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le opinioni - Ordine degli Avvocati di Milano

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le opinioni - Ordine degli Avvocati di Milano
La Rivista del Consiglio
Le opinioni
n. 2/2013
LE OPINIONI
NUOVI ISCRITTI ALLA CASSA
L’art. 21 della nuova legge professionale (L. n. 247/2012) al comma 8 stabilisce che ‘‘L’iscrizione agli Albi comporta la contestuale iscrizione alla Cassa
nazionale di previdenza e assistenza forense’’.
Oggi, invece, l’iscrizione alla Cassa avviene - a domanda o d’ufficio - per coloro che esercitano la professione con carattere di continuità, cioè che ricavano
dall’attività professionale almeno 10.300 euro all’anno con un volume d’affari
di almeno 15.300.
La stessa nuova legge professionale (sempre art. 21, ma comma 1º) svincola
ora dal reddito la dimostrazione della continuità professionale demandandola
ad un emanando regolamento.
Ciò significa che tutti i colleghi ora iscritti agli Ordini, ma non alla Cassa per
motivi di reddito, verranno iscritti (d’ufficio o su domanda, non è ancora chiaro).
Ma quanti sono questi colleghi? Il dato a disposizione risale al 20 novembre
2012, ma è già significativo: si tratta di 56.095 avvocati (gli iscritti alla Cassa
oggi sono quasi 160.000).
La distribuzione tra femmine e maschi e per classi di età compare nella tabella seguente che ci dice che la maggior parte dei 56.000 è costituita da persone di sesso femminile e relativamente giovani.
Classe
di età
NUMERO AVVOCATI
Femmine
Maschi
DISTRIBUZIONE %
Totale
Femmine
Maschi
Totale
25 - 29
1.431
787
2.218
4,3%
3,4%
4,0%
30 - 34
9.266
5.683
14.949
28,2%
24,5%
26,6%
35 - 39
10.248
6.229
16.477
31,1%
26,9%
29,4%
40 - 44
5.859
3.273
9.132
17,8%
14,1%
16,3%
45 - 49
3.362
1.887
5.249
10,2%
8,1%
9,4%
50 - 54
1.549
1.138
2.687
4,7%
4,9%
4,8%
55 - 59
628
719
1.347
1,9%
3,1%
2,4%
60 - 64
276
845
1.121
0,8%
3,6%
2,0%
65 - 69
130
889
1.019
0,4%
3,8%
1,8%
70 - 74
84
760
844
0,3%
3,3%
1,5%
74 +
78
974
1.052
0,2%
4,2%
1,9%
32.911
23.184
56.095
100%
100%
100%
Totale
95
La Rivista del Consiglio
Le opinioni
n. 2/2013
Non è quindi una sorpresa constatare che la maggior parte dei 56.000 è
iscritta da poco tempo all’albo degli avvocati, come conferma la tabella 2.
Classe
di anzianità
iscrizione
all’albo
NUMERO AVVOCATI
Femmine
Maschi
%
Totale
Femmine
Maschi
Totale
1-5
17.356
11.978
29.334
52,7%
51,7%
52,3%
6 - 10
8.212
5.128
13.340
25,0%
22,1%
23,8%
11 - 15
4.031
2.282
6.313
12,2%
9,8%
11,3%
16 - 20
1.930
1.182
3.112
5,9%
5,1%
5,5%
21 - 25
721
725
1.446
2,2%
3,1%
2,6%
26 - 30
334
418
752
1,0%
1,8%
1,3%
31 - 35
142
359
501
0,4%
1,5%
0,9%
35 +
174
1.099
1.273
0,5%
4,7%
2,3%
manca dato
11
13
24
0,0%
0,1%
0,0%
32.911
23.184
56.095
100%
100%
100%
Totale
Per quanto riguarda i redditi dichiarati, questi compaiono nella tabella 3,
suddivisa per classi di età, che ci dimostra - comunque - che il reddito medio
è molto basso (poco più di 3.5000 euro all’anno) cosı̀ come il volume d’affari
(neppure 5.000 euro).
Classe
di anzianità
di iscrizione
IRPEF 2011
Femmine
Maschi
IVA 2011
Totale
Femmine
Maschi
Totale
1-5
E 2.596,83
E 4.812,48
E 3.447,08
E 3.259,08
E 6.194,63
E 4.385,60
6 - 10
E 3.340,04
E 5.728,78
E 4.199,02
E 4.150,85
E 7.695,08
E 5.425,34
11 - 15
E 2.301,59
E 4.122,83
E 2.897,13
E 2.899,16
E 5.731,90
E 3.825,46
16 - 20
E 1.891,83
E 3.419,88
E 2.414,39
E 2.430,49
E 4.569,95
E 3.162,13
21 - 25
E 1.437,92
E 2.308,40
E 1.831,82
E 1.922,22
E 3.224,39
E 2.511,46
26 - 30
E 1.050,68
E 1.915,06
E 1.490,96
E 1.457,87
E 3.217,72
E 2.354,27
31 - 35
E 984,75
E 5.408,06
E 3.981,65
E 1.116,47 E 24.232,00 E 16.777,80
35 +
E 403,22
E17.292,12 E 14.667,16
E 1.099,75 E 27.599,13 E 23.480,45
E 959,11 E 22.387,10 E 12.237,00
E 1.390,22 E 25.385,20 E 14.019,16
manca dato
Totale
E 2.657,61
E 5.256,89
E 3.649,11
E 3.335,53
E 7.365,46
E 4.872,76
L’ultimo dato rilevante è relativo alla distribuzione regionale dei 56.000 e
compare nella tabella 4 dove, in ordine decrescente, compaiono la Campania
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col 20,4%, la Puglia col 15,1%, la Sicilia col 15,0%, il Lazio col 12,3%, la
Calabria col 10,6%, la Lombardia col 5,0%, giù giù fino alla Valle d’Aosta
con lo 0%.
NUMERO AVVOCATI
Regione
Abruzzo
Femmine
Maschi
%
Totale
Femmine
Maschi
Totale
972
637
1.609
3,0%
2,7%
2,9%
Alto Adige
22
29
51
0,1%
0,1%
0,1%
Basilicata
566
315
881
1,7%
1,4%
1,6%
Calabria
3.716
2.256
5.972
11,3%
9,7%
10,6%
Campania
6.508
4952
11.460
19,8%
21,4%
20,4%
Emilia Romagna
1.084
750
1.834
3,3%
3,2%
3,3%
118
95
213
0,4%
0,4%
0,4%
3.730
3.152
6.882
11,3%
13,6%
12,3%
402
307
709
1,2%
1,3%
1,3%
1.552
1.251
2.803
4,7%
5,4%
5,0%
Marche
586
349
935
1,8%
1,5%
1,7%
Molise
359
234
593
1,1%
1,0%
1,1%
Friuli Venezia Giulia
Lazio
Liguria
Lombardia
Piemonte
529
398
927
1,6%
1,7%
1,7%
5.148
3.350
8.498
15,6%
14,4%
15,1%
608
441
1.049
1,8%
1,9%
1,9%
5.059
3.340
8.399
15,4%
14,4%
15,0%
Toscana
857
574
1.431
2,6%
2,5%
2,6%
Trentino
33
31
64
0,1%
0,1%
0,1%
Umbria
427
261
688
1,3%
1,1%
1,2%
Puglia
Sardegna
Sicilia
Valle d’Aosta
4
14
18
0,0%
0,1%
0,0%
Veneto
631
448
1.079
1,9%
1,9%
1,9%
Totale
32.911
23.184
56.095
100%
100%
100%
La legge professionale assegna alla Cassa di previdenza un anno per determinare con proprio regolamento i contributi minimi dovuti da soggetti iscritti
privi dei parametri minimi reddituali e - corrispondentemente - il trattamento
previdenziale collegato a tale contribuzione.
Occorre tener conto che recentemente la Cassa ha presentato calcoli attuariali che garantiscono la stabilità economica e patrimoniale su un periodo di
50 anni. Con l’ingresso di questi 56.000 nuovi iscritti (potranno essere un po’
meno se qualcuno si cancella dall’albo) che avranno diritto all’assistenza sanita97
Le opinioni
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n. 2/2013
ria come tutti gli altri e - comunque - ad un minimo trattamento pensionistico occorrerà rivedere quei calcoli perché - almeno statisticamente - la popolazione degli avvocati italiani titolari di posizione previdenziale ringiovanirà e diminuirà il proprio reddito medio, il che non può non impattare sui conti della
Cassa.
Guido Salvadori del Prato
avvocato in Milano
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Le opinioni
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PROCESSO LENTO? COLPA DELLA PROCEDURA
Sull’ultimo numero della Previdenza Forense è riportato l’intervento che il
primo presidente della Corte di Cassazione, Ernesto Lupo, ha svolto quale relazione introduttiva al ‘‘Primo Rapporto sulla giustizia civile in Italia’’, tenutosi
circa un anno fa nell’aula magna della Cassazione (ne pubblichiamo degli stralci nelle ‘‘Spigolature’’).
Persino il dott. Lupo si è detto impressionato dal fatto che, secondo dati a
lui noti, quasi la metà delle sentenze pronunziate nel processo civile riguarderebbe questioni procedurali e non il merito della causa. In altre parole, quasi
la metà delle sentenze si occupa solo della regolarità del procedimento.
In contrapposizione a questo formalismo, si cita la concretezza delle Corti
europee, più attente alla sostanza che non alla procedura, e si ipotizzano le
cause di questa nostra devianza nella cultura e formazione degli operatori e
nella legislazione.
Sono d’accordo che il dato (che sarà vero, vista la provenienza) è spaventoso,
perché evidenzia una involuzione della giurisdizione, che tende a dimenticare
la sua funzione di dirimere questioni di fatto: non è che le questioni procedurali impediscano le pronunzie di merito, ma allontanano nel tempo la decisione e occupano i giudici, aumentando le statistiche delle decisioni, ma non di
quelle utili.
Quanto alle cause del fenomeno, è indubbio che esse abbiano origine dalla
legislazione che a sua volta è frutto di una mentalità e - contemporaneamente
- contribuisce ad alimentarla.
Le regole di procedura nascono per imbrigliare il comportamento dei protagonisti del processo, giudice compreso: se c’è massima fiducia nel giudice c’è
poco bisogno di normare preventivamente tutto. Forse la scarsa attenzione europea per la procedura nasce da qui.
Ma da noi, non dimentichiamolo, i principali consulenti del legislatore in
materia processuale sono proprio i giudici, che poi criticano quel che hanno
fatto!
Ormai nel nostro Paese quella del legiferare è divenuta una pulsione irresistibile e quasi isterica: tutto viene regolamentato e le norme difficilmente si sostituiscono le une alle altre: di solito si sovrappongono giungendo all’attuale
quasi inestricabile groviglio.
È sacrosanto tentare di semplificare la legislazione, anche quella processuale,
ma sinora tutti i tentativi hanno finito per aggravare il problema.
Certo è che se i giudici vogliono essere pochi (e lo vogliono, non è un mio
pallino) poche devono essere le questioni, altrimenti la mole di lavoro diviene
99
Le opinioni
La Rivista del Consiglio
n. 2/2013
ingestibile. Ecco che - all’improvviso - si scoprono le trappole procedurali che
rallentano il processo civile (ma anche quello penale e non parliamo dell’amministrativo, recentemente complicato da una riforma di cui poco si sentiva la
necessità) trappole volute dal legislatore, utilizzate cinicamente dagli avvocati e
subite dai giudici che su tali questioni si affaticano.
Si accendono i riflettori, si apre il dibattito, si evidenzia il modello europeo
e si auspica un cambio di mentalità, di cultura, di legislazione, tutti obiettivi
di lunghissimo termine.
Nel breve forse basterebbe aumentare il numero dei giudici e - in qualche
caso - anche la loro produttività. O no?
Guido Salvadori del Prato
avvocato in Milano
100
La Rivista del Consiglio
Le opinioni
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GLI ACCESSI (CONCORSO REGIONALE
O ESAMI AD UNA PROFESSIONE IN CRISI)
Mi sto convincendo giorno dopo giorno che vanno rivedute e corrette le
norme di accesso alla professione forense.
Ho visto il numero degli iscritti agli esami di avvocato, e mi domando come
possano aspirare ad una professione qual è ora la nostra questi giorni.
Il Premio Nobel del 1980, Czeslaw Milosz, nato a Vilna, ma poi trasferitosi
a Cracovia, dice che la Polonia (Abbecedario - Ed. Adelphi 2010 ) un tempo
era divisa in due classi, la classe superiore andava a scuola dai Gesuiti (i maschi cattolici, ebrei e protestanti), le giovani donne dalle Suore dell’Immacolata, gli altri quelli della classe inferiore erano tutti pelapatate.
La grandezza di Lech Walesa fu quella di introdurre le scuole tecniche e si
formò una classe intermedia, specie di artigiani.
Il PIL della Polonia è oggi salito di 8 punti, grazie alle professioni alternative.
La Polonia è stata guidata dai liberali.
Noi non sappiamo, forse, che cosa vogliamo e continuiamo a ripetere che
occorre trovare il lavoro per i giovani.
Il lavoro per i giovani si trova in due modi, il primo facendoli veramente
studiare, se sono capaci e hanno ambizioni normali, il secondo invitandoli a
fare qualcos’altro, se non sono all’altezza.
Nel 1956, il grande giurista Piero Calamandrei scrisse che uno stato liberale di diritto è fondato sull’idea della certezza del diritto, come garanzia di
eguaglianza. La centralità del diritto, e dell’idea di legalità è il fondamento
della visione civilistica e civile di Calamandrei, il quale poi politicamente si
dedicò ad altro, anche se come politico affermò: «La resistenza ha resistito.....sono un laico, ma sono uno spirito che conosce i canali possibili della
ragione, e le soglie invalicabili che all’uomo non è dato ad esplorare: se non
c’è Dio, nel mondo....non c’è la forza che conti. La morale senza Dio è un illusione, è un inganno. Chi crede alla giustizia senza credere all’aldilà è un vile ipocrita che si rifiuta di guardare la realtà fino in fondo» (diario 14 giugno
1940 - pag. 185).
Calamandrei, politicamente, ebbe ad avvicinarsi a Gaetano Salvemini, Ernesto Rossi, Carlo e Nello Rosselli ... ma la sua vera identità è quella del ‘‘giurista’’, del professore universitario, Rettore dell’Università di Pisa, del Presidente
del C.N.F. e va visto soprattutto come tale, senza troppo addentrarsi nelle sue
battaglie politiche per il progresso civile e democratico dell’Italia, in cui si trovò in forte con dissidio con il figlio (v. le bellissime analisi sui suoi rapporti
101
Le opinioni
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n. 2/2013
con Gaetano Mosca, Piero Gobetti, Barbera e Croce) ravvisabili nei suoi scritti
durante il periodo in cui si nascose nella campagna toscana.
Una personalità poliedrica, con una sua identità intellettuale e morale, che
non può essere in questo momento dimenticata.
A Calamandrei dobbiamo, con Redenti e Carnelutti, un codice di procedura
civile che era perfetto......poi fu rappezzato più volte, ma ancora oggi bisognerebbe forse tornare al vecchio codice, cosı̀ come perfino il Prof. Taruffo nota
all’Università di Pavia. Le varie novelle che si sono succedute, i ritocchi, le riprese, i presunti ammodernamenti, hanno spesso peggiorato la situazione, sicché lo stato di diritto, sotto questo punto di vista, è andato peggiorando. Lasciamo stare quando fu scritto il codice di procedura civile, fu scritto da tre
grandi giuristi.....oggi non sempre le leggi vengono redatte da giuristi, ma da
burocrati.
Il mestiere di ‘‘grande’’, non è facile. Mi ricordo che un anno ero al Conero
ed incontrai Massimo Severo Giannini, il quale si lamentava: «questi giovani
sanno sempre meno. Studiano sui libri, ma non hanno una visione completa
del diritto».
«Ecco perché quando sento parlare di specializzazione mi sembra di sentire
non dei giuristi, ma degli sciatori, o dei calciatori».
Un giurista deve conoscere il diritto, lo stato di diritto, la giustizia, e se lascia queste tematiche può anche sbizzarrirsi in fantasie politiche, quelle che
ora alcuni chiamano partitiche.
Cosı̀, Paolo Bagnoli (ed. Fuori/Onda 2012), individua la vera personalità di
Piero Calamandrei (pag. 98 - E 18,00), in quella di un giurista liberal - socialista.
Quando incontrai, per caso, a Roma, Carlo Arturo Jemolo, lo stesse mi fece
capire che a lui piaceva studiare il diritto di famiglia e il matrimonio, ma non
poteva considerarsi uno specialista, perché era un intellettuale, e come tale una
personalità poliedrica.
Mi disse: ‘‘con la famiglia bisogna procedere adagio adagio adagio’’.
Quando sento i politici moderni, ho l’impressione che dovrebbero prima rifare le elementari, poi studiare alle medie e imparare a parlare italiano, e poi
almeno, aver scelto un corso straniero, non solo la lingua inglese.
Questo non è nazionalismo, si può imparare una lingua, o due o più, nel
tempo, ma l’intellettuale italiano deve soprattutto parlare bene l’italiano, e non
fare gli errori che si sentono giornalmente in TV.
Se leggiamo le nostre leggi ... quelle che continuano a cambiare durante il
giorno e appaiono diverse il mattino successivo, i loro autori dovrebbero imparare a sciacquarsi i panni in Arno, perché troppo spesso appaiono contraddit102
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Le opinioni
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torie e frutto di spinte e controspinte che provengono da ogni parte politica,
in un guazzabuglio che lo stato di diritto ormai non riesce a sopportare.
Oggi sono di moda i laureati della Bocconi, ma sembra che alla Bocconi
giurisprudenza non sia molto studiata dagli aziendalisti, eppure gli studi di
giurisprudenza hanno creato i maggiori economisti dell’epoca moderna (v. Soleri, Einaudi, Bruno Leoni ...).
È questo un particolare di somma importanza.
Mi ricordo che ad un Convegno proprio alla Bocconi un docente americano
fece presente che la finanza dei warrants e dei derivati era il frutto di fantasie
economiche, spesso pericolose, spesso fallaci, spesso utilizzate dai delinquenti,
e che lui attribuiva il maggior senso etico ai laureati in giurisprudenza.
Stupisce che non sapendo a che santo rivolgersi, il nostro governo abbia affidato il Ministero della Giustizia ad un ex prefetto.
Forse pensa di risolvere la situazione con la ghigliottina?
O come penserà di eliminare tanti inutili laureati in giurisprudenza che vengono sfornati dalle nostre modeste facoltà?
Ebbene, Calamandrei era per il concorso regionale, sopprimendo l’esame,
ma nel 1956 non fu ascoltato.
Cosı̀ viaggiamo verso i 300 mila avvocati, ma non si trova un idraulico.
Enrico Vizzardelli
avvocato in Milano
103
Le opinioni
La Rivista del Consiglio
n. 2/2013
LA RIVOLUZIONE PERMANENTE DEL MARCHESE DE SADE
La peculiare fenomenologia politica italiana è bloccata da un ventennio sulla
ammissibilità o meno nel consorzio democratico del più noto personaggio politico del nostro panorama.
Egli è visto di volta in volta come persona incline alla illegalità e perfino alla
indecenza; ovvero come perseguitato politico oggetto di una persecuzione giudiziaria.
I più dotati fra i commentatori di questa contrapposizione tendono a concludere, con esibito distacco, ‘‘si, ci sarà pure una eccessiva attenzione dedicata
alla persona, ma non si può tenere il dibattito legato ai suoi problemi con la
giustizia’’.
E quasi tutti plaudono a questo atteggiamento. Ma è un plauso che mi pare
dettato non da una scelta convinta, ma dall’ingenua speranza di fare una ‘‘bella
figura’’. Proprio perché il problema esiste e non basta nasconderlo sotto il tappeto.
Se fosse vero che anche in solo pochi casi l’attenzione è stata eccessiva, ciò
non sarebbe solo un suo problema personale, ma sarebbe un problema che investe l’intero assetto istituzionale del nostro Paese e che interessa tutti. Il mero
sospetto che le pronunce giudiziarie, quelle sulla costituzionalità delle leggi,
possano anche solo apparire non immuni da quel sospetto, romperebbe l’equilibrio dei poteri tra loro e nel rapporto con la rappresentanza democratica del
popolo al quale appartiene la sovranità.
Nel dibattito politico invece l’argomento, che inferocisce le fazioni, non è
mai trattato sotto questo aspetto, ma quasi esclusivamente sulle abitudini personali e sul modo di ottenere e mantenere il consenso.
Il vero intellettuale ‘‘rifugge dai dibattiti contemporanei: la realtà è sempre
anacronistica’’ come dice Borgès.
Proprio noi dunque, avvocati, giudici, non lasciamoci risucchiare nel dibattito contemporaneo, ponendoci sulle tracce di quel punto di equilibrio sul quale
si regge la democrazia. In questi giorni invece tutti sembrano affascinati dalle
manifestazioni di assedio del palazzo, di irrisione dell’autorità cosı̀ che pare
manifestarsi quella scimmia della democrazia che realizza l’auspicio del marchese di Sade: ‘‘l’insurrezione deve essere lo stato permanente di una repubblica’’.
Adamo Musicco
avvocato in Milano
104
La Rivista del Consiglio
Le opinioni
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L’INGORGO LEGISLATIVO
Non ne sono un esperto, ma credo che sono molti gli Stati muniti di una legislazione più snella della nostra ma, anche, più rozza e che, ciò non ostante,
funziona meglio. Spesso molto meglio. Eppure la nostra, almeno fino a qualche
decennio fa, figlia della ‘‘patria del diritto’’ e di una tradizione millenaria, aveva
il sigillo della sapienza e della raffinatezza maturata alla luce della nostra gloriosa
tradizione. Ora non più: le leggi si affastellano, si accalcano, si sovrappongono
con inserzioni, novelle, rinvii e incrostazioni fra articoli e commi col risultato che
solo gli specialisti, ma nemmeno loro, riescono a manovrarle come utili strumenti per risolvere conflitti, proteggere interessi e regolare i rapporti sociali. Insomma
un mastodontico guazzabuglio. In cui sono del tutto assenti pragmatismo e ragionevolezza. Questo accade anche perché, fra molte altre ragioni, v’è quella che
sono prodotte dalle maggioranze: parlamentari, sociali, del pensiero comune.
Nel parlamento si parla, tanto è vero che il prototipo dei parlamenti, quello inglese, dalla Magna Carta in poi, si chiama Parliament. Non era un chiacchiericcio, ma un vero confronto teso a difendere i diritti dei sudditi dall’arbitrio del potere regale. Questa dovrebbe essere anche oggi la finalità del parlamento: la protezione dei cittadini dalle prepotenze o violenze dei privati e dalle sopraffazioni dei
poteri pubblici. Che cosa avviene invece nei parlamenti? Il nostro, specialmente,
è una chiassosa palestra di esercitazioni dialettiche tese a far prevalere o proteggere
interessi di bottega intorno ai quali i più organizzati riuniscono le maggioranze.
Spesso è ‘‘un tira e molla’’ compromissorio irto di contraddizioni, di distinguo con i quali salvare la capra di uno e i cavoli di un altro. Il tutto coperto
da una povertà culturale e lessicale che genera mostri come quelli della necessità di introdurre la concorrenza nell’avvocatura (con 220 mila avvocati!) e di ridurre (come poi?) il numero di avvocati parlamentari che porterebbero gli interessi della casta (quali?) nell’istituzione. Personalmente, rimango piuttosto
tiepido sul principio della maggioranza, Galileo dice una verità invulnerabile:
«Ma più dico, che anco nelle conclusioni delle quali non si potesse venire in
cognizione se non per via di discorso, poca più stima farei dell’attestazione di
molti, che di quella di pochi [...]. Se il discorrere circa un problema difficile fusse come il portar pesi, dove molti cavalli porteranno più sacca di grano che un
caval solo, io acconsentirei che i molti discorsi facessero più che un solo: ma il
discorrere è come il correre, e non come il portare; ed un caval barbero solo
correrà più che cento frisoni». (Il Saggiatore). Tuttavia riconosco che non esiste
un principio migliore, purché si sappia che c’è maggioranza e maggioranza.
Ovviamente la preferenza va a quella che corre - discorre insieme al cavallo
berbero rispetto a quella che si fa trascinare dai cento cavalli frisoni.
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Le opinioni
La Rivista del Consiglio
n. 2/2013
Vale a dire quella che si forma e aderisce intorno ad un pensiero autorevole
che indichi una ragionata e ragionevole soluzione di un punto critico della dinamica sociale; rispetto a quella, suggerita o dettata da un interesse costituito, e in
cui altri interessi contrapposti lottano per assicurare un favore alla propria parte.
Quest’ultima mi pare essere la situazione dei parlamenti: teatro di scorrerie lobbistiche che manipolano sofisticati strumenti finanziari, monetari e monopolistici.
Cosı̀ sofisticati che solo gli autori ne conoscono a fondo i meccanismi. Allora succede che, sia a chi legifera, sia a chi applica le leggi, sfugga la portata di una clausola o di un inciso, di un avverbio o di un aggettivo. Un caso emblematico ha riguardato la vicenda della scalata Unipol, BNL in cui un sapiente rimodellamento
della normativa di controllo mise nei guai non solo coloro che si compiacquero
(‘‘abbiamo una Banca’’), ma lo stesso governatore della Banca d’Italia. Col risultato finale della perdita dell’italianità della più italiana delle banche (oggi Paribas).
I codici, da Giustiniano a Napoleone a Zanardelli e Rocco sono (debbono essere) una regolazione poderosa e organica delle competenze, dei conflitti e dei
rapporti sociali. La nostra è invece una legislazione sterminata, disorganica quando non contraddittoria che non basta sfoltire (ricordate i roghi di leggi del ministro Calderoli?) perché resta sempre ipertrofica e complicata al punto che il giudice è spesso costretto a chiedere lumi sulla applicazione proprio a quegli ‘‘esperti’’
che l’hanno formulata in vista dei fini e degli interessi particolari di qualcuno.
Oggi si parla delle riforme istituzionali, (legge elettorale, Camera e Senato,
semipresidenzialismo, etc ...) e, forse, qualche riforma approderà al voto e godremo di un rinnovato assetto; che resterà però un involucro lucente ma vuoto, ancora e sempre esposto all’assedio lobbistico.
Un presidio sicuro si attua con un sistema di controlli. Quindi stanno bene
le varie agenzie di controllo purché esse non finiscano per essere l’ennesimo
ostacolo burocratico alle libere attività. Si pensi alla garanzia sulla privacy che
mai è stata esposta come ora; si pensi agli organi di vigilanza sugli appalti di
opere pubbliche mai come ora totalmente condizionati da infiltrazioni mafiose.
Che ne direste, cari colleghi, di prendere coscienza della avvocatura come
soggetto politico istituzionalizzato? L’ho già detto altre volte: l’avvocato, naturalitier votato alla difesa dei cittadini, deve pretendere che alla guida dei meccanismi di controllo non siano posti i soliti funzionari arraffatutto, ma avvocati
che esercitano effettivamente e quotidianamente le professioni. Perciò avvocati
designati dall’Ordine e scelti in modo da evitare il conflitto di interessi. Quindi no agli avvocati delle multinazionali, dei monopoli, o segnalati dai politici,
ma temprati dall’impegno quotidiano.
Adamo Musicco
avvocato in Milano
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