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Con il contributo di - ISISS “Marco Casagrande”

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Con il contributo di - ISISS “Marco Casagrande”
In collaborazione con:
Promosso da:
COMUNE DI PIEVE
DI SOLIGO
Con il patrocinio di:
REGIONE del VENETO
Con il contributo di:
PaesaggidAnima
Dialogo e sintesi creativa fra
Silvana Crescini
e otto artisti outsider
Villa Brandolini - Solighetto (TV)
17 dicembre 2011 – 15 gennaio 2012
PRESENTAZIONI
2
Torno sempre volen eri in questo angolo della Marca Trevigiana. L’ul ma volta è stato in autunno. Con quella giornata
così bella, le vigne colorate di giallo e rosso creavano una sugges one ancora più intensa, come fosse evocata dalle poesie di Zanzo#o. Mi ero lasciata immergere totalmente nel paesaggio e avevo camminato per le colline, proprio con l’intento di scoprire quei luoghi ama dal poeta Pievigino. Ci sono figure di uomini e di poe che salgono e la loro ascesa è
irresis bile… così Zanzo#o è riuscito a fondere e a creare un neologismo come Terra carne. La quintessenza dell’Amore
e del dolore, della solitudine e della bea tudine di essere “olis camente” Uomo-Natura: (…) “da tu o questo che non fu
primavera non luglio non autunno ma solo egro spiraglio - ma solo psiche, da tu o questo che non è nulla ed è tu o ciò
che io sono” (…).
Nell’intendimento di questo richiamo, l’evento promosso dall’Is tuto “M. Casagrande” e dal Comune di Pieve di Soligo
non poteva che in tolarsi “Paesaggi d’Anima”. Collaboro da anni con l’amico Loris Viezzer, ideatore del proge#o e, anche questa volta, c’è stata una simultaneità sconcertante nel voler dar vita a questa idea congiunta. L’esposizione, alles ta nella splendida cornice di Villa Brandolini, perme#e di raccogliere e unire, con premura e considerazione, sia le mie
opere, che quelle degli ar s dell’Atelier che conduco all’interno dell’O.P.G. di Cas glione delle S viere. Nella sua a5vità di docente, appoggiato dalla illuminata dirigenza scolas ca dell'Is tuto “M. Casagrande”, il prof. Viezzer ha scelto di
far coesistere la ricerca e lo studio di tema che sociali, quali la psichiatria e le a5vità correlate, riuscendo sempre a
coinvolgere gli studen del Liceo. Infa5, come per la mostra del 2009 alles ta negli spazi della Can na Perlage, gli studen collaborano in modo a5vo e crea vo anche a questo importante evento, sviluppatosi a par re dalla figura di Danilo Cargnello, il riconosciuto protagonista di un’epoca di cambiamento nella storia della Psichiatria contemporanea.
Questa mostra, per me significa va, si concre zza con una sorta di abbraccio ideale mol plicato per ogni singolo autore:
Franca, Cleo, Giuliana, Nabila, Giacomo, A.Muka, Mario e Lorenzo. Mi auguro che questo atelier condiviso, con i nostri
lavori espos insieme, possa emanare sensazioni impalpabili (o incommensurabili?), in tu#e quelle persone-anime che
saranno il paesaggio dell’evento di Pieve di Soligo.
Silvana Crescini
Ancora una volta l’ISISS “M. Casagrande” di Pieve di Soligo si presenta al territorio con un nuovo lavoro, questa volta condo#o dalle
classi 5A e 5B del Liceo socio psico pedagogico e 5B e 5D del Liceo scien fico (seguite dai Professori Loris Viezzer e Ennio Damuzzo).
Il tema è quello, ormai consolidato in Is tuto, del rapporto tra follia e arte (e tra filosofia e psichiatria), come consolidato è il rapporto con Silvana Crescini e con il suo Atelier dell’O.P.G. di Cas glione delle S viere che ci ha permesso di realizzare la mostra che,
con il contributo sempre a#ento dell’Amministrazione Comunale di Pieve di Soligo, ripercorre la relazione comunica va instauratasi tra Silvana Crescini e gli ar s nel laboratorio da lei fondato nel 1990.
Il cuore del lavoro è la “relazione comunica va”, filo d’unione delle diverse esperienze, collante di quei paesaggi della mente e del
cuore che altrimen rimarrebbero igno anche a chi dell’esplorazione della psiche umana fa la missione di una vita. Ed è singolare
ed importante che il lavoro nel quale è stato coinvolto l’Is tuto sia ospitato all’interno di quella rassegna, “PaesAgire”, che ormai
connota Pieve di Soligo dal punto di vista culturale: è un riconoscimento, semmai ce ne fosse bisogno, che i paesaggi della mente (e
specificatamente delle men che diremmo disturbate) hanno una loro geografia, dei confini che una volta varca aprono, a coloro
che li sanno leggere, mondi indescrivibili di rara bellezza. E l’augurio di poterli leggere con una mente liberata dalla convenzionalità
vorrei accompagnasse tu5 coloro che ci vorranno dare la loro a#enzione.
PAESAGGI D ANIMA
Paolo Rigo – Dirigente ISISS “M. Casagrande” – Pieve di Soligo (TV)
Da anni, per ragioni di lavoro (insegno scienze umane presso l’ISISS “M. Casagrande” di Pieve di Soligo), mi interesso di
psichiatria e filosofia. Di recente ho voluto ripercorrere alcuni tra5 della strada di avvicinamen e intrecci che queste
due discipline hanno seguito negli ul mi cent’anni; e ho incontrato nomi importan : Freud, Husserl, Binswanger, Basaglia, solo per citarne alcuni. In par colare mi ha colpito la figura di Danilo Cargnello, psichiatra nato a Castelfranco Veneto nel 1911 e a lungo dire#ore del manicomio di Sondrio.
Cargnello è studioso notevole sopra#u#o per la sua concezione della mala5a di mente (quella che lui chiama alienità) e
del ruolo dello psichiatra. In effe5, secondo lui, nel parlare di alienità si parte da un discorso professionale: quando uno
psichiatra si accosta a un “malato di mente” in qualità di professionista medico, egli si a#ende di imba#ersi in manifestazioni “cliniche” – “sintomi” o “sindromi” – la cui somma gli consente di formulare una “diagnosi”. In tal modo, però,
nota Cargnello, un nostro simile da uomo viene rido o a caso. In ciò si determina un fondamentale allontanamento tra
medico e paziente: lo psichiatra, in par colare, si pone sempre più in un ruolo tecnico. In defini va, allorché eme#e il
suo giudizio clinico (“è un caso di schizofrenia”, ecc.) egli abbandona l’altro propriamente come uomo. L’uomo psico%co
non è più accostato con spontaneità, ma, nell’o5ca delle scienze naturali, alla stregua di un fenomeno clinico.
Ebbene, per Cargnello, così la psichiatria finisce per o#enebrare l’essenza dei fenomeni con cui si esprime l’alienità.
Infa5, lo psichiatra non è un medico qualunque, avendo bisogno di me ersi in conta o propriamente da uomo a uomo
con il malato; e tanto più verrà a conoscere “su” questo, quanto più riuscirà a mantenere tale conta#o, cioè ad essere
“con” lui.
Nel sostenere queste idee Cargnello si pone come un esponente (e, in Italia, come l’apri-pista) del movimento psichiatrico internazionale – tu#ora vivace – noto come psichiatria fenomenologica.
Ricordare Cargnello nel centenario della nascita, allora, serve a riaprire il discorso circa la relazione comunica va tra
psichiatra e malato; un’apertura, si potrebbe chiosare, u le a delineare quel paesaggio della reciprocità al cui interno
soltanto sono illumina i territori oscuri del delirio e della follia.
Questo giro di pensieri che mi frullavano in testa si è innestato, alcuni mesi fa, con un’altra sollecitazione: quella proveniente dall’amicizia che in ques anni è cresciuta con Silvana Crescini, ar sta condu#rice dell’atelier di pi#ura
nell’O.P.G. di Cas glione delle S viere. Silvana è riuscita, col suo costante e meraviglioso impegno (tes monianza di una
forza spirituale fuori dal comune), a far diventare l’atelier dell’O.P.G. mantovano uno dei pun di riferimento per la ricerca e l’arte outsider in Europa e nel mondo. Anche qui – come in Cargnello – colpisce la relazione comunica va, quella
tra la Crescini condu#rice di atelier e i mala ricovera in O.P.G., che riesce ad aprire spazi di espressione dell’interiorità
altrimen nascos : “paesaggi” della mente che, grazie alla premurosa capacità di suscitare e accogliere di Silvana, emergono nelle opere pi#oriche.
L’idea di coinvolgere gli studen del nostro liceo nell’organizzazione di una mostra d’arte alles ta con opere in dialogo
sia di Silvana Crescini sia dei migliori autori dell’O.P.G. e, insieme, l’idea di farli protagonis di un convegno dedicato a
Danilo Cargnello e, più in generale, alla “umanizzazione” dei percorsi di cura; queste due idee si sono – direi – quasi
spontaneamente incontrate con PaesAgire, la rassegna culturale che da tempo dà lustro a Pieve di Soligo. L’assessore
alla cultura Nicola Sergio Stefani ha saputo cogliere la consonanza tra le idee qui espresse e lo spirito della rassegna
pievigina. E siamo allora qui a presentare “PaesaggidAnima”.
Prof. Loris Viezzer
PAESAGGI D ANIMA
PRESENTAZIONI
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PRESENTAZIONI
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Il tema per il 2011 della rassegna “PaesAgire”: sguardi, emozioni, paesaggi ben si presta ad una ricognizione sui paesaggi mentali e ad un riconoscimento a un grande psichiatra, Danilo Cargnello, che all'esplorazione dei paesaggi dell’anima ha dedicato la sua vita.
I paesaggi dell’anima, gli sguardi, le emozioni ci fanno ricordare l’importanza che ha per la nostra iden&tà il territorio di
appartenenza, l’insieme di relazioni, di emozioni, di ricordi che vi è collegato.
La dimensione del territorio quale luogo di vita di relazioni diventa una importante scenografia nella quale collocare
delle modalità di cura appropriate e rispe,ose.
La salute mentale è stata per anni relegata in stru,ure a forte e quasi esclusiva valenza conteni&va, con il mandato di
escludere i mala& di mente dalla vita sociale e relazionale della comunità (ancor meglio se un elemento d’acqua li separava dai sani: la nave dei folli). Spesso ci si accontentava di solide e alte mura.
Danilo Cargnello aveva una visione diversa ed un profondo rispe,o della complessità della natura umana e delle sue
mala0e: nel suo testo Alterità e alienità afferma: “Nel suo piano [quello della cosidde,a antropologia fenomenologica,
lo sguardo diverso che lui cercava di ge,are sulla realtà della follia], le stesse psicosi vengono ad apparire non già come
delle mere deviazioni dalla norma, ma come delle par&colari (e, sia pure, disgrazia&ssime) modalità a cui può accedere
l’uomo (e non il suo «apparato psichico»!)”.
La cura del malato comincia a spostarsi dal manicomio ai servizi territoriali, agli ospedali, nei servizi di diagnosi e cura,
nelle comunità riabilita&ve. Nel corso del tempo il territorio nella sua accezione più ampia (scuole, en& pubblici, società civile, associazioni, luoghi di lavoro) è diventato sempre più un elemento fondamentale di un proge,o di cura per i
pazien& con disturbi psichici. Il “paesaggio mentale”, da vago e indis&nto elemento di sfondo, viene ad assumere una
connotazione sempre più basilare e importante.
L'Is&tuto “M. Casagrande”, tramite il suo dirigente e i suoi insegnan&, sta facendo da anni un lavoro molto prezioso
con i suoi allievi, di conoscenza ed approfondimento sulla salute mentale nei suoi vari ambi&, con una speciale a,enzione alla psichiatria fenomenologica. È un lavoro molto importante contro la semplificazione, la s&gma&zzazione e i
pregiudizi verso la mala0a mentale. Non è un lavoro facile: Einstein diceva che è più semplice rompere un atomo che
un pregiudizio.
La relazione con l’alterità del malato mentale ha fa,o sicuramente degli enormi passi avan& dal 1978, anno nel quale
la legge Basaglia ha avuto la sua applicazione, fino ad oggi. Ma, come dice Jervis, il manicomio era il sintomo e non la
mala0a e noi abbiamo debellato il sintomo, ma la mala0a persiste.
Tiberio Monari, Psichiatra
PAESAGGI D ANIMA
Paesaggi della mente - Paesaggi del territorio
PRESENTAZIONI
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A guardarla, la linea immaginaria dell'orizzonte si fa sfuggente e confonde i sensi, si ha la sensazione che quanto s&amo osservando, secondo precise dire,rici, subisca un capovolgimento di prospe0va tale che il so,o passi sopra e il
sopra, viceversa, finisca so,o creando il mito dell'ignoto. Se consideriamo il paesaggio come fru,o delle modifiche
apportate dall'Uomo al territorio, dobbiamo prendere a,o che ne esiste uno anche so,erraneo, non meno complesso
e affascinante di quello visibile. È fa,o di re& tecnologiche, cavido0, tubature, condo,e, manufa0 di ogni genere,
complicato quanto quello che sta alla luce del sole e rappresentato graficamente in modo tale da apparire una sintesi
di logica e matema&ca. Ma non lo vediamo: sta so,o come il pane delle radici di un grande albero estese e profonde,
ma sopra,u,o essenziali per il rigoglio del tronco e della chioma che invece sono ben visibili a noi. Verrebbe da dire
che la parte (l'invisibile) è nel tu,o e il tu,o è nella parte, così come recita la Teoria della complessità, sistema di conoscenze mul&disciplinari che cerca di superare la rigidità della scienza classica newtoniana non più in grado di spiegare
la dinamica evolu&va dei sistemi complessi viven&, cara,erizza& da capacità di evoluzione (cas, complex adap ve systems). E così noi generiamo la realtà in cui ci muoviamo mediante la rappresentazione interna che ne facciamo; in
pra&ca il tu,o (ambiente) entra nella parte (noi stessi) mediante gli schemi mentali che noi costruiamo. Pericolosamente esposta sulla linea di confine tra geometria euclidea o fra,ale, Paesagire si propone, ancor più in questa circostanza, di s&molare una riflessione profonda sul nostro approccio a quanto ci circonda, visibile o invisibile che sia.
Il grazie corale e appassionato a tu0 coloro – Studen&, Insegnan&, Ar&s& – che si sono adopera& per la realizzazione di
questo proge,o esposi&vo, a Silvana Crescini per aver creduto in questa opportunità.
Nicola Sergio Stefani
Assessore alla Cultura
del Comune di Pieve di Soligo
Fiori
Per il 90° compleanno del Poeta Zanzo,o, gli abitan& del suo quar&ere si sono sparpaglia& nel paesaggio agreste a
lui caro a cogliere gli ul&mi fiori campestri della stagione. Confeziona& dalle abili mani di una fioraia, ne è risultato
un mazzo imprevedibile, straordinario, gra&ficato da un foglio di ringraziamento del Poeta.
PaesaggidAnima me,e insieme i bellissimi fiori cresciu& tra gli impietosi aculei dell’O.P.G., nelle ripe selva&che o in
solitudine nell’angolo più isolato del prato, dai colori intensi, quasi laceran&, che la fioraia Crescini ha colto e creato, per condividerli con i nostri giardini interiori.
Abili insegnan& col&vano giovani germogli, promesse di future variopinte aiuole.
Paesaggi reali e dell’anima che s’intrecciano ed ispirano la mente e l’opera dell’uomo che vive in questa incantevole terra. Coniugandosi fin dentro le deliziose ed aroma&che bollicine. Ogni bo0glia come un odoroso e variopinto
bouquet denso di emozioni, prodigo di fiducia.
Ivo Nardi – Presidente Perlage S.r.l.
PAESAGGI D ANIMA
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La crea vità come a o maieu co
La mostra dedicata a Silvana Crescini e ad alcuni fra gli ar&s& più interessan& dell’atelier di Cas&glione delle S&viere, è
quanto di più congeniale alle giornate di studio dedicate a Danilo Cargnello. La conoscenza e l’approfondimento dei
sen&men& più delica&, conquista& a,raverso un lavoro lungo e severo, andrebbero altrimen& perdu&.
Questa occasione potrebbe inaugurare una via nuova, dire,amente trasmessa anche a coloro che apprendono per la
prima volta quanto è accaduto nella nostra epoca, in ambito psichiatrico con Cargnello e in campo ar&s&co con l’atelier
dell’O.P.G., la cui forza e auten&cità sono ancora piene di conseguenze.
Nell’atelier di Cas&glione delle S&viere, Silvana Crescini ha realizzato, in vent’anni, un intendimento che vuole discostarsi dall’ambito dell’arteterapia, intesa come mero coadiuvante nel processo di regolazione delle emozioni. L’arteterapia
risente del limite implicito di a0vità di supporto al tra,amento psicologico e rivendica una finalità diagnos&ca, seguita
spesso da un percorso cura&vo. Questo necessita di figure specifiche di riferimento e di professionis& in ambito psicologico e psichiatrico. Crescini ha invece espresso, ed ampliato, la dimensione maieu ca dell’Arte, sprigionando le potenzialità squisitamente ar&s&che del trainer in atelier. L’ar&sta esperto è dunque l’elemento “enzima&co”
in grado di di-svelare agli stessi partecipan&, quale potrebbe essere la realizzazione della propria
espressione ar&s&ca, anche in chiave ripara&va, dopo vissu& dramma&ci e all’interno di stru,ure non
aperte. Per Silvana, l’Arte deve essere considerata un “bene di tu0”, tanto da assumere un’importante
valenza sociale.
La sua formazione in ambito accademico, le preceden& ricerche e la sua recente produzione, sono diventate la condizione ideale per un reciproco arricchimento fra la sua stessa a0vità e quella degli ar&s& dell’atelier. Questo è l’elemento dis&n&vo di tu,o il suo curriculum: dalla frequentazione all’Accademia di Belle Ar&, ai primi lavori di orientamento figura&vo, fino alla felice contaminazione con l’a,eggiamento, culturale ed umano, dei protagonis& dell’atelier che, per sua stessa ammissione, hanno modificato il suo sguardo. I sogge0 figura&vi del primo periodo (“Il Profeta” ed alcune delle “rose appassite”), verranno supera& da lavori su elemen& organici, quali foglie, fru,a e vegetali complessi, che, una
volta destru,ura&, tenteranno di “ricrearsi nel mondo”. Negli anni, l’ar&sta diviene sempre più propensa a sperimentare possibilità di espressione, al di fuori dell’autoreferenzialità, mantenendo i contribu&
Il Profeta, fresco-secco appresi dalle tecniche classiche dell’affresco, così come da tu,e quelle cara,eris&che materiche, o,esu tela preparata con nute da fon& diverse. Le tele vengono lasciate volontariamente segnate da irregolarità, asperità, ripenintonaco, cm. 60x80, samen& direzionali della preparazione con gesso pennellato e coaguli residui di terre, pigmen& e polveri.
1996
No, non è un lavoro: è quasi un incontro fisico, una gioia acuta e benefica, come se l’essenziale non
fosse la pi,ura in sé, ma la visione. Mol& suoi quadri risultano pertanto ”arden&”, al di là del sogge,o, ma c’è da supporre che lei consideri il fuoco un elemento secco (anche lo Spumante brut è secco). È la passione, quindi, che gioca in
questa dimensione, anche quando si alimenta di forme facilmente riconoscibili come i vegetali. Molte di queste opere si
prestano all’incantamento, a,raverso la scoperta di figure nascoste, che possono scaturire solo concedendosi a una
visione più a,enta e indagatrice. L’ar&sta vuole che il sogge,o sia le,o e non le,o, allo stesso tempo. L’invito è quello
di soddisfare, appagare, dirigere e a volte dominare la complessità dei drappeggi e delle profondità dei sogge0 ricorren&. Forse, solo l’a,eggiamento contempla&vo riesce a tradurre l’oscura fascinazione in lucida decifrazione, in grado
di allentare una tensione viva.
PAESAGGI D ANIMA
7
Crescini usa il colore per evocare le emozioni sullo schermo interiore, assorbendo tonalità croma&che una sull’altra, come nell’opera “Natura naturans”. Qui si coglie il passaggio del colore da pura annotazione fisica ad evento esistenziale. Si scorge un torso
umano, in tu,a la sua evidenza, eppure resta improbabile, come un’epifania di perfezione ellenis&ca, tanto da aumentare il clima di sugges&one. E tu,o questo procura
piacere ed esalta le nostre capacità intui&ve. Ancora un a,o maieu&co, dunque, questa
volta nei confron& degli spe,atori. Liberandoci dalle stre,oie di una visione convenzionale, Silvana Crescini si dimostra in grado di agire come educatrice e formatrice anche
per ciò che riguarda la fruizione delle sue opere.
Natura naturans, tecnica
Occorrerebbe superare il senso di disordine per riconoscere, come ci indica Bianca Tomista su juta, cm. 120x90,
sa0, storica dell’Arte e profonda conoscitrice dell’Art Brut, che: “(…) La grande pi'ura
2011
è da sempre quella che cancella e ricomincia il mondo - è rosa, ma è anche brulichio di
piccole forme organiche - forse animali - forse umane”. Nei lavori più recen&, Silvana ha
impresso una nota ancora più perturbante.
Nell’opera “Vanitas”, anche questa presente nella mostra di Villa Brandolini, si percepisce so0lmente il monito della vanitas vanitatum, omnia vanitas (vanità delle vanità, tu'o è vanità) del Qoèlet biblico o, più diffusamente, si intuisce la lunga parabola che,
dal barocco e dalle vanitas secentesche, ha pervaso di turbamen& l’epoca contemporanea. La colatura di colore, intorno al grande
fiore, mima il disfacimento in a,o, crea uno stato d’animo sospeso, in grado di insinuare che il fiore sia una forma simbolo delle
inquietudini e del senso degli avvenimen& presen& e futuri. Ogni parte del lavoro è subordinata a declinarlo nel suo senso tragico,
so,oposto alla decadenza, alla finitezza e alla vanità delle cose.
I lavori in pietra, non espos& in questa occasione, si prestano a tes&moniare la capacità di “osare”, che l’ar&sta a,ribuisce alla frequentazione dei piccoli maestri dell’atelier. Anche queste pietre risentono della necessità interiore di giungere all’essenzialità,
quella stessa essenzialità ispirata al ”levare” dell’ideale neoplatonico michelangiolesco. Lei stessa sceglie le pietre, ora in Istria, ora
prendendole da blocchi che hanno già in nuce delle forme. Personaggi di un teatrino personale sono i “legne0” che, raccol& in
natura, vengono appena modifica& solo per renderli leggibili, vivi e danzan&. Ogni ogge,o per Silvana con&ene le potenzialità per
un fervido esercizio immagina&vo ad opera dell’ar&sta, che è il solo a,ore deputato a res&tuirlo al resto del mondo.
La capacità di ascolto sensibile, terso e penetrante, ha contribuito a far superare il conce,o stesso di atelier is&tuzionalizzato.
All’interno di una stru,ura psichiatrica, Crescini è riuscita a fornire una delle possibili risposte al disagio esistenziale dei frequentatori dell’atelier, padroneggiando al contempo nuove abilità del fare arte. Idealmente più vicina ad una bo,ega rinascimentale che
ad un laboratorio, il se,ng è stato impostato cercando di valorizzare le peculiarità e le esperienze manuali e crea&ve di ciascuno,
affinché la persona potesse trovare il comfort per liberare le proprie ri-scoperte abilità. La vita di relazione nell’atelier ha incrementato l’uso di linguaggi ar&s&ci diversifica&, proporziona& e accorda& alla portata dei vissu& di ogni singolo ar&sta. Come già
sperimentato dal neurobiologo Oliver Sacks, Silvana si è a,enuta al racconto anamnes&co, non enfa&zzando mai la biografia
dramma&ca dei partecipan& all’atelier. Ogni urgenza crea&va ed ogni manifestazione espressiva sono state acce,ate, non come
eccezioni a un’ipote&ca norma, ma come realtà incontrover&bili
della varietà delle condizioni in cui la vita si manifesta.
“Poiché non v’è bronzo, né pietra, né terra, né sconfinato mare,
M. Emanuela Forbicioni, Storica dell’Arte
che la triste mortalità non ne soggioghi il potere,
come potrà contro tale furore offrire una difesa la bellezza,
che per agire non ha più forza di un fiore?”
William Shakespeare, sonetti
PAESAGGI D ANIMA
8
Silvana Crescini
Vanitas, tecnica mista su juta, cm. 180x130, 2011
PAESAGGI D ANIMA
9
Silvana Crescini
Ailleurs, tecnica mista su tela, cm. 130x100, 2011
PAESAGGI D ANIMA
10
Silvana Crescini
Come mille palpebre, acrilico su tela,
cm. 100x100, 2011
PAESAGGI D ANIMA
11
Silvana Crescini
Il mare non è mai pieno,
tecnica mista su juta, cm. 80x100, 2011
PAESAGGI D ANIMA
12
Silvana Crescini
Rosa iberica, acrilico su tela, cm. 80x80, 2011
PAESAGGI D ANIMA
13
Silvana Crescini
La fucina di Vulcano-Efesto,
acrilico su tela, cm. 60x60, 2005
Nel fondo dei crateri…,
acrilico su tela, cm. 60x70, 2005
PAESAGGI D ANIMA
14
Silvana Crescini
Foglia-cappello, acrilico su tela, cm. 105x90, 2008
PAESAGGI D ANIMA
franca settembrini
15
15
Franca Se embrini
Nel periodo del suo ricovero in O.P.G., Franca era spesso ospite di Silvana. Qui, nello studio dell’amica, sfogava la sua
forza crea va dipingendo opere di grandi dimensioni, come quelle presen in questa mostra. Ques dipin sono già
sta espos in importan even , quali: la Personale-antologica di Bruxelles del 1998, realizzata da Art en Marge e le
mostre internazionali curate da Bianca Tosa), Oltre
la Ragione di Bergamo del 2006 e Beautés insensées
di Monaco del 2007. Nel catalogo (Skira) di queste
ul me, Daniela Rosi scriveva: “(…) Queste immagini
realizzate di ge o ribadiscono il suo universo femminile. Il suo racconto autobiografico diviene ancora più
sincero quando si tramuta in romanzo e lei si concede
una realtà fantas(ca in cui potere finalmente vivere.
E questo romanzo sta scri o sulle tele. Una parata di
maschere che un vento misterioso sospinge verso
Peter Pan, acrilico su tela, cm. 200x87, 1994
destra. Questo soffio spira su tu o. Scuote le chiome, le
ves( e le grandi mani. Grandi mani che si involano fino a divenire ala. Grandi mani che costringono al volo anche la
mano che le esegue, che potrebbe davvero non sme ere più questo suo andare.”
Nota biografica
Franca Se4embrini nasce a Firenze nel 1947. Sin dalla prima infanzia, trascorre vari periodi al Co olengo e, all’età di dieci
anni viene ricoverata nel reparto minori dell’Ospedale psichiatrico S. Salvi di Firenze. Durante l’adolescenza soggiorna in
modo discon nuo in varie stru4ure psichiatriche, fino a 15 anni quando, abbandonata dalla famiglia, viene internata defini vamente nell’ospedale fioren no. Verso la fine degli anni se4anta, nel laboratorio espressivo La Tinaia, a)vo nella
stru4ura, Franca scopre la pi4ura, che pra ca fino al 1984, l’anno della chiusura del S. Salvi. Nei successivi se4e anni trova ospitalità in un is tuto toscano di lungodegenza per anziani non autosufficien . In questo periodo, non avendo la possibilità di esprimere la propria vitalità comunica va, le sue condizioni psichiche regrediscono.
Nel 1991, in seguito all’arresto avvenuto a causa di un modes ssimo reato, entra nell’Ospedale Psichiatrico Giudiziario di
Cas glione delle S viere con la diagnosi: “schizofrenia cronica”. Qui, nonostante la privazione della libertà fisica, Franca
ritrova la libertà per la sua fantasia. Nell’atelier riprende a creare le sue immagini, instaurando un rapporto di fiducia e
amicizia con la condu4rice, con la quale talvolta esce in permesso.
Dimessa nel 1995, torna a Firenze (presso una Casa Famiglia) e riprende a frequentare La Tinaia. Franca Se4embrini muore nel 2003, in seguito a una grave mala)a.
Oltre che nella famosa Collec(on de l’Art Brut di Losanna, l’ar sta è presente in varie Collezioni pubbliche europee. Le sue
opere sono state esposte (nelle colle)ve della Tinaia), in numerose mostre in Italia, in vari paesi europei e negli U.S.A.
PAESAGGI D ANIMA
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Franca settembrini
Il sole traves to, acrilico su tela, cm. 200x126, 1993
PAESAGGI D ANIMA
Franca settembrini
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Biancaneve, acrilico su tela, cm. 188x87, 1994
PAESAGGI D ANIMA
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Franca settembrini
Senza Titolo, tempera su carta, cm. 56x38, 1994
PAESAGGI D ANIMA
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Atelier di pi ura dell’O.P.G.
L’Atelier è nato nel 1990, so o la guida ar s ca di Silvana Crescini.
Is tuito nell’ambito delle a vità riabilita ve della stru ura, il laboratorio si presenta come una bo ega d’arte, con tu
i materiali a disposizione per il disegno e la pi ura. Qui, oltre a liberare la propria crea vità espressiva, il malato-recluso
ha la possibilità di esprimersi con un mezzo comunica vo non verbale che diventa un’occasione terapeu ca.
Il metodo di lavoro ado ato dalla condu rice è sempre stato di po sperimentale, orientato alla maieu ca e alla libera
espressione, con suggerimen sulle tecniche, lezioni sui maestri della storia dell’arte, visite a mostre e musei.
In tu ques anni sono mol ssime le persone che hanno partecipato all’a vità e, fermo restando il valore sociale e
terapeu co dell’esercizio crea vo, esteso a tu i frequentatori, ad alcune persone in par colare l’atelier ha permesso
ad una vocazione latente di manifestarsi. In seguito all’opportunità avuta sono emersi infa degli originali ar s , apprezza sopra u o nel mondo dell’arte outsider. Dal 1991 a oggi, le opere più significa ve sono state presentate in
numerose mostre, sia in Italia che all’estero, pubblicate su cataloghi, libri, riviste. Su questo lavoro sono sta realizza
servizi televisivi, film-documentari e, sempre più frequentemente, l’a vità viene illustrata in seno a congressi, seminari, tavole rotonde.
Grazie all’intensa a vità esposi va, alcuni dipin dell’atelier sono sta acquisi dai
musei: Collec on de l’Art Brut di Losanna; Musée de La Créa on Franche di Bègles in
Francia; MAD Musée di Liegi.
ALCE in rosso (Atelier Libera Crea vità Espressiva/ricerca, organizzazione, sviluppo,
studio, opere) è il nome dell’atelier e dell’associazione, quest’ul ma fondata allo scopo di valorizzare e tutelare sia le opere che gli autori.
Lo spazio dove le immagini diventano parole
In Atelier, Foto Gin Angri
Quante volte, sovrappensiero, prendiamo in mano una penna e tracciamo dei segni su
un foglio: quei segni parlano di noi, danno voce e visibilità a tra della nostra persona altrimen nascos . L’a vità ar s ca pra cata in Ospedale Psichiatrico Giudiziario consiste in questo: sviluppare, potenziare quella voce che perme e alle par più riposte
dell’animo dei sogge interna di trovare un canale espressivo che le por alla luce.
Fru o del sapiente lavoro di Silvana Crescini, l’atelier di pi ura è lo spazio fisico, ma anche emo vo, nel quale ques novelli ar s
danno libero sfogo al loro sen re traducendo in immagini, talvolta con colori sgargian , talaltra cupi, quei mo dell’anima che
spesso non riescono ad esprimere con le parole.
L’atelier accoglie donne e uomini che giungono in O.P.G. al termine di percorsi di vita complessi e fa cosi segna dalla mala a e
culmina nella commissione di un reato non di rado terribile e che qui, prendendo spesso per la prima volta in mano un pennello,
intraprendono un cammino di ricerca di una strada di riabilitazione che li res tuisca alla società.
In un microcosmo, qual è l’O.P.G., dove vivono per anni persone che per mala a, reato, storia personale e familiare non potrebbero essere più diverse fra loro, non di rado l’arte cos tuisce un vero e proprio cuneo che perme e di penetrare personalità par colarmente complesse e difese facilitando il lavoro degli psichiatri e degli psicoterapeu che hanno in cura il sogge o. Libertà espressiva ed ascolto: questa la filosofia di uno spazio nel quale le immagini diventano parole e si fanno finestre su un mondo interiore
ricco e sofferto che chiede con forza di venire alla luce.
Do . Antonino Calogero
PAESAGGI D ANIMA
Dire ore O.P.G.
Artisti atelier
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Giacomo, Senza Titolo, acrilico su carta,
cm. 70x100, 2007
A.Muka, Senza Titolo, acrilico su carta,
cm. 70x100, 2007
PAESAGGI D ANIMA
Artisti atelier
21
Nabila, Senza Titolo, acrilico su tela, cm. 65x52, 1997
PAESAGGI D ANIMA
Artisti atelier
22
Lorenzo Checkthemeaning, Serotonina in can na, tra#o-pen su carta,
cm. 39x56, 2009
PAESAGGI D ANIMA
Artisti atelier
23
Mario, Trinità, acrilico su tela,
cm. 61x53, 1997
PAESAGGI D ANIMA
Artisti atelier
24
Cleo, Il bacio, acrilico su tela, cm. 63x53, 2005
PAESAGGI D ANIMA
Artisti atelier
25
Giuliana, Senza Titolo, acrilico su tela, cm. 61x53, 2007
PAESAGGI D ANIMA
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L'arte outsider
La prima figura importante nella storia dell'interesse per la produzione ar s ca (sopra u o pi orica) degli interna nei
manicomi è certamente Cesare Lombroso. È del 1863 la pubblicazione del suo libro Genio e Follia in cui lo psichiatra veronese espone la sua idea di arte dei mala di mente. Per lui i “ma'” sono fondamentalmente “incapaci di seria applicazione e di stabilità di cara ere, d’a enzione, di memoria, che sono le do essenziali onde si feconda l’ingegno”. In tal
senso per lui, influenzato dal pensiero posi vista, le opere dei mala mentali sono da escludere dal novero delle produzioni ar s che, perché da ritenere collegate esclusivamente alla mala'a: mere manifestazioni “patologiche”.
Per rivoluzionare questo modo di pensare bisognerà aspe are il Novecento, periodo in cui si creeranno le condizioni
favorevoli per il riconoscimento della qualità ar s ca dell'arte dei folli. In effe', quando, dopo il 1890, il posi vismo
entrerà in crisi, Sigmund Freud svilupperà la sua teoria psicoanali ca e si affermeranno le avanguardie ar s co-le erarie
legate ai temi dell’inconscio, del sogno e del superamento dell’ogge'vismo, allora inizierà a cambiare anche il modo di
guardare a quest’arte.
Si può dire che il vero punto di svolta viene raggiunto con la pubblicazione, nel 1922, di un libro dello psichiatra tedesco
H. Prinzhorn: Bildnerei der Geisteskranken. Al centro di quest'opera sulla a vità figura va dei mala mentali sta il conce o di Gestaltung. Con questo termine Prinzhorn intende l’impulso originario, il bisogno di espressione che c’è in ogni
uomo, compreso quello “malato mentale”. Egli in tal modo, distaccandosi defini vamente dall'autorità delle idee lombrosiane, conferisce dignità ar s ca alle creazioni dei folli, ritenendo che i dipin dei mala siano opere d’arte auten ca,
fru o della Gestaltung presente nell’ar sta benché “malato”.
Prinzhorn arricchisce il libro di molte immagini (fotografie di opere da lui raccolte presso la clinica di Heidelberg, dove
lavorava), in modo da proporre “dire amente” i quadri alla visione dei le ori. È proprio questo
apparato illustra vo ad a'rare l’a enzione di numerosi ar s e fin dalla prima pubblicazione il
libro inizia a circolare negli atelier di ar s del Bauhaus, tra gli espressionis e i surrealis
(sappiamo con sicurezza che lo conobbero e apprezzarono per esempio Paul Klee, Max Ernst,
Jean Arp e André Breton), fino a giungere nelle mani di Jean Dubuffet.
Costui, nato nel 1901, è un pi ore francese, rampollo di una ricca famiglia di commercian di
vini, che, negli anni Ven e Trenta, è alla ricerca di un'arte e di una crea vità indipenden dall’establishment culturale dominante. Convinto della necessità di fare tabula rasa delle sovrastru ure culturali e dell’eredità accademica per poter dare corpo alle proprie voci interiori, Dubuffet cerca un'arte spontanea, autosufficiente, an conformista e ribelle. La trova, dopo un mico viaggio in Svizzera nell'estate del 1945 (durante il quale compie una esplorazione dei manicomi elve ci alla ricerca di creatori tra gli interna , nella speranza di trovare opere dello stesso
livello di quelle presentate nel libro di Prinzhorn), nelle produzioni ar s che dei mala di mente. In uno scri o immediatamente successivo a questo viaggio, così si esprime: “Nell’arte ci sono
(sempre e dovunque) due ordini. C’è l’arte solita (o colta) [...] e c’è (fur va e selva ca come una
cerva) l’arte che chiamiamo Art Brut […]. Gli autori, lo vedete, sono gente che per lo più non fa
Jean Dubuffet, 1901- l’ar sta di mes ere, che si dedica occasionalmente a questa a'vità; le cose che fanno servono a
1985
loro uso e incanto, non pensano ad una des nazione grandiosa, sono mossi dal solo bisogno di
esternare le feste che si svolgono nel loro spirito. Arte modesta! Che spesso ignora perfino di
chiamarsi arte”.
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È la teorizzazione dell'Art Brut: le eralmente “arte grezza”, ma Dubuffet trova in quel “brut” tu a la freschezza, la vitalità, l'effervescenza dello champagne.
È l'arte che si manifesta in quei prodo', crea da persone prive di cultura, in cui tu o (sogge', scelta dei materiali,
simbologie, etc.) deriva esclusivamente dagli impulsi dell’ar sta; un’arte, quindi, completamente pura, cara erizzata da
una “selvaggia” potenza crea va, immune dalle convenzioni culturali che, invece, cara erizzano l’arte tradizionale e/o
quella in voga in un dato momento storico.
Negli anni Cinquanta e Sessanta Dubuffet si adopera per creare una vera e propria collezione di questo po di opere,
giungendo a raccoglierne più di cinquemila: le donerà alla ci à di Losanna nel 1976, quando viene inaugurata la Collecon de l'Art Brut, ancora oggi visitabile presso il castello di Beaulieu, a Losanna appunto.
Da allora ad oggi la situazione è in parte cambiata: dopo Dubuffet i cri ci sono anda alla ricerca di una categoria più
ampia di quella di Art Brut, che possa includere tu e le manifestazioni ar s che ancora “alterna ve” alla cultura ufficiale, in un contesto, però, di crescente globalizzazione culturale come quella odierna (in cui nessuno più può vivere tanto
isolato da poter essere condiderato “immune” da qualsiasi condizionamento culturale). Al giorno d'oggi si parla, quindi,
di outsider art. Certo, non è facile definirla e ancora gli studiosi sono divisi. C’è chi sos ene che gli ar s outsider vadano
cerca tra le persone che oggi non sono influenzate dalle esortazioni e dalle norme sociali e culturali, come ad esempio
gli individui esilia socialmente e psicologicamente. Altri includono nella categoria dell’arte outsider le produzioni nate
in condizioni di stato mentale profondamente alterato, come nella psicosi o durante gli sta mis ci.
In ogni caso, pur fra incertezze teoriche e seman che, dagli anni Se anta ad oggi il fenomeno dell’outsider art è esploso.
In Italia sono state fondamentali due mostre, entrambe curate dalla studiosa Bianca Tosa': Figure dell’anima. Arte irregolare in Europa, alles ta nel 1998 a Pavia e a Genova in cui, per la prima volta in Italia, sono state esposte le opere della Collezione Prinzhorn, insieme a quelle di ar s storici dell’Art Brut e di ar s provenien da is tuzioni manicomiali
italiane; e Outsidert Art in Italia. Arte irregolare nei luoghi della cura, alles ta a Milano nel 2003, in cui sono state esposte le opere di ar s italiani storici e opere provenien dai più importan ateliers di is tuzioni psichiatriche italiane (tra i
quali quello all'interno dell'Ospedale Psichiatrico Giudiziario di Cas glione delle S viere).
Riferimen bibliografici:
TANSELLA, C. (2006) La metà nascosta dell’Arte Contemporanea. Storia dell’Arte Outsider da Prinzhorn a oggi, Tesi di
laurea, Università degli studi di Bologna.
TOSATTI, B. (2006) Oltre la ragione. Le figure, i maestri, le storie dell’arte irregolare, Skira, Milano.
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E. Husserl e la fenomenologia
Il mio corpo che conosco nella molteplicità delle esperienze quo diane si rivela
come ciò che mi inserisce in un mondo, ciò grazie a cui esiste per me un mondo.
Il corpo-cosa che io conosco nei libri di fisiologia o nelle tavole d’anatomia non è
un’altra realtà, ma è la stessa presente in un'altra modalità, nella modalità ogge'vante della scienza biologica.
U. Galimber
Edmund Husserl, il fondatore della Fenomenologia, nasce a Prossnitz (in Moravia) nel 1859. Studia e si laurea in matemaca a Berlino e in seguito frequenta, a Vienna, le lezioni di Brentano. Nel 1891 pubblica la Filosofia dell’aritme ca e nel
1901 viene nominato Professore di Filosofia all’Università di Go'nga. Nello stesso anno pubblica le Ricerche logiche in
cui sos ene, contrariamente alla prima opera, che le leggi logiche sono rigorosamente universali e necessarie e proprio
per questa ragione non possono dipendere da leggi psicologiche. Nel 1911 pubblica la Filosofia come scienza rigorosa e
nel 1913 la sua opera più famosa e importante: Idee per una fenomenologia pura e una filosofia fenomenologica. Nel
1916 passa ad insegnare a Friburgo, fino al 1928. Muore nel 1938.
Husserl ha lasciato una grande quan tà di inedi ; da ques manoscri' sono sta tra' parecchi libri tra i quali, il più noto, La crisi delle scienze europee, pubblicato nel 1954. Impegna tu a la sua vita nello studio, nella ricerca e nell’insegnamento. Alla sua scuola si formano oltre a Mar n Heidegger, che diventa suo assistente e collaboratore, Karl Löwith, Eugene Fink, Emmanuel Lévinas; altri, come Sarte e Merleau-Ponty, risentono in modo decisivo dell’influenza della sua filosofia.
La sua Fenomenologia è scienza delle essenze, cioè del modo pico di apparire dei fenomeni alla coscienza. Gli ogge'
della Fenomenologia non sono i da di fa o, ma le essenze, ossia gli universali che la coscienza intuisce quando ad essa
si presentano i fenomeni. La conoscenza nasce dall’esperienza di fa' ma in ques coglie sempre l’essenza. I fa' non
sono che casi par colari dell’essenza e solo a raverso essa si possono cogliere. Le essenze, a differenza di quanto sostenevano gli Empiris , non si colgono a raverso astrazioni ma mediante un’intuizione eide ca. Io percepisco, ricordo, immagino ogge' bianchi, neri, gialli e rossi... Nella realtà potrebbero anche non esistere, ma quando si presentano alla
coscienza sono da realmente e col a raverso l’essenza di colore. Il par colare quindi si conosce a raverso l’universale. Un altro esempio: il pi ore espressionista Franz Marc, nel dipingere dei cavalli azzurri, rappresenta una qualità che
non è osservabile in natura, ma che è invece, probabilmente, l’essenza propria del cavallo stesso, quella che si potrebbe
definire “equinità”, la quale è il cavallo nella sua generalità, nella sua astra ezza. Non quindi l'animale preso singolarmente e neppure soltanto la specie zoologica, ma anche qualsiasi espressione che, presentandosi alla nostra coscienza, ci
ricordi un cavallo.
La coscienza è sempre coscienza di qualcosa, è cara erizzata dall’intenzionalità verso un ogge o. Nel linguaggio di Husserl l’ogge o nei suoi modi di essere (percepito, ricordato, immaginato) è definito noema mentre con il termine noesi
viene indicata la direzione verso l’ogge o (il percepire, il ricordare, l’immaginare). Il fa o che la coscienza sia sempre
coscienza di qualcosa, sia cara erizzata dall’intenzionalità, non implica che questo qualcosa esista realmente fuori della
coscienza. Quel che conta è ciò che appare alla coscienza al di là della sua esistenza o meno fuori di essa. Infa' Husserl
ri ene necessario operare una epochè o riduzione fenomenologica; ciò significa: a differenza di quanto fanno le scienze
naturali, sospendere ogni affermazione circa la realtà del mondo.
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Ogni credenza, ogni a eggiamento ingenuo intorno all’esistenza di un mondo esterno va messa tra parentesi: non può
diventare il fondamento di una filosofia concepita come scienza rigorosa. Ciò che rimane dopo l’epochè, il residuo fenomenologico, è la coscienza e i suoi ogge', la cui esistenza è assolutamente certa ed evidente. La riduzione fenomenologica me e in luce un Io trascendentale diverso dall’Io empirico e naturale dell’uomo, cioè quella condizione che rende possibile tu o ciò che esiste.
Husserl, con la sua Fenomenologia intende recuperare il senso perduto della realtà impoverita e rido a in un mondo di
mere cose e di fa' senza significato. Ques sono i temi che cara erizzano anche l’ul ma sua riflessione contenuta
nell’opera La crisi delle scienze europee apparsa postuma. È una cri ca alla concezione posi vis ca della scienza, quella
“mera scienza di fa' che crea meri uomini di fa o”. Non è in ques one la scien ficità o l’u lità della scienza ma il suo
significato per l’esistenza umana. Egli ravvisa nella matema zzazione della natura, operata dalla scienza galileiana, l’origine della perdita di sogge'vità e quindi il venir meno della responsabilità per il mondo. Galileo, mentre scopre, occulta l’originaria vita della sogge'vità e i suoi rappor con il mondo. Il mondo della vita è l’ambito delle nostre originarie
formazioni di senso. La scienza ha avuto origine da questo mondo ed è nata per risolvere i problemi che, come uomini,
incontriamo in questo mondo. La scienza è in crisi perché ha perso i conta' con la dimensione dei bisogni, delle emozioni, degli scopi, perché ha
dimen cato che l’origine, il significato e il fine di tu e le a'vità umane,
compresa essa stessa, stanno nell’uomo stesso. “Questa scienza non ha
niente da dirci. Essa esclude di principio proprio quei problemi che sono i
più sco an per l’uomo... I problemi del senso e del non senso dell’esistenza umana nel suo complesso”.
Nello specifico dello studio dell'uomo, l'errore della scienza è stato quello
di ridurre il corpo vivo (Leib), intenzionato in un mondo, all'equivalenza di
un corpo fisico (Körper) ogge o di studio, ricorrendo ad una realtà non
organica (psiche) per spiegare tu o ciò che risultava inspiegabile a par re
da un corpo rido o ad organismo. Husserl, cercando di superare quel dualismo che ha cara erizzato la filosofia occidentale da Platone a Cartesio,
ri ene che psiche e corpo non siano due elemen connessi tra loro ma
un'unità: la psiche è incarnata nel corpo vivo. Pensiamo alle sensazioni di
dolore, felicità, paura: esse sono vissute dentro il corpo vivo e lo coinvolgono interamente. La scienza deve tornare al mondo della vita
(Lebenswelt), all'uomo concreto; ciò non significa un rifiuto della scienza e
della tecnica ma il recupero del loro auten co fine e significato: la responsabilità verso l’umanità.
Riferimen bibliografici:
GALIMBERTI, U. (1994) Il corpo, Feltrinelli, Milano.
SALA, R. (s.d.) Natura e mondo-della-vita: Husserl e la crisi delle scienze
europee, reperibile all'indirizzo: <www.noein.net>.
WETZ, F. J. (2003) Husserl, Il Mulino, Bologna.
Edmund Husserl, 1859-1938
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L. Binswanger: oltre l'antropologia freudiana
Negli ul mi tre secoli gli studi di medicina e di biologia hanno voluto comprendere la fisiologia e la patologia del corpo, escludendone la mente, in
buona misura lasciata alle cure della filosofia e della religione. Anche quando essa divenne il punto focale di una specifica disciplina (la psicologia),
non riuscì a guadagnarsi l’accesso alla biologia o alla medicina - almeno fino
a tempi recen . Ne risulta che è stato amputato il conce o di umanità con
il quale la medicina opera.
A. R. Damasio
L’idea originaria dell’opera scien fica di Freud si può dire sia la concezione dell’homo natura, dell’uomo in quanto natura,
in quanto creatura naturale. Homo natura significa che al fondo dell’uomo, quale principio della sua vita, delle sue volizioni e delle sue azioni stanno delle pulsioni: oscure (inconsce) e incontrollabili forze naturali che tendono teleologicamente a mantenere la salute dell'organismo (ossia a conquistare il piacere e ad evitare il dispiacere) e che si muovono in
base a meccanismi energe ci regola da quella forma del desiderio che Freud chiama “libido”.
A questo proposito il fondatore della psicoanalisi scrive: “Spesso, nelle dinamiche psichiche, può accadere che appaia un
impulso, una forza, una pulsione di desiderio che sia in contrasto, in ne o confli o, con gli altri desideri dell’individuo.
Questo perché accade? Perché si origina una forte incompa bilità, una vera e propria lo a, tra ques desideri profondi e
le esigenze e che ed este che della personalità”.
Scrive a questo proposito lo psichiatra svizzero Ludwig Binswanger: “Ci troviamo di fronte alla «fisica della psiche» di
Freud, in cui la personalità viene trasformata in un serbatoio di forze. Il des no della personalità non è [in questo modo]
determinato dal che cosa dei suoi vissu , cioè da qualcosa di puramente psicologico (che ha sempre un cara ere soltanto
qualita vo), bensì dall'en tà dei suoi vissu , cioè dalla somma di energia psichica di cui dispone. A decidere del des no
della personalità sono le variazioni del manometro di questo serbatoio, la distribuzione [operata dalla libido] delle masse
di energia nei vari vasi comunican dell'apparato psichico, il riflusso, il ristagno, la mobilità, la possibilità di spostamento,
ecc. delle masse di energia”. L’approdo finale di questo ragionamento di Freud è quello di darci un’immagine dell’uomo
come “uomo diviso”: l’uomo “è vissuto” dal suo inconscio e quest’ul mo, a sua volta, è determinato dagli equilibri di
forze (pulsioni del desiderio) del suo organismo.
Il tra o fondamentale di questa visione antropologica è, per Binswanger, la depersonalizzazione dell’uomo. Scrive: “Il più
importante fra i tra' fondamentali [della teoria freudiana è] la spersonalizzazione o depersonalizzazione dell’essere
umano, processo che oggi è giunto a un punto tale che lo psichiatra (e a maggior ragione lo psicoanalista) non può dire
più semplicemente: io, tu, egli vuole, desidera, ecc. qualche cosa (e solo ciò corrisponderebbe ai da di fa3o fenomenici),
bensì, con una chiara sustruzione teore co-costru'va: il mio, il tuo, il suo Io desidera qualche cosa”.
Ora, questa idea di uomo non è autoevidente: è – argomenta Binswanger – semplicemente il risultato del metodo scien fico naturalis co usato per studiare l’uomo (è una costruzione scien fica, un ar ficio scien fico): questo uomo, l’homo
natura, non cos tuisce l’origine, bensì un’esigenza della ricerca scien fica naturalis ca che limita e riduce la totalità
dell’esperienza umana a un modo par colare di esperienza, quella, appunto, denominata “scienza”.
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Insomma: Binswanger afferma che il desiderio in quanto fondamento della macchina
umana è derivato proprio dal concepire l’uomo come macchina; si is tuisce così un circolo vizioso in cui le par in causa si convalidano a vicenda. D’altra parte, secondo Binswanger, questo circolo vizioso è una conseguenza e, nello stesso tempo, un fondamento del metodo scien fico naturalis co e ha una sua gius ficazione soltanto all’interno di
esso.
A questo sguardo scien fico, inoltre – ed è la cri ca decisiva che Binswanger porta contro la concezione naturalis co-posi vista dell’uomo-natura – sfugge proprio l’elemento
essenziale per l’auten ca comprensione dell’essere-uomo, quello che egli chiama “il
fa o antropologico originario”, il fa o cioè che l'esistenza è sempre la mia, la tua, la
nostra esistenza, il fa o che siamo sempre e solo noi ad assumere un certo comportamento. Trascurare questo fa o fondamentale porta Freud, secondo Binswanger, a non
considerare tu o l'ambito di problemi ontologici che si conne ono al vero e proprio chi,
al sogge o di ogni comportamento, all'ipseità. Se questa ipseità viene in qualche modo
obie'vata, isolata e teorizzata in un Io o un Es, un Io e un Super-io, viene anche esiliata
dall'esistenza e, da un punto di vista ontologico-antropologico, “strangolata”.
Ludwig Binswanger,
Ciò che sfugge alla visione dell'uomo di Freud, per la quale la vita umana è dire a (quasi
1881-1966
– verrebbe da dire – “dal di fuori”) dalle pulsioni libidiche, è, in fin dei con , da questo
punto di vista, la dimensione dell’e cità. Essa, infa', rimarca Binswanger, è interpretata dalla psicoanalisi come una
forza inibitrice (nega va) e non liberatrice/creatrice (posi va). In tal senso la vita e ca è rinuncia/repressione della
naturalità. Scrive con chiarezza lo psichiatra svizzero: “Ci troviamo di fronte al fa o estremamente significa vo che
nella do rina di Freud, in questo diametralmente opposta a quella di Agos no e di Fichte, il «buono», l’e co è solo una
forza nega va, inibitoria, limitante, una forza che condanna e reprime, e non possiede una virtù originariamente posi va, cioè liberatrice e crea va. Qualsiasi «trasformazione delle pulsioni egois che in pulsioni sociali», e cioè è lecito dire,
tu e le trasformazioni delle pulsioni e delle intenzioni ca've in pulsioni e intenzioni buone, avvengono secondo Freud
a raverso la costrizione”.
Preferire la schiavitù e l'asservimento alle pulsioni, invece che la libertà crea va di autodeterminarsi: in questo sta, per
Binswanger, il grande fraintendimento che vizia alla base la visione antropologica di Freud e di chiunque si ponga, per
comprendere chi sia l'uomo, da un punto di osservazione puramente naturalis co.
Riferimen bibliografici:
BINSWANGER, L. (2007) Per un'antropologia fenomenologica, Feltrinelli, Milano.
DAMASIO, A. R. (2005) L’errore di Cartesio, Adelphi, Milano.
FREUD, S. (1996) Lezioni di psicoanalisi, Herbita editrice, Palermo.
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RINGRAZIAMENTI
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La mostra “PaesaggidAnima” è stata realizzata grazie all’aiuto e alla sinergia di persone, en , is tuzioni e aziende che hanno creduto nel valore
pedagogico e socio-culturale del proge o che ha sorre o l’inizia va. In par colare essa è il fru o di una collaborazione, nell’ambito della rassegna
culturale “PaesAgire”, tra l’Is tuto Scolas co di Istruzione Secondaria Superiore (ISISS) “Marco Casagrande” di Pieve di Soligo (TV), il Comune di
Pieve di Soligo – Assessorato alla Cultura, Antennacinema e l’atelier di pi ura dell’Ospedale Psichiatrico Giudiziario (O.P.G.) di Cas glione delle
S viere (MN).
Si ringraziano:
per l’ISISS “M. Casagrande”, il Dirigente Scolas co prof. Paolo Rigo (la cui lungimiranza è stata il prerequisito fondamentale per la realizzazione del
proge o), il Dire ore dei Servizi Generali e Amministra vi do .ssa Francesca Orelli (il cui appassionato contributo organizza vo è stato assolutamente essenziale), la segreteria (in par colare la sig.ra Nicole a De Pellegrin) e il personale A.T.A.; i docen promotori del proge o proff. Ennio
Damuzzo e Loris Viezzer; le classi 5A e 5B del Liceo Socio-psico-pedagogico e 5B e 5D del Liceo Scien fico (in par colare gli studen Ajar Ait Oumghar,
Lucia Barazzuol, Eleonora Bosche o, Federica Brescancin, Silvia Cenedese, Andrea Coan, Cris na De Conto, Valen na Foltran, Debora Guerra, Francesca
Marin, Greta Nicare a, Valen na Parisi, Fabio Campeol) per i contribu di studio inseri nel presente catalogo; i numerosi studen delle classi 3B, 5A e 5B
del Liceo Socio-psico-pedagogico e 5B e 5D del Liceo Scien fico per l’offerta del servizio volontario di guardiania alla mostra; la studentessa Cris na De
Conto, per l’elaborazione grafica dell’immagine di coper na (e della cartolina-invito e della locandina pubblicitaria della mostra), gli studen Alessandro
Venier e Tommaso Fedullo, per la proge azione grafica (appassionata e competente) del presente catalogo;
per il Comune di Pieve di Soligo, l'Assessore alla Cultura do . Nicola Sergio Stefani (per la fiducia accordata alla scuola e per il fa'vo contributo dato alla
definizione e alla concre zzazione del proge o), le do .sse Angela Tomasi e Annalisa De Stefani, responsabili dell'Ufficio Cultura, Michelangelo Dalto,
dire ore ar s co di PaesAgire;
per l'Azienda Ospedaliera “C. Poma” di Mantova, il do . Antonino Calogero, dire ore dell’Ospedale Psichiatrico Giudiziario di Cas glione delle S viere;
Silvana Crescini, condu rice dell'Atelier ar s co dell'O.P.G. di Cas glione delle S viere (per la passione, la dedizione e l'affe o che dedica ai suoi ar s e
per la incondizionata disponibilità alla collaborazione al proge o);
Giacomo, A.Muka, Nabila, Lorenzo, Mario, Cleo, Giuliana;
l’Azienda Perlage s.r.l. di Soligo (TV), in par colare Ivo Nardi (per la premurosa a enzione e il crea vo sostegno al proge o) e Erika Gallon (per la sua
a enta collaborazione);
il do . Tiberio Monari, psichiatra del Gruppo nazionale di studio sulla salute mentale CGIL FP (per la sua estrema disponibilità);
il prof. Lodovico Cappellari, dire ore del D.S.M. dell'ULSS 15 “Alta padovana” di Ci adella (PD) e vicepresidente nazionale della Società Italiana di Psichiatria;
M. Emanuela Forbicioni e Lorena Bellini (per la vicinanza e l’aiuto prezioso);
le persone che, in vari modi, hanno dato il loro contributo di idee alla delineazione del proge o o hanno contribuito alla sua concreta a uazione: i proff.
dell’ISISS “M. Casagrande” Loris Dal Pos, Pierangelo Gobbato, Elisa Lazzari, Alfredo Dall’Amico, Stefano Brunello e Alfio Torrisi; Aldo Merlo, Renato Spagnol,
Franco Ballancin, Francesca Costella, il Gruppo Euromobil (per gli arredi), Marta Biffis, Guglielmina Chiappino o;
Rosita Gose o (per l'aiuto prezioso e intelligente e sempre indispensabile).
Dicembre 2011 - Stampato in 1000 copie presso la Tipografia Ba'velli di Conegliano (TV).
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