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Seppellire i carnefici senza dimenticare

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Seppellire i carnefici senza dimenticare
la Repubblica
DIARIO
GIOVEDÌ 17 OTTOBRE 2013
DI REPUBBLICA
■ 40
Le polemiche nate intorno al caso Priebke riaprono la questione
della sorte da riservare anche ai peggiori criminali dopo morti
Ma la “pietas” non può significare rinnegare la storia
ILCORPODELNEMICO
Seppellire i carnefici
senza dimenticare
ADRIANO SOFRI
LIBRI
GIOVANNI
DE LUNA
Il corpo del
nemico ucciso
Einaudi
2006
La passione
e la ragione
Bruno
Mondadori
2004
HANNAH
ARENDT
La banalità
del male
Feltrinelli
2013
WILLIAM
SHAKESPEARE
Troilo e
Cressida
Garzanti
2007
ROBERT P.
HARRISON
Il dominio
dei morti
Fazi
2004
ADRIANA
CAVARERO
Corpo in figure
Feltrinelli
1995
SERGIO
LUZZATTO
Il corpo
del duce
Einaudi
2011
G. SPIZZICHINO
R. RICCARDI
La farfalla
impazzita
Giuntina
2013
ADRIANO
FAVOLE
Resti
di umanità
Laterza
2003
MARY ROACH
Stecchiti
Einaudi
2005
CRISTINA
CATTANEO
Morti
senza nome
Mondadori
2006
(segue dalla prima pagina)
Offese
he dovesse vendicarsi dei suoi giudici, dei suoi accusatori, del disprezzo della gente, ma
soprattutto delle sue vittime.
Era un vecchissimo nazista
che sarebbe diventato un
campione di longevità pur di
non perdonare le proprie vittime. Non se ne parlava quasi più, di Priebke, tranne
qualche sporadica ed effimera fiammata. Qualcuno
distrattamente domandava:
«Ma è ancora vivo?». Qualcun altro rispondeva: «Credo di sì, dev’essere ancora vivo». Era a Roma, simulava di
andare a lavorare dal suo avvocato, glielo revocavano,
andava a fare la spesa, a messa, ai giardinetti. Il suo avvocato trovava spiacevole che
fosse sempre scortato: «Sappiamo che questo è dovuto
alla necessità di tutelarne
l’incolumità, per quanto nelle sue uscite non sia mai stato oggetto di offese o, peggio,
azioni violente», diceva.
Questa era una notizia, e spero che in questi giorni l’opinione degli altri paesi europei non se ne dimentichi.
Che in un quartiere di Roma
abitava e camminava un criminale di guerra nazista, e
che nessuno l’aveva fatto oggetto di offese e tanto meno
di azioni violente. Bene: man
mano che gli anni passavano
e Priebke li compiva, fino a
toccarne i cento, il minimo
gruzzolo di pietà di cui quasi
ogni essere umano è in credito presso i suoi simili si consumava. Priebke, come lo
immaginavo, stava vendicandosi anche di quello.
Glielo stava facendo pagare,
a chi non avesse spento in sé
un avanzo di compassione, e
specialmente alle sue innocenti vittime – le vere colpevoli della sua iniqua disgrazia, quelle che volevano rovinargli la vita. Vivere molto a
lungo non è merito né colpa.
Lui voleva vendicarsi. È arrivato fino alla vigilia di un più
solenne anniversario del 16
ottobre. Questo immaginavo, e non mi è rimasta pietà
per Priebke: esaurita. Il cosiddetto testamento, la rivendicazione postuma dell’infamia, è recita, stava nel
copione, che sia opera sua o
dei suoi, è ovvia e disgustosa,
ovviamente disgustosa.
Ora è bisognato immaginare le reazioni delle perso-
Per anni il vecchio
nazista ha vissuto
e camminato per
le strade di un quartiere
romano senza subire
alcun tipo di offese
o di azioni violente
C
Infamia
In alto, “Marianne seppellisce
i soldati tedeschi nelle trincee
della Marna” vignetta
di Adolphe-Léon Willette
apparsa sul Le Rire Rouge
l’11 settembre 1915
C’erano i mezzi
per impedire che
questa vicenda
divenisse occasione
di richiamo e visibilità
per tutti quelli
che difendono l’infamia
ne. Non dei famigliari delle
vittime delle Ardeatine, o
dell’ottobre ’43: quelle basta
ascoltarle, onorarle, soprattutto amarle. Le altre. Il modo in cui autorità e persone
hanno pensato di trattare il
corpo del nemico (Priebke
era il nemico, e per cattiveria
e vanità portava quel titolo
appeso all’occhiello): ma ora
era il corpo del nemico morto. Ci aggrappiamo ai classici, che però trasferiscono,
con tutto lo scempio di cadaveri che contengono, nel
troppo respirabile aere della
poesia, della religione, del
mito: Achille e il cadavere di
Ettore, Antigone e Polinice.
Poi c’è la salma di un centenario. La si è trattata come se
fosse un Priebke più vero del
Priebke vivo, quello che, senza offese e aggressioni, camminava fino a poco fa nelle
strade dell’estate romana. Si
è rinnovato un malinteso
pieno di precedenti – piazzale Loreto, che era stato preceduto da un piazzale Loreto a
parti inverse – che invocavano l’attenuante del furore
caldo da sfogare. Ferite co-
SILLABARIO
IL CORPO DEL NEMICO
OMERO
bbediente a quel parlar la Diva mosse i candidi piedi, e dall’Olimpo scese d’un salto al
padiglion d’Achille. Il trovò sospiroso; affaccendati a lui dintorno i suoi diletti amici apprestavan
la mensa, ucciso un grande e lanoso ariète. Entrò,
s’assise dolce al suo fianco la divina madre, accarezzollo colla destra, e disse: e fino a quando, o figlio, in
pianti e lutti ti struggerai, immemore del cibo, e deserto nel letto? Eppur di cara donna l’amplesso il cor
consola: il tempo, ch’a me vivrai, gli è breve, e violenta già t’incalza la Parca. Or via, m’ascolta, ch’io di
Giove a te vengo ambasciatrice. I numi, ed esso primamente, sono teco irati, perché nel tuo furore ostinato ritieni appo le navi d’Ettore il corpo, e al genitor
nol rendi. Rendilo, e il prezzo del riscatto accetta. E
ben, rispose sospirando Achille, venga chi lo redima
e via sel porti, se tal di Giove è l’assoluto impero.
O
© RIPRODUZIONE RISERVATA
me la strage delle Ardeatine,
come la deportazione e lo
sterminio, non si risarciscono, ma il loro furore si rapprende, e non smette perciò
di essere terribile. Opporsi a
una fomentata gazzarra
neofascista è giusto, calci e
sputi a un carro funebre hanno a che fare con altro. Scambiano il cadavere di Priebke
per Priebke, che passeggiava
indisturbato. La chiesa romana di tanto tempo fa dissotterrò un cadavere di papa,
lo processò, gli mozzò le dita
con cui aveva benedetto e lo
buttò in Tevere. Si può ancora trafugare un cadavere e infierire: ma è un reato, si deve
fare contro la legge e disporsi a pagarne il fio, o lo sfizio.
E la sepoltura? Volevano
farne un richiamo per gli
aspiranti alle stesse infamie.
C’erano tutti i mezzi per vietarlo. Ma vietare la sepoltura
continua il malinteso. Né lo
stato, né altre autorità dispongono di un uomo morto. C’è stato, nella discussione di questi giorni, un presupposto non dichiarabile:
che, trascorso il tempo in cui,
vivo, Priebke era detenuto e
protetto dal braccio secolare
dello Stato, il morto ne venisse sciolto e consegnato alla
collettività. In regime di proprietà privata, il corpo verrebbe espropriato alle disposizioni testamentarie del
suo titolare vivo per diventare bene-male-comune. L’ergastolo è una condanna a vita – fine pena mai, ma il mai
si estingue con la vita del
dannato. Sul corpo esanime,
non si esercitano diritti collettivi. Per disperdere d’autorità le ceneri di un nemico,
occorre andare a catturarlo e
ucciderlo in un nascondiglio
pakistano, e farla franca. Dove vige la legge, non si può. A
Roma fu compiuta la rappresaglia infame, Roma è offesa
di dar sepoltura a un suo autore. È un argomento forte,
purché non insinui che ci sono luoghi che invece se lo
meritano – “mandiamolo in
Germania” – o luoghi indifferenti, perché quella infamia
non li toccò. Abbiamo le nostre grane con lo smaltimento dei rifiuti, non dovremmo
duplicarle coi resti umani. Se
mettere sotto una terra un
uomo morto, o disperderne
in un mare le ceneri, offendesse irreparabilmente, sarebbero tutta la terra, ogni
mare, a esserne offesi.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Gli autori
IL SILLABARIO di Omero è tratto dall’Iliade (Newton Compton). Adriano Sofri ha
scritto Il nodo e il chiodo (Sellerio). Lo storico Giovanni De Luna è autore de Il corpo del nemico ucciso(Einaudi). Giuseppe
Marcenaro ha pubblicato Cimiteri. Storie
di rimpianti e di follie (Bruno Mondadori).
I Diari online
TUTTI i numeri del “Diario” di Repubblica, comprensivi delle fotografie e dei
testi completi, sono consultabili su Internet in formato pdf all’indirizzo web
www.repubblica.it. I lettori potranno
accedervi direttamente dalla homepage del sito, cliccando sul menu “Supplementi”.
Sofocle
Napoleone Bonaparte
Sigmund Freud
Un nemico non è
mai amico, neanche
quando è morto
Come disse un imperatore
romano: il corpo di un nemico
morto ha sempre un buon odore
L’uomo primitivo trionfa
sul cadavere del nemico senza
interrogarsi sulla vita e sulla morte
Antigone, 442 a.C.
Vivere e morire per Napoleone, 1812
Psicoanalisi della società moderna, 1915
MUSSOLINI
HITLER
FOSSE COMUNI
BIN LADEN
OGGI
Dopo la sua uccisione
e l’esposizione del
corpo a Piazzale Loreto,
il Duce è stato sepolto
a Predappio nel 1957
I sovietici, dopo il suicidio
del Führer nel 1945,
ne avrebbero cremato
i resti, per poi riversarli
nel fiume Elba
In numerosi conflitti,
come in Bosnia negli anni
90, le salme dei “nemici”
civili sono state seppellite
in fosse comuni
Dopo la sua uccisione
in Pakistan, gli Usa lo
hanno subito tumulato
in mare per evitare
“santuari” di terroristi
Dopo la morte
di Erich Priebke,
esplode la polemica
sulla sepoltura
dell’ex militare nazista
■ 41
Le tappe
Come le guerre incrudeliscono sui cadaveri Culti e riti dei luoghi di sepoltura
COLPEVOLI IL CIMITERO
DUE VOLTE DEI REIETTI
GIOVANNI DE LUNA
GIUSEPPE MARCENARO
a guerra è morte violenta e consiste essenzialmente nel modificare (bruciare, danneggiare,
colpire con un proiettile, mutilare) il corpo umano. Per quanto edificanti o efferate, le pratiche
che si riferiscono ai morti sono abbastanza limitate: il
corpo “amico” viene rispettato sempre, onorato spesso;
può essere usato per gridare vendetta o implorare la pace, per incitare all’odio contro l’altro o per rinsaldare le
proprie fila. Il corpo “nemico” è talvolta rispettato, quasi
sempre profanato; nel primo caso viene sepolto in una
tomba individuale, in un cimitero, nel secondo può essere esibito in pubblico o cancellato in una fossa comune,
può essere smembrato, violato, distrutto. È come se, dal
punto di vista dello storico, il nemico venga ucciso sempre “due volte”: la seconda morte è quella che induce una
riflessione sull’uccisore, trasforma il corpo della vittima
in uno straordinario documento per conoscere l’identità
del carnefice.
Fu così per le vittime delle Fosse Ardeatine. Un medico
legale, il professore Attilio Ascarelli, con il suo referto raccontò per primo la loro morte: «I caduti erano ammassati gli uni su gli altri così da formare una massa unica come
acciughe messe in scatola e le frane avevano ricoperto i
cadaveri e avevano fatto una specie di magma». Le carni
ealtà vitalissima il cimitero è un non luogo. Tutto vi si svolge sotto mentite spoglie. Soltanto i vivi conferiscono senso alla più inverosimile invenzione dell’uomo. Collezionare e catalogare
sepolture. I defunti sono inerti, preda d’uno dei trastulli
più praticati dai viventi. Ravanare nei morti. Interrogarsi sul loro destino e quale debba essere la sorte di chi, con
una metafora linguistica, se ne è andato dall’altra parte.
Restando comunque di qua come ingombro. Sotto forma di culto, col rispetto dovuto alla mitizzazione delle
salme, gli ancora non ammessi per sorte ai funebri recinti, si dedicano con fervoroso impegno a pratiche che,
se non fossero blandamente sinistre, somiglierebbero al
gioco dell’oca. Dando luogo a ineffabili storie di traslazioni, riesumazioni di bare, di salme, ossa, ceneri, materiali trafficati dai viventi nell’insistenza strenua, quanto
inutile, di conferire un ordine possibile a quegli strani
“oggetti” che sono l’avanzo di quanti c’erano fino a ieri.
Intanto, col dovuto rispetto, liberarsi dell’ingombro.
Certo, il cimitero, luogo deputato. Ma quale? Dove? In
che maniera? Tomba gentilizia, campo dei poveri, forno
inceneritore… E qual tipo di monumento secondo la categoria comportamentale dell’estinto. Se illustre posto
tra marmi solenni, con imperituri e ammirabili memo-
FOTO: BRIDGEMAN
L
PROFANAZIONE
In alto, Achille trascina con il carro il corpo
di Ettore di Donato Creti (1713)
Sotto, Creonte nega la sepoltura degli ateniesi
morti, English School (XV secolo)
R
LIBRI
SOFOCLE
Antigone
Feltrinelli
2013
MICHEL
VOVELLE
La morte
e l'Occidente
Laterza
2000
LEON
GOLDENSOHN
I taccuini
di Norimberga
Il Saggiatore
2008
ISABELLA
BALENA
Ci resta
il nome
Mazzotta
2004
Complici
Emulazione
Alle Fosse Ardeatine Kappler pretese che ognuno
dei suoi ufficiali sparasse il “suo” colpo alla nuca
Un modo per renderli complici di un’azione
che già si sapeva sarebbe stata condannata
A Gonards, non lontano da Versailles, sono
conservate le spoglie dei condannati alla
ghigliottina. Tra questi, Landru, sotto pseudonimo
per tenere lontani eventuali emuli disturbati
si erano mischiate con un impasto di terra e detriti in una
massa indistinta, metà minerale, metà umana. Ma in quel
“magma” Ascarelli riuscì a decifrare gli ultimi attimi vissuti dalle vittime; avevano visto la loro morte guardando
quella di chi li precedeva, avevano avuto il tempo di stringersi uno all’altro in un ultimo abbraccio, interi nuclei familiari: «Nelle prime duecento salme si sono riscontrate
solo una o due salme di ebrei; poi il gruppo ebraico diventa sempre più numeroso.., ciò significa che gli ebrei
sono entrati e sono stati uccisi insieme. Della famiglia
Consiglio, che ha avuto quattro membri uccisi, tutte le
quattro salme sono state trovate l’una vicina all’altra, fra
cui una di un ragazzo quattordicenne... Le vittime erano
335... non c’è dubbio che tutti sono stati uccisi insieme.
Tutti legati allo stesso modo, con lo stesso tipo di corda e
sempre spogliati degli oggetti che avevano addosso».
Andò proprio così. «Vi furono sessantasette esecuzioni a gruppi di cinque» – avrebbe raccontato poi Kappler al
suo processo – «Tornai dalle cave al mio ufficio. Mi vi trattenni un’ora e mezzo e nel frattempo mandai alle cave alcuni uomini del mio ufficio perché sparassero “il loro colpo”. Ritornai alle cave quando seppi che il mio subordinato Wetjen era ancora lì e non aveva sparato “il suo colpo”. Gli domandai perché non aveva sparato. Mi disse che
sentiva ripugnanza. Allora gli spiegai tutte le ragioni per
cui doveva compiere da buon soldato quell’atto. Mi rispose: “Avete ragione, ma la cosa non è facile”. Vi sentireste di sparare un colpo accanto a me? replicai. Alla sua affermativa risposta gli passai un braccio intorno alla vita e
ci recammo insieme nella cava. Egli sparò accanto a me».
Un colpo per ogni ufficiale, affinché tutti fossero coinvolti nell’esecuzione. La rappresaglia poteva anche appartenere alle leggi di guerra dei tedeschi; ma quel colpo sparato alla nuca da ognuno degli uomini dell’ufficio di Kappler significava la scelta di utilizzare i corpi delle vittime
come un foglio di carta bollata su cui siglare un patto scellerato per rinsaldare la disciplina del gruppo e per essere
tutti complici di tutti, nella prospettiva di un futuro processo penale.
rial. Ma vi sono anche salme da nascondere. Urtano le
coscienze. Potrebbero dar luogo a devozioni nefaste.
Mettiamola così. Se c’è un posto da culto divinato questo è a Parigi, chez Pére Lachaise. Sulla tomba in forma di
francobollo dove sta l’avanzo di quel deprecabile scandaloso che fu Re Lucertola, al secolo Jim Morrison. Per lui
“la gloria dell’urna” è déjeuneur avec l’herbe, party con
joint rollati sulla sua lapidina. I vivi si mitizzano come
possono. Così i cimiteri. Parigi si autocelebra città centro
del mondo. E Pére Lachaise è il centro di Parigi. Il mondo
avrebbe quindi il suo punto geodetico in un cimitero.
D’altra parte, il pianeta Terra, da che mondo è mondo,
e da cui da morto sembra non sia mai “evaso” nessuno,
è un totale cimitero che vaga per l’universo. Siamo tutti
qui da quando spirò il primo umano e fu inumato “nel
mondo”. Almeno. Torniamo sulla terra. Sottoterra semmai. Dove in realtà si seppellisce ciò che si vuole nascondere. E i superstiti parenti, collaterali, amici, devoti di tipi estinti che è bene dimenticare per efferate malefatte
compiute in vita, talvolta si trovano nell’impiccio di far
sparire corpo e memoria. Complicato. A Gonards, nei
pressi di Versailles, accanto al benefico ravissant di aristocratiche sepolture, separato da un cancello rugginoso sempre chiuso, un angolo infestato di rovi ospita ciò
che resta dei decollati. Quelli che la giustizia fece passare per la cruna della ghigliottina. I biasimevoli solenni.
Qui vi devono ancora essere le polveri di Henri-Désiré
Landru, celeberrimo assassino seriale. Stanno in qualche anfratto con un casuale pseudonimo inciso sulla lapide. Onde evitare emulazioni in qualche disturbato.
Meglio, se si può dire, del cimitero degli ergastolani nell’isola di Santo Stefano, Ventotene. Vi sono sepolti in
quarantasette. Tra questi il regicida Gaetano Bresci.
Tombe rigorosamente anonime. Gente cancellata dal
consesso civile. Anche da morti… Al pari dei giustiziati
negli States. “Nascosti” in una anonima isoletta alle foci
dell’Hudson. La medesima dove vengono glorificati gli
sgargianti rifiuti prodotti dalla rutilante Manhattan.
Sempre e comunque “scarti” di esistenza.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
© RIPRODUZIONE RISERVATA
SIGMUND
FREUD
Psicoanalisi
della società
moderna
Newton
Compton
2010
FRANCESCO
REMOTTI
(a cura di)
Morte e
trasformazione
dei corpi
Bruno Mondadori
2006
ALESSANDRO
PORTELLI
L'ordine
è già stato
eseguito
Feltrinelli
2012
MIMMO
FRANZINELLI
Le stragi
nascoste
Mondadori
2003
GERHARD
SCHREIBER
La vendetta
tedesca
Mondadori
2001
SUSAN
SONTAG
Davanti
al dolore
degli altri
Mondadori
2006
la Repubblica
*
CULTURA
GIOVEDÌ 17 OTTOBRE 2013
■ 43
Un giovane militante
del movimento. Un padre
“democratico” che vuole
capire. Ecco il nuovo libro
di Giovanni Valentini
GIOVANNI VALENTINI
he cosa accade a un padre
di famiglia, di professione
giornalista, libero elettore
di centrosinistra con la
presunzione di considerarsi un cittadino “democratico”,
quando scopre con un certo sgomento che un figlio aderisce e milita nel
Movimento 5 Stelle? E, anzi, è diventato un convinto sostenitore e seguace di Beppe Grillo, al limite dell’indottrinamento o del fanatismo?
Superato lo shock iniziale, gli viene
voglia di capire, di approfondire, di
darsi una ragione. Comincia così a
parlarne e a discuterne nell’arco di alcuni mesi con il figlio poco più che
trentenne, laureato in Ingegneria delle telecomunicazioni, teorico libertario della Rete, grande esperto di wi-fi,
social network e quant’altro. Ne discute innanzitutto a voce; ma anche
per iscritto, a distanza, via Internet, attraverso le email, gli sms, i tweet, per lo
più in tempo reale. Anche a colpi di
provocazioni.
Questo dialogo in pubblico fra un
padre e un figlio è nato così: da un lato, il bisogno intellettuale (e personale) di capire; dall’altro, l’ostinata determinazione a spiegare, a difendere
le proprie motivazioni, a rivendicare i
propri diritti. Un confronto che interpella la coscienza civile di entrambi,
ma può coinvolgere anche chi legge
da una parte o dall’altra della barricata. Ovvero, uno scontro generazionale sulla politica e l’antipolitica, sulla sinistra e Beppe Grillo con tutte le contraddizioni del suo Movimento, sui
meccanismi a volte distorti dell’informazione tradizionale e sulla comunicazione alternativa del web.
Non so francamente chi dei due ne
esca, per così dire, vincitore. E in realtà
poco importa. Giudicheranno, semmai, i lettori. Nel dialogo spesso acceso e polemico intorno a questo “Voto
di scontro”, tra il padre giornalista e il
figlio-nipote di giornalista, né io né
tantomeno lui abbiamo modificato le
nostre rispettive posizioni. Ma almeno per me, e mi auguro anche per lui,
è stato uno scambio e forse un arricchimento di idee, di opinioni, di spunti di riflessione. Una sorta di autoanalisi reciproca.
La politica, in fondo, se ancora conserva la capacità di appassionare è
proprio per questo. Perché ognuno
matura autonomamente un pensiero, una visione della società e del
mondo. E perché ognuno, se vuole,
può prendere e dare qualcosa nel rapporto dialettico con l’interlocutore.
Quando il confronto è onesto e leale
C
Un confronto fatto
anche di provocazioni
e di polemiche
dal quale nessuno
dei due esce vincitore
— e tra padre e figlio non può non esserlo, se non altro per motivi di sangue
— alla fine si può anche trovare un’intesa: nel senso che ciascuno si fa carico delle ragioni altrui, cerca di comprenderle, di assimilarle, senza arrivare necessariamente a condividerle.
Da questa esperienza comune ho
tratto tuttavia la convinzione definitiva che il Movimento 5 Stelle non è
l’antipolitica, come all’inizio superficialmente molti hanno pensato, ma
l’effetto o l’onda lunga della malapolitica: cioè del malcostume, del malaffare, del malgoverno che affliggono il
nostro Paese. Vale a dire una reazione,
in parte razionale e in parte umorale,
nei confronti di una deriva della partitocrazia intesa come degenerazione
IL LIBRO
Voto
di scontro
di Giovanni
Valentini
e Niccolò
Valentini
(Longanesi
pagg. 200
euro 12,90),
di cui qui
anticipiamo
il prologo.
La prefazione
è di Stefano
Rodotà
LETTERA A UN FIGLIO
GRILLINO
Il dipinto
Alexander
Cassatt con
suo figlio
Robert
Kelso
di Mary
Cassatt
(1870)
Lo scontro generazionale in versione Cinque stelle
patologica del sistema dei partiti, l’occupazione dello Stato, gli abusi, gli
sprechi, le ruberie. Quella “questione
morale”, insomma, che in una celebre
intervista a Eugenio Scalfari per Repubblica Enrico Berlinguer cominciò
a denunciare ormai più di trent’anni
fa, senza tuttavia che i suoi epigoni
siano riusciti a risolverla o quantomeno a ridimensionarla. Un deficit di etica pubblica che affonda le radici nella
stessa storia d’Italia, nella sua cultura
e nella sua tradizione.
Nel frattempo, noi adulti abbiamo
continuato a consumare incoscientemente risorse ed energie di ogni tipo,
ambientali, economiche e perfino
morali, a danno delle generazioni
successive. Èvero che «le colpe dei padri — come si legge nell’Antico Testamento — ricadono sui figli»: non nel
senso, però, che le punizioni per gli errori individuali dei genitori si trasferiscono sui loro eredi, ma piuttosto nel
senso che le responsabilità collettive
degli uni finiscono per riversarsi fatalmente sugli altri. Ed è, appunto, contro questa ingiustizia che si battono
legittimamente i giovani d’oggi, reclamando almeno pari opportunità e pari diritti rispetto a chi li ha preceduti:
dallo studio all’occupazione, dal welfare alla sicurezza fino alla pensione.
A differenza di quanto avvenne all’epoca del Sessantotto, ora la protesta si combina con la rabbia sociale
alimentata dalla crisi economica, dalla mancanza di lavoro e soprattutto di
prospettive per il futuro. Quella dei
nostri figli, dentro o fuori il Movimento 5 Stelle, è una generazione senza
orizzonte. Scoraggiata, frustrata, depressa. Ecco perché, nonostante tutti
i motivi di divisione e di contrapposizione, non possiamo e non dobbiamo
rinunciare a capire, a discutere, a dialogare con loro.
«Se noi vogliamo essere ancora pre-
Non è antipolitica
casomai è l’onda lunga
della malapolitica
che ha rubato l’orizzonte
a questi ragazzi
senti», avvertì Aldo Moro all’XI Congresso della Democrazia cristiana, il
29 giugno 1969 a Roma, «ebbene dobbiamo essere per le cose che nascono,
anche se hanno contorni incerti, e
non per le cose che muoiono, anche se
vistose e in apparenza utilissime». Oggi che siamo tutti immersi nell’incertezza esistenziale più cupa, questa
“lezione” resta ancora valida e attuale. Le «cose che muoiono», purtroppo,
le conosciamo fin troppo bene. Ma le
«cose che nascono» richiedono capacità di comprensione, disponibilità al
confronto, impegno e intelligenza:
anche per farle crescere e magari maturare, proprio come si deve fare con i
figli.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
la Repubblica
GIOVEDÌ 17 OTTOBRE 2013
■ 44
R2CULTURA
Il nuovo libro dello storico Andrea Riccardi sul Pontefice
FRANCESCO, RITRATTO
DI UN PAPA GLOBALE
MARCO ANSALDO
CITTÀ DEL VATICANO
n giorno andranno indagati ben a fondo i motivi della rinuncia di Benedetto XVI. Un passo coraggioso ed epocale, tutto
sommato finora colto nella sua portata, ma di certo non ancora compreso nelle ragioni reali, profonde, che condussero
il Papa tedesco a ritirarsi, motivando la sua decisione con l’età avanzata e le forze che non gli consentivano più di gestire pienamente la Chiesa. Fu davvero solo questo?
In attesa di sapere e di capire meglio, è bene concentrarsi sulla fresca
novità costituita dalla figura del suo successore. E nel ginepraio di volumi dedicati negli ultimi mesi a Jorge Mario Bergoglio (alcuni di ottima fattura, uno per tutti quello di Andrea Tornielli, Francesco. Insieme,
Piemme) è allora utile affidarsi alle mani sicure ed esperte di uno storico come Andrea Riccardi. Un autore che, forte del suo stampo cattolico, del dialogo interreligioso costantemente intessuto dalla sua Comunità di Sant’Egidio, e della recente esperienza maturata a capo di un ministero di chiara impronta sociale, ha da lungo tempo un dialogo
IL LIBRO
La sorpresa
diretto con i Papi. Con molti Papi.
di Papa
E nonostante questo non si è mai
Francesco
atteggiato a Solone, come qualdi Andrea
che trombone stizzito dall’arrivo
Riccardi
di un Pontefice riformatore, capa(Mondadori
ce persino di spacciare — scrivenpagg. 224
dolo però a Conclave finito — di
euro 17)
aver predetto il cardinale chiamato a sostituire Joseph Ratzinger.
Che Papa sarà Bergoglio? Riccardi lo prefigura, analizzando da
studioso il passato del porporato La sua visione del
argentino, e seguendo i primi 6 mondo è articolata
mesi di pontificato dell’uomo
«venuto dall’altra parte del mon- e ha grandi doti
do». Lo fa concentrandosi sulle empatiche anche
novità portate e sulle dichiarazio- con i non fedeli
ni fatte dal Pontefice argentino
(La sorpresa di Papa Francesco,
Mondadori). «Una vera sorpresa: un uomo che possiede una visio— scrive — non solo per la scelta ne articolata del mondo globale. E
dell’uomo, ma per l’impatto feli- in grado, fin da subito, di instauce e immediato della sua persona- rare un rapporto empatico tanto
lità tra i cattolici e i non cattolici. Si con i fedeli quanto con i non creè percepito subito un cambia- denti. Chi va a Piazza san Pietro lo
mento di rilievo». Riccardi, già au- sa. C’è una corrente di simpatia
tore di una fortunata biografia di immediata che fluisce. Lo dimoGiovanni Paolo II, non tralascia strano i pienoni la domenica alaffatto quello che definisce come l’Angelus, l’afflusso alle udienze
«un periodo delicatissimo, que- generali il mercoledì, le parrocsto 2012-2013, tempo della crisi». chie italiane tornate a rianimarsi.
Parte anzi proprio dalla data Che cosa è successo con la sua eledell’11 febbraio, con l’annuncio zione? Che la Chiesa — è l’opiniofatto in latino da Benedetto della ne di Riccardi — sembra uscita dal
sua decisione clamorosa. Poi, clima di declino. Che qualcosa di
però, affonda lo sguardo sulla nuovo può accadere nella vita di
«proposta» avanzata dal nuovo chi crede. Che c’è speranza, inPapa, con la constatazione che somma, per il futuro. Oggi ogni
non si trova ovviamente ancora in organizzazione vorrebbe per sé
un documento programmatico, un Francesco. E i media hanno cama risiede tuttavia nella comuni- pito che qualcosa di profondo e di
cazione stabilita con la Chiesa e nuovo è arrivato nell’universo —
con la gente. Rilevando che il «la- statico solo apparentemente —
boratorio» del suo approccio di- della Chiesa. Se a questo si agverso è stata l’Argentina, con le giunge il progetto amministrativo
difficoltà e le contraddizioni di di riforma della Curia Romana a
tutto un continente, quello lati- cui Bergoglio sta mettendo penoamericano, già affrontate dal- santemente mano, non è poco. La
l’arcivescovo di Buenos Aires.
Storia è piena di sorprese. E, di siEcco perché Francesco è altro, curo, Francesco continuerà anin Vaticano, rispetto al recente cora a sorprenderci.
passato. Non un accademico, ma
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U
DUE
sfumature
di BLU
Esce in Italia la graphic
novel di Julie Maroh
dalla quale è stato
tratto “La vita di Adele”
premiato a Cannes
EMMA E CLÉMENTINE
L’AMORE CONTRO I PREGIUDIZI
ELENA STANCANELLI
more mio, quando leggerai queste parole avrò già
lasciato questo mondo». Se parlassimo di un romanzo, lo chiameremmo incipit. E una frase così,
con tutta la sua spudoratezza sentimentale, ci costringerebbero subito a prendere una decisione.
Reggeremmo, daremmo all’autore una chance e leggeremmo la sua storia, se si fosse presentato a noi con una frase del genere? Ma Il blu è un
colore caldo, opera prima di Julie Maroh, non è un romanzo, non è soltanto un romanzo. È una storia raccontata per parole e immagini. Un fumetto, una graphic novel, una forma bastarda che ha un passato brevissimo. Una forma fanciulla dunque, ancora barbarica e innocente. Che
per questa sua fanciullezza può
IL LIBRO
permettersi spudoratezze impenIl blu è un
sabili in altri luoghi, e grazie alla
colore caldo
sua bastardaggine, l’originale indi Julie
contro di testo e immagini, agisce
Maroh
con una doppia seduzione.
(Rizzoli
Le prime tavole, quelle sopra le
Lizard
quali scorre la frase «amore mio,
pagg. 160
quando leggerai queste parole
euro 16)
avrò già lasciato questo mondo»,
sono a colori. C’è una città, una ragazza triste, pioggia, alberi spogli.
La ragazza scende da un autobus,
entra in una casa, incontra una
donna che le consegna una lette- scala. Al buio, nella casa di Cléra. Che inizia con la frase «amore mentine. Quando il padre sormio, quando leggerai queste pa- prende Emma nuda, e capisce che
role avrò già lasciato questo mon- le due ragazze non sono amiche,
ma amanti. E tutto il mondo che
do».
Questa dunque, è una storia era, coi suoi segreti, si dissolve,
che inizia dalla fine. Tutto è già ac- mentre le ragazze vengono caccaduto, quando Emma entra nel- ciate e inizia una vita nuova.
Questa vita nuova, la vita adulla casa natale di Clémentine, e si
chiude nella sua stanza per legge- ta, Julie Maroh, la racconta a colore i suoi diari. E il centro di questa ri. Questa storia che inizia dalla fistoria non è esattamente al cen- ne, e ha il suo centro molto più
tro, ma verso il fondo, subito pri- avanti di quanto ti aspetteresti, è
ma del precipizio. In una scena dunque un cerchio, all’interno del
che dovrebbe essere fatta di urla e quale è nascosta la vecchia esiconcitazione, e invece si svolge stenza di Clémentine. Malinconitutta in silenzio, come un sogno. È ca e incomprensibile, disegnata
una scena che occupa quattro pa- soltanto in marrone, nera seppia.
gine e due piani, su e giù per una Clémentine è un’adolescente
«A
Man Booker Prize
VINCE ELEANOR CATTON
È LA PIÙ GIOVANE DI SEMPRE
LONDRA — È rimasta attonita Eleanor Catton, mentre la sala intorno a lei si riempiva di applausi. Il suo The Luminaries
ha vinto il Man Booker Prize 2013. La scrittrice neozelandese, 28 anni, con due romanzi all’attivo, non si aspettava di diventare la più giovane vincitrice di sempre, battendo anche
il record del libro più lungo mai premiato (832 pagine). Il romanzo, che sarà pubblicato in Italia da Fandango nella primavera 2014, è un mystery ambientato nella Nuova Zelanda
del 1860. Il prestigioso premio, fino ad oggi riservato a scrittori del Commonwealth, irlandesi e dello Zimbabwe, sarà
aperto dalla prossima edizione anche ad autori statunitensi.
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@
la Repubblica
GIOVEDÌ 17 OTTOBRE 2013
PER SAPERNE DI PIÙ
www.duepuntiedizioni.it
www.rizzoli-lizard.com
■ 45
Il saggio di Accame dedicato alla più involontaria delle manifestazioni fisiche
QUANDO ARROSSIRE
DIVENTA LETTERATURA
GIORGIO VASTA
O
I DISEGNI
A sinistra e
sopra, alcuni
disegni tratti
dal volume di
Julie Maroh
L’autrice sarà
martedì 29
al Gender
Bender
Festival
di Bologna
normalmente infelice, con una famiglia normalmente greve (per
esprimere la grevità del padre,
l’autrice gli fa cucinare pentolate e
pentolate di spaghetti col sugo,
particolare sul quale sarà il caso di
non soffermarsi). È carina, piace
ai maschi, ha molte amiche. Ma
quel marrone, quel nero, la opprimono. Un giorno, mentre attraversa una piazza, incrocia una ragazza con i capelli blu. La notte
successiva a questo incontro casuale, fa un sogno. Che le mani di
lei, della ragazza coi capelli blu, la
accarezzino, tingendo piano piano di blu tutta la sua vita. Da quel
blu, come da una sorgente edenica della pittura, si generano tutti
gli altri colori.
La storia raccontata da Julie
Maroh non ha un punto di equilibrio, non si ferma mai. Non trova
mai un tempo della soddisfazione, del semplice andare delle cose.
Precipita di continuo da un lato o
dall’altro. C’è solo un istante ed è
quello che precede la scena delle
scale. Mentre Clémentine ed Emma fanno l’amore nella stanzetta
dove lei è cresciuta, nel letto piccolo dove è stata bambina l’una
placando il desiderio dentro il corpo dell’altra. Il resto del tempo si
tratta di combattere nemici, genitori, ex fidanzate, amiche rabbiose. E subito dopo, quando inizia la
vita e le due ragazze vanno a vive-
re insieme, fare fronte alla frustrazione, il tradimento, la malattia.
Il blu è un colore caldoè una storia d’amore tra due donne, e non
elude la battaglia contro i pregiudizi. Sembra quasi che l’autrice ritenga il racconto delle difficoltà,
più importante della storia d’amore in sé. E per questo costruisce
un contesto anche politico, l’elezione di Sarkozy, le manifestazioni contro il piano Juppè che bloccarono Parigi per tre settimane.
Capisco bene l’irritazione che
deve aver provato Julie Maroh nel
vedere il bellissimo film che Abdellatif Kechiche, La vita di Adele,
Palma d’oro al Festival di Cannes,
ha tratto dal suo fumetto. Perché il
regista ha scelto la strada opposta.
Piuttosto che pensare la diversità.
ha preteso la normalità. Ha immaginato la protagonista, Clémentine, diventata Adele (dal nome della meravigliosa attrice che la interpreta), come una ragazza che diventa donna con l’ambizione più
semplice del mondo: essere maestra d’asilo. L’ha fatta vestire come
mille altre ragazze, le ha dato una
famiglia normale. Le ha condonato la malattia, e ha fatto persino
sparire la precedente fidanzata di
Emma per non crearle nessun casino. Abdellatif Kechiche ha spianato la strada a una storia d’amore tra due donne che non combattono contro un mondo ostile, ma
contro la loro confusione, le debolezze, le tentazioni che si portano
dentro. Come facciamo tutti, ogni
giorno. E in questo modo fa un
film che spezza il cuore, con due
protagoniste indimenticabili.
Dove c’è sesso, certo, ma il vero
scandalo, per gli appassionati del
turbamento, è tutto quell’amore.
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rdiniamo a qualcuno di arrossire. Presumibilmente – dopo una serie di sforzi per indursi disagio, una declinazione del metodo Stanislavskij focalizzato sulla vergogna
– l’esito sarà nullo. Forse con un po’ d’impegno si arriverà a simulare, nella postura,
l’imbarazzo, ma guance e fronte permarranno intatte. Il rossore si sottrae all’ordine.
Perché, appunto, non può essere suscitato da un comando, ma anche nel senso che
coincide con un disordine del corpo, con una sua piccola impalpabile insubordinazione. Il rossore è l’irruzione improvvisa, sulla superficie somatica, di uno stato d’animo che non si è in grado di disciplinare: l’ammutinamento più lieve e silenzioso
che i nostri corpi siano in grado di generare. A questa manifestazione corporale è dedicato Rossori. Viatico all’esercizio della colpa e della redenzione di Felice Accame
(:duepunti edizioni), un saggio breve che si concentra non tanto sul rossore in sé
quanto sulla sua funzione narrativa. Che cosa esprime un narratore nel momento in
cui decide che un suo personaggio, in una determinata circostanza, si ritrova con le
gote in fiamme? Quale universo valoriale media un comportamento narrativo lità epidermica di Emma torna utile
di questo genere? Quel che è certo è che quanto Roland Barthes scrisse su Domiil rossore è sempre involontario. Al limi- nique di Eugène Fromentin. Ragionante, come cantava Gaber, possiamo rassi- do su questo libro colmo di luci e di tecurare qualcuno esortandolo a «non ar- nebre, di effusioni immediatamente
rossire quando ti guardo», a non perce- contenute, Barthes nota che in Dominipire lo sguardo come giudizio. Perché di que il corpo esiste attraverso «la via del
questo si tratta: il rossore è un’improvvi- gran patetico, sorta di linguaggio sublisa coscienza di sé nello spazio sociale, me che si ritrova nei romanzi e nelle pitdunque in relazione agli altri. È la rea- ture del romanticismo francese». Vale a
zione che si determina quando sentia- dire che il rossore letterario è qualcosa di
mo di esistere sotto gli occhi del mondo, intensamente immateriale tramite cui
disponibili a un privilegio che però è an- sul volto non si genera solo un fenomeche una violazione: essere percepiti da no fisiologico ma una piccola rivelaziochi ci sta intorno. E dunque arrossisco- ne culturale. Nel rossore, cioè, si svela
no Adamo ed Eva nella cacciata dal Pa- quella costellazione di riferimenti che
appartengono tanto allo scrittore quanto al milieu morale del suo tempo.
Se dunque Ariosto può ancora tradiShakespeare con Amleto consolida
zionalmente connettere erubescenza e
il nesso tra vermiglio e verecondia
affetti («non ebbe rossore chiedermi
e ricordiamo la vampa fulminea
aiuto in questo nuovo amore») e Shakeche imperla il volto della Bovary
speare, con Amleto, consolidare il nesso
tra vermiglio e verecondia («O Vergodurante l’incontro con il marito
gna, dov’è il tuo rossore?»), Accame
chiude il suo saggio ragionando sul caso
radiso di Masaccio, ma arrossisce anche vergognoso dell’attore di avanspettacoIL LIBRO
Rossori
Saffo, turbata non dall’essere percepita lo Renato Maddalena che ormai anziaViatico
bensì dal percepire, nel celebre fram- no, alla fine dei ’60, si esibisce in teatro
all’esercizio
mento 31: «Appena ti guardo un breve nel tip-tap su una botte. Quando il nudella colpa
istante, nulla mi è più possibile dire, ma mero termina gli applausi sono tiepidi;
e della
la lingua mi si spezza e subito un fuoco ugualmente Maddalena fa una dedica a
redenzione
sottile mi corre sotto la pelle».
qualcuno che è lì in platea. Accame, predi Felice
Nel suo libro Accame si concentra su sente in sala, si gira e intravede «una vecAccame
una scena del Viaggio sentimentale di chietta, nel suo pacchettino nero, molte
(:duepunti
Yorick lungo la Francia e l’Italia di Ster- file indietro, nel vuoto»: la madre dell’aredizioni
ne analizzando una girandola di baglio- tista. A quel punto il rossore non è più
pagg. 112
ri cutanei che affiorano sui volti di un fra- qualcosa di individuabile. Non è dell’ateuro 9)
te e dello stesso Sterne, nonché su Il mi- tore crocifisso al ridicolo, non è di sua
stero del treno azzurro di Agatha Chri- madre e neppure di Accame che osserva
stie. Volendo proseguire il suo lavoro – imbarazzato: il disagio è ambientale, apevidentemente pensare il rossore è con- partiene alla situazione. Come se ad artagioso – ricordiamo la vampa fulminea rossire, in determinate circostanze, non
che imperla il volto di Emma Bovary du- fosse più il singolo ma lo spazio e il temrante il suo primo incontro con il futuro po, loro malgrado consapevoli del tragimarito: «Charles sentì il suo petto sfiora- comico disastro dell’umano. Perché ci
re la schiena della giovinetta, curva sot- sono occasioni in cui – come in Vergogna
to di lui. Essa si risollevò tutta rossa, e lo di Coetzee, come nel Processo di Kafka –
guardò da sopra la spalla». Al di là della il rossore non è più contingente bensì asnatura ignobilmente viscerale, poco più soluto. Epocale. La scoria di amor proin là nel romanzo di Flaubert, del rosso- prio che indisciplinabile colora di sé le
re di Charles («le guance arrossate dalla cose e poi scompare.
digestione»), per leggere l’ipersensibi© RIPRODUZIONE RISERVATA
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