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Una strategia di attrazione di investimenti esterni in Basilicata

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Una strategia di attrazione di investimenti esterni in Basilicata
UNA STRATEGIA DI ATTRAZIONE
DI INVESTIMENTI ESTERNI
IN BASILICATA
Rapporto finale
Cerpem, Bari
a cura di Gianfranco Viesti (Università di Bari e Cerpem),
Francesco Prota (Cerpem) e Giovanni Padula (CityO)
Ottobre 2006
Convenzione Regione Basilicata – CERPEM
1
Sintesi e conclusioni
L’economia della Basilicata sta attraversando una fase di rallentamento della crescita e
necessita, quindi, di una strategia di rilancio. Attrarre investimenti (nuove imprese e nuovi
imprenditori) dall’estero e da altre regioni italiane può essere un elemento importante di
questa strategia. Soprattutto, se questo comporta la migliore valorizzazione delle risorse
disponibili, il completamento e l’evoluzione delle filiere già esistenti, lo sviluppo di attività
nuove e maggiormente innovative.
La rilevanza degli investimenti esterni per l’economia della regione unitamente all’esistenza
di una serie di ostacoli che si frappongono fra i potenziali investitori e le opportunità
localizzative presenti in Basilicata, giustificano ampiamente il ricorso ad una politica pubblica
di attrazione.
Ma come progettare una efficace politica regionale di attrazione di investimenti esterni?
Questo rapporto cerca di dare una risposta a questa domanda, innanzi tutto, costruendo un
quadro di riferimento teorico-concettuale (parte prima); quindi, individuando una serie di
specifici progetti (e settori) di attrazione di investimenti (parte seconda); infine, illustrando le
varie fasi di attuazione della politica di attrazione con l’indicazione dei soggetti da
coinvolgere e la costruzione del processo di governance (parte terza).
Una politica di attrazione efficace nasce dalla risposta a pochi interrogativi: (i) chi voglio
attrarre? (ii) per ottenere quali benefici per la regione? (iii) facendo leva su quali competenze
del territorio? (iv) apportando quali modifiche/miglioramenti al sistema/territorio?
Le politiche tradizionali di attrazione degli investimenti basate su bassi costi e sull’offerta di
incentivi finanziari e/o pacchetti localizzativi non sono più sufficienti, quantomeno in Italia.
Per attrarre investimenti dall’esterno che tendano a produrre effetti positivi significativi e a
radicarsi nel tessuto produttivo, occorre puntare su condizioni localizzative originali, in
termini di generali fattori ambientali, di preesistenti attività economiche e di ricerca, di
politiche pubbliche di sviluppo in corso. Incentivi finanziari possono solo accompagnare
questi fattori attrattivi.
Le politiche di attrazione degli investimenti devono, poi, adeguarsi ad alcuni importanti
cambiamenti nel sistema economico internazionale; in particolare (i) la maggiore mobilità
internazionale delle imprese, dei beni e dei servizi: è sempre più evidente che le imprese,
anche quelle di dimensioni piccole e medie, sono più mobili rispetto al passato e disposte a
investire all’estero nel tentativo di conseguire più alti livelli di produttività e nel tentativo di
generare innovazioni in grado di sostenere nel tempo la produttività; (ii) l’importanza sempre
maggiore dall’universo ampio, frammentato e in continuo cambiamento delle aziende basate
sulla conoscenza.
Queste considerazioni non consigliano di puntare, per l’attrazione di nuove imprese (e nuovi
imprenditori) su bandi indifferenziati o, semplicemente, su iniziative promozionali per paese.
La strategia di attrazione degli investimenti dovrebbe invece essere condotta come un insieme
di azioni di attrazione di investitori specifici in specifici settori. Questo è il suggerimento di
fondo di questo Rapporto, argomentato ampiamente nella sua prima parte.
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Nella selezione dei settori su cui concentrare la politica di attrazione degli investimenti si
possono seguire due strade diverse, ma non opposte né necessariamente alternative: lavorare
sulle vocazioni di specifici territori per attirare attori con competenze complementari a quelle
presenti in loco, oppure, puntare su settori del tutto nuovi e innovativi. Nel caso della
Basilicata ci si deve muovere, ad avviso di questo Rapporto in entrambe le direzioni: puntare
sia sui settori in cui si può ottenere un’evoluzione (in senso verticale e/o orizzontale) dei
sistemi produttivi locali già presenti in regione, sia su nuove attività (individuate sulla base di
quelli che sono i fattori attrattivi regionali, le potenzialità del nostro paese e le tendenze
internazionali).
I progetti settoriali di attrazione individuati in questo Rapporto, secondo questa logica, sono
sei: biotecnologie, attività di ricerca in campo ambientale, ricerca e produzione di energia da
fonti alternative, automotive, agroalimentare, industrie creative nelle aree urbane. Di ogni
singolo settore, nella parte seconda del rapporto, si descrivono le caratteristiche principali e le
prospettive di crescita; allo stesso tempo si individuano i fattori specifici di attrazione di cui
dispone la Basilicata, da valorizzare nei confronti dei potenziali investitori, argomentando la
scelta fatta.
Individuati i settori chiave per la strategia di attuazione, il passo successivo per tradurla in
pratica è precisare le organizzazioni e le risorse umane “target” (cioè a cui essa deve
specificatamente mirare). Tra queste non rientrano solo le grandi multinazionali ma anche un
ampio ventaglio di imprese interessate a sviluppare la propria attività sui mercati
internazionali, nonché singole persone, in particolare, ricercatori universitari e del settore
pubblico e privato:
- piccole e medie imprese di settori innovativi. In particolare, ad esempio, le biotecnologie,
in particolare le biotecnologie legate all’agricoltura;
- unità di ricerca e sviluppo di piccole e grandi imprese multinazionali, nei settori
individuati;
- aziende del settore agroalimentare più legate all’applicazione di innovazioni scientifiche e
tecnologiche;
- centri di ricerca delle Università di altri territori;
- fondi di private equity o le merchant bank interessate a investire in imprese
dell’agroindustria con buoni potenziali di crescita nazionale e internazionale;
- piccole e medie aziende del settore dei servizi che possono essere attirate da opportunità
di investimento nei settori urbani avanzati;
- imprese delle cosiddette industrie creative.
Come si realizza questa strategia? Lo schema proposto in questo Rapporto prevede che la
Regione Basilicata assegni ad un suo ufficio già esistente (ad esempio, presso l’Assessorato
alle Attività Produttive) il compito di sviluppare e definire già in dettaglio gli indirizzi
strategici. L’ufficio a cui viene assegnato questo compito individua una figura (un consulente
o una società) con cui stabilire uno stretto rapporto di fiducia e a cui assegnare l’incarico di (i)
assistere l’amministrazione regionale nell’attuazione della strategia di attrazione degli
investimenti e (ii) identificare una rete di intermediari esterni.
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Tre sono, dunque, i soggetti coinvolti nell’attività di attrazione:
- un ufficio della Regione (“Divisione di attrazione” con specifico mandato e budget
assegnato dalla Regione);
- una figura esterna di primo livello (“Consulente centrale” con un rapporto diretto di
fiducia con la “Divisione di attrazione”);
- figure esterne di secondo livello (“Intermediari esterni” al territorio, localizzati soprattutto
all’estero, identificati dal “Consulente centrale” per conto della “Divisione di attrazione”).
L’ufficio della Regione ha un dirigente di riferimento per le politiche di attrazione ed è dotata
di un piccolo staff che possa dedicare una parte del suo tempo a impostare e seguire le attività
strategiche e amministrative legate alle iniziative.
Il Consulente centrale è una società o un professionista con competenze nel campo dello
sviluppo economico locale e dell’attrazione di investimenti e in grado di mantenere stretti
rapporti sia con la Divisione di attrazione che con la rete degli Intermediari presente in Italia e
all’estero.
La rete di “Intermediari esterni” è formata da figure professionali diverse (società
specializzate nel settore dell’attrazione di investimenti; liberi professionisti e società di
consulenza; Università e centri di ricerca esterni al territorio; l’agenzia di attrazione di
investimenti nazionale, Sviluppo Italia), scelte a seconda del settore chiave identificato. In
alcuni casi potrà essere privilegiata l’esperienza con investimenti diretti di multinazionali, in
altri la conoscenza di nicchie di mercato legate alla ricerca e ai settori avanzati. In tutti i casi,
il compito degli “Intermediari esterni” è di generare “contatti chiave”: cioè riconoscere le
specifiche esigenze o i problemi che un potenziale investitore può avere e valutare come essi
possono essere soddisfatti nel contesto economico locale della Basilicata. Questi intermediari
sono in grado di (i) convincere le aziende esterne a prendere in considerazione l’investimento
in Basilicata; (ii) favorire la creazione di partnership tra aziende esterne e aziende locali; (iii)
affrontare le problematiche di insediamento.
Nello schema proposto da questo Rapporto, la rete di Intermediari è coordinata dal
Consulente che opera sotto la supervisione della divisione individuata all’interno
dell’amministrazione regionale.
L’ultimo passo è “trasformare” questo schema in una misura di politica regionale. A tal fine,
nella parte finale del Rapporto, si individuano, nel prossimo quadro di programmazione dei
Fondi Strutturali, l’allocazione finanziaria di massima necessaria e la sua ripartizione
temporale, e la suddivisione in fasi delle varie attività.
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PARTE PRIMA
DEFINIZIONE DELLA STRATEGIA DI ATTRAZIONE DEGLI INVESTIMENTI
1. Anche dagli investimenti esterni un possibile contributo al rilancio della Basilicata
L’economia della Basilicata si trova in un momento difficile. La crescita molto rapida
sperimentata a cavallo fra la fine degli anni novanta e l’inizio di questo decennio si è arrestata.
Quella fase di crescita era principalmente dovuta all’impulso proveniente da alcuni poli di
sviluppo particolarmente rilevanti e dinamici (dall’insediamento Fiat di Melfi al Triangolo
murgiano del salotto); le loro difficoltà produttive e di mercato stanno determinando un
complessivo rallentamento della regione, che sperimenta tassi di crescita modesti, una
contrazione dell’export, un’insufficiente creazione di posti di lavoro e un deflusso accentuato
di capitale umano, particolarmente giovane.
In questo quadro, uno degli elementi di una strategia di rilancio dell’economia regionale può
essere l’attrazione di nuove imprese, dall’estero e da altre regioni italiane, in Basilicata1.
2. Perché ricercare investimenti esterni
Una strategia di attrazione di investimenti esterni non è naturalmente fine a sé stessa. Dagli
investimenti esterni può venire un contributo, in termini generali, all’estensione della base
occupazionale con la creazione di nuovi posti di lavoro, alla formazione di capitale umano,
all’accumulazione produttiva, all’ispessimento del tessuto produttivo locale attraverso le
relazioni di subfornitura, all’immissione del mercato locale nel circuito internazionale. Ma,
soprattutto, da investimenti esterni possono venire contributi molto rilevanti al rilancio
dell’economia lucana quando essi siano in grado di trasferire in regione capacità manageriali e
tecnologiche non disponibili nel tessuto delle imprese esistenti.
Dimensione e complessità dell’investimento, know-how richiesto, economie di scala
necessarie, economie di “scopo” collegate all’investimento (ad esempio prodotti che vanno
commercializzati congiuntamente ad altri, o attività di ricerca svolte in collegamento con
altre) possono impedire la realizzazione di investimenti da parte delle imprese esistenti, pur in
1
Ogni regione, per divenire più competitiva e attrattiva, deve dotarsi di una missione (la raison d’être), di una
visione di lungo periodo (come si vuole crescere) e di obiettivi chiari da raggiungere, concreti e distintivi del
territorio, e deve poter contare su un sistema di attori che abbiano la capacità di cogliere i cambiamenti strutturali
e le potenzialità di crescita, e le competenze manageriali per realizzarle. La sfida consiste nella realizzazione di
un cambiamento culturale di vasta portata, che non si limita ad un semplice approccio di marketing territoriale
sul “vecchio prodotto”. Le regioni destinate a emergere nel futuro sono quelle che sapranno conciliare la
ricezione delle esigenze del territorio con la creazione di una visione autenticamente strategica. In questa logica
la creazione di condizioni di reale competitività e attrattività di un territorio rende necessario un impegno e uno
sforzo deciso non di singole entità, ma di una pluralità di attori che devono agire in un’ottica sistemica,
attraverso l’individuazione e la relativa implementazione di un piano strategico efficace ed efficiente e con il
coordinamento di una regia unitaria. Gli attori che detengono un ruolo di primo piano sono, in primis, i policy
makers regionali, quindi, il sistema della ricerca e della formazione, che ha il compito di creare e sviluppare
know-how e figure professionali attrattive e orientate al futuro, ed il sistema delle imprese, per il quale l’apertura
del territorio ad attori globali deve rappresentare una valida e concreta opportunità di crescita e sviluppo
piuttosto che una minaccia e che deve creare le condizioni ottimali per sfruttare al meglio le innovazioni legate
alla presenza di nuovi attori globali sul territorio. Adottare una logica sistemica, significa affermare che un
territorio sarà in grado di accrescere la propria attrattività solo nel caso in cui questi attori manifestino la reale
capacità e volontà di lavorare insieme per un progetto condiviso, guidato da una visione chiara ed ambiziosa di
che cosa il territorio vorrà essere/diventare nel futuro.
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presenza di oggettive potenzialità. E le potenzialità possono essere sfruttate al meglio da
investitori esterni. Questo può accadere in diversi casi.
In primo luogo, quando e se investimenti esterni riescono a mobilizzare e valorizzare risorse
già disponibili in regione ma scarsamente utilizzate: si tratti di risorse agro-naturali o della
disponibilità di forza lavoro con qualifiche professionali elevate, che possono incontrare solo
in parte la domanda di lavoro delle imprese già presenti. In questo caso è evidente il
vantaggio per l’intera economia regionale in termini di valorizzazione delle risorse
disponibili; un contributo netto alla crescita economica.
In secondo luogo, quando e se investimenti esterni riescono a “completare” alcune filiere
produttive con attività produttive e di servizio non presenti in regione, ovvero, a farle evolvere
verso una maggiore competitività grazie a nuove attività a più elevato valore aggiunto che
abbiano effetti sulle imprese esistenti (ad esempio, ricerca per l’agricoltura; design per il
mobile). In questo caso il vantaggio, oltre che per l’investimento in sé, può venire
dall’indiretto rafforzamento delle attività economiche già presenti, orizzontalmente o
verticalmente – a monte o a valle – collegate al nuovo investimento.
In terzo luogo, quando e se investimenti esterni riescono ad attivare attività produttive,
industriali e di servizi, non presenti nella regione, specie in attività a maggior contenuto
tecnologico o a crescita più vivace della domanda. In questo caso il vantaggio viene
direttamente da una maggiore diversificazione dell’economia regionale (che nel caso lucano
appare certamente un obiettivo prioritario); indirettamente dagli effetti di induzione di
ulteriori nuove attività che gli investimenti esterni possono con il tempo generare, ad esempio
con la nascita in loco di nuovi fornitori o con processi di spin-off da parte di manager,
dirigenti e tecnici.
In termini generali, dunque, attrarre investimenti dall’esterno può contribuire allo sviluppo
della regione. Ma non tutti gli investimenti determinano lo stesso contributo; questo è
particolarmente rilevante se riescono ad utilizzare risorse “latenti”; a completare o a far
evolvere filiere già esistenti; ad introdurre in regione attività produttive nuove, a maggior
contenuto tecnologico.
Una strategia di attrazione selettiva può determinare risultati molto positivi.
3.
Perché una politica pubblica di attrazione
Scopo di una strategia pubblica di attrazione di investimenti è ridurre gli ostacoli che si
frappongono fra i potenziali investitori esterni e le opportunità localizzative presenti in
Basilicata. Se i mercati fossero perfetti, come sui libri di testo, tutte le imprese avrebbero tutte
le conoscenze e tutte le informazioni per prendere le proprie decisioni e, quindi, politiche
pubbliche di attrazione non sarebbero giustificate. Ma nella realtà non è così.
In primo luogo, specie nel caso di una regione piccola e relativamente periferica come la
Basilicata, possono esistere significative carenze informative. Le imprese potenzialmente
interessate possono, cioè, semplicemente non disporre di tutte le informazioni, in particolare,
sulle opportunità localizzative disponibili. Questo riguarda soprattutto i casi, come si vedrà
meglio in seguito, in cui i fattori attrattivi non sono solo legati a condizioni localizzative
“semplici” (disponibilità di suoli o di trasporti), su cui le informazioni sono facilmente
reperibili, ma a condizioni localizzative più complesse, relative, ad esempio, alla presenza di
altre imprese, o di conoscenze e saperi diffusi, o di attitudini sociali. Inoltre, cosa
rilevantissima nel caso in generale del Mezzogiorno, possono essere diffuse presso le imprese
esterne informazioni distorte: stereotipi e preconcetti circa le condizioni localizzative, che
possono ostacolare a priori anche il semplice prendere in considerazione investimenti al Sud.
Ricerche presso le imprese del Nord Italia hanno, ad esempio, mostrato come siano diffusi
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preconcetti relativi alle attitudini della forza lavoro meridionale (scarsa disponibilità
all’impegno o atteggiamenti soggettivi non coerenti con una moderna cultura industriale) o al
ruolo esercitato dalla criminalità, grande e piccola, nei confronti delle imprese2.
Possono esistere costi nell’acquisizione di queste informazioni, che le imprese potenzialmente
investitrici, specie se di piccola o media dimensione, possono sopportare con difficoltà, e che
possono essere ridotti da un intervento pubblico diretto. Ancora una volta questo può essere
molto importante nel caso di una regione piccola come la Basilicata.
Infine, per una piena valutazione della convenienza di un investimento possono essere
necessarie condizioni specifiche, aggiuntive (ad esempio, relative a possibili accordi sindacali,
a forme di collaborazione con la pubblica amministrazione, alla disponibilità di forza lavoro
specificamente formata) che richiederebbero una fase negoziale con le istituzioni o le forze
sociali del luogo, e che imprese esterne possono trovare difficile e costoso avviare. In questo
caso una politica di attrazione di investimenti stimola le imprese esterne ad avviare queste
procedure negoziali; le incentiva con contributi finanziari; riduce i costi di interazione fra i
potenziali investitori esterni e le collettività locali.
Una specifica politica di attrazione pare, dunque, pienamente giustificata.
4. Un obiettivo molto difficile
Attrarre imprese in Basilicata non è, però, semplice; e una strategia di attrazione va
attentamente calibrata per essere realistica e potenzialmente efficace.
A determinare questa difficoltà pesano innanzitutto elementi di carattere nazionale, che
scoraggiano investimenti multinazionali. L’Italia, come ben noto, è da tempo destinazione di
un flusso molto contenuto di investimenti dall’estero3. Sulla mancata localizzazione in Italia
di imprese estere pesano molteplici fattori: una permanente incertezza istituzionale ed
economica; una dotazione relativamente modesta di grandi e piccole infrastrutture; la scarsa
efficienza e il costo di molti dei servizi (dai trasporti all’energia) che determinano la
competitività delle imprese; la percezione di difficoltà burocratiche e di opacità e lentezze nei
processi amministrativi; la stessa relativa carenza di imprese potenzialmente acquisibili (non
2
Una recente indagine commissionata dal Servizio per le politiche dei Fondi strutturali comunitari del
Dipartimento per le Politiche di Sviluppo del Ministero dell’Economia ha evidenziato come il Mezzogiorno,
all’interno della business community internazionale, venga giudicato poco interessante per gli investimenti esteri
perché mancherebbero le condizioni di sicurezza, di efficienza e di trasparenza delle istituzioni, di convenienza
delle materie prime e di disponibilità della manodopera necessaria. Nel complesso gli operatori dei vari paesi,
nei quali è stata condotta l’indagine, mostrano di avere spesso un’immagine non sufficientemente precisa delle
condizioni esistenti per gli investimenti esteri nel Sud Italia.
3
Un recente studio ha stimato il gap nell’attrazione di imprese multinazionali delle regioni italiane nell’ordine
del 40% rispetto al loro “potenziale”. In altre parole, i risultati di questo lavoro suggeriscono che una regione
italiana attrae in media il 40% in meno di investimenti diretti esteri rispetto ad una regione europea con
caratteristiche simili. Questo ritardo sembra dipendere in larga misura da alcune caratteristiche strutturali del
“Sistema Italia”; in particolare, l’efficienza della Pubblica Amministrazione e del sistema giudiziario e di tutela
dei diritti di proprietà spiegano gran parte della specificità italiana rispetto agli altri principali paesi europei. Il
lavoro suggerisce, quindi, la necessità primaria di interventi volti a mitigare l’effetto stringente esercitato dalle
istituzioni nazionali. A fronte di questo risultato, però, l’analisi suggerisce anche che esiste ampio spazio per
migliorare la capacità di attrazione delle regioni italiane attraverso politiche mirate a potenziare il livello delle
infrastrutture, del capitale umano e dell’investimento in R&S. Inoltre, in ragione dei forti effetti agglomerativi
determinati dalla presenza di imprese estere, specifiche politiche regionali di promozione e incentivazione degli
investimenti diretti esteri, che contribuiscano a colmare il grave ritardo delle regioni italiane, possono dar luogo
a importanti effetti moltiplicativi nel numero degli investimenti in entrata (Basile R., Benfratello L. e Castellani
D. (2005), “Attracting Foreign Direct Investments in Europe: Are Italian Regions Doomed?”, Rivista di Politica
Economica, gennaio-febbraio).
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si dimentichi che la maggioranza degli investimenti internazionali hanno natura di
acquisizioni).
La localizzazione di attività produttive in Italia soffre, poi, la forte concorrenza dei paesi
nuovi entrati nell’Unione Europea, che offrono costi del lavoro ed, in genere, di produzione,
nettamente inferiori; assieme a condizioni infrastrutturali e localizzative in miglioramento,
una buona qualità media della forza lavoro, un livello di tassazione molto inferiore e, in molti
casi, una posizione geografica più vicina ai grandi mercati dell’Europa Centrale. Allo stesso
tempo l’Italia soffre la concorrenza di altri paesi europei avanzati come sede per attività
produttive e in particolar modo per i quartieri generali di imprese extraeuropee. Francia,
Regno Unito e Spagna, in particolare, sembrano offrire un migliore mix di condizioni
localizzative, in termini di efficienza dei servizi pubblici e privati, aree urbane di qualità,
attività di ricerca, presenza di imprese specializzate nei settori in cui gli investimenti
internazionali sono più dinamici. Piccoli paesi come l’Irlanda, poi, sono in grado di offrire
altre opportunità, a partire da una forza lavoro ben qualificata (e di lingua madre inglese).
Si aggiunga che i flussi di investimento da Nord a Sud, all’interno dell’Italia, sono negli
ultimi anni particolarmente contenuti. Su questo fenomeno giocano più fattori: processi di
ristrutturazione di molti comparti italiani industriali e di servizi (che specie negli ultimi anni
stanno riducendo significativamente gli investimenti di aumento della capacità produttiva); le
opportunità di investimento nei paesi dell’Est; e, per le produzioni per le quali il costo del
lavoro è più significativo, in Asia. A ciò si sommano perduranti diseconomie della
localizzazione nel Mezzogiorno (dalla dotazione di infrastrutture a quella di servizi, alla
modesta tutela della legalità) e politiche pubbliche di sostegno agli investimenti al Sud che
hanno conosciuto negli ultimi anni più di un’incertezza nella definizione degli strumenti e più
di un rallentamento nella loro intensità (si pensi ai rallentamenti nei nuovi bandi per la legge
488 o alle attese per stanziamenti di cassa).
Inutile, poi, aggiungere che per attrarre investimenti dall’esterno la Basilicata, così come
l’intero Mezzogiorno, non può contare, come in un lontano passato, sul minor costo del
lavoro come fattore attrattivo. Le differenze retributive con i paesi nuovi entrati nell’Unione,
assieme al forte cuneo contributivo che appesantisce il costo del lavoro in tutt’Italia rendono
del tutto impossibile per la Basilicata una competizione localizzativa giocata sul costo del
lavoro. Naturalmente ciò non significa affatto dire che il costo del lavoro sia ininfluente, e che
strategie di moderazione salariale, ovvero di flessibilità nell’utilizzo della forza lavoro,
concertate naturalmente con le rappresentanze sindacali, non possano favorire investimenti
esterni. Ma, come nel caso delle incentivazioni finanziarie, si tratta di un possibile fattore di
accompagnamento e non certo del fattore di attrazione più importante.
Attrarre imprese in Basilicata non è affatto facile.
5. Non contare sulle incentivazioni finanziarie
Le vicende pluridecennali degli investimenti esterni nel Mezzogiorno, e le stesse dinamiche e
tipologie degli investimenti internazionali dell’ultimo periodo, forniscono alcuni
insegnamenti di fondo, da tenere ben presente nel disegnare una strategia di attrazione.
Il primo è che incentivazioni di carattere puramente finanziario e monetario non possono
esserne l’elemento centrale. Tutte le principali organizzazioni internazionali, dall’OCSE alla
Banca Mondiale, nei loro studi sulle determinanti degli investimenti internazionali
concordano su questo aspetto. Le condizioni finanziarie di cui possono giovarsi investimenti
internazionali nei vicini paesi dell’Est sono assai migliori, tanto per la maggiore possibilità
per quei paesi di offrire aiuti di stato alle imprese (che, verosimilmente, si accentueranno con i
nuovi regolamenti comunitari per il periodo 2007-2013) quanto per il minor livello di
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tassazione sulle imprese. Una “guerra” sugli incentivi localizzativi da parte della Basilicata
sarebbe persa in partenza. Inoltre, investimenti indotti esclusivamente o prevalentemente da
incentivazioni finanziarie e monetarie tendono ad essere assai instabili nel tempo. La storia
del Mezzogiorno è ricchissima di imprese esterne insediatesi grazie a incentivazioni pubbliche
che hanno in seguito interrotto o trasferito la produzione, obbedendo tanto a nuove
opportunità localizzative (imprese “ancorate” in un territorio dagli incentivi, che tendono a
“salpare” appena possibile) quanto a esigenze di riorganizzazione aziendale (si pensi al
recentissimo caso del pastificio Barilla di Matera). Queste vicende producono effetti
complessivamente assai negativi. Determinano un esborso notevole di risorse pubbliche;
lasciano territori alle prese con crisi occupazionali e sociali rilevanti, che possono determinare
ulteriori interventi di emergenza (e, quindi, ulteriori esborsi di risorse pubbliche) per farvi
fronte, senza magari ottenere soluzioni definitive. Non è storia solo del Mezzogiorno. Anche
negli Stati Uniti, dove negli anni Ottanta si è scatenata una vera e propria “guerra
localizzativa” per attrarre investimenti giapponesi ed europei da parte dei vari Stati a suon di
incentivi e detassazioni, specie da parte degli Stati del Sud, non mancano ormai casi di grandi
stabilimenti in chiusura.
Misure che tendono ad abbassare il costo dell’investimento attraverso incentivazioni
finanziarie possono, dunque, solo accompagnare strategie di attrazione, ma non esserne il
fulcro principale. Si tratterebbe di scelte con risultati magari apparentemente positivi nel
breve periodo ma negativi nel lungo. Puntare su misure erogatorie a bando, indifferenziate e
mirate esclusivamente alla concessione di incentivi all’investimento appare una strada
decisamente costosa per le finanze pubbliche e assai poco produttiva nel lungo periodo.
Non pare opportuno attrarre imprese che vengano ad “ancorarsi”, ma siano pronte in futuro a
“salpare”; occorre provare ad attirare imprese che vengano a “radicarsi”, interagendo
profondamente con il tessuto economico e sociale di insediamento. Solo imprese “radicate”
tendono a permanere nel lungo periodo e a determinare effetti positivi sull’intera regione con
le loro interazioni con il tessuto produttivo locale.
6. Contare su fattori attrattivi specifici
Per attrarre investimenti dall’esterno che tendano a produrre effetti positivi particolarmente
significativi (valorizzazione di risorse latenti; completamenti ed evoluzione di filiere; nuove
attività) e che tendano a radicarsi nel tessuto regionale non bastano risorse finanziarie.
Occorrono fattori di attrazione specifici. Questi sono prevalentemente di due tipi.
Il primo è rappresentato dalle generali condizioni localizzative. Esse attengono alle
caratteristiche naturali, geografiche, infrastrutturali, socio-politiche, culturali del territorio.
Possono essere anche relativamente differenziate all’interno della regione (anche se questo
avviene in misura modesta per una regione piccola come la Basilicata). In alcuni casi le
condizioni generali possono rappresentare un evidente ostacolo (si pensi alla perifericità della
regione rispetto ai grandi mercati dell’Europa Centrale). Esse tendono a frenare investimenti
dall’esterno: la loro analisi è necessaria, in negativo, per comprendere quali opportunità di
investimento siano ragionevolmente assenti, rispetto ad altre regioni o nazioni. In altri casi
essi possono invece rappresentare un elemento fortemente positivo. Nel caso della Basilicata,
ad esempio, la forte coesione sociale, il bassissimo livello di criminalità, la relativa efficienza
delle pubbliche amministrazioni, un territorio di qualità, anche nei suoi aspetti ambientali e
agroindustriali, rappresentano altrettanti fattori attrattivi.
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Il secondo è la presenza di attività economiche e di imprese già insediate, che possono
rappresentare condizioni localizzative originali per l’investitore esterno4. Per la Basilicata si
tratta, come noto, del polo automotive di Melfi, del distretto del salotto, del distretto
agroindustriale del Vulture e del polo agroalimentare del Metapontino, del polo energetico
della Val d’Agri, del sistema della ricerca di Potenza-Tito e di quello di Matera-Rotondella.
Ciascuno di essi, anche se in misura evidentemente differenziata, può contribuire assieme alle
generali condizioni di contesto della Basilicata a creare condizioni favorevoli all’arrivo di
nuove imprese.
Una strategia di attrazione di investimenti ben disegnata deve tendere a valorizzare
contemporaneamente questi elementi: le positive, generali, condizioni di contesto e la
presenza di un tessuto produttivo e di ricerca. Quanto più si basa su questi elementi tanto più
può essere efficace.
7. Coerenza fra politiche di attrazione e politiche di sviluppo
Vi è un altro importante fattore, potenzialmente molto importante. Una politica di attrazione
di investimenti non deve essere vista a sé, indipendentemente dalle altre politiche di sviluppo.
Deve, invece, essere non solo il più possibile coerente con quelle, ma anche trarre dalle altre
politiche pubbliche un rafforzamento delle condizioni localizzative. Questo è ancor più vero
in un momento, come il 2006, nel quale la Regione Basilicata sta procedendo alla definizione
dei suoi documenti strategici per la programmazione 2007-2013. Elementi di quei programmi
possono rafforzare le condizioni attrattive.
È indispensabile che la politica di attrazione sia coerente con le più generali politiche di
sviluppo. Diventi anzi, a pieno titolo, una strumento di attuazione di quelle. Nel disegnare le
ipotesi che verranno illustrate più avanti, dunque, si è tenuto fortemente conto tanto delle
tradizionali linee di sviluppo seguite dalla Regione Basilicata e dai suoi territori quanto delle
prime elaborazioni relative alla programmazione per il futuro. Certo, ad una politica di
attrazione si richiede di riuscire ad acquisire e a mobilitare risorse, provenienti dall’esterno e
diverse da quelle presenti in loco, che possono far accelerare o arricchire strutturalmente il
modello di sviluppo regionale (si pensi allo stesso effetto della decisione relativa
all’insediamento FIAT di Melfi). Tuttavia appare ragionevole che una strategia di attrazione
non miri, in modo casuale, ad incentivare ogni investitore in astratto potenzialmente
interessato, ma che sappia darsi degli obiettivi (dei target) connessi ai principali obiettivi delle
politiche di sviluppo.
4
Sotto l’influenza delle linee di ricerca tracciate dalla New economic geography nel corso dell’ultimo ventennio,
molti studi recenti hanno enfatizzato il ruolo delle economie esterne come potenziali determinanti della
localizzazione delle imprese straniere. In primo luogo, seguendo un tipico approccio di causazione cumulativa, si
evidenzia che le imprese straniere tendono a localizzarsi dove altre imprese sono già presenti. I benefici di questa
forma di esternalità, connessa al numero di impianti manifatturieri raggruppati in una specifica area geografica
(economie di agglomerazione), sono ben noti: spillover di conoscenza, accesso a mercati del lavoro più stabili,
disponibilità di beni intermedi, servizi alla produzione e manodopera specializzata. Occorre, tuttavia, ricordare
che le economie di agglomerazione tendono a raggiungere valori limite, superati i quali possono eventualmente
emergere diseconomie di agglomerazione, determinando così una maggiore dispersione dell’attività industriale
nello spazio geografico. Una volta che le forze centrifughe superano gli effetti delle economie di agglomerazione
in una regione, le imprese tenderanno a localizzarsi nelle regioni contigue dove i costi di produzione sono
inferiori e allo stesso tempo esiste ancora qualche vantaggio derivante dalle economie esterne, data la ridotta
distanza geografica. In tal senso, le economie di agglomerazione opererebbero a un livello sovra-regionale.
Questo implica che, oltre a guardare alle attività economiche e alle imprese già insediate in Basilicata, si può
ampliare la prospettiva e considerare le realtà produttive e di ricerca delle regioni limitrofe (Puglia e Campania).
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L’interazione è nei due sensi. L’attrazione di imprese può rafforzare le politiche di sviluppo.
E buone politiche possono favorire l’attrazione. Questo in Basilicata vale almeno per tre
fattori che ovunque sono importanti nel determinare l’arrivo di imprese dall’esterno: (i) le
connessioni con reti di trasporti a lunga distanza; (ii) le reti di comunicazioni; (iii) le abilità
generali della forza lavoro. Non si tratta di attendere nuove grandi infrastrutture per
immaginare una politica di attrazione, ma di sfruttare le connessioni già possibili, ad esempio,
con gli aeroporti di Napoli e Bari o con il porto di Taranto; di valorizzare il potenziamento
degli investimenti sulla società dell’informazione in corso da tempo in Basilicata (che
potrebbero offrire, ad esempio, interessanti possibilità anche nel lavoro a distanza); di
considerare che le abilità informatiche diffuse o la conoscenza generalizzata delle lingue (a
cominciare dall’inglese) creano condizioni generali favorevoli all’arrivo di imprese.
Non sono politiche diverse. Sono strumenti che possono creare, nel tempo, con la loro
coerenza, circoli virtuosi.
8. Attrarre imprenditori
Normalmente le strategie di attrazione sono focalizzate sulle imprese. Esse mirano, cioè, ad
individuare imprese già esistenti, con sedi al di fuori della regione, affinché esse attivino
nuove attività economiche nei territori oggetto della politica di attrazione, nel nostro caso la
Basilicata. Non è sempre stato così in passato; e non è del tutto così anche oggi.
Oltre alle imprese si può cercare di attrarre anche imprenditori. Si può puntare, in altre parole,
ad individuare singole persone, che vivono al di fuori della regione, affinché esse si
trasferiscano in Basilicata ed avviino nuove attività economiche. Una vasta letteratura
economica ha evidenziato l’importanza del capitale umano come fattore chiave nei processi di
crescita socio-economica a livello regionale. Esso rappresenta la fonte principale di nuove
idee ed innovazioni per le moderne economie basate sulla conoscenza. In questo contesto, la
ricchezza e la competitività di nazioni e regioni è largamente basata sulla loro capacità di
sviluppare, mantenere e attrarre una adeguata “infrastruttura umana”.
Così è stato in passato nel Mezzogiorno. Specie all’inizio del XX secolo, ma anche
successivamente, ad esempio negli anni Sessanta, un contributo importantissimo alle regioni
del Sud è venuto da singoli imprenditori, spesso stranieri ma anche del Nord, che si sono
trasferiti nel Mezzogiorno e qui hanno avviato nuove attività economiche. Certo questo si
spiega anche con le difficoltà, all’inizio del secolo scorso, di gestire attività economiche
organizzate su base multinazionale o multiregionale. Ma questo accade anche oggi. Accade in
modo particolare negli Stati Uniti, dove le politiche di sviluppo urbano sono assai attente,
oltre che ad attrarre imprese (in modo particolare le sedi principali, che in quella realtà
economica sono molto più mobili di quanto non siano in Europa) anche ad attrarre singoli
“talenti”. Il contributo di imprenditori provenienti – prima di diventare imprenditori – da fuori
regione nello sviluppo di alcune aree degli Stati Uniti, sia nella stessa Silicon Valley sia
nell’area di Seattle, è, ad esempio, particolarmente significativo. E questo accade anche in
Europa, specie all’Est, dove si trasferiscono anche ex imprenditori italiani che chiudono le
proprie attività economiche in patria e ne avviano di nuove all’estero.
Certo questo dipende, daccapo, dalle specifiche condizioni localizzative per le attività
economiche. Non si può ovviamente pensare di attrarre in Basilicata quanti si dirigono verso
la Silicon Valley (per lo straordinario potenziale di ricerca) o verso la Romania (per i costi di
produzione particolarmente contenuti), per evidenti motivi. Ma la mobilità dei “talenti” non è
determinata solo dalle condizioni economiche settoriali, è anche influenzata da specifiche
condizioni di qualità della vita. E da questo punto di vista, come già detto, la Basilicata offre
condizioni senz’altro originali. Le generali condizioni di contesto (qualità della vita, qualità
Convenzione Regione Basilicata – CERPEM
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del territorio, qualità del sistema agroalimentare) possono essere un fattore attrattivo di
“talenti” e potenziali imprenditori: da altre regioni italiane (a parziale compensazione del
fortissimo flusso in uscita di capitale umano giovanile), ma anche dall’estero: dall’avanzato
Nord Europa così come dall’Est o dal bacino del Mediterraneo.
Questo è ancor più vero per imprenditori “di ritorno”: residenti emigrati che liquidano le
proprie attività all’estero e sono alla ricerca di occasioni di vita, o quantomeno di
investimento, nelle proprie terre di origine. Il caso Zappacosta – Del Verde è assai istruttivo
in merito (cfr. box 3).
9. Competizione e collaborazione localizzativa
Una strategia di attrazione non può guardare esclusivamente all’interno della regione, ancora
una volta specie nel caso della Basilicata. In primo luogo essa deve cercare di raccordarsi con
le più generali politiche di attrazione di investimenti dall’estero in Italia, per quanto esse non
sembrino particolarmente efficaci in questo periodo; e parallelamente con le iniziative
nazionali di promozione degli investimenti nelle aree “sottoutilizzate” del paese.
Più complesso è il raccordo con l’attività delle altre regioni del Sud. Per alcuni versi tutte le
regioni del Sud condividono alcune diseconomie ambientali, che riducono la capacità
attrattiva dei propri territori. Questo potrebbe portarle a concentrare i propri sforzi di
attrazione in attività relativamente simili (si pensi al turismo); e questo a sua volta potrebbe
portare a forme, dirette o indirette, di concorrenza fra le regioni. Non sono mancati pericoli
del genere, anche nel recente passato (ad esempio, nella vicenda del nuovo investimento di
Alenia “conteso” fra Puglia e Campania).
Forme di concorrenza fra regioni basate su pacchetti finanziari di agevolazioni vanno
attentamente evitate. Esse non possono che risultare, nell’insieme, negative per tutti. Possono,
invece, esistere limitate forme di competizione “virtuosa” fra territori: ad esempio, nella
qualità dei servizi che la pubblica amministrazione può garantire agli investitori esterni. Entro
certi limiti, tali forme di concorrenza sono inevitabili e possono rappresentare uno stimolo
virtuoso al miglioramento reciproco. L’imitazione, da parte di regioni o territori, di
sperimentazioni o strumentazioni virtuose messe in atto da altri può far parte di una
intelligente strategia di attrazione e stimolare miglioramenti reciproci e processi di
apprendimento.
Forme di collaborazione fra regioni, nell’ambito delle strategie nazionali o di promozione
degli investimenti nel Mezzogiorno sono, però, del tutto ipotizzabili. La loro razionalità sta
nel fatto che le condizioni localizzative all’interno del Mezzogiorno, in termini di condizioni
geografiche, sociali, culturali, di dotazione di specifiche infrastrutture, di preesistenza di
attività economiche e di specializzazioni produttive locali restano in realtà assai differenziate.
Difficile immaginare che Napoli e la Basilicata possano effettivamente “competere” per un
investimento esterno, dato la grandissima differenza esistente fra le condizioni insediative.
Inoltre, le condizioni esistenti in una regione possono favorire localizzazioni di investimenti
anche nelle regioni vicine. È evidente che il ruolo del porto di Taranto, e le possibili
connessioni ferroviarie lungo l’Adriatico con il Nord Europa, può favorire – e non certo
ostacolare – investimenti in Basilicata. Così come l’eventuale addensarsi di investimenti
esterni in Campania può produrre effetti positivi per la localizzazione di nuove imprese anche
in Basilicata.
Per quanto possano darsi limitate forme di “concorrenza” è evidente che l’attrazione di
investimenti esterni nelle regioni del Mezzogiorno può essere per diversi aspetti un “gioco a
somma positiva” con vantaggi diffusi. Questo spinge ancor di più verso strategie di attrazione
Convenzione Regione Basilicata – CERPEM
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di investimenti, focalizzate e differenziate, che puntino sempre più sulle condizioni che
differenziano la Basilicata rispetto alle altre regioni.
10. Alleati strategici
Le agenzie e le autorità nazionali possono essere senz’altro “alleati” in una strategia di
attrazione di investimenti. Così come possono esserlo, per quanto appena detto, le regioni
vicine. Ma nel caso della Basilicata esistono altri potenziali alleati. Ve ne sono di due tipi.
Il primo, molto rilevante, è rappresentato dalle comunità lucane fuori regione, che sono
particolarmente numerose. In termini generali, esse conservano rapporti fitti e positivi con il
territorio di origine e assai spesso condividono gli sforzi che vengono fatti per potenziare il
territorio e per accrescere le occasioni di sviluppo. Esse possono essere, dunque, preziose
alleate di una strategia di attrazione di investimento. In particolare, possono trasformarsi, in
Italia così come all’estero, in veicoli di trasmissione e di diffusione di informazioni su
opportunità di investimento.
Il secondo è rappresentato dalle grandi imprese già insediate in regione: a cominciare da
FIAT, ENI e TOTAL. Esse possono essere motivate, come è naturale che sia, da ragioni
“opportunistiche”: migliori occasioni di sviluppo e di occupazione possono creare un clima
economico più disteso e favorevole anche per il normale svolgimento delle proprie attività;
possono evitare il caricarsi di tensioni e di domande sociali su di loro. Esse non hanno certo
attitudini da “benefattrici”, ma si può tentare di coinvolgerle, specie laddove questo rientri in
una complessiva contrattazione con la Regione (come nel caso delle compagnie petrolifere),
tanto nell’effettuazione di specifici investimenti nell’ambito dei pacchetti contrattuali, quanto
in programmi comuni di attrazione di investimenti, che possano rafforzare indirettamente le
loro attività (come potrebbe essere l’interesse della FIAT per subfornitori di secondo livello
per lo stabilimento di Melfi).
11. Conclusione: procedere per progetti settoriali
Le considerazioni esposte in precedenza possono essere riassunte nel modo seguente. Attrarre
investimenti (nuove imprese e nuovi imprenditori) può essere un elemento importante delle
strategie di sviluppo della Basilicata. Specie se questo comporta la migliore valorizzazione
delle risorse disponibili, il completamento e l’evoluzione delle filiere già esistenti, lo sviluppo
di attività nuove e maggiormente innovative.
Tuttavia l’attrazione è molto difficile. Lo è per le dinamiche internazionali (concorrenza di
altre regioni), per la debolezza dei fattori attrattivi italiani, per l’incertezza nelle politiche per
il Mezzogiorno.
L’attrazione non può essere basata meramente sull’offerta di incentivi finanziari e/o pacchetti
localizzativi, occorre privilegiare interventi strutturali. Le logiche che governano le scelte di
insediamento delle multinazionali per investimenti ad alto valore aggiunto sono imperniate
sull’analisi strutturale del territorio a partire da un insieme preciso e ristretto di fattori chiave.
Ridurre l’azione a supporto dell’attrattività di un territorio a un complesso di attività di
marketing territoriale rappresenta una semplificazione pericolosa. Ugualmente, la presenza di
aree per l’insediamento e di pacchetti localizzativi rappresenta un “di cui” di rilevanza minore
rispetto a fattori chiave quali le infrastrutture tecnologiche avanzate, il capitale umano, la
conoscenza accumulata nel territorio, etc.. Anche una strategia di attrattività basata
principalmente su fattori “di costo” (ad esempio, incentivi alla localizzazione) si rivela
ampiamente inadeguata. In realtà avanzate come il nostro paese, nelle quali non è più
Convenzione Regione Basilicata – CERPEM
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possibile attuare strategie di crescita attraverso il ribasso dei prezzi e del costo del lavoro, una
soluzione simile porta inevitabilmente ad attrarre realtà a basso valore aggiunto e molto
volatili (destinate cioè ad abbandonare l’investimento alla fine del periodo di incentivi), le
quali rischiano di porre il territorio in condizioni di continua debolezza, se non di accelerarne
il declino.
Al contrario, l’attrazione deve puntare su condizioni localizzative originali, in termini di
generali fattori ambientali (così differenziandosi dalle altre regioni del Sud), di preesistenti
attività economiche e di ricerca, di politiche pubbliche di sviluppo in corso. Incentivi
finanziari possono solo accompagnare questi fattori attrattivi.
Le strategie di attrazione devono valorizzare al massimo, per quanto possibile, la presenza di
possibili alleati, siano essi territori limitrofi cointeressati e, soprattutto, le comunità di lucani
fuori regione e le grandi aziende presenti in Basilicata.
Tutto questo consiglia di puntare, per l’attrazione di imprese, su progetti integrati, non su
bandi indifferenziati o, semplicemente, su iniziative per paese. La riflessione sulla strategia di
attrazione degli investimenti deve essere condotta in una logica progettuale come un insieme
di azioni di attrazione di investitori specifici per territori specifici5.
L’indicazione che emerge dai paragrafi precedenti è quella di affrontare il problema
dell’attrazione di investimenti esterni in una logica micro e non solo macro, accompagnando
le analisi di natura quantitativa a una riflessione qualitativa e puntuale che abbia come
obiettivo la valorizzazione di specifici territori a specifici interlocutori provenienti da
determinati paesi6. L’analisi della letteratura sui processi di selezione dei paesi target da parte
delle imprese multinazionali suggerisce di impostare una politica di attrazione che, innanzi
tutto, individui le tipologie di imprese da attrarre (i settori, le dimensioni, le attività da
localizzare) e i paesi verso i quali orientare le politiche di promozione. La declinazione degli
obiettivi prioritari per i singoli territori e per i singoli settori (mantenimento dei posti di
lavoro, produzione o trasferimento di innovazione, riqualificazione dell’offerta e così via)
deve essere, quindi, la base per la definizione della strategia di attrazione.
Attualmente la maggioranza delle imprese multinazionali operanti in Italia proviene dai paesi
sviluppati e si concentra su investimenti in imprese manifatturiere; esiste, quindi, il rischio di
sottovalutare la crescente importanza dei paesi in via di sviluppo come potenziali investitori e
di restare ancorati a un modello di attrazione di investimenti da produttore a basso costo in
Europa, poco compatibile con l’attuale “geografia produttiva” su scala europea e
internazionale. Le motivazioni all’investimento all’estero da parte delle imprese provenienti
dai paesi in via di sviluppo sono evidentemente molto diverse rispetto a quelle dei paesi
industrializzati e richiedono, quindi, un approfondimento specifico. Resta, però, il dato che
rappresentano una grossa occasione da cogliere al volo.
Per quanto riguarda le tipologie di settori su cui concentrare l’azione, le esperienze
internazionali mostrano come sia possibile puntare su settori assolutamente nuovi e
fortemente innovativi, oppure, in alternativa (o, meglio, in modo complementare), lavorare
sulle vocazioni di specifici territori per attirare attori con competenze complementari a quelle
presenti in loco e favorire l’aumento delle dimensioni complessive d’impresa. In quest’ottica,
le politiche di attrazione potrebbero essere orientate a inefficienze strutturali ossia a coprire
“anelli mancanti” nei sistemi di creazione di valore a livello territoriale e nazionale. Alcuni
5
Nei progetti l’attività di attrazione deve essere strettamente collegata alle condizioni localizzative favorevoli
esistenti; alla presenza di realtà economiche e istituzionali; allo sviluppo contemporaneo di politiche pubbliche.
In una situazione in cui le condizioni di partenza e le politiche aiutino l’attrazione delle imprese e l’arrivo delle
imprese rafforzi le condizioni di partenza e favorisca l’attuazione delle politiche.
6
È importante che l’amministrazione regionale predisponga un piano di promozione territoriale mirato, che
evidenzi la specificità del sistema regionale, lavorando sui gap di percezione che appaiono essere molto
importanti e penalizzanti per le regioni del Mezzogiorno.
Convenzione Regione Basilicata – CERPEM
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casi di successo, si pensi alla Scandinavia, hanno investito nella valorizzazione di propri asset
consolidati, in termini di competenze, posizionamento geografico, tradizioni, etc.,
trasformandoli in vantaggio competitivo e, quindi, in una leva per attrarre investimenti a
partire dal riconoscimento di una posizione unica nel settore di interesse per l’investitore.
Altri attori partendo da una posizione di sviluppo più arretrata, o legata a soluzioni in declino,
hanno fatto leva sull’attuale contesto di discontinuità delle soluzioni tecnologiche, che oggi
permette di investire sulla crescita di settori assolutamente nuovi, minimizzando il peso dei
gap competitivi pregressi.
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PARTE SECONDA
I SETTORI SU CUI CONCENTRARE L’ATTIVITÀ DI ATTRAZIONE
Nella selezione degli specifici settori su cui concentrare la politica di attrazione degli
investimenti si possono seguire due strade diverse, ma non necessariamente alternative:
lavorare sulle vocazioni di specifici territori per attirare attori con competenze complementari
a quelle presenti in loco, oppure, puntare su settori del tutto nuovi e fortemente innovativi.
Nel caso della Basilicata ci si può muovere in entrambe le direzioni: puntare sia sui settori che
rappresentano un’evoluzione (in senso verticale e/o orizzontale) dei sistemi produttivi locali
già presenti in regione, sia su nuove attività individuate sulla base di quelli che sono i fattori
attrattivi regionali, le potenzialità del nostro paese e le tendenze internazionali.
Nel I rapporto dell’aprile di quest’anno venivano formulate alcune ipotesi riguardo i settori su
cui concentrare la politica di attrazione degli investimenti, ipotesi che sono, poi, state oggetto
di confronto con le autorità politiche regionali e con le rappresentanze economiche e sociali.
In questo documento finale si riprendono, sviluppandole alla luce del confronto partenariale,
quelle idee progettuali. Innanzi tutto, si descrivono le caratteristiche principali di ogni singolo
settore e le sue prospettive di crescita; quindi, si individuano i fattori specifici di attrazione di
cui dispone la Basilicata, da valorizzare nei confronti dei potenziali investitori.
I progetti settoriali di attrazione individuati sono sei: biotecnologie, attività di ricerca in
campo ambientale, ricerca e produzione di energia da fonti alternative, automotive,
agroalimentare, industrie creative nelle aree urbane7. Di seguito sono presentati secondo un
ordine di priorità.
1. Biotecnologie
Le biotecnologie identificano l’applicazione di metodi derivati dalla conoscenza delle scienze
biologiche per la produzione di beni e servizi in campo sanitario, ambientale, alimentare e
industriale. Nell’ultimo quarto di secolo, lo straordinario sviluppo delle scienze biologiche e
delle tecniche ad esse collegate ha costituito la base per la realizzazione di nuovi e rinnovati
metodi di produzione di beni e servizi in molti settori produttivi; in alcuni di questi settori le
7
Accanto a questi sei progetti settoriali, un altro settore che, pur non costituendo un target della politica di
attrazione, dovrebbe essere monitorato è quello della logistica. Le localizzazioni produttive si collocano dove il
supporto dei servizi logistici e di trasporto è più efficiente ed affidabile. Programmi di marketing territoriale per
aree a vocazione logistica potrebbero attirare I.D.E., soprattutto, da Cina e India, le cui imprese possono avere un
forte interesse a localizzarsi vicino ai mercati europei e, quindi, una logistica efficiente può rappresentare una
variabile fondamentale nell’indirizzare le loro scelte localizzative. Il caso della logistica è un tipico esempio di
come una strategia di attrazione debba essere complessa e coordinata e come notevoli siano gli effetti
“moltiplicativi”; in altre parole, attrarre investimenti nel settore della logistica può divenire lo strumento migliore
per attrarre investimenti manifatturieri (in particolare, con riferimento ai settori target individuati in questo
rapporto, questo può essere vero per investimenti nell’automotive e nell’agroalimentare). Si consideri anche che
la geografia politica dell’Europa si sta ridisegnando e questo processo sta determinando un ridisegno dei flussi di
merci e di persone in un’area economica che muta il proprio assetto, allargando la propria sfera geografica di
influenza. Grazie alla sua ubicazione strategica l’Italia è un nodo fondamentale per i flussi commerciali
provenienti da Asia, Europa e America del Nord; in particolare, rappresenta la naturale piattaforma logistica per
gli scambi tra l’area del Mediterraneo e l’Europa settentrionale. Si aprono, dunque, nuove interessanti
prospettive per il nostro paese e, al suo interno, per la Basilicata nel settore della logistica e del trasporto, come
testimoniano le recenti scelte di importanti gruppi esteri operanti in questo settore, quali Stinnes, Geodis, ABX
Logistics, TNT Post Group, Deutsche Post, UPS, DHL, Fiege e altri, che hanno conquistato posizioni di spicco
sul mercato nazionale (fonte: www.investinitaly.com).
Convenzione Regione Basilicata – CERPEM
16
biotecnologie moderne hanno totalmente rinnovato i metodi produttivi e/o aperto la strada alla
realizzazione di prodotti totalmente nuovi.
Le biotecnologie costituiscono un “corpus” tecnologico trasversale che offre un grande
potenziale di innovazione sia nelle produzioni industriali ed agricole, sia per il controllo di
qualità e la ricerca.
La dimensione economica di questo settore è rilevante. Nel 2005, secondo il rapporto Beyond
borders curato da Ernst&Young, nel mondo c’erano più di quattromila aziende biotech, i
ricavi ammontavano a più di 60 miliardi di dollari (+17% rispetto al 2004) e più di 250 nuovi
prodotti venivano approvati e immessi nel mercato. Il settore registra ottime performance nel
campo biomedico e farmaceutico, ma promette bene anche nel biotech applicato ai processi
agricoli (in particolare, biocombustibili) e si sta aprendo alla sfida del futuro: quella della
biotecnologia industriale, i cui ricavi potrebbero raggiungere i 12 miliardi di dollari entro il
2010. La leadership biotech è nelle mani degli Stati Uniti: nel 2005, le 1.400 aziende
statunitensi hanno totalizzato un fatturato di circa 48 miliardi di dollari e speso in R&S circa
16 miliardi. Buone anche le prestazioni del Canada, ma la vera sfida delle Americhe viene da
Brasile e Argentina e riguarda il biotech applicato all’agricoltura8. L’Europa è sulla scia degli
Stati Uniti: a fine 2004, nel Vecchio Continente c’erano 2.163 imprese biotech con circa
96.500 addetti (di cui poco più di 42.000 nelle attività di R&S); i ricavi ammontavano a più di
21,5 miliardi di euro e la spesa in R&S era pari a circa 7,6 miliardi9. È evidente, quindi, che
una strategia di attrazione di imprese biotech deve guardare a questi paesi, con particolare
attenzione a quelli emergenti. Una nuova frontiera è rappresentata da Cina e India che hanno
capito l’importanza di investire in biotecnologie. Le imprese di questi paesi possono avere un
grande interesse a localizzarsi in Europa e, quindi, possono essere “invogliate” a scegliere la
Basilicata.
Figura 1 - Imprese biotech europee per settore – 2004
Fonte: Critical I Limited (http://www.europa-bio.be/)
Le imprese operanti nel campo delle biotecnologie sono essenzialmente di due tipi: imprese
integrate (farmaceutiche, agroalimentari, chimiche, etc.) che utilizzano ai loro fini produttivi o
di ricerca e di controllo le biotecnologie, e imprese specializzate o piccole imprese
8
Il Brasile è leader mondiale nella produzione di biocombustibili (soprattutto etanolo).
Gli Stati europei più importanti, per numero di imprese e addetti, sono Germania e Regno Unito, seguiti da
Svizzera, Svezia e Francia.
9
Convenzione Regione Basilicata – CERPEM
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biotecnologiche che sono state costituite per applicare specificamente le biotecnologie. Le
prime sono fondamentalmente basate sul prodotto, le seconde sulle tecnologie.
Nel corso degli anni ’80, le biotecnologie, in Europa, sono state sviluppate principalmente
all’interno di grandi imprese. Oggi, mentre le grandi imprese farmaceutiche e chimiche
continuano a sviluppare la tecnologia, si assiste ad una rapida espansione di imprese biotech
medio-piccole. Le piccole imprese, nate di solito dalla collaborazione tra ricercatori
universitari e managers, si basano su settori delle biotecnologie limitati ma ad esse
profondamente noti. È proprio questa specificità che rende difficile a queste imprese il
diventare imprese integrate verticalmente (dalla ricerca al mercato) e le rende, invece,
particolarmente adatte a joint ventures con altre imprese, piccole o grandi, nelle quali svolgere
la parte di sviluppo. È una forma di “divisione del lavoro” diffusissima per cui le grandi
imprese acquistano dalle piccole l’attività di discovery (nuovi prodotti, nuovi processi
produttivi) che poi sviluppano, producono e distribuiscono. Si instaura così, tramite le piccole
imprese, un collegamento della grande o media impresa con la ricerca di base e le piccole
imprese svolgono in tal modo un’attività di “trasferimento”.
Le piccole imprese biotecnologiche hanno giocato e giocano, dunque, un ruolo molto
importante nello sviluppo applicativo delle biotecnologie, ciò spiega la loro elevata incidenza
numerica sul totale delle imprese nei paesi più avanzati (negli Stati Uniti e in Europa esse
costituiscono oltre il 60% delle imprese biotecnologiche). Le caratteristiche principali di
questa tipologia di imprese sono le seguenti:
- elevato contenuto tecnico-scientifico;
- rapporti stretti con la ricerca di base delle Università e degli Enti di ricerca;
- disponibilità a instaurare rapporti flessibili con imprese integrate (joint ventures, ricerche
su commessa, etc.);
- attitudine all’attività di discovery di nuovi prodotti e nuovi processi;
- attività di trasferimento dalla ricerca di base alla grande impresa;
- opportunità di investimento per venture capitalists, banche d’affari o grandi imprese;
- generatori di occupazione qualificata (laureati e tecnici).
Le piccole imprese hanno ovviamente l’obiettivo di crescere e per far questo hanno bisogno di
capitali: esse sono, quindi, delle opportunità di investimento per venture capitalists, per
banche d’affari e per tutti gli investitori che credono nel futuro delle biotecnologie. Creano
occupazione: un successo genera emulazioni ed è seme per altre iniziative con uno sviluppo
che tende ad essere esponenziale e che occupa principalmente laureati o tecnici. Infine, una
caratteristica rilevante è che tendono alla concentrazione geografica, in prossimità di
Università e istituzioni di ricerca (si pensi, ad esempio, alla regione di Monaco, oppure, alla
così detta Medicon Valley tra Svezia e Danimarca).
È realistico pensare di attrarre investimenti biotech in Italia? La risposta è sì.
L’Italia è uno dei paesi più importanti nel mercato mondiale delle scienze della vita. Le
imprese che operano nel settore coprono l’intera filiera: dalla farmaceutica alle biotecnologie,
dalle applicazioni nei segmenti del biomedicale, della bio-informatica, bio-meccanica,
nanobiotecnologie alle integrazioni con i settori del “Made in Italy” (agroalimentare, chimica
fine, tessile).
L’industria delle biotecnologie è, inoltre, uno dei settori più dinamici della nostra economia,
con un fatturato, in continua crescita, di oltre 300 milioni di euro. La fetta più ampia del
mercato (60%) si concentra nel settore della salute, con particolare attenzione alla
sperimentazione terapeutica e alla diagnostica. Di rilievo anche il peso del segmento
agroalimentare, che assorbe più del 20% delle aziende (fonte: www.investinitaly.com).
Convenzione Regione Basilicata – CERPEM
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Figura 2 - La distribuzione geografica delle imprese biotecnologiche in Italia
Fonte: Osservatorio per il settore chimico (http://www.osservatoriochimico.it/)
Vista la lunga tradizione produttiva e l’elevato potenziale di ricerca e innovazione nel campo,
le biotecnologie sono uno dei settori in cui l’Italia mostra una maggiore capacità di attrazione
di imprese estere. Data questa situazione di contesto e trattandosi, come già detto, di un
settore in forte espansione, una strategia di attrazione di investimenti esteri ben congegnata ha
ottime possibilità di riuscire: la Basilicata ha, dunque, interesse a puntare decisamente su
questo settore. Quali sono i vantaggi specifici che la regione può offrire?
Le esperienze in diversi paesi evidenziano come, alla base del progresso dell’industria
biotecnologica, vi sia la presenza delle competenze tecnico scientifiche e l’instaurarsi di un
Convenzione Regione Basilicata – CERPEM
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rapporto di collaborazione tra le diverse realtà impegnate nel biotech in un determinato
ambito territoriale10. Si dovrebbe, dunque, cercare di favorire l’integrazione (ed il
trasferimento tecnologico) fra diversi centri specializzati in biotecnologie agricole, provando a
stabilire relazioni più fitte fra le realtà lucane del settore (in primis, Metapontum Agrobios) e
soggetti europei. Una strategia di questo tipo, attraverso l’inserimento in network
internazionali, potrebbe attirare imprese estere11.
Si tenga presente che, come già detto, proprio quella delle biotecnologie agricole (piante
transgeniche che possono aumentare la sostenibilità ecologica in agricoltura e risorse
rinnovabili basate sullo sfruttamento delle piante per aumentare la sostenibilità dei processi
industriali e dei trasporti: biomasse e biofuel) è un’area delle aree più promettenti.
Nel biotech l’innovazione è sviluppata soprattutto da piccole e medie aziende con
elevatissime competenze interne, che trovano spesso utile localizzare in nuovi centri parte
delle proprie attività, se trovano in loco competenze e programmi di supporto. In questo
settore sono importanti anche le partnership pubblico/private per le attività di R&S. Le
imprese che operano nelle biotecnologie necessitano, quindi, di capitali da investire in ricerca
e sviluppo. La disponibilità di incentivi pubblici potrebbe, quindi, rappresentare un fattore di
attrazione importante per questo tipo di imprese, unitamente alla possibilità di instaurare
partnership pubblico/private.
Ampliando il discorso ad altri comparti delle scienze della vita, si potrebbe sfruttare la
vicinanza geografica di importanti realtà in Puglia e Campania (figure 3 e 4).
Un punto imprescindibile nella strategia di attrazione della Regione Basilicata, che vale per
tutti i settori di cui discutiamo, deve essere rappresentato dalla valorizzazione, agli occhi dei
potenziali investitori, della sua natura di regione “cerniera”. In altre parole, deve essere
enfatizzata la vicinanza a due aree metropolitane importanti come Salerno e Bari. Su queste
due aree, infatti, gravitano, rispettivamente Potenza e Matera; in particolare, l’area MateraBari può divenire un’unica area economico-funzionale fortemente integrata.
Si tenga anche presente che sia Salerno (ma, ampliando leggermente la prospettiva, potremmo
considerare anche Napoli) che Bari hanno, comunque, vocazioni produttive diverse e, quindi,
l’effetto “complementarietà” è più forte di quello “concorrenza”.
Le imprese target su cui concentrare l’attività di scouting saranno, alla luce di quanto detto,
soprattutto imprese medio-piccole fortemente specializzate e dinamiche. Questo implica
l’adozione di una particolare strategia di attrazione che si discosta da quelle tradizionali. Di
questo si discuterà ampiamente nella terza parte di questo rapporto.
10
In Europa è in atto un processo di clustering, però la maggior parte dei clusters biotecnologici non sembra
abbastanza grande per competere efficientemente con quelli degli Stati Uniti e dei nuovi competitori asiatici e
sudamericani. Occorre, quindi, favorire l’integrazione fra i diversi clusters così come il trasferimento
tecnologico oltre che all’interno anche fra clusters.
11
A proposito del settore delle biotecnologie sono da ricordare le numerose collaborazioni in atto tra istituzioni
di ricerca svedesi ed italiane che potrebbero portare a vaste possibilità di attrazione di I.D.E..
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Figura 3 - Opportunità di localizzazione per le imprese del settore delle
scienze della vita
Fonte: www.investinitaly.com
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Figura 4 - Opportunità di localizzazione per le imprese del settore delle
scienze della vita
Fonte: www.investinitaly.com
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2. Attività di ricerca in campo ambientale
Una tendenza nuova e interessante nell’andamento dei flussi globali di I.D.E. è la crescente
internazionalizzazione delle attività di ricerca e sviluppo delle imprese multinazionali. Oltre,
ovviamente, alla produzione, fra le funzioni aziendali che le multinazionali tendono a
delocalizzare ci sono, sempre più spesso, anche attività di R&S e questo fenomeno riguarda
tutti i principali paesi “esportatori” di investimenti, come parte di un più generale trend di
offshoring dei servizi.
I motivi che spiegano questa tendenza sono diversi, i più importanti attengono alla necessità
(i) di adattare le tecnologie ai vari mercati; (ii) di accelerare il processo di sviluppo
tecnologico; (iii) di avere accesso a personale di ricerca altamente qualificato.
Da una recente indagine dell’UNCTAD sui principali investitori in R&S emerge che
l’internazionalizzazione di queste attività dovrebbe ulteriormente aumentare12. L’indagine,
inoltre, rivela significative differenze fra i paesi di origine, con le multinazionali europee che
delocalizzano più della media, mentre quelle statunitensi, giapponesi e coreane meno della
media. È significativo, però, che anche queste ultime abbiano dichiarato l’intenzione di
aumentare la quota di attività di R&S fatta all’estero. Ancora, la maggior parte delle attività di
R&S delocalizzate lo sono nei paesi sviluppati.
Fra le varie tipologie di attività di ricerca quelle che mostrano prospettive di crescita
particolarmente interessanti sono quelle in campo ambientale.
Quando parliamo del settore “ambiente” ci riferiamo ad un comparto produttivo grande ed in
crescita. Se si prendono in considerazione le sole ecoindustrie, il mercato mondiale dei beni e
servizi ambientali è stato stimato a 500 miliardi di euro nel 2003 ─ vale a dire al livello del
mercato delle industrie aerospaziale e farmaceutica ─ con una crescita di circa il 5% annuo13.
Le ecoindustrie dell’Unione Europea producono beni e servizi per circa 183 miliardi di euro
l’anno. La gestione dell’inquinamento e le tecnologie pulite rappresentano circa 127 miliardi
di euro e la gestione delle risorse (esclusi gli impianti a energia rinnovabile) quasi 56 miliardi.
In termini reali, la spesa complessiva per la gestione dell’inquinamento e le tecnologie pulite
è aumentata del 5% annuo dal 1994. Le ecoindustrie dell’Unione offrono direttamente lavoro
a oltre 2 milioni di persone14.
Si tratta, dunque, di un settore che offre ampie opportunità di investimento e nel quale la
componente ricerca ha una rilevanza notevole. Vi sono ampi spazi nelle principali tematiche
di ricerca ambientale, con possibilità di occupare spazi di eccellenza a livello internazionale,
ad esempio, nei settori di studio dell’inquinamento degli agglomerati urbani, negli interventi
sui rischi ambientali, nelle sviluppo di reti di monitoraggio e nei metodi di studio per la
salvaguardia di beni culturali ed architettonici15.
12
Il 67% delle imprese che hanno partecipato all’indagine ha risposto che la quota di R&S condotta all’estero
aumenterà.
13
Secondo la definizione contenuta in The Environmental Goods and Services Industry – Manual for Data
Collection and Analysis (OECD/Eurostat, 1999) per ecoindustrie intendiamo “activities which produce goods
and services to measure, prevent, limit, minimise or correct environmental damage to water, air and soil, as well
as problems related to waste, noise and eco-systems. This includes cleaner technologies, products and services
that reduce environmental risk and minimise pollution and resource use”.
14
Si veda Commissione europea (2003) Verso un piano d’azione per le tecnologie ambientali, COM(2003) 131
definitivo.
15
È utile ricordare che sulle attività di ricerca in campo ambientale c’è un grande interesse da parte delle autorità
comunitarie. Fra le varie iniziative merita di essere ricordato il programma GMES (Global Monitoring and
Environment Security) promosso dall’Unione Europea e dall’Agenzia Spaziale Europea.
Convenzione Regione Basilicata – CERPEM
23
Per la Basilicata ci sono ottime chance di riuscire ad attirare investimenti in attività di ricerca
in campo ambientale, infatti, la regione può offrire una serie di vantaggi specifici.
In primis, la presenza sul territorio lucano di numerosi soggetti (pubblici, privati e a
partecipazione mista) attivi nel campo della ricerca. Si tenga presente che fattori importanti
per la localizzazione di questi investimenti sono la preesistenza di centri di ricerca, Università,
altre imprese, etc. e la possibilità di attuare opportuni collegamenti tra istituzioni scientifiche
e aziende private. Il sistema della ricerca lucana ha una elevata specializzazione sulla tematica
ambientale e della protezione civile: indubbiamente, quindi, una potenzialità da sfruttare al
meglio.
Particolarmente significativo è il polo universitario e della ricerca di Potenza-Tito. In
quell’area si è avviata la realizzazione di un distretto tecnologico nel settore delle tecnologie
innovative per la tutela dai rischi idrogeologici, sismici e climatologici. Come è noto, la
finalità è quella di promuovere la ricerca, lo sviluppo tecnologico e l’innovazione nel campo
delle tecnologie di rilevazione, monitoraggio sistematico, comunicazione, prevenzione e
riparazione dei rischi ambientali e alla salvaguardia umana, connessi all’assetto
idrogeologico, sismico e climatologico del territorio. Ciò avverrà soprattutto con lo sviluppo
di piattaforme tecnologiche che, partendo dal settore di riferimento del distretto, possano
avere ricadute utilizzabili in forma imprenditoriale anche in altri settori produttivi (ed in
particolare in quello energetico-minerario ed in quello delle telecomunicazioni) mediante
opportune collaborazioni imprenditoriali. Queste potranno essere promosse con una apposita
strategia di attrazione di investimenti.
Vi è la possibilità di estendere le soluzioni tecnologiche a settori produttivi, non direttamente
coinvolti nel monitoraggio dei rischi ambientali: in particolare, le telecomunicazioni, poiché
le tecnologie di monitoraggio e rilevazione dei rischi ambientali necessitano di importanti
avanzamenti nei sistemi di telecomunicazione satellite-terra o di radiocomunicazione terraterra nel caso di sistemi completamente terrestri. In tal senso deve essere approfondita una
ipotesi di collaborazione con Telespazio, già operante nelle telecomunicazioni sul territorio
regionale, nonché verificato l’interesse di altre imprese internazionali che possono essere
attratte in Basilicata.
Ma anche il settore estrattivo, che in regione vede l’importante presenza dell’ENI, con il quale
si stanno già sviluppando interlocuzioni per una possibile partecipazione al distretto
tecnologico. Le attività di prospezione e trivellazione petrolifera necessitano, infatti, di
approfondite conoscenze sull’assetto idrogeologico del suolo e di sistemi di prevenzione dal
rischio molto sofisticati. Anche in questo caso possono essere sondate altre imprese italiane
ed internazionali.
In connessione con le attività del distretto tecnologico può essere promossa la localizzazione
di aziende manifatturiere, operanti nell’edilizia antisismica, eco-compatibilità degli edifici,
materiali per la sicurezza, produzione di materiali biocompatibili (come anche previsto dai
documenti di programmazione regionale); così pure nella produzione di sistemi di rilevazione
e monitoraggio terrestre del rischio idrogeologico del territorio. In particolare, può esserne
favorita la concentrazione nell’area industriale di Tito.
Altri fattori su cui far ruotare la strategia di attrazione di investimenti sono:
- l’esistenza di una rete di collaborazione scientifica operante in regione nel campo della
ricerca, sviluppo ed applicazione commerciale di tecnologie legate al monitoraggio dei
rischi (la presenza di una rete già collaudata ed operativa costituisce un indubbio
vantaggio, poiché i collegamenti, formali ed informali, fra centri di ricerca e sistema
produttivo sono già sperimentati ed operativi, e si tratta di svilupparli ulteriormente,
aprendoli a nuovi soggetti e supportandoli con una azione diretta);
- la domanda pubblica e sociale potenziale molto forte, sia in Basilicata che in altre regioni
confinanti (in particolare, Calabria e Campania), di tecnologie e soluzioni in materia di
Convenzione Regione Basilicata – CERPEM
24
-
monitoraggio e prevenzione dei rischi connessi all’assetto idrogeologico, sismico, da
incendi e climatologico, in ragione della fragilità degli assetti territoriali di dette regioni;
il chiaro interesse dell’amministrazione regionale a far convergere fortemente la propria
strategia di sviluppo sul settore ambientale inteso in senso lato, ovvero la tutela del
territorio, la protezione ambientale, l’innovazione in materia di risorse idriche ed
energetiche, la ricerca e la prevenzione dai rischi sismici ed idrogeologici, l’osservazione
della Terra dallo spazio e la geodesia, e tutti gli altri campi di ricerca correlati con tali
tematiche.
Box 1 – Un esempio di investimenti diretti nel campo della ricerca: la
Microsoft a Trento
Nel dicembre 2005, è stato inaugurato il Microsoft Research-University of Trento
Centre for Computational and Systems Biology, realizzato da Microsoft Research
e dall’Università di Trento con il sostegno finanziario del Ministero
dell’Istruzione, Università e Ricerca, del Ministero per l’Innovazione e le
Tecnologie e della Provincia Autonoma di Trento (http://www.msr-unitn.unitn.it).
Obiettivo del centro di eccellenza, che dovrebbe occupare fino a 25-30 ricercatori,
è di far progredire la comprensione dei processi biologici fondamentali attraverso
nuovi strumenti informatici di tipo concettuale e tecnologico.
L’alleanza tra l’Università di Trento e la Microsoft nel campo della bioinformatica rappresenta una leva per attirare talenti internazionali nel territorio
trentino e per connettere una città media ad una rete internazionale di centri di
ricerca avanzata. La presenza di un bacino di competenze scientifiche è stata una
delle ragioni alla base della decisione della Microsoft di investire a Trento. Altri
centri di eccellenza scientifica verranno aperti in Italia da Microsoft e dal settore
pubblico seguendo la stessa forma di partnership pubblico-privata.
Le imprese target su cui concentrare l’attività di scouting saranno sia imprese di medie
dimensioni, come nel caso delle biotecnologie, che imprese più grandi. Dato l’elevato
contenuto di innovatività del settore e delle imprese in esso operanti, anche in questa
situazione, sarà necessario adottare strumenti “sofisticati” di attrazione16.
3. Ricerca e produzione di energia da fonti alternative
Strettamente connesso con il settore della ricerca in campo ambientale è quello della ricerca e
produzione di energia da fonti alternative17.
La domanda di energia, su scala globale, è forte ed in crescita. Secondo le previsioni del
World Energy Outlook del 2004 il fabbisogno energetico dovrebbe aumentare, nel 2030, del
60%18. La produzione, la trasformazione e il consumo di energia originano problemi
ambientali quali l’emissione di CO2 e inquinanti locali come SO2, che sono di interesse
mondiale. Le politiche e le norme ambientali influenzano direttamente gli investimenti nel
16
Cfr. Parte Terza.
È bene precisare che qui ci riferiamo alle attività manifatturiere e di ricerca legate allo sfruttamento delle fonti
rinnovabili, non alla produzione di energia.
18
International Energy Agency (2004) World Energy Outlook 2004 (www.worldenergyoutlook.org/).
17
Convenzione Regione Basilicata – CERPEM
25
settore energetico, richiedendo o incoraggiando l’installazione di tecnologie pulite e,
indirettamente, alterando la domanda di energia e cambiando il mix delle fonti. Nuove misure
per limitare le emissioni potrebbero avere un ulteriore impatto sul livello e il tipo di
investimenti nel settore energetico in molti paesi.
Negli ultimi anni, le tecnologie per lo sfruttamento dell’energia rinnovabile hanno
sperimentato miglioramenti notevoli in termini di costo, performance e affidabilità, il che,
oggi, le rende competitive in molteplici impieghi19. L’industria delle fonti rinnovabili, in
primis il fotovoltaico e l’eolico, mostra la crescita più rapida fra tutte le industrie
energetiche20. Il momento per l’energia rinnovabile a livello mondiale è propizio e le
prospettive di queste tecnologie ancora tutte da sfruttate. Secondo numerose previsioni,
infatti, le imprese operanti nel settore delle fonti di energia rinnovabili saranno fra le imprese
con le migliori performance di crescita nei prossimi 20 anni, con un notevole impatto
occupazionale21. Diversi i fattori che stanno spingendo la crescita del mercato delle fonti di
energia rinnovabili: investimenti in R&S; politiche di supporto; preoccupazioni per i
cambiamenti climatici; opportunità di sviluppo a livello locale offerte da queste tecnologie.
L’Unione Europea è il più grande mercato per lo sviluppo dell’energia eolica, infatti, vi è
installato il 75% del totale della capacità mondiale e le previsioni indicano un’ulteriore
crescita. Anche negli Stati Uniti e nei paesi emergenti (India, Cina e America meridionale) le
prospettive sono positive. I leader mondiali sono le imprese danesi, che detengono una quota
del 40-50% del mercato mondiale; altri paesi, in particolare Germania e Spagna, stanno
espandendo i loro mercati domestici e questo sta aiutando le loro esportazioni. Sviluppi
interessanti in questo comparto potranno venire dallo sviluppo dell’eolico offshore22.
Nel solare fotovoltaico, altro comparto con ottime prospettive di crescita, sono le imprese
statunitensi e giapponesi a detenere la leadership. In Europa la capacità manifatturiera
maggiore si ha in Germania, Spagna, Olanda e Francia.
Particolarmente interessanti sono, poi, le biomasse, che coprono un ampio spettro: dalla
produzione di calore alla generazione di elettricità alla produzione di combustibili per il
trasporto. Si prevede che queste risorse occuperanno una posizione prominente fra le fonti
rinnovabili. Germania, Finlandia e Svezia hanno importanti industrie in questo comparto; la
Francia è il paese leader nella produzione di biofuels (in particolare, biodiesel e bioetanolo).
19
I costi dello sfruttamento delle fonti di energia rinnovabili sono diminuiti significativamente negli ultimi
decenni e questa tendenza è destinata a continuare. La riduzione dei costi si è tradotta in un miglioramento della
performance e in un aumento della scala di produzione. Tutto ciò unito all’incremento dei prezzi delle fonti di
energia convenzionali ha permesso alle fonti rinnovabili di aumentare la loro penetrazione nel mercato.
20
Le fonti di energia rinnovabile sono: energia solare (termica e fotovoltaica); energia eolica; energia
idroelettrica (energia del moto ondoso ed energia mareomotrice); biomasse (biogas, olio (carburante), biodiesel);
energia geotermica.
21
Oxford Intelligence (2005) Renewable Energies in Europe.
22
Anche in questa tecnologia le imprese danesi si stanno conquistando il ruolo di leader.
Convenzione Regione Basilicata – CERPEM
26
Figura 5 - Produzione da fonti rinnovabili in Europa – 2004, quota % sulla domanda
Fonte: Eurelctric
Da quanto detto si deduce che le ottime prospettive di crescita delle attività di produzione e di
ricerca nel campo delle fonti di energia alternative ne fanno un ambito progettuale rilevante23.
In questo quadro la Basilicata ha le potenzialità per puntare alla costituzione di un polo di
aziende “verdi”, nell’ambito delle sue strategie di sviluppo ecosostenibile. Vi è già qualche
esperienza: in Val d’Agri sono state finanziate due imprese, la Energy Oil e la Metaquadra
Valley, la prima produrrà energia impiegando biomassa e gas di fine ciclo, la seconda
essiccherà la sansa raccolta nei frantoi locali e con essa produrrà pellet24.
Alle strategie di potenziamento delle fonti rinnovabili di energia può essere associato uno
sforzo mirato di attrazione di attività di produzione e ricerca25. La strategia energetica
potrebbe consentire ricadute economiche in ambito locale di grandissimo interesse. I paesi e
le regioni a maggiore diffusione di energie rinnovabili sono spesso anche grandi produttori. È
il caso, come già detto, di Danimarca, Germania e Spagna nel campo dell’energia eolica, che
nel 2002 detenevano una quota superiore all’88% del mercato mondiale degli aerogeneratori.
Nel caso della Danimarca le turbine eoliche sono la prima voce delle esportazioni nazionali.
Si comprende così come l’impegno per le fonti rinnovabili nei paesi che maggiormente vi
hanno investito negli scorsi anni esuli ormai dall’ambito della sola politica energetica,
23
Un esempio interessante di attrazione di investimenti esteri in questo settore ci viene dalla Spagna: in Navarra,
dove grazie all’energia eolica si produce il 60% del consumo interno di energia, esiste un importante progetto
con un impresa danese leader nel settore dell’energia eolica.
24
Si tratta di un combustibile molto più efficiente della legna, meno inquinante, con bassissimo residuo di ceneri
e comodo da maneggiare.
25
Nel settore delle energie rinnovabili, a testimonianza dell’importanza di questo comparto, si può segnalare, a
titolo do esempio, il recente investimento dell’olandese Ecofys. La Ecofys s.r.l., società italiana del gruppo
olandese, è stata costituita nel 2005 a Torino per iniziativa di due gruppi internazionali, Ecofys bv e Golder
Associates Europe ltd. Il primo opera dal 1984 come specialista nel settore del risparmio energetico e delle fonti
rinnovabili; nel corso degli anni ha realizzato ricerche e progetti per numerose aziende del settore elettrico,
società immobiliari, enti locali e istituzioni internazionali, e, in generale, per soggetti consumatori di energia. Il
secondo è una società di consulenza ed ingegneria specializzata nel campo delle scienze ambientali e
dell’ingegneria geotecnica.
Convenzione Regione Basilicata – CERPEM
27
divenendo una questione di politica industriale. Esempi simili, anche se meno eclatanti sul
piano delle cifre in gioco, si possono citare riguardo al fotovoltaico, con le imprese giapponesi
forti di un primato indiscusso, al solare termico, alla combustione della biomassa.
In questo quadro un ruolo attivo nella strategia di attrazione potrebbe essere giocato dalla
costituenda società energetica regionale, così come dalla collaborazione fra la Regione e le
compagnie petrolifere presenti sul territorio (ENI, ma anche TOTAL, SHELL ed ESSO).
Dovrebbe essere verificata la possibilità di iniziative comuni, per la localizzazione di attività
delle imprese stesse o per un loro ruolo di “alleati” nello scouting di imprese energetiche,
anche di minori dimensioni, a scala internazionale. Se il clima per gli investimenti nel
territorio di arrivo lo favorisce, una serie di attività, soprattutto quelle avanzate come la R&S,
possono essere oggetto di strategie di attrazione di investimenti.
Nel caso delle aziende del settore delle risorse naturali, va rilevato che la loro scelta di
localizzazione dipende in primo luogo dalla presenza di risorse in un certo territorio. Anche se
i loro prodotti sono scambiati sui mercati internazionali, queste aziende devono destinare una
parte importante dei propri investimenti agli insediamenti nei territori in cui sono presenti le
risorse da sfruttare o estrarre. La capacità competitiva di queste aziende, che sono price takers
sui mercati internazionali, dipende sia dalle loro capacità interne sia dall’effetto sulla
produttività dell’ambiente in cui operano. Nel caso della Basilicata, se il clima offerto è
favorevole anche ad attività legate ai servizi, le aziende del settore energetico già presenti sul
territorio potrebbero decidere di aprire o spostare in loco anche una parte dei servizi
affiancando questo investimento a quello in campo estrattivo.
Un esempio di questa strategia è l’accordo fra Regione ed ENI relativo all’istituzione in
Basilicata, precisamente a Viaggiano, di una sede della Fondazione “Enrico Mattei”. La
presenza della Fondazione deve rappresentare l’occasione per cercare di sviluppare una rete
estesa, Italia e all’estero, di collaborazioni scientifiche.
4. Automotive
L’automotive è uno dei principali settori produttivi dell’Europa: contribuisce per circa il 6%
al totale dell’occupazione manifatturiera europea e a circa il 7% della produzione totale. Si
tratta di un settore altamente concentrato: fra i Quindici, i maggiori paesi produttori sono la
Germania, la Francia, il Regno Unito, l’Italia e la Spagna.
Una caratteristica rilevante dell’automotive è che, pur non essendo un’industria high-tech, è
un importante driver di nuove tecnologie e della diffusione di innovazioni nei vari settori
dell’economia. Circa il 20% della ricerca manifatturiera è effettuate da imprese
automobilistiche. La sempre maggiore rilevanza attribuita dai produttori di automobili alle
attività di R&S è testimoniata dal fatto che la loro quota sul totale della spesa in ricerca
all’interno del settore manifatturiero è stata crescente nel periodo 1995-2000 e si attesta ad un
livello superiore a quello degli Stati Uniti (~15%) e del Giappone (~13%)26.
Di assoluto rilievo è anche il settore della componentistica auto sia per quanto riguarda i
nuovi progetti di investimento che per la dimensione finanziaria di questi progetti. Gli I.D.E.
in questo comparto rappresentano, costantemente negli ultimi anni, una quota pari, in media, a
poco più del 7% del totale. I principali paesi investitori sono Stati Uniti, Germania e
Giappone.
Si tenga presente che la recente tendenza, che vede i produttori di automobili aumentare il
trasferimento di fasi dell’attività di produzione ai fornitori, comporta un incremento di
importanza della componentistica che si riflette, fra le altre cose, in un incremento delle
26
Commissione europea (2004) European competitiveness report.
Convenzione Regione Basilicata – CERPEM
28
attività di R&S condotte da queste imprese. In termini di investimenti diretti questo significa
una probabile forte espansione della componentistica (fonte: www.fdimagazine.com/).
L’Italia ha una lunga tradizione nella progettazione e produzione di auto e di sue componenti;
inoltre, la capacità di ricerca e innovazione è un elemento caratterizzante del settore
automotive nel nostro Paese (figura 6), il che ne fa una localizzazione ideale per la
realizzazione di investimenti produttivi da parte di imprese estere.
Figura 6 - I progetti di R&S nel settore automotive in Europa
(risultati del bando 2002-2006)
Progetti presentati
Progetti finanziati
Fonte: www.investinitaly.com
In questo quadro nazionale favorevole, la Basilicata può offrire dei vantaggi localizzativi
specifici. Nel caso dell’automotive è evidente che il principale fattore attrattivo è
rappresentato dalla presenza del “polo” di Melfi specializzato in questo tipo di produzioni.
Per quanto riguarda la tipologia di imprese su cui focalizzare la strategia di attrazione,
dovrebbe, con riferimento alle aziende manifatturiere, in primo luogo essere verificata la
possibilità di potenziare l’indotto. Questo può avvenire anche favorendo, eventualmente in
collaborazione con le imprese dell’indotto di primo livello, la localizzazione di piccole e
Convenzione Regione Basilicata – CERPEM
29
medie imprese meccaniche per un possibile indotto di secondo livello, in particolare, cercando
di attrarre imprese del Centro e del Nord-Est italiano.
In secondo luogo, poiché nel settore automotive c’è una tendenza delle imprese multinazionali
a delocalizzare, oltre all’attività di produzione, anche fasi della ricerca e sviluppo, si potrebbe
puntare ad attrarre progetti sulle tecnologie “future”, come l’idrogeno, o su tematiche quali la
sicurezza nei trasporti o il loro impatto ambientale. Si tratta di attività di ricerca che non
hanno ricadute immediate, per cui gli incentivi pubblici possono rappresentare un fattore
importante e, quindi, condizionarne la localizzazione, anche in relazione alle iniziative
comunitarie in tema di trasporti terrestri (come lo European Road Transport Research
Advisory Council - ERTRAC).
I maggiori esperti del settore sono unanimi nel ravvisare la necessità anche per i produttori del
comparto della componentistica auto di intensificare gli investimenti in progetti di R&S al
fine di poter continuare ad operare nel mercato in qualità di partner competitivi e influenti.
Elementi quali la presenza di expertise specifico del settore, di risorse umane altamente
qualificate e la possibilità di un network tra aziende e mondo della ricerca rappresentano
fattori determinanti per il raggiungimento di risultati positivi e di successo e, quindi,
influenzano la localizzazione degli investimenti (box 2). La Basilicata si può proporre come
un’area dove le aziende della componentistica per auto possono trovare importanti e
significative sinergie nell’affrontare le sfide presentate dallo scenario internazionale.
In questa chiave appare fondamentale il ruolo che può svolgere l’iniziativa che vede
protagoniste la Regione e la FIAT che hanno posto le basi del primo campus manifacturing in
Italia, un centro di eccellenza che elaborerà soluzioni per accrescere la competitività delle
industrie in termini di qualità, efficienza dei processi di fabbricazione, benessere sul posto di
lavoro, eco-sostenibilità, efficienza dei processi aziendali e della logistica. Tra le attività che
vi si svolgeranno sono previsti il benchmarking su prodotti e processi di fabbricazione, la
formazione su metodologie e processi emergenti e la ricerca avanzata su prodotti basati su
nuovi materiali e tecnologie produttive. Il progetto prevede la definizione di linee di attività e
servizi, la creazione di laboratori avanzati, la formazione di personale qualificato,
l’affiancamento dei tecnici del centro di ricerca Elasis (Fiat), la definizione e lo sviluppo di
soluzioni progettuali per innovare i sistemi produttivi già presenti in Basilicata (nei settori
automobilistico, arredamento, agroalimentare e petrolifero). Si tratta, dunque, di un
investimento emblematico a livello nazionale e internazionale per rafforzare il sistema
imprenditoriale facendo leva sull’eccellenza e sull’innovazione tecnologica.
Box 2 – Un esempio di investimenti diretti cinesi in Europa
La ASMICO Technologies è uno dei principali produttori di componenti per auto
cinesi. Questa azienda, nel 2005, ha stabilito una base operativa nella regione
dell’East Midlands nel Regno Unito. L’azienda ha scelto di insediarsi in un
complesso gestito dalla Motor Industry Research Association (MIRA),
un’organizzazione che fornisce una serie di facilities (servizi di ingegneria,
ricerca, testing, etc) per le imprese del settore automotive.
La scelta localizzativa della ASMICO Technologies conferma l’importanza delle
fasi di ricerca e del poter offrire ai potenziali investitori un ambiente
tecnologicamente avanzato e che offre possibilità di interazione.
Un altro fattore importante da valorizzare è la vicinanza ad Università che forniscono corsi di
laurea e di alta formazione coerenti con la formazione tecnica necessaria per fornire figure
Convenzione Regione Basilicata – CERPEM
30
professionali al mondo automotive. Ci riferiamo, in primis, al Politecnico di Bari e, in
particolare, (i) al Dipartimento di ingegneria meccanica e gestionale; (ii) al Dipartimento vie e
trasporti, che si occupa della comprensione dei fenomeni della mobilità di persone e merci,
delle prestazioni e ottimizzazioni di componenti e impianti dei sistemi di trasporto
relativamente agli aspetti tecnologici, funzionali, economici, finanziari, territoriali, ambientali
e della sicurezza; (iii) al Centro di eccellenza in meccanica computazionale, che sviluppa
metodi di supporto informatico-numerico alla progettazione termo-fluido-dinamica,
meccanico-funzionale, cinematico-dinamica e di resistenza statica e a fatica, applicati anche
alla componentistica automobilistica; ma anche all’Università “Federico II” di Napoli la cui
facoltà di ingegneria ha due dipartimenti coinvolti nella ricerca in ambito automotive e
organizza il Master “Ingegneria dell’autoveicolo”, con l’obiettivo di formare tecnici altamente
qualificati sia per l’industria automobilistica sia per quella della componentistica27.
L’abbondanza di capitale umano altamente qualificato è, come noto, un importante
discriminante nelle scelte localizzative delle multinazionali.
Oltre che dal mondo universitario, le società automobilistiche e motoristiche possono trarre
vantaggio dai trasferimenti tecnologici dei centri di ricerca dedicati, sia pubblici, sia privati:
centri di eccellenza che costituiscono un forte valore aggiunto per le imprese del settore
(figura 7). In ultimo non è da trascurare come fattore di localizzazione, anche se non
prioritario, la discreta dotazione infrastrutturale, specialmente viaria, dell’area.
27
Il Dipartimento di ingegneria dei trasporti, che si occupa della sicurezza delle infrastrutture stradali e dei
metodi/modelli per la fluidificazione del traffico ed il Dipartimento di ingegneria meccanica per l’energetica, che
si occupa di elementi del veicolo e del motore a combustione interna, con particolare riferimento ai nuovi
combustibili e alla riduzione dell’inquinamento.
Convenzione Regione Basilicata – CERPEM
31
Figura 7 - Centri di ricerca, parchi scientifici e tecnologici
CRF - Centro Ricerche FIAT
Elasis
Centro Sviluppo Materiali
Istituto Motori
Parchi scientifici e tecnologici
Fonte: www.investinitaly.com
5. L’agroalimentare
Nonostante il settore agroalimentare sia un settore maturo, le innovazioni nella supply chain,
l’introduzione di nuove tipologie di prodotti e di nuove forme di “presentazione” dei cibi
continuano a determinare ingenti investimenti nel settore in tutta Europa. Secondo lo
European Investment Monitor, nel 2005, ci sono stati 133 progetti nel settore agroalimentare,
sempre nel 2005 l’agroalimentare occupa l’ottavo posto tra i settori che hanno attivato il
maggior numero di investimenti (occupava il quinto posto nel 2004)28.
28
Ernst & Young (2006) European Investment Monitor 2006.
Convenzione Regione Basilicata – CERPEM
32
Fra i maggiori investitori figurano gli Stati Uniti, la Germania e il Regno Unito. A questi si
sono aggiunti recentemente la Svizzera e l’Olanda29.
L’Italia è tra i primi quattro paesi europei per la produzione di alimenti e bevande. Il settore
partecipa per un quarto alla formazione del fatturato dell’industria, giocando così un ruolo
centrale nell’economia italiana. La rete italiana di parchi scientifici e tecnologici gioca, poi,
un ruolo fondamentale nella promozione dell’innovazione e nel miglioramento della qualità
dei prodotti alimentari. Molti parchi scientifici e tecnologici si occupano specificatamente
dello sviluppo di importanti applicazioni per la filiera alimentare, anche se attivi nella ricerca
biotecnologica, in quella legata all'ambiente e ai prodotti chimici. Oltre a sostenere le imprese,
portando avanti progetti di ricerca e sviluppo, i parchi si presentano come parte integrante
della produzione fornendo assistenza in materia di certificazione, trasferimento tecnologico,
istruzione e di costruzione di una rete di rapporti tra le imprese (fonte:
www.investinitaly.com).
Dato questo quadro, è realistico pensare di attrarre in Lucania investimenti nel campo
agroalimentare. Per questo settore l’obiettivo deve essere quello di completare la filiera:
impianti di trasformazione; accordi con la grande distribuzione; attività di ricerca in campo
agro-alimentare; iniziative nella logistica dei prodotti freschi ed in genere alimentari.
È evidente che l’elemento di base è rappresentato dalla qualità delle produzioni agricole; in
particolare, si dovrebbe puntare sull’esistenza di produzioni biologiche.
Le principali tendenze che stanno interessando il settore agroindustriale riguardano, infatti,
per quanto attiene alla componente agricola, proprio il passaggio verso coltivazioni biologiche
e prodotti naturali; per quanto attiene, poi, alla parte manifatturiera, abbiamo maggiori
investimenti in ricerca (forti legami tra produzioni alimentari e biotecnologie), un ricorso più
ampio a servizi avanzati, come il marketing e il design, l’utilizzo del venture capital per
finanziare gli investimenti.
Nel caso degli impianti di trasformazione l’elemento di base è rappresentato dalla qualità
delle produzioni agricole e delle trasformazioni alimentari, testimoniato, ad esempio, dalle
DOP. In particolare si potrebbe puntare sull’esistenza (e sulla valorizzazione) delle produzioni
biologiche o a maggior contenuto di “naturalità” o di identificazione territoriale. Si potrebbe
pensare anche ad un’azione di scouting verso investitori esteri interessati a rilevare impianti
esistenti in crisi, ma con marchi o tradizioni produttive interessanti (box 3).
Si potrebbe, poi, puntare ad attrarre investimenti nel campo della logistica che possano
portare ad una migliore collocazione dell’agroalimentare fresco sui mercati nazionali e
internazionali. Da questo punto di vista sono evidenti le potenzialità legate alla attività e alla
prevedibile espansione del porto di Taranto, e dei collegamenti merci attivabili verso Nord
specie dopo il completamento del raddoppio dell’intera linea ferroviaria adriatica fino a
Taranto. Interessanti potrebbero forse essere anche le prospettive legate all’utilizzo – finora
assai modesto – dell’aeroporto di Bari per voli cargo.
29
Una caratteristica del settore agroalimentare è l’elevato numero, rispetto agli altri settori produttivi, di Paesi
investitori, infatti, in numerosi Stati si sono sviluppate imprese di medio-grandi dimensioni che ora investono
all’estero in diverse aree.
Convenzione Regione Basilicata – CERPEM
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Box 3 – Un esempio di venture capital nella settore della pasta
Tra i settori tradizionali o maturi, il sistema agricolo e l’industria della
trasformazione alimentare si stanno velocemente muovendo verso un assetto che
prevede maggiori investimenti in ricerca, il ricorso a impieghi ad alto contenuto di
conoscenza e a servizi avanzati come il marketing e il design.
Nel sistema agricolo sta assumendo dimensioni interessanti il passaggio verso
coltivazioni biologiche e prodotti naturali poco o per niente trattati con additivi
chimici. In generale nel settore della trasformazione si nota l’intervento del
venture capital grazie anche ai più forti legami previsti tra produzioni alimentari e
biotecnologie.
Nel settembre 2005, un gruppo di investitori guidato dal fondo chiuso Interbanca
Investimenti Sud e dall’imprenditore abruzzese Pierluigi Zappacosta (uno dei
fondatori in California di Logitech, la società che ha sviluppato e diffuso il mouse
a livello mondiale) ha acquisito per 30 milioni di euro il pastificio in
amministrazione controllata Delverde in provincia di Chieti.
Questo caso presenta diversi aspetti interessanti. Dopo il successo della Logitech,
da cui è uscito, Zappacosta ha investito in California nel biotech e in particolare
nella ricerca sui fenomeni di invecchiamento della popolazione. Interbanca
Investimenti Sud fa parte di una famiglia di fondi chiusi che fa capo al gruppo
Antonveneta, ha una dotazione di 50 milioni di euro, è riservato ad investitori
istituzionali ed è specializzato in investimenti nel Mezzogiorno. Zappacosta ha
creato un veicolo, Faro, che investe in aziende con marchi importanti o tecnologia
consolidata, da sviluppare e/o rilanciare.
Il pastificio Delverde nonostante le difficoltà rimane un marchio consolidato e i
nuovi investitori puntano a rilanciare la sua pasta soprattutto nei mercati esteri tra
cui Usa e Giappone.
6. Industrie creative nelle aree urbane
Per i settori che abbiamo esaminato finora, l’obiettivo è di riuscire ad attrarre imprese già
esistenti, con sedi al di fuori della regione, affinché esse attivino nuove attività economiche
nei territori oggetto della politica di attrazione. Oltre alle imprese, però, si può cercare di
attrarre anche imprenditori, singoli “talenti”. Una vasta letteratura economica ha evidenziato
l’importanza del capitale umano come fattore chiave nei processi di crescita socio-economica
a livello regionale. Esso rappresenta la fonte principale di nuove idee ed innovazioni per le
moderne economie knowledge based. In questo contesto, la ricchezza e la competitività di
nazioni e regioni è largamente basata sulla loro capacità di sviluppare, mantenere e attrarre
una adeguata “infrastruttura umana”.
Anche l’attrazione dei “talenti” dipende dalle specifiche condizioni localizzative per le attività
economiche, ma la mobilità di queste persone non è determinata solo dalle condizioni
economiche settoriali, è anche influenzata da specifiche condizioni di qualità della vita.
Da questo punto di vista la Basilicata offre condizioni senz’altro originali. Le generali
condizioni di contesto (qualità della vita, qualità del territorio, etc.) possono essere un fattore
attrattivo di “talenti” e potenziali imprenditori: da altre regioni italiane (a parziale
compensazione del fortissimo flusso in uscita di capitale umano giovanile), ma anche
dall’estero: dall’avanzato Nord Europa così come dall’Est o dal bacino del Mediterraneo.
Questo è ancor più vero per imprenditori “di ritorno”: residenti emigrati che liquidano le
Convenzione Regione Basilicata – CERPEM
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proprie attività all’estero e sono alla ricerca di occasioni di vita, o quantomeno di
investimento, nelle proprie terre di origine.
Luogo di elezione per interventi di questo tipo sono le città. Certo una delle criticità maggiori
della Basilicata è proprio l’assenza sul suo territorio di grandi centri urbani. I centri piccoli e
medi raramente godono di quella densità in grado di fare da magnete per i talenti e le imprese
attraverso la prossimità fisica tra gli individui, la densità di popolazione, lo “spessore” del
mercato del lavoro (grado di turnover degli impieghi, distruzione e creazione di posti di
lavoro).
D’altra parte, le caratteristiche della Basilicata – un certo equilibrio tra ambiente urbano e
naturale, la presenza di luoghi per il tempo libero vicini ai capoluoghi, le buone connessioni
di trasporto auto tra i capoluoghi, la presenza di piccoli paesi caratteristici e di una risorsa
originale come i Sassi, il legame con le aree metropolitane esterne alla regione - potrebbero
favorire la nascita e l’attrazione delle così dette industrie creative, imprese di servizi ad alto
valore aggiunto (software, studi di architettura, design, studi di ingegneria, attività di restauro,
artigianato di qualità, pubblicità, comunicazione, editoria, cinema e arti visive). È,
indubbiamente, necessario integrare le politiche di attrazione con le politiche urbane: dal
miglioramento dei servizi (ad esempio nell’area delle connessioni senza fili, il wi-fi)
all’offerta culturale (organizzazione di eventi internazionali).
La presenza di una vivace industria creativa in un territorio può rappresentare un importante
motore di rinnovamento e di innovazione per i settori economici tradizionali. Poiché queste
industrie rappresentano, inoltre, un fattore di apertura culturale di un territorio, esse possono
contribuire ad attirare talenti in cerca di ambienti diversi e stimolanti in grado di offrire
diverse opzioni per diversi stili di vita.
Possono essere immaginati strumenti e politiche di attrazione in ambiti specifici. Ad esempio,
nel campo dei mezzi di comunicazione (i “media”) lavorando su esperienze interessanti come
quelle delle Film Commissions, che possono gradatamente favorire non solo le attività di
produzione di film o documentari geografico-naturalistici, ma anche la localizzazione di tutte
quelle attività di pre e post produzione ad alta intensità di occupazione qualificata, specie
giovanile.
Lo stesso può dirsi del campo del design, che può essere collegato tanto alle specifiche
domande di servizi già presenti (e in forte espansione) nel settore del mobile imbottito quanto
alle caratteristiche peculiari dell’ambiente e della società lucana, mirando su forme e disegni
maggiormente eco-compatibili, la cui domanda è in forte crescita. Esperienze di promozione
di “comunità creative”, pur con grande realismo, possono favorire questi sviluppi.
Può essere possibile promuovere una attività di scouting delle opportunità di investimento nel
campo della ricerca, anche al di là dei settori specifici di cui si è detto in precedenza, e
dell’alta formazione, in modo da contattare e tentare di attirare non solo grandi società ma
anche piccole e medie aziende (si veda il caso della Microsoft a Trento descritto nel box 1).
Un elemento sul quale incentrare un’attività di attrazione potrebbe essere, fra gli altri, il
centro di Geodesia spaziale dell’Agenzia Spaziale Italiana per potenziarne gli effetti indotti
nel settore dei servizi alle imprese (attrazione di società avanzate di software come ACS a
Matera).
La dotazione di ambienti naturali e di ricchezze paesistico-culturali intorno alle città possono
costituire fattori molto interessanti per la localizzazione di attività (in forte crescita nei paesi a
maggior reddito) nell’edutainment, quali parchi tematici fortemente legati alle specificità
culturali delle diverse regioni.
Ancora, potrebbe essere progressivamente costruita una politica (anche con appositi eventi)
per attirare sistematicamente congressi e forum scientifici in Basilicata, che potrebbero, con il
tempo, favorire la localizzazione di imprese specializzate tanto nella loro organizzazione
Convenzione Regione Basilicata – CERPEM
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quanto nei servizi di supporto. Le fiere, i congressi, gli eventi possono essere visti come uno
strumento di attrazione di visitatori con un impatto economico locale, ma anche come attività
in grado di favorire la circolazione di conoscenza.
In città di piccole e medie dimensioni come, ad esempio, Matera, con un ambiente urbano
ricco di stimoli e delicato da un punto di vista dell’impatto ambientale di “masse” di turisti,
una industria “leggera” dei congressi e degli eventi in grado di operare con continuità tutto
l’anno può presentare diversi vantaggi. Da un lato spalma la presenza di visitatori – in questo
caso “turisti d’affari” che uniscono la visita culturale all’attività professionale – evitando forti
concentrazioni di presenze. Dall’altro crea quella densità di presenze di persone con elevate
competenze su cui una città di dimensioni medio piccole difficilmente può contare. Nel tempo
può addirittura gradatamente diventare un fattore collaterale di attrazione di investimenti
stabili. Un certo tipo di aziende, impegnate in particolare nel settore della ricerca, possono
trovare conveniente, a “quasi parità di altre condizioni”, investire in un territorio che
garantisce eventi e congressi di alta qualità, ricco di proposte interessanti nel settore
scientifico e continuo e ripetuto nel tempo.
Certo si tratta di investimenti anche di dimensione unitaria relativamente limitata, ma dalla
caratteristica assai interessante di creare occasioni di lavoro qualificato per i giovani
professionalmente formati e maggiormente a rischio di emigrazione.
Si tenga, poi, presente che, col tempo, al radicarsi di prime esperienze positive, fattori
imitativi e di diffusione di conoscenze possono favorire notevolmente anche
l’imprenditorialità locale verso settori e percorsi del tutto nuovi (si pensi alle mille
professionalità ed attività connesse ai media).
Diviene un fattore chiave per aumentare gradualmente la presenza di imprese del terziario
avanzato e della stessa base di talenti l’accesso alle conoscenze e alla “densità” di città più
grandi; la capacità di legarsi a network internazionali e diventare nodi di rete - di dimensione
ma non necessariamente di importanza minore - attraverso lo scambio di idee, informazioni,
beni e servizi.
L’area urbana di Matera, da questo punto di vista, appare meglio posizionata rispetto a
Potenza, intrattenendo stretti rapporti funzionali con l’area metropolitana di Bari.
Box 4 - Industrie creative e sviluppo economico locale: il caso della città di
Glasgow
Il 1990 segnò un anno importante lo sviluppo economico della città di Glasgow,
infatti, in quell’anno fu nominata Capitale europea della Cultura. Questa nomina
giunse in un momento d’intenso rinnovamento economico e sociale, in piena crisi
occupazionale nel settore manifatturiero e disoccupazione in aumento. Ci si
avvalse della cultura per promuovere e trasmettere l’idea del passaggio della città
ad una nuova dimensione economica, trasformandosi da centro profondamente
dipendente dall’industria manifatturiera a città moderna, inserita nel terziario e
sviluppata come piattaforma per lo sviluppo del turismo grazie al patrimonio
storico della città.
Dopo il 1990, gli interventi di sviluppo economico furono strutturati secondo
strategie per stimolare il consumo (“1990” ed altri eventi culturali) e strategie
maggiormente orientate alla produzione per promuovere lo sviluppo economico
locale, facendo leva sullo sviluppo delle industrie creative e culturali come fonte
di ricchezza ed occupazione. Alla fine degli anni ‘90 furono avviate iniziative di
Convenzione Regione Basilicata – CERPEM
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produzione cinematografica e televisiva, nel design e nella musica grazie a
Scottish Enterprise, il Consiglio comunale di Glasgow ed altri organismi pubblici.
Il successo dell’esperienza della città scozzese è stato così rilevante da spingere il
Governo Laburista a dare nuovo impulso alle industrie creative su tutto il
territorio nazionale, riconoscendo che le industrie creative rappresentano un
significativo cambiamento nell’economia, che in tal modo si discosta dalle attività
di produzione fisica dei beni e privilegia la creazione di contenuti intellettuali e
creativi.
L’esperienza della città di Glasgow è divenuta un esempio per interventi analoghi
realizzati in altre città del Regno Unito e del resto d’Europa.
Convenzione Regione Basilicata – CERPEM
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PARTE TERZA
LA STRATEGIA DI ATTRAZIONE DEGLI INVESTIMENTI IN CONCRETO
Premessa: la Regione Basilicata e il ruolo di facilitatore
La Basilicata è una regione relativamente piccola, “periferica” nello scenario geografico
europeo, dotata di un tessuto economico poco diversificato e contrassegnata da una scarsa
presenza di attività economiche ad alto contenuto di conoscenza. Per una regione con queste
caratteristiche, una strategia di attrazione degli investimenti deve necessariamente porre
l’enfasi su due elementi chiave:
1. Il ruolo di facilitatore del soggetto o dei soggetti che promuovono e coordinano le
iniziative di attrazione degli investimenti, in questo caso la Regione Basilicata. Nel
contesto degli investimenti internazionali, il facilitatore sa identificare e “unire” tra
loro operatori economici esterni ed opportunità ed operatori presenti nella realtà
locale; tenendo d’occhio, in particolare, le attività ad elevato valore aggiunto e i settori
emergenti nell’economia della conoscenza. Nell’identificare il “candidato ideale” di
una politica di attrazione degli investimenti, il facilitatore deve individuare
nell’azienda target una combinazione di due benefici: il vantaggio economico che
l’azienda esterna ricava dalla presenza nel territorio e la maggiore competitività che
questa azienda regala al territorio. Una combinazione di benefici di questo tipo è,
probabilmente, la migliore garanzia che l’unione tra impresa esterna e territorio si
riveli duratura.
2. Il forte legame da sviluppare - e da porre ben in evidenza agli investitori - con le aree
metropolitane “vicine” geograficamente; un legame in grado di superare il “limite”
della dimensione geografica della Basilicata e di far emergere una ampia regione
economica integrata, con il suo corredo di Università, centri di ricerca, imprese, reti di
infrastrutture, poli urbani di qualità. Su questa più ampia regione economica si può far
leva per migliorare il potenziale attrattivo della Basilicata (definita nella seconda parte
a questo proposito “regione cerniera”) e provocare ricadute positive in termini di
investimenti nel suo territorio e nei suoi centri urbani. Alleanze e sinergie possono
essere realizzate, in connessione alle politiche di attrazione degli investimenti, tra la
Regione Basilicata e specifici soggetti istituzionali in Puglia e in Campania, in
particolare nell’area metropolitana di Bari e nell’area metropolitana di Salerno30.
Con questi due importanti elementi sullo sfondo, possiamo definire in modo schematico in
cosa “consiste” un processo di attrazione degli investimenti promosso da un governo locale
come la Regione Basilicata.
30
Si è accennato, nella parte seconda, agli investimenti esterni nel settore automotive in Basilicata e alle possibili
connessioni con centri di formazione e ricerca come il Politecnico di Bari. Simmetricamente si può immaginare
per esempio, una strategia di attrazione di investimenti in un settore chiave della Basilicata, come quello della
ricerca nel settore delle biotecnologie agricole, che faccia leva sulla presenza di una rete di imprese e di centri di
ricerca nel settore agro-alimentare in Puglia.
Convenzione Regione Basilicata – CERPEM
38
In uno schema tipico, le politiche di promozione e attrazione del territorio possono essere
suddivise in quattro attività:
1. una azione volta a monitorare l’economia locale per identificare i suoi settori chiave31;
2. le azioni volte a promuovere l’immagine del territorio che indirettamente possono
attirare investimenti;
3. le azioni che mirano direttamente ad attirare gli investimenti;
4. e, infine, le fasi di accompagnamento del processo di investimento e di assistenza alle
imprese insediate.
In questa parte del rapporto ci concentreremo su come organizzare le attività e le azioni che
mirano direttamente ad attirare investimenti in Basilicata (punto 3. della lista precedente).
Alla fine di questa parte dedicheremo, inoltre, un breve paragrafo alle azioni volte a
promuovere l’immagine del territorio (paragrafo 2.4) e alla fasi di accompagnamento e di
assistenza dell’investimento (paragrafo 2.5), soprattutto per indicare in che modo esse
possono raccordarsi all’attività diretta di attrazione degli investimenti.
Nel dar forma a questa parte, siamo partiti dall’idea centrale che la Regione Basilicata intenda
sviluppare un proprio ruolo strategico nel processo di attrazione degli investimenti
coordinandosi il più possibile con altri soggetti locali. Nello sviluppare un proprio ruolo nel
processo di attrazione, alla Regione Basilicata converrà puntare sul compito di facilitatore
dell’incontro tra investitori esterni e opportunità di investimento in Basilicata. Questo ruolo
può essere interpretato in molti modi.
In generale, un modo per interpretare questo ruolo è prestare attenzione alle esigenze
“strutturali” di aziende che potrebbero investire nei settori chiave della regione, assicurando
per esempio la presenza di una moderna rete di infrastrutture.
Un modo più specifico per interpretare tale ruolo, ed è quello a cui ci riferiamo di seguito, è di
contribuire a generare attivamente contatti con aziende interessate a investire in Basilicata.
Interpretata in questo modo, una strategia di attrazione degli investimenti promossa dalla
Regione può avere le seguenti finalità:
- far conoscere ad aziende e organizzazioni esterne opportunità di investimento che
potrebbero realizzarsi anche senza alcun intervento aggiuntivo della Regione;
- far conoscere ad aziende e organizzazioni esterne opportunità di investimento e
“accompagnarle” nella decisione di investimento presentando loro tutti i possibili benefici
a cui possono accedere nel territorio;
- far conoscere ad aziende e organizzazioni esterne possibili partnership con aziende e
organizzazioni locali del settore pubblico e privato ed eventualmente, e quando
opportuno, affiancare tali soggetti locali nelle fasi di contatto e nell’iter decisionale
dell’investimento.
Sulla base dei settori chiave identificati nella seconda parte, procederemo a sviluppare due
distinte sezioni, indicando in particolare: le organizzazioni e le risorse umane target di una
politica di attrazione degli investimenti promossa dalla Regione Basilicata e un possibile
schema di governance per guidare e gestire il processo di attrazione in Basilicata.
31
Cfr. parte seconda di questo rapporto.
Convenzione Regione Basilicata – CERPEM
39
1. Le organizzazioni target della politica di attrazione degli investimenti
Va tenuto presente che nel nuovo contesto globale non solo i grandi gruppi ma anche le
imprese di dimensioni piccole e medie sono più mobili rispetto al passato e disposte a
investire all’estero. Adottando una strategia internazionale, esse mirano a conseguire più alti
livelli di produttività e a generare innovazioni in grado di sostenere nel tempo la produttività.
Allo stesso tempo va notato come ormai sia raro che le imprese interessate a investire in aree
dei paesi avanzati cerchino di sfruttare la leva pura e semplice del basso costo del lavoro.
Sempre più spesso, il tentativo delle imprese di innalzare capacità innovativa e livelli di
produttività coincide soprattutto con la ricerca di imprese e organizzazioni (centri di ricerca,
Università) – spesso dislocate in altri territori - insieme a cui sviluppare partnership per
penetrare nuovi mercati o per generare innovazione. Un territorio che ospita aziende,
Università o centri di ricerca (fino al singolo ricercatore d’eccellenza) in grado di proporsi
come partner di imprese e organizzazioni esterne (nazionali o internazionali) possiede, quindi,
una risorsa importante attorno a cui impostare una politica di attrazione degli investimenti.
Nei settori chiave identificati per la Basilicata sono a nostro avviso presenti soggetti che
possono ambire al ruolo di partner con aziende e organizzazioni di profilo internazionale e
che possono quindi rappresentare la base per una politica di attrazione degli investimenti.
Nell’impostare e realizzare una strategia di promozione del territorio e di attrazione delle
imprese, la Basilicata dovrebbe evitare di disperdere le risorse e dovrebbe selezionare quindi
con attenzione i target su cui concentrare lo sforzo.
A nostro avviso tale sforzo deve rivolgersi soprattutto verso aziende esterne con attività
basate sulla conoscenza: organizzazioni che non sono semplicemente alla ricerca di un “sito”
con costi bassi che si porta in dote un pacchetto di incentivi, ma sono piuttosto alla ricerca di
nuovi partner, o di settori in cui inserirsi, in territori capaci di offrire questa opportunità.
Le multinazionali e molti settori industriali presentano al loro interno attività e aziende basate
sulla conoscenza Tuttavia, soprattutto nelle regioni e nelle città dei Paesi avanzati, cresce la
consapevolezza che per le politiche di attrazione l’orizzonte sia diventato molto più ampio.
In primo luogo, l’orizzonte delle politiche di attrazione si è allargato fino a far rientrare nel
target anche le singole persone, in particolare ricercatori universitari e del settore pubblico e
privato. Come dimostrano numerosi casi di attrazione degli investimenti, queste persone
possono essere il principale veicolo di attrazione degli investimenti. In questi casi, i contatti
che generano investimenti derivano spesso dall’idea di una singola persona ben accreditata in
ambienti scientifici o nel mondo delle imprese: avere o attirare sul territorio queste persone è
importante
L’altro ingrediente necessario, in questa politica di attrazione degli investimenti - “mediata”
da singole persone ben inserite in settori chiave - è la sensibilità delle istituzioni locali del
territorio “che attrae” nel sostenere gli eventuali sforzi per portare nel territorio risorse umane
strategiche. È fondamentale, quindi, che le Università - in accordo magari con le
amministrazioni locali - siano in grado di sostenere, specie sotto il profilo finanziario e delle
procedure amministrative, il richiamo di un ricercatore d’eccellenza: uno sforzo che può in
seguito essere premiato con l’arrivo di organizzazioni e imprese esterne.
Convenzione Regione Basilicata – CERPEM
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Box 5 - L’importanza delle persone nelle politiche di attrazione: il caso di
Dundee
Nel settore delle biotecnologie è stata creata nel 1998 l’organizzazione
BioDundee che raccoglie il settore pubblico, quello privato e le Università locali.
Il cuore dell’organizzazione è rappresentato dalle aziende e dai centri di ricerca
locali specializzate nella ricerca sul cancro, nella biologia cellulare, nel
metabolismo dei farmaci, nell’immunologia, nelle neuroscienze, nella diagnostica
e nell’agro-biotech. Dundee ospita un grande laboratorio di ricerca come il
Wellcome Trust Biomedical Research Center oltre ad una serie di istituti di ricerca
più piccoli.
Come si è arrivati a questo risultato tenendo conto delle dimensioni della città.
Dundee in realtà è una città universitaria e le due Università sono centri diventati
di eccellenza. Il 10% circa della popolazione totale della città è costituito da
studenti universitari; per una città di dimensioni medie è una delle più alte
proporzioni in Europa.
L’Università di Dundee (The University of Dundee) è la più importante istituzione
accademica ed attorno ad essa è stata creata BioDundee. L’idea di far leva
sull’Università come centro di eccellenza è stata promossa in particolare da
Scottish Enterprise, l’agenzia regionale di sviluppo economico della Scozia. Le
prime iniziative di BioDundee (che è partita da budget relativamente bassi) e
dell’Università si sono basate su una aggressiva politica di attrazione degli
scienziati che ha prodotto risultati in tempi brevi. Nel 2004 e nel 2005 la rivista
The Scientist ha assegnato il primo posto in Europa all’Università di Dundee
come “miglior posto in cui lavorare” sulla base di una indagine tra 2.600
scienziati in tutto il mondo (quarto posto a livello internazionale). Il cluster
biotecnologico di aziende private e di centri di ricerca pubblici e privati si è
sviluppato grazie a una politica di attrazione e agli spin-off universitari. Tra i vari
dati che possono spiegare il successo dell’Università vi è anche la marcata
diversità geografica dello staff accademico formato da docenti e ricercatori
provenienti da ben 53 nazioni. Va sottolineato che la scelta di puntare su Dundee
come centro delle biotecnologie è stata anche basata sulla presenza
nell’Università di Dundee, al momento della creazione di BioDundee, di quattro
scienziati di livello internazionale nel settore.
1.1. Categorie di organizzazioni target
Tra le organizzazioni “target” di una politica di attrazione degli investimenti rientrano, oggi,
non solo le multinazionali ma anche un ampio ventaglio di organizzazioni interessate a
sviluppare la propria attività sui mercati internazionali; ne indichiamo alcune tenendo conto
anche dei settori chiave identificati:
1. le piccole e medie imprese di settori innovativi e ad alto contenuto di conoscenza,
come le biotecnologie, in particolare, nel caso della Basilicata, le biotecnologie legate
all’agricoltura;
2. le unità di ricerca e sviluppo delle imprese multinazionali, in particolare nel settore
energetico, automotive, ambientale, delle biotecnologie;
3. le piccole e medie aziende manifatturiere ad elevato contenuto di conoscenza e di
servizi avanzati, con una attenzione ai produttori e fornitori del settore automotive, ma
Convenzione Regione Basilicata – CERPEM
41
anche alle aziende con prodotti per il settore energetico e ambientale (a titolo di
esempio: prodotti eco-compatibili, materiali per l’energia eolica, etc.);
4. le aziende del settore agroalimentare interessate all’applicazione di innovazioni
scientifiche e tecnologiche anche nel settore primario;
5. i centri di ricerca delle Università di altri territori, soprattutto quelli che sviluppano
ricerca di base e ricerca per possibili spin-off nel settore ambientale, energetico e delle
biotecnologie;
6. i fondi di private equity o le merchant bank interessati ai settori chiave della
Basilicata, incluso un settore relativamente maturo come l’agroindustria, laddove
esistano buoni potenziali di crescita delle aziende a livello nazionale e internazionale.
Possiamo aggiungere inoltre:
1. le piccole e medie aziende del settore dei servizi che possono essere attirate da
opportunità di investimento nei settori urbani avanzati (congressi, turismo);
2. i marchi nel settore consumo interessati a mercati urbani dinamici (mercati che
attirano per esempio turismo culturale, congressi specializzati, meeting dei dirigenti
aziendali; ma anche mercati urbani che ospitano per esempio una ampia popolazione
di immigrati);
3. le imprese delle cosiddette industrie creative.
Osservando questo elenco non sorprende che politiche di attrazione degli investimenti
tendano ad essere sempre di più di nicchia. La ricerca degli investitori avviene infatti
attraverso iniziative mirate a target di aziende di settori chiave, e con il ricorso a tecniche di
marketing: ci si affida spesso a ricerche di mercato e si può far ricorso ad una rete di
intermediari per generare “contatti chiave” (“investment leads”): informazioni strutturate su
potenziali investitori e progetti di investimento che possono essere realizzati nel territorio in
cui è stata avviata la politica di attrazione e che riguardano i settori chiave di tale territorio.
Gli esempi 1-6 riguardano aziende e organizzazioni le cui strategie di espansione
internazionale possono finire nel radar delle agenzie di attrazione degli investimenti e dei
professionisti che operano nel mercato dell’attrazione. In alcuni casi le decisioni di
investimento internazionale possono persino essere sollecitate da agenzie, o da loro
intermediari particolarmente pro attivi, in grado da un lato di aver ben chiare le opportunità
offerte da specifici territori e, dall’altro, di saper identificare esigenze, anche non espresse, da
parte di specifiche aziende o di loro unità.
Per i territori che ospitano aree urbane dinamiche, con caratteristiche ed identità spiccate, una
politica di attrazione può spingersi anche verso le aziende target descritte nei punti 7-9. In tal
caso il processo di attrazione degli investimenti si allontana da uno schema tipico. Queste
aziende tendono a realizzare investimenti in conto capitale contenuti e magari a generare un
numero relativamente ridotto di posti di lavoro. Tuttavia esse sono in grado di rafforzare quei
settori e quelle attività che migliorano la qualità della vita e dei servizi proprio in quei centri
urbani che ambiscono ad attirare e a trattenere talenti e persone con elevate competenze.
Queste aziende contribuiscono a innalzare la competitività del territorio in due modi: (i)
generando direttamente attività economica; (ii) favorendo lo sviluppo di ambienti urbani
accoglienti per i talenti e gli occupati ad alta qualifica in particolare nei settori a base di
conoscenza e nei settori definiti chiave per la Basilicata.
Ai processi di attrazione degli investimenti rivolti a questo target di aziende dedicheremo un
breve commento (paragrafo 2.3).
Convenzione Regione Basilicata – CERPEM
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1.2. Targeting degli investitori
Le aziende e le organizzazioni target fanno parte di un universo ampio, geograficamente
frammentato e in continuo cambiamento. Di conseguenza le azioni che mirano ad attirare
investimenti diventano oggi sempre più specifiche: si parla per questo di targeting degli
investitori e si intende l’identificazione di un bacino selezionato di potenziali investitori sulla
scorta dell’identificazione dei settori chiave dell’economia locale.
Questa attività di targeting degli investitori deve partire da una base organizzata e sistematica.
Va stabilito in partenza in quali paesi, aree territoriali e settori – e su quali dimensioni di
azienda - si vuole concentrare l’attenzione. L’attività deve essere in grado di generare
“contatti chiave” che vengono raccolti dagli organismi responsabili dell’attrazione degli
investimenti. Questa attività molto mirata permette, inoltre, di realizzare in modo più efficace
le azioni di attrazione rivolte ad aziende di settori ad elevato contenuto di servizi e ricerca,
anche di piccola dimensione.
Se un governo locale vuole interpretare il ruolo di facilitatore sopra richiamato, avrà bisogno
del supporto di numerosi altri facilitatori, che operano “lontano” dal territorio e “vicino” ai
potenziali investitori e che possono essere “sguinzagliati” alla caccia di “contatti chiave”.
Come vedremo nel prossimo paragrafo questi intermediari possono essere un importante
canale per attirare il tipo di aziende elencate nei punti da uno a sei.
Tuttavia conviene ripetere che questi intermediari vanno affiancati a quei mediatori speciali
tra imprese esterne e territorio che sempre più spesso sono rappresentati da singoli ricercatori
e talenti in grado – con le proprie connessioni – di richiamare imprese nella loro regione o
città di lavoro e residenza. Coltivare, ospitare e, in particolare, attirare questi ricercatori e
talenti deve entrare a far parte a tutti gli effetti delle strategie di sviluppo economico locale e
delle politiche di attrazione degli investimenti: nel caso della Regione Basilicata, in
coordinamento strategico con soggetti locali come Università, centri di ricerca e imprese.
2. Schema di governance per l’attrazione degli investimenti
I governi locali che intendono puntare sull’attrazione di imprese innovative basate sulla
conoscenza devono sviluppare al proprio interno e, se necessario, anche attraverso una ben
coordinata rete esterna, un ruolo di facilitatore nel processo di attrazione degli investimenti:
un “servizio” promosso dal settore pubblico in grado di far incontrare le esigenze delle
imprese esterne - alla ricerca di partnership o territori in cui investire - con le aziende, le
organizzazioni e i settori chiave del territorio. Questo ruolo di facilitatore può essere
condiviso con altri soggetti locali e in particolare con le Università.
2.1. Il gruppo dei facilitatori
In molte città e regioni il ruolo di facilitatori è affidato ai dipartimenti di sviluppo economico
interni alle diverse amministrazioni o, laddove esistano, alle agenzie di sviluppo economico
locale partecipate. Altri governi locali danno vita invece – spesso insieme ad altri soggetti
locali anche privati – ad agenzie di attrazione di investimenti con un preciso mandato per
svolgere le politiche di promozione e attrazione, e con personale e budget adeguati ai loro
obiettivi. Molte di queste agenzie sono di nuova concezione, mentre altre hanno cambiato il
proprio modo di operare per adeguarsi ai cambiamenti intervenuti.
Convenzione Regione Basilicata – CERPEM
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Tutti questi diversi gruppi di attrazione degli investimenti possono disporre di personale in
grado di operare autonomamente sul fronte delle politiche di attrazione; oppure possono
disporre di personale in grado di realizzare solo alcune attività (per esempio: intelligence
economica, ricerche di mercato, assistenza post investimento) e di affidare a una rete di
“intermediari” una parte dell’attività di identificazione dei potenziali investitori e la
conseguente attività di contatto e di generazione dei “contatti chiave”.
Non va trascurato che una importante fonte di generazione di “contatti chiave” sono gli stessi
soggetti locali come le Università e i centri di ricerca. Queste organizzazioni possono
rappresentare il punto di approdo di un investimento esterno: esse possono “ricevere”
investimenti nella forma di partnership con imprese, Università o centri di ricerca esterni che
apportano capitali, risorse e progetti. In tal senso queste organizzazioni svolgono non solo il
compito di attrattori ma anche quello di intermediari “interni al territorio”. Con questi soggetti
la Regione Basilicata intrattiene rapporti continui: il loro ruolo nel processo di attrazione degli
investimenti può essere precisato o enfatizzato attraverso accordi.
Al rapporto tra Regione Basilicata e questi soggetti “interni al territorio” dedichiamo una
parte delle considerazioni finali (paragrafo 2.6).
Altri intermediari possono essere invece rappresentati da specialisti nel campo dell’attrazione
degli investimenti, dislocati magari all’estero: l’attività di questi intermediari “esterni al
territorio” nei processi di attrazione avviati dalla Regione deve essere regolata mediante
specifici accordi, eventualmente basati anche sul pagamento delle prestazioni.
Per i governi locali più piccoli, o con minori disponibilità di risorse da dedicare alle politiche
di attrazione degli investimenti, è possibile seguire in maniera più spinta la via dell’utilizzo di
intermediari esterni. I governi locali possono mantenere al proprio interno la responsabilità
degli indirizzi strategici – attraverso una agenzia di sviluppo economico, nel caso essa esista,
e insieme ad altri soggetti locali - e possono delegare a una specifica rete di intermediari quel
complesso di azioni, soprattutto di marketing, per realizzare una parte degli obiettivi di
attrazione degli investimenti, in particolare la generazione di contatti con potenziali
investitori.
La scelta sulla strada da seguire dipende soprattutto dal budget disponibile per le iniziative di
attrazione, dalla disponibilità di personale interno a cui affidare specifiche funzioni legate a
tali iniziative. In genere si tratta di funzioni che richiedono una certa padronanza delle lingue
straniere (in particolare dell’inglese) e una certa competenza in campo economico e di
marketing (conoscenze dei settori e delle tecnologie, dei bilanci aziendali e dei mercati, skill
relazionali).
Volendo evitare la creazione di nuove unità o vere e proprie agenzie all’interno del governo
locale, e volendo minimizzare lo sforzo di risorse interne da destinare ad iniziative di
attrazione, si può seguire il modello più spinto di utilizzo delle risorse esterne: è questa la
soluzione che proponiamo per la Regione Basilicata e che esplicitiamo di seguito.
2.2. Il modello di governance proposto per la Regione Basilicata
In un possibile schema, la Regione Basilicata assegna a una sua divisione interna già esistente
(ad esempio, presso l’Assessorato alle Attività produttive) il compito di sviluppare e
comunicare gli indirizzi strategici. La divisione a cui viene assegnato questo compito
Convenzione Regione Basilicata – CERPEM
44
individua una figura (un consulente o una società) con cui stabilire uno stretto rapporto di
fiducia e a cui assegnare l’incarico di assistere la Regione nella strategia di attrazione degli
investimenti e di identificare una rete di intermediari esterni; la rete di intermediari viene cioè,
in questo schema, coordinata da un consulente che opera sotto la supervisione della divisione
individuata all’interno dell’amministrazione regionale. La divisione poi si occupa di
formalizzare gli accordi con gli intermediari esterni sulla base di budget prefissati e di chiari
obiettivi da perseguire.
Di seguito elenchiamo principali responsabilità e compiti dei tre soggetti parte di questo
schema:
- divisione interna alla Regione (“Divisione di attrazione” con specifico mandato e budget
assegnato dalla Regione)
- figura esterna di primo livello (“Consulente centrale” con un rapporto diretto di fiducia
con la Divisione di attrazione)
- figure esterne di secondo livello (“Intermediari esterni” al territorio identificati,
soprattutto all’estero, dal Consulente centrale per conto della Divisione e coordinati dal
Consulente centrale)
2.2.1. Caratteristiche, responsabilità e compiti dei soggetti
Divisione di attrazione
Caratteristiche:
- una divisione interna alla Regione che esprima un dirigente di riferimento per le politiche
di attrazione e sia dotata di un piccolo staff che possa dedicare una parte del suo tempo a
impostare e seguire le attività strategiche e amministrative legate alle iniziative di
attrazione degli investimenti.
Responsabilità e compiti:
- elabora ed aggiorna le linee guida delle strategie di attrazione con la collaborazione del
Consulente centrale;
- mantiene stretti contatti con le imprese, i centri di ricerca e le Università del territorio32;
- elabora il materiale contrattuale che regola i rapporti tra Consulente centrale e Regione e
tra Intermediari e Regione;
- prende le decisioni finali sugli Intermediari esterni a cui affidare il compito di generare
contatti (in particolare nei settori 1-6 dell’elenco riportato nel paragrafo 1.1) e di
contattare investitori;
- verifica il lavoro del Consulente centrale e degli Intermediari esterni;
- organizza meeting in Basilicata (o in altra sede) tra potenziali investitori e staff della
Regione oltre a eventuali soggetti locali.
Consulente centrale
Caratteristiche:
- una società o un professionista con competenze nel campo dello sviluppo economico
locale e dell’attrazione di investimenti e in grado di mantenere stretti rapporti sia con la
32
Di particolare importanza sono i contatti della Divisione interna con le Università e i centri di ricerca pubblici
e privati in modo da raccogliere suggerimenti, idee e contatti relativi a possibili investimenti da attirare. La
Divisione, in coordinamento con altri settori della Regione, può garantire sostegni operativi, finanziari e
strategici (per esempio, sostegni finanziari alle Università o a centri di ricerca pubblici locali che intendono
attirare dall’esterno ricercatori d’eccellenza).
Convenzione Regione Basilicata – CERPEM
45
Divisione di attrazione della Regione, sia con la rete degli Intermediari presente in Italia e
all’estero. Il Consulente centrale deve assimilare e condividere l’orientamento strategico
della Regione sui temi dello sviluppo economico locale e dell’attrazione degli
investimenti e deve essere in grado di tradurre questo orientamento in concrete indicazioni
operative per la rete di Intermediari.
Responsabilità e compiti:
- affianca la Divisione di attrazione nello sviluppare ed aggiornare le linee guida delle
strategie di attrazione
- contribuisce a elaborare il materiale contrattuale che stabilisce i rapporti tra Regione e
Intermediari
- identifica gli Intermediari da attivare e segue e coordina la rete di Intermediari sotto la
supervisione della Divisione di attrazione a cui invia continui aggiornamenti sul procedere
delle attività
- affianca la Divisione di attrazione nell’organizzazione di meeting in Basilicata (o in altra
sede) e nel contatto con gli investitori
Intermediari esterni
Caratteristiche:
- la rete di Intermediari esterni può essere formata da figure professionali diverse. Una
distinzione importante, che verrà ripresa e approfondita di seguito, riguarda le modalità
del loro coinvolgimento e in particolare il fatto che vengano retribuiti o meno per il loro
ruolo nel processo di attrazione.
Responsabilità e compiti:
- al di là delle differenti caratteristiche, il ruolo degli Intermediari esterni non è tanto quello
di fornire informazioni generiche ai potenziali investitori sulle opportunità e i vantaggi del
territorio. La loro capacità risiede soprattutto nel saper riconoscere le specifiche esigenze
o i problemi che un potenziale investitore può avere; e nel saper valutare se e come essi
possono essere risolti nel contesto economico locale della Basilicata. Il profilo di questi
intermediari è quello di un broker, in alcuni casi estremamente specializzato, in grado di
(i) convincere le aziende esterne a prendere in considerazione l’investimento nel territorio;
(ii) favorire la creazione di partnership tra aziende esterne e aziende del territorio; (iii)
affrontare problematiche che riguardano specifici comparti produttivi in relazione ai
settori chiave identificati in Basilicata.
2.2.2. La rete di Intermediari esterni
La rete di Intermediari esterni può essere formata, come appena detto, da figure professionali
diverse. Gli Intermediari esterni possono cambiare a seconda del settore chiave e degli
obiettivi, in particolare ciascuno può essere legato a uno specifico settore produttivo “target”.
È possibile distinguere:
1. società specializzate nel settore dell’attrazione di investimenti, in grado di svolgere
una azione di generazione di “contatti chiave”, a cui affidare uno specifico mandato:
tra queste possiamo indicare operatori specializzati come OCO Consulting e Tenon
Techlocate33;
33
È possibile reperire informazioni sugli operatori specializzati citati sui loro rispettivi siti:
www.ococonsulting.com e www.techlocate.com.
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46
2. liberi professionisti e società di consulenza a cui affidare un compito o un mandato da
concordare in termini di obiettivi, ampiezza dei compiti ed eventuali modalità di
pagamento. Per le società di ricerche di mercato, le società di risorse umane, i
consulenti d’impresa, i commercialisti si possono immaginare mandati a pagamento.
Per le banche e società finanziarie o per gli studi legali si può immaginare un accordo
generico che tenga conto di una ricaduta positiva per le loro attività in caso di
realizzazione di un investimento da loro “generato”. Tutti questi operatori indicati
devono ovviamente disporre di sedi nelle aree geografiche considerate di interesse per
la politica di attrazione degli investimenti della Regione Basilicata;
3. Università e centri di ricerca esterni al territorio. In questo caso gli accordi possono
consistere in lettere o documenti di intenti per sviluppare collaborazioni e sinergie –
estendibili al campo dell’attrazione degli investimenti – tra Università e centri di
ricerca esterni al territorio e Università e centri di ricerca localizzati in Basilicata. La
Regione può avere un importante compito di facilitatore nel sostenere/sollecitare le
iniziative dei soggetti locali verso l’esterno e viceversa;
4. la stessa agenzia di attrazione nazionale (Sviluppo Italia) e il suo staff nelle sedi estere
oltre agli uffici delle ambasciate e dei consolati italiani34.
2.2.3. Note aggiuntive sullo schema di governance proposto
Sviluppando lo schema più in dettaglio, soprattutto per quel che riguarda eventuali compensi
agli Intermediari esterni, possiamo aggiungere le seguenti indicazioni.
-
Operando come un filtro, il Consulente esterno deve essere in grado di gestire il flusso di
informazioni su potenziali investimenti in arrivo dagli Intermediari e trasferirlo allo staff
della Regione, in modo da valutare insieme il grado di interesse di ciascun contatto e in
modo da decidere come dar seguito ad essi (meeting, visite, indicazioni di partner,
proposte di localizzazione, etc.).
-
Le responsabilità specifiche del Consulente esterno vengono individuate al momento della
finalizzazione dell’incarico. La Regione mantiene comunque uno stretto controllo sulla
sua attività. Inoltre, avvalendosi della competenza e delle indicazioni dello stesso
Consulente esterno, la Regione mantiene un controllo diretto sugli incarichi assegnati alla
rete di Intermediari esterni e sulle eventuali relazioni contrattuali nonché sui flussi di
pagamento ad essi destinati.
-
A seconda del settore chiave a cui si mira verranno identificati gli Intermediari esterni più
adatti a garantire “contatti chiave”. Il profilo degli Intermediari verrà scelto sulla base del
settore identificato: potrà a seconda dei casi essere privilegiata l’esperienza con
investimenti diretti all’estero di multinazionali o la capacità di penetrare nicchie legate
alla ricerca e ai settori avanzati.
-
Una parte della rete di Intermediari esterni selezionati dalla Regione può essere retribuita
secondo commissioni da fissare ed eventualmente anche attraverso “success fee” legate al
34
È importante che prima di definire gli obiettivi e le attribuzioni di responsabilità degli Intermediari esterni
selezionati dalla Regione, si valuti l’attività intrapresa dall’agenzia nazionale di attrazione degli investimenti e in
particolare la capillarità e professionalità della rete dei suoi intermediari, nonché la loro capacità di generare
contatti specifici per la Regione Basilicata sulla base dei settori chiave identificati.
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47
raggiungimento di certi obiettivi. Una attenzione particolare deve essere prestata alla
definizione contrattuale di “contatti chiave”. Vale la pena sottolineare che, osservando
iniziative di attrazione degli investimenti, esistono esempi di soggetti responsabili di tali
politiche che hanno considerato il ricorso a success fee. Il ricorso a un tale strumento deve
essere vagliato dalla Regione Basilicata alla luce della normativa nazionale e regionale in
materia di compenso ai privati per servizi resi all’amministrazione regionale.
-
In generale è bene che fin dall’inizio, nello schema da noi indicato, vengano attribuiti
chiaramente dalla Regione Basilicata ai vari soggetti esterni specifici compiti e
responsabilità. In particolare è importante che vi sia chiarezza riguardo al processo di
trasformazione dei contatti in una concreta manifestazione di interesse all’investimento e,
in caso di successo, alla realizzazione finale dell’investimento stesso. In particolare deve
esserci chiarezza su ciò che gli Intermediari esterni si aspettano dalla Regione “in cambio”
degli eventuali contatti generati.
-
È importante, inoltre, concordare con gli Intermediari esterni che tipo di indicazioni e
assicurazioni essi possono dare ai potenziali investitori, nelle fasi di contatto e di
sollecitazione, sul ruolo esercitato dalla Regione Basilicata o da altri soggetti locali nel
processo di investimento e sui prevedibili benefici per gli stessi potenziali investitori.
2.3. Attrazione degli investimenti nelle industrie creative e nel settore dei servizi urbani
avanzati
Riprendiamo ora la lista di aziende target del paragrafo 1.1 per approfondire le questioni
legate all’attrazione di una tipologia particolare di aziende. È nostra convinzione che anche
città piccole e medie (con una popolazione compresa tra le 50.000 e 250.000 unità) possano
ambire a ospitare e ad attirare aziende che appartengono a settori caratteristici di una
economia urbana dinamica.
Le aree metropolitane sono il luogo di coltura principale di questi settori. A scopo
esemplificativo possiamo definire tre tipi di attività che si concentrano tradizionalmente negli
ambienti urbani con una forte densità di popolazione e di aziende: le industrie creative35, il
terziario avanzato a supporto delle aziende e del turismo, e i marchi del settore retail36.
La domanda da porsi è se in questi settori esistono nicchie che possono svilupparsi anche in
città di piccole medie dimensioni e che tipo di politiche di attrazione esse richiedono, posto
che quelle basate sull’approccio del targeting degli investitori possano essere praticate in
questi settori solo in una minoranza di casi.
35
Una definizione di industrie creative comprende per esempio studi di architettura e design, l’industria audiovideo, le case editrici, applicazioni multimediali per l’intrattenimento, performing arts come il balletto e il teatro.
In alcune definizioni compaiono anche i musei e i centri culturali.
36
Sempre a titolo di esempio una città come Stoccolma, che ha goduto negli ultimi dieci anni di una forte
crescita dei settori a base di conoscenza e di un potente afflusso di immigrati, sente oggi il bisogno di impostare
una politica di attrazione non solo rivolta alle aziende dell’alta tecnologia e della ricerca, ma anche alle catene
della grande distribuzione specializzate nel servire famiglie e individui a basso potere di acquisto. Milano cerca
di sfruttare la tradizione nel design per favorire l’arrivo di industrie creative e cerca di far leva sul “quadrilatero
della moda” e sulle zone centrali dello shopping, importanti per l’economia della città, per favorire la presenza di
punti vendita di marchi del lusso e di grande qualità.
Convenzione Regione Basilicata – CERPEM
48
Forniremo a questo riguardo un esempio che riguarda una città come Matera. In una
economia urbana possono svilupparsi importanti cluster attorno ad attività non tradizionali
(attività non assimilabili a specifici settori produttivi) come la “convegnistica leggera”. Con
questo termine vogliamo indicare un comparto del settore dei servizi con un suo mercato, un
suo pubblico, una sua struttura e filiera: i clienti interessati a convegni con un numero limitato
di partecipanti (da 50 a 150-200), la relativa offerta locale di organizzazione di convegni e di
strutture ricettive e alberghiere, le agenzie di viaggio e le società di comunicazione, le
infrastrutture compresi gli aeroporti e le altre infrastrutture di trasporto dislocate in prossimità
sul territorio, senza escludere le piccole società di shuttle che nascono per collegare questi
snodi alle città specializzate nei convegni. Spesso, come nel caso di Matera, questi centri
urbani sono anche caratterizzati da importanti attrazioni turistiche. Non a caso proprio Matera
sta diventando un interessante centro per l’organizzazione di “convegni leggeri” oltre ad
essere una città con una forte vocazione turistica.
Un robusto cluster della “convegnistica leggera” può a sua volta contribuire a far nascere un
polo dell’alta formazione e dello “scambio di idee” (forum nazionali e internazionali) che
coinvolga quelle istituzioni, Università e quei centri di ricerca locali in grado di utilizzare il
settore locale della convegnistica come “veicolo” per offrire le loro competenze.
Naturalmente un cluster come quello dei convegni leggeri viene formato in primo luogo da
aziende indigene (a questo riguardo sono quindi importanti le politiche locali di supporto
all’imprenditorialità); tuttavia in molti casi il settore diventa attraente anche per aziende
esterne che possono essere accompagnate nel corso dell’investimento dall’agenzia o dal
soggetto locale che si occupa di attrazione di investimenti.
Un altro esempio è quello di marchi con un appeal particolare verso un pubblico target nelle
politiche di attrazione di una città. Se una città come Matera punta ad attirare turisti e
partecipanti a convegni può cercare di sposare questa strategia con la tradizione della città
nell’architettura e del design urbano. Esistono catene specializzate che prenderebbero
seriamente in considerazione l’apertura di una unità di vendita in un ambiente urbano
interessante che attira anche turisti e congressisti. Benché queste catene operino con una
propria logica di localizzazione e apertura di nuove unità, può essere utile e interessante per la
Divisione di attrazione del nostro schema prendere in considerazione puntuali interventi pro
attivi (direttamente o attraverso intermediari) per favorire la conoscenza delle opportunità dei
centri urbani della Basilicata da parte degli operatori cosiddetti design e lifestyle oriented del
settore della distribuzione (per esempio l’italiana Illy, o la statunitense Starbucks nel
momento in cui penetrerà in Italia). Si tratta di interventi diversi dal targeting degli investitori
che andrebbero decisi e calibrati caso per caso.
2.4. Elementi di comunicazione e di marchio
Sin qui abbiamo proposto uno schema entro cui canalizzare le azioni di attrazione “diretta”
degli investimenti. Queste azioni sono tese a generare contatti con i potenziali investitori e
con segmenti ben identificati della business community nazionale e internazionale, sulla base
soprattutto dei settori chiave identificati e utilizzando l’approccio del targeting degli
investitori.
Queste azioni, è importante sottolinearlo, possono essere realizzate anche senza l’ausilio di
una compiuta strategia di immagine e di marchio della Regione. Tuttavia, è inutile negare che
una strategia di comunicazione e di marchio può essere di grande utilità per sostenere una
Convenzione Regione Basilicata – CERPEM
49
strategia di attrazione degli investimenti basata sulla ricerca “per target” degli operatori da
attirare e del contatto con essi attraverso il canale degli intermediari. I dirigenti di una
organizzazione che viene contattata da un intermediario per una opportunità di investimento
in Basilicata possono avere un atteggiamento diverso verso questa opportunità se già esposti a
un qualche tipo di “messaggio” relativo all’immagine della regione.
Nel momento in cui la Regione Basilicata fosse pronta ad attuare una strategia di
comunicazione del territorio essa andrebbe ovviamente raccordata e integrata con la strategia
di attrazione e degli investimenti. In attesa di questa decisione, la strategia di comunicazione
rivolta al mondo degli investitori, potrebbe partire da una prima campagna molto mirata, su
riviste settoriali e specializzate, direttamente a supporto della strategia di attrazione condotta
per target e contatti diretti.
Va sottolineato, comunque, che la strategia di attrazione degli investimenti per target e
contatti coincide di fatto con una prima operazione di comunicazione del territorio: elementi
importanti dell’immagine e delle opportunità della Basilicata entrano infatti in circolazione in
ambiti circoscritti ma strategici della comunità economica nazionale e internazionale37.
È anche opportuno ricordare che la partecipazione a fiere ed eventi nazionali e internazionali
può essere un importante veicolo per la generazione di contatti con gli investitori, purché tali
manifestazioni possano favorire l’incontro con il bacino di aziende selezionate (aziende
target) e che appartengono o sono legate ai settori chiave del territorio. Anche in questo caso,
quindi, è fondamentale un approccio mirato all’attrazione, anche per non disperdere risorse
scarse all’interno del budget assegnato alla strategia di attrazione degli investimenti. Ricerche
di mercato ad hoc, intelligence economica, formazione di database sui potenziali investitori
possono essere altre iniziative volte a coadiuvare le azioni principali di attrazione.
2.5. Accompagnamento degli investimenti e assistenza
Anche le fasi di accompagnamento al processo di investimento (facilitazione) e di assistenza
nel tempo all’investimento effettuato (assistenza) stanno attraversando una evoluzione. In
particolare le tradizionali azioni di assistenza da parte dei governi locali e delle loro agenzie di
sviluppo o di attrazione (che nel passato si sono tradizionalmente concentrate sulle eventuali
soluzioni per “non perdere” gli investitori in caso di smobilizzo o snellimento delle attività)
vengono sostituite da un approccio pro attivo, da alcuni definito “investor development” (che
potremmo tradurre con l’espressione “coltivare gli investitori”).
Questo nuovo approccio si pone come obiettivo un continuo sostegno agli investitori già
insediati nel territorio, favorendo per esempio l’espansione delle loro attività a livello locale,
l’arrivo di nuove funzioni, possibilmente a base di conoscenza, l’attrazione di una base
sempre più robusta di fornitori, la ricerca di partner, la formazione di nuove e più avanzate
competenze professionali, la realizzazione di nuove infrastrutture.
37
A questo proposito è utile e prudente prevedere che, in assenza di una strategia di immagine e marchio della
Regione (campagne pubblicitarie impegnative, rilevanti iniziative “di comunicazione” rivolte al pubblico degli
investitori e alla business community), le azioni di attrazione degli investimenti delineate in questa terza parte
possano essere supportate da pochi ma ben identificati elementi di comunicazione in grado di veicolare
l’immagine del territorio che si intende proiettare e associati a budget di spesa contenuti.
Convenzione Regione Basilicata – CERPEM
50
Questo approccio pro attivo può essere esteso anche ai settori chiave: la loro forza rappresenta
un importante incentivo all’arrivo di investimenti esterni. Nello schema di governance
proposto è quindi importante aver presente i benefici derivanti da una continua sollecitazione
degli “investitori esterni” già insediati sul territorio affinché essi apportino nuove attività: un
esempio in Basilicata è il modo in cui è stato seguito l’investimento di ENI nel settore delle
risorse naturali fino alla recente decisione da parte del gruppo di aprire in Basilicata una
nuova sede della Fondazione Mattei. Quella che nel nostro schema è stata definita la
Divisione di attrazione può certamente contribuire a rendere l’approccio più sistematico,
coltivando in particolare gli investitori esterni già presenti in quelli che abbiamo identificato
come i settori chiave.
2.6. Strumenti specifici utilizzabili in connessione con le politiche di attrazione
Agli investitori può essere illustrato e offerto - nella fase di contatto ma soprattutto e con
maggiore precisione nella fase “di accompagnamento” all’investimento ed eventualmente in
quella negoziale - un pacchetto “di localizzazione”.
Questo pacchetto di fatto identifica tutti i possibili benefici a cui può accedere un investitore
esterno, compresi eventuali benefici ricavabili dalla legislazione e dalla normativa nazionale.
La Regione Basilicata potrebbe attivare vari tavoli interni al territorio per preparare tali
pacchetti, calibrandoli ovviamente sulle prevedibili esigenze delle aziende dei settori chiave.
È possibile immaginare tali pacchetti come dei protocolli che possono sfociare in contratti di
programma o in altre forme di programmazione negoziata tra soggetti locali diversi (box 6).
Proviamo a distinguere, sulla base delle considerazioni sviluppare in questa terza parte, con
quali soggetti del territorio la Regione può avviare utili confronti mirati a individuare e far
emergere benefici per le aziende esterne.
-
Università e centri di ricerca. Con queste organizzazioni è possibile sviluppare intese per
l’attrazione di ricercatori e talenti e per il supporto (finanziario e di altro tipo) della
Regione Basilicata verso partnership tra queste organizzazioni e investitori esterni (incluse
Università e centri di ricerca esterni).
-
Rappresentanti del mondo del lavoro. Con il sindacato è possibile sviluppare accordi
specifici, che riguardano determinati settori o aree territoriali.
-
Proprietari di aree. Spesso i potenziali investitori hanno bisogno di indicazioni relative
agli spazi che la società potrà occupare. Non si tratta solo di indicare siti, di proprietà
pubblica o privata, dove possono sorgere capannoni industriali. Aziende anche piccole di
settori avanzati hanno spesso bisogno di spazi di alta qualità e di media grandezza, con la
possibilità di espandersi nel giro di pochi anni. Questi spazi possono aver bisogno anche
di ambienti per la ricerca e laboratori accanto agli ambienti destinati alle funzioni
manageriali e amministrative; essi devono possibilmente essere localizzati in aree di
qualità in centri urbani attraenti per uno staff con elevate competenze. Protocolli di intesa
possono essere raggiunti con le aree di sviluppo industriale e/o con proprietari di aree in
via di riqualificazione realizzate magari con la partecipazione del settore pubblico
attraverso programmi integrati di intervento.
Convenzione Regione Basilicata – CERPEM
51
-
Alleanze con aree limitrofe. Con istituzioni in Puglia e Campania che promuovono e sono
responsabili di politiche di attrazione degli investimenti è possibile individuare varie
forme di collaborazione fino alla condivisione dei contatti in determinati settori, in modo
da rendere il più proficuo possibile il lavoro di attrazione svolto da ciascuna istituzione.
Box 6 - Prime riflessioni sullo strumento attuativo dei progetti di attrazione
Per alcuni investimenti il ruolo della Regione può essere quello di un semplice
facilitatore che aiuta operatori esterni e interni al territorio a entrare in contatto
per, poi, sviluppare autonomamente un progetto con auspicabili positive ricadute
sul tessuto economico regionale.
In molti altri casi il potenziale investitore può puntare ad accedere ad una serie di
condizioni atte a facilitare la sua decisione finale di investimento grazie
soprattutto a un forte ruolo di coordinamento della Regione che ha, quindi,
bisogno di dotarsi di strumenti specifici. In questi casi, lo strumento da adottare
per ciascun investimento potrebbe essere analogo al Contratto di Programma. Si
dovrebbe trattare di uno strumento che contenga un elemento di “contrattazione”
e che sia selettivo. Questo, ovviamente, richiede una forte “preparazione” da parte
dell’amministrazione regionale e un’attenta valutazione ex-ante dei progetti.
L’amministrazione regionale dovrebbe mettere a punto un documento che
identifichi le priorità ed i possibili criteri di valutazione legati a ciascun progetto
di attrazione di investimento. In base ad esso dovrebbe invitare le imprese italiane
e straniere, preventivamente sondate dalla rete degli Intermediari esterni e che
abbiano mostrato interesse, a presentare un’idea progettuale. A tal fine possono
anche costituirsi consorzi di imprese.
La presentazione delle idee progettuali assumerebbe il significato di una
candidatura potenziale. Ciascuna idea progettuale verrebbe, innanzitutto, valutata
dalla società di consulenza incaricata dalla Regione di seguire il progetto. Per
ciascuna idea ritenuta interessante l’Amministrazione, sempre assistita da esperti
esterni, potrebbe aprire un vero e proprio negoziato sulle condizioni per il
possibile contratto di programma.
Il negoziato dovrebbe giungere alla preparazione di una bozza di intesa che
incorpori le obbligazioni reciproche delle parti.
Per la parte pubblica, queste obbligazioni non dovrebbero limitarsi alla sola
erogazione finanziaria, dovrebbero, invece, consistere in un insieme di impegni
che comprendano, ad esempio, la determinazione di corsie rapide per
l’ottenimento di permessi e autorizzazioni e per lo svolgimento di una serie di
procedure, la partnership in progetti di ricerca, etc. (nella definizione del contratto
dovrebbero essere coinvolti anche gli altri attori rilevanti del territorio: enti locali;
sindacati; associazioni di categoria; Università; centri di ricerca). Il contratto non
dovrebbe, quindi, prevedere solo finanziamenti, ma, piuttosto, soluzioni a
problemi legati alla localizzazione in quella data area che l’impresa evidenzia:
uno strumento così disegnato permette di proporre alle imprese soluzioni ritagliate
sulle loro specifiche esigenze (che spesso dipendono dal settore in cui operano).
Da parte imprenditoriale, gli obblighi di risultato andrebbero correlati, oltre che
alla spesa, ad un gruppo di indicatori oggettivamente verificabili.
L’elemento fondamentale di questo meccanismo è che appunto di obblighi deve
trattarsi e non solo di “promesse”. Ed il mancato rispetto degli obblighi,
reciprocamente e liberamente assunti, andrebbe sanzionato. Ovviamente, questo
Convenzione Regione Basilicata – CERPEM
52
meccanismo richiede un programmatore e un valutatore particolarmente
competenti, flessibili, abili nel negoziato e in grado di condividere con l’impresa
la formulazione del progetto.
Casi internazionali di successo, come l’investimento della Intel in Costa Rica,
dimostrano come la riuscita dipenda: (i) dalla scelta di un target che incontri le
potenzialità dell’area; (ii) dal condurre i negoziati con una perfetta conoscenza dei
bisogni dell’impresa e di cosa la regione possa fornire; (iii) dal fatto che i
funzionari incaricati siano ben preparati, ben informati e che vedano il negoziato
con l’impresa esterna come un gioco a soma positiva e non come uno “scontro”;
(iv) dalla presenza di una struttura (nel caso della Regione Basilicata dovrebbe
essere la Divisione di attrazione) di coordinamento (con poteri reali) che si
interfacci fra l’impresa e le varie strutture amministrative interessate; (v) da
concessioni specifiche e dettagliate.
3. Traduzione dello schema di governance in misure di politica regionale
Lo schema di governance per l’attrazione degli investimenti che abbiamo presentato può
essere tradotto in un progetto esecutivo corredato da previsioni sulle risorse da investire, i
tempi e le modalità di realizzazione. In questa sezione finale svilupperemo, quindi, un disegno
di fattibilità della strategia di attrazione degli investimenti delineata. Nel tradurre lo schema in
una misura concreta abbiamo individuato il prossimo documento di programmazione dei
Fondi Strutturali come lo strumento più adatto attraverso cui la Regione Basilicata può
finanziare e gestire la strategia di attrazione e la sua evoluzione in un arco temporale
sufficiente a raggiungere le finalità desiderate.
Va ribadito che il principio base a cui si ispira la misura “attrazione degli investimenti” non è
quello del “finanziamento agli investitori” esterni ma, invece, quello del finanziamento di
azioni di intermediazione per attirare gli investimenti.
La programmazione di sette anni prevista dalla politica di coesione comunitaria offre un
preciso arco temporale di riferimento. Una volta fissati gli obiettivi iniziali, e gli strumenti e
le risorse per raggiungerli, questo arco di tempo offre anche un buon margine per correggere e
aggiustare in corso d’opera, se necessario, gli obiettivi e le modalità esecutive, badando
ovviamente a non stravolgere l’impianto di base dello schema. Assumiamo di seguito che la
misura possa diventare operativa per l’inizio del 2007.
Nel quadro della programmazione di sette anni, la misura deve prevedere progetti esecutivi di
attuazione biennale con un triennio finale di chiusura (2+2+3). Il primo biennio sarà
particolarmente importante per attuare, sulla base dei risultati in arrivo alla fine dei 24 mesi,
eventuali correzioni e aggiustamenti allo schema iniziale. Inoltre all’inizio del primo biennio
verranno risolte alcune problematiche che non possono essere risolte in anticipo e
inevitabilmente dovranno rimanere aperte fino a quel momento, in particolare alcuni aspetti
legali relativi al trattamento degli intermediari, alla loro modalità di selezione e ai loro
compensi.
La misura sarà realizzata dall’unità della Regione scelta per guidare la strategia di attrazione
(la Divisione di attrazione), a cui potranno essere assegnati responsabilità e compiti secondo
lo schema di governance tracciato.
Convenzione Regione Basilicata – CERPEM
53
Tra i primi passi del suo mandato, e quindi nei primi sei mesi del 2007, la Divisione di
attrazione dovrà identificare una figura di fiducia (il Consulente centrale) insieme a cui
mettere a punto la strategia di attrazione e in particolare la selezione e la scelta degli
intermediari (gli Intermediari esterni).
All’inizio di ciascun biennio e del triennio finale la Divisione di attrazione deve fissare
obiettivi, strumenti e modalità esecutive della strategia di attrazione, fatta salva la possibilità
di apportare correzioni e aggiustamenti in anticipo (alla fine del primo anno di ciascun
biennio, per esempio) se ciò venisse ritenuto opportuno.
La Divisione di attrazione, affiancata dal consulente di fiducia, deve in particolare identificare
una serie di progetti esecutivi di attuazione biennale e del triennio finale.
Ogni progetto esecutivo deve contenere in particolare l’identificazione di un settore chiave
target, una stima sul numero di Intermediari esterni che svilupperanno i contatti in questi
settori, le modalità e i costi per attivare questi Intermediari, gli obiettivi intermedi previsti.
Va sottolineato che il profilo degli intermediari e l’area geografica dove concentrare gli sforzi
tendono a cambiare a seconda del settore chiave selezionato: le previsioni di budget e la
distribuzione del budget nei sette anni proposta di seguito va quindi ritenuta una stima da
correggere e aggiustare a seconda del settore selezionato.
3.1. Il budget
Abbiamo previsto un budget complessivo lordo di 1.890.000 euro da distribuire sui sette anni
su tre voci di spesa: Intermediari esterni, Consulente centrale e Altre spese. A questo budget
va aggiunta la spesa del personale interno alla Regione da destinare (a tempo pieno o parziale)
all’attuazione della strategia di attrazione. Il budget indicato tiene conto dell’IVA sui
compensi ai fornitori dei servizi: tuttavia va sottolineato che la residenza fiscale estera di un
certo numero di intermediari potrebbe tradursi in un risparmio di risorse.
Gran parte del budget stanziato deve finanziare l’attività degli Intermediari esterni. Abbiamo
previsto che ogni anno possano essere attivati in media 5-6 intermediari retribuiti (oltre a
quelli che potranno essere attivati anche senza un compenso diretto) con caratteristiche e
dimensioni diverse e localizzati in aree geografiche diverse. Suggeriamo di partire nel primo
biennio con un investimento meno cospicuo – e quindi con un raggio limitato di settori target
e un numero ridotto di Intermediari esterni rispetto alla media indicata – in modo da
intensificare gradualmente l’investimento nell’arco dei sette anni, soprattutto tra il primo
biennio e il periodo di tempo rimanente. Suggeriamo inoltre che, almeno nel primo biennio, i
contratti con gli intermediari e con il consulente di fiducia abbiano durata di un anno, e
comunque non superiore ai 18 mesi.
Abbiamo previsto che la spesa per gli Intermediari esterni sia pari all’80% del budget
complessivo sui sette anni. L’8% del budget complessivo va a coprire le spese per il
Consulente centrale. Il 12% rimanente va a coprire altre spese, in particolare la realizzazione
di ricerche di mercato ad hoc, l’attivazione di consulenze legali, l’organizzazione di meeting
in Basilicata con gli investitori ed eventuali spese di viaggio (non degli Intermediari esterni)
legate a progetti di attrazione.
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Abbiamo previsto una progressione delle spese per gli intermediari nel corso dei sette anni e
un calo graduale delle altre spese, mentre si mantengono costanti ogni anno le spese per il
consulente di fiducia.
Tabella 1 - Distribuzione budget per la misura “attrazione investimenti” (valori in euro)
Anno
Budget totale
Intermediari
Altre spese
Consulente
Primo biennio
2007
2008
140.000
260.000
65.000*
185.000
45.000
45.000
30.000
30.000
Secondo biennio
2009
2010
2011
300.000
300.000 300.000
235.000
235.000 240.000
35.000
35.000 30.000
30.000
30.000 30.000
Triennio
2012
300.000
240.000
30.000
30.000
2013
290.000
240.000
20.000
30.000
*
Nel 2007 gli Intermediari esterni vengono attivati solo nella seconda metà dell’anno e le relative spese si
riferiscono quindi solo a questo periodo.
Il budget di 1.890.000 euro indicato prevede che nel primo biennio vengano attivati 3-4
intermediari retribuiti e che questo numero possa salire a 6-7 in media ogni anno nei cinque
anni successivi.
Nell’allocazione delle Altre spese abbiamo tenuto conto di una prevalenza delle spese legali
nel primo biennio, di possibili spese per ricerche di mercato e di spese di minore entità per
viaggi e organizzazione meeting. Nel secondo biennio e nel triennio diventano prevalenti le
spese per viaggi e organizzazione meeting. Possono essere imputabili a questo budget spese di
modesta entità per materiale di comunicazione rivolto agli investitori.
3.2. Le fasi
Tenuto conto di ciò, e in linea con la distribuzione del budget della tabella 1, all’inizio del
primo biennio la Divisione di attrazione, affiancata dal consulente di fiducia, deve:
- stabilire un numero limitato di settori chiave su cui avviare il processo di attrazione nel
primo biennio (suggeriamo non più di tre, da selezionare fra quelli individuati nella
seconda parte di questo rapporto);
- identificare con precisione le aree geografiche da privilegiare, tenuto conto dei settori
chiave selezionati;
- stabilire il numero e la tipologia di intermediari necessari ad attuare una strategia di
attrazione sui settori selezionati;
- apportare eventuali correzioni al budget da allocare alla voce Intermediari, tenendo conto
dei settori chiave selezionati;
- attivare consulenze legali per stabilire le modalità di selezione degli intermediari e per
elaborare il contenuto dei contratti con gli intermediari, con particolare riguardo all’uso
delle “success fee”;
- formalizzare i contratti con gli intermediari.
I primi sei mesi del primo biennio dovranno presumibilmente essere dedicati alla scelta del
consulente di fiducia, a selezionare un numero ristretto di settori chiave a cui mirare e
all’approfondimento di aspetti legali legati ai contratti con gli intermediari. Se la misura
diventasse operativa all’inizio del 2007, prevediamo quindi che i primi intermediari possano
essere attivati nella seconda metà dell’anno e che quindi nel primo biennio la loro attività duri
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di fatto non oltre 18 mesi: nella tabella 1 la distribuzione del budget per la voce Intermediari
tiene conto di ciò.
All’inizio del secondo biennio e del triennio finale la Divisione:
- aggiornerà eventualmente gli obiettivi e la distribuzione del budget sui periodi rimanenti;
valuterà i risultati del primo biennio e in particolare l’attività e i risultati degli
intermediari e del consulente di fiducia e alla luce di questi deciderà se rinnovare i
contratti o meno;
- punterà ad allargare il raggio di azione sui settori chiave, includendo anche quelli non
presi di mira nel primo biennio;
- dovrà di conseguenza espandere la rete di intermediari e adattarla alle aree geografiche da
privilegiare.
3.3. Il trattamento degli intermediari
Di particolare importanza nei primi sei mesi del 2007 è l’approfondimento degli aspetti legali
legati al trattamento e alla selezione degli intermediari.
Va stabilito infatti in che modo procedere alla selezione tenendo conto di eventuali obblighi
dell’amministrazione regionale al ricorso a bandi e gare. Sottolineiamo comunque che, sulla
base del budget previsto ogni anno per gli intermediari e del numero di intermediari da
attivare previsto, emergono compensi lordi annui pari in media ogni anno per ciascun
intermediario a circa 40.000 euro. Si tratta di cifre che probabilmente consentirebbero di
rimanere sotto la soglia che fa scattare obblighi di gara.
Proprio perché non si tratta di cifre di entità elevata, va verificata con attenzione sotto
l’aspetto legale la questione del pagamento delle “success fee”, di un compenso extra legato ai
risultati. Questi eventuali compensi non fanno parte del budget indicato. Va verificato in che
modo e in che misura essi possano essere erogati nel caso si concretizzasse un investimento
nato da un “contatto chiave” generato da intermediari retribuiti o con cui si è sottoscritto un
contratto formale.
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