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Il motivo dello spirito immortale di vita nelle poesie di
FEDERICA RAFFONE
Classe IV G
Il motivo dello spirito immortale di vita nelle poesie di Rebora
Clemente Rebora nasce a Milano il 6 gennaio 1885. Inizia gli studi di lettere nei primi anni
del ’900 dopo aver abbandonato gli studi medici. Partecipa alla prima guerra mondiale che
gli costerà uno shock e una successiva diagnosi di infermità mentale. Nel 1928 avviene la c
risi mistica che lo porterà a convertirsi. La sua crisi sugli ideali morali, sociali e politici nas
ce dall’eredità dei pensieri del padre, sostenitore di Mazzini e Garibaldi e a favore dei moti
rivoluzionari. Il pensiero stesso del padre talvolta risultava però ambiguo ed è così che nel c
onflitto fra opposti il poeta ritrova la risposta ai dubbi sulla realtà e la vita. Clemente Rebor
a delinea attraverso le sue poesie la condizione psicologia di un uomo che vive l’influsso de
i moti risorgimentali del passato e si scontra con l’insorgere dell’imminenza della guerra. È
un cittadino italiano che si forma nell’ambiente culturale della nazione e prende parte all’ev
ento che la segnerà per il primo ventennio del ’900, lascerà un importante testimonianza del
la vita agli inizi del secondo e dell’esperienza della prima guerra mondiale. È un uomo che
si interroga sul perché del bene, che ricerca il significato, prima in senso laico e, successiva
mente alla conversione, alla luce dell’amore per Dio. Ed è proprio questa tensione sociale, l
a ricerca della motivazione, l’elemento principale della poetica di Rebora. Il poeta si chiede
il perché del bene e dell’esistenza dell’uomo, la realtà gli appare un contrasto tra volontà di
raggiungere la consapevolezza dell’Assoluto e la manifestazione della malvagità e dell’ang
oscia che è intrinseca nell’umanità. Sebbene il poeta spesso non trovi risposte sufficienteme
nte adeguate a colmare il dubbio, Rebora placa parzialmente la contraddizione con la tende
nza solidale tra gli uomini. Ma poi con la guerra crollano tutti gli ideali morali, la vita uman
a si presenta fragile e vana, l’umanità come forza meschina e insensata portatrice di morte.
La guerra non ha una spiegazione, non può essere giustificata. In questo teatro di angoscia,
desolazione, solitudine e morte persiste ancora lo spirito vitale, c’è possibilità di redenzione
? In questa ambientazione sofferente e conflittuale si manifesta un tema ricorrente della poe
tica reboriana: l’Acqua come elemento purificatore e di salvezza (la pioggia e il mare, le co
rrenti, le fonti), talvolta portatore di disastro ma poi di rinascita (la pioggia), metafora del tr
ascorrere del tempo, fondatrice di una dimensione serena e tranquilla. L’acqua per Rebora è
lo spirito umano che si manifesta nella natura, è la vitalità che sopravvive alla guerra e alla
crudeltà umana; è metafora dell’umanità di gocce che si ricongiungono in un unico corso, e
quindi della fratellanza, della salvezza che proviene dall’unione tra gli uomini. L’elemento
della acqua purificatrice e fonte di salvezza e di vita, è presente negli anni in tutte le opere d
i Rebora: nei Frammenti lirici (1913) dell’esordio, in cui si concretizza il contrasto esistenz
iale dello spirito irrequieto del poeta, ed è angoscia per la condizione umana, ed è smarrime
nto e caos; nei componimenti successivi, Prose liriche (1915-1917) e Canti anonimi (19201922) che se pur provengono dalla poetica dei frammenti si distaccano da questa, in conseg
uenza al mutamento interiore del poeta stesso; tali raccolte contengono infatti i testi scritti n
egli anni dell’incontro del Rebora con la crudeltà della guerra e la vita in trincea, oltre che c
onseguentemente alla relazione con Lidia Natus.
Seppure sia difficile suddividere equamente i testi reboriani in gruppi tematici, poiché non e
sistono frammenti lirici né poesie successive o prose liriche che presentino il motivo dell’ac
qua in un unico significato attribuibile, proverò orientativamente ad impostare un discorso i
n cui mi pongo l’obbiettivo di tessere una rete di collegamenti, parallelismi fra testi diversi,
con il fine di analizzare il significato reboriano del motivo dell’acqua, o come è più corretto
indicarlo: il motivo del “flusso vitale”. Nei testi a seguire ritroveremo quindi un motivo ric
orrente della poesia di Rebora: l’acqua che scorre, fluido vitale e fonte di vita. Si affiancano
al motivo principale della corrente anche i temi della ragione del fluire del tempo e del cicl
o della vita, il miracolo della rinascita che l’acqua compie resistendo alla guerra e alla lotte
violente fra gli uomini, l’insorgere tristo della stessa morte; la fratellanza solidale.
Lo spirito vitale della rigenerazione: acqua, tempo, morte.
«O pioggia feroce che lavi ai selciati
Lordure e menzogne
Nell’anime impure
[…]
Ma per noi, fredda amazzone implacata,
O pioggia di scuri e di frecce
Tu sei redentrice adorata
Del rinnegato bene
[…]
Ci sembra spontanea purezza del vero,
Tu susciti come il silenzio
Dove natura è più forte,
Operi come la morte
Dove immortale è il pensiero»
(Frammento LXIX, vv 1-3, 21-24, 28-32)
La pioggia in Rebora acquisisce connotazioni morali talvolta positive talvolta negative così
che noi la ritroviamo descritta sia come forza devastatrice sia sotto forma di agente con pote
re di purificazione. Essa con furore avvolge la città e trascina via il marcio; sancisce il gesto
di purificazione dei mali della realtà, è la manifestazione dell’esistenza del bene e della sua
resistenza alle forze del male, alla disumanità. È idealizzata come la morte che permette la
rinascita, è lo strumento che impone un paesaggio sereno in una realtà asfissiante e cupa.
«Divino è l’esser fra le cose che sono
E il pensarlo, e con pace
Accogliere ignorando
La misteriosa armonia,
Mentre in un fluido eguale
Spazia ineffabile il tempo
[…]
In queste sponde l’anima fluisce
Quasi gorgo di rio che scivoli,
Quando a specchio dell’acqua
Giù sprofonda il desio
Dei salici, in riflessi di pendio» (Frammento LX)
Il frammento LX trasmette la sensazione di una armonia temporale in cui lo scorrere sereno
delle acque costituisce una realtà pacifica e tranquilla. Lo stesso avviene in Sotto il deserto
dove il poeta contrappone l’aridità dell’anima “deserto sterile nel tempo” ad un fiume sotter
raneo che scorre sorgendo tra le montagne, e che rappresenta la vita esistenziale che continu
a a fluire contro la natura morta e secca dell’anima dell’uomo. Il torrente contribuisce a cost
ituire un’atmosfera di sollievo ed armonia nell’arido deserto. Il “fiume immenso” procede l
ento dove “la terra gli fa largo e si pulisce”. La concezione positiva non muta inizialmente n
el frammento VIII, che testimonia la potenza positiva dell’acqua che dona alla città in deca
denza, concepita in chiave pessimista come luogo di orrore, la possibilità di manifestarsi an
cora genuina e vera, infatti: la Fontana “che pare cosa” si rivela invece “spirito e cielo, che
par l’infinito ma è linfa del giorno” (vv. 15-17). In questo frammento compaiono molti temi
cari a Rebora, le coppie dicotomiche di opposti pensiero/realtà, natura/città, idea/atto. Infat
ti la città appare come la condizione degenerata di ciò che è il pensiero, di quella che dovre
bbe essere la vera natura, ma è l’acqua della fontana a ricordare che esiste l’essenza pura e
veritiera. Tuttavia in conclusione al frammento si ripropone la vena negativa e la visione de
cadente della città che paragonata ad una corrente “indugiando ad una chiusa, rifiuti e bava
aduna” (vv. 32-34). Proprio questa visione sarà riproposta successivamente in uno scritto di
guerra: la lirica Vanno del 1916.
«Cade il tempo d’ogni stagione,
E autunno è un nome.
Salma di pioggia,
Terra, e una gora
In cateratta al fosso –
Il cielo addosso.
Sotto torbido pelo
La gora impigra
Dove non trascina.
[…]
Vanno:
Muovendosi ancora
Non sembran perdute
Rivivere e piante
Non sanno fermare;
[…]
Anonimo gorgo
Sull’orlo, così, rigirare –
Inabissano al fosso»
Il motivo della città sede d’orrore paragonata all’acqua (qui la pioggia) che trascina detriti e
porta tutto ciò che incontra, in rovina e senza valore, è riproposto alla luce dell’esperienza
della prima guerra mondiale, cui il poeta stessa partecipò come soldato. Analoga metafora n
el frammento XIV: “O pioggia dei cieli distrutti […] Livida sciacqui uguale,/ tu sola intoni
per tutti!/Intoni il gran funerale/dei sogni e della luce” (vv. 1-6). Ma sullo sfondo dell’acqua
che scorre sulla città in distruzione si presenta anche il motivo della pioggia purificatrice, p
aradossalmente mezzo di superamento della malvagia città industriale. È una forza rigenera
trice che ha l’obiettivo di purificare la negatività della città. Anche nel frammento XXV i c
ontrasti insanabili tra idea/realtà e natura/città fanno da sfondo alle metafore ispirate all’acq
ua o talvolta ad un fluido, come in questo frammento il sangue “Or, come il sangue qui in
me, Necessario e tortuoso Son dentro nella vita” (vv. 21-23) che circola, ma anche come il
“vapore sull’acqua d’inverno” sotto forma del quale l’essenza “del tuo vortice eterno” viene
persa, sfumando via (vv. 40-42).
«Mar che ti volgi ovunque è riva e chiami,
Cuor che ti muovi ovunque è pena e l’ami:
Ritornan l’acque e i sentimenti al fondo,
Ma per salire puri ancora al mondo» (Fr. XX)
Nella suggestiva figura del mare che chiama il poeta, che cerca la sua attenzione e lo spinge
verso di sé, si compie il motivo dell’immersione, che è qui spiegato con l’accostamento ma
re/cuore. Alla chiamata delle acque risponde il cuore, metonimia dell’essere umano, e proce
de in un percorso verso il fondo. Rebora lega il tema naturale/universale delle acque con il
motivo individuale del cuore e così le acque ed i sentimenti si purificano per tornare “in sup
erficie” rigenerati. Il cuore compie dunque una catabasi analoga al percorso che il poeta co
mpie con la scrittura delle sue poesie. Nell’incessante flusso in divenire della vita (“Le zucc
he soltanto e i cadaveri / a galla o sul fondo non mutano mai”, Frammento XXXIX, vv. 5253) l’uomo trova la necessità della solidarietà fra gli uomini, immergendosi nel flusso vitale
(“Ciascuno apra suo gorgo e lo fluisca / ruscello all’acqua altrui”, Frammento XXXIX, vv.
37-38) La solidarietà è per Rebora lo strumento che permette di contrastare l’angoscia del v
ivere, è il sentimento che permette di combattere il malessere dell’animo causato dalla catti
veria umana.
Gocce che si fondono in un'unica corrente: speranza e fratellanza fra gli uomini
«Ma qui c’è un cuore e vorrebbe
Altri cuore trovare;
[…]
Ma qui c’è amore e vorrebbe
Altro amore infiammare;
[…]
Ciascuno apra suo gorgo e lo fluisca
Ruscello all’acqua altrui»
(Frammento XXXIX, vv. 9-10, 13-14, 35-36)
La solidarietà è per Clemente Rebora lo strumento utilizzato per superare l’atrocità della gu
erra e la malvagità umana. L’unità fra gli uomini è necessaria per redimere il male che ci co
stringe a vivere nell’accidia e in preda ad un stato di angoscia. È l’unico appiglio di salvezz
a in un mondo infernale, è l’unica speranza di un turbine di emozioni e sentimenti. La fratel
lanza rappresenta la salvezza per ogni uomo ed è per questo che l’acqua, simbolo di purific
azione e spirito vitale, diventa metafora dell’umanità intera, in cui gli uomini (ogni singola
goccia) affluiscono in un unico corso. Infatti solamente la solidarietà e la disponibilità dell’
altro può salvare ciascun uomo dalla violenza del male e dallo smarrimento da ciò provocat
o. È grazie alla solidarietà che l’uomo potrà orientarsi verso il bene e salvarsi davvero dall’
oscurità che minaccia di annebbiarlo e indurlo a dimenticare lo spirito vitale, il quale si rive
lerà però più forte della morte stessa. Per questa motivazione riempire il ruscello comune è
importante, accrescerlo e porgli dei solidi argini, che gli permettano di procedere liberamen
te per tutta la lunghezza del corso. A tal proposito possiamo citare la lirica Quando fluisce il
fiume da sorgente:
«Quando fluisce il fiume da sorgente
L’argine è guida, è fratellanza il ponte:
Ogni goccia si fa nella corrente
Verso la foce, e libera si fonde.
[…]
Ma se fra fonte e foce han dalla vita
L’argine e il ponte base buona e salda,
L’un nel passaggio il bene in alto addita,
Materno l’altro salvando si salva»
Il superamento dell’angoscia bellica: la sopravvivenza dell’essenza vitale
Abbiamo già approfondito la natura purificatrice dell’acqua, del suo moto di morte/rinascita
, della sua prestanza ad indicare metaforicamente l’umanità solidale. Ma è con il motivo del
prodigioso superamento paradossale della guerra che, a mio avviso, si compie il significato
simbolico che l’acqua assume in Clemente Rebora. È proprio nello scenario della città dev
astata e completamente distrutta dalla guerra che il motivo ci viene presentato nella sua idea
lizzazione più estrema: la vita che resiste alla morte causata dalla guerra. Questo spirito vita
le, questa forza che scorre, ha la potenza di ricreare una condizione di pace interiore, di sod
disfazione, concede la speranza in una futura rinascita. Prendendo come riferimento la pros
a Fonte nelle macerie del 1916, possiamo renderci conto di quanto sia suggestiva la visione
della fontana ancora zampillante d’acqua, seppur troncata, distrutta. Le onomatopee in anaf
ora permettono l’immedesimazione nel contesto tristissimo delle architetture bombardate e
crollate del paese, le tombe profanate e i cadaveri sparsi. La fontana, dolce protagonista del
paesaggio di morte e desolazione, è stata anch’essa distrutta nella sua forma originale, ma n
ulla può impedire all’acqua di sgorgare. È infatti lì, ancora frizzante e arzillo lo spruzzo d’a
cqua che fuoriesce dalla fonte. È lo spirito della vita, è speranza.
«Gluglù, c’era una volta, e sempre c’è, l’acqua a sgorgare – e la fontana più.
Dicitura dell’amen sul paese che fu.
Finestre e soglie, al fossile ritrovo delle strade – ma insegne a dettar legge son rimaste; e a d
ritta, a mancina, scritte di botteghe spacciano la rovina.
Al cielo spalancata ora la chiesa – breve inferno di santi; giù dalla croce, crocefisso Gesù.
Obelisco del caos, il campanile muto: rincorse il suo clangor nell’aria la campana, e l’ha per
duto.
Risorto il cimitero – incombe- in libertà di scheletri le tombe.
Gluglù. C’era un volta, e sempre c’è, nel forato silenzio l’acqua che va giù: cammino ancor
a a chi non sa il destino – dal curvo spillo, spruzzi da spruzzi, cerchietti ricciuti, gocciole in
gingillo, sorsate d’eco, perché? – e vien e va- perché? – e sì e no – per dove è spreco non s’
attinge più».
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