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L`AUTOTRASPORTO DI MERCI IN ITALIA DA PARTE DI IMPRESE

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L`AUTOTRASPORTO DI MERCI IN ITALIA DA PARTE DI IMPRESE
L’AUTOTRASPORTO DI MERCI IN ITALIA
DA PARTE DI IMPRESE STABILITE ALL’ESTERO
Il trasporto di merci su strada per conto terzi su territorio italiano
può essere effettuato anche da imprese di autotrasporti stabilite
all’estero, purché nell’ambito di un trasporto internazionale. Può anche
trattarsi di trasporto interamente interno ai confini italiani (cabotaggio),
ma in tal caso vanno rispettati limiti stringenti.
Esaminiamo di seguito le autorizzazioni e gli altri documenti che
l’autotrasportatore deve tenere a bordo del veicolo ed esibire a richiesta
degli agenti italiani preposti al controllo, nonché le sanzioni cui può
andare incontro in caso di mancata esibizione degli stessi.
1)
LE AUTORIZZAZIONI E GLI ALTRI DOCUMENTI DA TENERE
A BORDO DEL VEICOLO
a)
La licenza comunitaria
Il regolamento CE n. 1072/2009 (che dal 04.12.2011 sostituisce il
regolamento CE n. 881/1992) disciplina la licenza comunitaria per il
trasporto internazionale di merci su strada per conto terzi, con la quale
ciascuna impresa di autotrasporto avente stabilimento in uno Stato
membro può svolgere la propria attività in tutto il territorio UE, salve
alcune limitazioni.
La licenza è necessaria solo per trasporti di merci con autoveicoli
il cui peso massimo a carico ammissibile, compreso quello dei rimorchi,
superi le 3,5 tonnellate. Se, invece, il peso massimo è pari o inferiore a
3,5 tonnellate, il trasporto non richiede la licenza comunitaria e l’art. 1.5,
lett. c), del regolamento CE n. 1072/2009 lo esenta espressamente da
ogni
speciale
autorizzazione
per
il
trasporto
internazionale
intracomunitario.
La licenza comunitaria è rilasciata dalle autorità competenti dello
Stato membro di stabilimento dell’impresa di autotrasporti. La licenza è
unica per ciascuna impresa, perciò occorre chiedere il rilascio di un
numero di copie certificate conformi corrispondente al numero di veicoli
(immatricolati in ambito UE) di cui l’impresa di autotrasporti disponga,
anche a titolo di noleggio, leasing o altro. A bordo di ciascun veicolo
deve, infatti, trovarsi una copia certificata conforme della licenza
comunitaria, che va esibita a richiesta degli agenti preposti al controllo
(art. 4.6 del regolamento CE n. 1072/2009).
La licenza comunitaria è necessaria per i soli veicoli a motore e,
perciò, in caso di complesso veicolare, va tenuta a bordo del trattore
stradale ed estende i suoi effetti anche al rimorchio o semirimorchio.
Solo per il trattore stradale è necessaria l’immatricolazione in uno Stato
membro, mentre il rimorchio o semirimorchio può anche essere
immatricolato in uno Stato terzo.
b)
L’attestato di conducente
Per quanto riguarda i conducenti di veicoli che effettuano trasporti
intracomunitari di merci su strada per conto terzi, è ovviamente
necessario che essi dispongano di idonea partente di guida, valida per
l’Europa. Oltre alla patente, i soli conducenti che non siano cittadini di
uno Stato membro necessitano altresì dell’attestato di conducente
previsto dall’art. 5 del regolamento CE n. 1072/2009.
L’attestato di conducente è rilasciato all’impresa di autotrasporti
(e non al conducente stesso) dalle autorità competenti del suo Stato
membro di stabilimento. Si tratta di un documento nominativo, che
identifica l’impresa di autotrasporti ed il conducente e certifica la
regolarità del relativo rapporto di lavoro. Occorre, pertanto, richiedere un
attestato e una copia certificata conforme per ogni conducente
extracomunitario
alle
dipendenze
dell’impresa
di
autotrasporti.
L’attestato va tenuto in originale a bordo del veicolo guidato dal
conducente extracomunitario ed esibito a richiesta degli agenti preposti
al controllo, mentre la copia certificata conforme va conservata nei locali
dell’impresa.
c)
Contratto di noleggio e contratto di lavoro del conducente
L’art. 2 della direttiva CE 2006/1 impone a ciascuno Stato
membro di consentire alle imprese di autotrasporti stabilite in altri Stati
membri l’utilizzazione nel suo territorio di veicoli presi a noleggio (o in
leasing) senza conducente, a condizione che tali veicoli siano guidati da
personale proprio della stessa impresa che li utilizza. A bordo del veicolo
devono trovarsi i seguenti documenti:
-
contratto di noleggio (o di leasing) o estratto autenticato del
contratto contenente in particolare il nome del noleggiante, il
nome del noleggiatore, la data e la durata del contratto e
l’identificazione del veicolo;
-
contratto di lavoro del conducente o estratto autenticato del
contratto, contenente in particolare il nome del datore di lavoro, il
nome del dipendente, la data e la durata del contratto di lavoro, o
un foglio paga recente.
A seguito di questa direttiva, lo Stato italiano si è limitato ad
emanare una circolare ministeriale (la n. 63/M4 del 08.05.2006 del
Ministero delle infrastrutture e dei Trasporti) ribadendo l’obbligo di tenere
a bordo del veicolo noleggiato il relativo contratto di noleggio e il contratto
di lavoro del conducente. Sennonché, le circolari ministeriali non sono
fonti normative e, quindi, non sono idonee ad implementare le norme di
una direttiva che, come noto, vincola esclusivamente gli Stati membri e
non può in alcun caso essere invocata quale atto dotato di efficacia
diretta a carico dei privati.
Può, però, ritenersi che l’ordinamento italiano fosse già
“preconformato” alla direttiva e non fosse, perciò, tenuto a darvi ulteriore
implementazione, in quanto già il D.M. n. 601 del 14.12.1987 prevedeva
all’art. 4 l’obbligo di tenere a bordo del veicolo noleggiato il relativo
contratto di noleggio e il contratto di lavoro del conducente, entrambi in
originale o copia autentica. Di conseguenza, al fine di evitare probabili
contestazioni, è opportuno tenere sempre tali documenti a bordo del
veicolo noleggiato.
d)
Documentazione relativa all’attività di cabotaggio
La licenza comunitaria consente anche, ai sensi degli artt. 8 e 9
del regolamento CE n. 1072/2009, l’attività di cabotaggio stradale di
merci, ossia la prestazione di servizi di trasporto di merci su strada per
conto terzi entro i confini di uno Stato membro diverso da quello di
stabilimento dell’impresa comunitaria. Il cabotaggio si distingue dal
trasporto internazionale intracomunitario, in quanto si svolge interamente
all’interno dei confini di un unico Stato membro (diverso da quello di
stabilimento).
Il cabotaggio stradale di merci è consentito soltanto in via
temporanea e resta soggetto a varie limitazioni quantitative Il primo
limite deriva dalla necessità che la presenza del veicolo all’interno dello
Stato membro ospitante si giustifichi in forza di un precedente trasporto
internazionale. Gli altri limiti (quantitativi) si differenziano a seconda che
lo Stato membro ospitante sia quello di destinazione del precedente
trasporto internazionale o sia uno Stato diverso. Nel primo caso, il co. I
dell’art. 8.2 del regolamento CE n. 1072/2009 circoscrive la durata
complessiva dell’attività di cabotaggio ad un arco temporale massimo di
sette giorni dall’ultimo scarico relativo al trasporto internazionale e fissa
un limite di tre operazioni consentite in detto arco temporale. Nel
secondo caso, il co. II stabilisce che possa essere effettuata un’unica
operazione entro tre giorni dall’ingresso del veicolo vuoto nel territorio
dello Stato membro ospitante, ferma la possibilità di effettuare altre due
operazioni in diversi Stati membri, il tutto sempre nell’arco temporale
massimo di sette giorni dall’ultimo scarico relativo al trasporto
internazionale.
Il rispetto dei suddetti limiti quantitativi deve essere rigorosamente
documentato. In Italia, non è più richiesto che le annotazioni avvengano
in un apposito libretto dei resoconti. Tuttavia, il D.M. 03.04.2009, in
conformità con l’art. 8.3 del regolamento CE n. 1072/2009, continua a
richiedere il possesso di documentazione che attesti il trasporto
internazionale in entrata e che, per ogni operazione di cabotaggio, riporti
almeno:
-
il nome, l'indirizzo e la firma del mittente;
-
il nome, l'indirizzo e la firma del trasportatore;
-
il nome e l'indirizzo del destinatario, nonché la sua firma e la data
di consegna una volta che le merci siano state consegnate;
-
il luogo e la data di presa in consegna delle merci e il luogo di
consegna previsto;
-
la descrizione della merce e del suo imballaggio nella
terminologia comune e, per le merci pericolose, la denominazione
generalmente
riconosciuta,
nonché
il
numero
contrassegni speciali ed i numeri riportati su di essi;
di
colli,
i
-
il peso lordo o la quantità, altrimenti espressa, delle merci;
-
il numero di targa del veicolo a motore e del rimorchio.
Le limitazioni quantitative di cui sopra ed il correlato obbligo di
documentazione vengono meno qualora l’attività di cabotaggio sia svolta
nell’ambito di un trasporto combinato (intermodale) di merci. Volendo
incentivare l’intermodalità dei trasporti quale possibile rimedio ai
problemi connessi alla congestione del traffico stradale, alla tutela
dell'ambiente e alla sicurezza della circolazione, infatti, la legislazione
europea ha liberalizzato da ogni restrizione quantitativa il trasporto
combinato di merci.
La direttiva CEE n. 92/106, recepita in Italia con D.M. del
15.02.2001, deroga in forza del criterio di specialità alla normativa
generale sul cabotaggio stradale di merci, rimuovendo tutte le limitazioni
quantitative previste dal regolamento CE n. 1072/2009 e dal D.M.
03.04.2009, a condizione che vengano rispettati alcuni presupposti di
applicabilità.
Presupposto
fondamentale
è,
in
primo
luogo,
la
combinazione della modalità di trasporto terrestre con quella ferroviaria
e/o marittima o per via navigabile interna. In secondo luogo, il
contenitore trasportato deve essere pari o superiore a venti piedi. Gli
ulteriori presupposti differiscono a seconda che si tratti di un trasporto
combinato nave-gomma o rispettivamente ferrovia-gomma:
-
nel trasporto combinato nave-gomma, il tratto su nave deve
essere di almeno 100 km in linea d’aria, mentre quello su gomma
deve essere al massimo di 150 km in linea d’aria tra il punto di
inizio o di termine del viaggio su gomma ed il porto.
-
nel trasporto combinato ferrovia-gomma, il tratto ferroviario deve
essere di almeno 100 km in linea d’aria, mentre quello su strada
deve essere il tragitto più breve tra il luogo di inizio o di termine
del viaggio su gomma e la più vicina stazione ferroviaria
appropriata.
Per quanto concerne il trasporto combinato ferrovia-gomma, deve
ritenersi che la dizione «appropriata stazione ferroviaria» di cui all’art. 1
della direttiva CEE n. 92/106 sia riferibile alle sole stazioni ferroviarie
multimodali che, in relazione alle circostanze del caso, risultino
concretamente idonee quale punto di inizio o di termine del tragitto
ferroviario. I presupposti applicativi della normativa speciale sono,
pertanto, rispettati anche se vi siano altre stazioni ferroviarie più vicine al
punto di inizio o di termine del viaggio su gomma, ma esse non risultino
concretamente funzionali all’intermodalità del trasporto.
Vale la pena notare che spetta all’autotrasportatore dimostrare la
ricorrenza dei presupposti di applicabilità della disciplina speciale sul
trasporto combinato di merci: in mancanza, restano ferme le limitazioni
quantitative per il cabotaggio stradale ed il correlato obbligo di
documentazione.
e)
L’autorizzazione CEMT
La licenza comunitaria non viene in rilievo per quei trasporti
internazionali di merci su strada per conto terzi che interessino anche
paesi extra UE (ossia con partenza, transito o destinazione in Stati
extracomunitari). Per essere abilitati ad effettuare questo tipo di trasporti
è necessario disporre di apposita autorizzazione, disciplinata sulla base
di accordi internazionali bilaterali o multilaterali.
Tra gli accordi multilaterali, il più importante è quello istitutivo della
Conferenza Europea dei Ministri dei Trasporti (CEMT), cui appartengono
anche Stati non aderenti all’UE. Tale accordo prevede un regime
contingentato di autorizzazioni per le imprese di autotrasporti stabilite e
che operino con veicoli immatricolati in uno degli Stati parti dell’accordo
stesso. La merce caricata può, peraltro, avere un’origine diversa rispetto
allo Stato di carico.
Le autorizzazioni sono rilasciate dalle autorità competenti dello
Stato parte di immatricolazione del veicolo a motore ed estende i suoi
effetti anche all’eventuale rimorchio o semirimorchio. È importante
tenere presente che, in caso di complesso veicolare, sia il trattore
stradale che il rimorchio o semirimorchio devono essere immatricolati in
uno Stato parte della CEMT.
L’autorizzazione CEMT, con validità mensile od annuale, può
essere utilizzata per un solo veicolo alla volta e deve trovarsi in originale
(non è sufficiente una copia certificata conforme) a bordo dello stesso tra
il luogo di carico e quello di scarico, nonché durante tutto il percorso in
caso di viaggio a vuoto. Oltre all’originale dell’autorizzazione, a bordo del
veicolo devono essere presenti un certificato di conformità alle norme
tecniche sulle emissioni e sulla sicurezza e un analogo certificato di
conformità per l’eventuale rimorchio o semirimorchio. L’autorizzazione
CEMT è, inoltre, accompagnata da un libretto di viaggio, dove vanno
annotati in ordine cronologico tutti i tragitti (anche in caso di viaggio a
vuoto) effettuati in forza dell’autorizzazione.
2)
LE SANZIONI
a)
Le sanzioni pecuniarie
L’art. 16 del regolamento CE n. 1072/2009 stabilisce che, in caso
di infrazione delle relative disposizioni, siano gli Stati membri a stabilire
ed applicare le conseguenti sanzioni.
In Italia, l’art. 46 della legge n. 298/1974 punisce il trasporto di
cose per conto terzi effettuato in difetto di licenza o di autorizzazione,
oppure violando i limiti stabiliti nella licenza o nell’autorizzazione,
anzitutto con la sanzione amministrativa pecuniaria del pagamento di
una somma compresa tra € 2.065,00 ed € 12.394,00 (ma, in caso di
reiterazione nel quinquennio, la sanzione sarà compresa tra € 2.582,00
ed € 15.493,00). A ciò si aggiunge la sanzione del fermo amministrativo
del veicolo, di cui parleremo infra.
Inoltre, l’art. 46-bis della stessa legge punisce specificamente le
violazioni della disciplina comunitaria e nazionale sul cabotaggio
stradale di merci, anzitutto con la sanzione amministrativa pecuniaria del
pagamento di una somma compresa tra € 5.000,00 ed € 15.000,00.
Anche in questo caso si aggiunge la sanzione del fermo amministrativo
del veicolo, di cui parleremo infra.
Con riferimento alla sanzione prevista dall’art. 46 (ma si deve
ritenere che la stessa cosa valga per quella prevista dall’art. 46-bis),
l’art. 60, co. IV, della stessa legge n. 298/1974, stabilisce che, qualora
l’infrazione sia commessa da veicolo immatricolato all’estero esercente
attività di autotrasporto internazionale o di cabotaggio, si applica quanto
previsto dall’art. 207 c.d.s. e, quindi, il trasgressore straniero viene
ammesso ad effettuare immediatamente a mani dell’agente accertatore
il pagamento in misura ridotta, ossia in misura pari al minimo edittale.
Questo pagamento avviene a titolo di oblazione e comporta, dunque, un
riconoscimento di responsabilità, con conseguente preclusione di una
successiva impugnazione.
Lo stesso art. 207 c.d.s. prosegue stabilendo che, qualora il
trasgressore straniero non si avvalga della facoltà di oblazione, egli
dovrà comunque versare immediatamente all’agente accertatore una
somma di denaro a titolo di cauzione (e ciò mantenendo la possibilità di
proporre successiva impugnazione): in caso di immatricolazione del
veicolo in altro Stato membro dell’UE o aderente all’accordo SEE, la
somma da versare a titolo di cauzione è pari al minimo edittale; in caso
contrario, è pari alla metà del massimo edittale. È bene farsi rilasciare
una quietanza in cui si specifichi che il pagamento avviene a titolo di
cauzione, con riserva di impugnare il provvedimento sanzionatorio, e
non già a titolo di oblazione, quindi senza riconoscimento alcuno di
responsabilità.
Il mancato pagamento della cauzione comporta il fermo
amministrativo del veicolo fino all’effettivo pagamento e, comunque, per
un periodo di tempo non superiore a sessanta giorni. Questo fermo
amministrativo viene applicato non già a titolo sanzionatorio, ma a fini
esclusivamente cautelari. Le modalità esecutive, nondimeno, sono le
medesime del fermo amministrativo sanzionatorio.
Non è chiaro se il periodo di fermo amministrativo cautelare si
sommi a quello del fermo amministrativo sanzionatorio o se, al contrario,
concorra con quest’ultimo. La diversa finalità dei due istituti induce a
ritenere che, trascorsi i sessanta giorni previsti dalla norma, vengano
meno le esigenze cautelari che giustificavano il fermo di cui all’art. 207
c.d.s.; sicché quest’ultimo non potrebbe aggiungersi al periodo di fermo
sanzionatorio. Alcuni comandi di polizia stradale, tuttavia, propendono
per la soluzione interpretativa opposta e, per consentire il recupero del
veicolo dopo lo spirare del fermo amministrativo sanzionatorio,
richiedono al trasgressore di pagare comunque la cauzione.
b)
Il fermo amministrativo e la confisca del veicolo
L’art. 46 della legge n. 298/1974 punisce il trasporto di cose per
conto terzi effettuato in difetto di licenza o di autorizzazione, oppure
violando i limiti stabiliti nella licenza o nell’autorizzazione, oltre che con
la sanzione amministrativa pecuniaria di cui sopra, anche con la
sanzione del fermo amministrativo del veicolo per un periodo di tre mesi.
In caso di reiterazione, si applica la più grave sanzione della confisca del
veicolo.
Inoltre, l’art. 46-bis della stessa legge punisce specificamente le
violazioni della disciplina comunitaria e nazionale sul cabotaggio
stradale di merci, oltre che con la sanzione amministrativa pecuniaria di
cui sopra, anche con la sanzione del fermo amministrativo del veicolo
per un periodo di tre mesi. In caso di reiterazione, il periodo di fermo
amministrativo sale a sei mesi.
Il fermo amministrativo – sia che abbia natura sanzionatoria ai
sensi degli artt. 46 e 46-bis della legge n. 298/1974, sia che abbia natura
cautelare ai sensi dell’art. 207 c.d.s. – viene eseguito mediante
affidamento in custodia del veicolo a una delle autorimesse che abbiano
raggiunto specifici accordi con la prefettura competente. Nell’ambito di
tali accordi, le prefetture dovrebbero concordare con queste autorimesse
delle tariffe determinate; ma spesso accade che per la custodia del
veicolo esse pretendano di cifre esorbitanti, al cui pagamento resta però
condizionata la restituzione del mezzo.
È in ogni caso consigliabile che il trasgressore prenda autonomi
accordi con un’ autorimessa di fiducia e, con l’assenso di quest’ultima,
chieda alla polizia stradale il trasferimento della custodia del veicolo.
Normalmente tale trasferimento viene autorizzato soltanto se la nuova
autorimessa si trova in territorio italiano. In alcuni casi è, invece, stata
concessa la custodia all’estero, anche presso la sede del trasgressore,
ma il veicolo è stato comunque restituito senza documenti di circolazione
(trattenuti dalla polizia stradale fino allo spirare del fermo amministrativo)
e con una semplice autorizzazione a raggiungere il luogo di custodia per
il più breve tragitto possibile.
È bene ricordare che il fermo amministrativo interessa solo il
veicolo (compreso il rimorchio o semirimorchio in caso di complesso
veicolare), ma non le merci trasportate, che potranno in ogni momento
essere recuperate, previo accordo con il custode del mezzo.
Quando venga applicata la più grave sanzione accessoria della
confisca, il veicolo viene immediatamente sequestrato ed è soggetto a
espropriazione da parte dello Stato mediante provvedimento prefettizio.
In tal caso, non è ammesso il pagamento della sanzione in misura
ridotta. Durante il sequestro e fino al provvedimento di confisca, il
veicolo resta depositato presso una delle autorimesse che abbiano
raggiunto specifici accordi con la prefettura competente. Poiché
incomberà sul trasgressore l’obbligo di pagare il corrispettivo, è anche in
questa
ipotesi
consigliabile
prendere
autonomi
accordi
con
un’autorimessa di fiducia. Ci si dovrà, in ogni caso, preoccupare del
recupero delle merci trasportate.
c)
Limiti di applicabilità delle sanzioni
La Corte di Cassazione, con sentenza n. 12697 del 30.05.2007,
ha ritenuto che l’art. 46 della legge n. 298/1974 si limiti a sanzionare il
trasporto effettuato in difetto di rilascio della relativa autorizzazione, non
anche il mancato materiale possesso della stessa autorizzazione a
bordo del veicolo. Si tratta di una pronuncia finora isolata, ma non si
rinvengono precedenti contrari a livello fi giurisprudenza di legittimità.
Secondo la Corte di Cassazione, non si può sanzionare allo
stesso modo il mancato possesso di un documento autorizzativo e la
sua mancata detenzione contingente, perché ciò significherebbe trattare
allo stesso modo due situazioni con un grado di lesività assai differente.
Lo conferma il fatto che «il legislatore, quando ha voluto punire non solo
il mancato rilascio di un qualche documento, ma anche il suo mancato
possesso, lo ha sempre fatto in modo inequivoco, applicando alle
distinte fattispecie diverse sanzioni, come nel caso paradigmatico della
patente di guida».
Di conseguenza, l’art. 46 della legge n. 298/1974 non potrebbe
essere applicato in caso di mancata detenzione dell’autorizzazione a
bordo del veicolo e, non essendo contemplate dall’ordinamento italiano
ipotesi sanzionatorie adeguate, questo tipo di infrazioni dovrebbe per
conseguenza restare privo di sanzione.
La sentenza della Corte di Cassazione riguardava un’ipotesi in cui
l’autotrasportatore straniero non recava a bordo del veicolo copia
certificata conforme della licenza comunitaria, di cui aveva però
dimostrato il rilascio in data antecedente l’infrazione. Deve ritenersi che
lo stesso ragionamento possa estendersi anche all’ipotesi di mancata
detenzione a bordo del veicolo dell’autorizzazione CEMT, purché si
dimostri il suo rilascio in data antecedente l’infrazione e si dia altresì
prova del fatto che nessun altro veicolo circolasse contemporaneamente
con l’autorizzazione a bordo.
Più complicato è estendere il ragionamento della Corte di
Cassazione all’ipotesi di mancata detenzione a bordo del veicolo degli
altri documenti eventualmente necessari, quali l’attestato di conducente,
il contratto di noleggio, il contratto di lavoro del conducente e la
documentazione relativa all’attività di cabotaggio. Tra questi documenti,
soltanto l’attestato di conducente è rilasciato da una pubblica autorità e
la sua data non può, pertanto, essere contestata. Per gli altri documenti,
invece, trattandosi di mere scritture private, è consigliabile effettuare una
copia notarile o adottare altri accorgimenti idonei a conferirvi certezza
della data, altrimenti potrà essere contestata la loro anteriorità rispetto
all’infrazione.
In ogni caso, le prefetture sono solite contestare che la mancata
detenzione di questi documenti a bordo del veicolo non è parificabile alla
mancata detenzione dell’autorizzazione, ma va invece qualificata come
violazione dei limiti stabiliti dall’autorizzazione stessa: ipotesi sanzionata
autonomamente dallo stesso art. 46 della legge n. 298/1974. In tal caso
si potrà replicare che, pur trattandosi di situazione differente rispetto a
quella su cui si è pronunciata la Corte di Cassazione, il suo
insegnamento va comunque rispettato: se si sanzionassero allo stesso
modo situazioni assai eterogenee come il difetto di titolarità dei
documenti necessari e la loro mancata detenzione contingente a bordo
del veicolo, se ne avrebbe una violazione del principio di eguaglianza e
di razionalità normativa di cui all’art. 3 della Costituzione.
Avv. Paolo Zucconelli
Avv. Luca Andretto
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