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La truffa aggravata: profili processuali
Saggi La truffa aggravata: profili processuali, giurisprudenziali e rapporto con reati aventi struttura analoga Roberta Mencarelli Avvocato del Foro di Roma L a truffa è uno dei reati maggiormente denunciati dalle Forze di Polizia all’Autorità Giudiziaria che ne hanno rilevato un aumento esponenziale negli ultimi vent’anni: su 100.000 abitanti si è infatti passati dalle 62 truffe del 1992 alle 159 del 2010 senza contare che, secondo gli ultimi aggiornamenti Istat, le truffe sono aumentate dal 2000 del 113,4% solo nel Mezzogiorno1. La truffa, già rilevante da un punto di vista quantitativo, assume rilevanza qualitativa per la molteplicità degli aspetti giuridici, sostanziali e processuali, che si prospettano all’attenzione dei soggetti del processo penale quando si configura come truffa aggravata di cui all’art. 640 cpv e 640 bis codice penale. dotato dei poteri d’imperio della p.a. stante il riferimento della circostanza aggravante agli enti pubblici in genere senza distinzione alcuna tra enti pubblici economici ed altri enti pubblici, ad esclusione degli enti originariamente pubblici ma successivamente privatizzati come Enel, Eni, Telecom. Enti pubblici sono anche le Aziende speciali istituite dai Comuni per la gestione dei servizi pubblici costituite in particolare per la gestione di servizi pubblici economici ai sensi degli artt. 22 e 23 L. n. 142/1990. Sulla nozione di ente pubblico sono recentemente intervenute anche le Sezioni Unite della Suprema Corte di Cassazione con la sentenza n. 6773 del 12.2.2014 le quali hanno ulteriormente chiarito che “Ai fini della sussistenza della circostanza aggravante di cui all’art. 640, comma secondo, n 1, cod. pen. può parlarsi di natura pubblicistica dell’ente concessionario se si accerta che l’affidamento da parte di un ente pubblico ad un soggetto esterno, da esso controllato, della gestione di un servizio pubblico, integra una relazione incentrata sull’inserimento del soggetto medesimo nell’organizzazione funzionale dell’ente pubblico, in modo che la società concessionaria si configuri come organo indiretto della p.a.. Ne consegue che, atteso il rapporto strumentale tra enti, non potrebbe parlarsi di danno all’ente partecipante quale mero effetto riflesso della partecipazione societaria”. Non è invece configurabile l’aggravante in parola con riferimento ad una società per azioni incaricata della gestione dei servizi comunali in quanto la natura eventualmente pubblica del servizio prestato assume rilievo esclusivamente ai fini della qualifica dei soggetti agenti secondo la concezione funzionale oggettiva accolta dagli artt. 357 e 358 c.p.4 ma non rileva ai fini della natura pubblicistica dell’ente. La seconda aggravante di cui al n.1 ricorre qualora il fatto sia commesso «con il pretesto di far esonerare taluno dal servizio militare». Art. 640 cpv n. 1 c.p. Il capoverso dell’art. 640 c.p. ai numeri 1), 2) e 2 bis) prevede e disciplina tre circostanze aggravanti c.d. oggettive che determinano un aumento della pena base che passa da uno a cinque anni di reclusione e multa da 309 euro a 1.549 euro. Si parla di circostanze aggravanti oggettive poiché si tratta di circostanze che riguardano o le modalità dell’azione o le qualità del soggetto passivo. La prima circostanza aggravante di cui al n. 1 ricorre «se il fatto è commesso a danno dello Stato o di un altro ente pubblico» (c.d. truffa in danno dello Stato) ed è un’aggravante ad effetto speciale in quanto la legge determina la misura della pena entro una nuova cornice edittale in modo indipendente da quella ordinaria del reato2. Tale aggravante è stata concepita dal Legislatore nell’ottica di apprestare una tutela rafforzata al patrimonio della p.a. e presuppone che lo Stato (o l’ente pubblico3) assuma le vesti del soggetto direttamente danneggiato dal fatto costituente reato a nulla rilevando, invece, il destinatario diretto della condotta d’inganno. Si deve precisare che nella nozione di ente pubblico rientra anche l’ente pubblico economico anche se non 12 Temi Romana Saggi In merito, è necessario specificare che deve trattarsi di un mero pretesto e che l’agente non deve aver fatto nulla per ottenere l’esonero, totale o temporaneo, altrimenti troverà applicazione la normativa speciale sugli illegittimi esoneri dal servizio militare o, in caso di accordo col pubblico ufficiale, si configurerà il delitto di corruzione. Tale aggravante sussiste anche nell’ipotesi in cui il soggetto passivo aveva diritto all’esonero essendo sufficiente che l’agente dissimuli il suo vero proposito facendo falsamente credere di potersi efficacemente adoperare per far conseguire alla vittima l’esonero sperato anche se questi ignori di avervi diritto per le sue condizioni fisiche o familiari o per altro motivo. L’aggravante non trova invece applicazione nel caso in cui il raggiro sia stato posto in essere dall’agente dopo l’esonero del soggetto passivo dal servizio militare. Ciò posto, si deve tuttavia osservare che, la circostanza de qua, da sempre caratterizzatasi per la sua scarsa applicazione, è divenuta addirittura anacronistica nel momento in cui è venuto meno l’obbligo della leva militare ai sensi dell’art. 7 D.Lgs. 8.5.2001 n. 215 e si potrebbe considerare attuale soltanto nel caso in cui si ritenga che l’esonero riguardi anche un servizio volontario e, quindi, il caso di fine anticipata della ferma volontaria. reato di estorsione. Quanto alla prima aggravante, si osserva che il criterio distintivo tra il reato di truffa commesso ingenerando nella persona offesa il timore di un pericolo immaginario e il reato di estorsione va individuato, così come pacificamente ammesso in giurisprudenza5, nel diverso atteggiamento psicologico dei soggetti passivi nel sottomettersi all’ingiusto danno. Ed infatti, mentre il reato di truffa sussiste se il male minacciato viene ventilato come possibile ed eventuale e comunque non proveniente direttamente o indirettamente da chi lo prospetta, con la conseguenza che la persona offesa si determina perché tratta in errore dall’esposizione di un pericolo inesistente, il delitto di estorsione si ha quando il colpevole incute da solo o con altri il timore di un pericolo che fa apparire certo e proveniente da lui stesso o da altra persona a lui legata da un qualunque rapporto, di tal ché la persona offesa viene posta di fronte all’alternativa di adempiere all’illecita richiesta o di subire il male minacciato. In merito invece alla distinzione tra la seconda aggravante di cui all’art. 640 c. 2 n. 2) c.p. e l’estorsione, si rileva che, a differenza dell’estorsione, nella circostanza aggravante in oggetto, l’ordine dell’Autorità non è prospettato come dipendente dalla volontà o dal fatto dell’agente, con la conseguenza che rimane in capo al soggetto passivo l’illusione di agire liberamente pur se la sua conoscenza è in realtà viziata dall’errore nel quale è stato indotto. Lo stesso criterio varrà a distinguere la truffa aggravata dalla concussione nel caso in cui l’agente sia un pubblico ufficiale o incaricato di un pubblico servizio. Art. 640 cpv n. 2 c.p. Il numero 2 del comma 2 dell’art. 640 c.p., a sua volta, prevede due distinte circostanze aggravanti. La prima ricorre nei casi in cui «il fatto è commesso ingenerando nella persona offesa il timore di un pericolo immaginario». Posto che per pericolo immaginario deve intendersi tutto ciò che è effetto dell’immaginazione ed esiste solo in essa senza alcun fondamento della realtà, si ritiene che la ratio dell’aggravante in oggetto risieda nella natura particolarmente insidiosa de facto di chi fa percepire all’offeso un timore di un pericolo che non sussiste specie perché il più delle volte costui versa in una situazione psicologica più debole rispetto all’agente. La seconda aggravante ricorre nei casi in cui «il fatto sia commesso ingenerando nella persona offesa l’erroneo convincimento di dover eseguire un ordine dell’Autorità». Tanto con riferimento alla prima che alla seconda si pone la necessità di operare una distinzione rispetto al Temi Romana Art. 640 n. 2 bis c.p. Infine, il numero 2 bis, introdotto con l’art. 3, 28° co., L. 15.7.2009, n. 94, ha previsto l’aggravante comune della c.d. minorata difesa, ossia l’avere profittato di circostanze di tempo, di luogo e di persona, anche in riferimento all’età, tali da ostacolare la pubblica o privata difesa (art. 61, n. 5 c.p.). Trattasi di un’aggravante speciale e ad effetto speciale del delitto di truffa che determina un inasprimento della risposta sanzionatoria anche dal punto di vista della applicabilità della disciplina dettata dall’art. 63, c. 3 e 4 in caso di concorso di circostanze. Ed infatti l’art. 63 c. 3 c.p. prevede che “Quando per 13 Saggi della politica economica comunitaria e nazionale, al fine non soltanto di adempiere agli impegni che gli derivavano dai trattati europei (articoli 5 e 280 del Trattato di Roma, così come modificato dal Trattato di Amsterdam), ma anche per rispondere alle pressioni dei partners comunitari, preoccupati del dilagare di tali tipi di frodi e del coinvolgimento crescente in questa pratica della criminalità organizzata. Tuttavia, tale fattispecie ha visto sollevarsi un acceso dibattito in merito alla sua natura fin dalla sua introduzione. Ci si chiedeva cioè se la stessa configurasse una circostanza aggravante della truffa o fosse al contrario una fattispecie autonoma di reato. Il dibattito ha visto l’intervento delle Sezioni Unite della Suprema Corte attesa la notevole rilevanza pratica della questione. Ed infatti, configurare in termini di reato autonomo o di circostanza aggravante la fattispecie dell’art. 640 bis c.p. rileva in ordine alla esperibilità o meno del giudizio di bilanciamento delle circostanze che, ai sensi dell’art. 69 c.p., può essere effettuato in caso di concorso tra circostanze aggravanti e circostanze attenuanti ed influisce così sulla determinazione della pena. La distinzione assume rilievo, seppure meno importante, anche agli effetti del concorso di persone nel reato, applicandosi gli artt. 116 e 117 ovvero l’art. 118 c.p., a seconda che si adotti l’una o l’altra opzione. Molteplici erano gli elementi che la dottrina richiamava a sostegno dell’una e dell’altra tesi7. In favore della configurabilità della fattispecie de qua quale circostanza aggravante militavano due elementi: la rubrica dell’articolo 640 bis c.p. (“truffa aggravata…”) e il richiamo esplicito operato dallo stesso articolo al fatto descritto dall’art. 640 c.p.. Secondo questa impostazione, pertanto, la truffa aggravata sarebbe costituita dagli stessi elementi della truffa (identità della struttura della condotta e dell’evento), fatta salva la specialità inerente all’oggetto della frode che consiste in «contributi, finanziamenti, mutui agevolati ovvero altre erogazione dello stesso tipo». A favore invece della configurabilità in termini di fattispecie autonoma di reato venivano addotti i seguenti elementi: - la collocazione della presunta circostanza fuori dal luogo “naturale” della aggravanti di truffa che è, come sopra illustrato, il capoverso dell’art. 640 c.p.; una circostanza la legge stabilisce una pena di specie diversa da quella ordinaria del reato o si tratta di circostanza ad effetto speciale, l’aumento o la diminuzione per le altre circostanze non opera sulla pena ordinaria del reato, ma sulla pena stabilita per la circostanza anzidetta. Sono circostanze ad effetto speciale quelle che importano un aumento o una diminuzione della pena superiore ad un terzo”. Ed il c. 4 “Se concorrono più circostanze aggravanti tra quelle indicate nel secondo capoverso di questo articolo, si applica soltanto la pena stabilita per la circostanza più grave; ma il giudice può aumentarla”. La ratio di tale scelta normativa è da cogliere nella volontà legislativa di rafforzare la tutela dei soggetti più deboli stante anche e soprattutto il gran numero di truffe perpetrate a danno di soggetti anziani. Art. 640 bis c.p. L’art. 640 bis c.p. rubricato “truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche” prevede che «la pena è della reclusione da uno a sei anni e si procede d’ufficio se il fatto di cui all’articolo 640 riguarda contributi, finanziamenti, mutui agevolati ovvero altre erogazioni dello stesso tipo, comunque denominate, concessi o erogati da parte dello Stato, di altri enti pubblici o delle Comunità europee». Tale norma è stata inserita dall’art. 22 della Legge 19 marzo 1990, n. 55 (“Nuove disposizioni per la prevenzione della delinquenza di tipo mafioso e di altre gravi forme di manifestazione di pericolosità sociale”) per rispondere alla diffusa preoccupazione, segnalata in ambienti giudiziari e accademici, circa l’insufficienza delle fattispecie incriminatrici comuni (mendacio bancario ex art. 95 l. n. 141/1938, falso in bilancio, ricorso abusivo al credito ex art. 218 l. fall. e la truffa di cui all’art. 640 c.p.) di far fronte all’ampliarsi del fenomeno della captazione fraudolenta di sovvenzioni pubbliche, nazionali e comunitarie6. E sempre nella stessa ottica, il Legislatore ha introdotto con la Legge 26 aprile 1990, n. 86 anche la malversazione ai danni dello Stato (art. 316 bis c.p.). In tal modo il nostro Legislatore del 1990 ha voluto offrire una tutela penale agli interessi finanziari dello Stato e della Comunità Europea incriminando sia la fraudolenta captazione sia la indebita utilizzazione delle sovvenzioni e dei contributi erogati, in attuazione 14 Temi Romana Saggi - l’autonomia assoluta dell’entità della sanzione rispetto a quelle previste anche per le ipotesi aggravate; - l’inutile (nel caso fosse, appunto, una circostanza aggravante) previsione esplicita della procedibilità d’ufficio, sulla base del contenuto dell’ultimo comma dell’art. 640 c.p.; - l’inconciliabilità con la lettera dell’art. 6 D.L. n. 152/1991 secondo cui, se il fatto è commesso da soggetto sottoposto a misura di prevenzione, la pena «per il reato di cui all’art. 640 bis c.p.» è aggravata (è discutibile che si possa configurare l’aggravante di un’aggravante). Anche la giurisprudenza non era univoca. Prima della pronuncia con cui le Sezioni Unite hanno risolto il dibattito infatti, nelle diverse Sezioni della Corte di Cassazione si era consolidato un indirizzo giurisprudenziale maggioritario (Cassazione Sezione II n. 11582/1998; n. 11077/2000; n. 2286/1999; n. 4240/1999) che riteneva la truffa relativa ad erogazioni pubbliche fattispecie autonoma di reato8, mentre minoritaria (Cass. Sez. II n. 4731/2000) risultava l’opzione giurisprudenziale che configurava la nuova fattispecie come circostanza aggravante9. Sicché, con sentenza del 10 luglio 2002, n. 26351 delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, il dibattito veniva definitivamente risolto con il riconoscimento della natura di circostanza aggravante della fattispecie prevista dall’art. 640 bis c.p.. Nella citata sentenza, le Sezione Unite hanno individuato, nel criterio strutturale della descrizione del precetto penale, il criterio da seguire per accertare la volontà legislativa in ordine alla qualificazione circostanziale o costitutiva della fattispecie di cui all’art. 640 bis c.p. «Nel caso dell’art. 640 bis la fattispecie è descritta attraverso il rinvio al fatto-reato previsto nell’art. 640, seppure con l’integrazione di un oggetto materiale specifico della condotta truffaldina e della disposizione patrimoniale (le erogazioni da parte dello Stato, delle Comunità europee o di altri enti pubblici).Una siffatta struttura della norma incriminatrice indica la volontà di configurare soltanto una circostanza aggravante del delitto di truffa. […] È proprio la struttura della fattispecie penale di cui all’art. 640 bis, definita da un lato attraverso il richiamo degli elementi essenziali del delitto di truffa di cui all’art. 640 (artifici o raggiri, induzione in errore con conseguente Temi Romana disposizione patrimoniale, ingiusto profitto per l’agente o per altri, danno del soggetto passivo) e dall’altro con l’introduzione di un elemento specifico (erogazioni pubbliche) che è estraneo alla struttura essenziale della truffa, a denotare la inequivoca volontà legislativa di configurare una circostanza aggravante e non un diverso titolo di reato. La descrizione della fattispecie, insomma, non immuta gli elementi essenziali del delitto di truffa, né quelli materiali né quelli psicologici, ma introduce soltanto un oggetto materiale specifico – tradizionalmente qualificato come accidentale e cioè circostanziale – laddove prevede che la condotta truffaldina dell’agente e la disposizione patrimoniale dell’ente pubblico riguardino contributi, finanziamenti, mutui agevolati ovvero altre erogazioni dello stesso tipo. Tra reato-base e reato circostanziato intercorre quindi un rapporto di specialità unilaterale, per specificazione o per aggiunta, nel senso che il secondo include tutti gli elementi essenziali del primo con la specificazione o l’aggiunta di elementi circostanziali». In definitiva, con la pronuncia in esame le Sezioni Unite hanno risolto il contrasto sorto nella giurisprudenza di legittimità (a favore del riconoscimento della natura circostanziale della fattispecie in oggetto) mettendo l’accento sul c.d. oggetto materiale specifico della fattispecie descritta dall’articolo 640 bis c.p.: «contributi, finanziamenti, mutui agevolati ovvero altre erogazioni dello stesso tipo»10, pur sempre tenendo fermi i requisiti strutturali di cui all’art. 640 c.p.. Si deve tuttavia osservare che la soluzione prospettata dalla Suprema Corte a favore della natura di circostanza aggravante della fattispecie, si discosta dalle intenzioni originarie del Legislatore dell’art. 640 bis c.p. che ha inserito la figura criminosa de qua nell’ambito di un contesto normativo (la Legge 19 marzo 1990, n. 55) diretto a contrastare la delinquenza mafiosa e altre gravi forme di pericolosità sociale allo scopo di colpire più efficacemente un fenomeno delittuoso spesso, anche se non esclusivamente, legato alla criminalità organizzata. Ed invero, considerare la fattispecie di cui all’articolo 640 bis c.p. come circostanza aggravante, con la conseguente applicazione del bilanciamento delle circostanze eterogenee (quindi, anche circostanze attenuanti generiche), rende di fatto vano l’intento originario del Legislatore di potenziare la risposta sanzionatoria nei casi di truffa aventi ad oggetto «contributi, finanzia- 15 Saggi menti, mutui agevolati ovvero altre erogazioni dello stesso tipo, comunque denominate, concessi o erogati da parte dello Stato, di altri enti pubblici o delle Comunità europee». dello Stato. Trattasi infatti di una fattispecie criminosa che, introdotta dalla Legge 26 aprile 1990, n. 86 a distanza di pochissimo tempo dalla previsione di cui all’art. 640 bis c.p., aveva lo specifico scopo di fornire copertura penale a tutte quelle condotte che, interessando la fase successiva alla indebita percezione del denaro pubblico, sarebbero rimaste fuori dal raggio di operatività del reato di truffa. Una questione peculiare è poi rappresentata dai rapporti tra la truffa aggravata e la fattispecie di cui all’art. 2 Legge 23 dicembre 1986, n. 898, che punisce l’indebito conseguimento di sovvenzioni da parte del Fondo Europeo per l’Agricoltura. Sul punto, carattere decisivo ha assunto l’art. 73, Legge 19 febbraio 1992, n. 142 che ha apportato un’importante modifica alla predetta fattispecie consistente nell’aggiunta dell’inciso «ove il fatto non configuri il più grave reato previsto dall’art. 640 bis c.p.». Grazie a tale modifica infatti, il reato di cui all’art. 2 L. 898/86 ha assunto carattere sussidiario rispetto al reato di truffa aggravata che si configurerà solamente in quelle ipotesi in cui al mendace comportamento o ad una qualsiasi alterazione della realtà da parte dell’agente nello svolgimento di attività finalizzate al conseguimento delle indennità si associa un quid pluris costituito da particolari accorgimenti o speciali astuzie capaci di elidere le comuni e normali possibilità di controllo degli organi amministrativi preposti, tali da integrare l’elemento oggettivo della truffa ovvero l’artifizio o il raggiro. A tal proposito, si deve infatti considerare che, tutelando il reato di frode comunitaria un grado inferiore del medesimo interesse tutelato dalla norma portante, quest’ultima assorbe in sé l’oggetto giuridico della norma sussidiaria. In tal senso numerose sono le conferme giurisprudenziali: Cass. Sez. II n. 7280 del 24.7.1997 secondo cui “l’indebito conseguimento di contributi comunitari mediante la mera esposizione di dati e notizie falsi è sanzionabile dall’art. 2 L. 898/86 allorché il soggetto si sia limitato semplicemente ad una esposizione menzognera di dati e notizie e non quando alle false dichiarazioni si accompagnino diversi ed ulteriori artifizi e raggiri che integrano invece la truffa aggravata” e ancora Cass. n. 4569/1998 e n. 11076/1999 “Ricorrre il reato di truffa aggravata quando le condotte relative Rapporto tra truffa aggravata e artt. 316 bis, 316 ter e art. 2 L. 898/86 Risolta in termini di circostanza aggravante la querelle sulla natura giuridica dell’art. 640 bis c.p., problemi si sono posti con riferimento alle molteplici interferenze tra il delitto di truffa aggravata (art. 640 cpv c.p. e 640 bis c.p.) e gli altri reati aventi struttura analoga come l’indebita percezione di erogazioni pubbliche (art. 316 ter c.p.), la malversazione a danno dello Stato (art. 316 bis c.p.) e l’indebito conseguimento di sovvenzioni da parte del Fondo europeo per l’agricoltura (art. 2 L. 898/96). Con riferimento al rapporto con il reato di cui all’art. 316 ter c.p. (“indebita percezione di erogazioni pubbliche”), si trattava di stabilire se gli artifici o raggiri tipicamente necessari per l’integrazione del reato di truffa ricomprendessero, o meno, le condotte di omissione o falsa dichiarazione descritte dall’art. 316 ter c.p. e, conseguentemente, di inquadrare il ruolo che tale ultima norma rivestiva all’interno dell’ordinamento penalistico in relazione alla più severa previsione di cui all’art. 640 bis. Si deve, altresì, considerare che il reato di indebita percezione di erogazioni pubbliche può configurarsi, a differenza di quello di cui all’art. 640 bis c.p., anche in difetto di un’induzione in errore da parte dell’agente, ossia in quelle ipotesi in cui l’erogazione non dipenda da una falsa rappresentazione dei suoi presupposti da parte dell’erogatore che si rappresenta unicamente l’esistenza della formale dichiarazione del richiedente. Secondo giurisprudenza consolidata ed oggi determinante (Sezioni Unite del 19 aprile 2007 n. 16568), detto rapporto deve intendersi in termini di sussidiarietà e non di specialità, con la conseguenza che il residuale e meno grave delitto disciplinato dall’art. 316 ter c.p. si configurerebbe solo quando difettino gli estremi della truffa. Di tal ché, alla luce di tale orientamento, l’ambito di operatività dell’indebita percezione di erogazioni pubbliche rimarrebbe circoscritta a situazione del tutto marginali. Sempre in termini di sussidiarietà è da considerare il rapporto tra la truffa aggravata e il reato di cui all’art. 316 bis c.p., ossia il reato di malversazione a danno 16 Temi Romana Saggi ne (o assorbimento) per il quale è sufficiente l’unità normativa del fatto (desumibile dall’omogeneità tra i fini dei due precetti) ai fini dell’assorbimento dell’ipotesi meno grave in quella più grave, escludeva che tra le due fattispecie criminose operi il principio di specialità. Un terzo orientamento, poi, sempre escludendo un rapporto di specialità tra i reati in questione, ammetteva il concorso tra loro in considerazione della eterogeneità delle fattispecie sia rispetto al bene giuridico tutelato che rispetto alle modalità di consumazione, non occorrendo per la frode fiscale l’induzione in errore della amministrazione finanziaria né l’ingiusto profitto, che sono invece elementi costitutivi della truffa. Questo terzo orientamento consentiva nella prassi di applicare il sequestro preventivo per equivalente tanto nei confronti delle persone sottoposte ad indagini in forza dell’art. 640 c.p. quanto nei confronti degli enti per gli illeciti amministrativi dipendenti da reato ai sensi degli artt. 24 e 53 del D.Lgs. n. 231/2001. L’esistenza, infatti, di un disallineamento normativo (venuto meno in forza della Legge Finanziaria 2008 che ha esteso ai reati tributari l’applicabilità della confisca per equivalente) precludeva l’attivazione di questa misura reale rispetto alle fattispecie rientranti nel D.Lgs. n. 74/2000 e, conseguentemente, alimentava l’orientamento volto a sostenere la compatibilità tra le violazioni di frode fiscale e truffa ai danni dello Stato. Ad oggi, comunque, si deve rilevare che le disposizioni in materia penale tributaria non costituiscono reato-presupposto per la responsabilità amministrativa degli enti. Risolutive sono state ancora una volta le Sezioni Unite della Cassazione che con la sentenza del 28 ottobre 2010 n. 1235 hanno così argomentato: «il raffronto fra le fattispecie astratte evidenzia che la frode fiscale è connotata da uno specifico artifizio, costituito da fatture o altri documenti per operazioni inesistenti. Una volta chiarito che la condotta di cui alla frode fiscale è una specie del genere “artifizio”, non si può far leva, per affermare la diversità dei fatti, sugli elementi danno e profitto, giacché questi dati fattuali di evento non possono trasformare una tale situazione di identità ontologica dell’azione in totale diversità del fatto. […] sia l’induzione in errore che il danno sono presenti nella condotta incriminata dal reato di frode fiscale, posto che alla presentazione di una dichiarazione non veridica si accompagna normalmente il versamento di un minor (o di nessun) tributo e genera, alla semplice esposizione di dati e notizie false sono congiunte a malizie ulteriori quali simulazione di compravendita, trasporti inesistenti con relative bolle di accompagnamento e fatture che attengono ad operazioni commerciali inesistenti dirette all’induzione in errore del soggetto passivo onde conseguire indebitamente aiuti comunitari”. Alla luce di quanto illustrato, pertanto, posto che in alcun modo può ammettersi la configurabilità di un concorso tra la truffa aggravata e i reati che, come visto, hanno, rispetto a quest’ultima, natura sussidiaria e residuale, si parlerà in questi casi di concorso apparente di norme in quanto il confluire di più norme incriminatrici nei confronti di un medesimo fatto non è reale con la conseguenza che, in luogo di configurarsi un concorso di reati, si ha unicità di reato essendo una sola la norma incriminatrice veramente applicabile all’ipotesi di specie. Rapporto tra truffa aggravata e frode fiscale Ha suscitato un vivo interesse in giurisprudenza anche il tema del concorso della truffa aggravata con la frode fiscale. Sul rapporto tra l’art. 640 bis c.p. e la frode fiscale, è intervenuta la Corte di Cassazione dapprima con la sentenza n. 34546/2009 successivamente confermata dalla sent. Sezione Unite n. 1235/2010 la quale ha sancito che “il delitto di frode fiscale può concorrere attesa l’evidente diversità del bene giuridico protetto con quello di truffa comunitaria purché allo specifico dolo di evasione si affianchi una distinta ed autonoma finalità extratributaria non perseguita dall’agente in via esclusiva”. Rilevante è stato il contrasto giurisprudenziale, risolto sempre con la pronuncia a Sezioni Unite della Suprema Corte di Cassazione (sentenza 28 ottobre 2010, n. 1235), sulla questione concernente la configurabilità o meno di un concorso tra i reati di frode fiscale (artt. 2 e 8 del D.Lgs. n. 74/2000) e di truffa aggravata ai danni dello Stato (art. 640, co. 2, n.1, c.p.). In merito, un primo orientamento riconosceva un rapporto di specialità tra la truffa aggravata e i reati di frode fiscale (artt. 2 e 8 D.Lgs. n. 74/2000) e concludeva nel senso che l’unica fattispecie che può formare oggetto di contestazione è quella prevista dalla disciplina tributaria. Un secondo orientamento giurisprudenziale, invece, facendo leva sull’operatività del principio di consunzio- Temi Romana 17 Saggi all’art. 640, co. 2, n. 1 c.p. e agli artt. 2 e 8 del D.Lgs. n. 74/2000. L’unico margine riconosciuto al concorso formale di reati è circoscritto all’ipotesi in cui accanto alla finalità tributaria si ponga, nella condotta dell’agente, una finalità extratributaria preordinata al conseguimento di contributi od altre sovvenzioni pubbliche: in questo caso l’alterità dei fini giustifica una sovrapposizione di imputazioni altrimenti inammissibile. Sul punto, di recente, la Corte di Cassazione, III Sez. Penale, con sentenza del 15 gennaio 2013 n. 10580, ha ulteriormente specificato che «il discrimen tra concorso apparente di norme e concorso di reati non è da ravvisarsi nella tipologia di artifizi e raggiri posti in essere dagli indagati, bensì nel tipo di profitto che, all’agente, la condotta criminosa apporta». Profitto che, ai fini della configurabilità di un concorso di reati, deve essere comprensivo dell’evasione fiscale ma contemporaneamente ulteriore rispetto a quest’ultima (profitto extratributario). in prima battuta e nella fase di liquidazione della dichiarazione, un’induzione in errore dell’Amministrazione finanziaria e un danno immediato quanto meno nel senso del ritardo nella percezione delle entrate tributarie […]. Il sistema sanzionatorio in materia fiscale ha una spiccata specialità che lo caratterizza come un sistema chiuso e autosufficiente, all’interno del quale si esauriscono tutti i profili degli interventi repressivi, dettando tutte le sanzioni penali necessarie a reprimere condotte lesive o potenzialmente lesive dell’interesse erariale alla corretta percezione delle entrate fiscali», dichiarando, infine, il seguente principio di diritto: «i reati in materia fiscale di cui al Decreto Legislativo 10 marzo 2000, n. 74, articoli 2 e 8, sono speciali rispetto al delitto di truffa aggravata a danno dello Stato di cui all’articolo 640 c.p., comma 2, n. 1». Le Sezioni Unite, quindi, hanno fatto ricorso al principio di specialità, a discapito di quello di consunzione, quale direttrice per dirimere la questione relativa al concorso apparente delle norme incriminatrici di cui _________________ 1 ISTAT, Rapporto annuale 2012 – La situazione del Paese, pag. 151. in I delitti contro il patrimonio, Torino, Utet Giuridica, 2011, Parte Vol. X, p. 593. 2 Cfr. F. MANTOVANI, Diritto Penale, Padova, CEDAM, 2011, p. 407. 7 ARIOLLI, La truffa per il conseguimento di erogazioni pubbliche è aggravante dell’art. 640 c.p., in Cass. Pen., 2002, p. 3378; BARTOLI, Truffa aggravata per conseguire erogazioni pubbliche: una fattispecie davvero circostanziale?, in Dir. Pen. Proc., 2003, p. 302 e ss., FABBRO, Truffa per il conseguimento di erogazioni pubbliche: davvero una circostanza aggravante?, in Cass. Penn., 2003, p. 2322; Terracina, La truffa per il conseguimento di erogazioni pubbliche ed il ruolo del bene giuridico nelle fattispecie di reato, in Indice Pen., 2003, p. 667 e ss. 3 Per ente pubblico deve intendersi, inoltre, l’ente pubblico economico, anche se non dotato dei poteri di imperio propri dell’attività della p.a., purché non si tratti di enti – originariamente pubblici ma successivamente – privatizzati, come Enel, Eni, Telecom, ecc.. Sono, invece, da considerarsi enti pubblici le Aziende speciali comunali costituite per la gestione di servizi pubblici economici ai sensi degli artt. 22 e 23 L. n. 142/1990. 4 Cass. Sez. VI 5 febbraio-25 febbraio 2009 n. 8392. 5 Cass. Sez. II 16 febbraio 1995 – 22 maggio 1995 n. 5845, Cass. Sez. VI 12 dicembre 1995 – 9 febbraio 1996 n. 4823, Cass. Sez. II 6 maggio 2008 – 28 maggio 2008 n. 21537. 6 Cfr. A. CADOPPI, S. CANESTRARI, A. MANNA, M. PAPA, Trattato di diritto penale, 8 Corte di Cassazione, II Sez. Penale, sentenza del 9 novembre 1998, n. 11582: «l’art. 640 bis c.p., al di là della non vincolante terminologia usata nella rubrica configura un’ipotesi autonoma di reato rispetto alla truffa contemplata dall’art. 640 c.p.»; Corte di Cassazione, II Sez. Penale, sentenza del 27 ottobre 2000, n. 11077: «l’art. 640 bis c.p. prevede una figura autonoma di reato e non una circostanza 18 aggravante del delitto di truffa di cui all’art. 640 c.p.»; Corte di Cassazione, I Sez. Penale, sentenza del 12 maggio 1999, n. 2286; Corte di Cassazione, I Sez. Penale, sentenza del 8 giugno 1999, n. 4240. 9 Corte di Cassazione, II Sez. Penale, sentenza del 17 aprile 2000, n. 4731: «l’articolo 640 bis c.p. prevede una circostanza aggravante del delitto di truffa di cui all’articolo 640 c.p. e non una figura autonoma di reato, con la conseguenza che, ove sia riconosciute sussistenti anche circostanze attenuanti è consentito al Giudice effettuare il giudizio di comparazione tra gli elementi accessori di segno diverso». 10 Cfr. S. CANESTRANI, A. GAMBERINI, G. INSOLERA, N. MAZZACUVA, F. SGUBBI, L. STORTONI, F. TAGLIARINI, Diritto Penale – Lineamenti di parte speciale, Bologna, Monduzzi Editore, 2003, p. 546. “Le S.U. della Cassazione con sentenza 10 luglio 2002 hanno attribuito rilevanza decisiva a criteri formali probanti, tra i quali, appunto, la formulazione della fattispecie mediante rinvio”. Temi Romana