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aspetti applicativi e utilizzo di lenti a contatto morbide multifocali

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aspetti applicativi e utilizzo di lenti a contatto morbide multifocali
EDUCATIONAL
Aspetti applicativi
e utilizzo di lenti a contatto
morbide multifocali
Dalla compensazione della presbiopia al controllo della
stabilità miopica e del visivo comfort prossimale.
di Francesco Vargellini
dossier
optometrista IBZ
Esistono lenti a contatto multifocali?
L’utilizzo di lenti a contatto multifocali a geometria progressiva o bifocale è spesso considerato un elemento di scarsa applicazione
pratica. Lo dimostra il numero sicuramente
scarso di ottici che ne fanno un uso abituale,
e di conseguenza del numero dei portatori
per il quale vengono adottate questo tipo di
lenti. Le difficoltà applicative che si devono
superare quando ci si avvicina a questo tipo
di applicazioni sono alte. Partendo dal fatto
che qualunque portatore di lenti a contatto
di età pre-presbiopica sa che prima o poi
dovrà fare i conti con quel difetto fisiologico
che è chiamato presbiopia, si può notare che
il numero delle persone che potrebbe giovare di questo tipo di soluzione applicativa è
potenzialmente molto elevato.
Il numero di prodotti e di parametri presenti sul mercato per la correzione presbiopica
con lenti a contatto è abbastanza limitata;
in molti casi si potrà per questo avvertire la
sensazione di non poter avere la lente giusta, ma per contro questa limitazione aiuta
a non avvertire la “mancanza” di un carnet
di soluzioni più esteso.
La gran maggioranza dei portatori di lenti a
contatto monofocali, non conosce l’esistenza
di lenti che possono correggere sia il difetto visivo per distanza, che quello prossimale. Parlare di difetto “prossimale” al posto
di presbiopia, vuole introdurre la possibilità
di utilizzare lenti multifocali, anche in casi in
cui l’utilizzo delle stesse non è prettamente
86 P.O. Professional Optometry® Febbraio 2008
dettato dall’età anagrafica del portatore.
Nella pratica clinica ho sperimentato già da
qualche anno, la possibilità di utilizzare lenti
multifocali per il miglioramento del comfort
visivo prossimale anche in soggetti che non
richiedono la compensazione di una addizione da presbiopia, ma anche in quelli che con
le lenti a contatto assumono atteggiamenti
che peggiorano il comfort visivo e la stabilità
della prescrizione miopica.
Molte volte dopo una nuova applicazione di lenti a contatto, ci si sente riferire di
una insolita difficoltà nel lavorare a distanza prossimale rispetto al comfort ottenuto
con l’utilizzo dell’occhiale con correzione per
distanza, o di una predente correzione con
lenti a contatto (probabilmente con un maggior valore di positivo), oppure rispetto alla
visione precedente all’applicazione di lenti a
contatto, quando questa per motivi legati al
bisogno di compensare solamente un piccolo
difetto sferico o cilindrico per lontano, veniva fatta togliendo l’occhiale. In tutti questi
casi, che si tratti o meno di soggetti presbiti, esiste una possibile soluzione migliorativa
con l’uso di lenti multifocali.
Lenti multifocali e miopia
Per limitare la progressione miopica l’utilizzo
di lenti a contatto risulta da sempre un’ottima soluzione. Le migliori lenti deputate
allo scopo risultano essere da sempre le
lenti fisicamente rigide. Ad esse si riconosce
una capacità contenitiva, nei confronti del-
EDUCATIONAL
la miopia progressiva, che va
attorno alle 0.25 Dt l’anno,
al dimezzamento della progressione annua (decisamente
più ottimistico in soggetti con
progressioni diottriche elevate, cioè di almeno 0,50 Dt
per anno). Esiste una preferenza verso materiali con DK
medi (20-50) come quelle in
Silicone acrilato in grado di
garantire un sufficiente apporto di ossigeno e di una
buona stabilità dimensionale,
indispensabile in qualunque
applicazione nel quale si voglia garantire
una continuità di correzione. Con materiali
fluorati o con DK elevati (>90) la stabilità ottenibile in una manutenzione convenzionale
di tipo “rub”, assolutamente indispensabile,
viene a svanire, spesso prima di sostituire la
lente per invecchiamento.
Anche per lenti a contatto morbide esiste in
bibliografia la possibilità che possano rallentare la progressione evolutiva della miopia,
ma questi risultati non sono così facilmente
prevedibili come nel caso di lenti fisicamente
rigide.
Una buona parte delle miopie ha principalmente due elementi di origine genetica, e
funzionale.
Esistono perciò miopie che si generano in
età infantile o giovanile che sono classicamente ereditarie e per le quali la causa scatenante è di tipo organico; ed altre associate
invece all’età adulta non presbiopica, che si
formano come sistema di adattamento all’
impegno visivo funzionale, spesso lavorativo, socialmente conosciuta come “miopia da
computer” e che in realtà non si tratta altro
che di un adattamento funzionale creato da
una prolungata attività visiva per vicino, associata o meno a target di alto contrasto e
luminosità come i monitor dei nostri computer. Se la progressione miopica comincia
oltre l’età della maturazione dell’individuo o
della normale insorgenza giovanile, si può
attribuire almeno parte delle cause alle condizioni di stress visivo che una prolungata attività prossimale genera su la maggior parte
degli individui.
Figura 1.
Classica geometria a
segmento dritto di
una lente multifocale
a visione alternata
(bifocale).
Dinamiche e aspetti applicativi
La correzione della presbiopia con lenti a
contatto è stata, ed è tuttora, una delle più
attese ed entusiasmanti applicazioni che si
possano fare nella pratica contattologica.
Non a caso in un mondo sempre più popolato ed anziano (l’Italia risulta tra i paesi più
longevi del mondo) si stanno sviluppando e
migliorando molte tecniche chirurgiche per
la correzione di questa condizione fisiologica, che insieme alla miopia è la più diffusa.
L’occhio di un soggetto presbite può presentare alcune differenze da quello di un soggetto giovane:
- Differenze ottiche-fisiologiche
- Differenze anatomiche
Tralasciando, in quanto di assoluta pertinenza
medica, tutte le problematiche fisiopatologiche associate all’occhio anche in età senile,
possiamo definire e considerare una serie di
modifiche di interesse anche contattologico.
modifiche oculari in età presbiopica:
- a carico delle palpebre (riduzione della tonicità palpebrale, posizione e funzione dei
puntini lacrimali);
- a carico del film lacrimale (possibile riduzione del volume lacrimale basale, modifiche della qualità del film);
- a carico della cornea (diminuzione della
estesia di superficie);
- a carico della retina (riduzione della luminanza retinica in proporzione all’eventuale
presenza di opacità fisiologica del cristallino).
La chiave per applicare lenti multifuoco è
quella di trovare la lente che meno mette
Febbraio 2008 P.O. Professional Optometry® 87
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in competizione l’elaborazione retinica con le
diverse zone di potere della lente.
Sistemi di funzionamento delle lenti
multifocali
Sotto la definizione di “multifocale” possiamo nel senso semantico della parola, inserire
tutte le lenti che possiedono più di una focale sferica.
Nelle lenti rgp esiste una esclusiva modalità
per la creazione della multifocalità, sistema
a visione alternata, o “a traslazione”. Del
tutto simile a una lente oftalmica bifocale,
queste lenti sfruttano la traslazione della pupilla dietro la superficie della lente, quando il
soggetto effettua una infraduzione imitando
il funzionamento che si utilizza in un occhiale bifocale classico, o in una correzione per
vicino tenuta in posizione bassa sul naso.
L’inserimento di un prisma di ballast serve a
impedire la rotazione del segmento in posizione diversa da quella funzionale (ore 6).
La geometria con centro vicino e periferia
lontano è probabilmente la più accettata. La
distribuzione dei poteri interagisce costruttivamente con aspetti fisiologici e abitudini
diffuse.
Dinamica pupillare: la miosi pupillare fisiologica in caso di visione prossimale o
abbagliamento favorisce la concentrazione
centrale dell’addizione; mentre parimente,
la midriasi in visione remota o per abbassamento nella luce ambientale favorisce la vi-
Figura 2.
Distribuzione del
potere refrattivo in
una lente morbida
con funzionamento
a visione simultanea.
In particolare si tratta
di una lente con
geometria centro
–vicino; il cono
centrale rappresenta il
crescente incremento
di potere positivo
rispetto al valore
base periferico per
lontano.
88 P.O. Professional Optometry® Febbraio 2008
sione e l’uso della zona “da lontano” della
lente. Se necessario, così come accade già in
soggetti che non portano nessuna correzione si può catalizzare la visione aumentando
la luce ambientale quando si legge (miosi-vicino) o indossando un occhiale da sole (midriasi-lontano).
Le lenti morbide non utilizzano il sistema a
visione alternata (tentato in passato ma con
scarsi risultati) perché la loro dimensione,
posizione e scarsa dinamica non lo consente.
Ecco allora le lenti a visione simultanea, che
come la definizione suggerisce sono fatte in
modo da sviluppare contemporaneamente
due diversi focali, che si alternano e sovrappongono continuamente in ogni occhio, che
con l’aiuto della giusta addizione e dell’accomodazione residua (spesso ancora elevata)
porta a fuoco la focale più utile al momento, cercando di scartare l’aberrazione sferica
disturbante che l’altra focale tende a creare.
Queste lenti sono tutte concepite con una
variazione di utilizzo che differenzia il centro della lente dalla periferia, lasciando a,
sfruttamento della doppia focale simultanea,
modifiche del diametro pupillare e plasticità
nell’escludere le interferenze della focale non
utilizzata il compito di creare una prestazione visiva soddisfacente.
In pratica è il processo interpretativo dell’annebbiamento, costruita a livello corticale, che
porta alcuni soggetti a imparare a gestire o
limitare la fase iniziale di “alonatura”, data
EDUCATIONAL
dalla visione sovrapposta delle due focali primarie (potere sferico per lontano e potere
sferico per vicino).
L’addizione si crea grazie all’utilizzo di superfici asferiche controllare (aberrazione sferica
artificiale costruttiva) o mediante zone di
diffrazione.
In entrambe per il buon funzionamento di
questa lente si deve tener presente che si
sta applicando una lente a contatto, e che
quindi non ci si deve concentrare unicamente negli aspetti presbiopici dell’applicazione
ma fonderli in un connubio di valutazione rifrattiva e resa effettiva della geometria della
lente.
In altre parole diventa nuovamente importante valutare il fitting dinamico ed applicare
in modo conforme ma stabile.
Questo significa che se una lente viene applicata con il giusto potere correttivo in un
soggetto predisposto ai meccanismi di controllo dell’aberrazione, di cui si è fatto menzione, senza avere però, una posizione stabile e centrata davanti al centro pupillare, non
si otterrà un buon risultato visivo, e non si
riuscirà ad eliminare, se non parzialmente, e
con pazienti strategie di sovra-sotto correzione, le aberrazioni che uno spostamento di
queste lenti produce.
Selezione del portatore
La selezione del paziente è realmente basilare, ma non per questo si deve pensare di
poter applicare soluzioni di tipo multifocale,
solo in alcuni sporadici casi.
Volendo stabilire una graduatoria d’elementi che predispongono ad una prova di
lenti multifocali, si possono inserire aspetti
disparati:
Pupillometria: o più semplicemente, valutazione del diametro e dell’escursione pupillare. Sfruttando l’eccentricità della distribuzione del potere per lontano da quello per
vicino, si può dire che, idealmente si dovrebbe avere una buona escursione tra diametro
in luce diurna (diametro fotopico), comunemente detto “miosi”, e il diametro notturno
(diametro scotopico) o midriasi, in modo da
avere una migliore escursione e allo stesso
tempo una efficace alternanza tra l’energia
luminosa utilizzata per comporre le due im-
magini principali (vicino e lontano), e quindi
una minore sensazione di “blur” (sovrapposizione, alonatura, sbavatura).
Ametropia sferica: è predisponente un valore di ipermetropia superiore a 1.00 Dt e
una miopia il cui valore non sia pari o similarmente a quello dell’addizione richiesta.
In altre parole non è di aiuto che il soggetto veda perfettamente in visione naturale
alla distanza prossimale (potrebbe preferire
togliere gli occhiali) anche se, nel caso sia
già un abituale portatore di lenti a contatto,
questo precetto decade grossolanamente.
Addizione: la presenza di un’addizione non
elevata (es. <1.75 Dt) aiuta un migliore adattamento, mentre la presenza di un’addizione
superiore a 2,50 Dt risulta una cattiva premessa (spesso è necessario aggiungere un
occhiale sopra alle lenti in alcune circostanze
visive: pochi gradiscono una soluzione parziale del problema presbiopico, anche se per
alcuni soggetti il poter limitare l’utilizzo di
una correzione aggiuntiva alle lenti a contatto per la distanza prossimale è già un risultato accettabile).
Ametropia cilindrica: l’assenza di astigmatismo aiuta enormemente il fitting di quasi tutti i casi. Soprattutto se, come accade
quando ci si avvicina a questo tipo di applicazioni, si spera di arrivare a una soluzione
che non metta in gioco lenti di ricettazione. Per queste vale la possibilità di poter
correggere anche astigmatismi consistenti
senza perdite di prestazione (fino a circa
Cil 2.50 Dt). Nel più auspicabile caso in cui
il cilindro risulti minore di 1.00 Dt meglio
se monoculare, o ancora se trascurabile in
entrambe gli occhi. Utilizzando lenti di tipo
“disposable” non è possibile avere la correzione nominale dei difetti cilindrici, se non
in maniera estremamente parziale (0.25 Dt,
massimo 0.50 Dt).
Motivazione iniziale: nota dolente, ma
clinicamente altrettanto importante; quale
motivazione porta un soggetto ad avvicinarsi a questo tipo di correzione. Se è già
un portatore di lenti e vuole conservare la
propria indipendenza dagli occhiali per vicino, ci sono buone possibilità di riuscita, sia
questo per motivi estetici che di “avversione
ad occupare la radice del naso”. Per la mag-
Febbraio 2008 P.O. Professional Optometry® 89
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gioranza dei casi (65% circa) il successo si
raggiunge con le donne, maggiormente attente al mantenere un “profilo senza occhiali”. L’importanza della motivazione iniziale lo
si deve attribuire al tempo relativamente lungo di adattamento funzionale al “blur” della
visione simultanea. Di norma si consiglia di
avvertire sempre e prima di provare le lenti, che una volta trovato un primo assetto
correttivo, si deve essere disposti, almeno a
intenzioni, a trascorrere un periodo di adattamento di una settimana per poter valutare
l’efficacia di questa correzione, anticipando
che, per un ottimale adattamento possono
essere necessarie fino a 4-5 settimane. Un
soggetto cosciente di questi normali tempi
di adattamento/applicazione potrà procedere
con i migliori presupposti.
Aspettative: se la selezione è ben fatta è
possibile mirare ad un risultato “oggettivamente ottimale”, ma se così non fosse è indispensabile chiarire con il soggetto interessato
alle lenti, che mediamente la prestazione media consente di svolgere le principali attività
lavorative e ricreative dove non ci sia una
prolungata attività visiva cognitiva, dove cioè
non ci si debba concentrare per l’esecuzione
di un’attività che richieda la massima puntualità della visione o che questa non debba
essere la principale attività da svolgere. Lavorare senza interruzioni davanti a un computer
potrebbe essere molto difficile e stancante,
mentre utilizzarlo molte volte al giorno per
una consultazione rapida dovrebbe essere
pienamente fattibile. È indispensabile avvisare prima di cominciare la parte applicativa di
queste modalità in modo da ridurre le prove
Figura 3.
Spesso il nostro
portatore di lenti a
contatto confida nel
poter utilizzare solo
con più disinvoltura
strumenti familiari di
uso estemporaneo.
90 P.O. Professional Optometry® Febbraio 2008
su persone che non sopporterebbero il minimo compromesso o riduzione di efficienza;
nel caso che questa non si verificasse avremmo ottenuto un effetto positivo di “percezione del miglior risultato”, che oltre a stimolare il nostro paziente al raggiungimento di
un risultato ottimale, ci consentirà di lavorare
con più tranquillità rispettando i tempi tecnici
necessari al lavoro.
Attività visive: da questo fattore si può
ipotizzare la probabilità di successo:
- usando abitualmente le lenti per attività ricreativa ci sono ottime possibilità (~ 80%),
per esempio: teatro, automobile, ristorante,
shopping, sport, ecc.;
- usando abitualmente le lenti sia per attività lavorativa che ricreativa, ci sono buone
possibilità (50-70%);
- usando abitualmente le lenti per attività lavorativa dinamica, le possibilità sono
ancora buone (50-70%), il che significa,
fermo restando una soddisfacente visione
per lontano, che la visione prossimale deve
essere fatta spesso ma per brevi momenti,
per esempio: corriere, agente, commesso,
infermiere, maestro, terapista, artigiano,
ecc.;
- usando le lenti prettamente per uso lavorativo statico le possibilità diminuiscono (3050%).
Tempi e dinamiche di applicazione
Non è banale ripetere che ogni persona ha
tempi e risposte diverse di adattamento e
prestazione, ma volendo parlare di una modalità standard si potrebbe riassumere:
Prima visita: il soggetto deve provare le
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lenti progressive potendo contare su un risultato accettabile delle due distanze principali, in modo da consentirgli di affrontare
una prima settimana di prova. Per fare questo è bene armarsi di un buon numero di
lenti di prova, meglio di un set completo, in
modo da poter eventualmente modificare,
già durante l’incontro il potere in modo da
migliorare la visione dove questa sembri più
carente al soggetto. Alla fine della visita il
soggetto deve decidere se la visione ottenuta durante la prova è sufficiente per provare
le lenti per qualche giorno. È basilare dare
un’impressione positiva delle potenzialità visive e allo stesso tempo spiegare che la prestazione percepita durante i primi giorni potrebbe fluttuare prima di assestarsi. Questo
per far sì che ci sia la possibilità di arrivare
al successivo incontro, con un soggetto che
è riuscito a indossare costantemente le lenti
di prova.
Seconda visita: è normale aspettarsi un
esito non pienamente soddisfacente della prova, con umori che vanno dal “...non
credo di poterle portare...”, al “...mi sono
trovato abbastanza bene, però…” , fino ad
arrivare a “...pensavo fossero peggio, mi trovo bene!...”. In ogni caso si deve annotare
il visus oggettivo per lontano e per vicino,
cercando di modificare opportunamente le
lenti in modo da migliorare la visione o la
sensazione non soddisfacente che si dovesse
presentare. A questo punto la presenza di
un set di prova consente di aumentare notevolmente le possiblità di successo, potendo
contare sul fatto di poter disporre immediatamente delle eventuali lenti con potere
aggiornato, senza dover aspettare ulteriormente o peggio sospendere la prova fino
all’arrivo delle lenti modificate.
Terza visita: quando al secondo incontro si
ottiene un risultato già apprezzabile, si può
decidere di verificare dopo altre 2 settimane
il risultato ottenuto. In questa sede si deciderà se ritoccare (leggermente) il risultato
della prova per un ordine definitivo, oppure
provare con un ulteriore tempo di adattamento.
Come si può notare la dinamica e i tempi di
adattamento sono tali che non si può pensare di applicare una lente e aspettare per
vedere cosa succede. Una volta arrivati alla
terza visita si dovrebbe avere una soddisfacente prestazione per entrambe le distanze
principali e una notevole qualità di prestazione. Se così non è significa che si è sbagliato
qualcosa, selezione del soggetto o interpretazione dei risultati.
Differenze, vantaggi e svantaggi rispetto alla correzione multifocale oftalmica
Le caratteristiche di funzionamento che richiedono un tempo di adattamento o assuefazione sono parzialmente simili (aberrazioni cilindriche e coma) tra i due tipi di
compensazione, altri sono differenti (visione
simultanea nelle lenti a contatto, visione praticamente alternata negli occhiali) questo a
sottolineare che una persona che si abitua
facilmente a un occhiale progressivo non significa che porterà bene delle lenti a contatto progressive, ma cosa per noi più interessante è l’aspetto contrario.
In pratica si può sintetizzare che un soggetto plastico, malleabile capace di adattarsi e
sfruttare le proprie capacità si pone avvantaggiato quando si trova a dover superare
delle difficoltà transitorie di adattamento.
Queste caratteristiche non dipendono solo
da numeri che si possono scrivere su una
ricetta!
Molto apprezzabile il fatto che rispetto al
risultato con lenti oftalmiche non esistono
limitazioni di campo visivo, e una scarsa influenza della posizione o altezza del target
Tabella 1.
Dinamica pupillare
utile per determinare
la propensione all’uso
di lenti multifocali.
Una buona escursione
tra miosi diurna e
midriasi notturna
garantisce un buon
funzionamento con
la maggior parte
delle geometrie in
commercio.
Febbraio 2008 P.O. Professional Optometry® 91
EDUCATIONAL
prossimale. Quando un soggetto nota una
sensibile differenza tra la lettura in posizione
primaria (simile al monitor del PC) e quella di
scrittura, è probabile che il fitting d’appoggio sia da modificare.
Dinamiche applicative
Ogni persona utilizza ovviamente con estrema alternanza di momenti e variabilità di
luoghi entrambe le distanze principali: lontano (guida, televisione, camminare e muoversi) vicino (lavori manuali, lettura e scrittura,
computer).
Alcune persone più di altre sopportano
meno un abbassamento dell’efficienza visiva,
in particolare a una di queste due distanze.
A grandi linee si può stabilire una maggiore
probabilità in base al difetto visivo, l’età, e
l’attività professionale, ma altrettanto importante è provare realmente quale propensione sia più spiccata in ogni soggetto. Un po’
come accade per la misura della dominanza
oculare è utile, meglio se già dalla prima visita di fitting delle lenti, capire quale equilibrio dare alla performance iniziale delle due
distanze visive principali.
Questo perché, se il soggetto desidera fortemente migliorare la visione prossimale senza
deteriorare neppure momentaneamente la
visione in distanza (normale adattamento a
visione simultanea), è inutile, anzi deleterio,
far sì che possa leggere già dal primo giorno un quotidiano o una rivista, perché non
sopporterà e quindi non porterà mai, delle
lenti che riducono il visus ad alto contrasto
di 1-2/10 con la comparsa di enormi aloni e
sbavature visive.
La dinamica dell’applicazione è differente
tra soggetti portatori di lenti a contatto e
neofiti.
Normalmente il nuovo portatore apprezza
già il fatto di poter vedere senza occhiali per
lontano e di dover aggiungere un occhiale a
distanza prossima (soprattutto ipermetropi o
astigmatico) mentre i soggetti che portano
già le lenti, e conoscono i limiti della loro
prestazione per vicino, sono meno pazienti
nell’aspettare che la qualità dell’immagine
visiva migliori.
Così come accade con lenti oftalmiche progressive, anche con le lenti a contatto vale
92 P.O. Professional Optometry® Febbraio 2008
la regola che, minore è l’addizione con cui si
portano le prime lenti, migliore sarà il livello
di adattamento e in senso più allargato di
performance, che il soggetto avrà dal suo
equipaggiamento multifocale.
Una regola simile vale anche per le lenti a
contatto multifocali. Per questo motivo sarebbe opportuno che il soggetto giovane
presbite, con addizione prescrittivo fino a
1.50 Dt provasse le lenti a contatto prima
di aver bisogno di un’addizione superiore,
superando così con più facilità le difficoltà
dettate dalla fase di adattamento.
A supporto di questa affermazione porto
l’esperienza proveniente dalla prescrizione
su soggetti non presbiti, di questo tipo di
lenti.
Applicazione di lenti a contatto multifocali su soggetti non presbiti
Tra tutti i giovani ametropi e non, ne esiste una buona percentuale che per atteggiamenti visivi consolidati, manifestano varie
tipologie di inefficienze o insufficienze accomodative e di convergenza.
Un soggetto non presbite possiede una più
ampia possibilità di accomodazione e indirettamente una più facile gestione del sistema
a visione simultanea.
L’utilizzo di questo tipo di lenti trova applicazioni in numerosi soggetti:
- miopie progressive indotte da attività visiva
prossimale;
- miopie fluttuanti indotte da attività visiva
prossimale (ovvero “...vedo bene solo in
vacanza!”);
- esotropie accomodative;
- eccessi di convergenza;
- alcune astenopie prossimali;
- altri.
Nel caso di soggetti miopi utlizzando lenti
a bassa addizione (fino a 1 Dt) è possibile
replicare i risultati ottenibili dalla prescrizione di un’aggiunta positiva per la distanza di
lettura. Se un soggetto manifesta difficoltà
nel lavorare per vicino con gli occhiali con il
quale vede bene per lontano, probabilmente
troverà in una prescrizione di un leggero positivo, un comodo alleato (quando prescrivibile dai dati della nostra analisi visiva), anche
EDUCATIONAL
solo in un periodo circoscritto di maggiore
impegno visivo o di minore benessere fisico.
Se quindi si è d’accordo nell’importanza e
nell’efficacia del “positivo per vicino” non
si può non considerare che, nel caso non
sia possibile aiutare il soggetto con occhiali
specifici, si possa almeno tentare con lenti
a contatto specifiche. A maggior ragione se
davanti a noi abbiamo una persona che non
ha nessuna voglia di sacrificare il suo stile di
vita con le lenti a contatto per una migliore
stabilità del difetto miotico o del comfort visivo (tra tutti, molti adolescenti).
Quando il soggetto è già portatore di lenti con successo, la cosa migliore è portare
l’applicazione sulla versione multifocale della
stessa lente (quando disponibile ovviamente)
oppure di cercare un materiale con caratteristiche di idratazione e ionicità simili alla lente
abituale.
Conclusione
Mi colpisce ancora oggi il fatto che molti dei
soggetti ametropi con cui vengo a contatto
nella pratica professionale, non conoscano,
anzi addirittura si stupiscano, nel sapere che
esistono delle lenti a contatto che “potenzialmente” gli consentirebbero di vedere nitido
anche per vicino senza per questo rinunciare
a una buona nitidezza in distanza o viceversa. Il fatto più sorprendente è invece che
molti soggetti abbandonino lentamente l’uso
delle lenti quando in età presbiopica decadono parte delle motivazioni che da sempre
li spingono a indossarle, tra tutte quella di
non dover portare sempre gli occhiali, qualsiasi sia il motivo. La continuazione del porto in età presbiopica nasce dalla conoscenza
che esistono più soluzioni. Negando la possibilità di provarle mascherandosi dietro a una
difficoltà di risultati, avremmo sempre dei
portatori di lenti a contatto presbiti, con le
ore contate!
Febbraio 2008 P.O. Professional Optometry® 93
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