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Ogni domenica una gara, iscritti a decine, spettatori a migliaia e un
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SPORT F. JUNIOR (1958-1963) - F. 3 (1964-1970)
L’ età
dell’oro
Ogni domenica una gara, iscritti a decine, spettatori a migliaia
e un fervore tecnico irripetibile. La storia delle Formule anni ‘60
è la storia del passaggio dell’automobilismo da sport pionieristico ed elitario a disciplina alla portata di molti. Il rovescio della
medaglia fu la quantità impressionante di incidenti gravissimi,
a causa della competitività esasperata (i premi erano molto ricchi)
e della sicurezza inesistente dei circuiti. Oggi la categoria rivive
con un bel trofeo in Italia dedicato a queste monoposto
DI EUGENIO MOSCA - FOTO MASSIMO CAMPI, ACTUALFOTO E GETTY IMAGES
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EPOPEA
Per ripercorrere l’epopea delle F. Junior
e F. 3 di 1000 cc, abbiamo portato
a Monza sei monoposto: tre inglesi, due
italiane e una francese. In bianco/nero:
la partenza del Circuito del Garda
del 1966 mostra come si correva allora.
G
li anni Sessanta sono stati favolosi anche nelle corse automobilistiche. L’economia tirava e chi aveva la voglia di
“rimboccarsi le maniche” e un po’ di coraggio poteva creare qualcosa di importante dal nulla, o quasi. L’industria
automobilistica iniziò a produrre a ritmo di migliaia di pezzi al mese
e l’automobile divenne alla portata di molti, grazie anche al nuovo
concetto di utilitaria. Un concetto e un cambiamento che, a cascata, arrivano all’automobilismo sportivo. Dopo la tragedia di De Portago alla Mille Miglia del 1957, che porta al bando delle gare su strada, prendono piede i circuiti, con una proliferazione di quelli cittadini che si affiancano, in Italia, agli autodromi di Monza e Vallelunga. Se sono molti i piloti più o meno professionisti che si cimentano con le GT e le Sport, lo stesso non si può dire dei GP di F.1, sia
in Italia sia all’estero. Manca una categoria capace di formare piloti professionisti: sotto la F.1 (che all’epoca ha una cilindrata massi-
ma di 2,5 litri), c’è la F.2 nata nel ’58 con motori di 1,5 litri; in Inghilterra c’è la F.3: minuscole monoposto con motore monocilindrico
da 500 cc di origine motociclistica, con le quali si formano piloti come Stirling Moss, Mike Hawthorn, Peter Collins e costruttori come
Cooper.Il primo a lanciare l’idea di una “Formula Internazionale Junior” è il conte Giovanni Lurani Cernuschi: nelle intenzioni, le monoposto devono avere un motore di 1.000 cc derivato dalla grande
produzione, in modo da contenere i costi e permettere a più piloti
di avvicinarsi alle gare.
La CSAI appoggia l’idea di Lurani ma propone alcune varianti al regolamento tecnico, come l’innalzamento della cilindrata a 1.100 cc
per favorire l’uso del motore derivato dalla Fiat 1.100/103, tra le auto più diffuse. Diversi costruttori, tra cui Stanguellini, realizzano un
primo prototipo di monoposto basato su quella meccanica; altri, come De Sanctis, utilizzano il motore Fiat 600 portato a 750 cc.
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SPORT F. Junior (1958-1963) - F. 3 (1964-1970)
CONTE DA CORSA
Nella foto grande, Roberto Lippi
al Trofeo Vigorelli del 1958, primaa
gara di F. Junior che Lippi vinse,
al pari del campionato. Qui sopra,
a,
il secondo da destra è il conte
Lurani, tra i principali artefici della
la
nascita della F. Junior. A fianco,
il libro “Benzina e cammina”
(Luca Delli Carri - Fucina Editore))
da cui abbiamo estratto le frasi
di piloti di F. Junior che trovate
nelle prossime pagine. In alto, un
gruppo di Junior al Trofeo Vigorelli
del ‘59 e una Branca nel ‘64.
PRIMA DELLA JUNIOR
In Inghilterra da fine anni ‘40 si
corre con le F.3 monocilindriche
di 500 cc: a fianco, Stirling Moss
vince a Silverstone il 21 luglio
1952. La sua Cooper ha il motore
posteriore, anticipando la svolta
epocale di sei anni dopo in F.1.
GP d’Argentina, 19 gennaio
1958: la prima vittoria di una F.1
a motore posteriore è di Moss e
della sua Cooper T43 (a destra).
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VERTICALE
A partire dal 1964 la F. Junior è sostituita dalla
F. 3 con motori di cilindrata ridotta a 1.000 cc
e alimentazione con carburatore monocorpo.
La grossa evoluzione della nuova categoria
arriva con i Ford-Holbay con carburatore
verticale. A sinistra, due Tecno-Ford con tale
soluzione nel 1969: Mauro Nesti alla CesanaSestriere del 1969 e (a colori) Ronnie Peterson
vincitore all’11° GP di Monaco F.3.
Fenomeno globale
Dopo varie riunioni, ai primi del 1958 si stila un regolamento tecnico
che ammette varie soluzioni, con cilindrate sia di 1.100 cc sia di 750 cc.
E finalmente, il 25 aprile di quell’anno, la F. Junior parte con la gara organizzata dalla scuderia Madunina a Monza: il VI Trofeo Bruno e Fofi
Vigorelli, sulla distanza di 12 giri del circuito di 5.750 metri. Vince Roberto Lippi su Stanguellini. Ai nastri di partenza si presentano soltanto 8 monoposto, tutte motorizzate Fiat 1.100; si classificano in cinque.
La “sofferta” prima gara monzese dà il via a un autentico fenomeno che
nel giro di pochi mesi dilaga in tutta Europa e perfino nelle Americhe
(grazie anche a Taraschi che esporta in USA alcune monoposto). Nascono preparatori e Costruttori e nel 1959 si organizza una serie internazionale su sei gare, compresa una di contorno al GP di Monaco di F1.
La nuova categoria richiama l’interesse anche di Inghilterra e Francia,
che promuovono serie nazionali e diventa un fenomeno globale.
Arrivano le inglesi
La F. Junior ha vissuto un ciclo breve, dal 1958 al 1963, ma molto intenso, che ha accompagnato la metamorfosi delle monoposto sulla falsariga della F. 1, sulla spinta dei Costruttori inglesi.
Nei primi due anni, ’58 e ’59, tiene banco la tecnica italiana, fedele alla tradizione, con monoposto a motore anteriore, quasi sempre Fiat
1.100, e freni a tamburo. Ma Oltremanica Eric Broadley fonda la Lola
cominciando con la F. Junior una lunga carriera di Costruttore e montando per primo, sulla Mk2, il Ford 105 E dell’Anglia elaborato da Cosworth: un 1.000 cc da circa 80 CV, potenza già vicina ai migliori Fiat
1.100; può però contare sul peso minimo di 360 kg che il regolamento
accorda a questa cilindrata (contro 400 kg per i 1.100).
La vera svolta giunge a fine 1959, quando Cooper presenta una F. Junior con il motore posteriore BMC. Colin Chapman fa debuttare la Lotus 18 al GP di Montecarlo del 28 maggio 1960. La “18” ha un telaio a
traliccio leggerissimo, tanto che per rientrare nel peso minimo di 360
kg deve essere zavorrata; il pilota è sdraiato, la carrozzeria in vetroresina bassissima e il motore Ford posteriore. Già dalle qualifiche, con
Clark che abbassa la pole position dell’anno prima di oltre 12 (dodici)
secondi, si capisce che è nata una nuova epoca, che proseguirà con la
Lotus 20. Nel 1961 debutta la MRD (Motor Racing Development) della coppia Jack Brabham - Ron Tauranac, che estremizza la filosofia Lotus, con portamozzi in magnesio e cerchi in lega leggera, oltre a montare il solito Ford che però, elaborato da Holbay, cresce a 1.100 cc.
Nel 1962 la F. Junior esce definitivamente dalla fase pionieristica per
imboccare una dimensione professionale: Lotus, Cooper e Brabham
hanno squadre ufficiali, la preparazione dei motori è sempre più sofisticata e arriva a potenze specifiche di 100 CV/litro, i cambi sono Hewland a 5 rapporti, i freni sono a disco e si usano sempre più materiali
sofisticati per alleggerire le vetture. Basti dire che per il 1963 il “solito”
Chapman prepara la Lotus 27, che deriva direttamente dalla 25 di F. 1,
con telaio monoscocca in alluminio. Queste sofisticazioni significano
più rotture di motori, più revisioni e un sempre più frequente avvicendamento di ricambi, con i costi che salgono alle stelle. Così come crescono le prestazioni che, unitamente ai materiali sempre più al limite
e al grande agonismo tra i piloti, causano una serie di tragici incidenti.
La Federazione Internazionale decreta così la fine della F. Junior, che
dal 1964 sarà sostituita dalla F. 3.
Verso l’automobilismo moderno
Oltre alla riduzione di cilindrata a 1.000 cc, il regolamento della nuova Formula pone un limite all’alimentazione con l’obbligo di usare un
carburatore monocorpo con diametro massimo di 48 mm e cambio a
4 rapporti. Nella fase di transizione, si usano telai di F. Junior di ultima generazione convertiti in F. 3 con motori portati a 1.000 cc e i carburatori doppio corpo Weber da 40 mm “tagliati” per usarne un solo
corpo come prescrive il regolamento. La svolta nei motori avviene nel
1966, quando in Italia giunge il motore Ford-Holbay con carburatore
verticale da 48 mm (con il montaggio verticale migliora la fluidodinamica e si riesce a sfruttare il diametro massimo del diffusore); sviluppato in Italia dalla Novamotor, diviene ben presto il mattatore della categoria. Con un regime di rotazione prossimo agli 11.000 giri, una potenza che sfiora i 120 CV - in luogo dei 105-108 dei migliori motori della F. Junior - e la possibilità di utilizzare cerchi più larghi (8” all’anteriore e 10” al posteriore) e alla naturale evoluzione dei telai e dell’aerodinamica, fa compiere un netto salto prestazionale alla F. 3. Ai nomi dei costruttori abituali se ne aggiungono altri, come Tecno, Matra,
Merlyn, tanto per citare i più noti, e con questa formula si arriverà fino al 1970; l’anno seguente subentrerà la F. 3 di 1.600 cc, per poi passare a due litri dal 1974.
In pista a Monza
Il confronto tra F. Junior e F. 3 è rinato quest’anno con la disputa del
Challenge Formule Storiche, organizzato da GPS Classic. La prima
edizione del campionato ha riscosso un buon successo di partecipanti, dimostrando che la formula resiste a distanza di oltre 50 anni.
Si è riproposta così una bella sfida tecnica e sportiva, con monoposto
che coprono l’arco temporale dal 1958 al 1970: abbiamo colto lo spunto
per parlare di questa epopea che ha traghettato l’automobilismo sportivo da fenomeno dilettantistico ed elitario a disciplina professionale e
allargata a un numero di praticanti considerevole (in Italia si assisteva
a gare con un centinaio di iscritti). All’Autodromo di Monza abbiamo
riunito sei monoposto che raccontano l’evoluzione tecnica compiuta
nell’arco di tredici anni da questa interessantissima categoria.
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SPORT F. Junior (1958-1963) - F. 3 (1964-1970)
Taraschi F. Junior (1960)
La Taraschi del 1960 rappresenta l’ultima evoluzione del concetto originale con cui era partita la F. Junior: motore anteriore e cambio a 4
rapporti (rivisto negli ingranaggi) derivati dalla Fiat 1.100, differenziale posteriore della Fiat 600. Trasmissione e motore sono montati in
obliquo in modo tale che l’albero di trasmissione passi di fianco al sedile, che può così rimanere basso a vantaggio del baricentro. Buona parte della meccanica, come previsto dalla filosofia originale della F. Junior, deriva dalla Fiat 1.100, come i triangoli delle sospensioni anteriori, o dalla Fiat 600, come i tiranti dello sterzo e il differenziale. La Taraschi, oltre a un peso quasi al limite regolamentare (410 kg) vanta la
sospensione posteriore con ponte De Dion, mentre i freni sono a tamburo sulle quattro ruote. Taraschi, oltre alle monoposto per la propria
squadra ufficiale realizzava altre vetture da vendere ai clienti, tra cui
alcune presero la via degli Stati Uniti d’America, come l’esemplare del
nostro servizio (telaio # 054). Ora è di proprietà di Daniele Salodini,
che con la sua Taraschi ha vinto il Campionato Europeo, nella propria
classe, nel 2006, 2009 e 2010.
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“
La F. Junior allargò il campo delle possibilità. Le corse su strada finirono e si svilupparono
i circuiti cittadini. Si correva a Senigallia, Cesenatico, Pescara, Messina… Andavamo a
correre dappertutto. A Caserta c’era una esse formata dal muro della ferrovia e gli spigoli di
due case. Arrivando in velocità, vedevi la strada chiusa dal muro e dalle case. Io feci questo
ragionamento: ‘Se invece dei muri ci fosse un prato, la faresti in pieno. Quindi falla in pieno,
(Roberto Lippi)
Roberto.’ Così si correva, allora.
”
TRADIZIONALE E INNOVATIVA
Pur ricalcando i canoni tradizionali delle monoposto dell’epoca la Taraschi vantava alcune soluzioni particolari.
Nella pagina accanto: il classico motore Fiat 1100 e il cambio sono montati in posizione obliqua (in alto) per far passare l’albero
di trasmissione alla destra del sedile; in questo modo si riusciva a mantenere la seduta bassa, a vantaggio del baricentro.
In alto in questa pagina: a sinistra, i cornetti di aspirazione dei due carburatori doppio corpo Weber da 40 mm; a destra: oltre
al motore le prime F. Junior utilizzavano molti particolari meccanici della Fiat 1.100, come i triangoli delle sospensioni che poi
venivano alleggeriti praticando una miriade di fori. Al centro: le linee eleganti sono impreziosite dai cerchi a raggi Borrani da
3,5x13” anteriori e 5x13” posteriori. Sopra a destra: oltre al posto di guida disassato la vista posteriore mostra la sospensione
posteriore con ponte De Dion. A sinistra, il proprietario Daniele Salodini in azione.
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SPORT F. Junior (1958-1963) - F. 3 (1964-1970)
Cooper T52 F. Junior (1960)
La Cooper T52 è figlia della svolta epocale rappresentata dalla T43 in
F. 1 (prima vittoria di una monoposto a motore posteriore al GP d’Argentina del 1958) e poi dalla T51 del 1959 (primo titolo iridato). John Cooper monta il motore BMC (1100 e 1000 secondo la versione) al
posteriore e sconvolge anche il mondo delle formule minori. Il cambio
è lo stesso usato in F. 1, con la scatola derivata dalla Citroën Traction
Avant a cui si toglie il quinto rapporto, e l’autobloccante come da regolamento. Proprio il cambio sovradimensionato contribuisce a disperdere una parte della già limitata potenza del motore BMC corsa lunga
(ma esistono anche versioni a corsa corta): circa 80 CV a 7.000 giri. A
mettere una pezza pensa l’ottimo telaio che, nonostante la sospensione posteriore ancora a balestra, garantisce una grande agilità - grazie
anche al peso al limite dei 400 kg - oltre a un’eccezionale scorrevolezza. Grazie a queste doti la T52 vinse moltissimo nel 1960 e nonostante ne furono costruiti ben 26 esemplari, pochi sono arrivati fino a noi
in versione F. Junior: molte furono trasformate negli anni in F. 1 e F. 2.
La monoposto del nostro servizio è una ufficiale, ed è stata acquistata
dall’attuale proprietario in Inghilterra, nel 2005, nelle condizioni originali che si possono ammirare nelle immagini.
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“
Eravamo giovani e spensierati, c’erano pochi quattrini. La Formula Junior permise a molti
di correre, perché la macchina costava 1 milione e 750mila lire. A Monza venivano in cento e
partivano in ventiquattro per batteria, con otto posti per ogni batteria per andare in finale.
Era una corsa nella corsa e l’attesa tra batteria e finale era snervante. Non ogni corsa, ma
(Mimmo Lo Coco)
quasi, moriva qualcuno.
”
IL RIBALTONE
John Cooper sposta il motore dietro il pilota e l’insieme appare
più snello ed equilibrato. Spiccano i bellissimi, e rarissimi, cerchi
in lega da 4.50x15” anteriori e 5x15” posteriori, con la particolarità
del tamburo del freno fuso insieme al cerchio. Il serbatoio è sopra
le gambe del pilota. A fianco: la sospensione posteriore è ancora
a balestra. Il motore BMC 1.100, qui in versione a corsa lunga; si noti
la grossa scatola del cambio, derivata dalla Citroën Traction Avant.
Tra i pregi della Cooper T52, la leggerezza al limite minimo consentito,
l’agilità e l’eccezionale scorrevolezza.
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SPORT F. Junior (1958-1963) - F. 3 (1964-1970)
Lotus 20/22 F. Junior (1962)
“a motore
Nel ’59 con la De Sanctis a motore posteriore avemmo una grossa lotta con le Stanguellini
anteriore, che sul dritto erano più veloci. Quell’anno c’erano Bandini, Baghetti,
Cammarota, Siffert, tutta gente di pelo grosso. In Formula 3 ti mettevi dietro, tiravi e
passavi primo al traguardo, e il giro dopo l’altro si metteva dietro di te, tirava e ti passava.
A Caserta ’67 io e Tino Brambilla avevamo fatto il vuoto, l’incidente è avvenuto dietro di noi
(il 18 giugno durante la XVII Coppa d’Oro Pasquale Amato un groviglio di auto causa la morte
dei piloti italiani “Geki”, “Tiger” e dello svizzero Beat Fehr; in seguito sarà vietato disputare
circuiti cittadini in Italia, ndr). I commissari ci fecero fare un altro giro e finimmo nel
mucchio; l’incidente era dietro un muro, in un punto dove passavi a 200 km/h in pieno, dove
(Antonio Maglione)
non staccavi mai. Quando ci arrivai, vidi l’apocalisse.
”
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ESTREMA
Simone Tacconi all’attacco
della variante Ascari.
A destra: la Lotus 20/22
sintetizza tutta la filosofia
del “genio” Colin Chapman:
la monoposto è bassa
e filante e il pilota, che
diventa a tutti gli effetti una
parte della vettura, guida
in posizione quasi sdraiata.
FRENI A DISCO
A lato: il motore Cosworth
1.100 accoppiato al cambio
Hewland a 4 rapporti. La
Lotus con la “evoluzione”
22 introduce i freni a
disco e la barra antirollio
posteriore. A destra: in
nome della leggerezza il
telaio è ridotto all’osso:
i tubi longitudinali
sono utilizzati come
passaggi dei liquidi di
raffreddamento.
La Lotus 20 colleziona nel 1961 molti successi e nel 1962 Colin Chapman presenta l’evoluzione 22: monta freni a disco Girling e segna lo storico passaggio dai freni
a tamburo; in più ha la barra antirollio posteriore e gli ammortizzatori con regolazione esterna.
Il motore è il classico Ford Anglia portato
a 1.100 cc (e dunque il peso della monoposto aumenta a 400 kg): eroga circa 100 CV,
mentre il cambio è un 4 marce con scatola
di derivazione Renault R8. La monoposto
è tipicamente Lotus, con telaio molto leggero e linea bassa e profilata, posizione di
guida sdraiata.
Caratteristiche che ne fanno una delle monoposto più competitive.
L’esemplare delle foto fu del pilota olandese Ben Pon, il cui padre era importatore per l’Olanda della Volkswagen: a lui si
attribuisce l’invenzione del celeberrimo
Volkswagen Type 2 Transporter, detto anche Kombi, Samba, Bulli e in molti altri soprannomi.
Acquistata molti anni fa da Giulio Dubbini,
questa Lotus è stata restaurata nella meccanica ma ha mantenuto i colori originali.
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SPORT F. Junior (1958-1963) - F. 3 (1964-1970)
Brabham BT6 F. Junior (1963)
La Brabham BT6 rappresenta l’ultima evoluzione della F. Junior: a
soli tre anni dalla Taraschi e dalla Cooper l’evoluzione ha il sapore
della rivoluzione. Il telaio tubolare è ancora generoso nelle dimensioni, ma ben più stretto rispetto alla Cooper. Il classico Ford Cosworth di 1.100 cc è accoppiato a un cambio Hewland a 4 rapporti anche se si potrebbe usare un 5 marce - senza autobloccante. L’impianto frenante prevede quattro freni a disco Girling, mentre gli am-
mortizzatori Spax consentono la regolazione esterna della compressione, che in parte agisce anche sull’estensione. Anche la Brabham
vanta un peso al limite dei 400 kg e la linea particolarmente filante
e bassa contribuisce a renderla molto veloce. Purtroppo la sua carriera in F. Junior, che avrebbe potuto essere ricca di successi - tanto che oggi è una delle macchine più ricercate - fu troncata dal cambio di regolamenti che portò nel 64 alla F. 3.
MASSIMA
EVOLUZIONE
La Brabham BT6
racchiude in sé
tutte le esperienze
maturate fino ad
allora in F. Junior. Le
immagini sopra e a
fianco mostrano la
cura aerodinamica,
pur con una sezione
frontale ancora
generosa, e il “solito”
motore Cosworth
1.100 cc. Nell’altra
pagina: si nota la
pulizia costruttiva
e l’attenzione nella
disposizione degli
accessori per ottenere
il miglior bilanciamento
dei pesi: davanti il
radiatore dell’acqua
e il serbatoio dell’olio,
mentre la batteria e il
serbatoio della benzina
sono all’interno
dell’abitacolo,
rispettivamente sotto
le gambe del pilota
e intorno e dietro al
sedile.
“
Si era venuto a creare un agonismo eccessivo tra i piloti. Nessuno voleva mollare. Noi, otto,
dieci piloti bravi, avevamo la stessa esperienza e le macchine avevano prestazioni molto simili:
tutti motori inglesi, telai simili perché gli italiani erano copiati dagli inglesi. Nessuno voleva
mollare. Ci venivano a vedere in decine di migliaia, nelle gare importanti. Correvamo con il
coltello tra i denti, uno in fila all’altro e facevamo a gara a chi staccava più lungo. Se qualcuno
(Corrado Manfredini)
finiva in testacoda, tutti addosso.
”
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SPORT F. Junior (1958-1963) - F. 3 (1964-1970)
Matra MS5 F. 3 (1966)
La Matra MS5 rappresenta uno sguardo al futuro: introduce in F. 3 la
monoscocca in alluminio pannellato, con i longheroni laterali che si prolungano nella zona posteriore supportando il gruppo motore-cambio,
e centine in acciaio a cui sono fissati i bracci delle sospensioni, all’anteriore a bilanciere con ammortizzatori interni per favorire la penetrazione aerodinamica e triangoli inferiori molto larghi. I serbatoi benzina sono integrati nei fianchi della scocca, così come i tubi con i liquidi di raffreddamento di olio e acqua passano all’interno della struttura. Immancabili i dischi Girling, al pari del Ford-Cosworth Anglia di 1.000 cc (100
CV a 10.000 giri), montato inclinato per favorire l’alimentazione. Ciò
rese necessaria la realizzazione di appositi supporti motore in grado di
assorbire le vibrazioni. Il cambio a 4 rapporti ha la scatola di provenienza VW, mentre culatta e ingranaggeria sono Hewland. La monoposto
del servizio fu assegnata nel ’66 dalla Matra a Claude Vigreux, vincitore del Volante Shell di quell’anno, che essendo un pilota motociclistico
la usò senza continuità. Dopo vari passaggi, è ora di proprietà di Tommaso Gelmini che l’ha restaurata, con un lungo lavoro, riportandola alle condizioni straordinarie che possiamo vedere.
PANNELLI DI ALLUMINIO
In alto: Tommaso Gelmini in azione. Sopra e a fianco, i tre punti
che fanno della Matra MS5 una monoposto d’avanguardia: la Casa
francese introduce per prima in F. 3 la monoscocca in pannelli di
alluminio; la sospensione anteriore a bilanciere, con ammortizzatori
interni alla scocca, migliora la penetrazione aerodinamica; il motore
Cosworth 1.000 cc con il collettore del carburatore verticale.
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“sistemando
L’altro giorno stavo
uno scatolone
INCLINATO
Nella foto grande, i longheroni
laterali della scocca
proseguono fino alla centina
posteriore dove sono ancorate
le sospensioni. Si nota anche
il motore montato in posizione
inclinata per favorire la
fluidodinamica del collettore di
aspirazione. Sopra: il serbatoio
della benzina è sdoppiato e
integrato nei longheroni della
scocca. Notare l’imbottitura del
sedile per contenere il corpo.
e ho trovato le lettere
di quarant’anni fa, con
scritto: ‘Siamo lieti di
mandarle 40mila lire per
la partecipazione alla
nostra gara, eccetera’.
C’erano premi fino al 15°
classificato. Ed erano
soldi veri: per il primo
posto c’era un milione,
quando una monoposto
ne costava tre-quattro.
(Giancarlo Gagliardi)
”
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SPORT F. Junior (1958-1963) - F. 3 (1964-1970)
De Sanctis F. 3 (1967)
Dopo l’accelerazione della scuola inglese nel passaggio alle monoposto moderne, alcuni nostri Costruttori si rimboccarono le maniche e,
imitando anche il lavoro della concorrenza straniera, pararono il colpo. Uno di questi è De Sanctis, e infatti guardando il telaio della monoposto romana non possiamo fare a meno di notare la stretta similitudine con la Brabham. Come del resto si notano la cura costruttiva, frutto
di un bagaglio tecnico di prim’ordine, e un tocco di italianità in alcune
componenti. La De Sanctis del nostro servizio, che in base al numero di telaio 008 risulta essere una delle monoposto utilizzata dai piloti
ufficiali tra cui Jonathan Williams, monta il motore Ford Anglia 1.000
corsa corta, che attualmente eroga circa 120 CV a 10.000 giri, con carburatore verticale grazie allo speciale collettore realizzato dalla Novamotor. Il cambio a 4 marce è di Colotti, ingranaggi compresi.
“richiamato
Io allora guadagnavo 80mila lire al mese. I montepremi della F. 3 italiana hanno
gente da tutto il mondo tra il ’65 e il ’67. Si organizzavano un sacco di gare e si
misero in mostra piloti come Courage, Peterson, Regazzoni. La Tecno di F. 3 era una favola, e
anche la Lotus 22 era bella, si guidava già sdraiati. La Brabham però aveva le regolazioni alle
sospensioni. In quel punto dove nel ’67 a Caserta si sono infilate tutte le macchine, il curvone
al muro della stazione, nel ’63 io l’ho fatto in pieno per la prima volta, con le ruotine del 22 (la
Lotus, ndr), facendo segnare il giro più veloce della corsa dietro a ‘Geki’ e arrivando secondo in
finale, perché non volevo perdere le 460mila lire riservate al secondo classificato. (Pino Babbini)
”
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DOPPIO CORPO “TAGLIATO”
La foto grande evidenzia
la bella linea della De Sanctis.
Spiccano gli spettacolari cerchi
ruota, ricavati dal pieno su disegni
originali, e il collettore d’aspirazione
Novamotor, che fece scuola, ancora
con il carburatore doppio corpo
usato come mono. La Novamotor
dei fratelli Pedrazzani sarà
il preparatore tra i più in vista
d’Europa, per i motori di F. 3, per più
di 30 anni. In alto: l’abitacolo con
il posto guida sdraiato, a sinistra,
e Mauro Piantelli in azione a Monza.
A lato: la filosofia costruttiva ricalca
la scuola inglese, ma con un altro
tocco d’italianità: il cambio Colotti
a quattro rapporti. Notare la
lunghezza dell’impianto di scarico.
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SPORT F. Junior (1958-1963) - F. 3 (1964-1970)
Il challenge:
le veterane danno spettacolo
Al termine dei sei appuntamenti, ognuno di due gare, il
Challenge Formule Storiche organizzato da GPS Classic ha laureato campione assoluto 2010 Tazio Taraschi,
al volante di una F. Junior del 1960 realizzata dal padre, il noto costruttore di Teramo, e curata personalmente.
Taraschi è stato favorito dal ridotto numero di auto presenti nella sua classe (il minimo di tre partenti assegna punteggio pieno per la classifica generale, ndr), riservata alle monoposto più anziane, così come dall’assenza in alcune occasioni dei
rivali più competitivi: Angelo Baiguera (Stanguellini) ha disertato le ultime due gare, mentre Daniele Salodini, anch’egli su Taraschi, ha partecipato a metà delle gare (era impegnato nel trofeo FIA Lurani).
D’altra parte gli assenti nelle gare hanno sempre torto, mentre il pilota
teramano si è meritato la vittoria finale, sia primeggiando in 9 gare su
12 (ogni fine settimana si sono disputate due corse), sia per l’impegno
e la serietà con cui ha partecipato al campionato.
Alle spalle di Taraschi nella classifica assoluta si è piazzato Bruno Ferrari, su Branca F. Junior, nonostante abbia dovuto saltare la prima pro-
va a Monza; si è rifatto poi con 3 vittorie e altrettante piazze d’onore nelle rimanenti prove. Terzo gradino del podio per Tommaso Gelmini, che
si è alternato al volante di una Branca F. Junior e
della ammiratissima Matra di F. 3. Quattro le vittorie di tappa per il patron di GPS Classic e organizzatore del campionato, di cui due con punteggio dimezzato (per la presenza di meno tre verificati nella classe), oltre a tre secondi posti.
La “medaglia di legno” nella classifica assoluta spetta a Franco Beolchi, troppo spesso penalizzato dai problemi tecnici alla interessante Apache F. Junior, mentre il primato tra le F. 3 è andato allo svizzero Angelo Delea al volante di una Brabham BT16 del 1965.
Tra i protagonisti della serie va senz’altro segnalata la battagliera Patrizia Sbardolini (Merlyn F. Junior), a cui l’ottavo posto finale va un po’
stretto, mentre tra coloro che avrebbero certamente potuto puntare
in alto figurano Pierre Tonetti, vincitore del Trofeo FIA Lurani, e Alessandro Ripamonti, se non avessero disertato la metà delle gare per gli
impegni nel torneo internazionale. Non vi sono certamente dubbi sul-
TUTTI I VINCITORI
In questa immagine, i protagonisti
della classifica riservata alle auto
a motore anteriore: Tazio Taraschi
(Taraschi n. 23) ha vinto anche
la classifica assoluta; Franco Beolchi
(Apache n. 24 ) 4° assoluto e Daniele
Salodini (Taraschi n. 64) 9° assoluto.
A destra, dall’alto, i vincitori di
classe: Duncan Rabagliati (Alexis
HF I, B); Achille MInoia (De Sanctis
F. Junior, C); Luigi Baulino (Lotus 20,
D); Bruno Ferrari (Branca F. Junior,
E); Angelo Delea (Brabham BT16, F);
Franco Zadotti (Tecno F. 3, G).
le potenzialità del primo, che al volante di una Brabham BT6 ha collezionato ben 5 vittorie nelle sei gare a cui ha preso parte, mentre Alessandro Ripamonti (Wainer F. Junior) in alcune occasioni è stato bersagliato dalla sfortuna, così come Paolo Marzatico.
Le classifiche di classe hanno visto primeggiare anche Duncan Rabagliati (Alexis F. J), Achille Minoia (De Sanctis F. J), Luigi Baulino (Lotus 20 F. 3), Francesco Zadotti (Tecno F. 3).
“Nel 2011 due gare insieme al FIA Lurani”
Era importante, in Italia, passare dalle parole ai fatti: va dato atto a
Tommaso Gelmini ( nel tondo) e alla GPS Classic di aver gettatio il cuore oltre l’ostacolo in un ambiente non facile come quello delle gare per
auto storiche, dove spesso si fa prima a criticare che a fare. Ora, come
ci spiega lo stesso Gelmini, si farà tesoro di questa stagione di “rodaggio” per mettere a punto il meccanismo in vista della prossima stagione, che ci si aspetta di ancor maggiore successo.
Che bilancio fai della prima stagione?
“Dal punto di vista sportivo si è creato un gruppo con il comune inte-
000
SPORT F. Junior (1958-1963) - F. 3 (1964-1970)
NEL 2011 QUATTRO GARE
Nella foto grande, Tommaso Gelmini in azione su Branca nella
gara disputata a Imola a maggio; precede la Brabham BT6 guidata
nell’occasione da Arturo Merzario e la Branca F. 3 di Paolo Marzatico.
In alto, il podio dell’ultima gara della stagione a Vallelunga: Tonetti ha
vinto davanti a Ferrari e Gelmini. A destra, fasi di gara di quest’ultima
prova: Beolchi (24) davanti a Ferrari; Sbardolini (52) davanti a Delea e
Haschke; Ripamonti (68) davandi ad Haschke; Haschke davanti a Delea;
Ferrari (89) davanti a Gelmini. Nel 2011 il campionato si disputerà su
quattro prove, di cui due valide anche per il campionato FIA Lurani.
resse di andare a correre divertendosi. In pista non ci sono mai stati
attriti, anzi si è creato un bel fair-play. Una bella differenza con il clima di certe gare. Questo era uno dei nostri obiettivi principali, quindi sono soddisfatto. Inoltre questo gruppo mi permetterà di riproporre il campionato il prossimo anno. Altrimenti sarebbe difficile essere motivati.”
C’è qualcosa che non ti ha soddisfatto?
“Mi aspettavo di più dalle parate. E il problema è che non ho ancora capito perché ci siano stati pochi partecipanti: alla vigilia avevo molte richieste. Non so se le riproporremo. Nel caso potremmo aprire anche
alle Sport. Per le gare sono abbastanza contento della media di partecipanti (15-18, ndr), ma conto di aumentare. Non siamo stati favoriti
dal calendario, perché Monaco cadeva appena due settimane dopo la
gara di Monza e molti non hanno voluto rischiare la macchina. Lo stesso è accaduto con alcune gare del Trofeo FIA Lurani.”
Quindi ci saranno novità nel 2011?
“Il calendario sarà composto da quattro gare, di cui quelle a Monza e al
Mugello valide anche per il FIA Lurani; le altre due saranno a Misano
e Vallelunga, e il calendario andrà da marzo a ottobre. In questo modo
noi e il FIA Lurani non avremo concomitanze, cosa che permetterà ai
piloti di partecipare a entrambe le serie e concorrere a una classifica
combinata che metterà in palio un trofeo dedicato. Tutto questo dovrebbe consentire di avere più iscritti. Mi resta solo il rammarico che
non siano andati in porto i tentativi di trovare spazio all’interno della
Coppa Intereuropa.”
I costi di iscrizione cambieranno?
“Nella sostanza no. Se ci saranno ritocchi, saranno minimi.”
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