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Canto XXVI – Ulisse (Ugo Foscolo, Umberto Saba, Boris Vian)

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Canto XXVI – Ulisse (Ugo Foscolo, Umberto Saba, Boris Vian)
Dante e gli altri
Ulisse
Il mito di Ulisse, eroe dell’esplorazione e della
conoscenza del mondo, è inesauribile fonte di
ispirazione artistica, cui ha sempre contribuito
in grande misura questo canto della
Commedia.
Nella letteratura italiana moderna quasi tutti i
maggiori autori hanno dedicato versi al
leggendario re d’Itaca: tra gli altri Giovanni
Pascoli (1855-1912, nella lirica Calypso),
Gabriele d’Annunzio (1863-1938), Umberto
Saba (1883-1957), Cesare Pavese (19081950). Qui invitiamo alla lettura dell’Ulisse
«bello di sfama e di sventura» di Foscolo e di
quello «crepuscolare» di Saba.
E poi lo stralcio di una poesia del francese
Boris Vian (1920-1959): perché esprime
quell’ansia di esperienza che è tanta parte del
fascino di Ulisse, e della natura umana.
A Zacinto di Ugo Foscolo
Né più mai toccherò le sacre sponde
ove il mio corpo fanciulletto giacque,
Zacinto mia, che te specchi nell’onde
del greco mar da cui vergine nacque
Venere, e féa quelle isole feconde
col suo primo sorriso, onde non tacque
le tue limpide nubi e le tue fronde
l’inclito verso di colui che l’acque
cantò fatali, ed il diverso esiglio,
per cui bello di fama e di sventura
baciò la sua petrosa Itaca Ulisse.
Tu non altro che il canto avrai del figlio,
o materna mia terra: a noi prescrisse
il fato illacrimata sepoltura.
UGO FOSCOLO, Poesie e carmi,
Firenze, Le Monnier, 1985
Ulisse
di Umberto Saba
Nella mia giovanezza ho navigato
lungo le coste dalmate. Isolotti
a fior d’onda emergevano, ove raro
un uccello sostava intento a prede,
coperti d’alghe, scivolosi, al sole
belli come smeraldi. Quando l’alta
marea e la notte li annullava, vele
sottovento sbandavano più al largo,
per fuggirne l’insidia. Oggi il mio regno
è quella terra di nessuno. Il porto
accende ad altri i suoi lumi; me al largo
sospinge ancora il non domato spirito,
e della vita il doloroso amore.
UMBERTO SABA, Canzoniere,
Torino, Einaudi, 1961
Da Non vorrei crepare
di Boris Vian
Non vorrei crepare
Prima di aver conosciuto
I cani neri del Messico
Che dormono senza sognare.
Le scimmie dal culo pelato
Divoratrici di fiori tropicali
I ragni d’argento
Dal nido pieno di bolle
Non vorrei crepare
Senza sapere se la luna
Dietro la faccia di vecchia moneta
Abbia una parte puntuta
Se il sole sia freddo
Se le quattro stagioni
Siano poi veramente quattro
Senza aver tentato
Di sfoggiare un vestito
Lungo i grandi viali alberati
BORIS VIAN, Non vorrei crepare,
Roma, Newton & Compton, 1993
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