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ARGOMENTO 3 I controversi rapporti fra truffa ed indebita

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ARGOMENTO 3 I controversi rapporti fra truffa ed indebita
ARGOMENTO 3
I controversi rapporti fra truffa
ed indebita percezione di pubbliche erogazioni
Sommario: 1. L’istituto. – 2. La sentenza. – a. Cassazione Penale, Sez. II, 29 gennaio 2015,
n. 4226. – 3. Il tema svolto.
1.L’istituto
L’art. 316-ter c.p. statuisce che “salvo che il fatto costituisca il reato previsto dall’art. 640-bis chiunque mediante l’utilizzo o la presentazione di dichiarazioni o documenti falsi o attestanti cose no vere, ovvero mediante
l’omissione di informazioni dovute, consegue indebitamente, per sé o per
altri, contributi, finanziamenti, mutui agevolati o altre erogazioni dello stesso tipo, comunque denominate, concessi o erogati dallo Stato, da altri enti
pubblici o dalle Comunità europee è punito con la reclusione da sei mesi
a tre anni.
Quando la somma indebitamente percepita è pari o inferiore a euro
3.999,96 si applica soltanto la sanzione amministrativa del pagamento di
una somma di denaro da euro 5.164 a euro 25.822. Tale sanzione non può
comunque superare il triplo del beneficio conseguito”.
La disposizione appena trascritta, introdotta dalla Legge 29 settembre
2000, n. 300, interviene a completare il sistema repressivo predisposto dal
nostro ordinamento contro il fenomeno dell’illecita captazione di finanziamenti pubblici.
Il legislatore, dunque, con tale fattispecie, ha inteso sanzionare condotte che, pur non raggiungendo la soglia della punibilità a titolo di truffa,
si presentano comunque dotate di un intenso disvalore penale e che,
in assenza di un’esplicita incriminazione ad hoc, andrebbero esenti da
pena.
Il bene giuridico tutelato consiste nella corretta gestione delle somme
pubbliche destinate all’incentivazione economica. Parte della dottrina
vi ricomprende anche la libera formazione della volontà della p.a.
Soggetto attivo del reato è un privato estraneo alla pubblica amministrazione (ciò rende discutibile la collocazione di tale delitto fra quelli dei
“pubblici ufficiali” contro la pubblica amministrazione).
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argomenti probabili (diritto penale)
La condotta incriminata può realizzarsi sia in forma attiva (utilizzo e
presentazione di documenti falsi) che omissiva (omissione di informazioni).
La condotta commissiva è rappresentata dall’utilizzo e dalla presentazione di dichiarazioni e documenti falsi, o comunque attestanti cose non
vere, nella duplice configurazione di documenti falsi dal punto di vista materiale (ad es. perché non provenienti dai soggetti indicati nell’atto) o documenti falsi sul piano ideologico (in quanto contenenti attestazioni non
corrispondenti al vero).
La condotta omissiva, al contrario, si estrinseca nell’omissione delle informazioni dovute, intendendo come tali quelle informazioni che ciascuno
è obbligato a fornire alle autorità.
L’oggetto materiale del reato è costituito da contributi, finanziamenti,
mutui agevolati o altre erogazioni dello stesso tipo, comunque denominate, concessi dallo Stato, da altri enti pubblici o dalla Comunità Europea.
Per contributi si intendono attribuzioni patrimoniali a fondo perduto.
I finanziamenti consistono nella fornitura di mezzi economici con l’obbligo, per il beneficiato, di destinare le somme concesse ad un certo scopo.
I mutui agevolati sono crediti implicanti l’obbligo di restituzione del capitale con un tasso di interesse inferiore a quello normalmente praticato nel
mercato.
Il legislatore ha inoltre predisposto una degradazione del reato in illecito
amministrativo per i casi di lieve entità indicati dal secondo comma dell’art.
316-ter c.p., prevedendo l’applicazione della sola sanzione amministrativa
pecuniaria quando la somma indebitamente percepita è pari o inferiore alla
soglia di euro 3.999,96.
Quanto all’elemento soggettivo, il dolo è generico e richiede la rappresentazione sia della falsità delle documentazioni o delle dichiarazioni
(o della mancanza delle informazioni dovute), sia del carattere indebito
dell’erogazione.
Il reato si consuma nel momento e nel luogo in cui si consegue l’indebita
erogazione di denaro.
Il tentativo è configurabile.
Il discrimen tra i delitti di indebita percezione e di truffa aggravata
(art. 640-bis c.p.) è estremamente labile; le due figure delittuose, infatti, coincidono testualmente nel tipo di aiuti economici e nell’evento
del conseguimento indebito degli stessi: la differenza, dunque, risiede
unicamente nelle modalità di estrinsecazione della condotta, consistenti
nell’un caso in false dichiarazioni o omesse informazioni, nell’altro in
artifici o raggiri.
Tanto premesso, come si evince già dalla lettera della norma, il rapporto
tra le due fattispecie incriminatici è stato risolto espressamente dal legi-
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Argomento 3. I controversi rapporti fra truffa
slatore con la clausola di salvaguardia che subordina l’operatività dell’art.
316-ter c.p. alla circostanza che nello stesso fatto non siano ravvisabili i
presupposti del più grave reato di cui all’art. 640-bis c.p.
Sulla base del dettato normativo è sorto un dibattito giurisprudenziale
in ordine al tipo di rapporto intercorrente tra le due norme; in particolare, ci
si è chiesti se il predetto rapporto sia da ricostruire in termini di specialità
(nel senso che le dichiarazioni o i documenti falsi o attestanti cose non vere
previsti dall’art. 316-ter c.p. sono un quid specializzante rispetto agli artifici
e raggiri di cui all’art. 640-bis c.p.), ovvero in termini di sussidiarietà e residualità della indebita percezione rispetto alla (più grave) truffa aggravata
per il conseguimento di erogazioni pubbliche.
Come noto, il rapporto di specialità, esplicitamente definito dall’art. 15
c.p., implica che la disposizione speciale contempli un sottoinsieme dell’insieme dei casi contemplati dalla disposizione generale; il principio di sussidiarietà, invece, intercorre tra norme che prevedono stadi o gradi diversi
di offesa di un medesimo bene in modo tale che l’offesa maggiore assorbe
la minore e, di conseguenza, l’applicabilità dell’una è subordinata alla non
applicazione dell’altra.
La scelta dell’un criterio rispetto all’altro importa conseguenze di notevole rilievo sul piano applicativo: se, infatti, la relazione intercorrente tra
l’art. 316-ter e l’art. 640-bis c.p. viene risolta in termini di specialità, ogniqualvolta gli artifici e i raggiri hanno ad oggetto le dichiarazioni o i documenti falsi indicati dall’art. 316-ter c.p. sarà configurabile il reato di indebita
percezione di erogazioni a danno dello Stato, con la conseguenza di comprimere notevolmente l’ambito di operatività della più grave truffa ex art.
640-bis c.p.; se, invece, la predetta relazione viene spiegata in termini di
sussidiarietà, l’art. 316-ter c.p. potrà trovare applicazione soltanto laddove
non siano integrati gli estremi degli artifici e raggiri previsti dall’art. 640-bis
c.p., ossia solo con riferimento a comportamenti caratterizzati da un minor
disvalore.
Al riguardo, si segnala l’importante arresto delle S.U. della Corte di
Cassazione del 27 aprile 2007, secondo il quale il delitto di indebita percezione di erogazioni a danno dello Stato è in rapporto di sussidiarietà con
quello di cui all’art. 640-bis c.p. Da ciò consegue che il reato ex art. 316-ter
c.p., si configura solo quando difettino nella condotta gli estremi della truffa,
come nel caso delle situazioni qualificate dal mero silenzio antidoveroso o
dall’assenza di induzione in errore dell’autore della disposizione patrimoniale1.
Cass. pen., S.U., 27 aprile 2007, cit. Da ultimo si vedano Cass. pen., Sez. II, 25 gennaio
2011, n. 6915, RV 249470; Cass. pen., Sez. III, 1° dicembre 2011, n. 2382, RV 251910, la
quale, dopo aver ribadito che il reato di indebita percezione di erogazioni pubbliche differisce
da quello di truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche per la mancanza
dell’elemento dell’induzione in errore, ammette che l’induzione in errore possa anche desu1
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argomenti probabili (diritto penale)
2. La sentenza
a. Cassazione Penale, Sez. II, 29 gennaio 2015, n. 4226
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 13/3/2014 la Corte di Appello di Palermo, in riforma della sentenza del Tribunale di Sciacca del 30/11/2012, ha dichiarato non doversi procedere
nei confronti di L.O. in ordine ai reati di tentata truffa e di falsità ideologica contestati
all’imputata e commessi il 24/3/2005 perché estinti per prescrizione e, per l’effetto
ha ridotto la pena inflitta all’imputata in relazione ai restati reati alla stessa ascritti
ad anni 1 e giorni 25 di reclusione ed Euro 350,00 di multa, confermando nel resto
l’impugnata sentenza. Al riguardo va precisato che il Giudice di prime cure, al di là
dei reati poi dichiarati estinti per prescrizione, aveva affermato la penale responsabilità dell’imputata anche in relazione ai reati di concorso in truffa aggravata (artt.
110, 640, comma 2 n. 1, cod. pen. con la recidiva semplice ex art. 99 cod. pen.)
consumata in (Omissis) e di concorso in falso ideologico commesso dal privato in
atto pubblico (artt. 61 n. 2, 110 e 483 cod. pen., 76 DPR n. 445/2000) consumato in
Sciacca il 14/3/2006. La pena irrogata era stata comunque dichiarata interamente
condonata.
In estrema sintesi risulta che l’imputata aveva presentato all’INPS domande (tra
cui quella del 14/3/2006) finalizzate al conseguimento dell’indennità di disoccupazione nelle quali era stato falsamente attestato lo svolgimento di attività lavorativa
alle dipendenze di due aziende con allegate le (false) dichiarazioni degli indicati
datori di lavoro. Dette false dichiarazioni avevano poi costituito l’artifizio in forza
del quale l’imputata aveva ottenuto la menzionata indennità di disoccupazione per
l’anno 2005, ammontante ad Euro 2.807,56 ed erogatagli il 31/3/2006.
Ricorre per Cassazione avverso la predetta sentenza l’imputata personalmente, deducendo:
1. Inosservanza ed erronea applicazione di norme sostanziali ai sensi dell’art.
606, comma 1, lett. b), cod. proc. pen. in relazione all’art. 316-ter, comma 2, cod.
pen..
Evidenzia al riguardo la ricorrente che il fatto di truffa alla stessa contestato
deve invece essere inquadrato nella fattispecie di cui all’art. 316-ter cod. pen. ed
essendo la somma percepita inferiore alla soglia di Euro 3.999,96 indicata dalla
norma de qua alla stessa poteva essere applicata esclusivamente la sanzione amministrativa ivi prevista.
2. Inosservanza delle norme processuali stabilite a pena di nullità ai sensi
dell’art. 606, comma 1, lett. c), in relazione agli artt. 178, comma 1, lett. a) e 179,
comma 1, cod. proc. pen.
Lamenta al riguardo la ricorrente, sulla premessa della corretta configurabilità
dell’azione contestata come violazione dell’art. 306-ter cod. pen., che detto reato
doveva essere giudicato in primo grado da un Tribunale collegiale e non, come
avvenuto, dal Tribunale in composizione monocratica.
mersi dal falso documentale allorché lo stesso, per le modalità di presentazione o per altre
caratteristiche, sia di per sé idoneo a trarre in errore l’autorità.
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Argomento 3. I controversi rapporti fra truffa
Per le considerazioni or ora esposte, dunque, il ricorso deve essere dichiarato
inammissibile.
Segue, a norma dell’articolo 616 c.p.p., la condanna della ricorrente al pagamento delle spese del procedimento ed al pagamento a favore della Cassa delle
Ammende, non emergendo ragioni di esonero, della somma ritenuta equa di Euro
1.000,00 (mille) a titolo di sanzione pecuniaria.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 alla Cassa delle ammende.
3. Il tema svolto
Il rapporto tra indebita percezione di erogazioni pubbliche e truffa. Profili
afferenti la posizione del percettore dell’indennità Inps: in particolare, le
conseguenze in punto di rafforzamento del proposito criminoso a vantaggio degli associati che abbiano costituito un pactum sceleris con i pubblici
funzionari Inps.
Il reato di cui all’art. 316-ter, è stato inserito nel codice penale dall’art. 4
della legge n. 300/2000, al fine di completare la tutela apprestata contro le
frodi allo Stato ed alle Comunità Europee, dando attuazione alla Convenzione sulla tutela degli interessi finanziari delle Comunità Europee stipulata
a Bruxelles il 26 luglio 1995.
Il bene giuridico tutelato dalla norma de qua è costituito dagli interessi
finanziari della pubblica amministrazione, nazionale e sovranazionale e
dunque dal buon andamento della pubblica amministrazione sotto il particolare profilo della corretta allocazione delle risorse pubbliche.
Tra i soggetti attivi si devono annoverare anche le persone giuridiche,
dato che l’indebita percezione di erogazioni ai danni dello Stato costituisce reato presupposto per l’applicazione della responsabilità da reato degli
enti. I soggetti passivi sono indicati espressamente dalla disposizione normativa e costituiscono gli enti che devono erogare i finanziamenti: Stato,
enti pubblici e Comunità europea. Quanto al fatto tipico, giova ricordare
che la condotta può estrinsecarsi in una forma attiva (utilizzo e presentazione) e in una omissiva (omissione di informazioni).
Le informazioni la cui omissione può integrare la fattispecie dell’articolo
316-ter c.p., devono essere “dovute”, ossia fondarsi in una espressa richiesta dell’ente erogatore nel corso dell’istruttoria finalizzata alla concessione
del finanziamento o risultare imposte dal principio di buona fede precontrattuale ex articolo 1337 c.c. Il reato in disamina si realizza con la semplice
presentazione di dichiarazioni mendaci, o con la semplice omissione di
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argomenti probabili (diritto penale)
informazioni, ma con il conseguimento indebito dei finanziamenti erogati
dallo Stato, da altro ente pubblico o dalle Comunità Europee.
Il momento consumativo è coincidente con il finanziamento ottenuto,
non con l’assunzione dell’obbligazione da parte del soggetto passivo,
ancora va specificato che sempre in base all’articolo 316-ter c.p., non si
può ritenere integrata una condotta rilevante penalmente se è stata conseguita una somma pari o inferiore ad euro 3999, infatti in tal caso si potrà
configurare solo un illecito amministrativo. Quanto all’elemento psicologico
richiesto è il dolo generico, vengono in rilievo, inoltre, i rapporti con altre
fattispecie ed in particolare con l’articolo 640-bis c.p.
La necessità di predisporre una tutela penale adeguata nei confronti
delle condotte di abusiva captazione dei finanziamenti pubblici ha indotto il
legislatore ad introdurre, con la legge 55/1990, l’apposita incriminazione di
cui all’articolo 640-bis c.p. Si è inteso proteggere il bene giuridico dell’integrità del patrimonio pubblico e comunitario. Soggetto attivo è chiunque, il
dolo è generico, mentre quanto al fatto materiale punito, coincide con quello incriminato della truffa. La specialità della previsione si basa sul requisito
del “profitto ingiusto” (indebito ottenimento di risorse pubbliche destinate a
scopi d’incentivazione). Relativamente al momento consumativo, nel caso
di erogazioni pubbliche suddivise in più rate, si configura un’ipotesi di reato
a consumazione prolungata, pertanto il momento consumativo, nonché il
dies a quo del termine prescrizionale di tale fattispecie, coincidono con la
cessazione dei pagamenti.
Su tale questione, però, la giurisprudenza di legittimità a Sezioni Unite,
nel 2007, è intervenuta a dirimere il contrasto registratosi tra due tesi: quella che considera la fattispecie di cui all’articolo 316-ter speciale rispetto al
reato di truffa ex art. 640-bis e quella che, viceversa, considera la prima
solo sussidiaria rispetto alla seconda.
A sostegno della tesi della sussidiarietà si è osservato che il legislatore, nell’introdurre l’articolo 316-ter c.p., avrebbe finito di fatto col perseguire
un risultato ben più modesto, ossia quello di scongiurare il rischio di un
eccesso di interpretazione estensiva, precisamente il rischio che la giurisprudenza, forzando il testo dell’articolo 640-bis c.p., potesse ricondurre al
concetto di artifici o raggiri anche condotte di minore intensità fraudolenta
come, appunto, l’utilizzo o la presentazione di dichiarazioni o documenti
non veri, ovvero l’omissione di informazioni dovute.
A sostegno, invece, della tesi di specialità, il rapporto tra gli articoli
316-ter e 640-bis sarebbe da risolvere ai sensi dell’articolo 15 c.p., ovvero
mediante il canone della specialità, intendendosi la condotta sanzionata
nell’articolo 316-ter caratterizzata da una forma speciale di “raggiri o artifizi”.
È tuttavia prevalsa la tesi della sussidiarietà, infatti le Sezioni Unite
della Cassazione nel 2007 hanno precisato che il reato di indebita per-
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Argomento 3. I controversi rapporti fra truffa
cezione di erogazioni a danno dello Stato è in rapporto di sussidiarietà
e non di specialità, con quello di truffa aggravata per il conseguimento
di erogazioni pubbliche, al pari del quale è astrattamente configurabile
anche nel caso di indebita erogazione di contributi aventi natura assistenziale.
L’obiettivo principale del legislatore, con l’introduzione della nuova fattispecie di cui all’articolo 316-ter c.p., è stato quello di estendere ed aggravare la responsabilità per le condotte decettive consumate ai danni dello
Stato e dell’Unione europea, non sussumibili nella già esistente fattispecie
di cui all’articolo 640-bis c.p. Allora l’elemento differenziale tra le due fattispecie, affermano le Sezioni Unite, viene identificato nella cosiddetta induzione in errore, mancante nella fattispecie sussidiaria.
Sui rapporti tra 316-ter e 640-bis c.p., è recentissima la pronuncia di
gennaio 2015 della Corte di Cassazione. Secondo il Supremo Collegio,
che ha richiamato l’indirizzo delle Sezioni Unite del 2007, si configura la
truffa aggravata se si percepisce l’indennità di disoccupazione fondata su
false dichiarazioni.
Venendo, ora, al reato di truffa, previsto dall’articolo 640 c.p., si tratta
del più tipico delitto con la cooperazione artificiosa della vittima, l’azione
offensiva del reo non si esaurisce infatti in un’aggressione unilaterale, ma
la realizzazione dell’illecito non può prescindere da una condotta attiva della vittima, poiché l’atto di disposizione patrimoniale da questa compiuto
è essenziale per la verificazione del danno, evento del reato in esame.
Si tratta di un reato plurioffensivo, in quanto il bene giuridico protetto non
è solo l’integrità patrimoniale, ma anche l’interesse alla libera formazione
del consenso, si tratta di reato comune poiché soggetto attivo può essere chiunque. La condotta incriminata consiste nell’indurre taluno in errore,
tramite artifici e raggiri, in modo da determinare costui a compiere un atto
di disposizione patrimoniale dannoso per lui medesimo, ma costituente per
l’ingannatore ingiusto profitto.
Precisamente, per “artificio” si intende quella trasfigurazione della realtà
esterna determinata o dalla simulazione dell’esistenza di circostanze in realtà inesistenti o dalla dissimulazione di circostanze esistenti, sì da creare
una falsa apparenza.
Per “raggiro”, invece, ci si riferisce all’attività simulatrice accompagnata
da parole, argomentazioni, ragionamenti atti a far scambiare per vero ciò
che in realtà è falso. La giurisprudenza di legittimità ritiene che anche la
semplice menzogna possa costituire raggiro idoneo a commettere il delitto in esame, quando essa sia architettata in modo da indurre in errore il
soggetto. Gli artifici e raggiri devono determinare l’induzione in errore della
vittima, intendendosi per errore la falsa rappresentazione della realtà capace di incidere sulla formazione della volontà. La giurisprudenza è pacifica
nel ritenere configurabile la truffa anche ove il soggetto ingannato non sia
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argomenti probabili (diritto penale)
indotto propriamente in errore, ma versi in una situazione di dubbio. Effetto
dell’errore è il c.d. “atto di disposizione” che può consistere, in un atto negoziale, in una condotta omissiva, quando l’azione positiva avrebbe incrementato o non diminuito il patrimonio della vittima. In conseguenza dell’atto
dispositivo compiuto dalla vittima, il reo deve conseguire per sé o per altri
un profitto ingiusto che, distinto dal danno, è oggetto di un accertamento
autonomo in sede giudiziale.
Quanto all’elemento soggettivo, la truffa è reato a dolo generico ossia
coscienza e volontà di indurre, con artifici e raggiri, taluno in errore e di
determinare lo stesso ad un atto di disposizione patrimoniale con altrui
danno e ingiusto profitto. La consumazione si ha nel momento e nel luogo in cui si verifica il danno patrimoniale per la vittima e l’ingiusto profitto
per il reo o per altri, il tentativo, invece, è configurabile. L’articolo 640,
comma secondo, c.p., fa riferimento all’applicazione di una circostanza
aggravante allorché il fatto è commesso a danno dello Stato o di un altro ente pubblico. La ratio di tale aggravante, prevista dalla prima parte della disposizione richiamata precedentemente, è quella di apportare
una tutela al patrimonio pubblico. Essa ricorre allorché a subire il danno
patrimoniale sia lo Stato o un altro ente pubblico, a prescindere dal fatto
che il soggetto ingannatore sia un dipendente pubblico, ovvero un terzo
cui competono poteri di gestione in ordine al patrimonio della Pubblica
amministrazione.
Recentemente, sul punto, sono intervenute le Sezioni Unite della
Corte di Cassazione, nel mese di febbraio 2014, secondo le quali, ai
fini della sussistenza della circostanza aggravante di cui all’articolo 640,
comma secondo, n. 1, c.p., può parlarsi di natura pubblicistica dell’ente
concessionario se si accerta che l’affidamento da parte di un ente pubblico ad un soggetto esterno, da esso controllato, della gestione di un
servizio pubblico, integra un rapporto basato sull’inserimento del soggetto medesimo nell’organizzazione funzionale dell’ente pubblico, in modo
che la società concessionaria si configuri come organo indiretto della
P.A. Ne consegue, secondo le Sezioni Unite, che non si può parlare di
danno all’ente partecipante, quale mero effetto riflesso della partecipazione societaria.
L’istituto del concorso di persone nel reato si riferisce alle ipotesi in cui
la commissione di un reato sia addebitabile a più soggetti. Il concorso è
disciplinato dall’art. 110 c.p. che testualmente recita: “quando più persone
concorrono nel medesimo reato, ciascuna di esse soggiace alla pena per
questo stabilita”. Il concorso “eventuale” di persone nel reato ricorre allorquando due o più persone pongano in essere un reato che astrattamente
potrebbe essere commesso anche da una persona, esso è come detto
disciplinato dall’articolo 110 c.p. Il concorso di persona è definito eventuale per distinguerlo dal concorso necessario, il quale ricorre quando è la
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Argomento 3. I controversi rapporti fra truffa
stessa norma incriminatrice di parte speciale che, per l’esistenza del reato,
richiede due o più soggetti agenti. Sul concorso sono state elaborate due
tesi: “tesi dell’accessorietà”, secondo la quale le condotte dei concorrenti
eventuali, divengono punibili allorché accedano ad una condotta principale
che sia tipica; e la “teoria della fattispecie plurisoggettiva eventuale”, secondo la quale l’incontro tra l’articolo 110 c.p. e la fattispecie di parte speciale dà vita ad una nuova, diversa ed autonoma fattispecie plurisoggettiva
eventuale dotata di una propria tipicità. I modelli di disciplina del concorso
di persone sono due: il modello della “responsabilità differenziata”, il quale
si caratterizza per la scelta di diversificare il trattamento sanzionatorio in
ragione del tipo di concorso realizzato, questa scelta viene realizzata sulla
base di una tipizzazione dei ruoli che il singolo soggetto può ricoprire nelle
variegate forme di partecipazione ad un reato; il modello della “pari responsabilità” che si caratterizza per l’equiparazione della responsabilità dei vari
concorrenti.
I requisiti strutturali del concorso sono: pluralità di soggetti agenti (per
aversi concorso sono sufficienti anche solo 2 persone), realizzazione di
un fatto illecito, partecipazione di ciascun concorrente alla determinazione
dell’evento, elemento soggettivo.
Altro problema è quello relativo al concorso eventuale cosiddetto “esterno” nei reati associativi. Le questioni di maggiore interesse teorico e pratico
sono due: se e a quali condizioni i membri di un’associazione criminosa
rispondono dei reati (scopo) eseguiti da altri soggetti associati per realizzare il programma criminoso; se e a quali condizioni sia configurabile un
concorso ex articolo 110 c.p., e seguenti in un’associazione criminosa da
parte di soggetti estranei alla stessa. Quanto alla prima questione occorrerà verificare in concreto se i vertici hanno o meno determinato o rafforzato
i membri dell’associazione a compiere i vari reati scopo con la coscienza e
volontà di concorrere alla realizzazione dei reati scopo o reati fine.
Quanto alla seconda questione, mentre è pacificamente ammesso il
concorso esterno di tipo morale, ancora si discute sull’ammissibilità di
quello materiale. Tuttavia, dottrina e giurisprudenza ammettono il concorso
esterno di tipo materiale qualora sussistano i requisiti essenziali del concorso eventuale: contributo necessario o agevolatore per la costituzione,
conservazione o rafforzamento dell’associazione; una condotta atipica rispetto alla fattispecie associativa di parte speciale; un dolo di concorso,
ossia coscienza e volontà di contribuire alla costituzione, conservazione o
rafforzamento dell’associazione.
Sul punto la giurisprudenza di legittimità ammette tale concorso esterno quando il concorrente non entri a far parte del sodalizio criminoso nella
veste di membro stabile ma il suo contributo è limitato solo a mantenere o
rafforzare l’organizzazione, dall’esterno, anche se persegue scopi estranei
a quelli dell’organizzazione stessa.
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