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kawasaki zx-10r ninja 2016

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kawasaki zx-10r ninja 2016
Ricevi Moto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito
Numero 229
26 Gennaio 2016
63 Pagine
Nico Cereghini
Guidare senza limiti.
Com’era
Periodico elettronico di informazione motociclistica
Speciale Motor Bike
Expo 2016
Tutte le novità dai
padiglioni della
Fiera di Verona
Scarica l’APP del Magazine
Prova
Black Douglas
Sterling Autocycle
Salto nel passato
| PROVA SUPERSPORTIVA |
KAWASAKI
ZX-10R NINJA 2016
da Pag. 02 a Pag. 15
All’Interno
MotoGP: La versione di Zam La “fredda” presentazione del team Yamaha 2016 | Aspettando DopoGP Loris Reggiani
Dakar: Jacopo Cerutti Puntare su di me? Calma, ragazzi! | SX: Round 3, Anaheim-II Irresistibile Dungey
Kawasaki ZX-10R Ninja
PREGI
Guidabilità e finiture
DIFETTI
Leggibilità strumenti
Prezzo da 17.890€
PROVA SUPERSPORTIVA
KAWASAKI
ZX-10R NINJA 2016
Dopo quattro anni di onorata
carriera Kawasaki rinnova
totalmente la sua punta di
diamante tra le superbike, dotata
di una ciclistica raffinata e un motore
più prestante, il tutto tenuto a bada
da un’elettronica finalmente all’altezza.
Prezzi a partire da 17.890 euro
di Francesco Paolillo
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Periodico elettronico di informazione motociclistica
Com’è fatta
Media
L
a precedente versione della
ZX-10R risale al 2011; in questo
lustro la mille Kawasaki si è conquistata il rispetto degli appassionati in pista e fuori. Oltre ad
aver dominato il mondiale Superbike di quest’anno con Jonathan Rea e Tom
Sykes, il massimo campionato per le derivate di
serie la Ninja lo ha conquistato anche due anni
fa, mentre nel 2012 e 2014 si è piazzata al secondo posto. Sappiamo però bene che le moto
protagoniste delle competizioni nel massimo
campionato dedicato alle derivate di serie hanno ben poco di “derivato”, e quello che il colosso di Akashi è riuscito a fare in pista non era più
supportato da un prodotto al passo con i tempi
odierni, a dire il vero forse un po’ troppo frenetici.
Gli anni passano per tutti, e la concorrenza non è
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La nuova ZX-10R si mostra con una linea totalmente rinnovata, ancora più aggressiva se possibile. L’impressione è quella di una moto più
raccolta nelle dimensioni, maggiormente curata
nell’aerodinamica ma sempre con i tipici tratti che hanno reso famosa la Ninja più sportiva
dell’intera famiglia. Il cupolino ora è più largo,
questo ha permesso una superiore protezione
dall’aria per il pilota, mentre è più snella la coda
che ha un nuovo gruppo ottico a led più compatto. Plastiche e finiture in generale fanno un salto
di qualità rispetto al modello precedente, e l’immagine in generale ci guadagna. La strumentazione è completa ma va detto che tranne il contagiri, che almeno in pista è ben visibile, pecca
per leggibilità, con i caratteri e le spie di dimensioni ridotte a dispetto di un ingombro medio
nella norma. Anche le regolazione del controllo
di trazione, che si può fare anche in movimento
Prove
attraverso un pulsante multifunzione sul blocchetto sinistro, richiede un bel colpo d’occhio,
pur essendo abbastanza semplice.
Motore ed Elettronica
Il quattro cilindri in linea ha l’alimentazione a
doppio iniettore, tre mappe motore, il cambio a
sei marce estraibile e soprattutto una nuova gestione elettronica più evoluta grazie all’introduzione della piattaforma inerziale. Sono state riviste termodinamica, diagrammi di distribuzione e
alzata delle sedici valvole in titanio, con quelle di
scarico che crescono nel diametro da 24,5 a 25,5
mm. L’albero motore, sempre a fasatura regolare, ha perso peso e di conseguenza la sua inerzia
diminuisce del 20%, caratteristica che garantisce maggiore accelerazione (un espediente
già utilizzato sulla SBK). Non cambiano invece
le misure caratteristiche di 76x55 mm, con una
corsa piuttosto lunga anche, mentre passa da 5
stata certo a guardare presentando modelli inediti con dotazioni elettroniche che ne hanno innalzate ulteriormente le prestazioni, rendendole
più sfruttabili anche da chi pilota professionista
non è. Il modello 2016 della Kawasaki ZX-10R
Ninja ha fatto man bassa dell’esperienza maturata nel mondiale riservato alle derivate di serie.
Jonathan Rea e il suo compagno di squadra Tom
Sykes, confermati per il mondiale 2016 sulla
nuova e ancor più competitiva ZX-10R, hanno
contribuito allo sviluppo di questa nuova versione affiancando i progettisti e i responsabili del
team superbike nel loro lavoro. Tale impegno ha
portato la ZX-10R 2016 a essere molto più veloce
nell’uso in pista rispetto al modello che va a sostituire: si è parlato di un vantaggio di circa 2,7”
a favore della moto nuova rilevato (con i tester
ufficiali alla guida) durante un test comparativo.
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disponibile nel Kit Racing, il pilota avrà a disposizione due opzioni per la disattivazione, la prima prevede l’esclusione dell’ABS sul posteriore,
la seconda la disattivazione completa. Affidato
all’elettronica anche il funzionamento dell’ammortizzatore di sterzo Ohlins elettronico che
tiene conto della velocità della moto frenando
le eventuali oscillazioni dello sterzo in base alla
modalità di utilizzo. Il Kit Racing, studiato per le
gare, eleva la potenza di una decina di cavalli e
prevede i cambi di centralina e impianto di scarico (i collettori di serie sono già in titanio e stanno
bene dove sono!). Il kit comprende fra le altre
cose le boccole per la regolazione dell’inclinazione del cannotto di sterzo (+/-4mm), e dell’altezza del perno forcellone (+/-2 mm), molle forcella
alternative, la chiave elettronica per la modifica
dell’intervento dell’ABS, guarnizioni motore,
cuscinetti di biella e per albero motore di 4 differenti spessori. Il kit permette inoltre di sfruttare il
cambio elettronico anche in scalata, e di regolare
il freno motore in ogni singola marcia. Prezzo e
disponibilità del kit sono da confermare.
a 6 mm lo spessore delle pareti dei cilindri. Affinamento anche per il disegno e nel trattamento
dei pistoni forgiati che hanno mantello di altezza
ridotta (da 39,2 si è scesi a 37,7 mm), e fanno
segnare sulla bilancia un calo di peso pari a 5
grammi. L’alimentazione a doppio iniettore con
corpi farfallati di sezione ellittica è stata affinata
con le nuove valvole a comando elettronico ed è
incrementato del 25% il volume dell’air-box, con
un filtro aria che ha una resistenza al passaggio
aria inferiore del 40%. Alleggerimento per la
frizione antisaltellamento, c’è il quickshifter di
serie, che funziona anche in scalata montando il
kit racing. Il cambio estraibile è stato accorciato
nella rapportatura soprattutto dalla seconda alla
sesta marcia, che sulla 2011 apparivano decisamente “distese”. La potenza massima è sempre
di 200 cavalli (147 kW) a 13.000 giri (ma va detto
che questo motore è fra i primi a rientrare nella
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Prove
Telaio e sospensioni
Il telaio e diverse soluzioni ciclistiche sono strettamente derivati dalla moto schierata dal team
ufficiale Motocard, naturalmente adattando il
tutto anche ad un utilizzo meno estremo. Il telaio conserva il disegno a doppio trave superiore
ed è costruito con elementi ricavati da fusione
e stampaggio di lega d’alluminio, le nuove quote prevedono variazioni finalizzate alla ricerca di
una maggiore maneggevolezza dell’avantreno e
alla stabilità in accelerazione, a tale scopo è stato
infatti riposizionato il cannotto di sterzo, che può
anche essere regolato nella sua inclinazione con
delle boccole specifiche facenti parte del Kit Racing. La nuova forcella Showa da 43 mm è di tipo
pressurizzato, con serbatoio esterno per l’azoto,
è stata sviluppata appositamente per questa
moto utilizzando l’esperienza superbike. Il mono
posteriore è stato sviluppato sempre da Showa
ed è alloggiato in posizione orizzontale, il che lo
allontana dallo scarico e soprattutto dal calore
che questo genera, evitando che durante l’utilizzo più gravoso possa surriscaldarsi perdendo di
normativa Euro 4, il che penalizza le prestazioni)
e la coppia massima è di poco aumentata raggiungendo i 113 Nm (11,6 kgm) a 11.500 giri. Tre
le mappature motore disponibili, Full, che garantisce le massime prestazioni, Middle, con l’80%
della potenza disponibile e Low, che ne garantisce solo il 60%. Da rilevare anche le novità del
controllo di trazione S-KTRC (Sport Kawasaki
Traction Control) che passa da tre a cinque livelli d’intervento, e sfrutta la nuova unità inerziale
che gestisce anche il launch control, KLCM (Kawasaki Launch Control) regolabile su tre livelli),
l’anti impennata e il freno motore KEBC (Kawasaki Engine Brake Control) che ha due livelli d’intervento. Inoltre la piattaforma inerziale dialoga
anche con il rinnovato sistema ABS KIBS Bosch,
che non pago, scambia informazioni anche con
l’ECU del motore e con i sensori sulle ruote. Da
segnalare che attraverso una chiave accessoria
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efficacia. La rigidità del forcellone è stata ottimizzata intervenendo con dei rinforzi interni, inoltre
è stato allungato di 15,8 mm, portando il passo a
1.440 mm, contro i 1.425 mm precedenti.
E’ invece salito il peso: 206 kg in ordine di marcia, 5 kg più di prima, e con ovviamente l’ABS.
Colpa soprattutto dei dispositivi necessari a far
rientrare la moto nella normativa di omologazione Euro 4.
Freni
Anche Kawasaki si affida a Brembo per la ZX-10R
2016, e lo fa con una coppia di dischi da 330 mm
sui quali opera una pompa radiale e pinze monoblocco M50 a 4 pistoncini e tubi in treccia. Dietro
viene montato un disco da 220 mm con pinza a
pistoncino singolo.
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Come va
Temperatura vicino ai 40 gradi e un tasso d’umidità da bagno turco sono un problema per noi,
meno per la Ninja che ci aspetta schierata sulla
corsia dei box. Le moto nel corso della giornata cambieranno setting dei controlli e anche un
cambio gomme, dalle Bridgestone Battlax R10
alle Bridgestone B02 Medium. La prima presa di
contatto con la pista ci distrae in parte dal dare
un giudizio a freddo (si fa per dire ...) riguardo
la moto, ma dopo aver capito come “gira” l’autodromo di Sepang, ci accorgiamo di quanto sia
confidenziale e chiaro il rapporto con la superbike di Akashi. Stiamo girando con il controllo di
trazione su livello 2, freno motore “L” e mappa
motore Full power, e la ZX-10R ci conquista subito. L’erogazione é cattiva ma mai aggressiva,
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il motore passato sotto le forche caudine delle
restrittive normative Euro 4 sembra avere meno
schiena ai medi regimi di alcune concorrenti
(tutte Euro 3), ma è solo una sensazione, sconfessata peraltro dalle dichiarazioni del responsabile del progetto Yoshimoto Matsuda che dati
alla mano ci dimostra il contrario. In compenso
la nuova rapportatura del cambio più corta, che
rende più gestibile la nuova Ninja rispetto al modello precedente garantisce vigore a ogni singola apertura di gas, con il plus dell’albero motore
con meno inerzia che si fa sentire sia aprendo il
gas sia nei cambi di direzione. Lo si sente soprattutto sul veloce, dove la Ninja mette in mostra
un’agilità insospettata, richiedendo il minimo
sforzo per cambiare direzione. In questo frangente è stato importante anche il passaggio dalle
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gomme in mescola alle slick, che hanno reso ancora più svelto e preciso l’avantreno, garantendo
anche un appoggio di tutto rispetto e facendo
apprezzare ulteriormente il lavoro delle sospensioni che si meritano un giudizio più che positivo.
Le sospensioni elettroniche di Yamaha e Ducati
ci hanno conquistato grazie soprattutto alla possibilità di poter entrare in pista semplicemente
girando la chiave e impostando il set up più adatto, ma quando ci si trova a che fare con forcella
e mono di questo livello, viene da rivalutare la
formula tradizionale, sempre che si abbiano le
capacità di effettuare un set up personalmente.
Il secondo turno prevedeva l’esclusione dell’ABS
che, anche se non particolarmente invasivo ha
tolto parte della sensibilità sull’avantreno in fase
d’inserimento con i freni ancora pinzati, e quindi
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non averlo tra i piedi, o meglio per le mani è stato meglio. L’impianto Brembo fa egregiamente il
suo lavoro: potente, modulabile, e viste le temperature, anche instancabile. In staccata ci mette del suo anche la ZX-10R che rimane composta
e rigorosa, anche quando la sollecitiamo oltremisura, che poi significa “quando andiamo lunghi”.
L’antisaltellamento lavora egregiamente e permette di controllare millimetricamente il posteriore in ingresso curva. Se poi ci si trova anche ad
usare una moto dotata di down shift, la scalata
assistita, il cerchio si chiude. L’occasione per noi
è venuta guidando la ZX-10R Winter Edition, una
versione in tiratura limitata, già andata esaurita,
che oltre a riprendere la livrea delle moto utilizzate durante i test invernali (il fiocco di neve
sul cupolino ci ha strappato un sorriso viste le
temperature tropicali di Sepang!), monta alcuni
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Prove
accessori del Kit Racing ovvero scarico, centralina, quickshifter attivo in scalata. Così “agghindata” la ZX-10R ci ha conquistato. Il motore
finalmente libero di respirare e con la miscela di
aria/benzina più adatti, ha tirato fuori il suo vero
carattere. La reattività del comando del gas aumenta in maniera evidente, con il contagiri che
impazzisce letteralmente, e poi dallo scarico
esce un suono rauco di quelli che tanto ci piacciono! Alla prima staccata scopriamo anche che al
quattro cilindri piace sparare, e quindi gli scoppi
in rilascio ci accompagnano durante tutto il test,
con nostro sommo piacere! Il mix di downshift
e scoppi in rilascio è davvero entusiasmante.
La ZX-10R in tenuta pistaiola appare ancora più
leggera e rapida nei cambi di direzione, con l’avantreno ben piazzato e preciso, anche quando
si riprende in mano il gas dopo i tornanti da prima
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SCHEDA TECNICA
di Sepang. In questo frangente ci accorgiamo dei
miglioramenti apportati alla posizione di guida,
che sul precedente modello soffriva per un posizionamento forse un po’ avanzato delle pedane.
Il fatto di trovarsi con i semi manubri più vicini e
con le pedane più arretrate aiuta a contrastare
la spinta del quattro cilindri che in questa configurazione eroga oltre 210 cv. La Ninja ZX-10R
2016, alla fine dei giochi, si propone quindi come
una delle contendenti al podio del segmento delle superbike. Speriamo di poterla mettere al più
presto a confronto con le concorrenti dirette,
perché di certo se ne vedranno delle belle!
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ABBIGLIAMENTO
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Tuta Dainese Trickster Evo C2
Guanti OJ Evolution
Stivali Dainese Axial Pro In
Casco Arai RX-7 GP Corsair Crutchlow
Prove
Kawasaki Ninja 1000 ZX-10R 17.890 euro
Cilindrata 998 cc
Tempi 4
Cilindri 4
Raffreddamento a liquido
Avviamento elettrico
Alimentazione iniezione
Frizione multidisco
Potenza 200 cv - 147 kw - 13.000 rpm
Coppia 80 nm - 3.200 rpm
Emissioni Euro 4
Capacità serbatoio carburante 17 lt
Numero marce 6
ABS Sì
Pneumatico anteriore 120/70ZR17M/C (58W)
Pneumatico posteriore 190/55ZR17M/C (75W)
Peso in ordine di marcia 206 Kg
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Black Douglas Sterling Autocycle
Prezzi da 9.950 €
PROVA SU STRADA
BLACK DOUGLAS
STERLING
AUTOCYCLE
Amate le moto vecchie che di più non si può e ci
volete andare a spasso? Eccovi accontentati dalle
due Sterling anni Venti realizzate a Milano. 125 o
230 cc, hanno il telaio rigido e consumano
pochissimo. Ma costano care (da 9.950 euro)
e non gradiscono lo sconnesso
di Andrea Perfetti
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Prove
Media
N
on fatevi trarre in inganno
dal nome inglese (o meglio:
scozzese). Le Black Douglas
Sterling Autocycle Countryman deLuxe sono italianissime; sono infatti progettate
e costruite a Vignate, in provincia di Milano, da
Fabio Cardoni e dall’ingegnere Giuseppe Guerra.
La Sterling Autocycle è proposta in due cilindrate, 125 (la blu nelle nostre foto) e 230 (nella colorazione nera), al prezzo di 9.950 euro la prima e
11.500 la seconda. Sono cifre elevate, ma vanno
considerate alla luce della esclusività delle moto
oggetto del nostro test e dei costi di sviluppo che
sono alle spalle di questo progetto. La Sterling
Autocycle è infatti il frutto di un lavoro interamente italiano. In Lombardia è stato studiato e
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poi realizzato il telaio in acciaio ad alta resistenza. La parte posteriore è rigida, le molle della sella pensano a smorzare i colpi.
Davanti lavora invece una spettacolare forcella girder, fedele copia delle unità impiegate nel
Ventennio. Ha 75 mm di escursione e funziona davvero bene. I dettagli sono curatissimi. Si
apprezza immediatamente il grosso serbatoio
in alluminio, che ospita nella zona posteriore la
batteria.
Sotto il grosso faro anteriore si trova il clacson in
ottone e i comandi sul manubrio sono realizzati
ad hoc in Italia per rispettare lo stile minimalista
di quelli in voga quasi un secolo fa. I cerchi a raggi
sono in acciaio e i freni a tamburo (a camma singola). Gli pneumatici hanno misura 3.00 per 21”
e sono forniti dalla Avon.
Cuore straniero, assemblato
in Italia
Per non far salire alle stelle il prezzo di acquisto,
Fabio e Giuseppe hanno optato per un affidabile
e semplice motore monocilindrico a 4 tempi realizzato a Taiwan. È proposto in due cilindrate,
ha un albero a camme in testa con distribuzione
ad aste e bilancieri, raffreddamento ad aria e alimentazione per mezzo del classico carburatore
(da 26 e 30 mm). C’è la piccola 125, che si guida
con la patente B. Ha 12,75 cavalli a 7.500 giri e
spinge la moto a 95 km/h con un consumo medio di 36 km/l. La Sterling 230 eroga 14,3 cavalli
a 6.700 giri e supera i 110 km/h, con un consumo
medio di 32 km/l (dati dichiarati). Entrambe le
moto impiegano una trasmissione a 5 rapporti
con frizione multidisco in bagno d’olio. I motori
sono assemblati in Italia, dove vengono anche
dotati dello scarico con catalizzatore.
La nostra prova
La Black Douglas Sterling Autocycle è differente
da qualsiasi altra moto avessimo provato sino a
oggi. Sulle prima la moto italo-inglese ci mette
parecchia soggezione. Saremo capaci di guidare
un mezzo che nello spirito, ma anche nella fattezza, si rifà alle due ruote di 100 anni fa? Passino i freni a tamburo, ma il manubrio larghissimo,
la geometria del telaio, la sospensione anteriore
e la sella molleggiata sono tutti elementi che
metterebbero in imbarazzo anche nostro nonno.
La Black Douglas Sterling si rivela invece di una
facilità esagerata. Non pesa un piffero, andiamo dai 100 chili della 125 ai 110 della 230, e ha
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comandi molto morbidi. Tra le gambe si stringe
poco, perché il serbatoio è molto stretto. Il manubrio regala una bella presa, ma le manopole
sono troppo chiuse, qualche grado di apertura in
più sarebbe di sollievo per i polsi che sono invece costretti a una angolatura faticosa. Entrambi i
motori sono molto regolari ed elastici. La 230 risulta decisamente la più azzeccata, perché limita molto l’uso del cambio e ha prestazioni intonate al tipo di moto. La Sterling non è ovviamente
una brucia semafori, tutt’altro. Ma ha un incedere regale, adatto sulle strade di campagna dove
si è svolta la nostra prova. Il suono dello scarico
è perfetto per il tipo di moto e fa sentire distintamente i singoli scoppi del motore. Il cambio e
la frizione hanno un comportamento moderno e
nel complesso fanno apprezzare questo motore
proveniente dal lontano oriente. La Black Douglas della nostra prova evidenzia l’ottimo lavoro
fatto dall’ingegner Guerra a livello telaistico. La
Sterling è infatti stabile alle velocità di crociera
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Prove
che le sono intonate (tra i 60 e gli 80 km/h) e ha
una forcella che assorbe correttamente le asperità. Lo sconnesso va affrontato con prudenza e
perizia, perché la sospensione posteriore rigida
regala scossoni importanti al fondoschiena, che
le molle della sella da sole non possono smorzare
più di tanto. Il freno a tamburo dietro è potente
e modulabile, a differenza di quello davanti che
si dimostra piuttosto debole. Le gomme Avon
danno il giusto grip alla Sterling. Ora sapete
com’è fatta e come va la nuova-vecchia Sterling
di Black Douglas. Ma alla fine chi la comprerà?
Farà la gioia dei nostalgici di un’epoca pioneristica del motociclismo, ma potrebbe scaldare il
cuore anche di chi cerca una moto decisamente
fuori dal coro.
La Sterling calamita gli sguardi come nessun’altra moto, ma non pensiate che sia solo un mezzo
da esporre in salotto. Il suo ideatore Fabio s’è
fatto Milano-Birmingham in due giorni sotto il diluvio senza il minimo problema.
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SPECIALE
MOTOR BIKE
EXPO 2016
Tutto quello che c’era da vedere al Motor Bike Expo,
in giro per i padiglioni di Verona Fiere
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MBE
DUCATI PRESENTA
IL CONCEPT DRAXTER
Ducati presenta a Verona un concept che interpreta, da un punto
di vista sportivo, il mondo XDiavel. Ve lo raccontiamo assieme a
Giulio Malagoli, direttore Marketing prodotto Ducati
D
ucati presenta al Motor Bike Expo di
Verona l’inedito draXter. Un “concept” che interpreta, da un punto di
vista sportivo, il mondo XDiavel. Il
progetto è stato realizzato dall’area Advanced
Design del Centro Stile Ducati, sezione appositamente dedicata a esplorare i futuri concetti di
stile e design delle moto di Borgo Panigale. L’anima della draXter è quella di un dragster estremo
con componentistica racing di altissimo livello.
Lo testimoniano, ad esempio, le sospensioni e
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i freni, mutuati direttamente dalla Panigale Superbike. In questo esercizio stilistico le linee e le
proporzioni della XDiavel diventano ancora più
estreme. Il numero 90 che appare sul fianco della Ducati draXter richiama il mondo delle corse
e, allo stesso tempo, rende omaggio al 90° anniversario Ducati che si celebra quest’anno. La
draXter, così come tutto l’universo Cruiser della
nuova XDiavel, sono presenti al Motor Bike Expo
nello stand Ducati (Padiglione 4 Stand 23 C) fino
a domenica 24 gennaio.
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Milano, già autori della Scratch. Realizzati appositamente la sella monoposto in pelle, le piastre
di sterzo e la tabella porta numero. Il nero è impreziosito da un pinstriping dedicato sul serbatoio. L’accoppiata di ruote da 17’’, sia sull’anteriore sia sul posteriore, enfatizzano il carattere
custom della moto, e ne giustificano il nome
Revolution, nato per sottolineare la trasformazione totale che ha subito la moto. Dario Lopez
Studio firma infine Scrambler Artika, reinterpretazione in chiave moderna del progetto Ducati Pantah Ice di fine anni ’70 che prese parte al
trofeo monomarca Ice Trophy, allora dedicato
esclusivamente alle Ducati Pantah. Scrambler
Artika conserva gli accostamenti cromatici della versione storica esposta al Museo Ducati:
giallo fluo con grafica vintage in nuance di blu.
MBE
La meccanica, su base Icon, viene esaltata attraverso un trattamento old style. Completano il
quadro pneumatici Pirelli tassellati e chiodati da
ghiaccio. Siete interessati a realizzare una special su base Scrambler o semplicemente curiosi? Allora segnatevi la data di sabato 23 gennaio,
dove lo stand Ducati sarà teatro di una dimostrazione dal vivo di personalizzazione grazie ad un
customizer all’opera su alcuni serbatoi Scrambler.
Ma non è tutto, perché anche allo stand di Moto.
it (nel padiglione 5) potrete ammirare dal vivo la
bella special Scrambler realizzata dalla concessionaria Ducati Verona, e argutamente battezzata “El Rust Ego” ( dove “ el rustego”, in dialetto
veneto, significa “il rustico” N.d.r.), da noi già recentemente presentata.
DUCATI SCRAMBLER
TRE SPECIAL A MOTOR BIKE EXPO 2016
Due 400 e una 800 realizzate da altrettanti preparatori
italiani svelate al Salone di Verona
N
on poteva mancare un’area dedicata a Scrambler, al Motor Bike Expo
2016: Ducati si è presentata alla
kermesse veronese con una “Land
of Joy” che oltre alle versioni di serie ha svelato
per la prima volta tre interpretazioni della bicilindrica fun di Borgo Panigale. Si parte ovviamente dal padrone di casa, Mr. Martini, che dopo lo
Scrambler Ducati Cafe Racer dello scorso anno
per il 2016 ha realizzato una seconda special su
base Scrambler, stavolta però lavorando sulla
nuovissima 400:i tratta della Peace Sixty2 (in
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apertura), special corsaiola che vede la nuova
entry level bolognese in veste molto più sportiva,
grazie ad una carenatura retrò che ospita – trovata geniale – un plexiglas stile endurance che
valorizza il faro originale. Completano il quadro
semimanubri, codone monoposto, scarico Termignoni e sella artigianale in pelle. Il nome? Vuol
ricordare i recenti, drammatici fatti di Parigi,
città molto cara al preparatore veneto. Revolution è un altro Scrambler Sixty2 declinato in stile
bobber, con diversi elementi artigianali lavorati
a mano dagli specialisti di Officine Mermaid di
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MBE
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KAWASAKI A VERONA
CON SPECIAL DA VERTIGINE
Kawasaki ha portato a Verona tutte le novità 2016,
ma soprattutto due special davvero interessanti
N
el Padiglione 5 la Casa di Akashi ha
esposto le più interessanti novità
2016, come la nuovissima Ninja ZX10R e l’inedito scooter J125, fratello
minore - ma solo come cilindrata - dell’identico
J300. Saranno esposti inoltre i modelli Kawasaki
con grafiche rinnovate e nuove colorazioni 2016.
Le vere regine dello stand sono state però due
special su base Kawasaki: la Vulcan “70” di Mr
Martini (Vulcan S), con forti richiami allo stile
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vintage anni ’70, e la sovralimentata H2LD di Angel Lussiana (su base Ninja H2) linee avveniristiche ed un design unico nel suo genere. Il Truck
Kawasaki della Scuderia Platini si è trasformato per l’occasione in un vero e proprio negozio,
dove è possibile acquistare tutto l’abbigliamento
ed il merchandising ufficiale di Kawasaki a prezzi
esclusivi. I concessionari di zona attendono tutti
i visitatori per preventivi gratuiti e tante promozioni speciali da cogliere al volo.
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MBE
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TRIUMPH E PIRELLI INSIEME
CON UNA STREET TWIN SPECIAL
La Casa di Hinckley dedica alla fiera di Verona la nuova gamma
Bonneville. Star dello stand un’inedita custom realizzata assieme a
Pirelli per celebrare il nuovo Phantom
S
e Motor Bike Expo, la Fiera di Verona,
è tradizionalmente dedicata a custom, café racer e special, per Triumph quest’anno si tratta di un invito a
nozze dato il lancio della nuovissima gamma
Classics, con la famiglia Bonneville nelle sue tre
declinazioni – la Street Twin, che abbiamo provato da poco a Valencia, la Thruxton e la T120
– che reciterà un ruolo da protagonista nella kermesse veneta.
Ma la vera protagonista dello stand Triumph è
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la special allestita su base Street Twin realizzata il collaborazione con Pirelli per celebrare la
collaborazione tra i due marchi e omaggiare due
marchi come Phantom e Bonneville. La Triumph
Street Twin by Pirelli presenta la livrea utilizzata
dal modello Bonneville nel 1977, anno di nascita
delle Pirelli Phantom Sportscomp, con alcuni
elementi di personalizzazione grafica come il mitico logo Pirelli “Scudetto e Stella” sul parafango
anteriore e il disegno del battistrada del Phantom Sportscomp sul serbatoio.
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MBE
I TRE GIORNI
DEL MOTOR BIKE EXPO 2016
di Maurizio Vettor | Il nostro video riassuntivo delle
tre giornate passate fra i padiglioni della Fiera di Verona
S
ono stati tre giorni molto intensi e
belli, fatti di moto, esibizioni, special,
custom e soprattutto il protagonista
principale: voi, il pubblico. Vi riportiamo per un ultimo giro nei padiglioni della Fiera di
Verona per chiudere l’edizione 2016. Manca solo
un anno alla prossima...
MOTOR BIKE EXPO
LE 10 SPECIAL PIÙ BELLE
di Maurizio Vettor | Una passeggiata fra gli stand del Motor Bike Expo
2016, alla ricerca delle 10 special meglio realizzate della fiera
N
ei tre giorni di Motor Bike Expo abbiamo visto le special più belle, disparate e meglio realizzate del panorama italiano. In attesa di raccontarvi
le protagoniste del concorso ufficiale della Fiera
di Verona, vi prendiamo per mano e vi portiamo
fra gli stand del Motor Bike Expo per farvi vedere
e raccontarvi in video quelle che a nostro giudizio
sono le realizzazioni più riuscite della manifestazione.
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piloti più aggressivi che abbia mai visto su una pista di motocross) è sempre interessante discutere con lui delle varie strategie a medio e lungo
termine del marchio.
Molte cose finiscono purtroppo per essere dette off the record e quindi non riportabili, ma Pit
si è sbilanciato a sufficienza da permettermi di
raccontarvi qualcosa di interessante. Abbiamo
discusso nel primo pomeriggio di Anaheim 1,
quando ancora Anderson non aveva vinto il Main
Event della 450.
Ciao Pit, è sempre un piacere vederti
«Si, specialmente adesso che finalmente abbiamo la moto col numero 1 sulla tabella!»
Beh, ormai dovresti esserci abituato, no?
«Beh, abbiamo vinto si, ma mai dove conta davvero, almeno per l’ambiente».
PIT BEIRER (KTM)
FINALMENTE SIAMO I NUMERI 1
di Pietro Ambrosioni | Il Supercross è l’occasione per scambiare due
parole con il responsabile offroad KTM, che parla della situazione e di
prospettive future del marchio di Mattighofen. Dal nostro inviato negli
USA
T
ra le tante persone che ho incontrato
in queste due prime settimane di Supercross in California c’era anche Pit
Beirer, il responsabile mondiale del
reparto Off Road di KTM. A parte che è sempre
un piacere fare due chiacchiere con Pit (uno dei
36
Cosa intendi dire?
«Qui negli USA in un modo o nell’altro non siamo mai stati presi davvero in considerazione
finché non abbiamo iniziato a dominare la 450.
Nonostante il titolo di Langston nel National e i
più recenti di Roczen e Musquin nel Supercross
250 è solo da quando abbiamo iniziato a vincere
in 450 che sono cambiate le cose. Anche Dungey
ha aspettato di vedere fino a che punto davvero
volessimo investire in 450 prima di farsi convincere a provare la moto, nonostante il legame che
ha da sempre con De Coster».
In effetti è proprio su richiesta del pilota americano che KTM è ritornata al 450 per il Supercross,
nonostante Andrew Short per oltre un anno abbia sviluppato il 350.
Non avrei mai pensato che KTM potesse avere dei problemi del genere, specialmente con
il pedigree che può vantare nell’off road ed in
Europa.
«Anche in Europa non credere che sia stato molto più facile. I top rider a suo tempo, a partire da
On the road
Everts, non hanno mai nemmeno preso KTM in
considerazione quando è stato il momento di valutare varie offerte».
Incredibile. Eppure avete vinto un sacco di titoli in 125, e poi l’iride in 250 con Ben Townley
sulla 4 tempi prototipo, i titoli di Smets nella
Open… Persino il rientro di Tortelli al mondiale
nel 2006…
«Tutto vero, ma anche in quel caso non riuscivamo a sfondare in 450, che è comunque la classe
regina, la MXGP. Con Tortelli abbiamo fatto una
scommessa ma in fondo credo che la moto e la
squadra non fossero davvero pronti al 100% per
affrontare un binomio rodato come Everts e la
Yamaha. Le prime soddisfazioni sono arrivate
quando Nagl ha iniziato a fare holeshot e vincere
manche sulla nuova 450… prima di allora neanche Tony Cairoli, che è una delle nostre bandiere,
credo ci abbia mai presi davvero in considerazione…».
Parliamo adesso di Husqvarna. Ho discusso le
possibili strategie di KTM riguardo al marchio
svedese con molti colleghi qui negli Stati Uniti
e in molti sono ancora piuttosto confusi sulla
strada che verrà presa. Visto che KTM si sta
sempre più muovendo verso le stradali, trend
confermato dal recente annuncio dell’impegno in MotoGP, avete intenzione di far diventare Husqvarna il marchio di riferimento per il
gruppo nell’off road?
«No, assolutamente. I due marchi nelle strategie
a medio e lungo termine, rimangono e rimarranno separati. KTM continuerà a svilupparsi
attorno al concetto “Ready to Race” e in questo
senso spazieremo dal motocross alla MotoGP.
Husqvarna ci permetterà invece di esplorare altre possibilità, sulla linea di quanto visto al Salone di Milano nel 2014 e 2015, con le varie concept
che abbiamo presentato. Per esempio, sono certo che non vedremo mai una custom o una café
racer con il marchio KTM, ma per quanto riguarda Husqvarna non si sa mai».
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NICO CEREGHINI
GUIDARE SENZA
LIMITI. COM’ERA
Sono già quasi trent’anni che
esiste il limite dei 130 in
autostrada. Opportuno, oltretutto
era una noia anche ai 200. Invece
sulle strade statali… altro che TT!
Media
C
iao a tutti! Salto sulla sedia
mentre mi capita di leggere
che il limite dei
130 all’ora in
autostrada risale al settembre
del 1989! Mi sembrava ieri: le
discussioni interminabili dopo
che il ministro Ferri aveva imposto la novità dei 110 nell’agosto 1988, la proposta dei
120 della media europea, la
scelta finale della Camera per
i 130 come voleva il ministro
dei Lavoro Pubblici Prandini.
Ma quel politico non lo ricordo.
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Ventotto settembre 1989,
vedo che la legge era passata
con 242 voti favorevoli e 165
contrari, i verdi Arcobaleno volevano i 130 nei giorni feriali e i
110 nei fine settimana, i comunisti i 120 all’ora tutti i giorni,
tante parole anche allora per
il solo piacere di discutere. Il
tempo passa molto in fretta,
faccio due conti e dico “cavoli, ma allora se uno ha meno
di quarantacinque anni non
ha mai guidato in autostrada
senza i limiti di velocità! Chissà che fantasie si sarà fatto
pensando a tutta quella libertà
scippata…”. E allora ve lo dico
subito: per conto mio non avete perso niente, per divertirsi
un po’ in autostrada bisognerebbe andare a 250 all’ora e
questo non è mai stato possibile per tanti motivi, tecnici e
no. Di quel periodo di velocità
autostradale libera ho tanti ricordi, nessuno entusiasmante
e numerosi brutti. Una volta
eravamo sulla Milano-Torino, il
Tanca il Gissi ed io, tutti e tre
in fila per rilevare la velocità
massima di tre mille sportive,
e dietro un dosso troviamo una
ruota sulla corsia di sorpasso.
Non un copertone, proprio la
ruota completa di un camion,
perduta chissà come. Io scarto, il Tanketto la vede dopo e
scarta all’ultimo, il Gissi passa
per miracolo. Per il resto solo
noia, sonno e noia, l’autostrada è sempre stata una condanna, più alta era la velocità
e maggiore il rischio (tanti
rischi) senza alcuna compensazione. E poi va detto che
con i limiti e con i tutor oggi
si viaggia tutti in relax e in sicurezza. Obiettivo raggiunto.
Rimpiango invece, se devo essere sincero, qualche sporadica sparatina sulle statali dove
oggi siamo limitati ai 90. Su
tante strade i novanta all’ora
sono anche troppi (e infatti ti
piazzano spesso il cartello dei
60) ma altrove sono davvero
pochi. Non è che vorrei andare a 180, mi basterebbero 130
all’ora per divertirmi quelle
due volte all’anno senza creare
problemi a nessuno, ma è chiaro che il legislatore deve tirare
delle medie e stabilire delle regole generali. E noi dobbiamo
rispettarle. Ecco, devo dirlo,
qui i giovani motociclisti hanno perso davvero qualcosa.
Guardo sul web i video del TT,
le on-board dei piloti più rapidi e leggo tanto entusiasmo
nei commenti. E’ roba forte,
vero, ma il tracciato dell’isola
a me sembra troppo veloce,
inutilmente veloce e pericoloso. Sono molto più tecniche e
adatte ai motociclisti le nostre
strade appenniniche e alpine,
e ho sempre capito –anche se
Editoriale
non le ho mai fatte- le gare in
salita di una volta. Andare forte sulle nostre strade è stata
veramente una cosa speciale
della mia gioventù, sarei un bugiardo se lo negassi. Si sappia
che in nome della convivenza
e della ragione noi motociclisti
–quasi tutti, perché quelli che
barano sono pochi- facciamo
un grosso sacrificio che va sottolineato.
ANDARE FORTE SULLE NOSTRE
STRADE È STATA VERAMENTE
UNA COSA SPECIALE DELLA
MIA GIOVENTÙ, SAREI UN
BUGIARDO SE LO NEGASSI
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MotoGP
LA VERSIONE DI ZAM
LA “FREDDA” PRESENTAZIONE
DEL TEAM YAMAHA 2016
Giovanni Zamagni commenta l’evento di presentazione del
team MotoGP Yamaha, sottotono nonostante il trionfo 2015
Y
amaha nel 2015 ha vinto tutto, ma la
presentazione di Barcellona è stata
di bassissimo profilo, fredda, quasi
glaciale. La parola chiave è stata “rispetto”. Rispetto tra piloti e rispetto tra sportivi.
«La mia sensazione - spiega Zam - è che Valentino sia ancora deluso e molto professionale nelle dichiarazioni. Lorenzo vorrebbe dimenticare
quello successo nel 2015 nonostante rivendichi
con orgoglio il suo titolo. Credo che Valentino
Rossi non parlerà più di quello che è successo
nel 2015».
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MotoGP
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ASPETTANDO DOPOGP
LORIS REGGIANI: “LA MALIZIA
NELLA MOTOGP”
di Giovanni Zamagni | Difficile iniziare il 2016 senza ripensare al finale
della scorsa stagione, ma con Loris Reggiani cerchiamo di capire anche
quale sarà il futuro della MotoGP
D
ifficile iniziare il 2016 senza ripensare al finale della scorsa stagione, ma,
con Reggiani, cerchiamo di capire
anche quale sarà il futuro della MotoGP. Iniziamo dall’analisi condotta da Loris sulle ultime tre gare (leggi il documento) con tempi
alla mano e riscontri che secondo l’ex pilota non
42
lasciano spazio ai dubbi. Ma come questa “figuraccia” della MotoGP si ripercuoterà sul Motomondiale? Quali inevitabili strascichi e dubbi resteranno? Impossibilile sarà - secondo Reggiani
- guardare di nuovo le gare senza analizzare con
malizia ogni evento anche minimamente fuori
dall’ordinario. Cosa fare allora?
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Superbike
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TEAM ALTHEA BMW RACING
SI RIPARTE DA MONACO
di Carlo Baldi | Svelata la livrea 2016 per le S1000RR schierate dal team
di Genesio Bevilacqua nella presentazione di una squadra a tre punte.
Rinnovamento e continuità fra piloti e moto
C
ome è ormai piacevole consuetudine, la fantastica sede della collezione “Moto dei Miti” di Genesio
Bevilacqua a Civita Castellana ha
ospitato la presentazione dell’Althea BMW Racing Team 2016. La squadra è la stessa che ha
vinto il mondiale Superbike con la Ducati e con
Carlos Checa nel 2011, ma è stata potenziata
44
dall’ingresso degli ingegneri BMW e soprattutto
da Direttore tecnico Jan Witteveen, un nome che
non ha bisogno di presentazioni. Dopo anni di
militanza con Ducati ed una parentesi di un anno
con Aprilia, il team di Bevilacqua porterà in pista
le S 1000 RR ufficiali BMW. Nuove le moto e nuovi i piloti che saranno lo spagnolo Jordi Torres
ed il tedesco Markus Reiterberger. Un bel mix di
gioventù ed esperienza, per due piloti accomunati da una grande voglia di vincere. Il giovane
pilota tedesco viene dalla vittoria del campionato Superbike tedesco IDM, mentre lo spagnolo è
stato la vera sorpresa della stagione Superbike
2015, anche grazie alla vittoria di Losail in gara,
nell’ultimo round del mondiale. Subito dopo aver
reso pubblico l’accordo con la casa di Monaco di Baviera, il team si è messo al lavoro ed ha
effettuato alcune sessioni di test prima a Jerez
de la Frontera in Spagna e successivamente sulla pista di casa di Vallelunga. In entrambi i casi
Reiterberger ha confermato la sua profonda conoscenza della quattro cilindri bavarese, mentre
Torres iniziava a prenderci confidenza. Dopo i
discorsi di rito è stata svelata la nuova livrea a
base bianco nera delle S1000RR della squadra
italiana, che rivedremo presto in pista, in quanto
i prossimi test si svolgeranno il 23 e 24 gennaio
ancora sulla pista di Vallelunga. L’appuntamento successivo è invece fissato in Australia sulla
pista di Phillip Island, per i test ufficiali che apriranno la stagione del mondiale Superbike 2016. Il
team Althea BMW proseguirà il proprio impegno
anche nella Superstock 1000 FIM Cup (vinta con
Davide Giugliano nel 2011) e punterà ancora su
Raffaele De Rosa, che lo scorso anno ha ottenuto 6 podi nelle 8 gare del campionato. Genesio
Bevilacqua (General Manager Althea BMW Racing Team): «Sono felicissimo di poter abbinare il marchio Althea a quello di BMW Motorrad
Motorsport, che insieme creano un nuovo riferimento per la Casa bavarese per le prossime.
Quello che ci aspetta è un impegno molto importante e siamo consci che la concorrenza con la
quale dovremo misurarci in pista sarà agguerrita
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e preparata. Il prezioso supporto di BMW, unitamente alla nostra esperienza, che ci ha visto protagonisti in questi anni nel campionato delle derivate di serie, ci permetterà senz’altro di essere
competitivi già dalla prima gara. Ci aspettiamo
naturalmente un periodo che ci servirà per prendere le misure ed i giusti riferimenti, ma i piloti, i
tecnici e gli ingegneri che il nostro team mette in
campo saranno all’altezza e protagonisti ed ambiscono a rinnovare quei successi che in passato
hanno coronato il lungo e glorioso cammino del
team Althea».
Markus Reiterberger: «Con la BMW S1000RR
posso dire di avere una vera e propria relazione
dal 2011. Insieme abbiamo già vinto tanto, ma
vivere l’esperienza di gareggiare per la prima
volta in pianta stabile nel Campionato Mondiale Superbike mi rende orgoglioso ed ansioso di
iniziare. La livrea bianca e nera di Althea BMW
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Superbike
FIM Superstock 1000 nella quale ho centrato 6
podi in 8 gare. E’ stata sicuramente la migliore
stagione della mia carriera. Mi è mancata la vittoria, ma mi impegnerò per conquistarla quest’anno, ripagando la rinnovata fiducia che Genesio
Bevilacqua e il team ripongono in me. La BMW
S1000RR è una moto completamente nuova per
me, ma me la sono cucita subito addosso e devo
dire che mi ha sorpreso per l’estrema facilità di
utilizzo del motore e la sua ‘incredibile maneggevolezza».
Jan Witteveen: «Sono molto contento di questo
progetto che stiamo iniziando con il team Althea e la collaborazione di BMW Motorrad Motorsport, perché è un progetto con un grande
margine. Probabilmente ci vorrà un po’ di tempo
per riuscire a raggiungere il livello tecnico che ci
siamo prefissati. Abbiamo con noi i piloti giusti,
un giusto equilibrio tra esperienza e potenziale
ancora da esprimere».
Racing Team è molto aggressiva ed io mi sento
emozionato e fiero di portare questi colori, che
mi vestono di una grande responsabilità. Non voglio fare previsioni per la stagione, ma ammetto
di aver fame di vittorie».
Jordi Torres: «Sono da poco approdato nell’Althea BMW Racing Team, ma mi sento già in famiglia: dal primo all’ultimo, sono tutte persone
appassionate e competenti di moto e motociclismo e hanno grandi aspettative su di me. Ho
provato la BMW S1000RR per la prima volta nei
test di Jerez de la Frontera a novembre e poi a
Vallelunga. Ho avuto delle belle sensazioni sin da
subito. C’è ancora da lavorare, ma il potenziale
è enorme. Togliere il velo oggi alla mia moto mi
ha emozionato molto, è bellissima e con lei, sono
sicuro, ci sarà da divertirsi».
Raffaele De Rosa: «Con Althea Racing ho concluso una stagione 2015 incredibile nella Coppa
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LE FOTO PIÙ
SPETTACOLARI
DEL SUPERCROSS
DI SAN DIEGO
Lo spettacolo del Supercross di San Diego raccontato
dagli scatti più belli dentro e fuori dalla pista
di Massimo Zanzani
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Motocross
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Motocross
Media
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Motocross
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turbo e negli altri 17 ha fatto sfoggio della sua guida pulita e redditizia aggiudicandosi una vittoria
che gli ha permesso di consolidare la sua posizione di leader con 13 punti su Reed. «Le linee per i
sorpassi erano poche - ha commentato Dungey
- per cui era necessario prendere un buon posto
al cancello ed è per questo che mi sono dato da
fare per vincere la qualifica. Per fortuna sono
spuntato bene, Millsaps però si è infilato e mi ha
passato subito, gli sono stato dietro tre giri ma
ho visto che avevo delle traiettorie migliori per
cui l’ho scavalcato ed ho cercato di prendere un
po’ di vantaggio perché per tutto il giorno i miei
avversari hanno cercato di mettermi addosso la
pressione. Non è stato facile però, perché Davi
è molto forte sulle whoops ed oggi erano micidiali, come dimostra il numero di cadute che ci
sono state sin dalle prove, ma il circuito era davvero emozionante perché non dava un attimo di
Supercross
tregua. Ho cercato di attaccare subito come è
nelle mie abitudini, ma cercando di non fare errori come sto cercando di fare anche in allenamento così da arrivare il giorno della gara con meno
stress. Non è facile, ma è la chiave giusta assieme ad una buona partenza per fare la differenza, la motivazione poi non mi manca». Seconda
piazza per il sorprendente Chad Reed che aveva
già stupito tutti a San Diego per essersi piazzato alle spalle di Dungey e che ad Anaheim II ha
fatto esattamente il bis al termine di una prestazione grintosissima che lo ha visto da sesto giro
alla caccia del battistrada attento anche a non
farsi agganciare dagli inseguitori. L’australiano
è salito sul podio prima di Ken Roczen, che ha
migliorato il problema delle cattive partenze ed
è riuscito a lottare nelle prime posizioni centrando il suo migliore risultato stagionale. Un passo
avanti è venuto da Eli Tomac, che comincia a
AMA SUPERCROSS ROUND 3
IRRESISTIBILE DUNGEY
di Massimo Zanzani | L’ufficiale KTM conferma le proprie ambizioni
aggiudicandosi anche la terza prova, di nuovo davanti all’intramontabile
Reed; imprendibile anche Webb nella 250
N
on c’erano dubbi sul suo potenziale,
ma Ryan Dungey ha voluto tagliare
la testa al toro aggiudicandosi la
sua seconda vittoria consecutiva
con cui ha dimostrato con quale approccio abbia
iniziato la stagione. Una vittoria ancora una volta meritata, costruita con tanta dedizione fisica,
mentalità di gara ineccepibile, una 450 messa a
56
punto come in sartoria, ed grande motivazione.
L’ha spuntata anche nella difficile pista realizzata all’interno dell’Angel Stadium, iniziando la
giornata con il 3° posto nelle Crono e vincendo
la qualifica dove ha gettato le basi del suo successivo risultato rimanendo al comando dal primo all’ultimo giro. Nella finale invece è rimasto
tre giri dietro a Davi Millsaps, ma poi ha aperto il
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Supercross
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prendere il ritmo della Kawasaki grazie anche
alla sua migliore condizione fisica. Nella finale ha
lottato sino alla fine ed è stato ad un passo dal
terminare 3° che gli è sfuggito per una scivolata
all’ultimo giro; se non altro gli è rimasta la soddisfazione di aver firmato il giro più veloce del
main event. Solo 5° Jason Anderson, apparso
un po’ meno incisivo delle due prove precedenti.
Roger De Coster ha fatto il punto della giornata
a Moto.it. «Per Ryan è in inizio di stagione fantastico, tre podi su tre gare oltretutto con due
vittorie è persino oltre le mie stesse aspettative
perché pensavo partisse in modo più conservativo. Anche con al moto si vede che è a posto, abbiamo ottenuto il setting ideale che gli si addice
alla perfezione e anche questo fa parte dei suoi
risultati. Anche Marvin Musquin è stato bravo,
ha pasticciato in tutta la parte iniziale della giornata ma poi si è messo a posto e con il 9° posto
dopo un difficile recupero dalle retrovie ha siglato la sua migliore gara della stagione. Dean Wilson invece si è infortunato al ginocchio e non ha
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partecipato alla finale, domani faremo degli accertamenti per vedere se cin sono state delle
lesioni interne. Degli altri piloti la sorpresa più
grossa è venuta da Chad Reed, che ha confermato il risultato di San Diego». Finito a terra nella
qualifica con una spettacolare caduta dopo una
collisione con un pilota, Trey Canard è caduto
anche nella finale ed ha preso la via dei box. Non
hanno invece corso James Stewart, che ha provato a girare un paio di giorni prima della gara ma
che ha deciso di prendere ancora una settimana
di riposo per dar modo al trauma cranico di non
avere più effetti sulla vista e concentrazione, e
Justin Barcia ancora nei problemi con la mano
infortunata ad inizio stagione. 250 tutta all’insegna di Cooper Webb che dopo un avvio in quinta
piazza ed un acceso tiro e molla con Christian
Craig rimasto al comando per metà gara si è assicurato la sua terza vittoria consecutiva. Gara
consistente anche per l’ex pilota GP Zach Osborne che ha piazzato la sua Husqvarna al posto d’onore davanti a Craig e a Joey Savatgy.
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Dakar
JACOPO CERUTTI
PUNTARE SU DI ME? CALMA, RAGAZZI!
di Piero Batini | Nei primi trenta la prima settimana, con molta
circospezione. Poi, quando la Dakar è diventata dura, Jacopo Cerutti
ha tirato fuori piano piano testa e grinta, per concludere con un 12mo
posto che, vista la concorrenza, è un grande risultato
C
ominciato piano, poi sei partito in
accelerazione?
«Beh, è un po’ il contrario. È la Dakar
stessa che ha determinato i miei ritmi. Il fatto è che la prima settimana la Dakar era
piuttosto veloce, poco navigata, e in più avevo
appena assaggiato la mia nuova moto da rally, in
Marocco.
Già dopo tre curve avevo capito che dovevo prima di tutto prendere le misure con le particolarità della Husqvarna da rally.
Quindi, considerando anche che il pericolo è
sempre in agguato, i primi giorni me ne sono
stato bello tranquillo. Poi, man mano, la gara si è
fatta più tecnica e più navigata, io ho preso confidenza con la moto, con gli orari, con il “sistema”,
e i suoi ritmi, e da lì piano piano è venuto fuori tutto il buono, convertito alla fine anche in un buon
risultato».
Buono o molto buono?
«Senza girarci attorno, io direi piuttosto buono.
Il livello, quest’anno, era altissimo, e tutti erano
“attaccati” alla corsa, quasi alla morte. Basta
guardare al numero dei feriti e dei ritirati per capire come fosse agguerrita questa edizione. Con
questa gara non si scherza, qualcuno è caduto,
qualcun altro si è fatto male o ha rotto, io ho migliorato tanto nella seconda settimana, ed ecco
spiegato, se vogliamo, il balzo in avanti che ho
fatto».
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Come sei andato nelle tre tappe cruciali di
Fiambala, quelle della “vera” Dakar?
«Penso bene, io mi sono sentito bene. Nella prima, molto navigata, sono andato bene, è stata
credo la mia migliore tappa sino a quel momento. Solo che sono caduto e mi sono fatto un po’
male a una spalla, e quindi nella tappa successiva ho sofferto di più. Per fortuna anche quella è
stata interrotta anzitempo e quindi ho concluso
onorevolmente, attorno al ventesimo posto. Terzo giorno, stavo bene e ho “indovinato” tutto,
fatto bene e finito dodicesimo. Da quel momento
la mia posizione era sempre più o meno nei primi
quindici, anche meglio senza prendere particolari rischi, ed è quello che ha fatto la differenza».
Evidentemente, da rookie, non hai riferimenti e
non puoi fare paragoni, ma come ti è sembrata
la prima Dakar alla quale hai partecipato?
«Mah, cavolo, è una cosa pazzesca. Ho visto
un’organizzazione colossale, niente è lasciato al
caso, tra elicotteri, trasmissioni, tv, che arrivavo
al bivacco e tutti avevano già visto la caduta di
Gonçalves. Per tutto questo la Dakar è una cosa
spettacolare».
E ti è piaciuta? Torneresti?
«Sì, sì. Mi è piaciuta. Gli ultimi giorni, soprattutto in trasferimento, mi dicevo che dovevo finire
a tutti i costi questa, e poi basta, non tornare
più alla Dakar. Ero convinto, ti assicuro. Invece
subito dopo aver finito, già dopo il podio che è
la conclusione assoluta dell’impegno, avevo già
cambiato idea. Sì, direi che ci tornerei. Bisogna
vedere come, d’accordo, ma ci tornerei. Tutto
sommato io ho avuto una grande opportunità, e
tutto è venuto da sé. Dal Motorally, all’iscrizione
guadagnata al Sardegna Rally Race, all’appoggio
come pilota assistito ufficialmente di Husqvarna.
È chiaro che è un bel modo di debuttare, privilegiato, e bisogna ora guadagnarsi un nuovo diritto, con l’asticella posta più in alto, per poterci
tornare alle stesse condizioni l’anno prossimo».
Gli italiani vorrebbero puntare su di te per il futuro. Sei disponibile?
«Sono disponibile. Ma chiedo un po’ di pazienza.
La Dakar è una corsa difficile, e non si può pensare di affrontarla senza esperienza, questo l’ho
capito benissimo. Chiedo agli appassionati, dunque, di avere un po’ di tempo e di pazienza».
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EDITORIALE
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CAPO REDATTORE
Edoardo Licciardello
REDAZIONE
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Maurizio Tanca
Cristina Bacchetti
Marco Berti
Thomas Bressani
Aimone Dal Pozzo
Francesco Paolillo
COLLABORATORI
Nico Cereghini
Giovanni Zamagni
Carlo Baldi
Massimo Zanzani
Piero Batini
Antonio Gola
Enrico De Vita
Ottorino Piccinato
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Massimo Clarke
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GRAFICA
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