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Riabilitazione e ritorno allo sport
183 Capitolo 13 Riabilitazione e ritorno allo sport Stefano Della Villa, Margherita Ricci, Davide Fazzini L’obiettivo principale della riabilitazione dell’atleta dopo intervento chirurgico a carico della cartilagine è il recupero della funzione e il ritorno allo sport in tempi rapidi e nel modo più sicuro possibile. Per questo la riabilitazione deve iniziare precocemente, essere progressiva ed avvenire sotto lo stretto controllo del team di cura. Nel Capitolo tratteremo i principi generali del percorso riabilitativo dopo intervento di cartilagine richiamando gli accorgimenti specifici a seconda delle tecniche chirurgiche impiegate e della sede di lesione (condilo femorale e rotulea). Figura 13.1. Elaborazione del protocollo. IL PROGRAMMA RIABILITATIVO Durante il percorso riabilitativo il paziente fa parte di un team di cura costituito da ortopedico, fisiatra, medico dello sport, rieducatore e paziente stesso. L’ortopedico, una volta effettuato l’intervento, prescrive o meno l’utilizzo di un tutore e stabilisce le tempistiche per l’inizio della riabilitazione. Conoscendo nei dettagli la situazione dei tessuti coinvolti dalla tecnica chirurgica, dà le indicazioni riguardo a tempi di carico e range of motion (ROM). Il fisiatra e il medico dello sport sono le prime figure con cui s’interfaccia il paziente dopo l’intervento chirurgico. Essi elaborano il protocollo riabilitativo in funzione delle indicazioni dell’ortopedico e delle linee guida (Figura 13.1). Il rieducatore è la figura professionale che quotidianamente si relaziona con il paziente entrando in sintonia con lui. Il paziente, più che oggetto passivo delle terapie, è protagonista della sua riabilitazione. La comunicazione fra le diverse figure professionali è fondamentale per il raggiungimento del migliore risultato. La comunicazione è sia scambio di informazioni per monitorare le condizioni del paziente e intervenire in caso di complicanze, sia spiegazione chiara e semplice al paziente degli obiettivi del percorso riabilitativo e dei diversi stadi in cui questo avviene. GLI sPAzI RIABILITATIVI Il recupero del paziente avviene in un contesto che mette a disposizione luoghi idonei come palestra, piscina e campo sportivo. L’utilizzo di questi spazi in momenti ben definiti del percorso riabilitativo è fondamentale per il raggiungimento del massimo recupero funzionale possibile al completamento del percorso stesso. La palestra rappresenta l’ambiente riabilitativo per eccellenza dove avviene mediamente il 60% del numero totale delle sedute. Durante la seduta riabilitativa il paziente è sottoposto a un mix di terapie fisiche e manuali, oltre a svolgere gli esercizi specifici dei singoli stadi. Subito dopo la desutura, il paziente deve iniziare la riabilitazione in piscina, che copre circa il 20% delle sedute totali (Figura 13.2). L’ambiente acquatico offre numerosi vantaggi, dando la possibilità di lavorare in assenza di gravità, controllare la progressione dei carichi, favorire l’articolarità, riprodurre gli schemi motori e simulare gesti specifici com- 184 caRtilagine istruzioni per l’uso Figura 13.2. Riabilitazione in piscina. plessi che poi dovranno essere riportati nell’ambiente esterno. Il campo sportivo rappresenta la sede principale dell’ultimo stadio che permette al paziente di tornare a praticare la sua attività sportiva. Sul campo si svolge il restante 20% delle sedute. IL PROTOCOLLO RIABILITATIVO Il protocollo riabilitativo deve essere personalizzato, progressivo e supervisionato (1): personalizzato, in base alle caratteristiche del paziente (età, livello sportivo, obiettivi e stato generale di salute), al tipo di lesione (localizzazione e dimensione) e alla tipologia di intervento chirurgico (tecnica chirurgica e chirurgia associata) (2) progressivo, secondo le precauzioni suggerite dall’ortopedico e le risposte clinico funzionali del paziente supervisionato e modificabile, sulla base delle eventuali complicanze (“freno”) e dei feedback positivi (“accelero”). Per questo sono previste visite di controllo periodiche dell’ortopedico e del fisiatra e sono programmati i test di valutazione. Il protocollo riabilitativo è suddiviso in 4 periodi caratterizzati dal raggiungimento di obiettivi clinicofunzionali e di criteri di sicurezza per passare allo stadio successivo (Tabella 13.1). Primo stadio La sua durata è indicativamente di 3 mesi, a partire dall’intervento. I suoi obiettivi sono controllo del dolore e dell’infiammazione, recupero iniziale dell’articolarità e recupero del cammino. Il carico progressivo e la mobilizzazione precoce sono gli elementi fondamentali di questo stadio. Le sedi principali sono palestra e piscina. Gli effetti deleteri dell’astensione dal carico e dell’immobilizzazione sono noti in letteratura (3) e riscontrati nella pratica quotidiana. D’altra parte il carico progressivo e il ROM graduale e controllato sono determinanti per favorire la guarigione della cartilagine e prevenire le adesioni e le rigidità (2). In linea generale è prevista l’astensione totale dal carico nell’immediato post-operatorio (deambulazione concessa con l’ausilio di 2 antibrachiali) in cui è fondamentale la protezione del graft. Seguiranno un adeguato periodo di carico sfiorato (Figura 13.3) e il progressivo abbandono degli antibrachiali (prima uno, poi entrambi). I tempi variano in relazione al tipo di intervento chirurgico e alla sede della lesione. Mediamente si va dai 40 giorni per le microfratture ai 2 mesi per il trapianto di condrociti autologhi, senza dimenticare le elevate variazioni individuali. Non c’è accordo sui tempi esatti di concessione del carico. Alcuni studi hanno confrontato un carico accelerato (6-8 settimane) con il carico in tempi standard (8-10 settimane) con risultati clinici e funzionali buoni a 2 anni nel gruppo con carico accelerato (4). Nei casi di lesione femoro-rotulea è possibile un carico precoce con tutore bloccato in estensione. La ripresa del carico è un momento molto importante del percorso riabilitativo. Essa deve essere graduale ed avvenire con l’ausilio della palestra e della piscina che devono integrarsi via via con le attività quotidiane del paziente. L’eventuale comparsa di dolore o gonfiore è un evento relativa- Figura 13.3. Il carico progressivo. OBIETTIVI Controllo dolore e infiammazione Recupero iniziale del ROM Recupero del cammino Recupero completo dell'articolarità Recupero progressivo della forza Recupero della corsa Recupero della coordinazione Recupero completo della forza Recupero del gesto tecnico FASI 1° Stadio (dall'intervento al 3° mese) 2° Stadio (4° e 5° mese) 3° Stadio (dal 6° al 9° mese) 4° Stadio (dal 10° al 12° mese) Carico completo Carico completo Carico completo Se il ginocchio fa male o tende a gonfiarsi, diminuire i carichi e consultare il chirurgo 0-2 settimane: no carico 2-6 settimane: carico sfiorato 6-8 settimane: graduale abbandono antibrachiali CARICO Articolarità completa Stretching per quadricipite e ischiocrurali Articolarità completa Stretching per quadricipite e ischiocrurali Mobilizzazioni rotulee CPM, 1 ciclo al minuto 6/8 ore al giorno per le prime 2/4 settimane Mobilizzazioni autoassistite Mobilizzazioni rotulee Pendolo ROM Esercizi sul campo sportivo (almeno 10 settimane prima di riprendere a praticare il proprio sport) Esercizi propriocettivi avanzati Esercizi di rinforzo in CCC e CCA Esercizi di core-stability Ricondizionamento aerobico Allenamento isocinetico ad alte velocità angolari Esercizi propriocettivi in carico monopodalico Esercizi di rinforzo in CCC e CCA Esercizi di core-stability Ricondizionamento aerobico Ricondizionamento aerobico (cyclette, cammino su tapis-roulant, ellittica) Rinforzo eccentrico del tricipite Esercizi propriocettivi in carico bipodalico Esercizi di rinforzo in CCC Contrazioni isometriche del quadricipite Elettrostimolazione del quadricipite Mobilizzazione attiva della caviglia Stretching catena posteriore Esercizi propriocettivi in scarico Laser He-Ne e ghiaccio Dalla 3a settimana: esercizi in acqua Dalla 6a settimana: cyclette orizzontale ESERCIZI RIABILITATIVI Valutazione clinica del chirurgo positiva Nessun deficit di forza al test isocinetico Soglie adeguate per sport praticato e ruolo Completamento del lavoro sul campo Capacità di correre su tapis-roulant a 8 km/h per 10' Forza > 80% arto controlaterale al test isocinetico Assenza di dolore e gonfiore Articolarità completa Adeguato tono-trofismo tronco, coscia e gamba Dolore e gonfiore minimi o assenti Estensione completa Schema passo recuperato Nessuna controindicazione chirurgica CRITERI PER PASSARE ALLO STADIO SUCCESSIVO Tabella 13.1. Protocollo riabilitativo dopo intervento chirurgico a carico della cartilagine. I tempi di durata delle fasi sono assolutamente indicativi. caPitOlO 13 Riabilitazione e ritorno allo sport 185 186 caRtilagine istruzioni per l’uso mente frequente che comporta il rallentamento della cura. La mobilizzazione continua passiva (CPM) (Figura 13.4) è introdotta il più presto possibile, anche in seconda giornata, per evitare le conseguenze dell’immobilizzazione e per promuovere la guarigione della cartilagine (5, 6). La conoscenza della biomeccanica (area di contatto e carichi generati durante i movimenti) è essenziale per evitare il danneggiamento del graft. Diversi studi suggeriscono un protocollo di 1 ciclo al minuto per 6/8 ore al giorno per le prime settimane (7, 8). Il ROM per cui è prescritta la CPM dipende ovviamente dalla localizzazione della lesione. Con il passare del tempo, alla CPM vengono aggiunti altri esercizi per recuperare l’articolarità, quali esercizi di mobilizzazione in scarico e cyclette, entrambi in un ROM libero da dolore. Indipendentemente da sede e tipo di intervento è fondamentale raggiungere il prima possibile l’estensione completa che permetta il pieno recupero del passo. In questo stadio il paziente alterna sedute in palestra a sedute in piscina. L’acqua offre infatti numerosi vantaggi tra cui lavoro in assenza di carico, maggior controllo nella progressione dei carichi e recupero precoce dello schema del passo. Inoltre agevola la fluidità articolare ed è un valido supporto per il condizionamento aerobico del paziente. In palestra il rieducatore alterna l’applicazione di terapie fisiche quali il laser a elio-neon (HeNe) a terapie manuali quali la mobilizzazione rotulea e il massaggio drenante di ginocchio, molto utile per ridurre l’edema post-operatorio. Vengono inoltre proposti esercizi di mobilizzazione assistita, esercizi passivi quali stretching della catena posteriore per il recupero dell’estensione, contrazioni isometriche del quadricipite Figura 13.4. La mobilizzazione. ed elettrostimolazione. Per il controllo del dolore e dell’infiammazione sono fondamentali anche l’utilizzo di ghiaccio e la prescrizione di riposo. I criteri di sicurezza per passare allo stadio successivo sono: nessuna controindicazione chirurgica dolore e gonfiore minimi o assenti estensione completa schema del passo recuperato. Secondo stadio La sua durata è circa 2 mesi. Gli obiettivi sono recupero completo dell’articolarità e recupero progressivo della forza muscolare. La progressione dei carichi e il ricondizionamento aerobico sono gli elementi fondamentali, ma non esclusivi, di questo stadio. Infatti si continua a lavorare sull’articolarità e sono introdotti gli esercizi propriocettivi che sono caratteristici dello stadio successivo. Le sedi principali sono ancora palestra e piscina. Un adeguato tono muscolare di tronco (core-stability), coscia e gamba è fondamentale per l’ammortizzazione dei carichi durante il cammino e la corsa (9). La progressione dei carichi prevede l’alternanza di esercizi a corpo libero e macchinari, zavorre ed elastici, esercizi in concentrica ed eccentrica (Figura 13.5), fondamentali per la spinta e l’ammortizzazione durante l’attività fisica. Durante il percorso riabilitativo sono eseguiti esercizi in catena cinetica aperta (CCA) e in catena cinetica chiusa (CCC), con l’intento di privilegiare l’esercizio che non sollecita la regione dell’intervento e che avviene negli angoli liberi da dolore. Per entrare nello specifico, la rieducazione della cartilagine ha un diverso approccio negli interventi sulla femoro-rotulea rispetto a quelli sulla femoro-tibiale. Per la femoro-rotulea si prediligerà la CCC e quindi esercizi in carico naturale, pressa ad elastici e leg-press. Per la femoro-tibiale invece la preferenza andrà alla CCA e quindi a esercizi quali estensione di quadricipite (in primis il vasto mediale), con utilizzo di zavorra, elastico, leg extension e isocinetica. L’allenamento isocinetico presenta infatti tre grandissimi vantaggi: la resistenza che si incontra durante l’esercizio è accomodante e quindi direttamente proporzionale alla forza del paziente con minor rischio di sovraccarico il feedback visivo e verbale durante la seduta di caPitOlO 13 Riabilitazione e ritorno allo sport Figura 13.5. Rinforzo muscolare. allenamento consente di motivare il paziente a superarsi in ogni seduta il test e i successivi controlli permettono di monitorizzare il recupero della forza rispetto all’arto controlaterale in questo stadio è solitamente programmato il test isocinetico iniziale per quantificare il deficit di forza tra arto sano e arto leso. Il ricondizionamento aerobico avviene con l’utilizzo di topxt e sedute in piscina quando il carico non è ancora presente. Seguono l’ellittica e il tappeto elastico fino alla ripresa della corsa su tapis roulant. I criteri di sicurezza per passare al terzo stadio sono: assenza di dolore e gonfiore articolarità completa adeguato tono-trofismo di tronco, coscia e gamba. Terzo stadio La sua durata è circa 4 mesi. Gli obiettivi sono il recupero della coordinazione, il recupero completo della forza e della corsa su tapisroulant. Gli esercizi propriocettivi a difficoltà crescente, unitamente alla prosecuzione di rinforzo muscolare e ricondizionamento aerobico, sono gli elementi fondamentali di questo stadio. La sede principale è la palestra. Il recupero della propriocettività inizia in realtà già nei periodi precedenti attraverso l’utilizzo di tavolette con superfici instabili di diversa natura; gli esercizi sono svolti dapprima in assenza di carico, poi con carico bi- e mono-podalico. Questo lavoro è implementato da percorsi propriocettivi 187 a difficoltà crescenti con l’utilizzo di strumenti sportivi che ripropongono gesti sport specifici (Figura 13.6) (Come da immagine, più calcio al pallone). Un’attività importante è rappresentata da una successione di appoggi monopodalici semplici fino ad arrivare a balzi bi- e mono-podalici con l’utilizzo di superfici instabili ed elastiche tipo bouncer. I criteri di sicurezza per iniziare il quarto stadio, ovvero la riabilitazione sul campo, sono: forza > 80% rispetto all’arto controlaterale al test isocinetico capacità di correre su tapis-roulant a 8 km/h per 10 minuti. Quarto stadio La sua durata è indicativamente 3 mesi e il suo obiettivo è il ritorno allo sport. Il recupero del gesto tecnico sport-specifico è l’elemento fondamentale di questo stadio che si svolge prevalentemente sul campo sportivo (riabilitazione sul campo). La riabilitazione sul campo è rivolta a tutte le tipologie di pazienti: la persona comune che vuole tornare a svolgere le attività di vita quotidiana come fare una passeggiata e il calciatore che vuole tornare all’attività agonistica. Per l’atleta è senz’altro lo stadio più importante perché dopo mesi di duro lavoro può finalmente rivivere il ritorno alla sua attività. Il recupero del gesto tecnico sport specifico inizia già nei periodi precedenti con l’esecuzione di esercizi propedeutici in piscina così da favorire il processo di neuroplasticità. Ogni seduta dura mediamente 90 minuti, dalle 3 alle 5 volte a settimana (a seconda del livello di at- Figura 13.6. Percorsi propriocettivi. 188 caRtilagine istruzioni per l’uso tività) e per un minimo di 10 settimane prima del rientro agonistico. All’atleta vengono proposti esercizi sport specifici progressivi supportati da un programma di condizionamento aerobico che gli per- metteranno di ritornare gradualmente all’attività agonistica (Figura 13.7). strumenti specifici dello sport di pertinenza sono introdotti in questo stadio 4. nella quarta fase si inseriscono l’andatura a doppio impulso, i percorsi con rotazioni a velocità ed intensità maggiori, gli appoggi monopodalici e i cambi di direzione, curando la fase di carico del ginocchio e di spinta del piede 5. nella quinta fase vengono eseguiti cambi di direzione a massima velocità e situazioni che simulano quanto avviene nel momento agonistico. La riabilitazione sul campo è sempre alternata a sedute in palestra per proseguire il lavoro di rinforzo e tonificazione e per effettuare i test di controllo. I criteri di sicurezza per tornare alla propria attività agonistica sono: valutazione clinica del chirurgo positiva nessun deficit di forza al test isocinetico soglie adeguate per sport praticato e ruolo completamento del lavoro sul campo. Figura 13.7. Riabilitazione sul campo. LA PROGREssIONE BAsATA sU CRITERI La riabilitazione sul campo avviene in 5 fasi: 1. nella prima fase l’atleta cammina prima in rettilineo per prendere confidenza con il terreno; poi esegue delle curve “dolci e larghe” e infine inizia la corsa in rettilineo, alternata ad esercizi di mobilità articolare. Per camminare e per effettuare i primi appoggi senza saltare viene utilizzata anche la sabbia. L’atleta svolgerà un test incrementale su tapis roulant per definire le sue soglie di allenamento: S2, soglia aerobica e S4, soglia anaerobica (test di soglia) 2. nella seconda fase sono inseriti in progressione la corsa con le curve, le andature singole (ginocchia alte e calciata dietro), la coordinazione con la corda, le progressioni con frenata allungata e gli scivolamenti laterali con baricentro alto. Sulla sabbia vengono effettuati i primi salti con appoggio bi-podalico, curando l’aspetto di “ammortizzazione” del ginocchio. Da questo momento in poi l’atleta è munito di cardiofrequenzimetro per il monitoraggio dell’allenamento (corsa in S2 e S4) 3. nella terza fase sono inseriti l’andatura calciata avanti, le progressioni con frenata normale, i percorsi con le rotazioni, i primi appoggi bipodalici su erba e gli scivolamenti laterali con baricentro basso. Gli appoggi monopodalici con cura dell’ammortizzazione sono eseguiti su sabbia. Gli Nella descrizione del protocollo sono stati indicati i criteri di sicurezza clinico-funzionali necessari per passare da uno stadio all’altro. Essi tengono conto delle risposte funzionali del paziente; la progressione del protocollo basata su criteri è preferibile a quella basata su tempi predefiniti (10). La progressione dettata da tempi rigorosamente predefiniti ha il vantaggio di permettere regole precise ed evitare rischi di sovraccarico, ma, al tempo stesso, non tiene conto della diversa compliance di ogni singolo atleta rallentando così, in alcuni casi, i tempi di recupero. I tempi dei diversi stadi saranno registrati a posteriori e daranno utili informazioni prognostiche. Questi tempi probabilmente risulteranno ridotti nell’atleta professionista in quanto più motivato ad eseguire più sedute settimanali. Naturalmente il tempo per raggiungere un dato obiettivo dipende anche dal tipo di lesione e dalla tecnica chirurgica utilizzata. A proposito di tecnica chirurgica, una recente review indica un tempo medio di ritorno allo sport che va dagli 8 mesi dopo microfratture ai 18 mesi dopo trapianto di condrociti autologhi (11). IL RITORNO ALLO sPORT Il tempo in cui avviene il ritorno allo sport e i risul- caPitOlO 13 Riabilitazione e ritorno allo sport tati clinici sono influenzati dalle caratteristiche del paziente (età, livello di attività, motivazione e riabilitazione), dalla sede della lesione e dalla tecnica chirurgica utilizzata (Figura 13.8) (12). L’83% di calciatori professionisti sottoposti a trapianto di condrociti autologhi è tornato all’attività agonistica a fronte del 16% fra gli amatoriali (13). Questi risultati sono evidentemente dovuti alla giovane età, ai più rapidi tempi di intervento diagnostico e terapeutico, alla maggiore motivazione e a una riabilitazione meglio supervisionata negli atleti di alto livello. Abbiamo valutato il ritorno allo sport di atleti sottoposti a trapianto di condrociti autologhi e trattati secondo due diversi protocolli riabilitativi: standard ed intensivo (allenamento isocinetico e riabilitazione sul campo). Gli atleti che hanno seguito il protocollo intensivo hanno recuperato più velocemente rispetto agli altri (ritorno all’allenamento con la squadra: 8.6±1.7 mesi vs 10.6±1.7 mesi; prima partita ufficiale: 10.6±2.0 mesi vs 12.4±1.6 mesi). Questi risultati e il netto miglioramento ottenuto nell’international Knee Documentation committee (IKDC) prova che l’utilizzo di isocinetica e campo favorisce il ritorno allo sport precoce senza danneggiamento del graft nel tempo (14). Sono stati valutati il tempo di ritorno allo sport e il risultato funzionale in un gruppo omogeneo di calciatori sottoposti a 2 differenti tecniche chirurgiche e allo stesso protocollo riabilitativo. Gli atleti sottoposti a microfratture (I gruppo) hanno recuperato più velocemente rispetto a quelli sottoposti a trapianto di condrociti autologhi di seconda generazione (II gruppo) (8 mesi vs 12.5 mesi). I risultati 189 clinici a distanza sono stati significativamente migliori nel II gruppo. Le microfratture consentono quindi un recupero più rapido ma un peggior outcome nel tempo mentre il trapianto di condrociti autologhi ritarda sì il ritorno allo sport, ma dà un risultato migliore a distanza (15). sOMMARIO PER PUNTI Il protocollo riabilitativo Il carico progressivo e la mobilizzazione precoce La progressione dei carichi Il recupero del gesto tecnico sport-specifico La progressione basata su criteri Il ritorno allo sport. TAkE hOME MEssAGEs L'obiettivo della chirurgia delle cartilagini non è solo riparazione di un danno articolare, ma anche recupero della funzione Riabilitazione e ripresa sportiva non devono essere considerate tappe distinte dalla chirurgia, ma momenti diversi dello stesso percorso Il recupero del paziente avviene in un contesto che mette a disposizione luoghi idonei come palestra, piscina e campo sportivo Il protocollo riabilitativo deve essere progressivo, personalizzato e supervisionato dal team di cura. Il protocollo riabilitativo è suddiviso in 4 periodi caratterizzati dal raggiungimento di obiettivi clinico-funzionali e di criteri di sicurezza per passare allo stadio successivo. BIBLIOGRAFIA 1. 2. 3. 4. Figura 13.8. Ritorno allo sport. Hambly K, Bobic V, Wondrasch B, Van Assche D, Marlovits S. Autologous chondrocyte implantation postoperative care and rehabilitation: science and practice. Am J Sports Med. 2006 Jun;34(6):1020-38. 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