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LA VERSIONE DEL MILITANTE OPINIONI E GIUDIZI SULLE

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LA VERSIONE DEL MILITANTE OPINIONI E GIUDIZI SULLE
XXVIII Convegno SISP
Università di Perugia –
Dipartimento di Scienze Politiche e Università per Stranieri di Perugia –
Dipartimento di Scienze Umane e Sociali
11 - 13 settembre 2014
SEZIONE: SISTEMA POLITICO ITALIANO
Panel: 4.3 Le primarie e la militanza: come cambia il ruolo degli iscritti ai partiti (I)
LA VERSIONE DEL MILITANTE
OPINIONI E GIUDIZI SULLE PRIMARIE PD
Giulia Sandri, Université Catholique de Lille
Antonella Seddone, Università di Cagliari
Abstract
Sono molti i partiti europei che fanno ricorso alle elezioni primarie per selezionare i propri leaders o
candidati. In Italia, è stato certamente il Partito Democratico ad aver legato in maniera indissolubile il proprio
nome a queste particolari procedure inclusive. Al di là della funzione di selezione, queste elezioni hanno avuto un
impatto rilevante sull’immagine esterna del partito e sul suo assetto organizzativo. Infatti, accanto alle retoriche
che rimandano a un’idea di inclusività e trasparenza, le primarie incidono in maniera rilevante sul ruolo degli
iscritti all’interno di organizzazioni sempre più aperte e inclusive, che riconoscono poteri e diritti a soggetti
esterni al partito a prescindere dal loro effettivo impegno militante. Diventa pertanto importante comprendere
quale sia il giudizio che i militanti hanno delle primarie nel tentativo di chiarire se il ricorso ad elezioni primarie
possa aver indebolito il loro legame con il partito o se invece possa aver rafforzato il loro ruolo. Questo paper
intende approfondire proprio questo tema considerando le opinioni degli iscritti PD. Ricorrendo a dati C&LS
relativi a una survey CAWI condotta fra gli iscritti del Partito Democratico all’indomani delle elezioni politiche
2013 verranno analizzati i giudizi e le opinioni dei militanti rispetto a queste particolari (s)elezioni.
Key words: primaries elections, membership, political parties, intra-party democracy
WORK IN PROGRESS
Per comunicazioni:
[email protected]
[email protected]
LA VERSIONE DEL MILITANTE
OPINIONI E GIUDIZI SULLE PRIMARIE PD
1. Introduzione: Intra-party democracy, reazione alla crisi ................................................................................................... 2
Militanza e intra-party democracy ............................................................................................................................................ 3
2. Primarie Italian-Style: il caso del Partito Democratico ....................................................................................................... 4
Reduci e Nativi .................................................................................................................................................................................. 5
3. Dati e metodo..................................................................................................................................................................................... 7
4. Reduci e Nativi, un profilo sociopolitico ................................................................................................................................... 9
5. Militanti, primarie e partito ........................................................................................................................................................12
Conclusioni............................................................................................................................................................................................15
Bibliografia............................................................................................................................................................................................16
Appendice ..............................................................................................................................................................................................19
1. Introduzione: Intra-party democracy, reazione alla crisi
I partiti politici sembrano attraversare oggi un periodo di grande crisi. La volatilità elettorale, la
drastica riduzione dei tassi di membership sono solo alcuni degli indicatori che lasciano intendere un
allentamento della relazione fra partiti e base, siano essi elettori o iscritti (van Biezen, Mair &
Poguntke, 2012; Whiteley 2011). Ma è soprattutto la loro legittimità e il loro ruolo come agenti di
mediazione del processo di rappresentanza politica ad essere messo in discussione (Dalton e Weldon,
2004). Nuove modalità partecipative, nuovi canali di comunicazione hanno modificato il ruolo stesso
dei partiti politici.
Tuttavia, al di là delle apparenze a essere in crisi non è il partito in sé. Parliamo infatti di
organizzazioni resistenti e resilienti, che hanno sviluppato nel tempo strategie di sopravvivenza
organizzativa. Lo hanno chiarito efficacemente Katz e Mair (2009, 2002, 1996, 1992) nel loro
fondamentale lavoro sul cartel party. I partiti hanno scelto di ancorarsi al public office. A essere in crisi
è specificamente la dimensione on the ground, dunque la relazione fra partito e sostenitori (Cross &
Katz, 2013: 65). Il ruolo stesso degli iscritti all’interno dei partiti è mutato, e questi svolgono una
funzione meno importante per la sopravvivenza organizzativa del partito (Dalton e Wattenberg,
2000). Soprattutto, l’orientamento catch-all (Kirchheimer, 1966) ha condotto a una rimodulazione
delle strategie di mobilitazione adottate dai partiti politici. La dimensione ideologica viene diluita per
andare incontro a un target elettorale più ampio di quello classico (Katz & Mair, 1995; Cross & Katz,
2013). Le nuove opportunità di comunicazione offerte dalla tecnologia e la professionalizzazione delle
tecniche di campaigning hanno fatto il resto. Il ruolo del militante, cruciale nei partiti di massa per la
creazione di sostegno al partito durante le campagne elettorale, perde di forza.
Tuttavia, sarebbe un errore pensare che il ruolo dell’iscritto all’interno dei partiti politici sia ormai
marginale. I partiti hanno necessità di poter fare affidamento su una base di consenso fedele e
appartenente, solida e strutturata. Per questa ragione, ben consci della crisi on the ground, i partiti
hanno elaborato strategie di reazione in risposta alle sfide di delegittimazione che giungono da una
società sempre più incline ai sentimenti di antipolitica e antipartitismo, e sensibile alle sollecitazioni
populiste. Si registra un sempre più frequente ricorso a procedure di democrazia interna e dall’altro i
partiti hanno avviato processi di riformulazione del concetto stesso di membership, creando modalità
partecipative inedite (Scarrow e Grezgor, 2010). In altre parole, i partiti hanno ridefinito le regole
all’interno dei propri statuti al fine di garantire una partecipazione maggiore e più incisiva ai propri
aderenti alla vita di partito. Gli iscritti hanno dunque maggiori poteri - almeno a livello formale2
rispetto al passato, viene loro riconosciuto il diritto e l’opportunità di intervenire direttamente in
alcuni processi decisionali cruciali della vita di partito, come ad esempio la selezione delle candidature
o la scelta degli stessi leader di partito.
Naturalmente, l’adozione di meccanismi di intra-party democracy non è priva di conseguenze. Sono
soprattutto le relazioni interne al partito a subire il contraccolpo di una scelta in direzione inclusiva. In
particolare, viene a mutare il sistema di incentivi selettivi e collettivi a sostegno dell’impegno
partecipativo del militante stesso. Soprattutto, nel caso di primarie aperte, massimamente inclusive
dunque, gli iscritti si trovano a condividere il medesimo sistema di incentivi selettivi e collettivi a
fronte di un coinvolgimento militante attivo del tutto diverso. Le primarie insomma presentano non
poche criticità sul piano organizzativo interno a un partito e incontrano spesso resistenze. Lo scopo di
questo lavoro è per l’appunto quello di affrontare il tema dei processi di intra-party democracy, più
specificatamente delle primarie, dal punto di vista del militante. Tenteremo quindi ci capire quali siano
effettivamente gli effetti di questa inclusività e quali siano le opinioni degli iscritti di partito a riguardo.
Il nostro caso studio sarà il Partito Democratico Italiano, un partito che, come spiegheremo avanti, per
la sua storia e il suo presente offre spunti di riflessione interessanti su questo piano.
Militanza e intra-party democracy
Intra-party democracy è un’espressione ambigua. La letteratura intende l’intra-party democracy
come un termine dal significato vasto, riferito a un’ampia gamma di metodi mirati a “includere gli
iscritti di partito in processi di deliberazione e decision-making” (Scarrow, 2005, 3). La letteratura su
questo tempo sta vivendo un rapido sviluppo, ma manca ancora una definizione chiara e
operazionalizzabile del concetto (Cross e Katz, 2013). La definizione varia significativamente in
funzione del paradigma teorico su cui si fondano i diversi studi che si sono occupati di questo tema
(Scarrow, 1999; Scarrow et al., 2000; Allern e Pedersen, 2007; Dalton et al., 2011; Cross & Katz, 2013).
C’è, infatti, una tensione teorica che fatica a tenere insieme e fornire un’interpretazione chiara delle
condizioni partecipative e rappresentative della democrazia interna ai partiti (Scarrow, 2005; Hazan &
Rahat, 2010). Infatti, nel considerare i processi di democrazia interna, l’analisi della dimensione
partecipativa con specifico riferimento alla membership e della dimensione di rappresentatività dei
partiti stessi rispetto alla sfera esterna degli elettori non restituisce risultati chiari (Hazan & Rahat,
2010; Cross & Blais, 2012; Wauters, 2014).
In questo studio, ci concentreremo sulla dimensione partecipativa dell’intra-party democracy. Noi
definiamo la democrazia intra-partitica sulla base dell’inclusività dei processi decisionali. Più
specificamente il concetto riguarda quell’insieme di metodi promossi dai partiti politici al fine di
coinvolgere direttamente i membri di partito, e talvolta i supporters, in processi di deliberazione
(Bille, 2001; LeDuc, 2001; Cross & Pilet, 2013). In questo paper noi ci concentreremo sull’adozione
delle primarie per la selezione dei candidati e dei leader di partito come un indicatore di intra-party
democracy.
L’adozione delle elezioni primarie può essere a buona ragione considerata una reazione alla crisi di
legittimità che affligge i partiti politici. La crescente diffusione di procedure per la selezione di
candidati e leader suggerisce un cambiamento nelle strategie partitiche di mobilitazione politica ed
elettorali. Le ragioni che stanno dietro il ricorso a questo genere di processi inclusivi sono più tattiche
che ideologiche.
Le elezioni primarie sono, infatti, ormai piuttosto diffuse fra i partiti politici, che hanno riadattato il
modello statunitense alle peculiarità ed esigenze sistemiche dei loro paesi (Hazan & Rahat, 2010;
Cross & Blais, 2011; Kenig, 2009; Rahat, 2007). Negli ultimi anni si registra un rinnovato interesse per
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questi meccanismi inclusivi. Sono molti i partiti europei che hanno aperto una riflessione interna sulla
possibilità di procedere verso la strada inclusiva. Soprattutto, si osserva una crescente attenzione
verso le primarie aperte. In queste primarie l’inclusività è massima e tutti i cittadini, a prescindere
dalla loro effettiva adesione al partito, hanno la possibilità di esprimere la propria preferenza per la
selezione di candidati. L’Italia da questo punto di vista si configura come un laboratorio di particolare
importanza, giacché il Partito Democratico Italiano ha adottato primarie aperte anche per la selezione
del proprio leader. L’esperienza italiana ha acceso l’interesse di altri partiti europei, in UK, Francia e
Spagna, per questi sistemi selettivi.
L' inclusività nei processi di selezione di leader e candidati impatta però in maniera sostanziale
nella relazione fra partiti, iscritti e supporters. Le elezioni primarie, infatti, fungono da potente
espediente mobilitativo (Hopkin, 2001: 344),
promuovendo un’immagine nuova, inclusiva,
trasparente e democratica del partito. Il messaggio lanciato verso i simpatizzanti è particolarmente
potente: democrazia, trasparenza. La devoluzione di poteri si caratterizza in questo senso, più che
come una reale capacità di influire nelle decisioni di partito. Come avanzato da Katz e Mair (1995),
l’inclusività delle primarie potrebbe infatti nascondere, sottotraccia, il tentativo di indebolire il ruolo
delle élite di medio livello e il loro potere di controllo sulla leadership, al fine di ottenere legittimità da
parte di quegli iscritti più passivi e più facilmente manipolabile. In altre parole, le primarie
fungerebbero da meccanismo di controllo delle opposizioni interne. Oltre le primarie, insomma, ci
sarebbero le primarie invisibili (Cohen, 2008), quella fase in cui le élite di partito ben lungi dal cedere
potere decisionale definiscono le regole del gioco, chiariscono gli attori in campo e in questa maniera
incidono sulla competizione e, spesso, sull’esito.
L’inclusività delle primarie aperte implica che iscritti e supporters senza alcuna affiliazione formale
possano prendere parte alle decisioni centrali del partito. Questo ha delle ripercussioni
sull’organizzazione di partito. Se i militanti possono essere facilmente considerati coinvolti e
interessati alla vita di partito questo non è necessariamente vero per i simpatizzanti, che, al di là della
partecipazione alle primarie restano esterni alle strutture di partito. Come già anticipato, le primarie
aperte garantiscono il medesimo potere anche a fronte di un differente impegno partecipativo. Questo
potrebbe disincentivare il militante che, a questo punto, si trova a condividere una condizione di
influenza sulle decisioni interne al proprio partito con soggetti esterni all’organizzazione. Nei fatti si
tratterebbe di una vera e propria marginalizzazione del proprio ruolo di iscritto. Per questo motivo ci
sembra importante affrontare questo tema e comprendere quali siano le opinioni e i giudizi dei
membri di partito rispetto a queste innovazioni partecipative. La domanda che ci poniamo è quale è,
nelle valutazioni degli aderenti, l’impatto delle primarie sul partito? Nel prossimo paragrafo
presenteremo il caso del Partito Democratico, giustificandone l’importanza e le potenzialità esplicative
su questo tema.
2. Primarie Italian-Style: il caso del Partito Democratico
Le primarie per la scelta di candidati e leader sono ormai entrate a far parte delle consuete prassi
partecipative in Italia nell’ultimo decennio. È stato il centro-sinistra a introdurre questo strumento nel
sistema politico italiano. Siamo nel 2005, dopo alcuni esperimenti locali di successo, il leader della
coalizione del centro-sinistra per le politiche 2006 viene selezionato proprio mediante primarie.
Primarie aperte. Si trattò di un successo partecipativo enorme (Venturino, 2007), a cui risposero con
entusiasmo non solo iscritti. Infatti, a dispetto di un certo scetticismo, cogliendo al volo una possibilità
inedita fino a quel momento furono soprattutto i simpatizzanti a partecipare. Due anni più tardi nasce
il Partito Democratico (Bordandini, Di Virgilio, Raniolo, 2008). E sono proprio le primarie a fungere da
rito fondativo, a sancire la fusione fra due partiti differenti, appartenenti a tradizioni politico-culturali
4
distanti e, soprattutto, eredi di quelli che possono essere considerati come l’ideal-tipo del partito di
massa (Pasquino 2009; De Luca e Venturino 2009).
E proprio le primarie diventano il tratto caratterizzante e distintivo del partito. Accanto alle
primarie nazionali, organizzate in coalizione per scegliere il candidato per la guida del governo (2012),
o promosse dal partito per la selezionare i candidati da inserire nelle liste elettorali per il Parlamento
(2012), il PD ha promosso negli ultimi dieci anni il ricorso a questo strumento inclusivo per
selezionare le cariche elettive a livello locale. A prescindere dai casi più mediaticamente visibili che
hanno interessato i grandi centri urbani italiani i dati ci raccontano di un moltiplicarsi del ricorso alle
primarie per la scelta dei candidati a sindaco (Seddone e Valbruzzi 2013, 2012; Pasquino e Venturino
2009). Il fenomeno è ormai rilevante riguardando lo 0.3% delle elezioni comunali svoltesi in Italia dal
2004 e oltre il 30% fra i comuni capoluogo (Seddone e Venturino 2013a). Questo significa che le
primarie hanno permeato in maniera capillare sul territorio, coinvolgendo iscritti e supporters in
questa nuova modalità partecipativa, al di là degli eventi nazionali.
Sancite nello statuto (art. 18). Il partito gestisce le primarie. Ma è chiaro a tutti, media, opinione
pubblica e dirigenti del partito stesso che la scelta di ricorrere a questo strumento inclusivo è
difficilmente ritrattabile. Non si torna indietro dalle primarie. Ed effettivamente queste particolari
elezioni hanno tratteggiato l’immagine di un partito differente rispetto a quelli passati. Una vera e
propria novità. Un partito che, come dichiarato nel primo articolo del suo statuto, si definisce “di
elettori e iscritti”. Non si tratta di una locuzione enfatica, priva di significato, ma una vera e propria
dichiarazione di intenti. La dimensione catch-all del partito è sintetizzata in un articolo e viene
concretizzata proprio mediante le primarie, rigorosamente aperte, che consentono a iscritti e
simpatizzanti di partecipare alla vita interna al partito. E più degli eventi nazionali per la selezione di
candidati e leader a modellare on the ground il partito sono state le primarie comunali. E difatti,
proprio a livello locale si registrano i primi sintomi di un contagio a destra. Negli ultimi anni si è
osservato l’incremento di elezioni primarie promosse da partiti di destra e centro-destra. E proprio a
partire da questi esperimenti locali, anche partiti come Forza Italia (e precedentemente Popolo della
libertà), in cui la dimensione personale e centralizzante del leader sembravano inibire spinte di
matrice inclusiva, hanno aperto un fronte di discussione interna sulla possibilità di utilizzare le
primarie per la scelta di leader e candidati a livello nazionale.
Il caso del Partito Democratico è particolarmente interessante per affrontare questo tema. Il partito
tiene insieme elementi di continuità con una tradizione organizzativa tipica dei partiti di massa con
importanti innovazioni nell’ambito della vita di partito. Da un lato il PD nasce dalla fusione “a freddo”,
come è stata definita, di due partiti italiani, Democratici di Sinistra e Margherita, direttamente
riconducibili alla tradizione politica comunista del PCI e cattolica della DC. Non si tratta di un’eredità
meramente simbolica, sono le prassi, la struttura delle élite interne ai due partiti a provenire da una
socializzazione politica tradizionale, tipica dei partiti di massa. Dall’altro lato, il partito con le primarie
introduce una vera e propria novità nell’ambito delle modalità di mobilitazione elettorale e di
partecipazione a livello partitico. Il partito combina insomma dei tratti di tipo tradizionale, ancorati a
una socializzazione politica affine alla politica di massa, a un approccio innovativo, improntato
all’inclusività e al riconoscimento di nuovi diritti e opportunità ai propri aderenti, ma soprattutto ai
non iscritti.
Reduci e Nativi
Il binomio tradizione-innovazione si riflette anche sulla membership del nuovo partito: da un lato
stanno i vecchi iscritti ai due partiti fondatori, coloro che hanno iniziato la loro militanza politica
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all’interno di partiti differenti, da un punto di vista organizzativo e sostantivo, dall’altro stanno i Nativi,
iscritti che aderiscono al PD e lì iniziano la loro carriera di iscritti militanti. Le nostre due categorie di
militanti portano valori e modalità partecipative diverse. Le primarie sono un ambito su cui è
particolarmente utile testare differenze e analogie. Se, come abbiamo detto, queste elezioni inclusive
introducono nuovi elementi nell’articolazione di incentivi partecipativi selettivi e collettivi per gli
iscritti (Clark e Wilson 1961), diventa ancor più rilevante il loro impatto su un partito come il PD, in
cui convivono due modelli di membership differenti,. Tanto più se si tratta di primarie aperte che
permettono l’espressione di voto anche a coloro i quali non aderiscono al partito.
Questo paper si concentrerà proprio sulle opinioni di queste due tipologie di iscritti, i primi li
definiremo Reduci, si tratta di coloro i quali hanno iniziato la loro militanza all’interno dei partiti
fondatori, socializzati politicamente a forme di partecipazione tradizionale, ma soprattutto alle
procedure partecipative tipiche dei partiti di massa: articolate, quindi, su una relazione stretta,
costante e continua con il partito. I secondi li definiremo invece Nativi, si tratta di coloro i quali hanno
deciso di aderire al nuovo partito e pertanto non hanno esperienze militanti tradizionali ma conoscono
le procedure aperte ed inclusive del nuovo partito.
La nostra ipotesi parte dalla ambivalente natura della membership democratica. Alla base della
nostra distinzione fra Reduci e Nativi c’è l’idea che la socializzazione politica costruita all’interno di
partiti strutturati sul piano organizzativo in maniera differente incida sulla natura dell’impegno e
coinvolgimento politico dei militanti ( Ignazi e Bardi, 2006). I Reduci, precedentemente iscritti ai
partiti fondatori (PCI/PDS/DS e DC/DL La Margherita) avrebbero quindi un’esperienza partecipativa
integrata, attiva e continuativa all’interno del partito. Al contrario i Nativi PD sarebbero più affini a
logiche partecipative estemporanee, meno strutturate nel tempo e in maniera costante. Riteniamo che
queste differenze possano incidere sull’opinione rispetto alle primarie. E sono i Reduci, a nostro
parere, a presentare un’ambivalenza più marcata riguardo a questo tema. Per certi versi, quegli iscritti
che hanno esperienze militanti di lungo periodo possono interpretare le primarie come un’opportunità
di partecipazione del tutto innovativa, ma che rievoca, nella pratica, le forme partecipative tipiche dei
partiti di massa. Le primarie infatti sono, più delle elezioni, una faccenda di partito. Per quanto aperte,
la mera organizzazione logistica dell’evento pretende un coinvolgimento diretto dei militanti e degli
aderenti da parte del partito. In altre parole, le primarie diventano un’occasione di riattivazione del
partito on the ground , della cosiddetta "base" , perché riallacciano i fili della relazione fra partito e
militanti offrendo luoghi eventi e opportunità partecipative simili a quelle passate. Siamo tuttavia
consapevoli del fatto che l’inclusività delle primarie, agli occhi del militante di lungo periodo, possa
invece ingenerare valutazioni negative sullo strumento che garantendo poteri e diritti a soggetti
esterni all’organizzazione indebolirebbe il ruolo dell’iscritto attivo e impegnato nelle attività di partito
(Scarrow et al., 2000; Bille, 2001; Aylott et al., 2012). A un impegno militante diseguale
corrisponderebbe una analoga attribuzione di diritti e poteri (Heidar & Saglie, 2003). Al contrario, dal
punto di vista dell’iscritto Nativo PD le primarie sono una modalità partecipativa importante, che
contraddistingue in maniera incontrovertibile il Partito Democratico a cui ha scelto di aderire.
6
Per questa ragione la nostra ipotesi è che:
Ipotesi 1): I Nativi mostreranno opinioni più positive rispetto alle primarie
Comparati con i vecchi iscritti, i Nativi privi di socializzazione politica organizzata all’interno di
partiti di massa avranno opinioni più positive rispetto alle primarie. La loro adesione al partito è
connotata da una ricerca di inclusività. Questi iscritti saranno meno inclini a una partecipazione stabile
e costante all’interno delle strutture di partito. Semmai saranno più inclini a una mobilitazione
cognitiva, a minore impiego di risorse partecipative materiali. Questo significa che condivideranno con
i Reduci un grande interesse verso la politica e un elevato coinvolgimento cognitivo, a cui
corrisponderà invece un debole impegno militante. Le primarie si configurano dunque come un
momento partecipativo simbolico, il picco dell’azione partecipativa militante di questi iscritti. Le
primarie forniranno dunque incentivi collettivi sufficienti a sostenere l’adesione al partito a cui non
seguiranno attività coinvolte nelle sezioni del partito. La loro opinione sulle primarie sarà dunque più
positiva rispetto ai Reduci. Saranno quindi attratti dalla possibilità di partecipare alla vita di partito in
maniera meno strutturata, senza i costi di un attivismo intenso.
Proprio a partire da queste considerazioni abbiamo elaborato una seconda ipotesi che tiene conto
dell’impegno partecipativo dell’iscritto. Se, come sottolineato, le primarie presentano una criticità
legata al diverso assetto di incentivi selettivi e collettivi di cui godrebbero in maniera indifferenziata
iscritti e simpatizzanti può essere utile testare l’opinione sull’impatto delle primarie sul partito anche
in ragione dell’impegno partecipativo garantito dagli iscritti nelle attività di partito. Pertanto la nostra
seconda ipotesi è che:
Ipotesi 2): A un impegno partecipativo rilevante nelle attività di partito corrisponde una valutazione
più negativa delle primarie
L’idea è che i soggetti più impegnati e attivi nel partito siano anche quelli che apprezzano in misura
inferiore l’inclusività delle primarie e l’ammissione di soggetti esterni nelle decisioni di partito che
riguardano la selezione dei candidati, o ancor più importante, del leader del partito stesso. In altre
parole, i soggetti più attivi e coinvolti nelle attività di routine del partito valuterebbero negativamente
l’impatto delle primarie sul partito (Sandri, 2011).
Chiarite le ragioni che ci hanno spinto a scegliere il Partito Democratico come caso di studio e
definito l’oggetto di indagine e le domande di ricerca nel prossimo paragrafo presenteremo i dati e il
metodo di analisi scelto per rispondere ai nostri quesiti.
3. Dati e metodo
Per testare le nostre ipotesi utilizzeremo i dati di un’indagine Cawi condotta da Candidate & Leader
Selection sugli iscritti PD. Il sondaggio mirava a raccogliere informazioni sui giudizi dei militanti
democratici in merito alle elezioni primarie. La rilevazione condotta fra il 25 Marzo e il 14 Aprile 2013
è stata realizzata mediante metodo cawi e ha previsto l’invio di una mail a tutti gli iscritti PD in
possesso di un indirizzo di posta elettronica (100000). In totale sono state raccolte 13666 questionari,
con un’ottima copertura del sottocampione di iscritti democratici sollecitati per la rilevazione.
Considerando che alla fine del 2011 il PD dichiarava 763.783 iscritti a livello nazionale i nostri dati
rappresentano circa l’1,8% del totale degli iscritti PD. Chiaramente, dal momento che il questionario è
stato somministrato solo a coloro che avevano preventivamente reso disponibile il proprio indirizzo
mail i nostri risultati saranno inevitabilmente affetti da errore di campionamento. Occorre inoltre
sollecitare che alcune regioni sono sovra rappresentate nel nostro campione (vedi tabella 1a in
7
appendice). Ad ogni modo, la numerosità delle interviste raccolte ci consente di avviare indagini
approfondite.
Prima di procedere con l’illustrazione dei metodi utilizzati nelle nostre analisi è opportuno
ricordare che la rilevazione è partita a un mese di distanza dalle Elezioni Politiche 2013 che hanno
avuto un impatto rilevante sul PD. Seppure il tema del sondaggio non riguardasse l’evento elettorale
dobbiamo comunque tenere conto del momento particolare durante il quale è stato somministrato il
sondaggio. Il focus del questionario riguardava le primarie in generale e nello specifico le primarie del
novembre/dicembre 2012, le quali rispetto al passato hanno mostrato dei tratti di competitività e
negatività superiori (Gelli, Mannarini e Talò, 2013).
Le nostre analisi si strutturano su due livelli. Il primo di carattere descrittivo intende fornire un
profilo generale degli iscritti PD. Il secondo livello concerne invece un’analisi di tipo multivariato
mirato a chiarire i nessi e le relazioni fra il giudizio sulle primarie e le caratteristiche e attitudini
partecipative dei militanti.
L’analisi descrittiva traccerà il profilo sociopolitico degli iscritti PD distinguendoli fra le nostre
categorie di Reduci e Nativi. Questo ci consentirà di verificare preliminarmente l’esistenza di
differenze sostanziali fra i due tipi di militanti democratici e ci permetterà di presentare alcune delle
variabili di controllo che introdurremo successivamente nelle nostre analisi. In particolare,
presenteremo i dati relativi a età, genere, titolo di studio e professione, per definire i tratti socio grafici,
mentre per presentare la dimensione più prettamente politica della membership PD illustreremo i dati
relativi a posizionamento ideologico sull’asse destra/sinistra (scala 1-10), interesse verso la politica e
attività interna al partito stimata come numero di ore di militanza per settimana.
Per quanto riguarda l’analisi multivariata, abbiamo scelto la nostra variabile dipendente fra gli item
di una batteria di domande posta in chiusura del questionario e finalizzata alla comprensione delle
opinioni dei militanti sulle primarie in generale come strumento di selezione di leader e candidati.
Abbiamo scelto per la nostra analisi l’item “Le primarie hanno migliorato il mio giudizio sul partito”
inserito all’inizio di una batteria in cui si chiedeva all’intervistato di esprimere il proprio grado di
accordo (per niente, poco, abbastanza, molto) rispetto a una serie di dichiarazioni relative alle
primarie (vedi appendice). Abbiamo quindi sintetizzato in una variabile dummy, dove 0 era riferito a
tutti coloro che hanno espresso una valutazione negativa (per niente o poco accordo rispetto alla
succitata dichiarazione) e 1 era invece riferito a quegli intervistati che hanno invece riportato una
risposta positiva (dichiarandosi abbastanza o molto accordo sull’impatto positivo delle primarie sul
partito).
Abbiamo testato la nostra variabile dipendente su due principali variabili indipendenti. La prima
variabile indipendente, riferita all’ipotesi 1, distingue fra militanti Reduci e Nativi, si tratta di una
variabile dicotomica dove 0 corrisponde agli iscritti a partiti fondatori e 1 si riferisce invece ai Nativi
che hanno aderito al PD per la prima volta. La nostra seconda variabile indipendente stima l’attivismo
settimanale degli iscritti PD in ragione del numero di ore settimanali impegnate in attività di partito
(1= nessun attivismo; 2= meno di due ore per settimana; 3= fra 5 e 10 ore per settimana; 4= fra 10 e
20 ore per settimana; 5=fra 10 e 20 ore per settimana; 6= più di 10 ore a settimana). Abbiamo
ricodificato la variabile riducendo le modalità così da sintetizzare in maniera più efficace il
coinvolgimento militante degli iscritti democratici, per questa ragione la variabile introdotta nel
nostro modello presenta 5 modalità: lasciando invariate le prime 4 modalità e accorpando le modalità
5 e 6 riferibili a un attivismo più intenso di oltre 10 ore per settimana.
Abbiamo inoltre introdotto alcune variabili di controllo. La valutazione delle primarie è
naturalmente legata al risultato della selezione. La letteratura americana approfondisce il tema
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guardando alla divisiveness e alla negatività della competizione elettorale (Makse & Sokhey, 2010;
Wichowsky & Niebler, 2010; Peterson and Djupe, 2005; Djupe and Peterson, 2002; Haines and Rhine,
1998; Ware, 1979). La competitività della primaria, la percezione della contendibilità della
nomination, ha un effetto rilevante sulle fasi successive e sul voto in sede di elezioni generali. Il rischio
è infatti quello di una defezione in sede elettorale da parte dei sostenitori dei candidati sconfitti in sede
primaria. Questa dinamica si acuisce nel caso di campagne primarie particolarmente negative,
connotate da un confronto aspro e acceso fra i candidati. Seppure mitigato nel caso degli iscritti
(Seddone e Venturino 2013b), che chiaramente hanno una relazione più strutturata con il partito,
questo effetto può tradursi in un disincentivo alla partecipazione elettorale o, nel nostro caso, in una
valutazione negativa dello strumento. Per questo motivo, considerata la competitività delle primarie
del novembre/dicembre 2012 che hanno selezionato il candidato della coalizione di centrosinistra per
le elezioni politiche 2013, abbiamo introdotto una variabile che distingueva fra i sostenitori del
candidato vincitore, Bersani, (1=winners) e i sostenitori dei suoi sfidanti (0=losers).
Infine abbiamo inserito nel nostro modello una serie di variabili di controllo socio demografiche:
l’età, distinta in tre diverse fasce (1= under 35enni; 2= fra i 35 e i 65 anni; 3= over 65enni); il genere
(0= donna; 1= uomo); il titolo di studio (1= licenza elementare; 2= licenza media; 3= diploma di scuola
superiore; 4= laurea); professione (0= inattivi; 1= attivi).
I paragrafi che seguono sono dedicati alla presentazione e discussione dei risultati di queste analisi.
4. Reduci e Nativi, un profilo sociopolitico
Il Partito Democratico offre l’opportunità di adottare una prospettiva privilegiata per lo studio della
membership di partito e dei suoi mutamenti. Il partito ha una natura ambivalente. Da un lato affonda
le sue radici in una tradizione culturale e politica legata ai partiti di massa, PCI e DC, per antonomasia.
Dall’altro si è dotato di strumenti inediti per la selezione delle sue candidature e della sua leadership,
le sue primarie aperte sono infatti un caso unico, che sta facendo scuola, in ambito europeo. Questo
doppio binario su cui si muove il partito è rintracciabile anche nella sua membership. I suoi aderenti
infatti possono essere divisi in due categorie principali, come abbiamo anticipato: i Reduci, che
vantano una militanza nei partiti fondatori, e i Nativi, che invece hanno scelto di iscriversi al partito
dopo la sua nascita nel 2007.
Reduci e Nativi si contraddistinguono per una socializzazione politica interna al partito del tutto
differente. I Reduci hanno conosciuto una stagione politica in cui i partiti, pur in mutamento,
presentavano dei tratti vicini a quelli dei tradizionali partiti di massa. Il loro ruolo all’interno del
partito era strutturato secondo logiche classiche e la loro militanza si sostanziava con un rapporto
attivo, costante, continuativo. I Nativi, al contrario, militano in un partito differente rispetto al passato,
perché aperto e orientato a costruire un consenso ampio, ben al di là dei confini organizzativi.
Soprattutto, i Reduci, al contrario dei loro compagni Nativi, hanno vissuto un partito senza primarie.
Le primarie sono l’arena in cui le distinzioni fra iscritti e simpatizzanti vengono meno, sono quindi lo
spazio in cui il concetto tradizionale di membership viene messo alla prova. In ragione di una
differente socializzazione politica e di un orientamento partecipativo diverso è utile quindi a) fornire
un’analisi descrittiva del differente profilo sociopolitico delle due categorie di iscritti e b) approfondire
mediante l’analisi inferenziale quali siano i fattori che incidono maggiormente nei loro atteggiamenti
verso le primarie.
Considerando il profilo socio grafico degli iscritti PD emergono le prime differenze fra le nostre due
categorie di militanti (Tabella 1). In generale, gli iscritti DP sono per lo più di età compresa fra i 35 e i
9
65 anni (65,7%). Questa fascia di età è maggioritaria anche fra Reduci e Nativi, con scostamenti minimi
rispetto al dato generale. A distinguere le nostre due categorie di iscritti sono però le classi di età
estreme. Infatti, poco meno di un quarto dei Reduci ha un’età superiore ai 65 anni, mentre fra i Nativi è
la quota di coloro che hanno invece meno di 35 anni più alta di circa sette punti percentuali. Le
differenze non finiscono qui. Ben più evidente è, infatti, la diversità che emerge dal dato relativo al
genere. Se le donne rappresentano circa il 29% degli iscritti democratici, la loro presenza cresce
sensibilmente fra i Nativi (39,2%). Parallelamente, fra i Reduci è ancor più preminente la quota di
militanti di genere maschile (77.7%). Ulteriori elementi di difformità giungono dalla variabile titolo di
studio. In un quadro generale che vede la netta prevalenza di titoli di studio elevati (l’89,9% è in
possesso almeno di un diploma) fra i Nativi la porzione di laureati è addirittura superiore di circa 5
punti percentuali rispetto alla media (52,1%). L’unica dimensione che fa eccezione e sembra
accomunare i due profili di militanti è quella occupazionale, nella distinzione fra attivi e inattivi Nativi
e Reduci non mostrano differenze rilevanti.
Tabella 1 – Il profilo socio grafico dei militanti PD
Età
p < 0.000
Genere
p < 0.000
Titolo di studio
p < 0.000
Posizione
professionale
Età inferiore ai 35 anni
Età compresa fra i 35 e i 65 anni
Età superiore ai 65 anni
N
REDUCI
7,8%
68,2%
24,0%
7598
NATIVI
21,3%
62,0%
16,7%
5026
TOTALE
13,2%
65,7%
21,1%
12624
Donna
Uomo
N
22,3%
77,7%
7624
39,2%
60,8%
5045
29,0%
71,0%
12669
Licenza elementare o nessun titolo
Licenza media
Diploma di scuola superiore
Laurea
N
,8%
10,6%
44,6%
44,0%
7624
,5%
8,0%
39,4%
52,1%
5045
,7%
9,6%
42,6%
47,2%
12669
Inattivo
Attivo
N
37,1%
62,9%
7613
36,5%
63,5%
5031
36,9%
63,1%
12644
p < 0.000
Fonte: Candidate and Leader Selection
Passando all’analisi del profilo politico le differenze fra Nativi e Reduci si fanno meno marcate. Il
posizionamento politico dei militanti democratici non presenta distinzioni rilevanti (Figura 1). La
connotazione politica resta saldamente ancorata a un’area di centro sinistra con, occorre sottolineare,
orientamenti più centristi fra i Nativi. La fusione delle due realtà politiche eredi della tradizione
cattolica e comunista ha smussato alcune ruvidità ideologiche e mitigato gli aspetti più radicali.
Seppure la componente comunista resti particolarmente importante fra i Reduci la stragrande
maggioranza degli iscritti democratici si identifica con posizioni più centriste e meno radicali. Sono i
Nativi a bilanciare l’estremismo dei Reduci. Ad ogni modo, le differenze registrate non sembrano
particolarmente radicali e profonde. Al contrario sembra esserci una certa coesione e coerenza
ideologica interna al partito. Analogamente, come riportato nella Figura 2, anche rispetto all’interesse
per la politica non sembrano emergere drastiche diversità fra Nativi e Reduci.
Figura 1 – La collocazione politica (scala 1-10; n=12669; p < 0.000)
10
Fonte: Candidate & Leader Selection
Figura 2: L’interesse per la politica (scala 1-4; n=12669; p < 0.000)
Fonte: Candidate & Leader Selection
È invece decisamente più interessante considerare le evidenze presentate nella Figura 3 che riporta
i risultati relativi alla domanda inerente l’impegno settimanale dei militanti all’interno del partito. Il
primo elemento che si rileva con evidenza riguarda, in generale, lo scarso coinvolgimento
partecipativo degli iscritti.
Figura 3: Il numero di ore spese settimanalmente in attività di partito (n= 12574; p < 0.000)
Fonte: Candidate & Leader Selection
11
Si evince con chiarezza, infatti, il minore coinvolgimento partecipativo dei Nativi. Infatti, ben il
28,2% degli iscritti PD dichiara di non partecipare ad alcuna attività di partito durante la settimana e
un altrettando rilevante 30% dedica all’impegno partitico meno di 2 ore settimanali. Al contrario, solo
il 4,1% è coinvolto più di 20 ore alla settimana, cifra che sale al 9% includendo anche quelli che
spendono tra 10 e 20 ore in attività di partito. Le due categorie di militanti che abbiamo considerato in
realtà non si discostano da questo pattern generale e confermano entrambi una certa distanza
dall’impegno attivo di sezione. Ma occorre sottolineare che questo tratto è più marcato fra i Nativi. Fra
questi è il 35%, oltre un terzo, a dichiarare di non partecipare in alcun modo alla vita interna di partito.
Ad ogni modo, a parte questo tratto non si evincono differenze rilevanti fra le nostre categorie di
militanti. Anche guardando nel dettaglio delle attività partecipative a cui si dedicano gli aderenti
democratici non osserviamo differenze sostanziali nelle attitudini di Reduci e Nativi (vedi Tabella 2a in
appendice), anche se si nota una maggiore propensione dei Nativi per le attività di partecipazione
sociale più che politica e un maggiore attivismo sul web.
Questi risultati preliminari, sebbene in forma del tutto descrittiva, suggeriscono l’esistenza di una
effettiva differenza fra i militanti di lungo periodo e coloro che invece hanno aderito al PD dal 2007.
Sul piano socio grafico abbiamo rintracciato notevoli diversità fra Reduci e Nativi, sul piano
generazionale, di genere e rispetto al livello di istruzione. Seppure ci sia uno scostamento tutto
sommato lieve dalla media (53 anni) si osserva come i Nativi siano tendenzialmente più giovani (49
anni) rispetto ai loro compagni Reduci (56 anni). La rilevanza della compagine femminile fra i Nativi è
un altro elemento di grande interesse, che testimonia di un certo rinnovamento interno alla
membership di partito. Analogamente, è importante sottolineare la più alta presenza di titoli di studio
elevati, in particolare laurea, fra i Nativi democratici. Questi tratti si accompagnano a un profilo
politico piuttosto simile se si considerano la collocazione ideologica e l’interesse per la politica. La vera
distinzione riguarda il coinvolgimento attivo nella vita di partito. In quadro di generale disinteresse
per l’impegno militante nelle sezioni di partito, i Nativi sembrano essere ancor più distanti. Questo
tratto conferma la nostra idea di un differente orientamento partecipativo derivante da una
socializzazione politica che si è articolata all’interno di modelli di partito significativamente diversi. I
Nativi sembrano essere più inclini a una mobilitazione cognitiva, intermittente, fluida, come mostrano
i dati sullo spiccato interesse per la politica che li accomuna ai compagni Reduci. Sono le primarie a
fungere da evento partecipativo principale, sufficiente a sostanziare il loro rapporto con il partito, nel
prossimo paragrafo tenteremo di approfondire questo argomento chiarendo quale sia la natura del
rapporto fra primarie, Nativi e Reduci.
5. Militanti, primarie e partito
In questo paragrafo presenteremo i risultati di un modello di regressione logistica che intende
chiarire quali siano le logiche che strutturano le opinioni degli iscritti sulle primarie. Abbiamo
ricordato come la peculiarità del PD, frutto della fusione di due partiti eredi delle tradizioni politicoculturali cattolica e comunista dei partiti di massa DC e PCI, consenta di guardare alla sua membership
per valutare l’impatto che una novità come le primarie può avere su due tipi di militanza distinti.
Reduci e Nativi vengono da prassi partecipative diverse: nel primo caso si tratta di militanti abituati
a una partecipazione strutturata dai e nei partiti, nel secondo caso invece di una partecipazione meno
integrata e più incline a una mobilitazione cognitiva. Le primarie sono il simbolo dell’innovazione
organizzativa inaugurata dal PD. Lo sono perché garantiscono agli iscritti poteri e diritti finora inediti.
Non si tratta solo di sbirciare all’interno del giardino segreto della politica – parafrasando il titolo del
12
fondamentale lavoro di Gallagher e Marsh (1988)- ma di avere un ruolo decisivo nella definizione dei
candidati o nella scelta della leadership. La posta in gioco delle primarie è alta: candidati e leader, data
la personalizzazione della politica, rappresentano una risorsa forndamentale per i partiti che vogliano
mobilitare consenso elettorale.
L’importanza delle primarie è data anche dalla loro inclusività. I simpatizzanti si inseriscono nel
rapporto fra iscritti e partito, esercitando un potere rilevante senza però assicurare alcun impegno
militante successivo. Una partecipazione spot, a volte addirittura legata a un fenomeno di ‘instant
membership’, cioè di iscritti che integrano il partito in occasione di un evento di mobilitazione come
una primaria per il sindaco o per il segretario nazionale, salvo poi restare principalmente inattivi o
addirittura lasciare il partito dopo alcuni mesi (Rahat e Hazan, 2007). La nostra idea è che la reazione a
questa offerta partecipativa sia differente all’interno della compagine militante democratica. Le
categorie di iscritti individuate infatti, data la differente socializzazione politica e prassi partecipativa
in seno all’organizzazione partitica, interpreterebbero questa innovazione in maniera diversa. Per
approfondire meglio il discorso, prima di entrare nel dettaglio della analisi inferenziale, può essere
utile considerare i valori riportati nella Tabella 2. Qui si riporta il grado di accordo rispetto alla
affermazione “Le primarie hanno migliorato il mio giudizio sul partito?”. All’interno della batteria di
domande volta a individuare le opinioni generali degli intervistati questo item è quello più
esemplificativo, in grado di sintetizzare in maniera più efficace gli orientamenti dei militanti rispetto al
tema di indagine.
Tabella 2 - Le primarie hanno migliorato il mio giudizio sul partito
REDUCI
NATIVI
Per Nulla
8,2%
6,0%
Poco
20,9%
16,9%
Abbastanza
41,7%
41,0%
Molto
29,2%
36,1%
N
7137
4668
p < 0.000; Fonte: Candidate and Leader Selection
TOTALE
7,4%
19,3%
41,4%
31,9%
11805
Le primarie sembrano riscuotere grande favore fra gli iscritti democratici. Il 31,9% degli intervistati
si dichiara molto d’accordo, ossia ritiene che le primarie abbiano avuto un effetto positivo sul suo
partito, questa percentuale se sommata a coloro che hanno dichiarato di condividere abbastanza la
dichiarazione (41,4%) ci descrive l’immagine di un partito i cui membri sono largamente favorevoli
alle primarie. Complessivamente il 73,3%, quasi i due terzi, vedono positiviamente le primarie. Questo
quadro è confermato anche se consideriamo le due categorie di militanti individuati. Reduci e Nativi
infatti esprimono piena soddisfazione dello strumento primarie, valutando positivamente il loro
impatto sul partito. Tuttavia, osservando con attenzione i valori, sono i Nativi a esprimere maggiore
entusiasmo, complessivamente il 77,1%, una differenza rilevante rispetto al pur ragguardevole 69,9%
registrato fra i Reduci. In altre parole, in una cornice generale che sostiene positivamente
l’introduzione di questo strumento inclusivo, i Reduci esprimono maggiore scetticismo, con il 29,1% di
risposte di poco o nessun accordo.
13
Tabella 3 – Regressione logistica, variabile dipendente: giudizio sulle primarie 0= negativo; 1=positivo
B
S.E.
Exp(B)
Reduci
,418
,048
1,520***
Autocollocazione
Sinistra
,292
,457
1,339
Centrosinistra
,340
,458
1,405
Centrosinistra
-,310
,463
,733
Centrodestra
,370
,509
1,448
Interesse per la politica
Per niente
-,535
,348
,586
Poco
-,226
,171
,797
Abbastanza
,015
,069
1,015
Attivismo partitico orexsettimana
Nessuna
,403
,082
1,496***
meno di due ore x settimana
,478
,080
1,613***
fra 2 e 5 ore x settimana
,373
,081
1,452***
fra 10 e 20 ore per settimana
,199
,091
1,221*
vincitore alle primarie 2012
,253
,048
1,289***
Età
under 35 anni
-,310
,084
,734***
fra i 35 e i 65 anni
-,080
,066
,923
Genere: donna
,210
,049
1,234***
titolo di studio
licenza elementare
,472
,338
1,604
Licenza media
,012
,083
1,013
Diploma
-,074
,047
,928
Professione: attivo
-,173
,054
,841***
Constant
-,439
,479
,645
2Log likelihood
12773,319
Nagelkerke R Square
.036
Cox & Snell R Square
.024
Questi dati sono interessanti e utili perché ci aiutano a interpretare meglio l’analisi presentata nella
Tabella 31. Il generale consenso attorno alle primarie è confermato dai risultati. I Reduci sembrano
apprezzare lo strumento inclusivo e il suo effetto sul partito. Tuttavia, i dati mostrano che
all’aumentare dell’attivismo partitico e dell’impegno militante si riduce la probabilità di fornire una
valutazione positiva allo strumento. La riduzione è considerevole se si considerano i coefficienti
esponenziali (odds ratio) riportati nella tabella. Si riscontra una relazione positiva fra l’esito della
competizione primaria e l’opinione sullo strumento. Come era lecito attendersi, e come suggerito
anche dalla letteratura sulle primarie americane, essere winner o loser, e cioè aver supportato il
canddiato vincente o perdente, incide sul giudizio dei militanti sulle primarie e il loro impatto sul
partito (Stone, 1986; Peterson e Djupe 2005). Infine, il nostro modello ci mostra una relazione positiva
fra alcune variabili di controllo sociopolitiche e la nostra variabile dipendente.
Per il dettaglio delle variabili utilizzate nel modello si rimanda al paragrafo 3 dedicato alla presentazione di
dati e metodo.
1
14
Conclusioni
Le nostre ipotesi hanno dunque trovato conferma nell’analisi inferenziale. Le elezioni primarie, pur
configurandosi come una importante novità sul piano partecipativo, non sembrano essere in grado di
surrogare appieno le velleità militanti dei Reduci dei partiti di massa. Questi, più dei Nativi, mostrano
un coinvolgimento nelle attività di sezione e garantiscono un investimento di risorse materiali e
immateriali superiore rispetto ai compagni più “giovani”. Il quadro è quello di un generale
apprezzamento dello strumento. E di un sostegno alla sua natura inclusiva, emerge però un minore
entusiasmo laddove il militante si mostri più dedito e impegnato per e nel partito.
Inoltre, dalle analisi condotte in questo studio emerge chiaramente una trasformazione degli
incentivi selettivi e collettivi legati all’intruduzione di strumenti di democrazia infrapartitica come le
primarie aperte. L’opinione della base del partito, degli iscritti e dei militanti, sullo strumento in sé
appare generalmente positiva, e possiamo notare nel tempo un processo di socializzazione e
adattamento alle primarie : infatti, i dati relativi alla soddisfazione rispetto alle primarie raccolti tra il
209 e 2010 mostravano percentuali piu’ basse di gradimento delle primarie da parte degli iscritti
(Sandri, 2011). Tuttavia, i nostri dati piu’ recenti mostrano che all’aumentare dell’attivismo partitico si
riduce la probabilità di fornire una valutazione positiva allo strumento. Pertanto, appare chiaro che gli
iscritti attivi e i militanti percepiscono chiaramente il rovescio della medaglia : le primarie sono un
formidabile strumento di partecipazione, di apertura del partito alla società e di mobilitazione
elettorale. D’altra parte, esse eliminano progressivamente (o meglio, diluiscono) i diritti e i privilegi
degli iscritti, il cui investimento nel partito è di gran lunga più significativo di quello dei votanti alle
primarie e dei semplici simpatizzanti. Le primarie impattano dunque sul partito, e questo processo è
chiaramente percepito dalla base come potenzialmente controindicativo, per lo meno riguardo ai loro
interessi. Le primarie sono un fatto positivo, certamente, ma resta da chiarire : per chi?
15
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(eds), The Challenges of Intra-Party Democracy. Oxford: Oxford University Press, pp.65-80.
18
Appendice
Tabella 1a: Composizione territorial del campione (esclusi gli iscritti residenti all’estero)
Regione
Iscritti (%)
Interviste (N)
Distribuzione delle interviste (%)
Differenza
Emilia-Romagna
18.6
2430
17.9
-0.7
Toscana
12.2
1839
13.7
+1.5
Lazio
9.7
905
6.6
-3.1
Lombardia
8.4
2418
17.7
+9.3
Campania
8.2
141
1.0
-7.2
Sicilia
7.3
370
2.7
-4.6
Puglia
5.1
435
3.2
-1.9
Umbria
4.8
221
1.6
-3.2
Calabria
4.1
219
1.6
-2.5
Veneto
3.9
1397
10.2
+6.6
Piemonte
3.9
946
6.9
+3.0
Marche
3.1
303
2.2
-0.9
Sardegna
2.8
553
4.0
+1.2
Liguria
2.6
502
3.7
+1.1
Abruzzo
2.4
176
1.3
-1.1
Friuli-Venezia Giulia
1.4
415
3.0
+1.6
Basilicata
0.8
132
1.0
+0.2
Trentino-Alto Adige
0.4
220
1.6
+1.2
Molise
0.3
0
0
-0.3
Valle d’Aosta
0.1
18
0.1
+0.1
N
763,783
13,640
100
Note. Fonte Partito Democratico. Il dato sugli iscritti è riferito alle adesioni 2011. Il campione includeva anche 26 iscritti PD residenti
all’estero.
Tabella 2a: L’attività partecipativa degli iscritti PD Nell’ultimo anno con quale frequenza ha partecipato alle seguenti attività?
REDUCI
NATIVI
CAMPIONE GENERALE
Attività del mio circolo
Mai o meno di tre volte per anno
23,8%
34,1%
27,8%
Più di tre volte per anno
76,2%
65,9%
72,2%
N
7317
4775
12092
Manifestazioni politiche
Mai o meno di tre volte per anno
33,1%
48,7%
39,3%
Più di tre volte per anno
66,9%
51,3%
60,7%
N
7291
4778
12069
Firmato petizioni,
Mai o meno di tre volte per anno
58,9%
56,8%
58,1%
referendum…
Più di tre volte per anno
41,1%
43,2%
41,9%
N
6810
4625
11435
Iniziative del mio quartiere
Mai o meno di tre volte per anno
48,3%
55,6%
51,2%
Più di tre volte per anno
51,7%
44,4%
48,8%
N
7008
4678
11686
Iniziative ambientali
Mai o meno di tre volte per anno
56,1%
62,0%
58,5%
Più di tre volte per anno
43,9%
38,0%
41,5%
N
6906
4599
11505
Manifestazioni pubbliche di
Mai o meno di tre volte per anno
78,4%
83,6%
80,5%
protesta
Più di tre volte per anno
21,6%
16,4%
19,5%
N
6803
4564
11367
Svolto attività in associazioni di Mai o meno di tre volte per anno
53,1%
56,5%
54,5%
volontariato
Più di tre volte per anno
46,9%
43,5%
45,5%
N
6877
4638
11515
Svolto attività in associazioni
Mai o meno di tre volte per anno
70,7%
80,6%
74,7%
professionali/sindacato
Più di tre volte per anno
29,3%
19,4%
25,3%
N
6742
4494
11236
Svolto attività in associazioni
Mai o meno di tre volte per anno
52,1%
56,8%
54,0%
culturali
Più di tre volte per anno
47,9%
43,2%
46,0%
N
6865
4606
11471
Ho acquistato (o boicottato)
Mai o meno di tre volte per anno
59,3%
57,1%
58,4%
prodotti per ragioni politiche
Più di tre volte per anno
40,7%
42,9%
41,6%
N
6815
4583
11398
Ho partecipato a discussioni
Mai o meno di tre volte per anno
58,7%
62,1%
60,0%
politiche sul web
Più di tre volte per anno
41,3%
37,9%
40,0%
N
6847
4544
11391
Fonte: Candidate & Leader Selection
19
Tabella 3a: Iscritti PD e voto alle primarie 2012
REDUCI
Loser
27,3%
Winner
72,7%
N
7176
Fonte: Candidate & Leader Selection
NATIVI
34,7%
65,3%
4636
Tabella 4a: Lista degli item mirati a misurare il giudizio degli iscritti sulle primarie
Quanto è d’accordo con le seguenti affermazioni? (Per niente, poco, abbastanza, molto):
Le primarie hanno migliorato il mio giudizio sul partito
Le primarie riducono il potere degli iscritti
Le primarie promuovono il rinnovamento della classe politica
Le primarie aumentano la conflittualità interna al partito
Il PD dovrebbe utilizzare sempre le primarie per scegliere il candidato alla Presidenza del Consiglio
Il PD dovrebbe utilizzare sempre le primarie per scegliere i candidati a Presidente di Regione
Il PD dovrebbe utilizzare sempre le primarie per scegliere i candidati a Sindaco
Il PD dovrebbe utilizzare sempre le primarie per scegliere i candidati al Parlamento
Il voto alle primarie dovrebbe essere consentito ai soli iscritti
Sono favorevole a primarie di partito, senza coinvolgere i partiti alleati della coalizione
20
TOTALE
30,2%
69,8%
11812
Tabella 5a: Tavola di correlazione delle variabili introdotte nel modello logistico
Giudizio su
Autocollocazione
primarie
politica (1-5)
Interesse per
la politica
Attività interna
al partito (ore x
settimana)
Giudizio su primarie
-,056**
,013
,000
11855
1
Pearson
1
Correlation
Sig. (2-tailed)
N
11855
Autocollocazione
Pearson
-,056**
politica (1-5)
Correlation
Sig. (2-tailed)
,000
N
11855
Interesse per la
Pearson
,013
politica
Correlation
Sig. (2-tailed)
,155
N
11855
Attività interna al
Pearson
-,059**
partito (ore x
Correlation
settimana)
Sig. (2-tailed)
,000
N
11855
Voto alle primarie
Pearson
,059**
2012 (winner vs
Correlation
loser)
Sig. (2-tailed)
,000
N
11530
Età
Pearson
,061**
Correlation
Sig. (2-tailed)
,000
N
11815
Genere
Pearson
,025**
Correlation
Sig. (2-tailed)
,006
N
11855
Titolo di studio
Pearson
-,004
Correlation
Sig. (2-tailed)
,641
N
11855
Professione (attivi vs
Pearson
-,055**
inattivi)
Correlation
Sig. (2-tailed)
,000
N
11831
**. Correlation is significant at the 0.01 level (2-tailed).
Età
Genere
Titolo di studio
Professione
(attivi vs
inattivi)
-,059**
Voto alle
primarie 2012
(winner vs
loser)
,059**
,061**
,025**
-,004
-,055**
,155
11855
-,065**
,000
11855
-,039**
,000
11530
-,215**
,000
11815
-,030**
,006
11855
,106**
,641
11855
,034**
,000
11831
,032**
12727
-,065**
,000
12727
1
,000
12630
,230**
,000
11861
,025**
,001
12681
-,011
,000
12727
,062**
,000
12727
,068**
,000
12702
,029**
,000
12727
-,039**
13205
,230**
,000
12630
1
,006
11861
,098**
,190
13158
-,190**
,000
13205
,014
,000
13205
,005
,001
13178
,052**
,000
12630
-,215**
,000
12630
,025**
12630
,098**
,000
11861
1
,000
12584
,112**
,111
12630
-,008
,577
12630
-,078**
,000
12605
-,089**
,000
11861
-,030**
,006
11861
-,011
,000
11861
-,190**
11861
,112**
,000
11818
1
,362
11861
,088**
,000
11861
-,171**
,000
11837
-,326**
,001
12681
,106**
,190
13158
,062**
,000
12584
,014
,000
11818
-,008
13613
,088**
,000
13613
1
,000
13613
-,106**
,000
13584
-,029**
,000
12727
,034**
,000
13205
,068**
,111
12630
,005
,362
11861
-,078**
,000
13613
-,171**
13666
-,106**
,000
13666
1
,001
13637
,230**
,000
12727
,032**
,000
13205
,029**
,577
12630
,052**
,000
11861
-,089**
,000
13613
-,326**
,000
13666
-,029**
13666
,230**
,000
13637
1
,000
12702
,001
13178
,000
12605
,000
11837
,000
13584
,001
13637
,000
13637
13637
21
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