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LA VERSIONE DEL MILITANTE OPINIONI E GIUDIZI SULLE
XXVIII Convegno SISP Università di Perugia – Dipartimento di Scienze Politiche e Università per Stranieri di Perugia – Dipartimento di Scienze Umane e Sociali 11 - 13 settembre 2014 SEZIONE: SISTEMA POLITICO ITALIANO Panel: 4.3 Le primarie e la militanza: come cambia il ruolo degli iscritti ai partiti (I) LA VERSIONE DEL MILITANTE OPINIONI E GIUDIZI SULLE PRIMARIE PD Giulia Sandri, Université Catholique de Lille Antonella Seddone, Università di Cagliari Abstract Sono molti i partiti europei che fanno ricorso alle elezioni primarie per selezionare i propri leaders o candidati. In Italia, è stato certamente il Partito Democratico ad aver legato in maniera indissolubile il proprio nome a queste particolari procedure inclusive. Al di là della funzione di selezione, queste elezioni hanno avuto un impatto rilevante sull’immagine esterna del partito e sul suo assetto organizzativo. Infatti, accanto alle retoriche che rimandano a un’idea di inclusività e trasparenza, le primarie incidono in maniera rilevante sul ruolo degli iscritti all’interno di organizzazioni sempre più aperte e inclusive, che riconoscono poteri e diritti a soggetti esterni al partito a prescindere dal loro effettivo impegno militante. Diventa pertanto importante comprendere quale sia il giudizio che i militanti hanno delle primarie nel tentativo di chiarire se il ricorso ad elezioni primarie possa aver indebolito il loro legame con il partito o se invece possa aver rafforzato il loro ruolo. Questo paper intende approfondire proprio questo tema considerando le opinioni degli iscritti PD. Ricorrendo a dati C&LS relativi a una survey CAWI condotta fra gli iscritti del Partito Democratico all’indomani delle elezioni politiche 2013 verranno analizzati i giudizi e le opinioni dei militanti rispetto a queste particolari (s)elezioni. Key words: primaries elections, membership, political parties, intra-party democracy WORK IN PROGRESS Per comunicazioni: [email protected] [email protected] LA VERSIONE DEL MILITANTE OPINIONI E GIUDIZI SULLE PRIMARIE PD 1. Introduzione: Intra-party democracy, reazione alla crisi ................................................................................................... 2 Militanza e intra-party democracy ............................................................................................................................................ 3 2. Primarie Italian-Style: il caso del Partito Democratico ....................................................................................................... 4 Reduci e Nativi .................................................................................................................................................................................. 5 3. Dati e metodo..................................................................................................................................................................................... 7 4. Reduci e Nativi, un profilo sociopolitico ................................................................................................................................... 9 5. Militanti, primarie e partito ........................................................................................................................................................12 Conclusioni............................................................................................................................................................................................15 Bibliografia............................................................................................................................................................................................16 Appendice ..............................................................................................................................................................................................19 1. Introduzione: Intra-party democracy, reazione alla crisi I partiti politici sembrano attraversare oggi un periodo di grande crisi. La volatilità elettorale, la drastica riduzione dei tassi di membership sono solo alcuni degli indicatori che lasciano intendere un allentamento della relazione fra partiti e base, siano essi elettori o iscritti (van Biezen, Mair & Poguntke, 2012; Whiteley 2011). Ma è soprattutto la loro legittimità e il loro ruolo come agenti di mediazione del processo di rappresentanza politica ad essere messo in discussione (Dalton e Weldon, 2004). Nuove modalità partecipative, nuovi canali di comunicazione hanno modificato il ruolo stesso dei partiti politici. Tuttavia, al di là delle apparenze a essere in crisi non è il partito in sé. Parliamo infatti di organizzazioni resistenti e resilienti, che hanno sviluppato nel tempo strategie di sopravvivenza organizzativa. Lo hanno chiarito efficacemente Katz e Mair (2009, 2002, 1996, 1992) nel loro fondamentale lavoro sul cartel party. I partiti hanno scelto di ancorarsi al public office. A essere in crisi è specificamente la dimensione on the ground, dunque la relazione fra partito e sostenitori (Cross & Katz, 2013: 65). Il ruolo stesso degli iscritti all’interno dei partiti è mutato, e questi svolgono una funzione meno importante per la sopravvivenza organizzativa del partito (Dalton e Wattenberg, 2000). Soprattutto, l’orientamento catch-all (Kirchheimer, 1966) ha condotto a una rimodulazione delle strategie di mobilitazione adottate dai partiti politici. La dimensione ideologica viene diluita per andare incontro a un target elettorale più ampio di quello classico (Katz & Mair, 1995; Cross & Katz, 2013). Le nuove opportunità di comunicazione offerte dalla tecnologia e la professionalizzazione delle tecniche di campaigning hanno fatto il resto. Il ruolo del militante, cruciale nei partiti di massa per la creazione di sostegno al partito durante le campagne elettorale, perde di forza. Tuttavia, sarebbe un errore pensare che il ruolo dell’iscritto all’interno dei partiti politici sia ormai marginale. I partiti hanno necessità di poter fare affidamento su una base di consenso fedele e appartenente, solida e strutturata. Per questa ragione, ben consci della crisi on the ground, i partiti hanno elaborato strategie di reazione in risposta alle sfide di delegittimazione che giungono da una società sempre più incline ai sentimenti di antipolitica e antipartitismo, e sensibile alle sollecitazioni populiste. Si registra un sempre più frequente ricorso a procedure di democrazia interna e dall’altro i partiti hanno avviato processi di riformulazione del concetto stesso di membership, creando modalità partecipative inedite (Scarrow e Grezgor, 2010). In altre parole, i partiti hanno ridefinito le regole all’interno dei propri statuti al fine di garantire una partecipazione maggiore e più incisiva ai propri aderenti alla vita di partito. Gli iscritti hanno dunque maggiori poteri - almeno a livello formale2 rispetto al passato, viene loro riconosciuto il diritto e l’opportunità di intervenire direttamente in alcuni processi decisionali cruciali della vita di partito, come ad esempio la selezione delle candidature o la scelta degli stessi leader di partito. Naturalmente, l’adozione di meccanismi di intra-party democracy non è priva di conseguenze. Sono soprattutto le relazioni interne al partito a subire il contraccolpo di una scelta in direzione inclusiva. In particolare, viene a mutare il sistema di incentivi selettivi e collettivi a sostegno dell’impegno partecipativo del militante stesso. Soprattutto, nel caso di primarie aperte, massimamente inclusive dunque, gli iscritti si trovano a condividere il medesimo sistema di incentivi selettivi e collettivi a fronte di un coinvolgimento militante attivo del tutto diverso. Le primarie insomma presentano non poche criticità sul piano organizzativo interno a un partito e incontrano spesso resistenze. Lo scopo di questo lavoro è per l’appunto quello di affrontare il tema dei processi di intra-party democracy, più specificatamente delle primarie, dal punto di vista del militante. Tenteremo quindi ci capire quali siano effettivamente gli effetti di questa inclusività e quali siano le opinioni degli iscritti di partito a riguardo. Il nostro caso studio sarà il Partito Democratico Italiano, un partito che, come spiegheremo avanti, per la sua storia e il suo presente offre spunti di riflessione interessanti su questo piano. Militanza e intra-party democracy Intra-party democracy è un’espressione ambigua. La letteratura intende l’intra-party democracy come un termine dal significato vasto, riferito a un’ampia gamma di metodi mirati a “includere gli iscritti di partito in processi di deliberazione e decision-making” (Scarrow, 2005, 3). La letteratura su questo tempo sta vivendo un rapido sviluppo, ma manca ancora una definizione chiara e operazionalizzabile del concetto (Cross e Katz, 2013). La definizione varia significativamente in funzione del paradigma teorico su cui si fondano i diversi studi che si sono occupati di questo tema (Scarrow, 1999; Scarrow et al., 2000; Allern e Pedersen, 2007; Dalton et al., 2011; Cross & Katz, 2013). C’è, infatti, una tensione teorica che fatica a tenere insieme e fornire un’interpretazione chiara delle condizioni partecipative e rappresentative della democrazia interna ai partiti (Scarrow, 2005; Hazan & Rahat, 2010). Infatti, nel considerare i processi di democrazia interna, l’analisi della dimensione partecipativa con specifico riferimento alla membership e della dimensione di rappresentatività dei partiti stessi rispetto alla sfera esterna degli elettori non restituisce risultati chiari (Hazan & Rahat, 2010; Cross & Blais, 2012; Wauters, 2014). In questo studio, ci concentreremo sulla dimensione partecipativa dell’intra-party democracy. Noi definiamo la democrazia intra-partitica sulla base dell’inclusività dei processi decisionali. Più specificamente il concetto riguarda quell’insieme di metodi promossi dai partiti politici al fine di coinvolgere direttamente i membri di partito, e talvolta i supporters, in processi di deliberazione (Bille, 2001; LeDuc, 2001; Cross & Pilet, 2013). In questo paper noi ci concentreremo sull’adozione delle primarie per la selezione dei candidati e dei leader di partito come un indicatore di intra-party democracy. L’adozione delle elezioni primarie può essere a buona ragione considerata una reazione alla crisi di legittimità che affligge i partiti politici. La crescente diffusione di procedure per la selezione di candidati e leader suggerisce un cambiamento nelle strategie partitiche di mobilitazione politica ed elettorali. Le ragioni che stanno dietro il ricorso a questo genere di processi inclusivi sono più tattiche che ideologiche. Le elezioni primarie sono, infatti, ormai piuttosto diffuse fra i partiti politici, che hanno riadattato il modello statunitense alle peculiarità ed esigenze sistemiche dei loro paesi (Hazan & Rahat, 2010; Cross & Blais, 2011; Kenig, 2009; Rahat, 2007). Negli ultimi anni si registra un rinnovato interesse per 3 questi meccanismi inclusivi. Sono molti i partiti europei che hanno aperto una riflessione interna sulla possibilità di procedere verso la strada inclusiva. Soprattutto, si osserva una crescente attenzione verso le primarie aperte. In queste primarie l’inclusività è massima e tutti i cittadini, a prescindere dalla loro effettiva adesione al partito, hanno la possibilità di esprimere la propria preferenza per la selezione di candidati. L’Italia da questo punto di vista si configura come un laboratorio di particolare importanza, giacché il Partito Democratico Italiano ha adottato primarie aperte anche per la selezione del proprio leader. L’esperienza italiana ha acceso l’interesse di altri partiti europei, in UK, Francia e Spagna, per questi sistemi selettivi. L' inclusività nei processi di selezione di leader e candidati impatta però in maniera sostanziale nella relazione fra partiti, iscritti e supporters. Le elezioni primarie, infatti, fungono da potente espediente mobilitativo (Hopkin, 2001: 344), promuovendo un’immagine nuova, inclusiva, trasparente e democratica del partito. Il messaggio lanciato verso i simpatizzanti è particolarmente potente: democrazia, trasparenza. La devoluzione di poteri si caratterizza in questo senso, più che come una reale capacità di influire nelle decisioni di partito. Come avanzato da Katz e Mair (1995), l’inclusività delle primarie potrebbe infatti nascondere, sottotraccia, il tentativo di indebolire il ruolo delle élite di medio livello e il loro potere di controllo sulla leadership, al fine di ottenere legittimità da parte di quegli iscritti più passivi e più facilmente manipolabile. In altre parole, le primarie fungerebbero da meccanismo di controllo delle opposizioni interne. Oltre le primarie, insomma, ci sarebbero le primarie invisibili (Cohen, 2008), quella fase in cui le élite di partito ben lungi dal cedere potere decisionale definiscono le regole del gioco, chiariscono gli attori in campo e in questa maniera incidono sulla competizione e, spesso, sull’esito. L’inclusività delle primarie aperte implica che iscritti e supporters senza alcuna affiliazione formale possano prendere parte alle decisioni centrali del partito. Questo ha delle ripercussioni sull’organizzazione di partito. Se i militanti possono essere facilmente considerati coinvolti e interessati alla vita di partito questo non è necessariamente vero per i simpatizzanti, che, al di là della partecipazione alle primarie restano esterni alle strutture di partito. Come già anticipato, le primarie aperte garantiscono il medesimo potere anche a fronte di un differente impegno partecipativo. Questo potrebbe disincentivare il militante che, a questo punto, si trova a condividere una condizione di influenza sulle decisioni interne al proprio partito con soggetti esterni all’organizzazione. Nei fatti si tratterebbe di una vera e propria marginalizzazione del proprio ruolo di iscritto. Per questo motivo ci sembra importante affrontare questo tema e comprendere quali siano le opinioni e i giudizi dei membri di partito rispetto a queste innovazioni partecipative. La domanda che ci poniamo è quale è, nelle valutazioni degli aderenti, l’impatto delle primarie sul partito? Nel prossimo paragrafo presenteremo il caso del Partito Democratico, giustificandone l’importanza e le potenzialità esplicative su questo tema. 2. Primarie Italian-Style: il caso del Partito Democratico Le primarie per la scelta di candidati e leader sono ormai entrate a far parte delle consuete prassi partecipative in Italia nell’ultimo decennio. È stato il centro-sinistra a introdurre questo strumento nel sistema politico italiano. Siamo nel 2005, dopo alcuni esperimenti locali di successo, il leader della coalizione del centro-sinistra per le politiche 2006 viene selezionato proprio mediante primarie. Primarie aperte. Si trattò di un successo partecipativo enorme (Venturino, 2007), a cui risposero con entusiasmo non solo iscritti. Infatti, a dispetto di un certo scetticismo, cogliendo al volo una possibilità inedita fino a quel momento furono soprattutto i simpatizzanti a partecipare. Due anni più tardi nasce il Partito Democratico (Bordandini, Di Virgilio, Raniolo, 2008). E sono proprio le primarie a fungere da rito fondativo, a sancire la fusione fra due partiti differenti, appartenenti a tradizioni politico-culturali 4 distanti e, soprattutto, eredi di quelli che possono essere considerati come l’ideal-tipo del partito di massa (Pasquino 2009; De Luca e Venturino 2009). E proprio le primarie diventano il tratto caratterizzante e distintivo del partito. Accanto alle primarie nazionali, organizzate in coalizione per scegliere il candidato per la guida del governo (2012), o promosse dal partito per la selezionare i candidati da inserire nelle liste elettorali per il Parlamento (2012), il PD ha promosso negli ultimi dieci anni il ricorso a questo strumento inclusivo per selezionare le cariche elettive a livello locale. A prescindere dai casi più mediaticamente visibili che hanno interessato i grandi centri urbani italiani i dati ci raccontano di un moltiplicarsi del ricorso alle primarie per la scelta dei candidati a sindaco (Seddone e Valbruzzi 2013, 2012; Pasquino e Venturino 2009). Il fenomeno è ormai rilevante riguardando lo 0.3% delle elezioni comunali svoltesi in Italia dal 2004 e oltre il 30% fra i comuni capoluogo (Seddone e Venturino 2013a). Questo significa che le primarie hanno permeato in maniera capillare sul territorio, coinvolgendo iscritti e supporters in questa nuova modalità partecipativa, al di là degli eventi nazionali. Sancite nello statuto (art. 18). Il partito gestisce le primarie. Ma è chiaro a tutti, media, opinione pubblica e dirigenti del partito stesso che la scelta di ricorrere a questo strumento inclusivo è difficilmente ritrattabile. Non si torna indietro dalle primarie. Ed effettivamente queste particolari elezioni hanno tratteggiato l’immagine di un partito differente rispetto a quelli passati. Una vera e propria novità. Un partito che, come dichiarato nel primo articolo del suo statuto, si definisce “di elettori e iscritti”. Non si tratta di una locuzione enfatica, priva di significato, ma una vera e propria dichiarazione di intenti. La dimensione catch-all del partito è sintetizzata in un articolo e viene concretizzata proprio mediante le primarie, rigorosamente aperte, che consentono a iscritti e simpatizzanti di partecipare alla vita interna al partito. E più degli eventi nazionali per la selezione di candidati e leader a modellare on the ground il partito sono state le primarie comunali. E difatti, proprio a livello locale si registrano i primi sintomi di un contagio a destra. Negli ultimi anni si è osservato l’incremento di elezioni primarie promosse da partiti di destra e centro-destra. E proprio a partire da questi esperimenti locali, anche partiti come Forza Italia (e precedentemente Popolo della libertà), in cui la dimensione personale e centralizzante del leader sembravano inibire spinte di matrice inclusiva, hanno aperto un fronte di discussione interna sulla possibilità di utilizzare le primarie per la scelta di leader e candidati a livello nazionale. Il caso del Partito Democratico è particolarmente interessante per affrontare questo tema. Il partito tiene insieme elementi di continuità con una tradizione organizzativa tipica dei partiti di massa con importanti innovazioni nell’ambito della vita di partito. Da un lato il PD nasce dalla fusione “a freddo”, come è stata definita, di due partiti italiani, Democratici di Sinistra e Margherita, direttamente riconducibili alla tradizione politica comunista del PCI e cattolica della DC. Non si tratta di un’eredità meramente simbolica, sono le prassi, la struttura delle élite interne ai due partiti a provenire da una socializzazione politica tradizionale, tipica dei partiti di massa. Dall’altro lato, il partito con le primarie introduce una vera e propria novità nell’ambito delle modalità di mobilitazione elettorale e di partecipazione a livello partitico. Il partito combina insomma dei tratti di tipo tradizionale, ancorati a una socializzazione politica affine alla politica di massa, a un approccio innovativo, improntato all’inclusività e al riconoscimento di nuovi diritti e opportunità ai propri aderenti, ma soprattutto ai non iscritti. Reduci e Nativi Il binomio tradizione-innovazione si riflette anche sulla membership del nuovo partito: da un lato stanno i vecchi iscritti ai due partiti fondatori, coloro che hanno iniziato la loro militanza politica 5 all’interno di partiti differenti, da un punto di vista organizzativo e sostantivo, dall’altro stanno i Nativi, iscritti che aderiscono al PD e lì iniziano la loro carriera di iscritti militanti. Le nostre due categorie di militanti portano valori e modalità partecipative diverse. Le primarie sono un ambito su cui è particolarmente utile testare differenze e analogie. Se, come abbiamo detto, queste elezioni inclusive introducono nuovi elementi nell’articolazione di incentivi partecipativi selettivi e collettivi per gli iscritti (Clark e Wilson 1961), diventa ancor più rilevante il loro impatto su un partito come il PD, in cui convivono due modelli di membership differenti,. Tanto più se si tratta di primarie aperte che permettono l’espressione di voto anche a coloro i quali non aderiscono al partito. Questo paper si concentrerà proprio sulle opinioni di queste due tipologie di iscritti, i primi li definiremo Reduci, si tratta di coloro i quali hanno iniziato la loro militanza all’interno dei partiti fondatori, socializzati politicamente a forme di partecipazione tradizionale, ma soprattutto alle procedure partecipative tipiche dei partiti di massa: articolate, quindi, su una relazione stretta, costante e continua con il partito. I secondi li definiremo invece Nativi, si tratta di coloro i quali hanno deciso di aderire al nuovo partito e pertanto non hanno esperienze militanti tradizionali ma conoscono le procedure aperte ed inclusive del nuovo partito. La nostra ipotesi parte dalla ambivalente natura della membership democratica. Alla base della nostra distinzione fra Reduci e Nativi c’è l’idea che la socializzazione politica costruita all’interno di partiti strutturati sul piano organizzativo in maniera differente incida sulla natura dell’impegno e coinvolgimento politico dei militanti ( Ignazi e Bardi, 2006). I Reduci, precedentemente iscritti ai partiti fondatori (PCI/PDS/DS e DC/DL La Margherita) avrebbero quindi un’esperienza partecipativa integrata, attiva e continuativa all’interno del partito. Al contrario i Nativi PD sarebbero più affini a logiche partecipative estemporanee, meno strutturate nel tempo e in maniera costante. Riteniamo che queste differenze possano incidere sull’opinione rispetto alle primarie. E sono i Reduci, a nostro parere, a presentare un’ambivalenza più marcata riguardo a questo tema. Per certi versi, quegli iscritti che hanno esperienze militanti di lungo periodo possono interpretare le primarie come un’opportunità di partecipazione del tutto innovativa, ma che rievoca, nella pratica, le forme partecipative tipiche dei partiti di massa. Le primarie infatti sono, più delle elezioni, una faccenda di partito. Per quanto aperte, la mera organizzazione logistica dell’evento pretende un coinvolgimento diretto dei militanti e degli aderenti da parte del partito. In altre parole, le primarie diventano un’occasione di riattivazione del partito on the ground , della cosiddetta "base" , perché riallacciano i fili della relazione fra partito e militanti offrendo luoghi eventi e opportunità partecipative simili a quelle passate. Siamo tuttavia consapevoli del fatto che l’inclusività delle primarie, agli occhi del militante di lungo periodo, possa invece ingenerare valutazioni negative sullo strumento che garantendo poteri e diritti a soggetti esterni all’organizzazione indebolirebbe il ruolo dell’iscritto attivo e impegnato nelle attività di partito (Scarrow et al., 2000; Bille, 2001; Aylott et al., 2012). A un impegno militante diseguale corrisponderebbe una analoga attribuzione di diritti e poteri (Heidar & Saglie, 2003). Al contrario, dal punto di vista dell’iscritto Nativo PD le primarie sono una modalità partecipativa importante, che contraddistingue in maniera incontrovertibile il Partito Democratico a cui ha scelto di aderire. 6 Per questa ragione la nostra ipotesi è che: Ipotesi 1): I Nativi mostreranno opinioni più positive rispetto alle primarie Comparati con i vecchi iscritti, i Nativi privi di socializzazione politica organizzata all’interno di partiti di massa avranno opinioni più positive rispetto alle primarie. La loro adesione al partito è connotata da una ricerca di inclusività. Questi iscritti saranno meno inclini a una partecipazione stabile e costante all’interno delle strutture di partito. Semmai saranno più inclini a una mobilitazione cognitiva, a minore impiego di risorse partecipative materiali. Questo significa che condivideranno con i Reduci un grande interesse verso la politica e un elevato coinvolgimento cognitivo, a cui corrisponderà invece un debole impegno militante. Le primarie si configurano dunque come un momento partecipativo simbolico, il picco dell’azione partecipativa militante di questi iscritti. Le primarie forniranno dunque incentivi collettivi sufficienti a sostenere l’adesione al partito a cui non seguiranno attività coinvolte nelle sezioni del partito. La loro opinione sulle primarie sarà dunque più positiva rispetto ai Reduci. Saranno quindi attratti dalla possibilità di partecipare alla vita di partito in maniera meno strutturata, senza i costi di un attivismo intenso. Proprio a partire da queste considerazioni abbiamo elaborato una seconda ipotesi che tiene conto dell’impegno partecipativo dell’iscritto. Se, come sottolineato, le primarie presentano una criticità legata al diverso assetto di incentivi selettivi e collettivi di cui godrebbero in maniera indifferenziata iscritti e simpatizzanti può essere utile testare l’opinione sull’impatto delle primarie sul partito anche in ragione dell’impegno partecipativo garantito dagli iscritti nelle attività di partito. Pertanto la nostra seconda ipotesi è che: Ipotesi 2): A un impegno partecipativo rilevante nelle attività di partito corrisponde una valutazione più negativa delle primarie L’idea è che i soggetti più impegnati e attivi nel partito siano anche quelli che apprezzano in misura inferiore l’inclusività delle primarie e l’ammissione di soggetti esterni nelle decisioni di partito che riguardano la selezione dei candidati, o ancor più importante, del leader del partito stesso. In altre parole, i soggetti più attivi e coinvolti nelle attività di routine del partito valuterebbero negativamente l’impatto delle primarie sul partito (Sandri, 2011). Chiarite le ragioni che ci hanno spinto a scegliere il Partito Democratico come caso di studio e definito l’oggetto di indagine e le domande di ricerca nel prossimo paragrafo presenteremo i dati e il metodo di analisi scelto per rispondere ai nostri quesiti. 3. Dati e metodo Per testare le nostre ipotesi utilizzeremo i dati di un’indagine Cawi condotta da Candidate & Leader Selection sugli iscritti PD. Il sondaggio mirava a raccogliere informazioni sui giudizi dei militanti democratici in merito alle elezioni primarie. La rilevazione condotta fra il 25 Marzo e il 14 Aprile 2013 è stata realizzata mediante metodo cawi e ha previsto l’invio di una mail a tutti gli iscritti PD in possesso di un indirizzo di posta elettronica (100000). In totale sono state raccolte 13666 questionari, con un’ottima copertura del sottocampione di iscritti democratici sollecitati per la rilevazione. Considerando che alla fine del 2011 il PD dichiarava 763.783 iscritti a livello nazionale i nostri dati rappresentano circa l’1,8% del totale degli iscritti PD. Chiaramente, dal momento che il questionario è stato somministrato solo a coloro che avevano preventivamente reso disponibile il proprio indirizzo mail i nostri risultati saranno inevitabilmente affetti da errore di campionamento. Occorre inoltre sollecitare che alcune regioni sono sovra rappresentate nel nostro campione (vedi tabella 1a in 7 appendice). Ad ogni modo, la numerosità delle interviste raccolte ci consente di avviare indagini approfondite. Prima di procedere con l’illustrazione dei metodi utilizzati nelle nostre analisi è opportuno ricordare che la rilevazione è partita a un mese di distanza dalle Elezioni Politiche 2013 che hanno avuto un impatto rilevante sul PD. Seppure il tema del sondaggio non riguardasse l’evento elettorale dobbiamo comunque tenere conto del momento particolare durante il quale è stato somministrato il sondaggio. Il focus del questionario riguardava le primarie in generale e nello specifico le primarie del novembre/dicembre 2012, le quali rispetto al passato hanno mostrato dei tratti di competitività e negatività superiori (Gelli, Mannarini e Talò, 2013). Le nostre analisi si strutturano su due livelli. Il primo di carattere descrittivo intende fornire un profilo generale degli iscritti PD. Il secondo livello concerne invece un’analisi di tipo multivariato mirato a chiarire i nessi e le relazioni fra il giudizio sulle primarie e le caratteristiche e attitudini partecipative dei militanti. L’analisi descrittiva traccerà il profilo sociopolitico degli iscritti PD distinguendoli fra le nostre categorie di Reduci e Nativi. Questo ci consentirà di verificare preliminarmente l’esistenza di differenze sostanziali fra i due tipi di militanti democratici e ci permetterà di presentare alcune delle variabili di controllo che introdurremo successivamente nelle nostre analisi. In particolare, presenteremo i dati relativi a età, genere, titolo di studio e professione, per definire i tratti socio grafici, mentre per presentare la dimensione più prettamente politica della membership PD illustreremo i dati relativi a posizionamento ideologico sull’asse destra/sinistra (scala 1-10), interesse verso la politica e attività interna al partito stimata come numero di ore di militanza per settimana. Per quanto riguarda l’analisi multivariata, abbiamo scelto la nostra variabile dipendente fra gli item di una batteria di domande posta in chiusura del questionario e finalizzata alla comprensione delle opinioni dei militanti sulle primarie in generale come strumento di selezione di leader e candidati. Abbiamo scelto per la nostra analisi l’item “Le primarie hanno migliorato il mio giudizio sul partito” inserito all’inizio di una batteria in cui si chiedeva all’intervistato di esprimere il proprio grado di accordo (per niente, poco, abbastanza, molto) rispetto a una serie di dichiarazioni relative alle primarie (vedi appendice). Abbiamo quindi sintetizzato in una variabile dummy, dove 0 era riferito a tutti coloro che hanno espresso una valutazione negativa (per niente o poco accordo rispetto alla succitata dichiarazione) e 1 era invece riferito a quegli intervistati che hanno invece riportato una risposta positiva (dichiarandosi abbastanza o molto accordo sull’impatto positivo delle primarie sul partito). Abbiamo testato la nostra variabile dipendente su due principali variabili indipendenti. La prima variabile indipendente, riferita all’ipotesi 1, distingue fra militanti Reduci e Nativi, si tratta di una variabile dicotomica dove 0 corrisponde agli iscritti a partiti fondatori e 1 si riferisce invece ai Nativi che hanno aderito al PD per la prima volta. La nostra seconda variabile indipendente stima l’attivismo settimanale degli iscritti PD in ragione del numero di ore settimanali impegnate in attività di partito (1= nessun attivismo; 2= meno di due ore per settimana; 3= fra 5 e 10 ore per settimana; 4= fra 10 e 20 ore per settimana; 5=fra 10 e 20 ore per settimana; 6= più di 10 ore a settimana). Abbiamo ricodificato la variabile riducendo le modalità così da sintetizzare in maniera più efficace il coinvolgimento militante degli iscritti democratici, per questa ragione la variabile introdotta nel nostro modello presenta 5 modalità: lasciando invariate le prime 4 modalità e accorpando le modalità 5 e 6 riferibili a un attivismo più intenso di oltre 10 ore per settimana. Abbiamo inoltre introdotto alcune variabili di controllo. La valutazione delle primarie è naturalmente legata al risultato della selezione. La letteratura americana approfondisce il tema 8 guardando alla divisiveness e alla negatività della competizione elettorale (Makse & Sokhey, 2010; Wichowsky & Niebler, 2010; Peterson and Djupe, 2005; Djupe and Peterson, 2002; Haines and Rhine, 1998; Ware, 1979). La competitività della primaria, la percezione della contendibilità della nomination, ha un effetto rilevante sulle fasi successive e sul voto in sede di elezioni generali. Il rischio è infatti quello di una defezione in sede elettorale da parte dei sostenitori dei candidati sconfitti in sede primaria. Questa dinamica si acuisce nel caso di campagne primarie particolarmente negative, connotate da un confronto aspro e acceso fra i candidati. Seppure mitigato nel caso degli iscritti (Seddone e Venturino 2013b), che chiaramente hanno una relazione più strutturata con il partito, questo effetto può tradursi in un disincentivo alla partecipazione elettorale o, nel nostro caso, in una valutazione negativa dello strumento. Per questo motivo, considerata la competitività delle primarie del novembre/dicembre 2012 che hanno selezionato il candidato della coalizione di centrosinistra per le elezioni politiche 2013, abbiamo introdotto una variabile che distingueva fra i sostenitori del candidato vincitore, Bersani, (1=winners) e i sostenitori dei suoi sfidanti (0=losers). Infine abbiamo inserito nel nostro modello una serie di variabili di controllo socio demografiche: l’età, distinta in tre diverse fasce (1= under 35enni; 2= fra i 35 e i 65 anni; 3= over 65enni); il genere (0= donna; 1= uomo); il titolo di studio (1= licenza elementare; 2= licenza media; 3= diploma di scuola superiore; 4= laurea); professione (0= inattivi; 1= attivi). I paragrafi che seguono sono dedicati alla presentazione e discussione dei risultati di queste analisi. 4. Reduci e Nativi, un profilo sociopolitico Il Partito Democratico offre l’opportunità di adottare una prospettiva privilegiata per lo studio della membership di partito e dei suoi mutamenti. Il partito ha una natura ambivalente. Da un lato affonda le sue radici in una tradizione culturale e politica legata ai partiti di massa, PCI e DC, per antonomasia. Dall’altro si è dotato di strumenti inediti per la selezione delle sue candidature e della sua leadership, le sue primarie aperte sono infatti un caso unico, che sta facendo scuola, in ambito europeo. Questo doppio binario su cui si muove il partito è rintracciabile anche nella sua membership. I suoi aderenti infatti possono essere divisi in due categorie principali, come abbiamo anticipato: i Reduci, che vantano una militanza nei partiti fondatori, e i Nativi, che invece hanno scelto di iscriversi al partito dopo la sua nascita nel 2007. Reduci e Nativi si contraddistinguono per una socializzazione politica interna al partito del tutto differente. I Reduci hanno conosciuto una stagione politica in cui i partiti, pur in mutamento, presentavano dei tratti vicini a quelli dei tradizionali partiti di massa. Il loro ruolo all’interno del partito era strutturato secondo logiche classiche e la loro militanza si sostanziava con un rapporto attivo, costante, continuativo. I Nativi, al contrario, militano in un partito differente rispetto al passato, perché aperto e orientato a costruire un consenso ampio, ben al di là dei confini organizzativi. Soprattutto, i Reduci, al contrario dei loro compagni Nativi, hanno vissuto un partito senza primarie. Le primarie sono l’arena in cui le distinzioni fra iscritti e simpatizzanti vengono meno, sono quindi lo spazio in cui il concetto tradizionale di membership viene messo alla prova. In ragione di una differente socializzazione politica e di un orientamento partecipativo diverso è utile quindi a) fornire un’analisi descrittiva del differente profilo sociopolitico delle due categorie di iscritti e b) approfondire mediante l’analisi inferenziale quali siano i fattori che incidono maggiormente nei loro atteggiamenti verso le primarie. Considerando il profilo socio grafico degli iscritti PD emergono le prime differenze fra le nostre due categorie di militanti (Tabella 1). In generale, gli iscritti DP sono per lo più di età compresa fra i 35 e i 9 65 anni (65,7%). Questa fascia di età è maggioritaria anche fra Reduci e Nativi, con scostamenti minimi rispetto al dato generale. A distinguere le nostre due categorie di iscritti sono però le classi di età estreme. Infatti, poco meno di un quarto dei Reduci ha un’età superiore ai 65 anni, mentre fra i Nativi è la quota di coloro che hanno invece meno di 35 anni più alta di circa sette punti percentuali. Le differenze non finiscono qui. Ben più evidente è, infatti, la diversità che emerge dal dato relativo al genere. Se le donne rappresentano circa il 29% degli iscritti democratici, la loro presenza cresce sensibilmente fra i Nativi (39,2%). Parallelamente, fra i Reduci è ancor più preminente la quota di militanti di genere maschile (77.7%). Ulteriori elementi di difformità giungono dalla variabile titolo di studio. In un quadro generale che vede la netta prevalenza di titoli di studio elevati (l’89,9% è in possesso almeno di un diploma) fra i Nativi la porzione di laureati è addirittura superiore di circa 5 punti percentuali rispetto alla media (52,1%). L’unica dimensione che fa eccezione e sembra accomunare i due profili di militanti è quella occupazionale, nella distinzione fra attivi e inattivi Nativi e Reduci non mostrano differenze rilevanti. Tabella 1 – Il profilo socio grafico dei militanti PD Età p < 0.000 Genere p < 0.000 Titolo di studio p < 0.000 Posizione professionale Età inferiore ai 35 anni Età compresa fra i 35 e i 65 anni Età superiore ai 65 anni N REDUCI 7,8% 68,2% 24,0% 7598 NATIVI 21,3% 62,0% 16,7% 5026 TOTALE 13,2% 65,7% 21,1% 12624 Donna Uomo N 22,3% 77,7% 7624 39,2% 60,8% 5045 29,0% 71,0% 12669 Licenza elementare o nessun titolo Licenza media Diploma di scuola superiore Laurea N ,8% 10,6% 44,6% 44,0% 7624 ,5% 8,0% 39,4% 52,1% 5045 ,7% 9,6% 42,6% 47,2% 12669 Inattivo Attivo N 37,1% 62,9% 7613 36,5% 63,5% 5031 36,9% 63,1% 12644 p < 0.000 Fonte: Candidate and Leader Selection Passando all’analisi del profilo politico le differenze fra Nativi e Reduci si fanno meno marcate. Il posizionamento politico dei militanti democratici non presenta distinzioni rilevanti (Figura 1). La connotazione politica resta saldamente ancorata a un’area di centro sinistra con, occorre sottolineare, orientamenti più centristi fra i Nativi. La fusione delle due realtà politiche eredi della tradizione cattolica e comunista ha smussato alcune ruvidità ideologiche e mitigato gli aspetti più radicali. Seppure la componente comunista resti particolarmente importante fra i Reduci la stragrande maggioranza degli iscritti democratici si identifica con posizioni più centriste e meno radicali. Sono i Nativi a bilanciare l’estremismo dei Reduci. Ad ogni modo, le differenze registrate non sembrano particolarmente radicali e profonde. Al contrario sembra esserci una certa coesione e coerenza ideologica interna al partito. Analogamente, come riportato nella Figura 2, anche rispetto all’interesse per la politica non sembrano emergere drastiche diversità fra Nativi e Reduci. Figura 1 – La collocazione politica (scala 1-10; n=12669; p < 0.000) 10 Fonte: Candidate & Leader Selection Figura 2: L’interesse per la politica (scala 1-4; n=12669; p < 0.000) Fonte: Candidate & Leader Selection È invece decisamente più interessante considerare le evidenze presentate nella Figura 3 che riporta i risultati relativi alla domanda inerente l’impegno settimanale dei militanti all’interno del partito. Il primo elemento che si rileva con evidenza riguarda, in generale, lo scarso coinvolgimento partecipativo degli iscritti. Figura 3: Il numero di ore spese settimanalmente in attività di partito (n= 12574; p < 0.000) Fonte: Candidate & Leader Selection 11 Si evince con chiarezza, infatti, il minore coinvolgimento partecipativo dei Nativi. Infatti, ben il 28,2% degli iscritti PD dichiara di non partecipare ad alcuna attività di partito durante la settimana e un altrettando rilevante 30% dedica all’impegno partitico meno di 2 ore settimanali. Al contrario, solo il 4,1% è coinvolto più di 20 ore alla settimana, cifra che sale al 9% includendo anche quelli che spendono tra 10 e 20 ore in attività di partito. Le due categorie di militanti che abbiamo considerato in realtà non si discostano da questo pattern generale e confermano entrambi una certa distanza dall’impegno attivo di sezione. Ma occorre sottolineare che questo tratto è più marcato fra i Nativi. Fra questi è il 35%, oltre un terzo, a dichiarare di non partecipare in alcun modo alla vita interna di partito. Ad ogni modo, a parte questo tratto non si evincono differenze rilevanti fra le nostre categorie di militanti. Anche guardando nel dettaglio delle attività partecipative a cui si dedicano gli aderenti democratici non osserviamo differenze sostanziali nelle attitudini di Reduci e Nativi (vedi Tabella 2a in appendice), anche se si nota una maggiore propensione dei Nativi per le attività di partecipazione sociale più che politica e un maggiore attivismo sul web. Questi risultati preliminari, sebbene in forma del tutto descrittiva, suggeriscono l’esistenza di una effettiva differenza fra i militanti di lungo periodo e coloro che invece hanno aderito al PD dal 2007. Sul piano socio grafico abbiamo rintracciato notevoli diversità fra Reduci e Nativi, sul piano generazionale, di genere e rispetto al livello di istruzione. Seppure ci sia uno scostamento tutto sommato lieve dalla media (53 anni) si osserva come i Nativi siano tendenzialmente più giovani (49 anni) rispetto ai loro compagni Reduci (56 anni). La rilevanza della compagine femminile fra i Nativi è un altro elemento di grande interesse, che testimonia di un certo rinnovamento interno alla membership di partito. Analogamente, è importante sottolineare la più alta presenza di titoli di studio elevati, in particolare laurea, fra i Nativi democratici. Questi tratti si accompagnano a un profilo politico piuttosto simile se si considerano la collocazione ideologica e l’interesse per la politica. La vera distinzione riguarda il coinvolgimento attivo nella vita di partito. In quadro di generale disinteresse per l’impegno militante nelle sezioni di partito, i Nativi sembrano essere ancor più distanti. Questo tratto conferma la nostra idea di un differente orientamento partecipativo derivante da una socializzazione politica che si è articolata all’interno di modelli di partito significativamente diversi. I Nativi sembrano essere più inclini a una mobilitazione cognitiva, intermittente, fluida, come mostrano i dati sullo spiccato interesse per la politica che li accomuna ai compagni Reduci. Sono le primarie a fungere da evento partecipativo principale, sufficiente a sostanziare il loro rapporto con il partito, nel prossimo paragrafo tenteremo di approfondire questo argomento chiarendo quale sia la natura del rapporto fra primarie, Nativi e Reduci. 5. Militanti, primarie e partito In questo paragrafo presenteremo i risultati di un modello di regressione logistica che intende chiarire quali siano le logiche che strutturano le opinioni degli iscritti sulle primarie. Abbiamo ricordato come la peculiarità del PD, frutto della fusione di due partiti eredi delle tradizioni politicoculturali cattolica e comunista dei partiti di massa DC e PCI, consenta di guardare alla sua membership per valutare l’impatto che una novità come le primarie può avere su due tipi di militanza distinti. Reduci e Nativi vengono da prassi partecipative diverse: nel primo caso si tratta di militanti abituati a una partecipazione strutturata dai e nei partiti, nel secondo caso invece di una partecipazione meno integrata e più incline a una mobilitazione cognitiva. Le primarie sono il simbolo dell’innovazione organizzativa inaugurata dal PD. Lo sono perché garantiscono agli iscritti poteri e diritti finora inediti. Non si tratta solo di sbirciare all’interno del giardino segreto della politica – parafrasando il titolo del 12 fondamentale lavoro di Gallagher e Marsh (1988)- ma di avere un ruolo decisivo nella definizione dei candidati o nella scelta della leadership. La posta in gioco delle primarie è alta: candidati e leader, data la personalizzazione della politica, rappresentano una risorsa forndamentale per i partiti che vogliano mobilitare consenso elettorale. L’importanza delle primarie è data anche dalla loro inclusività. I simpatizzanti si inseriscono nel rapporto fra iscritti e partito, esercitando un potere rilevante senza però assicurare alcun impegno militante successivo. Una partecipazione spot, a volte addirittura legata a un fenomeno di ‘instant membership’, cioè di iscritti che integrano il partito in occasione di un evento di mobilitazione come una primaria per il sindaco o per il segretario nazionale, salvo poi restare principalmente inattivi o addirittura lasciare il partito dopo alcuni mesi (Rahat e Hazan, 2007). La nostra idea è che la reazione a questa offerta partecipativa sia differente all’interno della compagine militante democratica. Le categorie di iscritti individuate infatti, data la differente socializzazione politica e prassi partecipativa in seno all’organizzazione partitica, interpreterebbero questa innovazione in maniera diversa. Per approfondire meglio il discorso, prima di entrare nel dettaglio della analisi inferenziale, può essere utile considerare i valori riportati nella Tabella 2. Qui si riporta il grado di accordo rispetto alla affermazione “Le primarie hanno migliorato il mio giudizio sul partito?”. All’interno della batteria di domande volta a individuare le opinioni generali degli intervistati questo item è quello più esemplificativo, in grado di sintetizzare in maniera più efficace gli orientamenti dei militanti rispetto al tema di indagine. Tabella 2 - Le primarie hanno migliorato il mio giudizio sul partito REDUCI NATIVI Per Nulla 8,2% 6,0% Poco 20,9% 16,9% Abbastanza 41,7% 41,0% Molto 29,2% 36,1% N 7137 4668 p < 0.000; Fonte: Candidate and Leader Selection TOTALE 7,4% 19,3% 41,4% 31,9% 11805 Le primarie sembrano riscuotere grande favore fra gli iscritti democratici. Il 31,9% degli intervistati si dichiara molto d’accordo, ossia ritiene che le primarie abbiano avuto un effetto positivo sul suo partito, questa percentuale se sommata a coloro che hanno dichiarato di condividere abbastanza la dichiarazione (41,4%) ci descrive l’immagine di un partito i cui membri sono largamente favorevoli alle primarie. Complessivamente il 73,3%, quasi i due terzi, vedono positiviamente le primarie. Questo quadro è confermato anche se consideriamo le due categorie di militanti individuati. Reduci e Nativi infatti esprimono piena soddisfazione dello strumento primarie, valutando positivamente il loro impatto sul partito. Tuttavia, osservando con attenzione i valori, sono i Nativi a esprimere maggiore entusiasmo, complessivamente il 77,1%, una differenza rilevante rispetto al pur ragguardevole 69,9% registrato fra i Reduci. In altre parole, in una cornice generale che sostiene positivamente l’introduzione di questo strumento inclusivo, i Reduci esprimono maggiore scetticismo, con il 29,1% di risposte di poco o nessun accordo. 13 Tabella 3 – Regressione logistica, variabile dipendente: giudizio sulle primarie 0= negativo; 1=positivo B S.E. Exp(B) Reduci ,418 ,048 1,520*** Autocollocazione Sinistra ,292 ,457 1,339 Centrosinistra ,340 ,458 1,405 Centrosinistra -,310 ,463 ,733 Centrodestra ,370 ,509 1,448 Interesse per la politica Per niente -,535 ,348 ,586 Poco -,226 ,171 ,797 Abbastanza ,015 ,069 1,015 Attivismo partitico orexsettimana Nessuna ,403 ,082 1,496*** meno di due ore x settimana ,478 ,080 1,613*** fra 2 e 5 ore x settimana ,373 ,081 1,452*** fra 10 e 20 ore per settimana ,199 ,091 1,221* vincitore alle primarie 2012 ,253 ,048 1,289*** Età under 35 anni -,310 ,084 ,734*** fra i 35 e i 65 anni -,080 ,066 ,923 Genere: donna ,210 ,049 1,234*** titolo di studio licenza elementare ,472 ,338 1,604 Licenza media ,012 ,083 1,013 Diploma -,074 ,047 ,928 Professione: attivo -,173 ,054 ,841*** Constant -,439 ,479 ,645 2Log likelihood 12773,319 Nagelkerke R Square .036 Cox & Snell R Square .024 Questi dati sono interessanti e utili perché ci aiutano a interpretare meglio l’analisi presentata nella Tabella 31. Il generale consenso attorno alle primarie è confermato dai risultati. I Reduci sembrano apprezzare lo strumento inclusivo e il suo effetto sul partito. Tuttavia, i dati mostrano che all’aumentare dell’attivismo partitico e dell’impegno militante si riduce la probabilità di fornire una valutazione positiva allo strumento. La riduzione è considerevole se si considerano i coefficienti esponenziali (odds ratio) riportati nella tabella. Si riscontra una relazione positiva fra l’esito della competizione primaria e l’opinione sullo strumento. Come era lecito attendersi, e come suggerito anche dalla letteratura sulle primarie americane, essere winner o loser, e cioè aver supportato il canddiato vincente o perdente, incide sul giudizio dei militanti sulle primarie e il loro impatto sul partito (Stone, 1986; Peterson e Djupe 2005). Infine, il nostro modello ci mostra una relazione positiva fra alcune variabili di controllo sociopolitiche e la nostra variabile dipendente. Per il dettaglio delle variabili utilizzate nel modello si rimanda al paragrafo 3 dedicato alla presentazione di dati e metodo. 1 14 Conclusioni Le nostre ipotesi hanno dunque trovato conferma nell’analisi inferenziale. Le elezioni primarie, pur configurandosi come una importante novità sul piano partecipativo, non sembrano essere in grado di surrogare appieno le velleità militanti dei Reduci dei partiti di massa. Questi, più dei Nativi, mostrano un coinvolgimento nelle attività di sezione e garantiscono un investimento di risorse materiali e immateriali superiore rispetto ai compagni più “giovani”. Il quadro è quello di un generale apprezzamento dello strumento. E di un sostegno alla sua natura inclusiva, emerge però un minore entusiasmo laddove il militante si mostri più dedito e impegnato per e nel partito. Inoltre, dalle analisi condotte in questo studio emerge chiaramente una trasformazione degli incentivi selettivi e collettivi legati all’intruduzione di strumenti di democrazia infrapartitica come le primarie aperte. L’opinione della base del partito, degli iscritti e dei militanti, sullo strumento in sé appare generalmente positiva, e possiamo notare nel tempo un processo di socializzazione e adattamento alle primarie : infatti, i dati relativi alla soddisfazione rispetto alle primarie raccolti tra il 209 e 2010 mostravano percentuali piu’ basse di gradimento delle primarie da parte degli iscritti (Sandri, 2011). Tuttavia, i nostri dati piu’ recenti mostrano che all’aumentare dell’attivismo partitico si riduce la probabilità di fornire una valutazione positiva allo strumento. Pertanto, appare chiaro che gli iscritti attivi e i militanti percepiscono chiaramente il rovescio della medaglia : le primarie sono un formidabile strumento di partecipazione, di apertura del partito alla società e di mobilitazione elettorale. D’altra parte, esse eliminano progressivamente (o meglio, diluiscono) i diritti e i privilegi degli iscritti, il cui investimento nel partito è di gran lunga più significativo di quello dei votanti alle primarie e dei semplici simpatizzanti. Le primarie impattano dunque sul partito, e questo processo è chiaramente percepito dalla base come potenzialmente controindicativo, per lo meno riguardo ai loro interessi. Le primarie sono un fatto positivo, certamente, ma resta da chiarire : per chi? 15 Bibliografia Allern, Elin e Karina Pedersen (2007). ‘The Impact of Party Organisational Changes on Democracy’, West European Politics, 30 (1): 68-92. van Biezen, Ingrid, Peter Mair e Thomas Poguntke (2012). ‘Going, going, . . . gone? 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Oxford: Oxford University Press, pp.65-80. 18 Appendice Tabella 1a: Composizione territorial del campione (esclusi gli iscritti residenti all’estero) Regione Iscritti (%) Interviste (N) Distribuzione delle interviste (%) Differenza Emilia-Romagna 18.6 2430 17.9 -0.7 Toscana 12.2 1839 13.7 +1.5 Lazio 9.7 905 6.6 -3.1 Lombardia 8.4 2418 17.7 +9.3 Campania 8.2 141 1.0 -7.2 Sicilia 7.3 370 2.7 -4.6 Puglia 5.1 435 3.2 -1.9 Umbria 4.8 221 1.6 -3.2 Calabria 4.1 219 1.6 -2.5 Veneto 3.9 1397 10.2 +6.6 Piemonte 3.9 946 6.9 +3.0 Marche 3.1 303 2.2 -0.9 Sardegna 2.8 553 4.0 +1.2 Liguria 2.6 502 3.7 +1.1 Abruzzo 2.4 176 1.3 -1.1 Friuli-Venezia Giulia 1.4 415 3.0 +1.6 Basilicata 0.8 132 1.0 +0.2 Trentino-Alto Adige 0.4 220 1.6 +1.2 Molise 0.3 0 0 -0.3 Valle d’Aosta 0.1 18 0.1 +0.1 N 763,783 13,640 100 Note. Fonte Partito Democratico. Il dato sugli iscritti è riferito alle adesioni 2011. Il campione includeva anche 26 iscritti PD residenti all’estero. Tabella 2a: L’attività partecipativa degli iscritti PD Nell’ultimo anno con quale frequenza ha partecipato alle seguenti attività? REDUCI NATIVI CAMPIONE GENERALE Attività del mio circolo Mai o meno di tre volte per anno 23,8% 34,1% 27,8% Più di tre volte per anno 76,2% 65,9% 72,2% N 7317 4775 12092 Manifestazioni politiche Mai o meno di tre volte per anno 33,1% 48,7% 39,3% Più di tre volte per anno 66,9% 51,3% 60,7% N 7291 4778 12069 Firmato petizioni, Mai o meno di tre volte per anno 58,9% 56,8% 58,1% referendum… Più di tre volte per anno 41,1% 43,2% 41,9% N 6810 4625 11435 Iniziative del mio quartiere Mai o meno di tre volte per anno 48,3% 55,6% 51,2% Più di tre volte per anno 51,7% 44,4% 48,8% N 7008 4678 11686 Iniziative ambientali Mai o meno di tre volte per anno 56,1% 62,0% 58,5% Più di tre volte per anno 43,9% 38,0% 41,5% N 6906 4599 11505 Manifestazioni pubbliche di Mai o meno di tre volte per anno 78,4% 83,6% 80,5% protesta Più di tre volte per anno 21,6% 16,4% 19,5% N 6803 4564 11367 Svolto attività in associazioni di Mai o meno di tre volte per anno 53,1% 56,5% 54,5% volontariato Più di tre volte per anno 46,9% 43,5% 45,5% N 6877 4638 11515 Svolto attività in associazioni Mai o meno di tre volte per anno 70,7% 80,6% 74,7% professionali/sindacato Più di tre volte per anno 29,3% 19,4% 25,3% N 6742 4494 11236 Svolto attività in associazioni Mai o meno di tre volte per anno 52,1% 56,8% 54,0% culturali Più di tre volte per anno 47,9% 43,2% 46,0% N 6865 4606 11471 Ho acquistato (o boicottato) Mai o meno di tre volte per anno 59,3% 57,1% 58,4% prodotti per ragioni politiche Più di tre volte per anno 40,7% 42,9% 41,6% N 6815 4583 11398 Ho partecipato a discussioni Mai o meno di tre volte per anno 58,7% 62,1% 60,0% politiche sul web Più di tre volte per anno 41,3% 37,9% 40,0% N 6847 4544 11391 Fonte: Candidate & Leader Selection 19 Tabella 3a: Iscritti PD e voto alle primarie 2012 REDUCI Loser 27,3% Winner 72,7% N 7176 Fonte: Candidate & Leader Selection NATIVI 34,7% 65,3% 4636 Tabella 4a: Lista degli item mirati a misurare il giudizio degli iscritti sulle primarie Quanto è d’accordo con le seguenti affermazioni? (Per niente, poco, abbastanza, molto): Le primarie hanno migliorato il mio giudizio sul partito Le primarie riducono il potere degli iscritti Le primarie promuovono il rinnovamento della classe politica Le primarie aumentano la conflittualità interna al partito Il PD dovrebbe utilizzare sempre le primarie per scegliere il candidato alla Presidenza del Consiglio Il PD dovrebbe utilizzare sempre le primarie per scegliere i candidati a Presidente di Regione Il PD dovrebbe utilizzare sempre le primarie per scegliere i candidati a Sindaco Il PD dovrebbe utilizzare sempre le primarie per scegliere i candidati al Parlamento Il voto alle primarie dovrebbe essere consentito ai soli iscritti Sono favorevole a primarie di partito, senza coinvolgere i partiti alleati della coalizione 20 TOTALE 30,2% 69,8% 11812 Tabella 5a: Tavola di correlazione delle variabili introdotte nel modello logistico Giudizio su Autocollocazione primarie politica (1-5) Interesse per la politica Attività interna al partito (ore x settimana) Giudizio su primarie -,056** ,013 ,000 11855 1 Pearson 1 Correlation Sig. (2-tailed) N 11855 Autocollocazione Pearson -,056** politica (1-5) Correlation Sig. (2-tailed) ,000 N 11855 Interesse per la Pearson ,013 politica Correlation Sig. (2-tailed) ,155 N 11855 Attività interna al Pearson -,059** partito (ore x Correlation settimana) Sig. (2-tailed) ,000 N 11855 Voto alle primarie Pearson ,059** 2012 (winner vs Correlation loser) Sig. (2-tailed) ,000 N 11530 Età Pearson ,061** Correlation Sig. (2-tailed) ,000 N 11815 Genere Pearson ,025** Correlation Sig. (2-tailed) ,006 N 11855 Titolo di studio Pearson -,004 Correlation Sig. (2-tailed) ,641 N 11855 Professione (attivi vs Pearson -,055** inattivi) Correlation Sig. (2-tailed) ,000 N 11831 **. Correlation is significant at the 0.01 level (2-tailed). Età Genere Titolo di studio Professione (attivi vs inattivi) -,059** Voto alle primarie 2012 (winner vs loser) ,059** ,061** ,025** -,004 -,055** ,155 11855 -,065** ,000 11855 -,039** ,000 11530 -,215** ,000 11815 -,030** ,006 11855 ,106** ,641 11855 ,034** ,000 11831 ,032** 12727 -,065** ,000 12727 1 ,000 12630 ,230** ,000 11861 ,025** ,001 12681 -,011 ,000 12727 ,062** ,000 12727 ,068** ,000 12702 ,029** ,000 12727 -,039** 13205 ,230** ,000 12630 1 ,006 11861 ,098** ,190 13158 -,190** ,000 13205 ,014 ,000 13205 ,005 ,001 13178 ,052** ,000 12630 -,215** ,000 12630 ,025** 12630 ,098** ,000 11861 1 ,000 12584 ,112** ,111 12630 -,008 ,577 12630 -,078** ,000 12605 -,089** ,000 11861 -,030** ,006 11861 -,011 ,000 11861 -,190** 11861 ,112** ,000 11818 1 ,362 11861 ,088** ,000 11861 -,171** ,000 11837 -,326** ,001 12681 ,106** ,190 13158 ,062** ,000 12584 ,014 ,000 11818 -,008 13613 ,088** ,000 13613 1 ,000 13613 -,106** ,000 13584 -,029** ,000 12727 ,034** ,000 13205 ,068** ,111 12630 ,005 ,362 11861 -,078** ,000 13613 -,171** 13666 -,106** ,000 13666 1 ,001 13637 ,230** ,000 12727 ,032** ,000 13205 ,029** ,577 12630 ,052** ,000 11861 -,089** ,000 13613 -,326** ,000 13666 -,029** 13666 ,230** ,000 13637 1 ,000 12702 ,001 13178 ,000 12605 ,000 11837 ,000 13584 ,001 13637 ,000 13637 13637 21