditori della società l’obbligo degli amministratori di
risarcire non viene meno per il fatto che questi hanno
agito in esecuzione di una deliberazione dei quotisti (§
43, comma 3, GmbHG). Sono specificati due casi in
cui le indicazioni dei soci non producono effetti liberatori: quando l’organo amministrativo effettua pagamenti
che diminuiscono il patrimonio della società in violazione del § 30 GmbHG e quando dispone l’acquisto di
quote proprie della GmbH in violazione del § 33
GmbHG. La considerazione di fondo, da cui è difficile
prescindere, è che determinati obblighi previsti dalla
legge sono posti a tutela dei creditori della società. Laddove l’istruzione dei quotisti fosse idonea a esentare gli
amministratori da responsabilità, questi avrebbero via libera nell’adottare iniziative che vanno a danno di terzi.
In sostanza soci e gestori sarebbero «alleati» nel danneggiare i creditori.
L’obbligo di risarcimento
N
el diritto italiano si prevede espressamente
che gli amministratori sono responsabili dei
danni derivanti dall’inosservanza dei doveri ad
essi imposti (art. 2476, comma 1, c.c.). Similmente il §
43, comma 2, GmbHG stabilisce che gli amministratori
rispondono solidalmente nei confronti della società per
il danno che deriva alla GmbH dalla violazione degli obNote:
(22) In questo senso Ambrosini, op. cit., 1604; Irace, La responsabilità per
atti di eterogestione, in La nuova disciplina della società a responsabilità limitata
(a cura di Santoro), Milano, 2003, 187 s. e 190; Parrella, op. cit., 133; Rivolta, Introduzione a un dibattito sulla nuova società a responsabilità limitata,
in Le grandi opzioni della riforma del diritto e del processo societario (a cura di
Cian), Padova, 2004, 300 s.; Santosuosso, I sistemi di amministrazione e
controllo nel nuovo diritto societario, in Vita not., 2003, 643.
(23) Cfr. Fichtelmann, in Bartl/Fichtelmann/Schlarb/Schulze (a cura di),
Heidelberger Kommentar zum GmbH-Recht, V ed., Heidelberg, 2002, § 43
Rn. 20; Hommelhoff/Kleindiek, op. cit., § 43 Rn. 22; Zöllner, op. cit., §
43 Rn. 28.
(24) BGH, sentenza del 7 aprile 2003, in GmbHR, 2003, 712 ss., con nota di Blöse.
n
OSSERVATORIO INTERNAZIONALE . OPINIONI
blighi che fanno loro capo. Queste disposizioni che obbligano a risarcire il danno sono di fondamentale importanza per assicurare una buona gestione dell’impresa.
L’amministratore è consapevole che, nel gestire un patrimonio che non gli appartiene (o che al più, se è socio, gli appartiene pro quota), deve osservare una serie
di doveri. Egli sa, inoltre, che - nel caso violi tali obblighi - risponde nei confronti della società. L’obbligo di
risarcire il danno ha dunque non solo una funzione «riparatoria» una volta che il nocumento si è verificato,
ma anche una funzione «preventiva»: far sı̀ che l’amministratore adotti tutte le cautele necessarie per evitare
che il patrimonio della società venga intaccato (25).
Condizione necessaria affinché possa essere fatta valere
la responsabilità degli amministratori da parte della società è la sussistenza di un danno. I comportamenti posti in essere dai membri dell’organo amministrativo non
possono essere sindacati, anche se contrari ai loro doveri, se non hanno determinato alcun nocumento. «Danno» è qualsiasi riduzione del patrimonio sociale realizzatasi in conseguenza di azioni od omissioni poste in essere in spregio degli obblighi che fanno capo agli amministratori.
Fra la violazione del dovere posta in essere dall’amministratore e il danno deve sussistere un nesso di causalità.
Nel diritto italiano questo legame è espresso dalla parola: danni «derivanti» dall’inosservanza di doveri (art.
2476, comma 1, c.c.). Il nesso fra condotta e danno è
dato quando il nocumento non si sarebbe verificato se
il comportamento fosse stata conforme agli obblighi. Se
risulta che il danno si sarebbe realizzato comunque (vale
a dire indipendentemente dalla condotta illegittima dell’organo amministrativo), il nesso di causalità è escluso.
L’azione o l’omissione dell’amministratore, per quanto
contraria a dovere, non ha difatti influito sulla causazione del nocumento.
Secondo una recente sentenza della Corte di appello di
Berlino, il danno si calcola secondo la c.d. «ipotesi differenziale» (Differenzhypothese) (26). In sostanza occorre
confrontare la situazione patrimoniale della società che
sussisterebbe teoricamente (vale a dire senza il comportamento illegittimo dell’amministratore) e quella che
sussiste realmente (in conseguenza della condotta contraria a dovere). Se il patrimonio sociale è diminuito e
tale diminuzione è riconducibile all’operato del membro
dell’organo amministrativo, allora questi risponde per la
differenza.
La responsabilità solidale sussiste naturalmente solo nel
caso vi sia una pluralità di soggetti investiti del potere
amministrativo. L’amministrazione della s.r.l. italiana
può essere affidata a uno o più soci (art. 2475, comma 1,
c.c.). Similmente la GmbH tedesca può essere gestita da
uno oppure da più amministratori (§ 6, comma 1,
GmbHG). Se vi è un solo amministratore, questi è l’unica persona a rispondere. Non si pongono problemi di
solidarietà.
Se è invece nominata una pluralità di amministratori,
occorre - di volta in volta - capire se la responsabilità è:
1) di uno solo di essi, oppure 2) di più gestori, oppure
3) di tutti. Il fatto che vi siano più gestori non significa
che essi siano tutti automaticamente responsabili nei
confronti della società. La responsabilità non discende
dal semplice fatto di essere amministratore. La responsabilità del gestore è personale e, in linea di principio,
colpisce il solo soggetto che compie l’atto che cagiona
il danno (27). Nel diritto italiano questo principio è ricavabile dall’art. 2476, comma 1, frase 2, c.c., il quale
prevede che «la responsabilità non si estende a quelli
che dimostrino di essere esenti da colpa e, essendo a cognizione che l’atto si stava per compiere, abbiano fatto
constare del proprio dissenso». Due sono i presupposti
che consentono a un amministratore di non rispondere
solidalmente con gli altri gestori: 1) essere esente da colpa; e 2) se a cognizione dell’atto, fare constare il proprio
dissenso.
Per quanto riguarda il fatto di essere esente da colpa, si
tratta di una fattispecie che può realizzarsi - per esempio - quando un amministratore subentra a un precedente gestore (28). Si immagini il caso di un consiglio
di amministrazione composto di tre membri. Ad un
certo punto uno dei tre amministratori rimette l’incarico e viene sostituito da uno nuovo. Se viene esercitata
un’azione di responsabilità nei confronti dei gestori per
violazioni poste in essere prima dell’assunzione dell’incarico da parte del nuovo amministratore, questi deve
ritenersi esente da colpa. Più in generale l’esenzione da
colpa può essere affermata quando un gestore non era
a conoscenza dell’inosservanza di dovere, posta in essere da un altro amministratore, da cui è derivato il danno (29). Un gestore ignaro non è colpevole. La mancanza di conoscenza può essere dovuta a ragioni diverse e può dipendere anche dalle caratteristiche del regime di amministrazione prescelto. Occorre tuttavia accertare se l’ignoranza non dipenda da colpa dell’ammi-
Il carattere solidale della responsabilità
e i diversi regimi di amministrazione
Note:
N
el diritto italiano la responsabilità degli amministratori di s.r.l. ha carattere solidale (art.
2476, comma 1, c.c.). Allo stesso modo la
legge tedesca stabilisce che gli amministratori rispondono solidalmente per il danno che hanno causato alla società (§ 43, comma 2, GmbHG).
(25) Sturm, Geschäftsführer-Innenhaftung: Disposivität der fünfjährigen Verjährungsfrist des § 43 Abs. 4 GmbHG, in GmbHR, 2004, 573.
(26) KG Berlin, sentenza del 17 dicembre 2004, in GmbHR, 2005, 477
ss., con nota di Brötzmann.
(27) Ambrosini, op. cit., 1592.
(28) Cosı̀ Mainetti, op. cit., 1067.
(29) Parrella, op. cit., 123.
LE SOCIETA’ N. 12/2006
1571
OSSERVATORIO INTERNAZIONALE . OPINIONI
nistratore, vale a dire dalla violazione di un dovere di
vigilare (30).
Il secondo elemento necessario per escludere la responsabilità di un amministratore è che questi abbia fatto
constare del proprio dissenso. Il dissenso va fatto constare solo quando il gestore era a cognizione che l’atto si
stava per compiere. Del resto un dissenso si può esprimere solo se si è a conoscenza di una progettata operazione. Si devono insomma effettuare alcune distinzioni.
Se l’amministratore non era a conoscenza del compimento di un atto dannoso, non ne risponde. Se invece
il gestore era a conoscenza del compimento dell’atto, ne
risponde. Tuttavia l’amministratore va esente da responsabilità se fa constare il proprio dissenso. Non è tuttavia
sufficiente fare constare il proprio dissenso, perché bisogna anche essere esenti da colpa, dice la legge. Un’esenzione da colpa non può operare nella misura in cui si ritenga che gli amministratori abbiano il dovere di controllare l’operato degli altri e abbiano violato tale obbligo. La sussistenza, e soprattutto l’ampiezza, di un dovere
di vigilanza dei gestori è discussa. L’estensione dell’obbligo di controllare dipende anche dal meccanismo di
amministrazione che è stato prescelto. Occorre allora
passare all’esame dei diversi moduli amministrativi attuabili nella s.r.l.
L’art. 2476, comma 1, c.c. va difatti letto unitamente
all’art. 2475 c.c., la disposizione che regola l’amministrazione della s.r.l. Si tratta di una norma che si ispira al
massimo potere dell’autonomia privata, la quale può
creare modelli di amministrazione del tutto differenti (31). Fra i sistemi attuabili vi è quello del consiglio di
amministrazione, sulla falsariga di quanto previsto nella
s.p.a., oppure è possibile orientarsi ai sistemi previsti per
le società di persone, ovvero l’amministrazione disgiuntiva o congiuntiva. Il modello di amministrazione prescelto influisce sul regime di responsabilità degli amministratori.
Quando sono previsti modelli di decisione all’unanimità
(vale a dire sistemi per i quali le decisioni richiedono il
consenso di tutti gli amministratori), non si pongono
problemi di responsabilità dei singoli (32). I modelli
unanimistici sono due: l’amministrazione congiuntiva ex
art. 2258 c.c. e la previsione di un consiglio di amministrazione che decide all’unanimità. In entrambi i casi
non si pongono problemi di responsabilità di singoli amministratori. La decisione deve essere presa da tutti e
tutti ne rispondono. Non vi può essere un dissenso che
viene fatto valere da qualcuno. Se vi fosse dissenso,
non vi sarebbe nemmeno decisione per mancanza di
unanimità. Il dissenso di uno impedirebbe che venga assunta la decisione e che venga compiuto l’atto: non
può cosı̀ subentrare il danno e non occorre chiedersi di
chi sia la responsabilità. A ben guardare, però, anche in
un regime che prevede l’unanimità si possono ipotizzare
casi in cui singoli amministratori rispondono. Una responsabilità può ipotizzarsi nel caso di mancato compimento di un’azione dovuta. Si immagini che vi sia un
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consiglio di amministrazione composto di tre amministratori che deve decidere all’unanimità. Due gestori ritengono che una certa azione è necessaria nell’interesse
della società. Se il terzo amministratore vi si oppone,
non si raggiunge l’unanimità e l’azione non può essere
compiuta. Se subentra il danno, il terzo amministratore
può essere ritenuto responsabile perché ha impedito il
compimento dell’atto. Gli altri due amministratori non
possono invece ritenersi responsabili perché volevano
che l’atto si compisse.
La questione si complica quando sono previsti modelli
di amministrazione per effetto dei quali le decisioni possono essere prese da singoli amministratori, oppure da
una pluralità di amministratori, ma comunque non da
tutti e dunque al di fuori dal meccanismo della unanimità dei consensi.
Il primo caso è quello della amministrazione disgiuntiva,
regime nel quale ciascun amministratore decide da solo
per la società. In una situazione del genere risponde
esclusivamente il gestore che ha preso la decisione.
Una responsabilità degli altri potrebbe tuttavia essere affermata in caso di omessa opposizione a fronte di un’operazione pregiudizievole (33). L’art. 2257, comma 2,
c.c., articolo richiamato espressamente dall’art. 2475,
comma 3, c.c., stabilisce che «se l’amministrazione spetta disgiuntamente a più soci, ciascun socio amministratore ha diritto di opporsi all’operazione che un altro voglia compiere, prima che sia compiuta». Ora si immagini il caso di una s.r.l. con tre amministratori e con un
modello di amministrazione disgiuntiva. Il gestore Tizio
ha in mente di compiere una determinata operazione
(si pensi all’acquisto di un immobile) e, essendo titolare
del potere di amministrazione in via disgiuntiva, può
procedervi senza il consenso degli altri (34). Si supponga ora che Tizio comunichi agli altri due amministratori
che ha intenzione di comprare l’immobile. Se Caio e
Sempronio sanno che l’operazione è dannosa per la società (ad esempio perché l’immobile viene acquistato a
un prezzo più elevato del suo valore reale), essi devono
esercitare il diritto di opposizione (art. 2257, comma 2,
c.c.). Altrimenti, realizzatasi l’operazione e verificatosi il
danno, rischiano di rispondere in via solidale con Tizio.
Note:
(30) Cfr. Santosuosso, I sistemi, cit., 642 s.
(31) Sui diversi possibili modelli di amministrazione della s.r.l. dopo la riforma cfr. Rordorf, I sistemi di amministrazione e di controllo nella nuova
s.r.l., in questa Rivista, 2003, 668 s.; Sangiovanni, Die Neuregelung der Geschäftsführung in der italienischen società a responsabilità limitata, in corso
di pubblicazione in GmbHR, 2006. Più in generale in materia di amministrazione e controllo nelle nuove società di capitali v. Salafia, Amministrazione e controllo delle società di capitali nella recente riforma societaria, in questa Rivista, 2002, 1465 ss.
(32) Ambrosini, op. cit., 1593; Cagnasso, op. cit., 1880.
(33) Cagnasso, op. cit., 1880 s.
(34) Sulla base dell’assunto che tale amministratore abbia la rappresentanza della società. Cfr. l’art. 2266 c.c. per la s.s. e l’art. 2475 bis c.c. per
la s.r.l.
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I due amministratori risponderebbero perché non si sono opposti alla progettata operazione di Tizio pur essendone a conoscenza. Se però Caio e Sempronio si oppongono, la decisione viene rimessa alla maggioranza
dei soci, determinata secondo la parte attribuita a ciascun socio negli utili (art. 2257, comma 3, c.c.). A questo punto i quotisti possono decidere che si debba dare
seguito all’operazione oppure esercitare il veto. Se l’operazione viene vietata, non si può evidentemente realizzare alcun danno. Si supponga invece che i quotisti
autorizzino l’operazione proposta da Tizio, nonostante
l’opposizione di Caio e Sempronio. In questo caso Caio
e Sempronio, che hanno esercitato il diritto di opposizione, hanno fatto constare il proprio dissenso ai sensi
dell’art. 2476, comma 1, frase 2, c.c. e vanno dunque
esenti da responsabilità.
Vi è poi il caso dell’amministrazione congiuntiva a maggioranza (cfr. l’art. 2258, comma 2, c.c.). In questa ipotesi la decisione viene assunta dalla maggioranza degli
amministratori. Per andare esente da responsabilità il
gestore interpellato relativamente a una certa decisione
deve, se non è d’accordo, far constare il proprio dissenso. Nell’esempio fatto sopra di una s.r.l. con tre amministratori, in caso di amministrazione congiuntiva a maggioranza basta il consenso di due amministratori. Il terzo
gestore, che vuole che non si proceda all’operazione, ha
l’onere di far constare il proprio dissenso. Cosı̀ facendo
si assicura che rispondono solo gli altri due amministratori nei confronti della società.
Infine vi è il caso del consiglio di amministrazione. Qui
le decisioni vengono prese secondo il modello collegiale. L’amministratore dissenziente deve fare risultare il
proprio dissenso.
Si deve poi accennare alla possibilità che, all’interno
del consiglio di amministrazione, certe competenze siano state delegate ad alcuni amministratori. Innanzitutto
va osservato che la delega di poteri, pur essendo espressamente prevista solo nella s.p.a. (art. 2381 c.c.), deve
ritenersi legittima anche nella s.r.l. A questa conclusione porta la considerazione che l’amministrazione della
s.r.l. è ispirata alla massima flessibilità e al dominio pressoché incontrastato dell’autonomia privata. I quotisti
possono dunque decidere che l’amministrazione operi
secondo meccanismi di delega di poteri. Le conseguenze
della delega di poteri sono regolate nella s.p.a. all’art.
2392, comma 1, frase 2, c.c., il quale prevede che gli
amministratori sono solidalmente responsabili verso la
società dei danni derivanti dall’inosservanza di doveri,
«a meno che si tratti di attribuzioni proprie del comitato esecutivo o di funzioni in concreto attribuite ad uno
o più amministratori». Il principio espresso dall’art.
2392, comma 1, frase 2, c.c. deve ritenersi applicabile
analogicamente alla s.r.l. (35). Ciò significa che i singoli amministratori, in caso di delega di poteri, rispondono
solo per le decisioni assunte nel proprio ambito di competenza. Gli altri gestori non sono responsabili. E tuttavia l’art. 2392, comma 2, c.c. chiarisce che in ogni caso
gli amministratori sono «solidalmente responsabili se,
essendo a conoscenza di fatti pregiudizievoli, non hanno
fatto quanto potevano per impedirne il compimento o
eliminarne o attenuarne le conseguenze dannose».
Non risolto dal legislatore è il problema di una possibile
«ripartizione di fatto» delle competenze. Potrebbe cioè
accadere che, pur in assenza di una formale suddivisione
degli ambiti di operatività, un amministratore si trovi a
svolgere costantemente certe mansioni all’interno della
società, mentre un altro gestore si occupa sempre di altri
aspetti. In casi del genere si potrebbe - forse - ritenere
applicabile anche alla s.r.l. il principio statuito dall’art.
2392, comma 1, frase 2, c.c., secondo cui gli altri amministratori non rispondono degli atti posti in essere da
un amministratore all’interno delle competenze che gli
sono state attribuite (36).
Nell’ordinamento tedesco si giunge a conclusioni simili
a quelle che valgono nel nostro ordinamento. Più amministratori sono responsabili solidalmente quando hanno posto in essere congiuntamente il comportamento
che ha causato il danno. Ciascun gestore è invece responsabile di quanto avviene all’interno dell’ambito di
competenza che gli è stato attribuito. In questo caso gli
errori e le omissioni di uno degli amministratori non
comportano responsabilità degli altri. Chi non ha posto
in essere il comportamento causativo del danno risponde solo nella misura in cui gli può essere rimproverata
la violazione di un obbligo di vigilanza sull’operato altrui (37).
Occorre infine accennare alle modalità con le quali gli
amministratori devono fare constare il proprio dissenso.
L’art. 2476, comma 1, c.c. prevede per le s.r.l. che l’amministratore faccia «constare del proprio dissenso», senza ulteriori specificazioni. Nelle s.p.a. la legge è più dettagliata e stabilisce che la responsabilità per gli atti o le
omissioni degli amministratori non si estende a quello
tra essi che, essendo immune da colpa, «abbia fatto annotare senza ritardo il suo dissenso nel libro delle adunanze e delle deliberazioni del consiglio, dandone immediata notizia per iscritto al presidente del collegio sindacale» (art. 2392, comma 3, c.c). Nelle s.r.l. non è richiesta né l’annotazione nel libro delle adunanze e delle
deliberazioni del consiglio né la comunicazione al presidente del collegio sindacale. La mancata previsione della comunicazione al collegio sindacale si comprende alla
luce della circostanza che il collegio sindacale non è
sempre obbligatorio nella s.r.l. (cfr. l’art. 2477 c.c.). Anche qui, tuttavia, non è sbagliato porsi la domanda se
una tale comunicazione non debba ritenersi necessaria
nei casi in cui un collegio sindacale è presente perché
previsto nell’atto costitutivo (art. 2477, comma 1, c.c.)
Note:
(35) Ambrosini, op. cit., 1593; Cagnasso, op. cit., 1881.
(36) Cfr. Caccavale, op. cit., 358.
(37) Zöllner, op. cit., § 43 Rn. 23.
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oppure perché imposto dalla legge quando il capitale sociale raggiunge una certa soglia (art. 2477, comma 2,
c.c.). Inoltre occorre chiedersi perché non è stata riprodotta la disposizione che impone l’annotazione nel libro
delle adunanze e delle deliberazioni del consiglio. Questo libro è difatti obbligatorio anche nella s.r.l., tipo societario nel quale prende il nome di «libro delle decisioni degli amministratori» (art. 2478 c.c.). Secondo un’opinione dottrinale l’art. 2392, comma 3, c.c. è applicabile analogicamente alla s.r.l. (38). Anche in questo tipo societario sarebbe dunque necessaria l’annotazione
nel libro delle decisioni degli amministratori del dissenso di un gestore, al fine di andare esente da responsabilità. Secondo un’opinione diversa sarebbe invece sufficiente che il dissenso venga manifestato in altre forme,
purché per iscritto (39). Secondo un’ulteriore tesi, al
problema della individuazione delle modalità di espressione della volontà di dissentire non può essere data
una risposta univoca. La forma richiesta per il dissenso
dipenderebbe invece dalle circostanze del caso e in particolare dal regime di amministrazione prescelto. Secondo quest’ultima opinione vi sarebbe sostanziale libertà
nelle modalità di espressione del dissenso, a condizione
che la divergenza di opinioni venga manifestata in modo idoneo (40). Nel caso di amministrazione disgiuntiva per esempio, vi si è accennato sopra, il dissenso è
espresso mediante l’esercizio del diritto di opposizione di
cui all’art. 2257, comma 2, c.c.
Se la decisione che ha causato il danno è stata presa da
più amministratori, questi rispondono «solidalmente».
nei confronti della società. Nel diritto italiano la nozio-
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ne di solidarietà è rinvenibile nell’art. 1292 c.c.: «l’obbligazione è in solido quando più debitori sono obbligati
tutti per la medesima prestazione, in modo che ciascuno
può essere costretto all’adempimento per la totalità e
l’adempimento da parte di uno libera gli altri». Anche
nel diritto tedesco trova applicazione la corrispondente
disposizione di carattere generale sulla responsabilità solidale (§ 421 BGB). Questa norma prevede che quando
più persone sono tenute a rendere l’intera prestazione, il
creditore può - a sua scelta - chiedere la prestazione (in
tutto o in parte) a uno qualsiasi dei debitori. Se, per
esempio, gli amministratori colpevoli sono due e il danno ammonta a 100.000 euro, la società può chiedere
l’intera somma a entrambi (come succederà nella quasi
totalità dei casi, per aumentare le probabilità che l’importo possa essere recuperato almeno da uno di essi) oppure a uno solo di essi (ad esempio perché si ha la certezza della sua solvibilità, mentre si reputa non solvibile
l’altro). Una volta ottenuto il pagamento integrale anche da uno solo dei gestori, l’obbligazione risarcitoria
nei confronti della società si estingue. L’amministratore
che ha pagato l’intero ha tuttavia diritto di rivalersi pro
quota (nell’esempio fatto: 50.000 euro) nei confronti
dell’altro.
Note:
(38) Ambrosini, op. cit., 1592.
(39) Cagnasso, op. cit., 1881.
(40) Cfr. Mainetti, op. cit., 1067; Silvestrini, op. cit., 695.
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