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Percezione del movimento Quando ci muoviamo nel mondo

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Percezione del movimento Quando ci muoviamo nel mondo
Percezione del movimento
Quando ci muoviamo nel mondo
circostante dobbiamo conoscere non
soltanto la posizione degli oggetti fermi, ma
anche le traiettorie di quelli in
movimento⇒ il movimento è forse la
dimensione più potente dello stimolo
visivo.
L’esistenza del movimento non può mai
essere dimostrata ⇒ per ricrearlo noi
disegniamo due oggetti identici in due
posizioni diverse, e quando guardiamo una
pellicola ne vediamo solo i fotogrammi
“congelati”, statici⇒ il movimento può
soltanto essere “visto”, ma non può essere
afferrato o “documentato”.
La nozione di spostamento - e quella di
movimento - poggiano sulla nozione più
basilare di identità.
Principali temi in percezione del
movimento:
1)
Il contrasto del movimento ⇒
giudichiamo in moto un oggetto a
volte perchè la sua immagine
cambia la posizione sulla retina a
testa ferma, a volte perchè
l’immagine non cambia la posizione
sulla retina, ma il capo segue la
direzione del movimento.
2)
Fenomeni di adattamento ed
effetti consecutivi (after-effects) ⇒
si verificano dopo una prolungata
esposizione al movimento:
rallentamenti, movimenti di certe
parti in direzione opposta;
alterazioni nella percezione di
velocità per movimenti che hanno lo
stesso verso o verso contrario.
3)
Illusioni di movimento ⇒
alterazioni nella percezione del
movimento e della velocità;
movimenti illusori.
4)
Il
movimento
apparente
(stroboscopico) ⇒ il fenomeno più
studiato in assoluto; distinguiamo le
determinazioni delle condizioni di
spazio, tempo e luminanza per la
visione
del
movimento
stroboscopico dalle teorie sulla
visione del movimento, che
propongono diversi modelli neurali.
5)
Determinanti della percezione del
movimento⇒ la visione del
movimento di oggetti a volte
dipende dalle caratteristiche
dell’oggetto, a volte dalle condizioni
in cui si svolge l’osservazione del
soggetto⇒ entrambe possono
influenzare le soglie di movimento.
6)
Risposte di orientamento⇒ sono
quei movimenti degli occhi e del
capo mediante i quali seguiamo gli
spostamenti degli oggetti nel
campo⇒ influenzano la percezione
del movimento; a questo gruppo
appartiene
il
movimento
autocinetico.
7)
La percezione del moto relativo
degli oggetti⇒ velocità, direzioni,
configurazioni nell movimento di
oggetti in mezzo ad altri oggetti,
essendo questi in quiete od in
movimento, risultano più o meno
alterate; a questo gruppo
appartengono il movimento indotto,
il contrasto simultaneo di
movimento, il movimento indotto in
profondità, e perfino il movimento
indotto nell’osservatore (effetto
cinerama).
8)
Le configurazioni cinetiche⇒ tutti
quei fenomeni in cui movimenti
particolari simultanei vengono
riassunti in un movimento generale
che ha caratteristiche diverse dai
movimenti particolari; tipici esempi
di queste configurazioni sono la
ruota di Rubin o la composizione dei
movimenti di Johannson.
9)
Il movimento in profondità e
l’accelerazione⇒ in questo settore
sono raggruppati studi diversi,
accomunati dall’idea che il sistema
visivo fornisce risposte specifiche al
cambamento dinamico di grandezza
degli oggetti. La percezione del
movimento non può esaurirsi nella
descrizione di ciò che accade sul
piano fronto-parallelo; appartengono
a questo gruppo i movimenti
stereocinetici e le configurazioni
cinetiche espressive.
10) La rappresentazione filmica di
spazio e movimento⇒ in questo
settore vengono esaminate le
condizioni di assunzione e di
riproduzione di scene di movimento,
in modo da ottenere nello spettatore
gli effetti desiderati; di particolare
importanza gli studi sui tipi di
transizione tra una scena e la
successiva.
Praticamente tutto si muove⇒ anche
quando gli oggetti attorno a noi sono
stazionari, le loro immagini sulla retina si
muovono, perchè la testa e gli occhi non
sono mai interamente fermi⇒ per questo
esistono speciali sottosistemi visivi per
l’elaborazione del movimento.
Inoltre il movimento è legato all’azione più
di ogni altra dimensione statica dello
s t i m o l o ⇒ il movimento segnala un
cambiamento
nelle
condizioni
dell’ambiente, e il cambiamento può
richiedere una reazione.
Se consideriamo il movimento di un
singolo oggetto, possiamo distinguere:
a) il movimento assoluto⇒ si riferisce al
caso di un oggetto che è visto in un
campo visivo altrimenti omogeneo
(Ganzfeld), o in un campo in cui
l'oggetto è così lontano dagli altri
oggetti che la loro presenza non
influenza il nostro giudizio su di esso;
b) il movimento relativo⇒ ha luogo
quando l'osservatore giudica il
movimento di un singolo oggetto in
riferimento alla posizione di altri
oggetti nel suo campo visivo.
Il movimento è un evento spazio-temporale
definito come un cambiamento della
locazione spaziale nel tempo⇒ quindi
segnala non solo alcune proprietà
dinamiche come direzione e velocità, ma
anche alcune proprietà spaziali, come
posizione e distanza.
Il movimento sull’immagine retinica può
essere una conseguenza
a) dello spostamento dell’oggetto
relativo ad un ambiente stazionario;
b) dello spostamento dell’osservatore
relativo ad un ambiente stazionario;
c) dello spostamento sia dell’oggetto sia
dell’osservatore.
Tutte queste condizioni danno come
risultato dei cambiamenti nella
configurazione della stimolazione retinica,
ma ciononostante noi possediamo una
rappresentazione appropriata della nostra
posizione nello spazio e di quella
dell’oggetto.
Molte cellule corticali sono sensibili al
movimento sulla retina⇒ tuttavia, se si
considera il movimento dell’osservatore
nell’ambiente, nasce il problema di capire
come il sistema percettivo risolva il locus
del movimento (cioè arrivi a decidere dove
ha luogo il movimento).
A volte, nella nostra percezione del
movimento, avvengono errori che possono
essere istruttivi per comprendere la natura
stessa della percezione del movimento⇒
esempio di illusione di movimento
(“scorrimento” della parte interna) prodotta
da una configurazione statica a scacchi
bianchi e neri⇒ movimento apparente
intrafigurale.
Condizioni afferenti ed efferenti della
percezione del movimento.
a) quando manteniamo i nostri occhi
fissi, il movimento è percepito
attraverso la stimolazione successiva
di luoghi retinici adiacenti ⇒
percezione del movimento attraverso
un processo sensoriale⇒ rappresenta
una modalità afferente di rilevazione
del movimento corrispondente ad un
flusso di segnali in ingresso (inflow),
basati sulle proiezioni retiniche del
movimento dell'oggetto;
b) quando il nostro sguardo segue un
bersaglio mobile, la sua immagine
retinica è mantenuta relativamente
stazionaria sulla retina⇒ percezione
del movimento attraverso un processo
s e n s o - m o t o r i o ⇒ inferirebbe il
movimento da un'informazione
oculomotoria controllata in modo
efferente⇒ rappresenta un’elabora-
zione del flusso dell’informazione in
uscita (outflow).
Sono state proposte due teorie per risolvere
il problema di distinguere i movimenti
propri dell’osservatore dal movimento degli
oggetti nel mondo:
1) La teoria del flusso in entrata
(inflow theory) ⇒ presuppone un
controllo continuo della retroazione proveniente dai muscoli che
eseguono i movimenti oculari⇒
una copia di questo segnale in
uscita, che è chiamata c o p i a
d’efferenza, sarebbe usata per
cancellare il movimento risultante
dell’immagine sulla retina, per
mezzo di un meccanismo
cerebrale ipotetico.
2) La teoria del flusso in uscita
(outflow theory)⇒ si basa sul
fatto che il mondo visivo appare
in movimento quando si esercita
una pressione con un dito sulla
palpebra di un occhio⇒ ma in
questo caso non c’è copia di
efferenza associata con i comandi
dei muscoli oculari.
Una differenza importante tra rilevazione
afferente ed efferente del movimento
dell’oggetto si trova nella velocità
percepita⇒ effetto di Aubert-Fleischl⇒
la velocità percepita è più bassa nel caso in
cui l’occhio segue il corpo in movimento,
più alta nel caso in cui l’occhio è fermo⇒
può essere dovuto a una registrazione per
difetto della velocità degli occhi: lo
spostamento angolare della fovea deve
essere più piccolo dell’angolo coperto dalla
traslazione corrispondente dell’immagine
retinica
Movimento reale o dell’oggetto
Movimento reale o dell’oggetto significa
che un oggetto si sposta con continuità da
un punto nello spazio esterno ad un altro⇒
viene percepito sia attraverso uno
scivolamento corrispondente dell’immagine
retinica ad occhi fermi, sia quando
l’immagine rimane stazionaria sulla retina
mentre gli occhi la inseguono ⇒ il
movimento sulla retina è lo stimolo per
iniziare un movimento oculare di
inseguimento.
Riusciamo molto meglio a rilevare il
movimento quando possiamo vedere un
oggetto contro uno sfondo strutturato
(movimento relativo) che quando lo sfondo
è scuro o neutro e si può vedere solo
l’oggetto che si muove (movimento
assoluto).
Soglie del movimento
Molte ricerche sul movimento reale si sono
limitate alla determinazione dei fattori che
influenzano la soglia per la percezione del
movimento e la percezione della velocità
con gli occhi fissi⇒ è possibile vedere un
movimento se un puntino si muove su di
uno sfondo stazionario alla velocità di
0.2°/s e con un punto di riferimento
stazionario piccoli cambiamenti di 0.03 °/s
producono un percetto di movimento⇒ la
soglia è molto influenzata dalla luminanza
dello stimolo ed è diversa per fovea e
periferia della retina.
Per quanto riguarda l’accelerazione si è
trovato che il sistema visivo è molto
sensibile ad improvvisi cambiamenti di
velocità: è sufficiente un brusco
cambiamento intorno al 2.5% della velocità
iniziale perchè si riesca a percepire tale
cambiamento.
E’ importante tener conto del fatto che non
tutti i movimenti reali si trasformano in
movimenti percepiti⇒ solo una ristretta
banda di velocità è percepibile⇒ abbiamo
una soglia inferiore oltre la quale le velocità
minime non sono percepite (gli oggetti
appaiono fermi) ed una soglia superiore
oltre la quale gli oggetti non sono veduti in
movimento, ma si trasformano in una
striscia continua immobile, o non sono
veduti affatto⇒ si deve tener conto della
distanza angolare compresa tra le due
semirette che collegano l’occhio da una
parte ed i punti di inizio e di fine del
movimento dall’altra.
Per quanto riguarda il modo in cui il
cervello percepisce il moto reale, alcuni
aspetti del moto reale sono codificati da
cellule specifiche nella corteccia visiva⇒
sono cellule che rispondono ad alcuni
movimenti e non ad altri⇒ ogni cellula
risponde meglio ad una direzione e velocità
di movimento.
I modelli neurali del rilevamento del
movimento
Hanno preso in considerazione solamente
il problema di come il sistema visivo possa
estrarre informazione dallo stimolo sulla
retina,
cioè
dalle
condizioni
afferenti⇒ l’idea fondamentale è quella di
un rilevatore bilocale di coincidenza
ritardata⇒ una successione di immagini
prodotta da un oggetto mobile si sposta
attraverso la retina: il movimento viene
registrato attraverso l’attività sequenziale
dei recettori (gruppi di neuroni) che
alimentano i rilevatori bilocali di
coincidenza ritardata ⇒ i rilevatori sono
sintonizzati su una data velocità S/T, dove
S è lo spazio tra due campi recettivi (F1 e
F2) sulla retina e T il ritardo⇒ un’unità di
coincidenza a due vie (C2) riceve i segnali
in entrata da entrambi i campi e li
moltiplica ⇒ anche una luce stazionaria
accesa brevemente su F1 e dopo un tempo
T su F2 produce
movimento.
impressione
di
Esempi di discrepanze tra movimenti
fisici e movimenti percepiti
Nello studio percettivo del movimento
viene fatto un confronto sia con la
stimolazione distale (la sorgente degli
stimoli fisici che producono in noi le
sensazioni) che con la stimolazione
prossimale (i processi fisiologici che
avvengono alla periferia del sistema
nervoso) ⇒ l’idea generale è che, se si
vede qualcosa muoversi, qualcosa si muove
o nella stimolazione distale o in quella
prossimale.
Talvolta noi però vediamo come fermi
oggetti che in realtà (stimolazione distale)
si muovono⇒ ad esempio vediamo come
fermo un disco in rotazione con una
velocità adatta ad essere percepita, ma così
levigato o posto così lontano che non siamo
in grado di distinguere quelle imperfezioni
della superficie il cui continuo spostamento
sarebbe un indizio di movimento⇒ non
cambiando nulla sulla retina non si vede il
movimento⇒ questa semplice regola non è
senza eccezioni⇒ quando seguiamo con
l’occhio un oggetto in movimento su di uno
sfondo omogeneo sulla retina non cambia
nulla (stimolazione prossimale) ma si vede
l’oggetto muoversi.
Movimenti apparenti
Il termine “movimento apparente” si
riferisce a qualsiasi movimento che ha
luogo quando non c’è nessun movimento
reale o dell’oggetto corrispondente al
percetto di movimento⇒ in realtà tutti i
movimenti percepiti sono di fatto
“apparenti”, perchè sul recettore (la retina)
niente si muove: abbiamo soltanto
l’attivazione di cellule adiacenti.
L’esempio più rilevante di movimento
apparente è il movimento stroboscopico⇒
consiste in cambiamenti discreti e
successivi delle posizioni dello stimolo che
inducono la percezione di un movimento
c o n t i n u o ⇒ è un caso di movimento
percepito che ha luogo in assenza di
movimento, sia nel mondo fisico (come
movimento della sorgente di stimolazione),
sia al livello dei recettori (sulla retina non
c’è alcuna proiezione degli stimoli che
muova da una posizione all’altra della
retina stessa).
Anche semplicemente con due lampadine,
se le condizioni spaziotemporali dello
stimolo sono appropriate, si percepisce un
movimento attraverso lo spazio⇒ si vede
una singola luce che si muove nello spazio
vuoto tra le due lampadine.
Secondo Wertheimer possiamo distinguere
diversi stadi.
(a) per tutte le durate dell'ISI che vanno
da 1 sec a 100 msec circa, il
rendimento percettivo è quello della
situazione iniziale: si vedono due luci
ferme in successione⇒ alternanza.
(b) per tutte le durate dell'ISI che vanno
da 100 sino a 10 msec circa si vede
una luce unica che si muove da una
posizione all’altra⇒ movimento (o
salto) stroboscopico ottimale ma
anche movimento fi (ϕ);
(c) per tutte le durate dell'ISI che vanno
da circa 10 msec a zero, il rendimento
percettivo cambia ancora: si vedono
due luci contemporaneamente e
ferme⇒ simultaneità.
Ogni distanza spaziale tra gli stimoli ha il
suo tempo ottimale di produzione del
movimento stroboscopico, ed ogni tempo
ha la sua distanza (leggi di Korte, 1915).
Rigorosamente, il termine “fenomeno fi”
dovrebbe essere riservato all’illusione per
cui ha luogo un movimento mentre niente si
muove ⇒ “fi puro”⇒ ha luogo con un
intervallo di tempo un po’ più lungo di
quello necessario per il movimento
stroboscopico ottimale: anche se si vedono
due oggetti nelle loro posizioni terminali,
c’è una chiara impressione di movimento
da una posizione all’altra⇒ per
Wertheimer questo significa che il
movimento è proprio un dato di esperienza
diretto e immediato; può essere percepito in
una forma pura, non ulteriormente
analizzabile: un’esperienza di movimento
puro, senza oggetto.
Il movimento stroboscopico rappresenta un
fruttuoso campo di applicazione dei
principi di Wertheimer, per cui ha senso
parlare di tale movimento come di un
processo di unificazione tra stimoli
diversi ⇒ alternativa stroboscopica o
problema della corrispondenza.
Il movimento stroboscopico ha una grande
importanza sia teorica che pratica⇒ alla
base della percezione del movimento nel
cinema e nella TV.
Nelle ricerche di inizio secolo il movimento
stroboscopico è conosciuto anche come
movimento beta⇒ sinonimo di movimento
apparente ottiamale: se la durata di ogni
esposizione e l’intervallo tra gli stimoli
sono regolati adeguatamente, il movimento
appare indistinguibile da quello prodotto da
uno stimolo che si muove davvero.
Il movimento beta giustifica il proprio
nome con l’esistenza di un altro movimento
apparente, il movimento alfa⇒ si ottiene
esponendo successivamente, nello stesso
punto dello spazio ma con i tempi del
movimento stroboscopico, i due termini di
un’illusione ottico-geometrica⇒ è un
movimento apparente che appartiene alle
parti interne di una figura⇒ si vedono i
settori laterali allargarsi e quello centrale
restringersi.
Il movimento gamma descrive il percetto
per cui una luce si espande per un breve
tempo dopo l’accensione e si contrae
brevemente quando è spenta⇒ poichè tutte
le parti del disco sono illuminate dalla
sorgente nello stesso istante e poichè i raggi
di luce arrivano nello stesso istante su
quella parte della retina sulla quale si
proietta l’immagine del disco, si dovrebbe
vedere quest’ultimo comparire nel campo
all’istante, con tutte le sue parti presenti
contemporaneamente ⇒ invece il disco
compare con un movimento di espansione
che parte dal centro e raggiunge la periferia
della figura e quando il disco viene
bruscamente spento non cessa di esistere
nello stesso momento per tutte le sue parti,
ma scompare dal campo con un movimento
di contrazione che comincia dalla periferia
e termina al centro.
Il movimento gamma polarizzato è un
movimento di espansione o di contrazione
interno alla figura, avente luogo quando la
figura che si accende o si spegne è posta
vicino ad un’altra figura abbastanza distinta
per chiarezza dallo sfondo⇒ il movimento
gamma interno alla figura, invece di partire
dal centro della figura stessa, inizia in una
zona adiacente alla figura già illuminata e si
espande al resto della figura che si sta
illuminando. Il fenomeno si riproduce in
senso inverso quando la figura viene
spenta.
Molto vicino al movimento gamma
polarizzato è anche l’effetto schermo.
Il movimento delta ha luogo quando due
stimoli successivi sono solo leggermente
distanziati l’uno dall’altro e il secondo è
molto più intenso del primo⇒ il secondo
stimolo sembra muoversi verso il primo.
Il movimento W ha luogo con la
compresenza nel campo di due dischi
luminosi: se si aumenta la luminosità di un
disco e contemporaneamente si diminuisce
quella dell’altro, si vedono due dischi di
eguale chiarezza dietro i quali una fonte
luminosa si muove da un lato all’altro.
Movimento indotto e autocinesi
Il fenomeno del movimento indotto ha
luogo, per esempio, quando si vede la luna
correre tra le nuvole in una notte ventosa⇒
le nuvole in movimento inducono il
movimento della luna che è stazionaria.
Quando l'oggetto bersaglio e gli oggetti
inducenti stanno in prossimità spaziale
stretta, l'effetto è chiamato contrasto di
movimento, mentre con il termine
movimento indotto ci si riferisce alle
condizioni in cui l'oggetto bersaglio e gli
oggetti inducenti sono spazialmente
separati (Duncker, 1929).
Esempio tipico di movimento indotto⇒ se
si sposta una cornice luminosa con un
punto egualmente luminoso al suo interno
non si vede muoversi la cornice, ma si vede
invece il movimento, in senso opposto, del
punto⇒ il movimento sembra appartenere
alla figura, e non allo schema di
riferimento.
Il movimento autocinetico o effetto
Aubert si ha quando si osserva nel buio
completo un punto debolmente luminoso⇒
dopo un po’ di tempo il punto sembra
muoversi ⇒ i suoi spostamenti possono
essere anche cospicui, tanto in ampiezza
quanto in velocità⇒ del fenomeno esistono
parecchie spiegazioni⇒ la mancanza di un
riferimento visivo o di sfondo è la
condizione chiave perchè l’autocinesi abbia
luogo ⇒ riflette il ruolo dei movimenti
oculari e dei segnali efferenti di
movimento.
Effetti consecutivi di movimento (aftereffects)
Gli effetti consecutivi di movimento
consistono tipicamente in un movimento
illusorio nella direzione opposta rispetto ad
una precedente esposizione a movimento
continuo nella stessa direzione.
Scoperti nel 1800⇒ illusione della
cascata⇒ se si osserva a lungo una cascata
e poi si sposta lo sguardo sulle rocce
circostanti, le rocce sembrano muoversi
verso l’alto.
Secondo una prima spiegazione verosimile
i movimenti di inseguimento verso il basso
innescati come risposta al movimento
dell’acqua persistono quando gli occhi sono
girati verso le rocce.
Tuttavia un effetto consecutivo analogo si
ha osservando a lungo una spirale in
rotazione: se la spirale sembra contrarsi
durante la rotazione, sembrerà espandersi
quando si arresta il movimento⇒ la spirale
si contrae, ma la sua grandezza visibile
resta immutata⇒ nessun tipo di movimenti
oculari potrebbe spiegare il fatto che un
oggetto sembra espandersi in tutte le
direzioni contemporaneamente.
L’after-effect di movimento è importante
perché:
1) fornisce prove del fatto che la
percezione del movimento non è
meramente legata al movimento dello
stimolo;
2) fornisce indicazioni sulla dinamica di
speciali unità di movimento sensibili
alla direzione che si adattano
selettivamente
durante
la
stimolazione⇒ cellule di questo tipo
sono state trovate nell’area MT della
scimmia: quando sono stimolate da
una configurazione che si muove nella
loro direzione preferita mostrano una
breve raffica di eccitazione all’inizio
del movimento, seguita da una rapida
diminuzione della frequenza di
scarica e, al termine del movimento,
da una risposta di “conclusione” al di
sotto dell’attività di riposo che
potrebbe essere un c o r r e l a t o
dell’effetto consecutivo.
Movimenti stereocinetici (Musatti,
1924) ⇒figure piane, per lo più a tratto,
disposte su dischi in lento movimento
rotatorio, vengono percepite come
emergenti nella terza dimensione.
Costanza di movimento (o trasporto di
velocità)
La velocità percepita è funzione di altri
elementi del campo⇒ ad esempio la
dimensione dell’oggetto in proporzione alla
dimensione dello sfondo influenza
notevolmente la sua velocità percepita⇒
questo fenomeno è chiamato trasporto di
velocità⇒ rende manifesto un meccanismo
di costanza del movimento che è simile alla
costanza di grandezza e che tiene conto del
fatto che la velocità dell’immagine retinica
è inversamente proporzionale alla distanza
tra l’oservatore e l’oggetto all’origine
dell’immagine.
Classico studio di Brown (1931) ⇒ in due
rettangoli di cui il più grande ha dimensioni
lineari doppie dell’altro, vengono posti in
movimento due dischetti, di cui pure il più
grande ha un diametro doppio dell’altro: se
si muovono alla stessa velocità fisica, il più
grande viene visto muoversi molto più
lentamente di quello piccolo⇒ se si dà il
compito al soggetto di eguagliare la
velocità di quello più grande con quella del
piccolo il soggetto percepisce le velocità
come uguali quando le velocità reali sono
quella del grande doppia di quella del
piccolo.
Quindi la velocità percepita non è
semplicemente un rapporto tra lo spazio
percorso ed il tempo impiegato,
indipendentemente dal luogo o dall’intorno
in cui si verifica il movimento⇒ il sistema
percettivo tiene conto anche del campo in
cui l’oggetto si muove: le velocità percepite
sono eguali quando i due dischetti coprono
l’intero spazio a loro disposizione nello
stesso tempo.
Risultati confermati dalla ricerca di Bozzi
sui piani inclinati.
E’ interessante perché pone due problemi:
(1) come mai l’esperienza quotidiana di
corpi che si muovono e cadono
secondo le leggi della fisica non
riesce a “correggere” le valutazioni
del sistema percettivo?
(2) come mai la selezione naturale ci ha
provvisto per via genetica di un
sistema percettivo che funziona
secondo metodi suoi propri, e non
secondo le leggi fisiche di
quell’ambiente in cui si è
geneticamente evoluto?
Connessione tra visione e azione:
l’estrapolazione del movimento.
Il movimento, più di ogni altra dimensione
dello stimolo, è interconnesso con le azioni
motorie.
Estrapolazione (rispetto allo stimolo) o
anticipazione (rispetto al soggetto agente)
del movimento descrivono l’esecuzione di
un compito relativamente semplice e assai
comune nella vita quotidiana ⇒ per
esempio prevedere dove finirà il
movimento della palla che vogliamo
afferrare⇒ può essere considerata una sorta
di completamento amodale percettivo.
Un compito tipico di estrapolazione del
movimento consiste nel presentare un
oggetto in movimento che “sparisce”
durante il tragitto di avvicinamento o a un
altro oggetto o all’osservatore⇒ il compito
è premere un tasto per indicare quando
l’oggetto in movimento raggiunge
l’osservatore o l’altro oggetto⇒ per varie
condizioni di presentazione si trova che la
prestazione individuale di estrapolazione è
descritta da una regressione lineare (come
per la percezione della velocità⇒ quindi
l’estrapolazione del movimento può essere
considerata un caso speciale, connesso con
l’azione, di percezione della velocità.
Oggetti ed eventi
La stabilità degli oggetti dell’esperienza
maschera efficacemente la realtà del
divenire ma non la annulla affatto.
Un insieme di stimoli che non duri per un
certo tempo - misurabile con precisione non dà luogo all’esperienza di alcun
oggetto ⇒ la soglia della visione degli
oggetti cresce con il crescere della loro
complessità⇒ siamo immersi in un mondo
che non è popolato di oggetti ma di eventi.
Dal punto di vista fenomenologico questa
affermazione è scorretta ⇒ riusciamo
benissimo a distinguere, nell’ambiente
comportamentale, gli oggetti dagli
eventi ⇒ ma in qualche modo dobbiamo
renderci conto che gli oggetti sono lì
semplicemente perchè ci sono
nell’ambiente fisico fonti spazialmente
stabili e continue di stimolazioni.
Il termine “evento” non è chiaramente
definito nemmeno in fisica ⇒ questa
ambiguità si riflette sulla distinzione tra
eventi cui corrispondono fatti fisici o
neurali in evoluzione, ed eventi cui non
corrisponde nulla sul piano fisico o neurale
(la percezione di transizione).
Si può quindi adottare un artificio pratico⇒
premesso che il divenire è forse l’unico
dato sicuro che ci viene dall’esperienza,
possiamo qualificare tutti gli elementi del
campo comportamentale come eventi,
distinguendo tra:
1)
eventi stazionari (gli oggetti, per i
quali il flusso della stimolazione è
pressochè inalterato) ⇒
gli oggetti
stabili del mondo comportamentale;
2) eventi non-stazionari (gli eventi,
corrispondenti ai cambiamenti nella
posizione nello spazio e ai
cambiamenti
nella
qualità) ⇒
movimenti e cambiamenti;
3) eventi quasi-stazionari (gli eventi
globalmente stazionari, ma
localmente non stazionari come ad
esempio il mare) ⇒ i mutamenti
percepibili in talune parti degli oggetti
che non ne modificano la stabilità.
4) eventi quasi-continui (movimenti o
cambiamenti globali costituiti da
eventi temporalmente stazionari,
come ad esempio le scale musicali);
5) pseudoeventi (gli eventi che vengono
riconosciuti come tali, anche se come
tali non possono essere percepiti,
come ad esempio l’imbrunire).
Il concetto di evento ha la sua radice non
nel tempo fisico, ma in quello psicologico.
La percezione degli eventi.
Quando si parla di percezione degli eventi
ci si riferisce quasi esclusivamente alla
visione del movimento. Probabilmente ciò
accade perchè il movimento visibile
costituisce la preminente esperienza del
divenire, ma il riferimento è limitato e
superficiale perchè taglia fuori tutta
l’esperienza uditiva (rumori, suoni e
linguaggio parlato) e tutto il cambiamento:
sono eventi percepiti anche i mutamenti di
colore, di peso, di temperatura.
Movimento e percezione degli eventi.
Il movimento degli oggetti non ci dice solo
dove gli oggetti si trovano, ma anche che
cosa stanno facendo⇒ la percezione del
movimento è spesso identificata con la
percezione degli eventi⇒ è particolarmente
importante
nella
percezione
dell’espressività.
Le strutture cinetiche: integrazioni
simultanee
Alcuni movimenti che avvengono
contemporaneamente in punti diversi dello
spazio visivo vengono fusi globalmente e
trasformati in strutture, con vistosi
cambiamenti del loro aspetto percettivo.
Caso della coppia di Johannson.
Le strutture cinetiche: integrazioni
successive
Spesso molteplici spostamenti fisici
contemporanei vengono integrati in
strutture percettive che hanno un aspetto
diverso (più semplice e significativo) della
somma dei singoli spostamenti.
Certe combinazioni di movimenti non
vengono percepite come insiemi o
successioni di fasi ma vengono integrate
globalmente, arrecando un significato od
un’espressività che non è contenuta nelle
singole fasi⇒ in campo uditivo l’esempio
classico di questo tipo di integrazione è
quello delle melodie.
In campo visivo i casi più interessanti
riguardano la permanenza fenomenica e
l’espressività del movimento.
Effetto tunnel (simile al movimento
stroboscopico) ⇒ per la prima volta
indagato sperimentalmente da Burke
⇒ l’osservatore percepisce il movimento di
un unico mobile, che continua ad esistere
anche quando non è visibile⇒ l’effetto si
verifica soltanto in precise condizioni
spazio-temporali (velocità dei due mobili,
intervallo di tempo tra l’entrata del primo e
l’uscita del secondo, lunghezza del tunnel
ecc.).
Percezione della causalità⇒ e f f e t t o
lancio⇒ l’osservatore percepisce un
rapporto di causazione tra i due movimenti:
si vede il primo quadratino urtare il
secondo, il quale appare in movimento
passivo⇒ l’impressione di un rapporto
causa-effetto è spontanea e obbedisce ad
un’osservanza piuttosto stretta delle
condizioni spaziali, temporali e cinetiche
nelle quali vengono dati gli stimoli.
Modificando lievemente le condizioni di
movimento dei due quadratini, si ottengono
altre strutture cinetiche egualmente evidenti
e coercitive, come l’effetto scatenamento e
l’effetto trascinamento⇒ configurazioni
espressive.
Si può avere integrazione successiva anche
tra fasi diverse del movimento di uno stesso
mobile⇒ effetto freno.
L’espressività
Secondo la tradizione filosofica, le qualità
possedute dagli oggetti possono essere
distinte in tre specie:
1 ) Qualità primarie⇒ non dipendono
dall'osservatore (peso, grandezza,
forma ecc.);
2 ) Qualità secondarie⇒ dipendono in
qualche misura dall'osservatore
(colore, sapore, valenza affettiva ecc.);
3 ) Qualità terziarie⇒ riguardano
sentimenti e tonalità affettive espresse
da oggetti ed eventi.
Le qualità terziarie sono anche dette
espressive o fisionomiche.
Le ricerche che si compiono in psicologia
sull’espressività degli oggetti non sono
giunte ancora ad un sufficiente stadio di
maturazione⇒
il limite sta
nell’individuazione delle dimensioni lungo
le quali far variare le caratteristiche degli
oggetti, al fine di correlare i cambiamenti di
espressività con le modificazioni dello
stimolo.
Molto più promettenti sono invece le
ricerche che si compiono sull’espressività
dei movimenti⇒ proseguono le ricerche di
Michotte che aveva evidenziato come
attività e passività sono caratteristiche che
“esprimono” un modo di essere degli eventi
che si percepiscono.
Diversi contributi hanno confermato le
originarie intuizioni di Michotte e cioè che:
(a) i movimenti posseggono in alto
grado qualità terziarie o espressive;
(b)
ogni qualità espressiva emerge in
condizioni spazio-temporali ben
definite che ad essa sono proprie.
La distribuzione di stimoli statici nel campo
visivo può avere anche un’espressività di
tipo sociale⇒ può essere veicolo delle
relazioni interpersonali esistenti tra gli
elementi del campo⇒ esperimento di
Marigonda⇒ dominanza/sottomissione con
rettangoli diversi per altezza, grossezza,
inclinazione e posizione.
Ma sono soprattutto le configurazioni di
stimoli in movimento ad essere cariche di
qualità interpersonali e sociali⇒ ricerca di
Heider e Simmel (1944) con un film di
animazione in cui si muovevano due
triangoli, un dischetto e una barra obliqua
(come una porta) ⇒i soggetti produssero
dei racconti in cui i movimenti visti nel
film erano interpretati come azioni di esseri
umani con assoluta uniformità.
I risultati di tutti questi esperimenti
potrebbero essere interpretati con la
conoscenza acquisita di “vere” azioni
compiute da uomini o da animali.
A questo proposito è possibile fare tre
osservazioni:
1 . Il ricorso all’esperienza passata,
come strumento di spiegazione di
questi fatti, è logicamente
inconsistente⇒ il problema sta nella
prima esperienza avuta: o questa
aveva già contenuto espressivo, e
allora non si sa che cosa aggiungano
le esperienze successive, oppure non
aveva alcun contenuto espressivo, ed
allora non si capisce quale contenuto
possa venir messo da parte per
qualificare le esperienze attuali;
2. Se certe connotazioni espressive sono
legate in modo ferreo a precise
condizioni di stimolazione, vuol dire
che sono fuori della portata della
nostra volontà di interpretare le
situazioni.
3 . Le qualità espressive sono
intermodali. Questo significa che noi
percepiamo la stessa tonalità affettiva
in campi sensoriali diversi⇒
esperimento di Köhler con TAKETE
e
MALUMA⇒
qui non c’è
esperienza che tenga, perché le figure
sono viste per la prima volta, ed i
nomi sono parole senza senso⇒ si
spiega con l’identità di struttura tra
oggetti visivi ed eventi acustici.
Molti e convergenti fatti lasciano intendere
che le qualità terziarie sono immediate allo
stesso modo delle qualità secondarie e
primarie.
Il fenomeno della costanza e il
movimento
La percezione è una specie di gioco a
somma zero⇒ se si ha permanenza di una
qualità si ha cambiamento di un'altra⇒ la
costanza di grandezza ha per effetto un
cambiamento di localizzazione, quella di
forma di orientamento e così via⇒ per un
punto, che non possiede altre qualità che se
stesso, l’unica cosa che si conserva è
l’identità: il punto che vediamo arrestarsi
nel luogo d’arrivo è lo stesso che abbiamo
visto muovere dal luogo di partenza.
Michotte ha dato un nome al fenomeno
della costanza che si verifica quando gli
oggetti restano se stessi, a dispetto di talune
m o d i f i c a z i o n i ⇒ permanenza di
continuità⇒ si verifica quando un oggetto
mantiene la sua identità malgrado subisca
cambiamenti ma solo entro certi limiti⇒ se
le modificazioni colpiscono soltanto una
piccola parte degli aspetti dell’oggetto si ha
permanenza; se colpiscono invece
molteplici aspetti dell’oggetto, e
simultaneamente, non si ha più permanenza
ma sostituzione.
Altri tipi di permanenza fenomenica
La permanenza fenomenica di continuità
non sembra porre alcun problema⇒ alla
continuità della fonte di stimolazione
corrisponde la continuità della nostra
esperienza “di presenza” dell’oggetto o
dell’evento.
Le cose si complicano non appena si
osserva quello che accade quando gli
oggetti compaiono o scompaiono nel
campo percettivo⇒ gli oggetti fenomenici
non cominciano o cessano di esistere nel
preciso istante di tempo fisico in cui i
relativi stimoli giungono dagli oggetti fisici
ai nostri organi di senso.
Michotte distingue:
1 ) Permanenza di anteriorità⇒ gli
oggetti fenomenici preesistono alle
stimolazioni che ci giungono dai
corrispondenti oggetti fisici;
2 ) Permanenza di posteriorità⇒ gli
oggetti fenomenici non svaniscono di
colpo nel preciso istante in cui
cessano di giungere al nostro
organismo gli stimoli che ci
giungono dai corrispondenti oggetti
fisici ma persistono per un certo
tempo -amodalmente - nel nostro
campo fenomenico.
La soluzione empirista al problema della
permanenza fenomenica
Per gli empiristi è in virtù dell’esperienza
passata che noi crediamo che gli oggetti
esistano prima che diventino visibili,
oppure che ci aspettiamo che essi
continuino ad esistere dopo che sono spariti
dal campo percettivo.
Gli empiristi non negano che l'inizio di
presenza sia determinato dall'istante di
tempo fisico in cui gli stimoli provengono
dagli oggetti fisici, ma negano invece che
l'istante in cui ha luogo la stimolazione
fornisca elementi atti a produrre
un'impressione che riguarda il
cominciamento di esistenza.
Obiezioni di Michotte alla soluzione
empirista
Per Michotte non è vero che la permanenza
fenomenica sia faccenda di credenze o di
esperienze passate ed è la stessa esperienza
a dimostrarlo⇒ un prestigiatore all’opera
genera l’impressione che oggetti tutt’altro
che facilmente occultabili vengano fuori dal
nulla e spariscano nel nulla⇒ a dispetto di
ogni nostra credenza e di ogni esperienza
passata quando quegli oggetti appaiono noi
non riusciamo a sottrarci all'impressione
che comincino ad esistere proprio nel
momento in cui iniziamo a vederli.
Per ogni caso di permanenza esiste un caso
corrispondente di non-permanenza:
1 )
Permanenza di anteriorità⇔
creazione dal nulla;
2 ) Permanenza
sostituzione;
3)
di
continuità⇔
Permanenza di posteriorità ⇔
annientamento o annichilazione.
Michotte ha cercato una soluzione al
problema della permanenza fenomenica con
una serie di ricerche, in cerca di dati di fatto
non controvertibili.
L’effetto schermo
Michotte ha trovato una soluzione al
problema posto dalla permanenza
fenomenica di anteriorità (o di posteriorità)
ricorrendo allo spoiling⇒impoverire la
situazione stimolo reale, togliendo tutti gli
elementi ritenuti non necessari, fino a che si
raggiunge il nocciolo della situazione,
riconoscibile perché togliendo ancora
elementi si ha una trasformazione del
rendimento percettivo⇒ effetto schermo⇒
la non-permanenza (creazione o
annichilamento) o la permanenza (di
anteriorità o di posteriorità) sono una
conseguenza dell’evoluzione degli
stimoli⇒ l’esperienza passata non c’entra
nulla.
Nell’effetto schermo tutto dipende dalla
velocità con la quale viene spostato il
dispositivo C (lo schermo):
(a) Se la velocità è molto grande
(intorno ad 1 m/sec) il rettangolo
bianco appare dal nulla, “si crea”,
accanto ad un rettangolo rosso già
presente⇒ non-permanenza;
(b)
Se la velocità è moderata (qualche
cm al sec), il soggetto vede il
rettangolo bianco che esce
scivolando da sotto il rettangolo
rosso con effetto schermo⇒
permanenza
di
anteriorità
dell’oggetto.
L’effetto illuminazione
Esperimenti di Michotte⇒ si parte da due
situazioni che presentano caratteristiche
fisiche identiche e si dimostra che, variando
qualcosa che non ha niente a che fare con la
conoscenza presente o passata, si giunge in
un caso (1) alla permanenza, e nell’altro (2)
alla non permanenza.
1) ad una fase A, contraddistinta da buio
uniforme su una parete, succede una
fase B, in cui viene proiettato sulla
parete un quadrato grigio con al centro un piccolo "oggetto reale"⇒ la
figura compare al centro come un
oggetto stabilizzato, che preesiste
all’illuminazione che ce lo rivela;
2) la fase A è costituita da un quadrato
grigio proiettato su di uno sfondo
buio, e la fase B è costituita da un
quadrato grigio identico al primo, con
al centro un oggetto reale⇒ i soggetti
sono concordi nel dire che l’oggetto
sembra formarsi all’istante, che
“viene fuori dal nulla”.
Dal punto di vista fisico, la fase B del
primo esperimento non differisce in nulla
dalla fase B del secondo⇒ ma mentre nel
primo caso abbiamo impressione di
permanenza di anteriorità, nel secondo caso
abbiamo impressione di non-permanenza,
cioè di creazione-dal-nulla⇒ anche i
risultati di questi esperimenti non possono
essere interpretati in chiave di esperienze
passate.
Anche l’effetto illuminazione può essere
definito in termini di “evoluzione degli
stimoli” ⇒ il modo di apparire degli eventi
(in questo caso, il loro carattere di
anteriorità o di posteriorità) è legato
essenzialmente alla situazione stimolo:
l’imputare all’esperienza passata le
caratteristiche del mondo che ci circonda è
soltanto una scorciatoia intellettuale che
non conduce in nessun posto.
Oggetto di studio della permanenza
fenomenica sono quindi i modi in cui gli
eventi iniziano o cessano di esistere nella
corrente del tempo fenomenico, e di come
in un evento si possa percepire l’identità
della sostanza e il cambiamento degli
attributi.
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