Comments
Description
Transcript
I ristoranti etnici
I ristoranti etnici di Simone Tosi 1. Introduzione e obiettivi dello studio "Dimmi ciò che mangi e saprò quale Dio adori, sotto quale latitudine vivi, di quale cultura sei figlio, di quale gruppo sociale ti proclami. La lettura della cucina è un favoloso viaggio nella coscienza che le società hanno di se stesse, nella visione che esse hanno della loro identità" (Bessis 1995, 10). Questo tipo di considerazione per il cibo e le pratiche alimentari, nelle scienze sociali è piuttosto recente e, pur affondando le sue radici nel solco della tradizione antropologica (Radcliffe-Brown, Richards, Lévi-Strauss, etc.) comincia a trovare spazio solo intorno agli anni '70 di questo secolo, con la diffusione delle storie e delle sociologie della vita quotidiana . Nell'ambito della scoperta del cibo come oggetto di interesse sociologico si possono individuare una serie di impostazioni teoriche e di ricerca differenti per quanto riguarda i "luoghi" in cui le pratiche alimentari sono analizzate. Il ristorante è uno di questi luoghi, particolarmente interessante perché luogo di incontro e di scambio, luogo quindi in cui si realizzano diversi significati della "sfera pubblica". Ad esempio, una funzione particolarmente importante che la sfera pubblica realizza deriva dal fatto che essa mette in relazione individui del tutto estranei che in tale relazione comunicano alcuni elementi della propria identità. Nel ristorante questa funzione "generica" della sfera pubblica si incrocia con il cibo come elemento di forte connotazione identitaria in virtù della sua grande capacità espressiva e comunicativa. Il ristorante presenta in maniera evidente un'altra importante caratteristica della sfera pubblica, cioè quella di fare convergere alcuni elementi strutturali della società in questione determinati da quella "lunga storia della socialità umana" descritta ed analizzata da Elias, con elementi più "leggeri" e transitori che si delineano in particolari situazioni e periodi storici, nonché con la creatività degli individui che si trovano ad agire entro le griglie determinate dall'incrociarsi delle strutture profonde (tendenze di lungo periodo) con quelle più superficiali. Lo studio di questi aspetti del ristorante costituisce un primo obiettivo dell'articolo. Un secondo obiettivo è l'identificazione dei frequentatori di ristoranti etnici e dei rapporti che si instaurano tra uso dei ristoranti etnici e particolari figure di consumatori, come i turisti e le molteplici categorie di city users. 1 1.1 Il ristorante e l’osservazione del cambiamento dei gusti alimentari Il fatto che il ristorante sia un luogo di incontro e di scambio tra individui appartenenti a categorie diverse è argomento intorno a cui si sono sviluppate numerose analisi (a partire da quella classica di Brillat-Savarin, sulla quale si avrà modo di tornare nelle pagine successive). Le valutazioni sulla qualità delle relazioni e degli scambi che il ristorante suscita è però fonte di interpretazioni differenti e a volte controverse, nell'ambito più ampio del dibattito sulla sfera pubblica e sulle società complesse. In realtà l'analisi della sfera pubblica è stata sviluppata in due diverse direzioni, entrambe interessanti per il caso del ristorante. 1) La prima - alla quale si farà qui prevalente riferimento - è di tipo microsociologico, considera ciò che "accade" dentro il ristorante in termini di scambio e di interazione tra individui. 2) La seconda, di tipo macrosociologico, analizza la sfera pubblica come "ambito" della società, e ne discute i significati in relazione con le tendenze o le trasformazioni del sistema sociale nel suo complesso. Questa impostazione tratta il ristorante come caso di sfera pubblica, nell'ambito del generale dibattito sulle sorti della sfera pubblica nella nostra società. Le analisi di Marcuse e Heller, e con un'ottica contrapposta ad essi quelle di Douglas, esprimono in maniera chiara questo tipo di impostazione. 1.2 Il ristorante e il dibattito sulle sorti della sfera pubblica Alcune caratteristiche delle società industriali avanzate inducono ad un'interpretazione "pessimistica" delle sorti della sfera pubblica: un pessimismo che ne esprime uno più generale, da parte di importanti correnti della sociologia, sulle relazioni esistenti tra individuo e società a seguito dei processi di modernizzazione o dello sviluppo del capitalismo. Marcuse (1964) e Heller (1976, 1979, 1984) concordano nel ritenere che l'adesione ai valori di queste società e l'assunzione da parte dell'individuo dei modelli di comportamento in essa dominanti avvenga senza alcuna operazione di rielaborazione critica; l'individuo, nella società industriale avanzata, perde la sua dimensione propriamente individuale e privata, distinta da quella derivata dall'appartenere ad una società, riducendosi a quell' "uomo a una dimensione" per il quale i valori e le pratiche sono imposti o comunque assorbiti acriticamente dalla società. Finkelstein estende questo genere di considerazioni anche al ristorante osservando che le relazioni che in esso si svolgono sono caratterizzate da "un esercizio di buone maniere disciplinato da usanze che ci collocano in una cornice di azioni prefigurate. Pranzare fuori ci consente di agire a imitazione degli altri, secondo nuove immagini, in risposta alle mode, fuori dalle solite abitudini, senza bisogno di riflessione e autoconsapevolezza. Il ristorante è un'architettura ben accettata dei rapporti umani perché siamo obbligati ad adottare soltanto un comportamento de rigueur, e dunque sollevati dalla responsabilità di dare forma alla socialità" (Finkelstein 1989, 13-14). D'altra parte sono stati fatti anche dei tentativi di rivalutare il significato espressivo e comunicativo del comportamento in pubblico. Douglas e Isherwood (1979) si distaccano dall'impostazione pessimistica di cui si è detto sopra proponendo una teoria dei consumi in cui il sistema di informazioni che i beni costituiscono assume un ruolo centrale. Anche a quest'altra posizione faremo riferimento. 1.3 Il ristorante etnico: innovazione alimentare e rapporti interetnici Il ristorante etnico solleva ulteriori questioni che possono essere chiarite utilizzando sia i contributi macrosociologici del dibattito sulla sfera pubblica sia, soprattutto, quelli microsociologici. Un primo interrogativo riguarda l'eventuale ruolo dei ristoranti etnici nel cambiamento dei gusti alimentari e nella diffusione di modelli alimentari e culturali diversi da quelli dominanti. Su questo tema l'accordo tra sostenitori delle diverse interpretazioni della sfera pubblica è concorde: il ristorante si presenta come importante veicolo di diffusione di modelli culturali , più o meno criticamente assunti, quindi - nello specifico - di destrutturazione e innovazione della cultura alimentare. Un secondo interrogativo riguarda la possibilità che i ristoranti etnici, favorendo una desocializzazione delle abitudini alimentari, che comprende anche una maggiore disponibilità a mangiare cibi che non appartengono alla propria cultura, svolgano in qualche modo una funzione che potremmo definire di "ponte", cioè di "avvicinamento" tra immigrati e indigeni, in maniera più profonda di quanto non comporti l'esecuzione di una semplice performance, come sostengono i più "pessimisti" sulle sorti della sfera pubblica. Una risposta in qualche modo definitiva a questa questione, posta in maniera esplicita da van Otterloo (1987), non sarà possibile in questa sede ma cercherò comunque di proporre alcuni spunti che possano contribuire a chiarire i termini del problema e le variabili che ne entrano a fare parte. 2 2. Il ristorante La nascita del ristorante moderno viene generalmente fatta risalire al periodo della Rivoluzione francese. Secondo questa lettura furono i cuochi in servizio presso le famiglie aristocratiche francesi che, dopo il 1789, alla ricerca di nuovi posti di lavoro, si ritrovarono ad aprire dei locali in cui venivano serviti pasti a pagamento. Finkelstein sottolinea come questo tipo di interpretazione storica dia luogo ad alcune anomalie. Alcuni locali che potrebbero essere definiti dei ristoranti esistevano infatti anche prima della Rivoluzione, mentre in Inghilterra esistevano fino dal dodicesimo secolo alcune trattorie poste sulle principali vie di comunicazione e destinate a ristorare i viaggiatori di passaggio . La scelta di far corrispondere alla Rivoluzione francese la "nascita" del ristorante moderno deve essere messa in relazione con un'importante caratteristica che questo tipo di locale ha dimostrato di possedere nella sua forma post-rivoluzionaria. "Nell'era moderna il ristorante è diventato un luogo dove si osserva una chiara esibizione del mutamento delle posizioni sociali e dei confini di classe" (Finkelstein 1989, 65). Esso ha funzionato da canale di democratizzazione che ha favorito, sulla base di meccanismi imitativi, la diffusione di stili "di lusso" e di gusti che erano stati monopolio dell'aristocrazia fino alla Rivoluzione. 3 Brillat-Savarin (1895), dando una definizione del ristorante, mette in luce quelle che secondo lui sono le tre caratteristiche salienti di questo tipo di luogo. La prima è la prevedibilità, ossia la chiarezza circa i cibi che vi vengono offerti e i prezzi che il cliente dovrà pagare; la seconda caratteristica consiste nella varietà dei cibi, che deve essere maggiore di quella mediamente riscontrabile in un'abitazione privata; la terza caratteristica è la funzione di luogo di incontro fra individui appartenenti a differenti classi sociali e di propagazione degli stili di vita appartenenti alle classi più elevate ai membri delle classi inferiori. Tra queste caratteristiche quella su cui interessa soffermarsi è la terza, che rinvia direttamente alla funzione del ristorante come luogo della sfera pubblica. Il meccanismo più frequente di diffusione dei modelli sociali di comportamento è quello dell'imitazione. Ma ci sono delle regole che devono essere osservate. Nell'ambito della sfera pubblica l'interazione tra individui risulta sottoposta ad una rigida regolamentazione che svolge la funzione di limitare la variabilità dei comportamenti possibili e quindi di semplificare il "copione" che l'individuo deve conoscere per comportarsi correttamente (conformemente) sottoponendosi al minore rischio possibile di fallimento dell'interazione. L'analisi svolta da Goffman (1959) è probabilmente la più nota in questo senso. La società viene descritta come un teatro in cui gli individui sono attori che si trovano a rappresentare dei ruoli seguendo schemi precisi di comportamento. Interessanti considerazioni sono state fatte da Goffman a proposito dell'interazione tra cliente e cameriere . Nel loro insieme le caratterizzazioni proposte da Brillat-Savarin documentano un'ambivalenza delle situazioni di interazione che possono essere collegate all'ambivalenza spesso attribuita alla sfera pubblica nelle società moderne, secondo le linee del dibattito descritto sopra. Questa ambivalenza potrebbe almeno relativizzare alcune delle funzioni di democratizzazione che vengono attribuite al ristorante: si pone infatti il problema di capire se la diffusione di pratiche e modelli culturali (alimentari nello specifico di cui ci occupiamo qui) attraverso i contatti che si sviluppano nella sfera pubblica seguano dinamiche e meccanismi di tipo puramente imitativo e diano quindi luogo a fenomeni di "moda" che non prevedono un'interiorizzazione critica, o se si tratti di una democratizzazione in senso più pieno, prevedendo cioè dei filtri critici ai comportamenti che si assumono. Con applicazione al nostro tema, questo interrogativo è stato sollevato contrapponendo la funzione del ristorante come luogo di incontro a quella del ristorante come luogo di consumo (Liperi 1990). 4 2.1 Andare a pranzo fuori Ritroviamo gli stessi interrogativi nel dibattito recente sui ristoranti, a partire dalla rilevazione della forte crescita del numero di pasti che vengono consumati al ristorante. Il settore della ristorazione è in costante crescita, soprattutto a partire dai primi anni settanta e con modalità in parte differenti a partire dagli anni ottanta. Tra il 1976 e il 1980 la spesa nei ristoranti è aumentata del 71 per cento in Francia; in Giappone l'incremento nel periodo 1975-1985 è stato del 97 per cento; in Canada tra il 1971 e il 1983 la spesa presso ristoranti, taverne e tavole calde è cresciuta del 114 per cento (Finkelstein 1989, 41). Liperi (1990) sottolinea come la crescita della spesa nei ristoranti sia dovuta in parte all'aumento dei frequentatori di questi locali e in parte al fatto che dall'inizio degli anni ottanta il ristorante si è trasformato da luogo di incontro e di socializzazione a luogo quasi esclusivamente dedicato al consumo di alimenti. Anche Finkelstein nota che la comparsa e la diffusione delle catene di fast foods, dalla metà degli anni settanta negli Stati Uniti e in tutta l'Europa dai primi anni ottanta, ha favorito la crescita della spesa in pasti fuori casa secondo una modalità che si discosta in parte da quella tipica del ristorante "classico". Quali sono le ragioni di tanto nuovo entusiasmo per "l'andare a pranzo fuori"? Una ragione comunemente citata è il cambiamento dei modelli familiari e dei ritmi lavorativi. Ma Finkelstein sostiene che "i modelli dell'affluenza al ristorante non soddisfano pienamente questa interpretazione" (1989, 9). Infatti se la mancanza di tempo per fare la spesa e per cucinare fosse la ragione principale della scelta di andare al ristorante non si spiegherebbe il fatto che la maggior parte dei pasti consumati fuori casa sono generalmente concentrati durante i week-end, quindi proprio nei giorni in cui maggiore sarebbe il tempo a disposizione per prepararsi da mangiare in casa. Una seconda ragione, che può sembrare quasi scontata, consiste nel piacere fisiologico che deriva dal consumo di cibo e che dovrebbe logicamente essere maggiore nei ristoranti, dove la varietà dei cibi e la loro qualità sono ritenute più convenienti che a casa. Secondo Finkelstein anche questo ordine di ragioni non regge alla prova dei fatti dato che il superlavoro fisiologico che generalmente segue un pasto al ristorante dovrebbe controbilanciare i vantaggi; inoltre "quest'interpretazione basata su cause fisiologiche non dà conto della tendenza diffusa e della propensione al consumo di 'robaccia', ossia di cibi e bevande inadeguati dal punto di vista nutrizionale e nocivi al corpo umano" (Finkelstein 1989, 10). Se le ragioni comunemente addotte a spiegazione della diffusione dei ristoranti non sono sufficienti a spiegare effettivamente la fortuna di questo tipo di pratica, occorrerà allora individuare delle motivazioni alternative. La pratica dell'andare a mangiare fuori casa "è in rapporto con la presentazione di sé e con la mediazione di relazioni sociali attraverso le immagini di ciò che è correntemente apprezzato, accettato e alla moda" (Finkelstein 1989, 11). Precisando ulteriormente, Finkelstein (ma v. anche Liperi 1990) afferma che le forme di condotta che si manifestano nella pratica moderna dei ristoranti sono da mettere in relazione con un elemento tipico delle società industriali avanzate che è quello del consumo e della sua importanza nella mediazione delle relazioni interpersonali. Queste interpretazioni assumono come presupposto che "la condotta tenuta nel mangiare non può essere considerata isolatamente. E' una parte e anche molto caratteristica - della totalità delle forme di condotta istillate socialmente" (Elias 1969, 237). A partire da questo presupposto però il dibattito sulle funzioni di democratizzazione svolte dal ristorante diventa necessariamente più complesso, e deve collegarsi al più generale dibattito sui significati comunicativi del cibo. 2.2 Il cibo nella sfera pubblica I modi in cui ci comportiamo quando pranziamo al ristorante, scrive Finkelstein, sono "indicatori significativi del carattere generale della socialità moderna" (1989, 52). Il ristorante si caratterizza come "un diorama, cioè un dispositivo che esalta e intensifica il meccanismo della percezione" (46). D'altra parte mi pare che l'interpretazione che Finkelstein (e con lei gli altri autori che rivelano il suo stesso pessimismo sulle sorti della sfera pubblica) offre della pratica di andare al ristorante tenga in scarsa considerazione le valenze positive che la comunicazione presenta, per quanto standardizzata e influenzata da valori "imposti" dal tipo di società. Il cibo svolge un'importante funzione comunicativa e di manifestazione/rivendicazione di una propria identità e di un proprio status. Questo tipo di funzione acquista una forza particolare quando ci troviamo al di fuori della sfera privata, in presenza di persone estranee e sconosciute che ci giudicheranno o valuteranno per quella particolare ed effimera situazione in cui ci troviamo ad interagire con loro. Molteplici elementi contribuiscono a determinare il significato del proprio mangiare al ristorante. La quantità delle porzioni e il numero delle portate assume un'importanza particolare nella sfera pubblica. Gli uomini, ad esempio, generalmente ritengono "virtuoso" assumere abbondanti porzioni mentre le donne apprezzano e considerano più conveniente un consumo frugale e moderato di cibo. Ciò esprime e rafforza l'idea del maschio "forte e vorace" e della donna "fragile e morigerata" (Mennell, Murcott e van Otterloo 1992). Bourdieu (1979) estende questo tipo di analisi anche al modo in cui i cibi vengono consumati: la carne viene tagliata in grossi bocconi e ingurgitata rapidamente dagli uomini mentre le donne riducono il cibo in piccoli bocconi da consumare lentamente. Inoltre "al 'mangiare schietto' popolare la borghesia contrappone la preoccupazione di mangiare secondo certe forme. Queste forme sono innanzitutto dei ritmi, che comportano delle attese, dei ritardi, dei ritegni; non si deve avere mai l'aria di buttarsi sulle portate, si aspetta che l'ultimo a servirsi abbia cominciato a mangiare" (Bourdieu 1979, 203). Accanto a queste esemplificazioni che confortano in qualche modo l'interpretazione secondo cui nel ristorante, in quanto settore della sfera pubblica, le relazioni sono improntate a un atteggiamento di rigore, schematico e scarsamente autonomo, è possibile individuare elementi ai quali riferire esempi che dimostrano la capacità creativa della relazione "recitata" al ristorante. E ciò può mettere in questione le ipotesi eccessivamente pessimistiche circa i possibili ruoli di democratizzazione svolti dal ristorante. Un primo esempio è in relazione alla variabile con chi si mangia. Uno dei cambiamenti intervenuti a livello sociale verso la fine del diciannovesimo secolo con l'aiuto dei ristoranti consiste nella comparsa delle donne nella sfera pubblica. Fino agli inizi dell'800 una donna che si presentasse da sola o in compagnia di altre donne (ma in parte anche in compagnia del marito) in un locale pubblico era occasione di stupore e di scandalo. Settanta o ottanta anni dopo lo stesso comportamento, per quanto ancora considerato da alcuni piuttosto disdicevole, andava assumendo una certa frequenza (Finkelstein 1989, 61 e seguenti). Non si può certamente dire che il ristorante sia stato la causa di questa tappa dell'emancipazione femminile, ma ciò che si vuole sottolineare è come i cambiamenti riscontrabili nelle strutture della società e nei sistemi di valori ad esse sottesi possano avere proprio nel ristorante un veicolo di manifestazione e un palcoscenico in cui le nuove strutture e i nuovi valori vengono rappresentati e dal quale vengono diffusi. Un altro elemento rilevante in questo senso è che cosa viene consumato al ristorante. Bourdieu (1979) ha notato come le preferenze per certi cibi piuttosto che per altri possano essere messe in relazione con alcune strutture sociali come la classe, lo status, il livello di istruzione, il sesso, l'età, ecc. . Possiamo aggiungere che anche le opinioni politiche o l'atteggiamento rispetto ad alcuni temi possono rivelarsi correlate a queste pratiche alimentari. In questo caso l'esempio ci porta direttamente nel merito della cucina etnica: van Otterloo (1987) nota come i primi estimatori della cucina indonesiana in Olanda siano stati i giovani e i ricchi: i primi per ragioni di convenienza economica e perché politicamente più aperti alle istanze di integrazione degli immigrati indonesiani, i secondi perché meno preoccupati dai problemi occupazionali che il massiccio afflusso di immigrati sembrava destinato a causare e quindi disposti ad un atteggiamento di maggiore simpatia nei loro confronti. Ecco un altro caso di ristorante in senso proprio "democratizzante". 5 3. Il ristorante etnico Le considerazioni fatte fin qui sui ristoranti, in particolare quelle relative alle funzioni di democratizzazione e diffusione di gusti e modelli alimentari alternativi che potrebbero essere svolte dai ristoranti, se applicate al caso particolare dei ristoranti etnici fanno sorgere ulteriori specifiche domande. La prima domanda è una naturale estensione ai ristoranti etnici di quanto si è detto dei ristoranti in generale, e la risposta può essere affermativa per le ragioni sopra ricordate: se si possa cioè sostenere che nelle società industriali avanzate il ristorante dove si propone una cucina di tipo etnico svolga (a maggior ragione?) una funzione di destrutturazione dei modelli alimentari e culturali e ne favorisca la sostituzione con altri modelli diversi da quelli dominanti, come descritto da van Otterloo per il caso olandese. La seconda domanda comporta problemi più complessi e la risposta è destinata ad essere più incerta: ci si vuole chiedere se il ristorante etnico - in quanto veicolo di uno specifico processo di destrutturazione della cultura alimentare - sia anche parte di un meccanismo di allentamento dei confini e delle barriere esistenti su base etnica, in campo non solo alimentare. Si tratta in definitiva di una variante dell'ipotesi che attribuisce al ristorante funzioni di democratizzazione, applicata in questo caso al problema delle relazioni inter-etniche. 3.1 Il ristorante etnico nelle tipologie dei ristoranti Joanne Finkelstein propone una classificazione dei ristoranti secondo tre criteri, determinati dagli stili della socialità che caratterizzano i diversi locali e (residualmente) dal tipo di cucina che vi viene proposto. Fête spéciale Divertimento Convenienza Spettacolare informale Parodic restaurant Café mundane Spettacolare formale fast-food Bistrot mondain Catene Etnico locale Tabella 1: Tipologia dei ristoranti (Finkelstein 1989,105) Per Finkelstein il ristorante etnico è caratterizzato dalle dimensioni generalmente ridotte e dalla moderazione dei prezzi. E' un tipo di ristorante destinato soprattutto ad una clientela residente nelle immediate vicinanze e spesso piuttosto abitudinaria sia per quanto riguarda i giorni di frequenza che per i piatti che consuma. Anche l'informalità del trattamento e la mancanza di un rigido protocollo sono elementi caratteristici del ristorante etnico. Lo status di cui gode questo locale è generalmente poco elevato e di conseguenza anche il frequentarlo non offre vantaggi dal punto di vista della considerazione sociale (Finkelstein 1989, 135 e seguenti). 3.2 Il ristorante etnico in Italia Le considerazioni di Finkelstein a proposito dei ristoranti etnici non sembrano essere particolarmente adatte al caso italiano. Una ragione di tale discrepanza può probabilmente essere individuata nella scarsa diffusione che i ristoranti etnici hanno attualmente in Italia, se si eccettuano alcune grandi città. Le osservazioni di Finkelstein sembrano derivare dall'analisi del fenomeno ristoranti etnici in paesi come la Francia, l'Olanda o gli Stati Uniti, nei quali questo genere di locale e diffuso capillarmente nei quartieri di quasi tutte le città e persino delle piccole cittadine (D'Eramo 1990). Diffusione In Italia, al contrario, la diffusione dei ristoranti etnici è un fenomeno relativamente recente. Solo alcune grandi città come Milano, Roma, Torino, Napoli, Firenze, Bologna, vantano un certo numero di ristoranti etnici e una certa variabilità di cucine straniere. L'unico ristorante etnico che presenta una diffusione simile a quella riscontrabile nei paesi occidentali di cui si è detto sopra è quello cinese. A Milano la diffusione della cucina cinese è quantificabile in circa 80 esercizi (Rossi Barilli 1990). Tale diffusione è in parte spiegabile col fatto che la comunità cinese è di insediamento piuttosto antico nell'area milanese (il primo afflusso risale al periodo tra le due guerre) e in parte con le caratteristiche peculiari della cucina cinese che per varietà dei piatti che è in grado di proporre, per la loro qualità e per i prezzi modici è considerata una delle cucine straniere più gradite (Chiva 1993). Anche le modalità di frequenza ai ristoranti cinesi e la tipologia dei suoi frequentatori si avvicinano alla descrizione di Finkelstein. Il ristorante cinese arriva ad assomigliare, per clientela, prezzi e diffusione, alle pizzerie. La diffusione di questo tipo di locale ha raggiunto una consistenza tale da generare tensioni e proteste nei ristoratori italiani. (Gonnellil 1995). Per i ristoranti etnici diversi dai cinesi il panorama italiano si discosta notevolmente da quello di altri paesi europei e nord americani, e quindi, come si è detto, dalla descrizione data da Finkelstein. La difficoltà maggiore di utilizzare lo schema interpretativo di Finkelstein deriva dal fatto che la variabilità delle forme di socialità ricercate nei ristoranti etnici in Italia è piuttosto ampia; i prezzi stessi e la qualità del servizio offerto variano in maniera considerevole da un ristorante all'altro. A Milano si va da ristoranti con prezzi piuttosto elevati (90.000 lire per il ristorante giapponese Akasaka ...), a locali con prezzi medi (50.000 lire al brasiliano Porcao churrascaria ...), fino a ristoranti del tutto economici come i singalesi Serendib e Shri Lanka (35.000 lire il primo e 20.000 il secondo) o il senegalese Cayor, chez Yacine di viale Monza (20.000-30.000 lire). Anche il tipo di servizio e l'atmosfera creata nel locale variano notevolmente: al ristorante giapponese posate, ciotolame e tovaglie sono sempre disposte accuratamente e l'atmosfera tende a un'idea di raffinatezza (forse più legata allo stereotipo che i clienti hanno della cultura giapponese che non all'autenticità della stessa). Al capo opposto il ristorante che offre cucina dello Shri Lanka è più simile ad un "circolone" con tavoli diversi uno dall'altro e con un servizio più alla buona, pur senza sacrificare decoro e soprattutto igiene e pulizia. Tipologia dei frequentatori Se i criteri utilizzati da Finkelstein, come si è visto, non permettono di attribuire i ristoranti etnici in Italia ad un'unica categoria, in qualche misura omogenea al suo interno, vediamo allora di cercare qualche dimensione che ci permetta di fare un certo ordine e di individuare qualche criterio per classificare la galassia ristoranti etnici, che appare fino ad ora piuttosto confusa dal punto di vista concettuale. Seguendo l'idea di Finkelstein, partiamo dall'esame della clientela che frequenta i ristoranti stranieri in Italia e dalle motivazioni che stanno dietro a tale tipo di scelta. Purtroppo non esiste in Italia, che io sappia, una letteratura sociologica su questo argomento. La discussione che segue è quindi dedotta in parte dall'esperienza personale, in parte da articoli di quotidiani e riviste e infine da quella parte di letteratura straniera (soprattutto francese) che mi sembra in qualche misura applicabile al caso italiano. Su questa base, una veloce schematizzazione di una possibile tipologia dei frequentatori di ristoranti etnici in Italia potrebbe essere la seguente: 1) I risparmiosi. E' la categoria più simile all'idea esposta da Finkelstein. E' composta soprattutto da giovani con limitate disponibilità economiche e con desiderio di locali "informali" che permettano una performance piuttosto libera della loro socialità. L'autenticità della cucina e dell'ambientazione sono un elemento secondario. Questa categoria di frequentatori di ristoranti etnici è descritta come particolarmente importante da van Otterloo (1987). 2) I turisti. Sono quelli che hanno fatto qualche vacanza in paesi extra europei e che al loro ritorno ricercano "i sapori" della loro vacanza. Per quanto poco numerose possano essere queste persone in Italia, rappresentano un settore interessante dato che si rivelano generalmente attenti (limitatamente all'idea che se ne sono fatti durante il loro viaggio) all'autenticità della cucina e in parte anche al tipo di servizio e di ambiente. L'autenticità non deve però essere intesa come una caratteristica in qualche modo oggettiva e legata ad una qualche pretesa ortodossia, essa assume rilevanza teorica ed analitica se messa in relazione con il sogno elaborato durante l'anticipazione del viaggio (Costa 1989). In questo senso possono essere chiarificanti le teorie di MacCannell sugli staged settings. Come vedremo, il turista accede ad un'autenticità che è solo "rappresentata" secondo una differenziata gamma di approssimazioni più o meno superficiali rispetto alla cultura del paese che si sta visitando. Goody (1989) sostiene l'importanza delle ripercussioni della diffusione del turismo in campo alimentare. Anche dalle interviste raccolte da van Otterloo (1987) risulta che una grossa fetta di avventori dei ristoranti greci in Olanda sia costituita da persone che sono state in Grecia a trascorrere delle vacanze. 3) I "solidali". Fanno parte di questa categoria coloro che frequentano persone immigrate, sul luogo di lavoro o in gruppi di appoggio (corsi di alfabetizzazione, cooperative, ecc.) o che comunque intrattengono relazioni di amicizia con persone straniere. 4) I curiosi. Categoria "interstiziale" dato che la curiosità deve essere messa in relazione con atteggiamenti che possono riportare alle altre categorie (Moreira 1989b). 5) I city users. A questa categoria appartengono coloro che, senza risiedervi, "utilizzano" la città per consumare servizi pubblici e privati (Martinotti 1993, 1995). Questo consumatore ha generalmente una buona disponibilità economica e l'ostentazione e lo status derivante dall'andare a pranzo fuori costituiscono per lui le attrattive maggiori. Un tipo di locale che si addice al city user è probabilmente il ristorante giapponese. 6) Gli immigrati/gli stranieri. Sono "naturalmente" tra i frequentatori di ristoranti etnici. La frequenza spesso non è particolarmente assidua per ragioni economiche. In alcuni casi il ristorante frequentato dagli immigrati svolge anche una funzione di luogo di ritrovo e di scambio per i membri della comunità immigrata (L'Asmara, ecc.). 3.3 Cibi etnici nella sfera pubblica In linea più generale è possibile distinguere i frequentatori di ristoranti etnici tra coloro i quali appartengono al gruppo etnico di cui il ristorante propone la cucina (insiders) e quelli che a tale gruppo non appartengono (outsiders). Riferendoci a quanto detto sul consumo di cibo nella sfera pubblica e, più specificatamente, alla definizione che Finkelstein dà del ristorante come diorama del desiderio, vediamo ora quali sono i "desideri" che, per le due categorie di consumatori, sottostanno alla scelta di mangiare in un ristorante etnico. Gli immigrati e il ristorante etnico Penny van Esterik (1982) sostiene che se nei pasti quotidiani il cibo ha spesso cessato di essere un marcatore dell'identità di un particolare gruppo etnico, al contrario, la funzione comunicativa del cibo appare con forza quando esso è consumato in un luogo pubblico come il ristorante. Mangiare in un ristorante etnico per un membro di quel gruppo etnico è una pratica connessa alla comunicazione/rivendicazione della propria identità e nello stesso tempo svolge una funzione di rinforzo dell'identità stessa. Alcuni piatti ed ingredienti assumono un ruolo di particolare rilevanza in questo tipo di operazione. Siamo tipicamente nella categoria di piatti che Calvo definisce del "piatto totem", cioè un piatto culturalmente molto specifico che in seguito all'immigrazione subisce una rivalutazione culturale; tale tipo di piatto può diventare "l'oggetto mediatore" dell'identità (1982, 420). Non si tratta necessariamente di un piatto che viene consumato esclusivamente in un ambito pubblico, ma, per le sue caratteristiche e per i suoi significati simbolici assume una forza particolare se è consumato in pubblico . Il processo varia però a seconda degli "interlocutori". Secondo Van Esterik "l'identità etnica può essere espressa dal cibo e dalle abitudini alimentari, sia rivolgendosi ai membri dello stesso gruppo etnico, sia agli esterni che associano dei particolari cibi a determinati gruppi etnici". In questo secondo caso la scelta del cibo può rispondere ad aspettative convenzionali da parte degli outsider: "il cibo può entrare a fare parte di uno stereotipo etnico" (van Esterik 1982, 208). 6 Gli indigeni e il ristorante etnico Per quanto riguarda gli autoctoni che vanno a mangiare in un ristorante etnico occorre fare un discorso diverso. Tale pratica non assume, in questo caso, la funzione di comunicazione di un'identità etnica ma si possono individuare una serie di messaggi che tale pratica mira a comunicare: lo status, il tipo di considerazione per quella determinata cultura etnica, eventualmente delle idee politiche, ecc. Come si è detto la pratica dell'andare a mangiare al ristorante è sottoposta ad una serie di pressioni differenti, comprese le influenze della moda; è quindi difficile valutare i significati, peraltro variabili, che tale pratica può avere. Non è comunque assurdo immaginare, con le dovute cautele, che tra i significati di questa pratica possano esserci anche quelli inerenti alla "democratizzazione" o all'allentamento delle barriere su base etnica. Il cibo come ponte tra immigrati e indigeni: un’ipotesi da approfondire Secondo Anneke van Otterloo (1987) è possibile ipotizzare che attraverso la diffusione della cucina etnica, in particolare coi ristoranti etnici, venga favorito un avvicinamento tra le diverse culture che vivono in una stessa società e il superamento delle barriere che le dividono. In linea generale, viste le implicazioni simboliche, sociologiche e psicologiche che abbiamo detto essere dimensioni estremamente rilevanti della pratica alimentare (si vedano i capitoli precedenti) mi pare che questo tipo di ipotesi possa essere verosimile. Alcune obiezioni sono certamente possibili a questo tipo di argomento: 1) Tra cucinare cibi etnici nella sfera privata e l'andare a mangiare in un ristorante etnico esiste una differenza fondamentale. L'andare a pranzo fuori - per le caratteristiche che il ristorante ha assunto nelle società industriali avanzate e per la stretta connessione tra fenomeni di moda e ristoranti - viene ad assumere una valenza comunicativa o di ostentazione (consumo vistoso ecc.) che prescinde in molti caso dal desiderio di superare le barriere etniche e di conoscere culture differenti. 2) In alcuni ristoranti non viene data un immagine "corretta" della cultura alimentare del paese d'origine. Piuttosto il gestore "asseconda" lo stereotipo che l'autoctono ha in merito a quel dato paese. 3) Le ricette che vengono proposte nella maggior parte dei ristoranti etnici frequentati da stranieri, anche se non conformi allo stereotipo, non sono comunque fedeli all'originale. Al contrario esse sono quasi sempre modificate, "edulcorate" ed alleggerite dagli ingredienti che si sanno poco graditi alla clientela locale. Queste obiezioni sembrano in realtà fondarsi su di una visione riduttiva ed ingenua di ciò che viene identificato con termini quali "corretto", "autentico", "originale", applicati al campo delle relazioni interculturali. In questo senso per rispondere alle obiezioni sulle potenzialità del ristorante etnico di svolgere funzioni "ponte" può essere utile la teorizzazione di MacCannell sull'"autenticità" degli ambienti turistici. A proposito di tali ambienti MacCannell sostiene che la loro autenticità può essere rappresentata secondo una differenziata gradazione che prevede sei diversi staged settings. Le sei categorie possono essere descritte, seguendo Costa (1989), applicando i relativi criteri al caso della corrida. 1) La front region è data soprattutto dalle bancarelle di souvenir che circondano gli ingressi della Plaza de Toros. Esse sono provviste, ad esempio, delle corna del primo toro ucciso da Dominguin. 2) La front back region è data dall'ammodernamento delle tribune, che pur mantiene lo stile tradizionale, oppure dalla sostituzione degli strilloni che annunciano l'evento con furgoni dotati di altoparlanti. 3) Il front, che sembra in tutto e per tutto una back region, è la stessa corrida, con la sfilata dei banderilleros a cavallo, dei paggi del torero e infine del toro. 4) Se la corrida è organizzata appositamente per alcuni tour operator si ha back region limitata ad un gruppo ristretto di turisti. 5) La back region alterata è data dalle prove che precedono l'avvenimento: la sfilata è provata e riprovata nei dettagli, ma soprattutto si pensi alla vestizione del torero, che abitualmente non è vista dai turisti. 6) La back region vera e propria: l'amore e l'orgoglio degli spagnoli verso la loro corrida e soprattutto il raccoglimento del torero prima di entrare nella Plaza de Toros. E' un'autenticità che il turista non può sperimentare nella sua pienezza culturale perché espressione di una tradizione a lui estranea" (Costa 1989, 193-194). Seguendo lo schema di MacCannell, possono essere individuate anche per i ristorante etnici diverse gradazioni dell'autenticità, in questo caso con riferimento all'ambiente proposto e al cibo offerto. Anche in questo caso, l'accesso all'autenticità totale non è possibile per il turista e per l'avventore di ristoranti etnici; o meglio, superare il limite superiore dell'autenticità rappresentata (la back region secondo la teoria di McCannell) immette in un'esperienza che va oltre la figura sociale del turista. Ma ciò non esclude che il ristorante etnico, anche in presenza di "autenticità limitata", possa svolgere funzioni "ponte" nel senso indicato. Questa posizione è stata espressa con forza da La Cecla (1995), che ha sottolineato le valenze positive che il contatto attraverso il ristorante, seppure "in assenza di autenticità", offre: "Nei ristoranti 'etnici', nei luoghi 'tipici', ciò che ci si attende dai clienti non è la profondità, al contrario: è la curiosità superficiale che forma la base della jouissance. La cucina dei ristoranti tipici è uno spazio di tolleranza precisamente perché è uno spazio di superficialità. Non si trasmette allo straniero che viene a pranzo che ciò che può e che vuole comprendere (...). La cucina 'tipica' è per eccellenza l'ambito in cui si simula una cultura (...). La cucina è anche zona di traduzione ma, affinché non presenti alcun pericolo per le due parti, si mima una lingua che non è né quella dell'autoctono né quella dello straniero. (...) Si produce un'alienazione della cucina quando una cultura consente di abbassare la sua soglia di contatto. Questa alienazione non appoggia sull'universalità della cucina in questione ma sull'attrazione che esercita la sua estrema particolarità (sia essa falsata, senza rapporto col paese d'origine). Il 'tipico' è sempre una caricatura, un'estremizzazione. Il successo di alcuni piatti come la pizza o le paste va di pari passo con una rappresentazione teatrale, esagerata e caricata di cliché della cultura italiana. Ma le due parti accettano la simulazione. Ad Amburgo, i fabbricanti di pizza fingono di preparare la pizza come a Napoli e gli abitanti di Amburgo fingono di crederci. Non è forse l'inizio della tolleranza? La simulazione serve a mantenere una convivialità tra culture differenti e contribuisce a una meravigliosa illusione: quella di credere che, andando più lontano, si potrebbe comprendere (La Cecla 1995, 86-88). BIBLIOGRAFIA AA.VV. 1990 "I ristoranti stranieri in Italia", in: Il manifesto. La talpa giovedì, 4 ottobre. Aguiari Eleonora, Gersony Marina 1995, Milano etnica. Tutto il mondo in città, Milano, Zanzibar. Ariès Philippe 1986 Per una storia della vita privata, in Ariès P., Duby G. (a cura di ), 1986, pp. V-XVIII. Ariès Philippe, Duby Georges (a cura di) 1986 Histoire de la vie privée. III. De la Renaissance aux Lumiéres, Paris, Editions du Seuil. (Trad. It.: La vita privata dal rinascimento all'illuminismo, Bari, Laterza, 1987). Barthes Roland 1957, Mytologies, Paris, Seuil, (Trad. It.: Miti d'oggi, Torino, Einaudi, 1974). Bastide Roger 1970 Le prochain e le lointain, Paris, Editions Cujas. (Trad. It.: Noi e gli altri. I luoghi di incontro e di separazione culturali e razziali, Milano, Jaca Book, 1971). Belasco Warren, 1987 "Ethnic Fast Foods: the Corporate Melting Pot", Food and Foodways, 2, pp. 1-30. Bessis Sophie 1995, "Avant-propos", Autrement, 154, pp. 9-13 Bourdieu Pierre 1979 La distinction, Paris, Les éditions de minuit. (Trad. It.: La distinzione. Critica sociale del gusto, Bologna, Il Mulino, 1983). Brillat-Savarin J.A. 1895 Physiologie du gout, Paris, Flammarion, 1982. (Trad. It. Fisiologia del gusto, Milano, Rizzoli, 1985). Braudel Fernand 1967 Civilisation matérielle et capitalisme ( xv- xviii siècle), Paris, Librairie Armand Colin. (Trad. It.: Capitalismo e civiltà materiale (secoli xv-xviii), Torino, Einaudi, 1977). Calvo Manuel 1982 "Migration et alimentation", Information sur les sciences sociales, 21, 3, pp. 383-446. Chiva Matty 1993 "L'amateur de durian", Autrement, 140, pp. 90-96. Costa Nicolò 1989 Sociologia del turismo. Itinerari e identità nel tempo libero, Milano, IULM. 1995 La città dell'Iper-turismo. La disneyficazione della società e lo spirito del capitalismo barocco, Milano, CUESP. D'Eramo Marco 1990 Rottura con l'antico, in AA.VV. Douglas Mary, Isherwood Baron 1979, The World of Goods, New York, Basic Books, (Trad. It.: Il mondo delle cose. Oggetti, valori, consumo, Bologna, Il Mulino, 1984). Elias Norbert 1969, Uber den Prozess der Zivilisation. I. Wandlungen des Verhaltens in den Wetlichen Oberschichten des Abendlandes, Frankfurt, Suhrkamp. (Trad. It.: La civiltà delle buone maniere. Il processo di civilizzazione. I., Bologna, Il Mulino, 1982). 1980, Uber den Prozess der Zivilisation. II. Wandlungen der Gesellschaft. Entwurf zu einer Theorie der Zivilisation, Frankfurt, Suhrkamp. (Trad. It.: Potere e civiltà. Il processo di civilizzazione. II., Bologna, Il Mulino, 1983). van Esterik Penny, 1982, "Celebrating Ethnicity: Ethnic Flavor in an Urban Festival", Ethnic Groups, 4, pp. 207-228. Ferniot Jean e Le Goff Jacques (a cura di) 1986, La cuisine et la table. 5000 ans de gastronomie, Paris, Ed. Seuil. (Trad. It.: La cucina e la tavola. 5000 anni di gastronomia, Bari, Dedalo, 1987). Finkelstein Joanne 1989, Dining Out. A Sociology of Modern Manners, Cambridge, Polity Press. (Trad. It.: Andare a pranzo fuori. Sociologia delle buone maniere, Bologna, Il Mulino, 1992). Flandrin Jean-Louis 1986, "La distinzione attraverso il gusto", in Ariès P., Duby G. (a cura di), pp. 205-240. 1989, "Le lent cheminement de l'innovation alimentaire", Autrement, 108, pp. 68-74. Goffman Erving 1959, The Presentation of Self in Everyday Life, Garden City, Doubleday. (Trad. It.: La vita quotidiana come rappresentazione, Bologna, Il Mulino, 1969). Gonnelli Rachele 1995, "Roma ferma i cinesi. Troppi ristoranti", L'Unità, 15 febbraio Goody Jack 1989, "Identité culturelle et cuisine internationale", (intervista di Fabrice Piault), Autrement, 108, pp. 98-101. Heller Agnes 1976, The Theory of Need in Marx, London, Allison and Busby, (Trad. It.: La teoria dei bisogni in Marx, Milano, Feltrinelli, 19803). 1979, A theory of Feelings, The Netherlands, Van Gorcum, (Trad. It.: Teoria dei sentimenti, Roma, Editori Riuniti, 1980). 1984, A Radical Philosophy, Oxford, Basil Blackwell. La Cecla Franco 1995, "Faux contact", Autrement, 154, pp. 82-88. Lévi-Strauss Claude 1958, Anthropologie structurale, Paris, Plon. (Trad. It. Antropologia strutturale, Milano, Il Saggiatore, 1966). 1964 Le cru et le cuit: Mythologiques I, Paris, Plon. (Trad. It. Il crudo e il cotto, Milano, Il Saggiatore, 1966). 1968 L'origine des manières de table: Mythologiques III, Paris, Plon. (Trad. It. Le origini delle buone maniere a tavola, Milano, Il Saggiatore, 1971). Liperi Felice 1990 "Riti di passaggio", in AA.VV., 1990. MacCannell Dean 1976 The Tourist. A New Theory of the Leisure Class, New York, Schocken Books. Mann B.J. 1975, The Cocktail Waitress: Women's Work in a Man World, New York, Wiley. Marcuse Herbert 1964, One Dimensional Man, Boston, Beacon. (Trad. It.: L'uomo a una dimensione, Torino, Einaudi, 197111). Martinotti Guido 1993 Metropoli. La nuova morfologia sociale della città, Bologna, Il Mulino. 1995, "City users a Milano", Annali Italiani del turismo italiano, 1, 1, pp. 181-197. Mennell Stephen 1985, All Manners of Food: Eating and Taste In England and France from the Middle Ages to the Present, Oxford, Basile Blackwell. Mennell Stephen, Murcott Anne, van Otterloo Anneke H. 1992, "The Sociology of Food: Eating, Diet and Culture", Current Sociology, 40, 2, pp. 1-152, (Trad. It. parziale in Annali italiani del turimo internazionale, 1, 1, pp.123-131, 1995). Moreira Paul 1989, "Les aventuriers du gout méconnu", Autrement, 108, pp. 197-199. van Otterloo Anneke H. 1987, "Foreign Immigrants and the Dutch at Table, 1945-1985. Bridging or Widening the Gap?", The Netherlands' Journal of Sociology, 23, 2, pp. 126-143. Radcliffe-Brown Alfred, 1922, The Andaman Islanders, Cambridge. Richards Audrey, 1932, Hunger and Work in a Savage Tribe: A Functional Study of Nutrition among the Southern Bantu, London, Routledge. 1937, The Food and Nutrition of African Natives, London, International Institute of African Languages and Cultures. 1939, Land, Labour and Diet in Northern Rhodesia, Oxford, Oxford University Press. Rossi Barilli Gianni 1990, "Il naviglio è un fiume giallo", in AA.VV., 1990. White W.F. 1984, Human Relations in the Restaurant Industry, New York, McGrawHill. NOTE 1 Per una rassegna sugli sviluppi dell'interesse delle scienze sociali per il cibo e l'alimentazione si rimanda a Mennell, Murcott, van Otterloo (1992). Occorre precisare che, oltre alle antropologie e alle sociologie della vita quotidiana, alle quali si fa un riferimento esplicito in questo articolo, anche settori di studi storici, in particolare la "Nuova storia", hanno sviluppato un notevole interesse per l'alimentazione. Si vedano le classiche opere di Braudel (1967), Ferniot e Le Goff (1986), Ariès e Duby (1986), etc. 2 Tradizionalmente la diffusione di modelli attraverso i ristoranti è stata vista come una diffusione "discendente", tesa cioè ad esportare le maniere e i gusti delle classi superiori alle classi inferiori. Attualmente (e in particolare ciò e vero per l'argomento specifico di questo articolo) si prescinde dalla direzione che la diffusione assume. 3 Per una bibliografia specifica che tratti il tema della nascita e dello sviluppo dei ristoranti, e per una trattazione critica delle diverse periodizzazioni a cui è possibile fare riferimento si rinvia, oltre che a Mennell, Murcott, van Otterloo (1992) a Mennell (1985). 4 A questo proposito si accenna soltanto a tutta una letteratura che investe diverse discipline che vanno dalla sociologia alla psicologia all'economia e al marketing e che si sono interessate alle diverse strategie messe in atto dal personale dei ristoranti per "gestire" in maniera vantaggiosa i rapporti con i clienti. W.F. White (1984), B.J. Mann (1975). 5 Gradimento per i cibi esotici e per pasti poco abbondanti è dimostrato dai dirigenti e dai professionisti, mentre gli impiegati e gli operai specializzati dimostrano una preferenza per i pasti abbondanti e a base di carni rosse. Inoltre questi ultimi ritengono pesce, frutta e verdure cibi adatti a donne e bambini, così come per queste categorie ritengono più indicate le carni bollite che non quelle arrostite (Bourdieu 1979, pag. 191 e seguenti). Analoghe considerazioni sono espresse da Roland Barthes, a proposito dell'opposizione tra vino e latte e della bistecca che "è il cuore della carne, la carne allo stato puro, e chiunque se ne cibi assimila forza taurina (1957). 6 Calvo sottolinea come il piatto totem, ostentato e ricercato come "megafono" della propria identità, può d'altra parte essere fuggito e rifiutato in situazioni di "identità in crisi". (Calvo 1982, 425).