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La Pubblicita`
La Pubblicita’ Definizione tecnica: La pubblicità è una delle forme più tipiche di comunicazione persuasiva, in quanto mira ad influenzare conoscenze, valutazioni, atteggiamenti e comportamenti in determinate aree dell'attività umana. Il suo principale campo è quello commerciale, anche se da tempo si sono sviluppate altre forme di pubblicità specificatamente non commerciali: sociale, pubblica, politica, religiosa, ecc… La sua natura persuasiva è determinata dal linguaggio e dalle forme che adotta; si avvale essenzialmente di messaggi brevi, semplici, sintetici, attraenti, suggestivi, enfatici, eufemici ed euforici, destinati ad una ripetizione sistematica. La pubblicità viene diffusa a pagamento attraverso tutti i canali della comunicazione utilizzabili e il suo scopo è quello di creare certezze, facendo leva sull'emotività degli individui. Storia: Le prime forme di pubblicità nascono nell'età antica, ai tempi dei greci e dei romani. Tra i resti di queste civiltà sono stati trovati muri dipinti con illustrazioni che avevano uno scopo di propaganda ma il manifesto pubblicitario nasce solo in seguito alla scoperta della stampa da parte di Gutenberg nel 1455, questo segnò una vera e propria rivoluzione in questo campo, la pubblicità si trasferì sulla carta. Il manifesto aveva come oggetto principalmente eventi teatrali e feste private. Il primo annuncio pubblicitario a mezzo stampa risale al 1479 e viene fatto da un editore inglese per pubblicizzare i propri libri. Il ‘600 detta la nascita della pubblicità sui giornali, il primo annuncio pubblicitario comparì sulla Gazzetta di Parigi. La pubblicità sui giornali venne sfruttata dalle industrie farmaceutiche realizzando enormi profitti. Nell’800 il messaggio pubblicitario apparve sempre più frequentemente nei giornali e ad affiancare questo si impose all’attenzione il manifesto, oggi ancora icona della pubblicità, che si impone come mezzo primario di comunicazione di massa. Ed ecco “spuntare” il primordiale Direct Marketing, ovvero il sistema con cui si inviano comunicazioni a degli indirizzi selezionati divisi in categorie. Nel 1845 in Francia fa la comparsa la prima agenzia di pubblicità “Société Générale des Annonces”, che gestì in esclusiva gli spazi pubblicitari di tre grandi giornali. In Italia invece nel 1863 fu fondata la Manzoni. Inizialmente era una società che si occupava del mercato all'ingrosso di prodotti farmaceutici e chimici, ma il suo fondatore ebbe la grande idea di appaltare spazi pubblicitari per se e per altre aziende di quel settore su una parte dei giornali dell'epoca. Fu un enorme successo e la richiesta di annunci si espanse anche negli altri settori. Da allora iniziò una vera e propria attività in questo settore che è competitiva ancora oggi. Ma bisogna attendere la metà del XIX secolo per la nascita della pubblicità in senso moderno, come conseguenza dei cambiamenti provocati dalla seconda rivoluzione industriale e del perfezionamento della tecniche di riproduzione e dei procedimenti di stampa. Con la rivoluzione industriale i salari raddoppiarono e di conseguenza ci fu un forte aumento dei consumi. Si realizzò il fenomeno del piena occupazione e anche i beni secondari divennero alla portata di tutti. Questo portò ad un notevole miglioramento delle condizioni: la comodità non era più solo di nobili o di ricchi borghesi ma apparteneva a tutti. Si diffusero l'illuminazione, nuovi mezzi di comunicazione come la radio, la televisione e soprattutto i quotidiani. Sulle ultime pagine dei quotidiani appaiono i primi annunci pubblicitari. Agli inizi la pubblicità veniva fatta principalmente con solo testi e disegni, in maniera semplice ed immediata, poiche gran parte della popolazione era analfabeta ed erano molto pochi coloro che potevano leggere i giornali. Spesso si usavano i verbi all'imperativo: «Bevete...», «Prendete...», «Al vostro farmacista chiedete...». Nel 1960 lo stile di vita consumistico americano si impadronisce della popolazione europea e la pubblicità si sbizzarrisce per promuovere sempre nuovi consumi. Nel 1966 nasce il codice di autodisciplina pubblicitaria. Gli anni della rivoluzione a cavallo tra il ’68 e gli anni ’70 vedono il rovesciamento delle teorie consumistiche e la presa di coscienza di un modello di vita alternativo. Il consumo e le ideologie del lavoro vengono prese di mira e la pubblicità additata come fomentatore del consumismo sfrenato. Nel 1986 il Convegno Nazionale della Pubblicità porta ad un rilancio della stessa, nell’ottica del rinato consumismo di questi anni. La nuova offerta delle televisioni private porta agli apici del successo la promozione su questo mezzo, gli interpreti sono delle star e la domanda-offerta di spazi e in crescita esponenziale. Gli anni novanta e quelli odierni, vedono la crisi economica internazionale che influisce sugli investimenti pubblicitari e conseguentemente sulle strutture della stessa comunicazione. Gli investimenti pubblicitari calano e le aziende puntano alla promozione piuttosto che alla pubblicizzazione allargando il target ai nuovi paesi in via di sviluppo. Tipologie: Cinque sono le diverse possibili pubblicità: commerciale, sociale, advocacy advertising, pubblica e propaganda politica. La pubblicità commerciale è quella volta a reclamizzare un prodotto di mercato ed è ovviamente la forma di pubblicità più diffusa. La pubblicità sociale o campagna di utilità sociale è quella forma di pubblicità che sfrutta le proprie caratteristiche principali con lo scopo di sensibilizzare l’opinione pubblica su problematiche di carattere morale e civile riguardanti l’intera comunità. In Italia la pubblicità sociale è stata introdotta nel 1971 grazie alla fondazione di “Pubblicità Progresso” e alla realizzazione della campagna a favore della donazione del sangue. L’advocacy advertising, pubblicità di sostegno, di propugnazione, è una forma di pubblicità non profit volta a promuovere un consenso relativamente a tematiche su cui esiste una divergenza di opinioni. In teoria chiunque può usare l’advocacy per far valere una qualsiasi posizione. Tra i casi concreti è possibile citare le campagne a favore dei diritti di alcune categorie di persone, le campagne a favore dei privilegi di un certo settore, le campagne contro la pressione fiscale su determinati professionisti, di chiarimento, ect. Un esempio di cosa sia l’advocacy è presente guardando il famoso film di Jason Reitman, Thank You for Smoking. Anche la pubblicità pubblica è una forma di pubblicità non profit impiegata dallo Stato o dall’Amministrazione pubblica, volta a comunicare informazioni relative ai diritti e ai doveri dei cittadini che dovrebbe consentire di usufruire nel modo migliore possibile dei servizi di cui essi hanno diritto, sensibilizzarli su problematiche socialmente rilevanti, e più in generale stimolare un processo di crescita civile e sociale. Il limite principale della pubblicità pubblica è rappresentato dal fatto che spesso viene percepita dai cittadini come un prolungamento della propaganda elettorale, e quindi vista come una sorta di advocacy advertising volta a sottolineare periodicamente il buon operato di un governo o di una pubblica amministrazione e perciò al fine di mantenere un consenso. La propaganda politica invece, è quella volta a reclamizzarre un partito o un’idea politica. Rapporto MacBride: Il rapporto MacBride, “Many Voices One World”, è stato pubblicato dall’UNESCO nel 1980 e sviluppato dalla “Commissione Internazionale per gli Studi delle Problematiche Sociali” con a capo il premio nobel Seàn MacBride. Il suo scopo era quello di analizzare i problemi della comunicazione nelle società moderne, particolarmente a riguardo del ruolo svolto dai mass media, e dalle nuove tecnologie con l’intenzione di creare un organo preposto al mantenimento e alla conservazione di un ordine delle comunicazioni e per diminuire i problemi a riguardo. Tra i problemi che il rapporto individuava vi era la concentrazione dei media, la commercializzazione dei media, ed un disuguale accesso all’informazione e alla comunicazione. La commissione puntava ad una democratizzazione della comunicazione e ad un rinforzamento dei media nazionali per evitare una dipendenza nei confronti di risorse finanziarie esterne. Mentre il rapporto ebbe un forte supporto internazionale, venne condannato dagli Stati Uniti e dalla Gran Bretagn come un attacco alla libertà di stampa ed entrambi i Paesi si ritirarono dall’UNESCO. La stessa pubblicità all’interno del rapporto è considerato come un importante fattore nella comunicazione internazionale, a cui devono essere collegate ricerche strategiche sulla questione: (Research) should ascertain the direct, intentional and unintentional effects of advertising and could lay the groundwork for new policy decisions, if and as required […] How can commercial considerations be harmonized with broad social and cultural goals? How can any negative effects be lessened? (UNESCO, 1984, p.123) Il tema della pubblicità appare sotto al capitolo del rapporto riguardante il rafforzamento dell’identità culturale, in cui è evidente la preoccupazione degli effetti e dei valori portati avanti dalle pubblicità che devono essere in accordo, quindi, con le linee guida delle politiche di sviluppo dei paesi con l’impegno di preservare l’identità nazionale. Esempio di campagna pubblicitaria: “Tutti i colori del mondo” era uno dei primi slogan che accompagnavano le pubblicità Benetton, diventando poi “I colori uniti di Benetton”. Quest’idea dei colori uniti appare talmente forte da convincere l’impresa ad adottarla come marchio. Intorno ai “colori uniti” si svilupperanno delle immagini pubblicitarie che punteranno a creare un nuovo sistema di marchio commerciale che mostrano ragazzi e ragazze multietniche che esprimono integrazione, dinamismo, gioia di vivere. A partire dalle immagini della campagna del 1986 con la collaborazione di Oliviero Toscani inizia un sovvertimento degli stereotipi in cui il termine “differenza” acquista un significato polemico e oppositivo. Numerose immagini di questo periodo mostrano l’applicazione di questo procedimento. Un’immagine mostra un’opposizione religiosa e politica (il palestinese e l’israeliano), un’altra un’opposizione religiosa e sessuale (il prete che abbraccia la suora), un’altra ancora un’opposizione morale (gli stereotipi del male e del bene simboleggiate dall’angelo e dal diavolo). Prendendo atto di queste diversità e divieti, la marca assume un tono piu impegnato, il suo progetto diventa l’integrazione degli opposti. Il prodotto scompare progressivamente dalle immagini pubblicitarie e nel 1991 in occasione della Guerra del Golfo viene realizzata la foto di un cimitero di guerra, pubblicata su un solo giornale in Italia, Il Sole 24 Ore. La Benetton tenta di ottenere l’attenzione di ormai milioni di consumatori introducendo un pezzo di “vita vera” nell’universo falso della pubblicita. Quest’unica foto provocherà centinaia di articoli in tutto il mondo ottenendo a questo punto le attenzioni che cercava. Risponderà con un’altra foto, anch’essa altrettanto famosa, quella della neonata, inno alla vita, scatenando proteste in Italia, Gran Bretagna, Irlanda e Francia finchè dopo un periodo di rifiuto viene addirittura apprezzata e premiata. Dopo le foto multirazziali degli anni ottanta, le foto di guerra del periodo della Guerra del Golfo, nel 1992 si passa al nuovo tema scottante: l’AIDS. La foto di David Kirby ritratto nella sua stanza dell’Ohio State University Hospital con al capezzale i familiari aveva già vinto nel 1991 il Word Press Photo Award, ma è su quell’immagine che ancora una volta la Benetton riesce a raccogliere il premio per la miglior campagna pubblicitaria e le accuse di cinismo e approvazione. Nella conferenza stampa indetta dalla Benetton la madre di David Kirby disse: “ Noi non abbiamo la sensazione di essere usati ma di usare la Benetton: David parla a voce molto più alta ora che è morto che non quando era vivo”. Nel 1993, per superare le critiche ed ottenere un consenso maggiore, nasce la collaborazione con la Caritas Svizzera e della Federazione Internazionale della Croce Rossa di Ginevra per lanciare la campagna “Clothing Redistribution Project”. La campagna riuscirà ad ottenere l’appoggio di 44 associazioni che unendosi a Caritas e Croce Rossa raccoglieranno 460000 Kg. di abiti usati. L’ennesimo impatto mediatico sensazionale sarà dato, nel 2000, dalla campagna pubblicitaria che ha per oggetto la pena di morte. La stampa stessa pubblicherà le foto dei condannati mentre il dibattito sulla pena di morte si arricchirà di nuovi contributi. Lo stesso anno Toscani fonderà la “Fabrica”, un centro di ricerca sulla comunicazione che a partire dal 2001 alternerà ogni tre stagioni, tradizionali campagne prodotto e campagne istituzionali. Nel 2001 la Benetton avviò “Volunteers in Colors”, una campagna di comunicazione per celebrare l’Anno Internazionale del Volontariato. Nel 2003 “Food For Life”, in collaborazione con World Food Programme ha riproposto con evidenza il problema della fame come la piu grande emergenza umanitaria mondiale anche se dimenticata dai media e dall’opinione pubblica. “James & Other Apes”, del 2004, ha proseguito la sua riflessione sulla diversità intesa come ricchezza, estendendola dalla varietà delle razze umane agli altri esseri viventi. Nel 2008 con “Africa Works” la Benetton avvia un progetto di microcredito in Senegal dando un concreto sostegno allo sviluppo della piccola imprenditoria locale, grazie ad efficaci finanziamenti. Le campagne pubblicitarie della Benetton con la foto del malato di AIDS, del soldato, del cimitero di guerra sono state utilizzate per attirare l’attenzione dei consumatori per promuovere i propri prodotti. Rimangono immagini di un marchio, utilizzate però anche per reportage di attualita che riproducono il mondo reale e che hanno introdotto una nuova questione sulla pubblicità. E’ possibile utilizzare il messaggio pubblicitario, l’enorme potenza dei budget per instaurare con i consumatori un dialogo diverso dall’informazione sui prodotti? Le reazioni alle immagini sono state a volte violente, spesso rifiutate dalle testate giornalistiche per il carattere choccante e soprattutto per il fatto che queste immagini siano diffuse da un’azienda a fini pubblicitari. Il guadagno della Benetton poggia su questa operazione di sensibilizzazione e tutto il suo marketing proviene dall’uso che l’azienda ha scelto per rappresentare il suo marchio, ma nonostante questo, è innegabile l’opera di sensabilizzazione diretta ed indiretta ottenuta dall’abbandono del mondo confortevole e fittizio degli stereotipi pubblicitari. La marca non può ovviamente risolvere i problemi planetari ma i temi dell’AIDS, della guerra, del razzismo hanno colpito milioni e milioni di consumatori e hanno così mobilitato l’interesse dei media e dei governi in questioni che sennò sarebbero passate inosservate. Dall’altra parte invece, campagne pubblicitarie di stampo internazionale hanno provocato conseguenze e reazioni in tutto il mondo sotto forma di boicottaggio. Questo è il caso della Nestlè, uno dei simboli della globalizzazione, il più grande produttore di cibo mondiale, il gigante del settore agroalimentare, con stabilimenti in più di 80 paesi ed un giro d’affari di circa 52 miliardi di dollari. Con un budget pubblicitario di circa 8 miliardi di dollari all’anno, la Nestlè è stata in grado di spacciare addirittura come aiuto le sue scorrette pratiche di marketing con la vendita del latte in polvere. In questo secolo è dilagato l’uso di alimenti per neonati come per esempio in Cile dove nel 1950 il 95% dei neonati venivano allattati al seno mentre vent’anni dopo solo il 20%. Altro esempio è in Nigeria, dove i bambini venivano allattati fino all’età di circa quattro anni, e con l’avvento degli alimenti artificiali, l’allattamento al seno smise nel 70% dei casi all’età di quattro mesi. In entrambi i casi le donne credevano fermamente ai vantaggi del latte in polvere e dicevano di essere state consilgliate dal personale medico. Questo cambiamento di costumi è dovuto all’influsso dei paesi industrializzati, in quanto il biberon è divenuto grazie alle campagne pubblicitarie simbolo di progresso e di salute a priori. Oltre a distribuire cartelloni pubblicitari recanti immagini di bambini sani e paffuti negli ospedali, le ditti produttrici della Nestlè si mettono in contatto con i medici locali, organizzando corsi e seminari per il personale sanitario per far entrare in uso i loro prodotti negli ospedali. Una delle più redditizie tattiche di marketing usata in particolar modo della Nestlé è di dare gratis il latte per bambini o i sostituti agli ospedali e ai reparti di maternità. In molti casi viene dato abbastanza latte perchè tutti i bambini nati all’ospedale siano allattati con il biberon mentre alle madri viene spesso dato anche un barattolo campione da portare a casa. Dare il latte con il biberon ai neonati fa sì che il latte materno venga progressivamente a mancare e l’allattamento al seno diventi impraticabile. Di conseguenza il bambino diventa dipendente del latte artificiale. Una volta a casa, le madri non ricevono più gratis il latte, ma se lo devono comprare. Da ciò nasce da una parte i profitti della Nestlé e dall’altra le spaventose conseguenze di malattie e denutrizione. Oltre a queste tecniche di marketing la Nestlé persuade il personale medico a raccomandare il suo latte e riempe le corsie degli ospedail con pubblicità o con la distribuzione di volantini negli ospedali. Con la pubblicità “Follow-on Milks” (latti per lo svezzamento) la multinazionale pone la sua etichetta sulle confezioni di latte per lo svezzamento per i bambini a partire da 4 mesi nonostante siano giudicati dall’Assemblea Mondiale per la Sanità come non necessari e non salutari per i bambini sotto i 6 mesi. Essendo una multinazionale molto potente la Nestlé riesce ad esercitare anche un’influenza considerevole sui governi ritardando ed indebolendo la legislazione. Da un articolo di “Putting babies before business”, del reverendo Simon BarringtonWard “L’Organizzazione Mondiale della Sanità e l’UNICEF consigliano che i neonati siano alimentati esclusivamente con latte materno –nient’altro, nemmeno acqua- per i primi sei mesi circa della loro vita. A livello mondiale, si stima che la riduzione dell’allattamento artificiale e un miglioramento delle pratiche di allattamento al seno potrebbero salvare 1,5 milioni di bambini l’anno. Non è una conincidenza che le percentuali di allattamento al seno siano alte in paesi come il Burundi e il Ruanda, dove il marketing è scarso. Le persone che vivono nei paesi poveri vengono spesso convinte dalla pubblicità che l’allattamento artificiale sia la cosa moderna da fare. Avendo vissuto in Nigeria e viaggiato in gran parte dell’Africa dell’Asia, posso riferire che i fabbricanti di latte artificiale usano sistematicamente immagini di medici bianche circondati da neonati neri o asiatici per promuovere i proprio prodotti come la maniera moderna, sana, “da primo mondo” di crescere un bimbo. E’ un messaggio molto potente e persuasivo, veicolato da immagini di modernizzazione.” Un altro rapporto dell’UNICEF intitolato “Cracking the Code” dimostra che ben 32 società hanno violato sistematicamente il Codice che avevano sottoscritto riguardo la vendita di sostituti del latte materno. Fra queste aziende c’è si Nestlé, ma ci sono anche molti altri nomi più o meno conosciuti: Gerber, Mead Johnsono, Milupa, Heinz, Nestlé, Nutricia, Wyeth, Chicco, Johnson & Johnson, Abbott, Snow, Hipp, per esempio. Inoltre le pratiche scorette non sono limitate al terzo mondo, ma avvengono anche in paesi come la Polonia e persino l’Italia. Chiaramente, in un paese “sviluppato” promuovere il latte artificiale è eticamente meno grave che in un paese povero, dato che la mamma “del primo mondo” ha un facile acceso sia alle informazioni, sia ad acqua pulita e quasi sicuramente può permettersi il latte artificiale in termini economici. Un’altra considerazione importante da fare è che parte della colpa spetta anche ai governi che non fanno le leggi o troppo spesso le fanno tardi come in Brasile che nel 2001 introdusse leggi severe che vietano di usare immagini di bambini, biberon o giocattoli nelle confezione del latte artificiale e degli omogeneizzati e di apporre chiare avvertenza del fatto che questi prodotti non vanno utilizzati prima dei sei mesi di vita. In generale, oltre ai governi che dovrebbero tutelare i diritti dei proprio cittadini come tali e come consumatori spetterebbe ad un organo super partes, limitare l’influenza di una “cattiva pubblicità” e non solo ad una serie di codici di autodisciplina. Mezzi di diffusione: Praticamente qualsiasi medium può essere utilizzato per fare pubblicità. Possiamo trovare pubblicità commerciale dipinta sui muri, sui pannelli, su elementi dell’arredo urbano, su volantini, sulla radio, al cinema, in televisione, su internet, sui cellulari, sui carrelli della spesa, sui pop-up di internet, sugli autobus, sul “uomo panino”, sulle riviste, sui giornali, sui lati dei pullman, sui lati degli aerei, durante i video proprosti in volo, sui taxi, sui tetti, durante i musical, alle stazioni dei treni e delle metro, sulle porte dei bagni, dentro i supermercati, nella sezione aperta dello streaming, sui cartelloni, dietro biglietti di eventi o sulle ricevute. Qualsiasi posto “identificato” può essere utilizzato da uno sponsor per trasmettere il proprio messaggio. La pubblicità si divide ormai tra digitale e fisico. La pubblicità digitale comprende come mezzo di diffusione la televisione, la radio, il web e il “product placement”. • La pubblicità che viene trasmessa attraverso la televisione è generalmente considerata la più potente come testimoniato dai prezzi altissimi che le reti televisive richiedono per gli spot durante eventi molto seguiti in tv. Ad esempio durante il Super Bowl football game negli Stati Uniti dove nel 2009 il costo • • • medio di una singola pubblicità da 30 secondi raggiunse i 3 milioni di dollari. Oggi la grande maggiornanza delle pubblicità televisive consiste in brevi spot che possono durare tra i 10 secondi e un paio di minuti. Gli spot sono stati utilizzati per promuovere un enorme varietà di beni, servizi ed idee dalla nascita della televisione. L’effetto di uno spot commerciale sul pubblico davanti lo schermo, ha avuto talmente tanto successo che in molti paesi, come per esempio negli Stati Uniti, viene considerato impossibile per un politico avviare una campagna elettorale senza acquistare degli spazi pubblicitari televisivi. In paesi come la Francia, campagne elettorali televisive sono state vietate. La pubblicità radiofonica offre alle nuove aziende un importante possibilità con la sua ampiezza di target e i prezzi agevoli. Esso può essere il propulsore della crescita di un’azienda. Mentre uno spot televisivo può facilmente superare una spesa di 50 mila dollari, con un periodo di produzione di almeno un mese, lo spot radiofonico comporta costi inferiori ai 1500 dollari e può essere prodotta entro pochi giorni o settimane. Inoltre i possessori di radio sono molto superiori di quelli delle televisioni, ottenendo un target potenziale maggiore. E’ anche possibile scegliere il target adatto grazie al raggruppamento delle radio secondo i generi, filtrando le pubblicità ai radioascoltatori adatti. La pubblicità online è una forma di promozione che utilizza internet e “World Wide Web”(www.) per distribuire messaggi di marketing e attrarre i clienti. La pubblicità online racchiude molte tipologie di pubblicità, alcune ritenute più etiche di altre. Alcuni siti utilizzano immagini che distraggono l’utente, altre, immagini fatte per sembrare errrori del sistema operativo conducendoti al sito principale della compagnia pubblicitaria. I siti che permettono la pubblicità “meno” etica non monitorono i link proposti, permettendo alle pubblicità di condurti a siti con software pericoloso o materiale adulto. La grande quantità di spamming ha indotto molti utenti dell’internet ad abbandonare i servizi di “Adobe Flash” o di installare browser plug-ins come “Adblock” o “NoScript”. “Advertisement placement” è un ulteriore forma di pubblicità che compare spesso in televisione, nei film e nelle serie tv, al cinema, al teatro, dove oggetti di una marca precisa vengono posti all’interno di un’azione dello spettacolo senza turbare l’azione stessa. Chi non si ricorda dell’Aston Martin di James Bond? Questa forma di pubblicità però va incontro a limitazioni come nel caso dell’Italia dove questo merchandizing è vietato all’interno delle serie televisive, la cosidetta “pubblicità occulta”. Mezzi di diffusione di pubblicità che compaiono in modo più “fisico” sono la stampa, i cartelloni, i negozi e i testimonial. • • • Attraverso la stampa, quindi giornali locali o nazionali, e riviste, il target è immenso ma filtrabile. I cartelloni pubblicitari ormai parte dell’arredo urbano compaiono ovunque, dagli edifici alle macchine o autobus in transito. I negozi stessi vengono utilizzati per attirare l’attenzione di determinate marche che sono poste a volte all’entrata, ad altezza occhio o nei camerini. • L’uso dei testimonial concentra la sua efficacia su un determinato personaggio celebre per denaro, fama, popolarità o potenza per promuovere e ottenere l’attenzione di compratori. Gli investimenti in pubblicità pubblicità nel mondo: Cinquant’anni fa le impostazioni strategiche e di metodo e le forme espressive della pubblicità erano prevalentemente ispirate al modello americano. In seguito ci sono stati interessanti sviluppi di qualità non solo in Europa, ma anche in altre parti del mondo, per esempio nell’America latina e in alcuni paesi dell’Asia. Ma ancora oggi l’impronta americana si fa sentire in tutto il mondo. Per l’effetto di modelli culturali imitativi e per la tendenza alla “centralizzazione” da parte delle imprese multinazionali, di cui molte sono americane, anche quelle europee sono spesso influenzate da tendenze che hanno origine negli Stati Uniti. Fin dal diciannovesimo secolo gli Stati Uniti hanno avuto più di metà del totale mondiale degli investimenti pubblicitari. Ora questa percentuale sembra in diminuzione con un passaggio del 37% di investimenti nel settore nel 1995 al 33% nel 2006. L’andamento è discontinuo in tutti i paesi con fasi di aumento e di diminuzione come per esempio la Cina dove il boom economico ha colpito anche gli investimenti pubblicitari ponendola al secondo posto (anche se questi dati appaiono spesso molto gonfiati rispetto ad una crescita reale). L’Italia è al nono posto nel mondo con il 2,3% degli investimenti pubblicitari globali mentre l’India è comparsa recentemente fra i primi venti paesi del mondo con una crescita della pubblicità meno veloce, almeno per ora, di cio che ci si poteva aspettare intorno allo 0,7%, ma è evidente che l’economia indiana ha un alto potenziale di sviluppo. Oltre all’India anche paesi dell’Europa orientale hanno forti percentuale di crescita come la Russia con il 1,5% e la Polonia con lo 0,8%. C’è un notevole sviluppo nell’America Latina, ma pochi paesi hanno una crescita paragonabile a quella del Messico 3,4%, del Brasile 3,7% e dell’Argentina 0,9%. Gli investimenti pubblicitari per area geografica mostrano come la crescita maggiore negli ultimi 10 anni sia avvenuta in Africa con un aumento del ben 132,7% con un passaggio dagli 1,7 mila milioni di dollari ai 3,9 mila milioni di dollari. Dietro l’Africa si colloca l’America Latina con una variazione del 98,6% e un passaggio dai 20,6 ai 40,8 mila milioni di dollari. Si aggiudica il terzo posto con investimenti pubblicitari della stessa ampiezza dell’Africa, il Medio Oriente, con investimenti complessivi di circa 3,7 mila milioni e una crescita pari al 78,9%. I dati complessivi degli investimenti mondiali mostrano una crescita dell’intero settore pubblicitario che si aggira intorno al 40% con un investimenti pari ai 392,5 mila milioni di dollari. Conclusione: Nel 1759 Samuel Johnson scriveva su The Idler: “Gli annunci pubblicitari sono oggi cosi numerosi, che sono letti con negligenza, ed e percio divenuto necessario conquistare l’attenzione con magnificenza di promesse, e con eloquenza talvolta sublime e talvolta patetica”. Oggi la pubblicità è accettata dalla maggior parte di noi perchè ormai si è integrata perfettamente nella nostra vita e fa parte della nostra esperienza quotidiana. Più che una critica frontale come quella che superò al suo inizio, oggi incontra opposizione soprattutto da parte di coloro che se ne sentono saturi. Scopo della pubblicità è, per definizione, quello di creare certezze facendo leva sull’emotività degli individui, ma questa è soltanto una delle interpretazioni che si possono trovare navigando il web o aprendo un dizionario. La vera efficacia di una pubblicità o di una campagna pubblicitaria è difficile da quantificare, da valutare, tantomeno se cerchiamo di analizzare quei spot che vengono trasmessi nei cosiddetti “paesi in via di sviluppo”, paesi lontani da una realtà occidentale e da un sistema capitalistico consolidato, ma dove il monopolio delle comunicazione pubblicitarie è comunque in mano a grandi agenzie multinazionali americane come la Dentsu, la J. Walter Thompson, la Saatchi & Saatchi, la Young & Rubican, la Mac Cann Erickson. La pubblicità oggi viene accusata di aver promosso il consumismo in paesi in via di sviluppo, di aver esportato oltre al prodotto anche il modello di vita occidentale. McAlliser e Mazzarella affrontando il tema dell’avvento della pubblicita e del consumismo nel mondo affermarono: It is no secret that we live in an advertising-oriented and consumer-based culture. […] Economically, for example, advertising is a massive institution. In 1998, for the first time in human history, one country – the United States – saw businesses spending more than $200 billion to advertise to its citizens (Coen, 1999). In the same year, one company, Procter and Gamble, spent more than $3 billion to advertise outside the United States, solidifying its global reach (Wentz, 1999). Culturally, advertising is a major symbol system in its own right, exposing us to thousands of promotional messages each week… La pubblicità è un sistema di comunicazione, e come tale gode della propria libertà con diritti che devono essere tutelati, e in questo caso, i diritti tutelati sono quelli delle grandi multinazionali americane difese dallo stesso International Advertising Association che agisce come “difensore della libertà di scelta del consumatore”. La IAA è determinata ad educare la società sui benefici della pubblicità: • Advertising informs and inspires consumers so they can choose how to enrich their lives • Advertising stimulates competition among companies • Advertising encourages product innovation • Advertising plays a part - through the process of sparking demand - in creating jobs in thousands of industries • Advertising enables an independent, pluralistic, affordable media, the very foundation of democracy itself • Advertising also subsidizes a large part of the entertainment industry - particularly sports, music, and theatrical events (IAA Website) Nonostante queste rassicurazioni da parte della IAA è inevitabile lo sviluppo di un’identità del consumatore, ovvero la perdita di una propria cultura individuale in luogo di quella propagandata. Questa tendenza che si è ormai diffusa la possiamo notare nei 70000 videoregistratori di Calcutta o nelle baracche del Messico dove le case con i televisori sono piu numerose di quelle con l’acqua corrente. Mentre il target dei pubblicitari può anche essere la classe media il loro messaggio viene “democraticamente” ascoltato in tutte le radio, sui cartelloni pubblicitari e dove possibile sui televisori. Nei paesi in via di sviluppo le risorse naturali vengono sprecati per la produzione, pubblicizzazione di prodotti che in realtà non sono nemmeno necessari in mercati locali in crescita. Inoltre mentre gli economisti suggeriscono di comprare il prodotto meno caro, in realta il consumatore acquista un prodotto piu costoso ed importato. Il modello capitalistico e pubblicitario occidentale sta causando la crescita del consumismo con effetti negativi sui paesi in via di sviluppo e mentre c’è chi sostiene che la globalizzazione stia aumentando il benessere generale la povertà investe ancora un quinto del mondo, che oramai è sottomessa alla cultura del consumismo. In conclusione la pubblicità è uno strumento di progresso, di comunicazione, fatto a misura delle esigenze umane e con grandi possibilità di migliorare la qualità della nosra vita. Come ogni strumento, può essere usata male; ma quando è fatta bene e con coscienza i suoi benefici sociali possono essere straordinari. Il 15 giugno 1931, in un discorso all’Advertising Federation of America, Franklin D. Roosevelt disse: “Se ricominciassi la mia vita, credo che preferirei lavorare in pubblicità che in qualsiasi altra professione. Perche la pubblicità è arrivata a coprire l’intera gamma delle esigenze umane; e unisce autentica fantasia allo studio profondo della psicologia umana. Poiche porta a un gran numero di persone la conoscienza di cose utili, la pubblicità è essenzialmente una forma di educazione [...] Il generale miglioramento delle condizioni di vita nelle civiltà moderne sarebbe stato impossibile senza quella conoscienza di livelli piu elevati che è diffusa dalla pubblicità”. Nonostante il forte discorso di Roosevelte la situazione oggi non è la stessa di 80 anni fa ed io personalmente preferisco le parole di Frederic Beigbeder all’interno del suo libro “Lire 26.900”: “Octave è uno di quei pubblicitari che “inquinano l’universo”, facendoci sognare quel che “non avremo mai”: è uno stimolatore di gelosia, dolore, soddisfazione, un profondo conoscitore delle debolezze della psiche umana che si diletta, per denaro (13mila euro al mese, più extra, poi 30mila), ad educarci al postmoderno “spendo dunque sono”. Perché “glamour è un paese dove non s’arriva mai”: Octave ci droga di novità, ci propina un prodotto dopo l’altro, mentre noi – ex individui, ex cittadini, ora, come qualcuno vorrebbe, “consumatori” – ci illudiamo del libero arbitrio: “credete di possedere il libero arbitrio, ma un giorno o l’altro riconoscerete il mio prodotto negli scaffali di un supermercato e lo acquisterete, così, tanto per assaggiarlo, credetemi, conosco il mio mestiere”.