Comments
Description
Transcript
SE CRISTO BUSSA….
PRIMA SETTIMANA DI AVVENTO SE CRISTO BUSSA…. Misericordia e poveri IN RETE…CON LA CHIESA Giubileo: questo è il tempo della misericordia. E’ il tempo favorevole per curare le ferite, per non stancarci di incontrare quanti sono in attesa di vedere e toccare con mano i segni della vicinanza di Dio, per offrire a tutti, a tutti, la via del perdono e della riconciliazione”. (Omelia dei Primi Vespri della II domenica di Pasqua 2015) IN RETE… CON LA PAROLA Signore, quando mai ti abbiamo visto? Che fatto straordinario! Proprio all’inizio dell’Avvento, proprio mentre ci prepariamo ad attendere Gesù, ad incontrarlo, ci viene rivolto l’invito a “festeggiare con gioia” la misericordia di Dio…l’amore di Dio che si fa incontro a noi… Sì, perché Dio è venuto incontro a noi, ha mostrato la sua misericordia, la sua solidarietà con ogni uomo, prima di tutto facendosi uno di noi, in Gesù, uomo come noi. “Pe noi uomini e per la nostra salvezza, discese da cielo”, recitiamo nella professione di fede! Proprio perché Dio, in Gesù, ha assunto le nostre sembianze umane, possiamo incontrarlo ogni giorno, per sempre. Gesù che viene a “visitarci”, desidera che gli restituiamo la visita andando incontro a ogni uomo, in particolare ai “piccoli”, con i quali egli si identifica, ogni momento… Ma come? Dove? Ascoltiamo Gesù che ci parla (Mt 25, 31-46) Quando il Figlio dell'uomo verrà nella sua gloria, e tutti gli angeli con lui, siederà sul trono della sua gloria. 32Davanti a lui verranno radunati tutti i popoli. Egli separerà gli uni dagli altri, come il pastore separa le pecore dalle capre, 33e porrà le pecore alla sua destra e le capre alla sinistra. 34Allora il re dirà a quelli che saranno alla sua destra: "Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla creazione del mondo, 35perché ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere, ero straniero e mi avete accolto, 36 nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, ero in carcere e siete venuti a trovarmi". 37Allora i giusti gli risponderanno: "Signore, quando ti abbiamo visto affamato e ti abbiamo dato da mangiare, o assetato e ti abbiamo dato da bere? 38Quando mai ti abbiamo visto straniero e ti abbiamo accolto, o nudo e ti abbiamo vestito? 39Quando mai ti abbiamo visto malato o in carcere e siamo venuti a visitarti?". 40E il re risponderà loro: "In verità io vi dico: tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l'avete fatto a me". 41Poi dirà anche a quelli che saranno alla sinistra: "Via, lontano da me, maledetti, nel fuoco eterno, preparato per il diavolo e per i suoi angeli, 42 perché ho avuto fame e non mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e non mi avete dato da bere, 43ero straniero e non mi avete accolto, nudo e non mi avete vestito, malato e in carcere e non mi avete visitato". 44Anch'essi allora risponderanno: "Signore, quando ti abbiamo visto affamato o assetato o straniero o nudo o malato o in carcere, e non ti abbiamo servito?". 45Allora egli risponderà loro: "In verità io vi dico: tutto quello che non avete fatto a uno solo 1 di questi più piccoli, non l'avete fatto a me". 46E se ne andranno: questi al supplizio eterno, i giusti invece alla vita eterna". Entriamo nella Parola Dopo la lettura del brano, ogni ragazzo è invitato a sottolineare le persone in cui Gesù si identifica. I loro nomi sono trascritti su un cartellone. IO STO ALLA TUA PORTA Noi possiamo trovare e incontrare Cristo nella preghiera, nelle celebrazioni che radunano i cristiani, nella sua Parola. Ma per “vedere” il suo volto dobbiamo aprire gli occhi e il cuore suoi volti degli uomini! E’ nella lor vita che si devono cercare le tracce della sua presenza, soprattutto nei volti e nella vita di coloro che hanno un’esistenza di sofferenza, di coloro che sono toccati dalle innumerevoli povertà presenti nella nostra società: in chi è privato dei bisogni primari quali il cibo, la bevanda, il vestito, l’alloggio; in chi è privato della sua libertà, perché ammalato, in prigione, straniero. Se è così, non è difficile “vedere” ogni giorno il Signore, perché tutti abbiamo fatto qualche esperienza diretta o indiretta di incontro con questi fratelli! Accanto ad ogni “gruppo” di persone nominate nel vangelo, i ragazzi mettono il nome di quelle persone che conoscono, che hanno incontrato o di cui hanno sentito parlare nei fatti di cronaca. LO AVETE FATTO A ME Chi sa vedere il Cristo in questi “piccoli”, in questi “fratelli”, chi sa credere in lui… non può accettare che i volti degli uomini e delle donne siano “sfigurati”… Chi crede in Gesù e riconosce di essere stato raggiunto dalla sua misericordia, dal cuore di Dio che si muove verso di noi, fa della propria vita una “vita di misericordia”; non si limita a “dire parole” ma a “fare”. Sono le azioni che misurano l’uomo: da Gesù saremo riconosciuti dalle opere che avremo fatto ai più piccoli. Con quale frase, slogan, riassumereste questo messaggio? Trascriverlo come titolo sul cartellone. Es: Gesù mi viene incontro in ogni uomo che soffre. Gesù mi chiama a condividere l’amore con ogni uomo che soffre. Per pregare APRI Signore, aprimi gli occhi perché ti veda mentre tendi la mano ai bordi della strada con i vestiti sporchi, perché ti veda mentre piangi infelice perché sei stato trattato da sporco immigrato, perché ti veda quando vivi nel paese della miseria e supplichi perché qualcuno venga ad aiutarti a seminare e costruire. Signore, aprimi le labbra, perché io possa gridare. “Basta! Amici, venite! Bisogna rialzare il nostro Cristo, bisogna rimettere in piedi i nostri fratelli e le nostre sorelle!”. Signore, aprimi le mani, perché senza attendere oltre noi cominciamo a preparare il mondo in cui ogni uomo riceverà la sua parte di pane e di dignità che gli permetterà di dire: “Come è bello vivere sulla terra degli uomini”. 2 Bibliografia e testi di approfondimento Catechisti parrocchiali settembre 2013, Dossier “Va’ e anche tu fa’ così” C. Singer-A. Hari, Incontrare Gesù Cristo oggi. Una lettura del Vangelo, pag. 167-171 IN RETE…CON LA CHIESA CHE SERVE I FRATELLI A proposito del tema … alcuni dati Il Trentino non è più un’isola felice, visto che 1 su 10 vive in povertà. Altri non sono poveri, però sono a rischio: specialmente gli anziani, le famiglie numerose e quelle con un solo genitore. Nel resto d’Italia la situazione va peggio, dato che è in povertà 1 su 7 e i minori coinvolti sono 1,5 mln. Sono molte le risposte nella nostra provincia, sia della società civile che della comunità ecclesiale: basti pensare ai quasi 800 volontari che in diocesi operano tramite i servizi Caritas. La Parola diventa vita: la testimonianza Parola e azione. Ho iniziato ad operare in Caritas partendo dall’approfondimento della Parola di Dio:una Parola che cambia sicuramente la vita, un invito a passare continuamente dalla Parola all’azione; ogni pagina evangelica ci invita alla conversione, a cambiare stile di vita. In definitiva, la Parola va innanzitutto praticata, in qualsiasi ambito: ecologico, politico, ecclesiale, caritativo, e così via. Giustizia e povertà. Per il mio senso di giustizia e di pace, ho fatto la scelta preferenziale per i poveri. “Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia, perché saranno saziati”, secondo il Vangelo di Matteo, e, in una lettera di Pietro, “E se anche doveste soffrire per la giustizia, beati voi!”: come dire, felice chi opera per la giustizia. La povertà infatti non è una disgrazia inevitabile, ma è il prodotto di scelte economiche, etiche e politiche che non mettono la giustizia come fine principale del vivere comunitario: essa è contraria al progetto di Dio sull’umanità e, troppo spesso, provocata dalla corsa di alcuni prepotenti nell’accaparrasi beni, denaro e ogni tipo di ricchezza, a scapito dei più deboli e indifesi. Misericordia e povertà. La misericordia non è un sentimento, ma un'azione concreta, con la quale si aiutano gli altri ad uscire da una situazione di difficoltà. Il misericordioso non é uno che ha sentimenti compassionevoli, ma chi opera attivamente ed abitualmente per aiutare gli altri e su cui si può sempre contare. E avrà grande compenso: “Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia” ci ricorda ancora Matteo. Nell’ambito parrocchiale. Visto che “i poveri sono sempre tra noi” (come ci ricorda Gesù a Betania), basta mettersi all’opera e si incontrano subito. Ho cominciato a capire in che tipo di quartiere stavo vivendo, ma solo dopo aver letto e approfondito con il mio parroco la Parola di Dio, che mi dava la spinta giusta per questo cammino. Grazie al coinvolgimento di altre persone, abbiamo aperto un Centro di Ascolto parrocchiale, per ascoltare le persone in difficoltà e per vedere con loro il modo più adeguato per aiutarle. Nell’ambito cittadino. Sono passato ad operare a livello cittadino, presso il Centro di Ascolto di Trento, e a mettermi in collegamento con le altre Caritas della città: per avere una visione più ampia delle esperienze e per condividere idee e pratiche con altri che stavano facendo il mio stesso cammino. Anche questo era un modo per sentirsi evangelicamente più realizzati, conoscendo molti “senza dimora” e molte famiglie italiane che solitamente evitano di recarsi presso la Caritas di paese o di quartiere dove sono direttamente conosciute. IO … in rete con … Io posso mettermi in rete con i compagni della mia classe, stabilendo innanzitutto quale possa essere la povertà più evidente nella mia zona (magari riferita ai ragazzi coetanei), per poi individuare una soluzione di qualche tipo (una colletta, un incontro con le persone interessate per capire meglio il problema, ecc.). Io posso mettermi in rete con il mio gruppo di catechesi, per poter considerare l’operato della Caritas parrocchiale nei confronti dei poveri che vivono vicino a me, oppure l’operato del gruppo missionario nei confronti dei poveri più lontani. Incontrarsi con qualcuno di loro potrebbe essere l’inizio di un cammino fatto assieme. 3 "Accogliere il povero, il malato, lo straniero, il carcerato, è infatti fargli spazio nel proprio tempo, nella propria casa, nelle proprie amicizie, nella propria città e nelle proprie leggi. la carità è molto più impegnativa di una beneficenza occasionale: la prima coinvolge e crea un legame, la seconda si accontenta di un gesto." (Evangelizzazione e Testimonianza della Carità - Orientamenti pastorali dell'Episcopato Italiano per gli anni novanta) "Sono cambiati i tempi, sono cambiati i poveri e sono mutate le loro esigenze, sono diversi i parametri di riferimento e numerose le azioni di contrasto alla povertà. Questo chiedersi il senso delle nostre azioni è decisivo: dato per assodato che, come dice Gesù, <<i poveri li avrete sempre con voi>> è importante domandarsi come relazionarsi e come stare con il povero, a seconda delle situazioni e uscendo da una facile dimensione accusatoria - <<sono loro che ne approfittano>> - che non ci fa certo crescere come cristiani e come persone." (Roberto calzà, direttore Caritas diocesana di Trento) ALCUNI ATTEGGIAMENTI per una relazione accogliente con chi chiede aiuto cerchiamo di: non essere frettolosi nell'incontro: salutare, presentarsi, conoscere il nome di chi incontriamo, fermarsi a parlare entrare in relazione anche con un sorriso che dimostri la nostra disponibilità saper rispettare le diversità essere ciò che si è: la nostra esperienza personale è la più preziosa risorsa di cui disponiamo ALCUNE AZIONI Per essere efficaci nei confronti dei bisogni dell'altro cerchiamo di: prendersi cura di una persona non significa solo darle denaro proviamo, grazie all'ascolto, ad identificare i bisogni,anche quelli che non ci dice Quello che avete fatto al più piccolo dei fratelli lo avete fatto a me (Mt -25) a cura della Caritas zona pastorale della Vallagarina 4 SECONDA SETTIMANA DI AVVENTO CON SGUARDO E CUORE TRASPARENTE… Oppure E’ VENUTO A CERCARCI… Misericordia e carcerati IN RETE…CON LA CHIESA “La misericordia supera ogni muro, ogni barriera, e ti porta a cercare sempre il volto dell’uomo, della persona. Ed è la misericordia che cambia il cuore e la vita, che può rigenerare una persona e permetterle di inserirsi in modo nuovo nella società” (Papa Francesco, Udienza generale 10 settembre 2014) IN RETE…CON LA PAROLA Può essere un po’rischioso essere sempre connessi con il Vangelo! Alle volte, ci sembra, che Gesù ci lanci delle sfide un po’ ardue… come quella di “visitare i carcerati”… Perché “ero in carcere e mi avete visitato…”. Ma... per quale ragione? Ascoltiamo Gesù che ci parla La peccatrice perdonata: Luca 7, 36-50 Uno dei farisei invitò Gesù a mangiare da lui. Egli entrò nella casa del fariseo e si mise a tavola. 37Ed ecco, una donna, una peccatrice di quella città, saputo che si trovava nella casa del fariseo, portò un vaso di profumo; 38stando dietro, presso i piedi di lui, piangendo, cominciò a bagnarli di lacrime, poi li asciugava con i suoi capelli, li baciava e li cospargeva di profumo. 39Vedendo questo , il fariseo che l'aveva invitato disse tra sé: "Se costui fosse un profeta, saprebbe chi è, e di quale genere è la donna che lo tocca: è una peccatrice!".40Gesù allora gli disse: "Simone, ho da dirti qualcosa". Ed egli rispose: "Di' pure, maestro". 41"Un creditore aveva due debitori: uno gli doveva cinquecento denari, l'altro cinquanta. 42Non avendo essi di che restituire, condonò il debito a tutti e due. Chi di loro dunque lo amerà di più?". 43Simone rispose: "Suppongo sia colui al quale ha condonato di più". Gli disse Gesù: "Hai giudicato bene". 44E, volgendosi verso la donna, disse a Simone: "Vedi questa donna? Sono entrato in casa tua e tu non mi hai dato l'acqua per i piedi; lei invece mi ha bagnato i piedi con le lacrime e li ha asciugati con i suoi capelli. 45Tu non mi hai dato un bacio; lei invece, da quando sono entrato, non ha cessato di baciarmi i piedi. 46Tu non hai unto con olio il mio capo; lei invece mi ha cosparso i piedi di profumo . 47Per questo io ti dico: sono perdonati i suoi molti peccati, perché ha molto amato. Invece colui al quale si perdona poco, ama poco". 48Poi disse a lei: "I tuoi peccati sono perdonati". 49Allora i commensali cominciarono a dire tra sé: "Chi è costui che perdona anche i peccati?". 50Ma egli disse alla donna: "La tua fede ti ha salvata; va' in pace!". Entriamo nella Parola Dopo la lettura del brano, i ragazzi sono invitati individuare qual è l’atteggiamento che Gesù rivela Per facilitare il lavoro, il brano del vangelo sarà trascritto, a caratteri grandi, su un cartellone. I ragazzi, a turno, sottolineano, con la biro rossa, una parola o un comportamento o un sentimento di Gesù. Poi, scrivono ciò che hanno scoperto di Gesù con una breve frase o con una parola su un post it che incolleranno sul cartellone. Es: Gesù, tu sei….misericordioso, buono, … 1 Gesù, tu sai guardare il cuore delle persone Gesù, tu ci sei sempre vicino… Dopo aver ascoltato i ragazzi, la catechista riassume il messaggio. SONO VENUTO A CERCARTI L’atteggiamento di Gesù rivela l’atteggiamento di Dio Padre. Dio non fa differenza tra i suoi figli. Accanto a lui non ci sono alcuni che hanno un posto migliore degli altri. Anzi, a coloro che sono giudicati “peccatori” e quindi disprezzati e allontanati, Dio si fa vicino, li risolleva, toglie lo sporco con la sua tenerezza. A coloro che non sono più considerati dei “nostri”, che sono emarginati, perché considerati “fuorilegge”, Dio va incontro, cercando chi si è smarrito, tendendo le braccia per toglierli dai “rovi”, come il buon pastore che va in cerca della pecora smarrita. Dio non giudica chi si allontana da lui a causa del peccato, ma “va verso” per diminuire la distanza che li separa, per poter essergli il prima possibile accanto ed abbracciarlo. Questo è quanto Dio Padre ha voluto rivelarci mandando nel mondo il suo Figlio Gesù: è venuto a cercarci… Questo è stato, da sempre, il suo atteggiamento nei confronti dell’uomo che gli ha voltato le spalle; sin dall’inizio, si è preoccupato di noi: “Adamo, dove sei?”…. IL GIUBILEO: IL TEMPO FAVOREVOLE PER CURARE LE FERITE Proviamo ora a rispondere alla domanda che ci siamo posti all’inizio dell’incontro: Cosa ci chiede Gesù quando dice: “Ero in carcere e mi avete visitato”? Cosa significa “visitare i carcerati”? Ascoltiamo cosa dicono i ragazzi. Poi, riassumere il messaggio “Visitare i carcerati e perdonare le offese”; significa “sentire forte in noi la gioia di essere stati ritrovati da Gesù, che come Buon Pastore è venuto a cercarci perché ci eravamo smarriti. …Percepire il calore del suo amore quando ci carica sulle sue spalle per riportarci alla casa del Padre…. Essere toccati dal Signore Gesù e trasformati dalla sua misericordia, per diventare noi pure testimoni di misericordia”. “Ero in carcere e mi hai visitato”, respingendo ogni forma di rancore e di odio che porta alla violenza, offrendo il perdono…è il gesto con il quale a chi ha sbagliato e che giustamente sta scontando la pena, diamo un messaggio importante: “Tu esisti e di te mi importa, perché tu puoi ancora farcela…La tua vita non è finita; tu sei sempre uno di noi, fai parte della famiglia. Il Giubileo “è il tempo favorevole per curare le ferite, per non stancarci di incontrare quanti sono in attesa di vedere e toccare con mano i segni della vicinanza di Dio, per offrire a tutti, a tutti, la via del perdono e della riconciliazione”. Per pregare TU! Quando il sole della felicità Si allontana dal nostro cielo perché è il tempo dei dispiaceri, il tempo in cui si è traditi, lasciati soli, ma anche un tempo qualsiasi o addirittura il tempo del peccato, tu, Signore, resti accanto a noi perché sei il Signore della fedeltà!. Con te, Signore, con il tuo amore che ci sostiene, con la tua presenza che ci rianima, attraversiamo anche le valli oscure perché tu sei il Signore che infonde fiducia. Bibliografia e testi di approfondimento Catechisti parrocchiali marzo 2014, Dossier “Occhi misericordiosi” C. Singer-A. Hari, Incontrare Gesù Cristo oggi. Una lettura del Vangelo, pag. 133-137; 183 2 IN RETE…CON LA CHIESA CHE SERVE I FRATELLI A proposito del tema…alcuni dati: Rapporto associazione Antigone - primo rapporto online sulle carceri italiane "La struttura è praticamente nuova, costruita pochi anni fa (2010).Questa nuova struttura si trova in un’area industriale-artigianale extraurbana, prevalentemente circondata da capannoni e collegata con il resto della città da due autobus. Le celle sono pulite ed in ottime condizioni, con un angolo cottura con un lavandino in acciaio; sulla sinistra ci sono i letti, tre in tutto fissati al pavimento. Le pareti delle celle visitate risultano immacolate: pulite, senza nulla appeso né segni del passaggio dei detenuti. Il bagno è separato ed è munito di lavandino, water, doccia e bidet. È presente anche un interfono per poter comunicare con gli agenti e una TV fissata al muro e protetta da uno vetro. La metratura delle celle è di circa 18 metri quadri, che diventano 14,97 tolto il bagno e il mobilio d’arredo. Le celle ospitano tutte due detenuti, anche se in tutte è presente la terza branda per le situazioni di emergenza. L’istituto ha una capienza regolamentare di 241 posti (compresi 20 posti per la sezione femminile e 20 posti per semi-liberi). Il giorno della visita erano presenti 228 detenuti di cui 207 uomini e 21 donne. La composizione della popolazione detenuta vede una netta prevalenza di provenienti da paesi terzi, 161 il giorno della visita, circa il 70%. L’alto numero di detenuti privi di fissa dimora, di reti sociali nel territorio e indigenti rende difficoltosa l’applicazione dei benefici extramurari a causa della mancanza di riferimenti esterni dei detenuti (nel 2014 ha coinvolto 64 detenuti) e della detenzione domiciliare (16 detenuti nel 2014). Le origini geografiche e le condizioni socio economiche dei detenuti vengono descritte come uno dei principali problemi della realtà di Trento, assieme ad un territorio sempre meno ricettivo a causa della crisi." La Parola diventa vita: la testimonianza Chissà se voi conoscete personalmente qualcuno che si trova ora in carcere o che lo è stato in passato! Qualcuno di più vicino a voi dei soliti personaggi famosi del mondo della politica o dello spettacolo, una persona della vostra famiglia, del vostro rione o paese, un vicino di casa, un amico…. Fino a pochi anni fa io non conoscevo nessuno e quindi mi ero creata con l’immaginazione un’idea tutta mia di come potesse essere un detenuto e quando il telegiornale annunciava l’arresto di qualcuno pensavo, con sollievo, che in giro ci sarebbe stato d’ora innanzi “un cattivo” in meno e avremmo potuto stare più tranquilli. Quante volte, anche oggi, sento pronunciare dalle persone certi slogan o frasi appartenenti all’opinione comune, ma ben lontane dalla realtà del carcere, del tipo: “Fanno la bella vita! Non fanno nulla tutto il giorno e li mantengono con i soldi dello Stato! Non cambieranno mai! Dovevano pensarci prima! Hanno sbagliato ed ora pagano! Dovrebbero chiuderli dentro e buttare le chiavi!” e via dicendo. E quanti pregiudizi ho scoperto di avere anch’io dentro di me, simili a questo, già nel primo incontro che, con uno dei suoi strani scherzi, la vita mi ha portato ad avere con un gruppo di detenuti nel vecchio carcere di Via Pilati a Trento! La prima volta che con alcuni miei amici siamo entrati, immaginavamo di trovarci davanti sguardi “cattivi” o “malvagi” in quei “delinquenti”, con i quali fra l’altro non sapevamo come rapportarci; in realtà non è mai stato così!! Abbiamo sempre incontrato, invece, delle “Persone” assolutamente normali, uomini e donne dai volti talvolta tristi, rassegnati, o un po’ spaventati, parecchi molto sorridenti, gentili e accoglienti nei nostri confronti. La sofferenza che vivono per la mancanza di libertà e per l’essere stati privati di conseguenza anche dei loro affetti, della loro vita è così tangibile. Molti di loro avvertono forte il dolore che loro stessi hanno procurato alla parte lesa e alle loro famiglie, sono tormentati dai sensi di colpa; sono i primi a non perdonarsi. Ci parlano delle loro mamme, del bene che vogliono ai loro cari, in un modo così commovente!! I papà, le mamme, che sono in carcere, ci raccontano di qualche visita che ricevono magari dai figli più grandicelli, di come li abbiano trovati cresciuti, e con orgoglio, di quanto siano bravi. A volte, invece, i loro figli sono lontani, perché abitano in altre città o in un altro Stato e con enormi difficoltà i familiari riescono a spostarsi per riuscire ad accedere ad un colloquio di tanto in tanto, oppure non li vedono da anni, e con le lacrime agli occhi ci confidano: “Oggi è il compleanno di mio figlio e non posso nemmeno fargli gli auguri!” Spesso la loro preoccupazione più grande è quella di uscire, dopo aver scontato la pena (spesso dopo parecchi anni!), e ritrovarsi soli, abbandonati dalle mogli o compagne, che non hanno avuto la forza di aspettarli tanto a lungo, di non essere più riconosciuti come padri dai loro figli (a volte perché sono entrati in carcere quando erano ancora piccolissimi e non li hanno potuti accudire e accompagnare nella crescita), di non essere accettati in un posto di 3 lavoro perché portano con sé come un’etichetta, un marchio, che li fa sentire per sempre degli “ex carcerati”, in una parola: venir rifiutati, prima dai propri affetti e poi dalla società! Frequentemente ciò porta a ricadere negli errori del passato, quelli che speravano di scrollarsi per sempre di dosso per iniziare un nuovo stile di vita, e a commettere di nuovo – per la sopravvivenza – i medesimi reati, che li portano prima o poi a venir arrestati ancora una volta o più volte. Per molti diventa un circolo vizioso. La vita del carcere rende molto vulnerabili e fragili anche coloro che, all’apparenza, sono degli “omoni” grandi e forti, a cui nulla sembra far paura. E invece spesso confidano di aver paura di riprendere a fare le cose più ordinarie, anche solo riuscire a prendere un treno, a sapere dove andare, cosa fare. Sono talmente abituati a svolgere solo ciò che gli vien detto di fare da qualcun altro, o a dover chiedere il permesso per fare qualsiasi cosa, che dimenticano cosa significa vivere con la propria autonomia! Le difficoltà che i carcerati vivono ogni giorno sono innumerevoli: principalmente, il come trascorrere le giornate, senza cadere nella depressione a forza di pensare alle proprie sventure e sofferenze. Il tempo scorre molto lentamente, le giornate sono assai ripetitive, soprattutto per chi non ha la possibilità di scambiare qualche parola con i proprio compagni di cella o di sezione, perché parlano altre lingue, provengono da altre culture e tradizioni, sono fedeli di altre religioni, oppure per chi non è impegnato in qualcuno dei corsi scolastici o laboratori, o in qualche piccolo servizio/lavoro (come “porta-vitto”, “scopino”, in lavanderia, in cucina, magazzino, ecc. ), che viene distribuito a turno per periodi di 2 mesi. Nella “cittadina” del carcere di Spini convivono, infatti, circa 240 persone detenute (più tutto il personale di servizio), di cui circa 220 uomini e 20 donne, costituiti per circa il 70% da persone straniere, provenienti principalmente da Tunisia, Marocco, Albania, Romania, ex-Jugoslavia, Nigeria, Afghanistan, Liberia, Costa d’Avorio, ecc. e, purtroppo, attualmente ci sono non poche difficoltà nel coinvolgere tutti in qualche attività. Spesso sono in lista di attesa, pieni di speranza, a volte rassegnazione, per poter accedere ad un incarico, che li veda impegnati per 2-3 ore al giorno, consentendo loro di uscire dalla cella in cui trascorrono gran parte della giornata. Non entriamo in carcere per giudicare, non è il nostro compito (che lasciamo volentieri a chi il giudice lo fa di mestiere!!) e non ci viene nemmeno in mente di chiedere per quale reato siano dentro. La presenza di noi volontari fra di loro è solo il tentativo di non farli sentire degli esclusi dal resto del mondo. Non facciamo nulla di speciale, ma ci rendiamo conto che basta così poco: un po’ di attenzione, una parola, un sorriso, per trasmettere un briciolo di speranza e risollevare a volte il morale. Nei loro confronti ci poniamo con profondo rispetto e, a volte, con il semplice silenzio, nella consapevolezza che nessuno di noi può dire di non aver mai sbagliato nulla, né di sentirci migliori di loro. Rimango spesso assai sorpresa ed ammirata per la sensibilità che parecchi di loro hanno. Si tengono sempre informati, attraverso i telegiornali, di quanto succede fuori e si sdegnano e soffrono per le calamità o sciagure che colpiscono persone, o popolazioni; anche nei confronti di noi volontari: si informano su come stiamo, sulla salute dei volontari assenti, ecc. E per la creatività artistica: musicale, poetica, pittorica, manuale (dovreste poter ammirare certi disegni o ricambi che creano e le meravigliose, quanto originali statue, che hanno preparato nel corso del laboratorio che abbiamo svolto nei mesi estivi e per allestire e rallegrare un presepio davvero speciale) E per l’intelligenza brillante, non di rado superiore alla media! I laboratori sono spesso occasione di confronto, di un raccontarsi, un aprirsi gli uni agli altri in qualche ora di “libertà”. Per questo e molto altro quando, dopo un incontro, esco da quel luogo, provo un profondo senso di gratitudine e mi sento fortunata perché torno “nel mondo” un po’ più ricca di quando sono entrata. UN GESTO CONCRETO……………. in 3 “puntate”: 1) “PARLARNE”… dedicare del tempo per conversare sul tema “carcere” e scambiare opinioni tra ragazzi e catechisti, per capire quanto conoscono, pensano, immaginano sulla realtà del carcere…… un aiuto reciproco per sfatare luoghi comuni, presenti spesso anche in noi adulti. 2) Donare del “TEMPO”: chiedere ai ragazzi l’impegno di una preghiera personale per i carcerati, per le loro famiglie, per le vittime del loro reato, per il personale che si occupa di loro (guardie, operatori, educatori…) (ad esempio con un INCONTRO – VEGLIA – GIORNATA di preghiera organizzata con questo scopo, per donare sostegno, forza, vicinanza…); 3) Regalare “PENSIERI”….. i ragazzi potrebbero preparare delle LETTERINE, DISEGNI, CARTELLONI, ecc. da recapitare ai detenuti che vivono nel carcere di Spini. (chiedere a Caritas per poter recapitare poi gli eventuali elaborati in carcere). 4 TERZA SETTIMANA DI AVVENTO “IL SIGNORE È IN MEZZO A TE… TI RINNOVERÀ CON IL SUO AMORE” (Sofonia 3, 15.17) Misericordia e anziani/ammalati IN RETE…CON LA CHIESA La persona di Gesù non è altro che amore, un amore che si dona gratuitamente. Le sue relazioni con le persone che lo accostano manifestano qualcosa di unico e di irripetibile. I segni che compie, soprattutto nei confronti dei peccatori, delle persone povere, escluse, malate e sofferenti, sono all’insegna della misericordia. Tutto in Lui parla di misericordia. Nulla in Lui è privo di compassione (Papa Francesco, Misericordiae Vultus 8) IN RETE…CON LA PAROLA Certo che tu, Gesù, hai davvero stravolto il nostro modo di pensare, di vivere, di stare con gli altri. Hai passato gran parte del suo tempo a incontrare malati di ogni genere, senza la paura di “contaminarti”, di sporcarti le mani, e, di fronte al bene che tu compivi, essere disprezzato, calunniato…! Perché? Ascoltiamo Gesù che ci parla La donna curva: Lc 13, 10-17 10 Stava insegnando in una sinagoga in giorno di sabato. 11C'era là una donna che uno spirito teneva inferma da diciotto anni; era curva e non riusciva in alcun modo a stare diritta. 12Gesù la vide, la chiamò a sé e le disse: "Donna, sei liberata dalla tua malattia". 13Impose le mani su di lei e subito quella si raddrizzò e glorificava Dio. 14 Ma il capo della sinagoga, sdegnato perché Gesù aveva operato quella guarigione di sabato, prese la parola e disse alla folla: "Ci sono sei giorni in cui si deve lavorare; in quelli dunque venite a farvi guarire e non in giorno di sabato". 15 Il Signore gli replicò: "Ipocriti, non è forse vero che, di sabato, ciascuno di voi slega il suo bue o l'asino dalla mangiatoia, per condurlo ad abbeverarsi? 16E questa figlia di Abramo, che Satana ha tenuto prigioniera per ben diciotto anni, non doveva essere liberata da questo legame nel giorno di sabato?". 17Quando egli diceva queste cose, tutti i suoi avversari si vergognavano, mentre la folla intera esultava per tutte le meraviglie da lui compiute Entriamo nella Parola LUI SI SENTE RESPONSABILE 1 A proposito di come Gesù incontra le persone, papa Francesco afferma: “Ciò che muove Gesù in tutte le circostanze non era altro che la misericordia, con la quale leggeva nel cuore dei suoi interlocutori e rispondeva al loro bisogno più vero” (MV 8). “La misericordia di Dio è la sua responsabilità per noi. Lui si sente responsabile, cioè desidera il nostro bene e vuole vederci felici, colmi di gioia e sereni” (MV 9). Dopo aver riletto il brano del vangelo, i ragazzi sono inviti a sottolineare le azioni compiute da Gesù nei confronti della donna curva. Sono poi trascritte su un cartellone con una frase con la quale esprimono l’atteggiamento misericordioso di Gesù. Es: Gesù, tu ci mostri la tua misericordia QUANDO CI VEDI, QUANDO CI CHIAMI A TE, QUANDO CI PARLI, QUANDO CI TOCCHI…. Gesù, tu ci rendi liberi quando… GUARITI PER GLORIFICARE DIO Qual è la nuova situazione della donna dopo aver incontrato Gesù? Incontrando i malati, “Gesù non predica mai la rassegnazione, non afferma mai che la sofferenza avvicina maggiormente a Dio, non chiede di offrire la sofferenza a Dio: egli ci insegna che non la sofferenza, ma l’amore quando è presente anche nelle persone sofferenti avvicina a Dio e salva. Gesù ci insegna si lascia coinvolgere dalla situazione personale dei malati: la loro sofferenza provoca la sofferenza di Gesù, che prova compassione e rompe le norme igieniche e religiose del tempo, toccando i malati e divenendo egli stesso impuro. Questo atteggiamento di Gesù verso i malati che guarisce mostra sì la potenza divina che agisce in lui, ma soprattutto la sua misericordia. E’ per questo che possiamo anche noi fare “miracoli”, quando, come ci insegna Papa Francesco, “siamo persone che non si vergognano di avere tenerezza”.”. (Dalla testimonianza di don Olivo al Convegno dei catechisti, novembre 2014). Gesù ha legato strettamente l’annuncio della Buona Notizia con la presenza accanto ai malati, quando dà il mandato ai suoi discepoli: “E strada facendo predicate che il regno di Dio è vicino. Guarite gli infermi …” (Mt 10, 7-8). In una situazione di debolezza fisica e psicologica, chi è malato, infortunato, anziano, ha bisogno di vicinanza gratuita e di conforto. Ha bisogno di una presenza che sappia ascoltare, anche in silenzio. Diceva Madre Teresa: “L’amore si esprime, in primo luogo, nello stare con qualcuno, piuttosto che nel fare qualcosa per qualcuno”. 2 Per pregare CON TE Con te, Signore, quante scoperte! Con te si impara che la vita è fatta per essere condivisa come il pane che viene distribuito perché tutti ne possano mangiare. Tutti, sulla terra, hanno fame di amore. Con te si impara che Dio è entrato col suo corpo e col suo cuore nel regno della sofferenza, per rimanere con gli uomini che non ne possono più sotto il peso della croce, per sostenerli con le sue braccia spalancate. Perché tutti, sulla terra, hanno fame di speranza. Con te si impara che un’alba di gioia spunta ancora per noi quando tutto sembra finito, e che Dio stesso vigila perché le pietre della morte siamo ribaltate e spezzate per sempre. Perché tutti, sulla terra, hanno fame di eternità. Con te, Signore Gesù, si scopre il gusto della vita. Bibliografia e testi di approfondimento Catechisti Parrocchiali febbraio 2014, Dossier “Ali ai piedi” A. Hari-C. Singer, Vivere oggi gli Atti degli Apostoli, pag. 30-37 C. Singer-A. Hari, Incontrare Gesù Cristo oggi. Una lettura del Vangelo, pag. 108-109 C. Singer, Preghiamo col Vangelo, pag. 51 IN RETE…CON LA CHIESA CHE SERVE I FRATELLI La pastorale della salute è l’organismo diocesano che ha il compito di studiare e promuovere l’attenzione e la cura verso gli ammalati, collaborando con il Consiglio pastorale Diocesano, la Caritas e altri uffici diocesani. In particolare è riferimento per tutte le associazioni che si occupano di ammalati e che sostengono la spiritualità e la formazione etica degli operatori sanitari. Organizza un convegno annuale per la preparazione della giornata del malato nelle varie parrocchie, e altri momenti di formazione là dove sono richiesti. Pubblica la rivista diocesana trimestrale dal titolo “Questi miei fratelli”. È riferimento per le cappellanie ospedaliere e per le loro attività. Ha promosso la realizzazione di un punto di ascolto per il disagio psichico a Trento. È attiva nella formazione all’incontro coi malati per i ministri straordinari della comunione. Ai suoi uffici compete l’organizzazione e la gestione di vari pellegrinaggi, alcuni dei quali aperti anche ai malati. La Parola diventa vita: la testimonianza La malattia più grave Un giorno, a un luminare della medicina venne chiesto quale fosse la più grave malattia del secolo. I presenti si aspettavano che dicesse il cancro o l'infarto. Grande fu lo stupore generale quando lo scienziato rispose: "L'indifferenza!" Tutti allora si guardarono negli occhi e ognuno si accorse di essere gravemente ammalato. 3 Infine gli domandarono quale ne fosse la cura. E lo scienziato disse: "Accorgersene! " La sedia vuota Un uomo anziano si era ammalato gravemente. Il suo parroco andò a visitarlo a casa. Appena entrato nella stanza del malato, il parroco notò una sedia vuota, sistemata in una strana posizione accanto al letto su cui riposava l'anziano e gli domandò a cosa gli serviva. L'uomo gli rispose, sorridendo debolmente: "Immagino che ci sia Gesù seduto su quella sedia, e prima che lei arrivasse gli stavo parlando... Per anni avevo trovato estremamente difficile la preghiera, finché un amico mi spiegò che la preghiera consiste nel parlare con Gesù. Così ora immagino Gesù seduto su una sedia di fronte a me e gli parlo e ascolto cosa dice in risposta. Da allora non ho più avuto difficoltà nel pregare." Qualche giorno dopo, la figlia dell'anziano signore si presentò in canonica per informare il parroco che suo padre era morto. Disse: "L'ho lasciato solo per un paio d'ore. Quando sono tornata nella stanza l'ho trovato morto con la testa appoggiata sulla sedia vuota che voleva sempre accanto al suo letto." Piero Gribaudi (tratto da "Il libro della saggezza interiore. 99 storie intorno all'uomo") IO ….in rete con… Testimoni privilegiati (ascolto): invitiamo qualcuno che opera in ospedale, in una casa di riposo, in una cooperativa a sostegno di malati (Alzheimer, lega tumori, SLA, …) o disabili a raccontare la propria esperienza. Accogliamo la testimonianza di un ministro della comunione che ogni settimana visita gli ammalati della parrocchia. Ascoltiamo qualcuno con una malattia invalidante o un handicap che abbia fatto un cammino di fede attorno a questa sua difficoltà… si tratta di trovare le persone giuste, ma ce ne sono tante, capaci di non negare la sofferenza ma di trovare anche in questa motivo di speranza e pienezza di vita. Il territorio (azione): Accompagniamo i ministri della comunione nel loro servizio in qualche momento particolare o a turno in gruppetti di due o tre. Organizziamo delle visite nelle case di riposo: sia in forma attiva, (cioè portando un momento di festa , con canti poesie, piccoli spettacoli) che in una forma di ascolto degli ospiti (sarà importante concordare le visite con il settore animazione che è presente in ogni struttura; molto interessante anche la visita a qualche congregazione che ospita suore o sacerdoti anziani che possono raccontare la loro esperienza). Prepariamo e consegnamo agli anziani della parrocchia un segno di auguri in occasione del Natale o della Pasqua 4 QUARTA SETTIMANA DI AVVENTO VENUTO PER SANARE LE FERITE Misericordia e perseguitati/ rifugiati IN RETE…CON LA CHIESA “Quante situazioni di precarietà e sofferenza sono presenti nel mondo di oggi! Quante ferite sono impresse nella carne di tanti che non hanno più voce perché il loro grido si è affievolito e spento a causa dell’indifferenza dei popoli ricchi. In questo Giubileo ancora di più la Chiesa sarà chiamata a curare queste ferite, a lenirle con l’olio della consolazione, fasciarle con la misericordia e curarle con la solidarietà e l’attenzione dovuta”. (Papa Francesco MV 15) IN RETE CON LA PAROLA Ma quando, Signore, ti abbiamo visto pellegrino e straniero? Cosa posso fare? Ascoltiamo Gesù che ci parla Parabola del samaritano (Lc 10, 29-37) "Un uomo scendeva da Gerusalemme a Gerico e cadde nelle mani dei briganti, che gli portarono via tutto, lo percossero a sangue e se ne andarono, lasciandolo mezzo morto. 31Per caso, un sacerdote scendeva per quella medesima strada e, quando lo vide, passò oltre. 32Anche un levita, giunto in quel luogo, vide e passò oltre. 33Invece un Samaritano, che era in viaggio, passandogli accanto, vide e ne ebbe compassione. 34Gli si fece vicino, gli fasciò le ferite, versandovi olio e vino; poi lo caricò sulla sua cavalcatura, lo portò in un albergo e si prese cura di lui. 35Il giorno seguente, tirò fuori due denari e li diede all'albergatore, dicendo: "Abbi cura di lui; ciò che spenderai in più, te lo pagherò al mio ritorno". 36Chi di questi tre ti sembra sia stato prossimo di colui che è caduto nelle mani dei briganti?". 37 Quello rispose: "Chi ha avuto compassione di lui". Gesù gli disse: "Va' e anche tu fa' così". Entriamo nella Parola 10 PAROLE …PER FARSI PROSSIMO Ai ragazzi è consegnato il testo della Parola. Dopo averlo riletto personalmente, sono invitati a sottolineare le azioni compiute dal samaritano. Quanti sono i verbi che indicano le azioni? Sono 10: dieci parole, il decalogo di chi si fa prossimo. Ecco i verbi: vide, ebbe compassione, gli si fece vicino, gli fasciò le ferite, versò olio e vino, lo caricò sulla cavalcatura, lo portò all’albergo, lo affida all’albergatore, pagò per lui, tornò indietro a pagare. I verbi sono trascritti su un cartellone. Chiedere ai ragazzi di trovare il titolo da dare al cartellone. 1 La catechista insieme a i ragazzi analizza brevemente le azioni del samaritano. Vide: vedere, cioè camminare a occhi aperti dentro la realtà della vita, è fondamentale per decidere il proprio comportamento nei confronti degli altri. Anche il sacerdote e il levita videro, ma passarono oltre. Il samaritano, invece, non vede solo se stesso… vede l’altro e decide per l’altro… Ebbe compassione: compatire, cioè patire insieme, mettersi al posto dell’altro, vivere ciò che vive l’altro. Gli si fece vicino: la compassione coinvolge tutta la persone, sentimenti e corpo; spinge a “farsi vicino” per far sentire l’altro in compagnia. Gli fasciò le ferite, versandovi olio e vino: la compassione porta ad intervenire, a prendersi cura dell’altro, a fargli tutto ciò di cui ha bisogno, per sanargli le ferite Lo caricò sulla cavalcatura, lo portò all’albergo, lo affida all’albergatore, pagò per lui, tornò indietro a pagare: chi si fa carico dell’altro non si ferma al “pronto intervento”, ma cerca la soluzione del problema, va fino in fondo, diventa “prossimo” a tempo pieno, coinvolgendo anche altri nella gara di “solidarietà” per ridare vita all’uomo “ferito”. CI HA CARICATI SULLE SPALLE E’ mostrato ai ragazzi il dipinto “Il buon samaritano” di Van Gogh; il dipinto può essere posto accanto al cartellone costruito precedentemente. Cosa si vede? Quali sentimenti vi suscita l’ immagine? Cosa vi colpisce? Vi sembra che siano richiamati i 10 verbi di chi si fa prossimo? L'uomo in primo piano è teso nello sforzo di sollevare il pesante corpo del malcapitato, inarca la schiena fa leva con la gamba, punta il piede a terra e solleva il tallone che si stacca dalle ciabattine che porta. Prima di fare questo però possiamo notare che si è rimboccato le maniche per poter lavorare meglio; deve aver soccorso il malcapitato e curato le sue ferite, perché questi porta sulla testa una vistosa benda. L'uomo non ha la forza di salire da solo sul cavallo e senza parlare cerca di aiutarsi aggrappandosi disperatamente a colui che lo sostiene in un abbraccio spasmodico e scomposto. Sembra che il soccorritore, più che caricare lo sventurato sul cavallo, lo stia tirando giù, vale a dire se lo stia caricando sulle spalle. Quest’ultimo aspetto sembra voler trasmettere l’idea che per aiutare davvero il prossimo, è necessario addossarsene il dolore e le difficoltà, sensazione rafforzata dal contrasto con le due piccole figure, il sacerdote e il levita, che si allontanano sullo sfondo dopo aver rifiutato di prestare soccorso al ferito. NB: Per aiutar ei ragazzi a leggere l’opera, vedere il commento allegato. Il samaritano non solo si fa prossimo, ma si fa carico di quell’uomo che vede mezzo morto sul ciglio della strada. Non solo riconosce l’altro come suo simile, si fa simile all’altro! E’ quello che ha fatto Gesù con noi e per noi: la sua com-passione, la sua misericordia lo porta non solo a caricarci sulle sue spalle, ma a identificarsi con noi, a farsi uno di noi. Gesù è il “cuore ospitale” di colui che si fa il più possibile vicino perché possiamo vederlo e non ci sentiamo più soli; è Colui che “sta”, “rimane” proprio vicino a noi e ci aiuta a rialzarci, a rimetterci in piedi da soli, come un uomo e una donna pieni di dignità e fierezza. E’ il “cuore ospitale” che non vede nello straniero, nel rifugiato una persona importuna o molesta, ma una persona da “sopportare”, cioè da “ospitare” dentro la propria vita, condividendo, portando insieme i pesi, le croci, le storie. Siamo ormai vicini al Natale. Sì, proprio a Natale, in quel bambino, possiamo toccare con mano la misericordia di Dio, di un Dio che ci sorprende, facendosi uomo, “ospite e pellegrino in mezzo a noi”. 2 Nei Vangeli troviamo Gesù che compie la sua missione sempre “in cammino”: va incontro a quanti lo cercano, li accoglie nel suo abbraccio misericordioso e si fa ospitare da loro. Gesù è stato pellegrino sulle vie della Palestina, assistito dalle donne e ospitato da molti: “Il Figlio dell’uomo non ha dove posare il capo” (Mt 8, 20). Lui, ospite e pellegrino, si fatto accanto, si è fatto “prossimo” e si è identificato, soprattutto sulla croce, con lo straniero, l’emarginato, con chi è “nudo”, privato da ogni dignità. Per pregare LUNGO LE STRADE Con te, Signore, noi ci mettiamo lungo la strada dell’amore. Tu ci chiami ad essere dei buoni samaritani per i quali lo straniero è sempre un fratello, una sorella. Lungo le strade di tutti i giorni, donaci, Signore, il coraggio dei samaritani che non lasciano nessuno ai bordi della strada Bibliografia e testi di approfondimento Catechisti parrocchiali dicembre 2013, Dossier “Cuore ospitale” Catechisti Parrocchiali aprile 2014, Dossier “Parole di speranza” C. Singer-A. Hari, Incontrare Gesù Cristo oggi. Una lettura del Vangelo, pag. 127-131 3 IN RETE…CON LA CHIESA CHE SERVE I FRATELLI A proposito del tema Forniamo alcune distinzioni basilari relative ai fenomeni migratori, che si differenziano in: profughi, clandestini, extracomunitari. Occorre anche fare una prima distinzione sulla motivazione che spinge le persone a spostarsi in un altro paese, tralasciando alcune motivazioni, non per questo meno importanti, fra cui famiglia e studio. Distinguiamo fra migrazione “economica”, cioè di persona che ha lasciato la propria casa per cercare migliori condizioni di vita e di lavoro altrove, e migrazione “forzata”, cioè di persona che fugge dal suo paese perché ha subito delle discriminazioni, persecuzioni, guerre o catastrofi naturali. La persona che affronta quest’ultima viene definita profugo. Ma profugo e clandestino non sono la stessa cosa. Profugo è colui che fugge dal proprio paese per una situazione di pericolo, arrivando in Italia in maniera irregolare (sbarchi, persone nascoste nei camion…). Una volta giunto nel nostro paese può fare richiesta di asilo politico e nell’attesa che gli venga data una risposta viene denominato profugo. Invece il clandestino (termine stigmatizzante, perché rimanda subito a qualcosa di illecito, di nascosto) è la persona che si ritrova in una situazione di irregolarità burocratica (poiché è sprovvisto di regolare permesso di soggiorno o di richiesta di tale permesso). È errato definire clandestini le persone che arrivano in Italia con i barconi o con altri mezzi di fortuna, perché molte di loro, una volta arrivate in Italia, faranno regolare richiesta di asilo politico. Un altro termine, spesso utilizzato in maniera non appropriata, è extracomunitario. Il termine nasce come aggettivo, per indicare semplicemente le persone che non fanno parte dell’Unione Europea; nel corso degli anni però è stato utilizzato come sostantivo ed ha assunto una connotazione negativa, legata all’emarginazione e alla povertà. Per la sua connotazione attuale è molto più facile che si indichi come extracomunitario un Romeno (in modo errato dato che dal 2007 i rumeni sono cittadini dell’Unione Europea) piuttosto che uno Svizzero o un Canadese. La Parola diventa vita: le testimonianze <<A chi chiede: "Cosa speravate di trovare in Europa? non c'è lavoro per noi, figurarsi per gli altri" Io rispondo: "Cerchiamo salvezza, futuro, cerchiamo di sopravvivere, non abbiamo colpe se siamo nati dalla parte sbagliata e soprattutto voi non avete merito di essere nati dalla parte giusta">> (lettera di Awas Ahmed, profugo somalo in Italia, letta da Valerio Mastandrea "Perché saliamo su una barca" https://www.youtube.com/watch?v=BRoCQMD4o7k) «"Abbiamo attraversato il Niger, poi il deserto" racconta M. "Quattro giorni nel deserto, e abbiamo mangiato una volta sola. Potevamo bere due volte al giorno, non una di più. Ci hanno fatto lavorare in tutti i Paesi che abbiamo attraversato". Il viaggio di M, dal Mali all'Italia, è durato più di un anno. "Il peggio è stato in Libia, ci facevano lavorare e poi ci rubavano tutto quello che guadagnavamo. Vivevamo ammassati in una casa piccola, troppo piccola... Nessuno dei miei familiari ha mie notizie, saranno preoccupati, ancora non sono riuscito a chiamarli..." "Nemmeno i tuoi genitori?" chiedo. Le lacrime scendono sul viso di M. Come si consola un uomo? Come? Che posso dirgli? Le sue lacrime scendono lente, ha un maglione col collo alto, le lascia scivolare fino a metà guancia e le asciuga allungando il collo del maglione. Ho lo stomaco chiuso e le gambe pesanti. M ci racconta dello sfruttamento e delle violenze subìte. Ne porta i segni, in gran parte sul torace; i piedi sono gonfi. Negli ultimi due giorni del suo viaggio, durante la traversata del Mediterraneo, hanno cambiato scafo. Quello con cui sono arrivati era talmente piccolo che si sono ritrovati uno seduto sull'altro. Le mani sono quelle di chi ha lavorato sodo la terra, le riconosco, vengono da lontano nella mia memoria, dai miei nonni forse. Quando sono partita per questa esperienza di volontariato, in diversi tra conoscenti e parenti continuavano a "mettermi in guardia" sulle malattie diffusive o infettive che a loro detta avrei rischiato di contrarre. Io, controbattendo con informazioni scientifiche, facevo notare l'insensatezza di questi allarmismi. Queste persone avevano però una ragione. In effetti un contagio è avvenuto: di comunità. Di spirito di consapevole e comune uguaglianza, di consapevolezza dei diritti inalienabili, di informazione continua, di accoglienza, di semplicità, di umanità. Mentre sono in viaggio per rientrare a casa a fine missione, nel mio piccolo paese che a sua volta ospita una 4 comunità di ragazzi richiedenti asilo, sento questa "malattia" espandersi e mi domando come diffonderla. Quella sì che sarebbe una bella epidemia». (tratto dal sito internet http://www.emergency.it/italia/storia-di-m-siracusa.html) <<Bilal e Mengis sono partiti dallo stesso paese, Shambuko, una piccola cittadina eritrea a pochi chilometri dal confine con l’Etiopia. A questo viaggio ci hanno pensato per mesi, forse per anni. “Non pensavamo ad altro”, racconta Mengis. Rischiavano il servizio militare a tempo indeterminato che è stato introdotto nel 2002 dal regime di Isaias Afewerki, rischiavano di non poter lavorare e di non poter essere utili alle loro famiglie. “In Eritrea ce la fa solo chi ha qualche parente all’estero”, mi raccontano. È per questo che sono partiti. E anche perché hanno 16 anni, non hanno paura di niente. Mengis ha lasciato tutta la sua famiglia. “Non li sento da quando sono partito. Non ho i soldi per chiamarli”, dice. Ma mentre ne parla capisco che ha paura di chiamare a casa, forse non ha nemmeno detto che partiva. Alla sua fidanzata invece l’ha detto. “Quando arrivo in Germania la prima persona che chiamo è lei”, mi dice e ride. IO ….in rete con… noi come gruppo di catechesi possiamo mostrare la nostra vicinanza ai profughi e ai richiedenti asilo politico, organizzando delle piccole raccolte di materiale. Gli accessori più difficili da reperire e di cui spesso queste persone hanno bisogno sono: zainetti, cinture, guanti,... Per questo tipo di attività, è necessario prima della raccolta di materiale contattare Francesca 0461891350 per mettersi d'accordo con precisione sia sul tipo di materiale da raccogliere sia su come poi organizzarsi far avere i prodotti alla Caritas. 5