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Seppellire i carnefici senza dimenticare
la Repubblica DIARIO GIOVEDÌ 17 OTTOBRE 2013 DI REPUBBLICA ■ 40 Le polemiche nate intorno al caso Priebke riaprono la questione della sorte da riservare anche ai peggiori criminali dopo morti Ma la “pietas” non può significare rinnegare la storia ILCORPODELNEMICO Seppellire i carnefici senza dimenticare ADRIANO SOFRI LIBRI GIOVANNI DE LUNA Il corpo del nemico ucciso Einaudi 2006 La passione e la ragione Bruno Mondadori 2004 HANNAH ARENDT La banalità del male Feltrinelli 2013 WILLIAM SHAKESPEARE Troilo e Cressida Garzanti 2007 ROBERT P. HARRISON Il dominio dei morti Fazi 2004 ADRIANA CAVARERO Corpo in figure Feltrinelli 1995 SERGIO LUZZATTO Il corpo del duce Einaudi 2011 G. SPIZZICHINO R. RICCARDI La farfalla impazzita Giuntina 2013 ADRIANO FAVOLE Resti di umanità Laterza 2003 MARY ROACH Stecchiti Einaudi 2005 CRISTINA CATTANEO Morti senza nome Mondadori 2006 (segue dalla prima pagina) Offese he dovesse vendicarsi dei suoi giudici, dei suoi accusatori, del disprezzo della gente, ma soprattutto delle sue vittime. Era un vecchissimo nazista che sarebbe diventato un campione di longevità pur di non perdonare le proprie vittime. Non se ne parlava quasi più, di Priebke, tranne qualche sporadica ed effimera fiammata. Qualcuno distrattamente domandava: «Ma è ancora vivo?». Qualcun altro rispondeva: «Credo di sì, dev’essere ancora vivo». Era a Roma, simulava di andare a lavorare dal suo avvocato, glielo revocavano, andava a fare la spesa, a messa, ai giardinetti. Il suo avvocato trovava spiacevole che fosse sempre scortato: «Sappiamo che questo è dovuto alla necessità di tutelarne l’incolumità, per quanto nelle sue uscite non sia mai stato oggetto di offese o, peggio, azioni violente», diceva. Questa era una notizia, e spero che in questi giorni l’opinione degli altri paesi europei non se ne dimentichi. Che in un quartiere di Roma abitava e camminava un criminale di guerra nazista, e che nessuno l’aveva fatto oggetto di offese e tanto meno di azioni violente. Bene: man mano che gli anni passavano e Priebke li compiva, fino a toccarne i cento, il minimo gruzzolo di pietà di cui quasi ogni essere umano è in credito presso i suoi simili si consumava. Priebke, come lo immaginavo, stava vendicandosi anche di quello. Glielo stava facendo pagare, a chi non avesse spento in sé un avanzo di compassione, e specialmente alle sue innocenti vittime – le vere colpevoli della sua iniqua disgrazia, quelle che volevano rovinargli la vita. Vivere molto a lungo non è merito né colpa. Lui voleva vendicarsi. È arrivato fino alla vigilia di un più solenne anniversario del 16 ottobre. Questo immaginavo, e non mi è rimasta pietà per Priebke: esaurita. Il cosiddetto testamento, la rivendicazione postuma dell’infamia, è recita, stava nel copione, che sia opera sua o dei suoi, è ovvia e disgustosa, ovviamente disgustosa. Ora è bisognato immaginare le reazioni delle perso- Per anni il vecchio nazista ha vissuto e camminato per le strade di un quartiere romano senza subire alcun tipo di offese o di azioni violente C Infamia In alto, “Marianne seppellisce i soldati tedeschi nelle trincee della Marna” vignetta di Adolphe-Léon Willette apparsa sul Le Rire Rouge l’11 settembre 1915 C’erano i mezzi per impedire che questa vicenda divenisse occasione di richiamo e visibilità per tutti quelli che difendono l’infamia ne. Non dei famigliari delle vittime delle Ardeatine, o dell’ottobre ’43: quelle basta ascoltarle, onorarle, soprattutto amarle. Le altre. Il modo in cui autorità e persone hanno pensato di trattare il corpo del nemico (Priebke era il nemico, e per cattiveria e vanità portava quel titolo appeso all’occhiello): ma ora era il corpo del nemico morto. Ci aggrappiamo ai classici, che però trasferiscono, con tutto lo scempio di cadaveri che contengono, nel troppo respirabile aere della poesia, della religione, del mito: Achille e il cadavere di Ettore, Antigone e Polinice. Poi c’è la salma di un centenario. La si è trattata come se fosse un Priebke più vero del Priebke vivo, quello che, senza offese e aggressioni, camminava fino a poco fa nelle strade dell’estate romana. Si è rinnovato un malinteso pieno di precedenti – piazzale Loreto, che era stato preceduto da un piazzale Loreto a parti inverse – che invocavano l’attenuante del furore caldo da sfogare. Ferite co- SILLABARIO IL CORPO DEL NEMICO OMERO bbediente a quel parlar la Diva mosse i candidi piedi, e dall’Olimpo scese d’un salto al padiglion d’Achille. Il trovò sospiroso; affaccendati a lui dintorno i suoi diletti amici apprestavan la mensa, ucciso un grande e lanoso ariète. Entrò, s’assise dolce al suo fianco la divina madre, accarezzollo colla destra, e disse: e fino a quando, o figlio, in pianti e lutti ti struggerai, immemore del cibo, e deserto nel letto? Eppur di cara donna l’amplesso il cor consola: il tempo, ch’a me vivrai, gli è breve, e violenta già t’incalza la Parca. Or via, m’ascolta, ch’io di Giove a te vengo ambasciatrice. I numi, ed esso primamente, sono teco irati, perché nel tuo furore ostinato ritieni appo le navi d’Ettore il corpo, e al genitor nol rendi. Rendilo, e il prezzo del riscatto accetta. E ben, rispose sospirando Achille, venga chi lo redima e via sel porti, se tal di Giove è l’assoluto impero. O © RIPRODUZIONE RISERVATA me la strage delle Ardeatine, come la deportazione e lo sterminio, non si risarciscono, ma il loro furore si rapprende, e non smette perciò di essere terribile. Opporsi a una fomentata gazzarra neofascista è giusto, calci e sputi a un carro funebre hanno a che fare con altro. Scambiano il cadavere di Priebke per Priebke, che passeggiava indisturbato. La chiesa romana di tanto tempo fa dissotterrò un cadavere di papa, lo processò, gli mozzò le dita con cui aveva benedetto e lo buttò in Tevere. Si può ancora trafugare un cadavere e infierire: ma è un reato, si deve fare contro la legge e disporsi a pagarne il fio, o lo sfizio. E la sepoltura? Volevano farne un richiamo per gli aspiranti alle stesse infamie. C’erano tutti i mezzi per vietarlo. Ma vietare la sepoltura continua il malinteso. Né lo stato, né altre autorità dispongono di un uomo morto. C’è stato, nella discussione di questi giorni, un presupposto non dichiarabile: che, trascorso il tempo in cui, vivo, Priebke era detenuto e protetto dal braccio secolare dello Stato, il morto ne venisse sciolto e consegnato alla collettività. In regime di proprietà privata, il corpo verrebbe espropriato alle disposizioni testamentarie del suo titolare vivo per diventare bene-male-comune. L’ergastolo è una condanna a vita – fine pena mai, ma il mai si estingue con la vita del dannato. Sul corpo esanime, non si esercitano diritti collettivi. Per disperdere d’autorità le ceneri di un nemico, occorre andare a catturarlo e ucciderlo in un nascondiglio pakistano, e farla franca. Dove vige la legge, non si può. A Roma fu compiuta la rappresaglia infame, Roma è offesa di dar sepoltura a un suo autore. È un argomento forte, purché non insinui che ci sono luoghi che invece se lo meritano – “mandiamolo in Germania” – o luoghi indifferenti, perché quella infamia non li toccò. Abbiamo le nostre grane con lo smaltimento dei rifiuti, non dovremmo duplicarle coi resti umani. Se mettere sotto una terra un uomo morto, o disperderne in un mare le ceneri, offendesse irreparabilmente, sarebbero tutta la terra, ogni mare, a esserne offesi. © RIPRODUZIONE RISERVATA Gli autori IL SILLABARIO di Omero è tratto dall’Iliade (Newton Compton). Adriano Sofri ha scritto Il nodo e il chiodo (Sellerio). Lo storico Giovanni De Luna è autore de Il corpo del nemico ucciso(Einaudi). Giuseppe Marcenaro ha pubblicato Cimiteri. Storie di rimpianti e di follie (Bruno Mondadori). I Diari online TUTTI i numeri del “Diario” di Repubblica, comprensivi delle fotografie e dei testi completi, sono consultabili su Internet in formato pdf all’indirizzo web www.repubblica.it. I lettori potranno accedervi direttamente dalla homepage del sito, cliccando sul menu “Supplementi”. Sofocle Napoleone Bonaparte Sigmund Freud Un nemico non è mai amico, neanche quando è morto Come disse un imperatore romano: il corpo di un nemico morto ha sempre un buon odore L’uomo primitivo trionfa sul cadavere del nemico senza interrogarsi sulla vita e sulla morte Antigone, 442 a.C. Vivere e morire per Napoleone, 1812 Psicoanalisi della società moderna, 1915 MUSSOLINI HITLER FOSSE COMUNI BIN LADEN OGGI Dopo la sua uccisione e l’esposizione del corpo a Piazzale Loreto, il Duce è stato sepolto a Predappio nel 1957 I sovietici, dopo il suicidio del Führer nel 1945, ne avrebbero cremato i resti, per poi riversarli nel fiume Elba In numerosi conflitti, come in Bosnia negli anni 90, le salme dei “nemici” civili sono state seppellite in fosse comuni Dopo la sua uccisione in Pakistan, gli Usa lo hanno subito tumulato in mare per evitare “santuari” di terroristi Dopo la morte di Erich Priebke, esplode la polemica sulla sepoltura dell’ex militare nazista ■ 41 Le tappe Come le guerre incrudeliscono sui cadaveri Culti e riti dei luoghi di sepoltura COLPEVOLI IL CIMITERO DUE VOLTE DEI REIETTI GIOVANNI DE LUNA GIUSEPPE MARCENARO a guerra è morte violenta e consiste essenzialmente nel modificare (bruciare, danneggiare, colpire con un proiettile, mutilare) il corpo umano. Per quanto edificanti o efferate, le pratiche che si riferiscono ai morti sono abbastanza limitate: il corpo “amico” viene rispettato sempre, onorato spesso; può essere usato per gridare vendetta o implorare la pace, per incitare all’odio contro l’altro o per rinsaldare le proprie fila. Il corpo “nemico” è talvolta rispettato, quasi sempre profanato; nel primo caso viene sepolto in una tomba individuale, in un cimitero, nel secondo può essere esibito in pubblico o cancellato in una fossa comune, può essere smembrato, violato, distrutto. È come se, dal punto di vista dello storico, il nemico venga ucciso sempre “due volte”: la seconda morte è quella che induce una riflessione sull’uccisore, trasforma il corpo della vittima in uno straordinario documento per conoscere l’identità del carnefice. Fu così per le vittime delle Fosse Ardeatine. Un medico legale, il professore Attilio Ascarelli, con il suo referto raccontò per primo la loro morte: «I caduti erano ammassati gli uni su gli altri così da formare una massa unica come acciughe messe in scatola e le frane avevano ricoperto i cadaveri e avevano fatto una specie di magma». Le carni ealtà vitalissima il cimitero è un non luogo. Tutto vi si svolge sotto mentite spoglie. Soltanto i vivi conferiscono senso alla più inverosimile invenzione dell’uomo. Collezionare e catalogare sepolture. I defunti sono inerti, preda d’uno dei trastulli più praticati dai viventi. Ravanare nei morti. Interrogarsi sul loro destino e quale debba essere la sorte di chi, con una metafora linguistica, se ne è andato dall’altra parte. Restando comunque di qua come ingombro. Sotto forma di culto, col rispetto dovuto alla mitizzazione delle salme, gli ancora non ammessi per sorte ai funebri recinti, si dedicano con fervoroso impegno a pratiche che, se non fossero blandamente sinistre, somiglierebbero al gioco dell’oca. Dando luogo a ineffabili storie di traslazioni, riesumazioni di bare, di salme, ossa, ceneri, materiali trafficati dai viventi nell’insistenza strenua, quanto inutile, di conferire un ordine possibile a quegli strani “oggetti” che sono l’avanzo di quanti c’erano fino a ieri. Intanto, col dovuto rispetto, liberarsi dell’ingombro. Certo, il cimitero, luogo deputato. Ma quale? Dove? In che maniera? Tomba gentilizia, campo dei poveri, forno inceneritore… E qual tipo di monumento secondo la categoria comportamentale dell’estinto. Se illustre posto tra marmi solenni, con imperituri e ammirabili memo- FOTO: BRIDGEMAN L PROFANAZIONE In alto, Achille trascina con il carro il corpo di Ettore di Donato Creti (1713) Sotto, Creonte nega la sepoltura degli ateniesi morti, English School (XV secolo) R LIBRI SOFOCLE Antigone Feltrinelli 2013 MICHEL VOVELLE La morte e l'Occidente Laterza 2000 LEON GOLDENSOHN I taccuini di Norimberga Il Saggiatore 2008 ISABELLA BALENA Ci resta il nome Mazzotta 2004 Complici Emulazione Alle Fosse Ardeatine Kappler pretese che ognuno dei suoi ufficiali sparasse il “suo” colpo alla nuca Un modo per renderli complici di un’azione che già si sapeva sarebbe stata condannata A Gonards, non lontano da Versailles, sono conservate le spoglie dei condannati alla ghigliottina. Tra questi, Landru, sotto pseudonimo per tenere lontani eventuali emuli disturbati si erano mischiate con un impasto di terra e detriti in una massa indistinta, metà minerale, metà umana. Ma in quel “magma” Ascarelli riuscì a decifrare gli ultimi attimi vissuti dalle vittime; avevano visto la loro morte guardando quella di chi li precedeva, avevano avuto il tempo di stringersi uno all’altro in un ultimo abbraccio, interi nuclei familiari: «Nelle prime duecento salme si sono riscontrate solo una o due salme di ebrei; poi il gruppo ebraico diventa sempre più numeroso.., ciò significa che gli ebrei sono entrati e sono stati uccisi insieme. Della famiglia Consiglio, che ha avuto quattro membri uccisi, tutte le quattro salme sono state trovate l’una vicina all’altra, fra cui una di un ragazzo quattordicenne... Le vittime erano 335... non c’è dubbio che tutti sono stati uccisi insieme. Tutti legati allo stesso modo, con lo stesso tipo di corda e sempre spogliati degli oggetti che avevano addosso». Andò proprio così. «Vi furono sessantasette esecuzioni a gruppi di cinque» – avrebbe raccontato poi Kappler al suo processo – «Tornai dalle cave al mio ufficio. Mi vi trattenni un’ora e mezzo e nel frattempo mandai alle cave alcuni uomini del mio ufficio perché sparassero “il loro colpo”. Ritornai alle cave quando seppi che il mio subordinato Wetjen era ancora lì e non aveva sparato “il suo colpo”. Gli domandai perché non aveva sparato. Mi disse che sentiva ripugnanza. Allora gli spiegai tutte le ragioni per cui doveva compiere da buon soldato quell’atto. Mi rispose: “Avete ragione, ma la cosa non è facile”. Vi sentireste di sparare un colpo accanto a me? replicai. Alla sua affermativa risposta gli passai un braccio intorno alla vita e ci recammo insieme nella cava. Egli sparò accanto a me». Un colpo per ogni ufficiale, affinché tutti fossero coinvolti nell’esecuzione. La rappresaglia poteva anche appartenere alle leggi di guerra dei tedeschi; ma quel colpo sparato alla nuca da ognuno degli uomini dell’ufficio di Kappler significava la scelta di utilizzare i corpi delle vittime come un foglio di carta bollata su cui siglare un patto scellerato per rinsaldare la disciplina del gruppo e per essere tutti complici di tutti, nella prospettiva di un futuro processo penale. rial. Ma vi sono anche salme da nascondere. Urtano le coscienze. Potrebbero dar luogo a devozioni nefaste. Mettiamola così. Se c’è un posto da culto divinato questo è a Parigi, chez Pére Lachaise. Sulla tomba in forma di francobollo dove sta l’avanzo di quel deprecabile scandaloso che fu Re Lucertola, al secolo Jim Morrison. Per lui “la gloria dell’urna” è déjeuneur avec l’herbe, party con joint rollati sulla sua lapidina. I vivi si mitizzano come possono. Così i cimiteri. Parigi si autocelebra città centro del mondo. E Pére Lachaise è il centro di Parigi. Il mondo avrebbe quindi il suo punto geodetico in un cimitero. D’altra parte, il pianeta Terra, da che mondo è mondo, e da cui da morto sembra non sia mai “evaso” nessuno, è un totale cimitero che vaga per l’universo. Siamo tutti qui da quando spirò il primo umano e fu inumato “nel mondo”. Almeno. Torniamo sulla terra. Sottoterra semmai. Dove in realtà si seppellisce ciò che si vuole nascondere. E i superstiti parenti, collaterali, amici, devoti di tipi estinti che è bene dimenticare per efferate malefatte compiute in vita, talvolta si trovano nell’impiccio di far sparire corpo e memoria. Complicato. A Gonards, nei pressi di Versailles, accanto al benefico ravissant di aristocratiche sepolture, separato da un cancello rugginoso sempre chiuso, un angolo infestato di rovi ospita ciò che resta dei decollati. Quelli che la giustizia fece passare per la cruna della ghigliottina. I biasimevoli solenni. Qui vi devono ancora essere le polveri di Henri-Désiré Landru, celeberrimo assassino seriale. Stanno in qualche anfratto con un casuale pseudonimo inciso sulla lapide. Onde evitare emulazioni in qualche disturbato. Meglio, se si può dire, del cimitero degli ergastolani nell’isola di Santo Stefano, Ventotene. Vi sono sepolti in quarantasette. Tra questi il regicida Gaetano Bresci. Tombe rigorosamente anonime. Gente cancellata dal consesso civile. Anche da morti… Al pari dei giustiziati negli States. “Nascosti” in una anonima isoletta alle foci dell’Hudson. La medesima dove vengono glorificati gli sgargianti rifiuti prodotti dalla rutilante Manhattan. Sempre e comunque “scarti” di esistenza. © RIPRODUZIONE RISERVATA © RIPRODUZIONE RISERVATA SIGMUND FREUD Psicoanalisi della società moderna Newton Compton 2010 FRANCESCO REMOTTI (a cura di) Morte e trasformazione dei corpi Bruno Mondadori 2006 ALESSANDRO PORTELLI L'ordine è già stato eseguito Feltrinelli 2012 MIMMO FRANZINELLI Le stragi nascoste Mondadori 2003 GERHARD SCHREIBER La vendetta tedesca Mondadori 2001 SUSAN SONTAG Davanti al dolore degli altri Mondadori 2006 la Repubblica * CULTURA GIOVEDÌ 17 OTTOBRE 2013 ■ 43 Un giovane militante del movimento. Un padre “democratico” che vuole capire. Ecco il nuovo libro di Giovanni Valentini GIOVANNI VALENTINI he cosa accade a un padre di famiglia, di professione giornalista, libero elettore di centrosinistra con la presunzione di considerarsi un cittadino “democratico”, quando scopre con un certo sgomento che un figlio aderisce e milita nel Movimento 5 Stelle? E, anzi, è diventato un convinto sostenitore e seguace di Beppe Grillo, al limite dell’indottrinamento o del fanatismo? Superato lo shock iniziale, gli viene voglia di capire, di approfondire, di darsi una ragione. Comincia così a parlarne e a discuterne nell’arco di alcuni mesi con il figlio poco più che trentenne, laureato in Ingegneria delle telecomunicazioni, teorico libertario della Rete, grande esperto di wi-fi, social network e quant’altro. Ne discute innanzitutto a voce; ma anche per iscritto, a distanza, via Internet, attraverso le email, gli sms, i tweet, per lo più in tempo reale. Anche a colpi di provocazioni. Questo dialogo in pubblico fra un padre e un figlio è nato così: da un lato, il bisogno intellettuale (e personale) di capire; dall’altro, l’ostinata determinazione a spiegare, a difendere le proprie motivazioni, a rivendicare i propri diritti. Un confronto che interpella la coscienza civile di entrambi, ma può coinvolgere anche chi legge da una parte o dall’altra della barricata. Ovvero, uno scontro generazionale sulla politica e l’antipolitica, sulla sinistra e Beppe Grillo con tutte le contraddizioni del suo Movimento, sui meccanismi a volte distorti dell’informazione tradizionale e sulla comunicazione alternativa del web. Non so francamente chi dei due ne esca, per così dire, vincitore. E in realtà poco importa. Giudicheranno, semmai, i lettori. Nel dialogo spesso acceso e polemico intorno a questo “Voto di scontro”, tra il padre giornalista e il figlio-nipote di giornalista, né io né tantomeno lui abbiamo modificato le nostre rispettive posizioni. Ma almeno per me, e mi auguro anche per lui, è stato uno scambio e forse un arricchimento di idee, di opinioni, di spunti di riflessione. Una sorta di autoanalisi reciproca. La politica, in fondo, se ancora conserva la capacità di appassionare è proprio per questo. Perché ognuno matura autonomamente un pensiero, una visione della società e del mondo. E perché ognuno, se vuole, può prendere e dare qualcosa nel rapporto dialettico con l’interlocutore. Quando il confronto è onesto e leale C Un confronto fatto anche di provocazioni e di polemiche dal quale nessuno dei due esce vincitore — e tra padre e figlio non può non esserlo, se non altro per motivi di sangue — alla fine si può anche trovare un’intesa: nel senso che ciascuno si fa carico delle ragioni altrui, cerca di comprenderle, di assimilarle, senza arrivare necessariamente a condividerle. Da questa esperienza comune ho tratto tuttavia la convinzione definitiva che il Movimento 5 Stelle non è l’antipolitica, come all’inizio superficialmente molti hanno pensato, ma l’effetto o l’onda lunga della malapolitica: cioè del malcostume, del malaffare, del malgoverno che affliggono il nostro Paese. Vale a dire una reazione, in parte razionale e in parte umorale, nei confronti di una deriva della partitocrazia intesa come degenerazione IL LIBRO Voto di scontro di Giovanni Valentini e Niccolò Valentini (Longanesi pagg. 200 euro 12,90), di cui qui anticipiamo il prologo. La prefazione è di Stefano Rodotà LETTERA A UN FIGLIO GRILLINO Il dipinto Alexander Cassatt con suo figlio Robert Kelso di Mary Cassatt (1870) Lo scontro generazionale in versione Cinque stelle patologica del sistema dei partiti, l’occupazione dello Stato, gli abusi, gli sprechi, le ruberie. Quella “questione morale”, insomma, che in una celebre intervista a Eugenio Scalfari per Repubblica Enrico Berlinguer cominciò a denunciare ormai più di trent’anni fa, senza tuttavia che i suoi epigoni siano riusciti a risolverla o quantomeno a ridimensionarla. Un deficit di etica pubblica che affonda le radici nella stessa storia d’Italia, nella sua cultura e nella sua tradizione. Nel frattempo, noi adulti abbiamo continuato a consumare incoscientemente risorse ed energie di ogni tipo, ambientali, economiche e perfino morali, a danno delle generazioni successive. Èvero che «le colpe dei padri — come si legge nell’Antico Testamento — ricadono sui figli»: non nel senso, però, che le punizioni per gli errori individuali dei genitori si trasferiscono sui loro eredi, ma piuttosto nel senso che le responsabilità collettive degli uni finiscono per riversarsi fatalmente sugli altri. Ed è, appunto, contro questa ingiustizia che si battono legittimamente i giovani d’oggi, reclamando almeno pari opportunità e pari diritti rispetto a chi li ha preceduti: dallo studio all’occupazione, dal welfare alla sicurezza fino alla pensione. A differenza di quanto avvenne all’epoca del Sessantotto, ora la protesta si combina con la rabbia sociale alimentata dalla crisi economica, dalla mancanza di lavoro e soprattutto di prospettive per il futuro. Quella dei nostri figli, dentro o fuori il Movimento 5 Stelle, è una generazione senza orizzonte. Scoraggiata, frustrata, depressa. Ecco perché, nonostante tutti i motivi di divisione e di contrapposizione, non possiamo e non dobbiamo rinunciare a capire, a discutere, a dialogare con loro. «Se noi vogliamo essere ancora pre- Non è antipolitica casomai è l’onda lunga della malapolitica che ha rubato l’orizzonte a questi ragazzi senti», avvertì Aldo Moro all’XI Congresso della Democrazia cristiana, il 29 giugno 1969 a Roma, «ebbene dobbiamo essere per le cose che nascono, anche se hanno contorni incerti, e non per le cose che muoiono, anche se vistose e in apparenza utilissime». Oggi che siamo tutti immersi nell’incertezza esistenziale più cupa, questa “lezione” resta ancora valida e attuale. Le «cose che muoiono», purtroppo, le conosciamo fin troppo bene. Ma le «cose che nascono» richiedono capacità di comprensione, disponibilità al confronto, impegno e intelligenza: anche per farle crescere e magari maturare, proprio come si deve fare con i figli. © RIPRODUZIONE RISERVATA la Repubblica GIOVEDÌ 17 OTTOBRE 2013 ■ 44 R2CULTURA Il nuovo libro dello storico Andrea Riccardi sul Pontefice FRANCESCO, RITRATTO DI UN PAPA GLOBALE MARCO ANSALDO CITTÀ DEL VATICANO n giorno andranno indagati ben a fondo i motivi della rinuncia di Benedetto XVI. Un passo coraggioso ed epocale, tutto sommato finora colto nella sua portata, ma di certo non ancora compreso nelle ragioni reali, profonde, che condussero il Papa tedesco a ritirarsi, motivando la sua decisione con l’età avanzata e le forze che non gli consentivano più di gestire pienamente la Chiesa. Fu davvero solo questo? In attesa di sapere e di capire meglio, è bene concentrarsi sulla fresca novità costituita dalla figura del suo successore. E nel ginepraio di volumi dedicati negli ultimi mesi a Jorge Mario Bergoglio (alcuni di ottima fattura, uno per tutti quello di Andrea Tornielli, Francesco. Insieme, Piemme) è allora utile affidarsi alle mani sicure ed esperte di uno storico come Andrea Riccardi. Un autore che, forte del suo stampo cattolico, del dialogo interreligioso costantemente intessuto dalla sua Comunità di Sant’Egidio, e della recente esperienza maturata a capo di un ministero di chiara impronta sociale, ha da lungo tempo un dialogo IL LIBRO La sorpresa diretto con i Papi. Con molti Papi. di Papa E nonostante questo non si è mai Francesco atteggiato a Solone, come qualdi Andrea che trombone stizzito dall’arrivo Riccardi di un Pontefice riformatore, capa(Mondadori ce persino di spacciare — scrivenpagg. 224 dolo però a Conclave finito — di euro 17) aver predetto il cardinale chiamato a sostituire Joseph Ratzinger. Che Papa sarà Bergoglio? Riccardi lo prefigura, analizzando da studioso il passato del porporato La sua visione del argentino, e seguendo i primi 6 mondo è articolata mesi di pontificato dell’uomo «venuto dall’altra parte del mon- e ha grandi doti do». Lo fa concentrandosi sulle empatiche anche novità portate e sulle dichiarazio- con i non fedeli ni fatte dal Pontefice argentino (La sorpresa di Papa Francesco, Mondadori). «Una vera sorpresa: un uomo che possiede una visio— scrive — non solo per la scelta ne articolata del mondo globale. E dell’uomo, ma per l’impatto feli- in grado, fin da subito, di instauce e immediato della sua persona- rare un rapporto empatico tanto lità tra i cattolici e i non cattolici. Si con i fedeli quanto con i non creè percepito subito un cambia- denti. Chi va a Piazza san Pietro lo mento di rilievo». Riccardi, già au- sa. C’è una corrente di simpatia tore di una fortunata biografia di immediata che fluisce. Lo dimoGiovanni Paolo II, non tralascia strano i pienoni la domenica alaffatto quello che definisce come l’Angelus, l’afflusso alle udienze «un periodo delicatissimo, que- generali il mercoledì, le parrocsto 2012-2013, tempo della crisi». chie italiane tornate a rianimarsi. Parte anzi proprio dalla data Che cosa è successo con la sua eledell’11 febbraio, con l’annuncio zione? Che la Chiesa — è l’opiniofatto in latino da Benedetto della ne di Riccardi — sembra uscita dal sua decisione clamorosa. Poi, clima di declino. Che qualcosa di però, affonda lo sguardo sulla nuovo può accadere nella vita di «proposta» avanzata dal nuovo chi crede. Che c’è speranza, inPapa, con la constatazione che somma, per il futuro. Oggi ogni non si trova ovviamente ancora in organizzazione vorrebbe per sé un documento programmatico, un Francesco. E i media hanno cama risiede tuttavia nella comuni- pito che qualcosa di profondo e di cazione stabilita con la Chiesa e nuovo è arrivato nell’universo — con la gente. Rilevando che il «la- statico solo apparentemente — boratorio» del suo approccio di- della Chiesa. Se a questo si agverso è stata l’Argentina, con le giunge il progetto amministrativo difficoltà e le contraddizioni di di riforma della Curia Romana a tutto un continente, quello lati- cui Bergoglio sta mettendo penoamericano, già affrontate dal- santemente mano, non è poco. La l’arcivescovo di Buenos Aires. Storia è piena di sorprese. E, di siEcco perché Francesco è altro, curo, Francesco continuerà anin Vaticano, rispetto al recente cora a sorprenderci. passato. Non un accademico, ma © RIPRODUZIONE RISERVATA U DUE sfumature di BLU Esce in Italia la graphic novel di Julie Maroh dalla quale è stato tratto “La vita di Adele” premiato a Cannes EMMA E CLÉMENTINE L’AMORE CONTRO I PREGIUDIZI ELENA STANCANELLI more mio, quando leggerai queste parole avrò già lasciato questo mondo». Se parlassimo di un romanzo, lo chiameremmo incipit. E una frase così, con tutta la sua spudoratezza sentimentale, ci costringerebbero subito a prendere una decisione. Reggeremmo, daremmo all’autore una chance e leggeremmo la sua storia, se si fosse presentato a noi con una frase del genere? Ma Il blu è un colore caldo, opera prima di Julie Maroh, non è un romanzo, non è soltanto un romanzo. È una storia raccontata per parole e immagini. Un fumetto, una graphic novel, una forma bastarda che ha un passato brevissimo. Una forma fanciulla dunque, ancora barbarica e innocente. Che per questa sua fanciullezza può IL LIBRO permettersi spudoratezze impenIl blu è un sabili in altri luoghi, e grazie alla colore caldo sua bastardaggine, l’originale indi Julie contro di testo e immagini, agisce Maroh con una doppia seduzione. (Rizzoli Le prime tavole, quelle sopra le Lizard quali scorre la frase «amore mio, pagg. 160 quando leggerai queste parole euro 16) avrò già lasciato questo mondo», sono a colori. C’è una città, una ragazza triste, pioggia, alberi spogli. La ragazza scende da un autobus, entra in una casa, incontra una donna che le consegna una lette- scala. Al buio, nella casa di Cléra. Che inizia con la frase «amore mentine. Quando il padre sormio, quando leggerai queste pa- prende Emma nuda, e capisce che role avrò già lasciato questo mon- le due ragazze non sono amiche, ma amanti. E tutto il mondo che do». Questa dunque, è una storia era, coi suoi segreti, si dissolve, che inizia dalla fine. Tutto è già ac- mentre le ragazze vengono caccaduto, quando Emma entra nel- ciate e inizia una vita nuova. Questa vita nuova, la vita adulla casa natale di Clémentine, e si chiude nella sua stanza per legge- ta, Julie Maroh, la racconta a colore i suoi diari. E il centro di questa ri. Questa storia che inizia dalla fistoria non è esattamente al cen- ne, e ha il suo centro molto più tro, ma verso il fondo, subito pri- avanti di quanto ti aspetteresti, è ma del precipizio. In una scena dunque un cerchio, all’interno del che dovrebbe essere fatta di urla e quale è nascosta la vecchia esiconcitazione, e invece si svolge stenza di Clémentine. Malinconitutta in silenzio, come un sogno. È ca e incomprensibile, disegnata una scena che occupa quattro pa- soltanto in marrone, nera seppia. gine e due piani, su e giù per una Clémentine è un’adolescente «A Man Booker Prize VINCE ELEANOR CATTON È LA PIÙ GIOVANE DI SEMPRE LONDRA — È rimasta attonita Eleanor Catton, mentre la sala intorno a lei si riempiva di applausi. Il suo The Luminaries ha vinto il Man Booker Prize 2013. La scrittrice neozelandese, 28 anni, con due romanzi all’attivo, non si aspettava di diventare la più giovane vincitrice di sempre, battendo anche il record del libro più lungo mai premiato (832 pagine). Il romanzo, che sarà pubblicato in Italia da Fandango nella primavera 2014, è un mystery ambientato nella Nuova Zelanda del 1860. Il prestigioso premio, fino ad oggi riservato a scrittori del Commonwealth, irlandesi e dello Zimbabwe, sarà aperto dalla prossima edizione anche ad autori statunitensi. © RIPRODUZIONE RISERVATA @ la Repubblica GIOVEDÌ 17 OTTOBRE 2013 PER SAPERNE DI PIÙ www.duepuntiedizioni.it www.rizzoli-lizard.com ■ 45 Il saggio di Accame dedicato alla più involontaria delle manifestazioni fisiche QUANDO ARROSSIRE DIVENTA LETTERATURA GIORGIO VASTA O I DISEGNI A sinistra e sopra, alcuni disegni tratti dal volume di Julie Maroh L’autrice sarà martedì 29 al Gender Bender Festival di Bologna normalmente infelice, con una famiglia normalmente greve (per esprimere la grevità del padre, l’autrice gli fa cucinare pentolate e pentolate di spaghetti col sugo, particolare sul quale sarà il caso di non soffermarsi). È carina, piace ai maschi, ha molte amiche. Ma quel marrone, quel nero, la opprimono. Un giorno, mentre attraversa una piazza, incrocia una ragazza con i capelli blu. La notte successiva a questo incontro casuale, fa un sogno. Che le mani di lei, della ragazza coi capelli blu, la accarezzino, tingendo piano piano di blu tutta la sua vita. Da quel blu, come da una sorgente edenica della pittura, si generano tutti gli altri colori. La storia raccontata da Julie Maroh non ha un punto di equilibrio, non si ferma mai. Non trova mai un tempo della soddisfazione, del semplice andare delle cose. Precipita di continuo da un lato o dall’altro. C’è solo un istante ed è quello che precede la scena delle scale. Mentre Clémentine ed Emma fanno l’amore nella stanzetta dove lei è cresciuta, nel letto piccolo dove è stata bambina l’una placando il desiderio dentro il corpo dell’altra. Il resto del tempo si tratta di combattere nemici, genitori, ex fidanzate, amiche rabbiose. E subito dopo, quando inizia la vita e le due ragazze vanno a vive- re insieme, fare fronte alla frustrazione, il tradimento, la malattia. Il blu è un colore caldoè una storia d’amore tra due donne, e non elude la battaglia contro i pregiudizi. Sembra quasi che l’autrice ritenga il racconto delle difficoltà, più importante della storia d’amore in sé. E per questo costruisce un contesto anche politico, l’elezione di Sarkozy, le manifestazioni contro il piano Juppè che bloccarono Parigi per tre settimane. Capisco bene l’irritazione che deve aver provato Julie Maroh nel vedere il bellissimo film che Abdellatif Kechiche, La vita di Adele, Palma d’oro al Festival di Cannes, ha tratto dal suo fumetto. Perché il regista ha scelto la strada opposta. Piuttosto che pensare la diversità. ha preteso la normalità. Ha immaginato la protagonista, Clémentine, diventata Adele (dal nome della meravigliosa attrice che la interpreta), come una ragazza che diventa donna con l’ambizione più semplice del mondo: essere maestra d’asilo. L’ha fatta vestire come mille altre ragazze, le ha dato una famiglia normale. Le ha condonato la malattia, e ha fatto persino sparire la precedente fidanzata di Emma per non crearle nessun casino. Abdellatif Kechiche ha spianato la strada a una storia d’amore tra due donne che non combattono contro un mondo ostile, ma contro la loro confusione, le debolezze, le tentazioni che si portano dentro. Come facciamo tutti, ogni giorno. E in questo modo fa un film che spezza il cuore, con due protagoniste indimenticabili. Dove c’è sesso, certo, ma il vero scandalo, per gli appassionati del turbamento, è tutto quell’amore. © RIPRODUZIONE RISERVATA rdiniamo a qualcuno di arrossire. Presumibilmente – dopo una serie di sforzi per indursi disagio, una declinazione del metodo Stanislavskij focalizzato sulla vergogna – l’esito sarà nullo. Forse con un po’ d’impegno si arriverà a simulare, nella postura, l’imbarazzo, ma guance e fronte permarranno intatte. Il rossore si sottrae all’ordine. Perché, appunto, non può essere suscitato da un comando, ma anche nel senso che coincide con un disordine del corpo, con una sua piccola impalpabile insubordinazione. Il rossore è l’irruzione improvvisa, sulla superficie somatica, di uno stato d’animo che non si è in grado di disciplinare: l’ammutinamento più lieve e silenzioso che i nostri corpi siano in grado di generare. A questa manifestazione corporale è dedicato Rossori. Viatico all’esercizio della colpa e della redenzione di Felice Accame (:duepunti edizioni), un saggio breve che si concentra non tanto sul rossore in sé quanto sulla sua funzione narrativa. Che cosa esprime un narratore nel momento in cui decide che un suo personaggio, in una determinata circostanza, si ritrova con le gote in fiamme? Quale universo valoriale media un comportamento narrativo lità epidermica di Emma torna utile di questo genere? Quel che è certo è che quanto Roland Barthes scrisse su Domiil rossore è sempre involontario. Al limi- nique di Eugène Fromentin. Ragionante, come cantava Gaber, possiamo rassi- do su questo libro colmo di luci e di tecurare qualcuno esortandolo a «non ar- nebre, di effusioni immediatamente rossire quando ti guardo», a non perce- contenute, Barthes nota che in Dominipire lo sguardo come giudizio. Perché di que il corpo esiste attraverso «la via del questo si tratta: il rossore è un’improvvi- gran patetico, sorta di linguaggio sublisa coscienza di sé nello spazio sociale, me che si ritrova nei romanzi e nelle pitdunque in relazione agli altri. È la rea- ture del romanticismo francese». Vale a zione che si determina quando sentia- dire che il rossore letterario è qualcosa di mo di esistere sotto gli occhi del mondo, intensamente immateriale tramite cui disponibili a un privilegio che però è an- sul volto non si genera solo un fenomeche una violazione: essere percepiti da no fisiologico ma una piccola rivelaziochi ci sta intorno. E dunque arrossisco- ne culturale. Nel rossore, cioè, si svela no Adamo ed Eva nella cacciata dal Pa- quella costellazione di riferimenti che appartengono tanto allo scrittore quanto al milieu morale del suo tempo. Se dunque Ariosto può ancora tradiShakespeare con Amleto consolida zionalmente connettere erubescenza e il nesso tra vermiglio e verecondia affetti («non ebbe rossore chiedermi e ricordiamo la vampa fulminea aiuto in questo nuovo amore») e Shakeche imperla il volto della Bovary speare, con Amleto, consolidare il nesso tra vermiglio e verecondia («O Vergodurante l’incontro con il marito gna, dov’è il tuo rossore?»), Accame chiude il suo saggio ragionando sul caso radiso di Masaccio, ma arrossisce anche vergognoso dell’attore di avanspettacoIL LIBRO Rossori Saffo, turbata non dall’essere percepita lo Renato Maddalena che ormai anziaViatico bensì dal percepire, nel celebre fram- no, alla fine dei ’60, si esibisce in teatro all’esercizio mento 31: «Appena ti guardo un breve nel tip-tap su una botte. Quando il nudella colpa istante, nulla mi è più possibile dire, ma mero termina gli applausi sono tiepidi; e della la lingua mi si spezza e subito un fuoco ugualmente Maddalena fa una dedica a redenzione sottile mi corre sotto la pelle». qualcuno che è lì in platea. Accame, predi Felice Nel suo libro Accame si concentra su sente in sala, si gira e intravede «una vecAccame una scena del Viaggio sentimentale di chietta, nel suo pacchettino nero, molte (:duepunti Yorick lungo la Francia e l’Italia di Ster- file indietro, nel vuoto»: la madre dell’aredizioni ne analizzando una girandola di baglio- tista. A quel punto il rossore non è più pagg. 112 ri cutanei che affiorano sui volti di un fra- qualcosa di individuabile. Non è dell’ateuro 9) te e dello stesso Sterne, nonché su Il mi- tore crocifisso al ridicolo, non è di sua stero del treno azzurro di Agatha Chri- madre e neppure di Accame che osserva stie. Volendo proseguire il suo lavoro – imbarazzato: il disagio è ambientale, apevidentemente pensare il rossore è con- partiene alla situazione. Come se ad artagioso – ricordiamo la vampa fulminea rossire, in determinate circostanze, non che imperla il volto di Emma Bovary du- fosse più il singolo ma lo spazio e il temrante il suo primo incontro con il futuro po, loro malgrado consapevoli del tragimarito: «Charles sentì il suo petto sfiora- comico disastro dell’umano. Perché ci re la schiena della giovinetta, curva sot- sono occasioni in cui – come in Vergogna to di lui. Essa si risollevò tutta rossa, e lo di Coetzee, come nel Processo di Kafka – guardò da sopra la spalla». Al di là della il rossore non è più contingente bensì asnatura ignobilmente viscerale, poco più soluto. Epocale. La scoria di amor proin là nel romanzo di Flaubert, del rosso- prio che indisciplinabile colora di sé le re di Charles («le guance arrossate dalla cose e poi scompare. digestione»), per leggere l’ipersensibi© RIPRODUZIONE RISERVATA