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Calibrazione dei sensori

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Calibrazione dei sensori
CAPITOLO SECONDO
CALIBRAZIONE DEI SENSORI
Un costruttore, prima di mettere in vendita uno strumento di misura, esegue
l’operazione di calibrazione al fine di determinare la relazione tra segnale di uscita dello
strumento e parametro sottoposto a misurazione. Nel tempo però ogni strumento, sia pure
di ottima qualità, tende a deteriorarsi con l’uso, peggiorando le proprie prestazioni, oppure
a essere soggetto a guasti. Quando si verifica un malfunzionamento o dopo la riparazione di
un guasto, l’operazione di taratura dello strumento deve essere ripetuta al fine di avere dati
validi e non numeri.
In questo capitolo si parla dei criteri base delle procedure di calibrazione delle
grandezze fisiche, definendo alcune caratteristiche metrologiche come precisione e tempo
di risposta. Vengono descritte inoltre le metodologie di calibrazione per i principali
strumenti di misura delle grandezze fisiche di interesse nel settore agrometeorologico.
CALIBRATION OF THE SENSORS
Before selling a measurement instrument, the producer carries out calibration in
order to determine the relationship between the output signal of the instrument and the
parameter subjected to measurement. Over time, however, all instruments, even those of the
highest quality, tend to deteriorate with use leading to a worsening of their performance or
to break down. When a malfunction is noted, or after repair of a break down, calibration
must be repeated in order to have valid data, and not only numbers.
In this chapter the basic criteria for calibration procedures for physical quantities
are discussed and some metrological characteristics such as precision and response time
are defined. In addition, calibration methodologies for the principal measurement
instruments for physical quantities of interest in the field of agrometeorology are described.
31
32
CALIBRAZIONE DEI SENSORI
P. Battista, G. Fasano, A. Materassi
2.1 La calibrazione
Si definisce taratura o calibrazione il procedimento che determina come i segnali
d'uscita degli strumenti sono legati alle misure dei misurandi1. La taratura ha lo scopo di
determinare tutte le caratteristiche metrologiche di un dispositivo fornendo al minimo un
diagramma di taratura2.
L'operazione di taratura viene compiuta dal costruttore prima di affidare il
dispositivo all'utilizzatore, ma in genere è necessario ripeterla più volte durante la vita del
dispositivo stesso in uno dei seguenti casi :
- alla scadenza dei periodi di validità dei diagrammi di taratura, fissata dal costruttore o
stabilita da norme particolari sul dispositivo;
- quando, durante l'uso del dispositivo, una grandezza d'influenza ha assunto valori
esterni al campo di sicurezza. Sono grandezze di influenza quelle che influiscono sulla
misurazione non in quanto alterano lo stato del sistema misurato e quindi il valore del
parametro misurato, ma in quanto alterano la relazione tra segnali d'uscita e misurandi;
- quando al dispositivo è stato applicato un misurando la cui misura è fuoriuscita dal
campo di sicurezza per lo strumento. In altre parole se il misurando è andato troppo al
di fuori del range3 dello strumento questo va ritarato. I limiti di sicurezza oltre ai quali
non si può andare senza compromettere la taratura o addirittura il funzionamento dello
strumento sono indicati dal costruttore come over-range;
- quando, con dispositivo non operante, una delle grandezze di influenza ha assunto
valori esterni al campo di immagazzinamento.
2.1.1 Calibrazione per confronto
Le metodologie descritte nei paragrafi successivi consentono all'utilizzatore stesso
di calibrare i propri sensori purché, per ogni grandezza fisica, abbia uno strumento di
qualità migliore di quello da tarare e perfettamente calibrato (strumento campione); infatti
le procedure indicate riguardano tutte tarature per confronto.
Le tarature assolute, cioè quelle fatte in riferimento a grandezze fisiche campione,
1
La definizione di taratura è estratta dalla Norma UNI 4546 [10]. Il misurando è il parametro
sottoposto a misurazione, valutato nello stato assunto dal sistema al momento della misurazione
stessa.
2
Relazione che permette di ricavare da ogni valore di lettura fornito da un dispositivo la misura da
assegnare al misurando (Norma UNI 4546 [10])
3
Range o gamma di misura: intervallo dei valori di ingresso entro cui lo strumento dà un’indicazione.
33
di valore noto ma non per via strumentale, vengono effettuate soltanto da pochi laboratori
specializzati abilitati al rilascio di certificazioni.
Per quanto detto sopra è allora evidente che lo strumento di riferimento non deve
essere usato come strumento per misure di routine perché si correrebbe il rischio di farlo
cadere in una delle condizioni per le quali lui stesso andrebbe ritarato. Ovviamente anche la
sua calibrazione andrà periodicamente rivista allo scadere della sua validità.
Nella taratura per confronto è norma avere un sensore di riferimento con
caratteristiche metrologiche [1, 2, 5] migliori di un ordine di grandezza di quelle che
vogliamo attribuire al sensore da calibrare. Per esempio, se si vuole tarare un sensore con la
precisione del decimo, cioè se vogliamo che la cifra che costituisce i decimi sia certa,
l'incertezza nell'indicazione dello strumento campione deve cadere al massimo sulla cifra
dei centesimi.
2.1.2 Incertezza sulla calibrazione
La precisione, , rappresenta l'errore assoluto massimo che lo strumento può
compiere, cioè la massima differenza che può verificarsi tra il risultato della misura e il suo
valore vero. La precisione viene fornita dal costruttore e consente di accettare come valore
di una misura il singolo valore letto, associando ad esso l’incertezza data dal numero che
rappresenta la precisione stessa.
La precisione è tanto maggiore quanto più piccolo è il numero che la rappresenta e
questo parametro, in uno stesso strumento, può essere diverso nelle varie portate. La
definizione di precisione è valida per strumenti sia analogici sia digitali, ma i costruttori la
indicano in modo diverso nei due casi.
Per gli strumenti analogici molto spesso non viene data la precisione ma la Classe
di Precisione, C, definita come rapporto percentuale fra la precisione  e il range dello
strumento:
C
δ
100
range
2.1
nel caso degli strumenti elettrici le norme CEI prevedono le seguenti classi:
0.05 %
0.1 %
0.2 %
0.3 %
0.5 %
1%
1.5 %
2.5 %
5%
Se uno strumento in classe 1 e con range 10 indica un valore 8.0, il costruttore ci
garantisce che lo scostamento massimo dal valore vero è:
δ
34
C range 1  10

 0.1
100
100
e quindi la misura è
V = 8.0 ± 0.1
se prendiamo invece uno strumento sempre in classe 1 ma con range 100, otteniamo che
δ
C range 1100


1
100
100
e quindi in questo caso la misura è
V = 8.0 ± 1
Da questo si deduce che per minimizzare gli errori di misura la lettura va fatta con
l'indice il più possibile prossimo al fondo scala; ciò implica la scelta di una portata dello
strumento, per quanto possibile, vicina al valore da misurare (questo criterio resta valido
anche per gli strumenti digitali).
Gli strumenti digitali invece vengono caratterizzati dal numero di cifre (digit)
presenti nel display. Si possono avere strumenti di N digit, ove gli N indicatori possono
assumere valori da 0 a 9, o strumenti di N digit e mezzo; in questo caso, in effetti, i digit
sono 1 + N ma il primo digit può assumere solo alcuni valori (solitamente 0 o 1). Ad
esempio strumenti da tre digit e mezzo con portata 2, 20, 200 in effetti indicheranno 1.999,
19.99 e 199.9 rispettivamente nelle tre portate.
Nel caso di strumenti digitali è frequente veder confondere la risoluzione con la
precisione. Infatti nella dizione usata dai costruttori, che definiscono lo strumento da
N digit ± 1 digit (riferito al digit meno significativo), il ± 1 digit viene spesso interpretato
dall’utilizzatore come precisione, mentre normalmente il costruttore vuole indicare la
risoluzione4. L'ultima cifra, che per definizione è incerta, costituisce solo una parte
dell'incertezza dell'indicazione dello strumento; infatti ad essa va aggiunta l'incertezza
intesa come scostamento statistico massimo che si può avere fra valore vero e valore
indicato dallo strumento. A questo proposito i costruttori esprimono la precisione come
percentuale del range o del valore misurato, specificando che essa è di
 (1 digit, l'ultimo, + x % del range o del valore misurato)
2.2
dove la x indica un valore di incertezza che non viene superata con probabilità del 68 %. Se
vogliamo sicurezze maggiori, nel computo dell'incertezza dobbiamo mettere:
 (1 digit + 2 x %)
che dà una probabilità del 95 %
 (1 digit + 3 x %)
che dà una probabilità del 99.7 %
4
Uno strumento digitale con due decimali (centesimi) distingue due valori, della grandezze a cui è
sensibile, che differiscono per almeno un centesimo; ma ciò non significa che i due valori siano
precisi al centesimo (cioè che si discostino dal valore vero al massimo di un centesimo)
35
Ad esempio, se dovendo tarare un sensore con precisione 1/10 nella gamma di
valori 0  10, utilizziamo uno strumento a 4 digit con le seguenti caratteristiche:
fondo scala:
precisione:
99.99
 (1 digit + 0.1 % f.s.)
otteniamo che l'incertezza su un qualunque valore è di
 (0.01 + 0.1) =  0.11
cioè il valore vero, al 68 %, cade in un intervallo di incertezza di 0.22, cioè ampiamente
superiore al decimo. Questo strumento, pertanto, non può essere utilizzato per tarature al
decimo, e a nulla gioverebbe prendere uno strumento con un digit in più (99.999), maggiore
risoluzione, ma con la medesima precisione:
(0.001 + 0.1) =  0.101
perché si ottiene comunque una gamma di incertezza, 0.202, superiore al decimo.
Prendendo invece uno strumento di identiche caratteristiche ma con fondo scala
più prossimo alla gamma di valori di nostro interesse, le cose migliorano molto (questo è un
criterio generale: le misure risultano migliori se eseguite vicino al fondo scala):
fondo scala:
precisione:
9.99
 (1 digit + 0.1 % f.s.)
L’incertezza in questo caso risulta
 (0.01 + 0.01) =  0.02
cioè il valore vero al 68 % cade in un intervallo di incertezza ampio 0.04, che è inferiore al
decimo. Questo strumento può allora essere utilizzato per calibrare un sensore al decimo. Si
può anche osservare che addirittura lo strumento garantisce la precisione al decimo anche
se sulle misure vogliamo la certezza del 99.7 % :
(0.01 + 3 · 0.01) =  0.04
quindi un intervallo di incertezza di 0.08 ancora inferiore al decimo.
Analogamente si procede per verificare l'idoneità di uno strumento se la precisione
è data sul valore misurato invece che sul fondo scala.
36
2.1.3 Procedure di calibrazione
Nonostante la diversità fra le grandezze fisiche ambientali e fra i sensori che le
misurano, nelle procedure di calibrazione esistono dei criteri di base che le accomunano. La
prima operazione riguarda la scelta del sensore di riferimento, che:
II) deve operare la stessa trasduzione5 di quello da tarare;
(ad esempio dovendo tarare una termoresistenza si userà una termoresistenza
campione e non una termocoppia e viceversa, in modo da non avere interferenze, sui
due sensori, da parte di grandezze di influenza diverse);
II) deve avere caratteristiche metrologiche [5, 7] migliori di quello in esame e più
specificatamente almeno:
- migliore precisione;
- migliore risoluzione;
- range di funzionamento più ampio, o al più uguale;
- tempo di risposta maggiore o al più uguale (solo per rilevare il tempo di risposta di
un sensore si deve usare un riferimento con tempo di risposta molto minore, vedi
paragrafo 2.1.5);
- isteresi molto minore.
Operata questa scelta si pongono i sensori da calibrare e quello di riferimento nelle
stesse condizioni, in intimo contatto con la grandezza fisica a cui sono sensibili. Si fa
variare la grandezza fisica, a partire da un estremo del range (zero o span) previsto per i
sensori in esame, per gradi, di solito compiendo salti di 1/10 del range: punti di taratura.
Per ogni punto di taratura si deve aspettare il raggiungimento della condizione di
regime, che molto verosimilmente si ottiene quando il sensore campione non indica più
nessuna variazione (se è stabilizzato il sensore di riferimento a maggior ragione sarà
stabilizzato quello da tarare che, come abbiamo detto, deve avere un tempo di risposta
inferiore). Quando si è in condizioni di regime, si legge il “valore reale” della grandezza
fisica, indicato dal sensore campione, e poi si leggono i valori indicati dai sensori sotto
taratura. Successivamente si impone alla grandezza un nuovo valore e si procede
analogamente fino al raggiungimento dell'altro estremo della gamma di misura.
Per evidenziare eventuali isteresi, nei sensori da tarare, si ripete tutta la procedura
di calibrazione da questo estremo della gamma di misura, fino a tornare a quello di
partenza.
In molti sistemi di calibrazione il passaggio fra due punti di taratura avviene
asintoticamente (Fig. 2.1, curva a) mentre in altri avviene con delle sovraelongazioni, cioè
la grandezza fisica raggiunto il nuovo valore impostato (set-point) non si arresta ma oscilla
intorno al valore stabilito; solo dopo un certo tempo, che può andare da pochi minuti a
qualche ora, le oscillazioni si smorzano (Fig. 2.1, curva b). Se queste sovraelongazioni sono
tali da far assumere alla grandezza fisica valori esterni alla gamma di funzionamento del
sensore o dello strumento sotto taratura, questo può venire danneggiato.
5
La trasduzione è il processo compiuto dai sensori, i quali se sottoposti alla grandezza fisica a cui
sono sensibili forniscono una analoga grandezza elettrica.
37
V2
b
a
a
V1
b
tempo
Figura 2.1 - Il passaggio fra due valori di set-point (V1 e V2) può avvenire o asintoticamente
(curva a) o con sovraelongazioni e oscillazioni smorzate (curva b).
Figure 2.1 - The passage between two set-point values (V1 and V2) can have an asymptote
trend (curve a) or an overshoot with damped oscillations (curve b).
2.1.4 Curve di taratura
I punti di taratura consentono di tracciare due tipi di grafico di calibrazione:
1) valore sensore campione - valore sensore da tarare;
2) grandezza in ingresso - grandezza indicata dal sensore da tarare.
Il primo tipo di tracciato è di più facile interpretazione perché nel caso ideale,
sensore da tarare identico a quello campione, porta a una retta che, se gli assi cartesiani
sono isodimensionali, passa per l'origine ed è inclinato di 45° (Fig. 2.2).
valore
sensore
da tarare
45°
valore sensore campione
Figura 2.2 - Curva di taratura ideale quando i sensori da tarare e quello campione danno in
uscita la stessa indicazione.
Figure 2.2 – Plot of ideal calibration response that occurs when the sensors, those to be
calibrated and that of reference, give the same output.
38
L'ottenimento di questi diagrammi è possibile solo quando il sensore da tarare e
quello di riferimento, oltre ad essere dello stesso tipo, sono anche collegati a lettori dello
stesso tipo, meglio ancora allo stesso lettore, in modo da ridurre l'influenza delle inevitabili
differenze fra lettori diversi. Ad esempio nel caso di taratura di una termoresistenza sia
questa sia quella di riferimento sono collegate a un ohmetro che ne dà la lettura in ohm,
oppure sono entrambe collegate ad un sistema di lettura che dà direttamente il valore della
temperatura.
Da questo grafico è immediato quantificare la linearità, l'isteresi, la precisione, la
risoluzione, del sensore sotto taratura rispetto a quello campione [3, 8].
Il secondo tipo di grafico si traccia quando i lettori usati per il sensore di
riferimento e per quello da tarare danno indicazioni di natura diversa. Ad esempio, nel caso
di taratura di una termoresistenza si può usare un ohmetro per quella da tarare e un
termometro per quella campione o viceversa (ma è più raro poiché normalmente le sonde
campione sono dotate di un proprio sistema termometrico di lettura). In questo caso si
ottiene un grafico non necessariamente lineare né passante per l'origine (Fig. 2.3). Da
questo grafico si può ricavare immediatamente la sensibilità del sensore sotto taratura
rispetto a quello campione.
grandezza
sensore da
tarare
grandezza in ingresso
Figura 2.3 - Curva di taratura quando le grandezze indicate dai sensori da tarare e da quello
di riferimento non sono omogenee.
Figure 2.3 - Calibration response curve when the quantities indicated by the sensors to be
calibrated differ from that of the reference sensor.
2.1.5 Tempo di risposta
Il tempo di risposta di un sensore può essere rilevato in due modi:
3) come risposta ad una variazione a gradino della grandezza fisica;
4) come risposta ad una variazione a rampa della grandezza fisica.
Per variazione a gradino si intende il passaggio da un valore a un altro in un tempo
tendente a zero (Fig. 2.4, curva a); per variazione a rampa si intende il passaggio graduale e
rettilineo fra due valori (Fig. 2.4, curva b). Il primo metodo è assai più semplice da eseguire
39
ma talvolta è difficile far subire al sensore una variazione a gradino della grandezza fisica e
si è costretti a impiegare il secondo. Il tempo di risposta di un sensore è indipendente sia dai
valori, V1 e V2, sia dalla loro differenza, V2 – V1, (Fig. 2.4); fanno eccezione gli
anemometri come vedremo nel paragrafo 2.5.
Nel caso si operi con la risposta al gradino il sensore di riferimento non deve avere
particolari caratteristiche; si devono avere due campioni della stessa grandezza fisica di
valore noto e il compito dei sensori di riferimento, poiché ne servono due, è quello di
indicare il valore dei due campioni.
valore della
grandezza
fisica
V1
a
V2
b
t
t2
tempo
1
Figura. 2.4 - Il passaggio fra i valori V11eV2 della grandezza fisica avviene con un gradino,
curva a, o con una rampa, curva b.
Figure 2.4 - Passage from V1 to V2 value of the physical quantity takes place as a step,
curve a, or as a ramp, curve b.
Per procedere al rilevamento del tempo di risposta 6 deve essere già nota la
6
Con riferimento alla figura 2.4, siano V 1 e V2 i valori iniziali e finali assunti dalle grandezze in
esame, l’andamento esponenziale crescente, v, indicato dal sensore si esprime:
t


v   V2  V1   1  e  τ   V1


con  costante di tempo. Dopo un tempo t pari alla costante di tempo (t =  ), il valore indicato dal
sensore è:
τ
 

v   V2  V1   1  e τ   V1  (V2  V1 )0.6321  V1


Quindi dopo un tempo pari alla costante di tempo il valore della grandezza v è aumentato, rispetto al
valore iniziale, del 63.21 % del salto (V2 - V1). Da qui la definizione di costante di tempo: tempo
necessario affinché il sensore indichi una variazione della grandezza del 63 %. Si definisce tempo di
risposta, tr, il tempo necessario al sensore per indicare il 90 % della variazione [v = 0.9(V2 - V1) + V1]
tr
 

v  0.9  V2  V1   V1   V2  V1   1  e τ   V1


da cui tr = 2.3026 
40
funzione di trasduzione del sensore (Fig. 2.2 o 2.3), quindi si pone il sensore in intimo
contatto col primo campione fisico fino alla sua completa stabilizzazione, e si legge il
valore indicato. In un tempo possibilmente “nullo” si porta il sensore in contatto col
secondo campione e si misura il tempo necessario al sensore per indicare il 90 % della
variazione subita dalla grandezza fisica: tempo di risposta.
Si definisce invece costante di tempo il tempo necessario al sensore per indicare il
63 % della variazione subita. Si dimostra facilmente che il tempo di risposta è di 2-3 volte
la costante di tempo.
Ad esempio dovendo rilevare il tempo di risposta di un sensore termometrico lo si
tiene in aria ambiente, misurando la temperatura indicata, Ta, e poi lo si immerge in un
bagno termostatico a temperatura Tb diversa da quella dell'aria. Il tempo impiegato dal
termometro per passare da Ta a Ta + 0.9(Tb - Ta ) è il tempo di risposta (Fig. 2.5).
Si capisce che con questo metodo il sensore di riferimento si limita ad indicare il
valore dei campioni fisici, che peraltro non importa che siano rigorosamente misurati, data
l'indipendenza del tempo di risposta da questi.
In modo analogo si procede ad esempio con un sensore solarimetrico, si tiene in
ombra e poi bruscamente si espone alla luce, o con altri; più difficile è operare così con un
sensore igrometrico (è difficile passare bruscamente da due campioni di umidità) o con una
piastra di flusso.
Temperatura
Tb
0.9(Tb-Ta)
0.63(Tb-Ta)
Ta
t1 t2
t3
tempo
Figura 2.5 - Il tempo (t3 – t1) impiegato dal sensore termometrico per passare da Ta a
Ta + 0.9(Tb - Ta) è il tempo di risposta. Il tempo (t2 – t1) per passare da Ta a
Ta + 0.63(Tb - Ta) prende il nome di costante di tempo e lo si ottiene graficamente come
indicato in figura tracciando la tangente alla curva di risposta del sensore al tempo t 1
(tangente nell’origine della variazione).
Figure 2.5 - The time required by the sensor (t3 – t1) to pass from Ta to Ta + 0.9(Tb - Ta) is
the response time. The time interval (t2 – t1) to pass from Ta to Ta + 0.63(Tb - Ta) is called
time constant and we can graph it as shown in the figure, drawing the tangent of the sensor
response curve at the time t1 (tangent at the origin of variation).
41
Talvolta, con certi sensori, è più facile operare con una variazione a rampa, in
questo caso il sensore di riferimento non deve limitarsi a misurare due soli valori della
grandezza fisica ma ne deve indicare l'evoluzione, possibilmente senza nessun ritardo, e
quindi, contrariamente a quanto detto nel paragrafo 2.1.3, deve avere un tempo di risposta
molto piccolo.
Ad esempio dovendo analizzare il tempo di risposta di una termoresistenza si
prenderà come riferimento una termocoppia. Il fatto di avere un sensore di riferimento di
natura diversa, in questo caso, è ininfluente poiché l'effetto delle grandezze di influenza
sulla costante di tempo è assolutamente trascurabile.
Operando con una rampa, il sensore da tarare, di cui deve essere già nota la
funzione di trasduzione, e quello campione vengono sottoposti alla stessa variazione della
grandezza fisica e, dopo che entrambi hanno superato la fase transitoria e il valore da loro
indicato cresce linearmente, si misura all'istante t1 il valore V assunto dal sensore
campione. La misura del tempo (t2 – t1) necessario al sensore da tarare per raggiungere lo
stesso valore V, rappresenta la costante di tempo del sensore (Fig. 2.6).
grandezza
fisica
a b
V
t1 t2
tempo
Figura 2.6 - Curva a: andamento a rampa della grandezza fisica rilevato tramite il sensore
campione. Curva b: andamento a rampa della grandezza fisica rilevato dal sensore da
calibrare. Superata da entrambi i sensori la fase transitoria, si calcola la costante di tempo 
del sensore da tarare, misurando dopo quanto tempo questo assume un valore, V, assunto in
precedenza dal sensore campione:  = t2 - t1.
Figure 2.6 - Curve a: ramp change of physical quantity measured by reference sensor.
Curve b: ramp change of physical quantity measured by the sensor to be calibrated. When
the transitory phase for both sensors is completed, we calculate the time constant  of the
sensor to be calibrated, measuring the time needed for the sensor to indicate a value, V,
taken in advance by the reference sensor:  = t2 - t1.
42
2.2 Temperatura dell’aria
Per la calibrazione dei sensori di temperatura devono essere utilizzati bagni
termostatici che operino almeno nel range -10  50 °C. All'acqua che si trova all'interno del
bagno va aggiunto del liquido anticongelante per impedirle di ghiacciare per temperature
inferiori a 0 °C. Al fine di omogeneizzare la temperatura in tutto il liquido ed evitare la
formazione di gradienti termici orizzontali e verticali, il bagno dovrà essere dotato di un
agitatore in modo da tenere la miscela in movimento.
Per assicurare che i vari sensori da calibrare e la sonda di riferimento siano nelle
stesse condizioni termiche non è sufficiente immergerli nel liquido, ma è indispensabile
inserirli in un blocchetto equalizzatore di temperatura. Su questo blocchetto, costruito con
materiale fortemente conduttivo (rame o alluminio), vengono ricavate delle impronte che
consentono di inserire i sensori da calibrare e la sonda di riferimento (Fig. 2.7)
Figura 2.7 - Blocchetto di equalizzazione (sezione).
Figure 2.7 - Block equalizer (section view).
pozzetto di misura
bagno
termostatico
agitatore
Figura 2.8 - Bagno termostatico con pozzetto di calma.
Figure 2.8 - The temperature bath with stilling well.
43
Per migliorare il contatto termico tra le pareti delle cavità del blocchetto, e i
sensori, quest'ultimi vengono ricoperti di grasso siliconico, il quale, eliminando le possibili
intercapedini d'aria, favorisce gli scambi termici.
Per ridurre le inevitabili oscillazioni della temperatura del bagno è preferibile che
il blocchetto equalizzatore non sia posto direttamente nel bagno ma sia inserito in un
pozzetto di misura pieno dello stesso liquido (Fig. 2.8). A fronte di un notevole
allungamento dei tempi operativi, questo consente un notevolissimo miglioramento della
stabilità della temperatura.
2.3 Umidità dell’aria
La calibrazione dei sensori di umidità dell'aria si presenta alquanto lunga e
laboriosa. Il maggiore problema è legato all'ottenimento del “campione fisico”, cioè
all'ottenimento, in un prestabilito ambiente, di un campione di aria con temperatura e
quantità di vapore predeterminate e modificabili in tutta la gamma di funzionamento dei
sensori. A tale riguardo sono state proposte camere igrometriche basate su diversi principi
ma le più accurate sembrano essere quelle fondate sul controllo dell'umidità dell'aria tramite
il controllo della sua temperatura di rugiada.
Un sistema di questo tipo può essere schematizzato in due zone distinte, una più
interna riservata alla calibrazione dei sensori, e una più esterna riservata al trattamento
dell'aria. L'aria viene prima umidificata fino alla saturazione del vapore, facendola passare
attraverso un umidificatore a velo d'acqua, mantenuto alla temperatura di rugiada; quindi
viene riscaldata alla temperatura voluta facendola passare attraverso gli elementi di un
riscaldatore elettrico.
Un microprocessore comanda la regolazione del flusso di acqua glicolata del
refrigeratore-umidificatore e il duty-cicle7 del riscaldatore, confrontando i valori impostati
per la temperatura di rugiada e di quella dell'aria con le informazioni provenienti da due
sensori di temperatura collocati rispettivamente subito dopo l'umidificatore e subito dopo
l'elemento riscaldatore. Il vantaggio di questo sistema risiede nel fatto di misurare l'umidità
non attraverso un sensore igrometrico, ma mediante un sensore termometrico, il quale, di
norma, presenta delle caratteristiche migliori per quanto riguarda la precisione, la sensibilità
e la ripetitività.
Metodi più semplici e abbastanza efficaci in cui non serve uno strumento di
riferimento, per ottenere campioni di aria in condizioni termoigrometriche predeterminate,
fanno ricorso all'uso di soluzioni saline sature contenute in recipienti chiusi. Ad esempio si
possono utilizzare delle soluzioni di cloruro di litio, cloruro di magnesio, nitrato di
magnesio, nitrato di potassio, e facendone variare la temperatura, è possibile coprire l'intera
gamma di valori dell'umidità relativa.
In un contenitore con la bocca sufficiente a far passare il sensore da tarare e che
sia facilmente sigillabile, viene preparata una soluzione satura del sale prescelto. Per essere
sicuri della saturazione si deve fare in modo che sul fondo ci sia sempre un piccolo strato
7
duty-cicle o ciclo di utilizzazione, indica il rapporto fra il tempo in cui l’attuatore è attivato, in
questo caso il riscaldatore, e il tempo in cui è disattivato.
44
(pochi millimetri) di sale indisciolto. Il livello del liquido dovrà arrivare a circa metà
altezza del contenitore in modo da lasciare una sufficiente quantità di aria e consentire
l'introduzione del sensore senza che questo venga a contatto con la soluzione. Dopo aver
inserito il sensore nel contenitore si dovrà avere cura di sigillare ogni passaggio d'aria e
tutto il sistema dovrà essere messo in un bagno termostatico (Fig. 2.9).
cavetto sonda
cavetto
del sensore igrometrico
temperatura
da tarare
sigillo
aria nelle condizioni
termoigrometriche prescelte
soluzione salina
contenitore
bagno termostatico
sale
Figura 2.9 - Disposizione del sensore da calibrare nel contenitore della soluzione salina
satura.
Figure 2.9 - Layout of the sensor to be calibrated in the container of saturated salt solution.
Tabella 2.1 - Umidità relativa (%) di una soluzione salina saturata a varie temperature (°C):
1) cloruro di litio 2) cloruro di magnesio 3) dicromato di sodio 4) nitrato di magnesio
5) cloruro di sodio 6) solfato di ammonio 7) nitrato di potassio 8) solfato di potassio.
Table 2.1 - Relative humidity (%) of a saturated salt solution at different temperatures (°C):
1) lithium chloride 2) magnesium chloride 3) sodium dichromate 4) magnesium nitrate
5) sodium chloride 6) ammonium sulphate 7) potassium nitrate 8) potassium sulphate.
T(°C) /Sol.
0
5
10
15
20
25
30
35
40
45
50
1
14.7
14.0
13.3
12.8
12.4
12.0
11.3
11.7
11.6
11.5
11.4
2
35.0
34.6
34.2
33.9
33.6
33.2
32.8
32.5
32.1
31.8
31.4
3
60.6
59.2
57.9
56.6
55.2
53.8
52.5
51.2
49.8
48.5
47.1
4
60.6
59.2
57.8
56.3
54.9
53.4
52.0
50.6
49.2
47.7
46.3
5
74.9
75.1
75.2
75.3
75.5
75.8
75.6
75.5
75.4
75.1
74.7
6
83.7
82.6
81.7
81.1
80.6
80.3
80.0
79.8
79.6
79.3
79.1
7
97.6
96.6
95.5
94.4
93.2
92.0
90.7
89.3
87.9
86.5
85.0
8
99.1
98.4
97.9
97.5
97.2
96.9
96.6
96.4
96.2
96.0
95.8
45
Per assicurarsi del raggiungimento della temperatura prescelta è opportuno che nel
contenitore, insieme al sensore da calibrare, sia introdotta anche una sonda di temperatura
di precisione sufficiente ( 0.1 °C). Se ciò non fosse possibile, dato l'inerzia termica di un
sistema di questo tipo è opportuno non fare le misure prima di due-tre ore dopo che il
bagno è andato a regime. In riferimento a tale metodo riportiamo in tabella 2.1 le soluzione
saline utilizzate nella calibrazione e i rispettivi valori di umidità relativa ottenibili a diversi
valori di temperatura.
2.4 Radiazione solare
2.4.1 Piranometri per globale e diffusa
Nel caso dei piranometri l'operazione di calibrazione ha lo scopo sia di ottenere la
curva di trasduzione del sensore, e si procede secondo i criteri generali, sia di determinare
l'andamento del valore del coefficiente solarimetrico 8 al variare dell'altezza del sole (h):
K(h) =
con
V
G
2.3
V - tensione generata dalla fotocellula o dalla termopila;
G - radiazione globale incidente.
La maggior causa di errore nelle indicazioni di tali strumenti è proprio legata al
fatto che al variare della posizione del sole rispetto allo strumento, il coefficiente
solarimetrico K(h) si mantiene costante solo per angoli superiori a circa 35°, mentre varia
(diminuendo o aumentando, a seconda del tipo di sensore), per angoli inferiori [6]. Poiché
tutti i flussi di radiazione sono definiti rispetto ad un piano orizzontale, è molto importante
che gli strumenti siano mantenuti perfettamente in piano. Inoltre è importante che durante il
corso delle misure le indicazioni degli strumenti non fluttuino e quindi la calibrazione deve
essere fatta in giornate con cielo estremamente limpido.
I piranometri possono essere calibrati in campo per confronto con un piranometro
di riferimento o, più correttamente. utilizzando un pireliometro per la misura della
radiazione diretta I e misurando la radiazione globale G e quella diffusa D col piranometro
da tarare. Fra queste tre grandezze sussiste la relazione:
G = D + I sen h
8
2.4
Coefficiente solarimetrico: coefficiente di proporzionalità tra la tensione V generata dalla fotocellula
o dalla termopila, e la radiazione incidente G.
46
mentre tra la tensione fornita dal piranometro senza e con la schermatura 9, Vglobale e Vdiffusa,
l'indicazione fornita dal pireliometro, I, e il coefficiente di calibrazione del piranometro, K,
esiste la seguente relazione (ricavabile dalle equazioni 2.3 e 2.4):
Vglobale - Vdiffusa
K(h) =
2.5
I sen h
Misurando la globale e la diffusa con lo stesso strumento, ovviamente in tempi
successivi, sia pure molto ravvicinati, si introducono degli errori; questi possono essere
ridotti se è disponibile un piranometro di riferimento per la misura della radiazione diffusa.
In questo caso le relazioni (2.3) e (2.4) danno:
K(h) 
dove
Vg
D  I sen h

Vg
Vd
+ I sen h
Kd
2.6
Vd - tensione erogata dal piranometro di riferimento;
Kd - coefficiente solarimetrico del piranometro di riferimento.
In entrambi i casi (equazioni 2.5 e 2.6) è necessario conoscere l'altezza del sole
sull'orizzonte nel momento della misura. Questa può essere calcolata mediante la relazione:
sen h = sen  sen  + cos  cos  cos H
con
2.7
 - latitudine del posto;
 - declinazione del sole, ovvero l'angolo che la congiungente sole - terra forma
con il piano equatoriale;
H - angolo orario.
In ogni caso allora misurando la radiazione globale e la diffusa in diversi momenti
del giorno, ovvero per diversi angoli di elevazione solare, si può ricavare K(h). Per avere
risultati attendibili è opportuno che le misure siano ripetute nelle diverse stagioni dell'anno.
Ovviamente queste due misure devono essere fatte in tempi estremamente ravvicinati, altrimenti le
condizioni di insolazione cambiano.
9
47
2.4.2 Albedometri
Gli albedometri possono essere calibrati, come tutti i sensori, per confronto con
strumenti di precisione, oppure utilizzando la metodologia descritta per i piranometri.
Ovviamente trattandosi di due radiometri la calibrazione va ripetuta per entrambi. Solo per
il solarimetro rivolto verso il basso non serve determinare l'andamento del coefficiente
solarimetrico al variare di h, poiché esso non lavora mai in radiazione diretta.
I due solarimetri di un albedometro si possono considerare sufficientemente ben
tarati se le indicazioni da loro fornite, a parità di illuminazione, non differiscono più del
23 %; se ciò non fosse è necessario intervenire sull'elettronica di acquisizione dei dati per
rendere uguali i due segnali.
2.4.3 Radiometri netti
In questi strumenti le due facce sensibili non appartengono a due strumenti
distinti, o comunque separabili, come accade negli albedometri; in essi c'è un solo sensore a
termopila con entrambe le facce sensibili e il segnale che si ottiene è già la differenza fra la
radiazione proveniente dall'alto e quella proveniente dal basso (Fig. 2.10).
superficie
sensibile
Ra
V
superficie
sensibile
Rb
Figura 2.10 - Sensore per radiazione netta: la termopila posta fra le due superfici fornisce
una tensione V proporzionale alla differenza fra la radiazione dall'alto Ra e la radiazione dal
basso Rb.
Figure 2.10 - Net radiation sensor: the thermopile interposed between the upper and the
lower surfaces gives a voltage V which is proportional to the difference between the
radiation Ra incoming from above and the radiation Rb incoming from below.
La taratura nelle lunghezze d'onda del visibile si esegue, per confronto con un
radiometro netto campione, per entrambe le facce, ma poiché questi sensori rispondono
48
anche alla radiazione a onde lunghe (radiazione termica), una faccia di entrambi i sensori è
esposta alla radiazione mentre l'altra, ancora di entrambi, è posizionata su un bagno
termostatico in modo da far vedere loro un oggetto di temperatura nota. E' importante che
nel bagno non vi siano infiltrazioni di luce. Come detto per gli albedometri, se a parità di
illuminazione le indicazioni delle due facce di un radiometro netto differiscono più del
23 % lo strumento deve essere corretto.
2.4.4 Eliofanometri
L’eliofanometro di Campbell-Stokes che è ancor oggi considerato il sensore di
riferimento per l’eliofania, per il suo principio di funzionamento e per come è realizzato,
non richiede tarature. Gli altri tipi, che utilizzano il segnale prodotto da una o più fotocelle,
considerano presenza di sole se il segnale supera una certa soglia ed assenza il caso
contrario; in questi strumenti l’unica regolazione possibile è sul valore di soglia.
2.5 Vento
Per quanto riguarda il vento si devono prendere in considerazione sia i sensori di
intensità sia quelli di direzione.
2.5.1 Intensità del vento
La calibrazione degli anemometri avviene all'interno di dispositivi chiamati
gallerie o tunnel del vento, per confronto diretto con un anemometro campione. La galleria
del vento deve avere una sezione pari ad almeno due volte le dimensioni massime
dell'anemometro da calibrare, e deve essere capace di operare con una velocità stazionaria
costante per almeno due minuti.
Un tipico sistema di calibrazione è composto da un tunnel lungo circa tre metri
con un diametro di circa un metro; alle sue estremità si trovano una ventola che aspira l'aria
e un filtro (Fig. 2.11). Il motore della ventola viene alimentato con tensione a valore
efficace costante ma a frequenza variabile per modificare il numero di giri dell'elica, senza
alterare la coppia motrice, e variare così la velocità del vento. Per non avere sovrapposta
alla traslazione dell'aria, all'interno del tunnel, una rotazione di questa intorno all'asse del
tunnel stesso è opportuno che all'ingresso e all'uscita della zona di misura ci siano dei
raddrizza filetti.
La struttura, inoltre, deve essere tale da rendere la velocità dell'aria più costante
possibile all'interno del tunnel, si deve cioè evitare che il profilo della velocità del vento
lungo una sezione longitudinale assuma l'andamento parabolico caratteristico del moto dei
fluidi all'interno delle strutture cilindriche (Fig. 2.12a; 2.12b).
Per velocità superiori ai 5 m s-1, tradizionalmente come anemometro di riferimento
viene preso un tubo di Pitot, mentre per velocità inferiori si usa un anemometro a filo caldo.
Normalmente però si possono usare anche dei buoni anemometri ad elica che riescono a
coprire, su due o più scale, tutte le velocità di nostro interesse.
49
a
c
d
moto dell’aria
d
b
Figura 2.11 - Schema di un tunnel del vento: a) aspiratore; b) alimentatore in corrente
alternata con variatore di frequenza; c) filtro; d) raddrizzafiletti.
Figure 2.11 - Wind tunnel scheme: a) aspirator; b) AC power supply with frequency
regulator; c) filter; d) line vortex rectifier.
V
V
moto dell’aria
a
b
Figura 2.12 - a) profilo della velocità del vento all'interno di un cilindro: la velocità assume
la massima intensità sull'asse del cilindro e, con andamento parabolico, tende ad annullarsi
sulle pareti di questo; b) profilo della velocità del vento all'interno di un tunnel del vento:
se il dispositivo è correttamente realizzato la velocità mantiene intensità costante su quasi
tutta la sezione e poi rapidamente si riduce in prossimità delle pareti.
Figure 2.12 - a) Wind speed profile inside a cylinder structure: speed is at its maximum at
the cylinder’s median axis, and tends, with a parabolic trend, to zero near the wall; b)
wind speed profile inside a wind tunnel: a correct utilization of the device gives a constant
airflow through almost all the section, decreasing rapidly in proximity of the wall.
Per eseguire la taratura si introducono nel tunnel sia l'anemometro da tarare sia
quello campione avendo cura di posizionarli in modo che siano lambiti dalla stessa aria,
senza però porli troppo vicini fra loro onde evitare interferenze.
In riferimento agli anemometri a coppe, o a elica, che sono i più usati in
meteorologia la soglia, cioè il minimo valore dell’intensità del vento per il quale il rotore
inizia a girare, è un parametro che va controllato abbastanza frequentemente per
evidenziare la nascita di attriti che, ovviamente, falsano le misure. Per far ciò è sufficiente
introdurre l’anemometro nel tunnel e far aumentare la velocità del vento assai lentamente,
50
in modo da poter osservare per quale velocità il rotore, dell’anemometro da calibrare, inizia
a muoversi. Se il valore registrato è superiore a quello indicato dal costruttore è probabile
che vi sia dello sporco che ostacola il moto oppure un cuscinetto a sfera da sostituire.
In alcuni anemometri è possibile, agendo su di un apposito comando, regolare la
sensibilità del trasduttore, cioè modificare la tensione di uscita dello strumento in funzione
del numero di giri del rotore.
Un altro fattore importante da determinare con la calibrazione di un anemometro,
o a coppe o a eliche, è la costante di distanza. Mentre per gli altri sensori si parla di costante
di tempo, per questi anemometri si deve parlare di costante di distanza, visto che il tempo
che questi impiegano per arrivare al valore di velocità di regime non è costante, ma cambia
a seconda della velocità del vento. Quello che in ogni anemometro a coppe rimane invece
costante, cioè indipendente dall'intensità del vento, è la distanza che il fronte d'aria che
investe l’anemometro medesimo, percorre prima che il rotore si sia messo a girare alla
velocità che gli compete per quella certa intensità.
velocità
v
0.9
to
tempo
t
Figura 2.13 - Rilievo della costante di distanza . All'istante t0 il rotore dell’anemometro
viene sbloccato, si misura il tempo che esso impiega a raggiungere la velocità di regime v e si
calcola  = 0.9 v t.
Figure 2.13 - Measurement of the distant constant . At the instant t0 the rotor of
anemometer is unblocked, the time interval to reach steady speed v is measured and
 = 0.9 v t is calculated.
In pratica la costante di distanza, , si ottiene come la costante di tempo o il tempo
di risposta, sottoponendo l'anemometro a una variazione a gradino dell'intensità del vento.
Si introduce l'anemometro nel tunnel con il rotore bloccato in modo tale da poter essere
sbloccato senza dover riaprire il tunnel; quando il vento nel tunnel ha raggiunto la velocità
di regime, nota perché misurata all'anemometro campione, si sblocca il rotore che così
facendo viene sollecitato da una velocità che passa bruscamente da zero al valore del vento
in quelle condizioni di regime.
Misurando il tempo che impiega il rotore a raggiungere il 90 % della velocità
finale, essendo questa nota, si può calcolare lo spostamento  che in quell'intervallo di
tempo ha percorso l'aria che lambiva il rotore nell'istante in cui è stato sbloccato (Fig. 2.13).
51
2.5.2 Direzione del vento
Per questi sensori è importante rilevare l’andamento della direzione indicata
quando sono sottoposti ad una variazione a gradino della direzione del vento. Per fare ciò si
procede come per il rilievo della costante di distanza degli anemometri, ponendo il
gonioanemometro nel tunnel con la banderuola bloccata ortogonalmente alla direzione del
flusso d’aria.
Il segnale di uscita del sensore avrà un andamento oscillante smorzato, da cui è
possibile risalire alla distanza equivalente (o lunghezza d’onda ) e al rapporto di
smorzamento che è legato al tempo di risposta del sensore stesso.
Posizione
angolare

A2

A1

t0
Tempo
Figura 2.14 -  indica la distanza equivalente o lunghezza d’onda; A2 /A1 indica il rapporto
di smorzamento.
Figure 2.14 -  indicates the equivalent distance or wave length; A2 /A1 indicates the
damping ratio.
2.6 Pressione atmosferica
Nel caso degli strumenti per la misura della pressione atmosferica la maggiore
difficoltà consiste nel realizzare i diversi campioni di pressione in cui “immergere” gli
strumenti che spesso sono assai ingombranti (barografi, barometri a mercurio ecc.). La
calibrazione risulta più semplice nei casi in cui lo strumento abbia come sensore un
trasduttore elettronico poiché in essi, di solito, è possibile iniettare aria compressa a
pressione prestabilita.
Per fare questi campioni d’aria con pressioni comprese fra 8501050 mbar
(gamma barometrica) si utilizzano appositi cilindri a tenuta, ove all’interno può scorrere un
pistone. Posizionando il pistone a circa metà corsa e mettendo, tramite un rubinetto, il
cilindro in comunicazione con l’ambiente si ottiene in questo la stessa pressione
52
atmosferica. Chiudendo il rubinetto e agendo sul pistone si può comprimere o rarefare l’aria
dentro il cilindro, ottenendo così valori di pressione diversi da quello ambiente.
Collegando, tramite un tubicino inserito in un secondo rubinetto, il cilindro alla presa d’aria
del sensore questo verrà sollecitato dalla pressione del sistema di taratura, il cui valore è
noto con sufficiente precisione poiché misurato con uno strumento di riferimento
pneumaticamente collegato al cilindro.
f
g
e
deprime
a
b
comprime
c
d
Figura 2.15 - Schema di principio di un sistema per la produzione di campioni di pressione
nella gamma barometrica: a) cilindro; b) pistone; c) accoppiamento cremagliera ruota
dentata con manovella per traslare il pistone; d) rubinetto per mettere in comunicazione il
cilindro con l’ambiente; e) rubinetto per mettere in comunicazione il cilindro con lo
strumento campione e con quello da tarare (f, g).
Figure 2.15 - System diagram for the production of air pressure samples in a barometric
range: a) cylinder; b) piston; c) piston motion system; d) cylinder-ambient valve; e)
cylinder valve between reference sensor and sensor to be calibrated (f, g).
2.7 Precipitazione piovosa
Indipendentemente dal tipo, in un pluviometro la cosa più importante da
controllare e tarare è la quantità di acqua, in relazione al diametro dell’imbuto di raccolta,
che provoca l’incremento di una unità dell’indicazione pluviometrica. La variazione di
questa grandezza è normalmente dovuta ad accumulo di sporco nei sistemi di raccolta e
misura (ad esempio nella vaschetta oscillante) o nelle parti meccaniche mobili (ad esempio
ossidazione del perno che consente la rotazione della vaschetta).
Si tratta in definitiva di una misura di peso (es. pluviometri a vaschetta oscillante )
o di volume (es. pluviometri con sensore di livello) cioè si misura il peso, il volume, di
acqua, minimo che provoca l’incremento di una unità dell’indicazione pluviometrica; noto
il diametro dell’imbuto si può allora calcolare a quanti millimetri corrisponde il peso, il
volume, di acqua considerato.
53
2.8 Evaporazione
In riferimento a questa grandezza si tratta di calibrare il sistema di misura delle
variazioni di livello dell’acqua nella vasca evaporimetrica. Poiché a questo fine si possono
usare i sensori più diversi (potenziometrici, a trasformatore differenziale, a ultrasuoni, ecc.)
è difficile dare indicazioni generali [7, 9].
Ad esempio nei sistemi potenziometrici uno dei parametri principali da tenere
presente è la risoluzione, non tanto perché il potenziometro in sé non possa sentire
variazioni comunque piccole, ma perché per effetto dell’attrito del cursore sulla resistenza
potenziometrica, finché il livello dell’acqua non è cambiato di una determinata quantità, il
cursore non potrà muoversi.
I sensori a trasformatore differenziale non avendo parti struscianti l’una sull’altra,
come i potenziometri, non hanno problemi di attrito, ma in questi sensori c’è sicuramente
da controllare la linearità in quanto la loro curva di risposta, intorno agli estremi del range,
tende a scostarsi fortemente dalla linearità.
Nel caso di sensori a ultrasuoni la caratteristica da prendere maggiormente in
considerazione è il coefficiente di temperatura, infatti le variazioni di temperatura possono
falsare anche marcatamente le misure.
2.9 Flusso di calore nel terreno
Per la calibrazione delle piastre di flusso, oltre alla solita taratura per confronto
con un sensore campione, sono stati proposti diversi metodi, ma quelli che si fanno
preferire per la loro semplicità di utilizzazione sono i metodi di tipo conduttimetrico.
Una tecnica abbastanza diffusa consiste nel mettere il trasduttore in un mezzo a
conducibilità termica simile a quella del terreno, posto a contatto di un elemento
riscaldatore elettrico alimentato con una potenza nota (Fig. 2.16):
q = R I2
2.8
dove: R - resistenza elettrica del riscaldatore;
I - corrente elettrica che attraversa il riscaldatore.
Il problema principale di tale tecnica consiste nel far sì che tutto il calore generato
dal riscaldatore sia trasmesso attraverso il mezzo, e quindi arrivi al sensore. Normalmente
le perdite di calore sono evitate utilizzando degli appositi anelli di guardia termici. Dato che
per la piastra di flusso è valida la relazione:
q=KV
54
2.9
con la taratura si determina il coefficiente K che lega q a V. Inviando nel riscaldatore valori
crescenti, e successivamente decrescenti, di corrente, i valori di potenza dissipata vengono
determinati tramite l’equazione 2.8 mentre la tensione V, prodotta dalla termopila per ogni
valore di potenza dissipata q, viene misurata con un voltmetro. L’equazione 2.9 ci consente
di ottenere K per ogni coppia di valori (q, V) ovvero di tracciare la curva di taratura
q = f(V) che per la (2.9) è una retta passante per l'origine.
La stessa calibrazione può essere eseguita utilizzando, al posto dell'elemento
riscaldatore, una sorgente di intensità radiante nota che riscalda una delle due superfici del
trasduttore per irraggiamento. Ovviamente il sistema va posizionato in un contenitore in cui
viene fatto il vuoto, in modo da rendere trascurabile la quantità di calore persa per
convezione.
A
a
e
I
v
c
g
b
f
d
Figura 2.16 - a) piastra di flusso da tarare; b) voltmetro che misura la tensione prodotta
dalla piastra; c) elemento riscaldatore; d) isolante termico che impedisce passaggi di
calore; e) amperometro per misurare la corrente circolante nell'elemento riscaldatore;
f) potenziometro per variare la corrente nell'elemento riscaldatore; g) alimentazione
elettrica dell'elemento riscaldatore.
Figure 2.16 - a) heat flux; b) voltmeter to measure the output voltage from the transducer;
c) heater; d) insulating material to avoid heat losses; e ) amperometer to measure the
circulating current through the heater; f) potentiometer to vary the current through the
heater; g) electrical power of the heater.
2.10
Umidità del terreno
Data la diversità fra i vari strumenti per misurare l’umidità del terreno
(riflettometria, impedenzometria, sonda a neutroni, ponte di Wenner, etc.) o il suo
potenziale (piastre di Richards, tensiometri, ecc.) non è possibile dare delle indicazioni
particolari per la taratura di ciascuno di essi; tarature che, oltretutto, per ogni sensore vanno
fatte in riferimento a ciascun tipo di terreno in cui il sensore deve operare [4].
In generale possiamo però dire che, posizionato il sensore nel suolo, si preleva un
campione di terreno e se ne determina il contenuto idrico (p) o il potenziale (),
rispettivamente col metodo gravimetrico o con le piastre di Richards. Correlando i segnali
forniti dagli strumenti a p o a  si ottengono, empiricamente, i legami fra le grandezze
fornite dai sensori (resistenza, capacità, tempo, ecc.) e i due parametri che caratterizzano il
55
rapporto terreno-acqua. Il metodo gravimetrico e quello delle piastre di Richards
consentono anche di determinare, per un dato terreno, il legame empirico fra  e p..
Un campione di terreno indisturbato preventivamente portato alla saturazione e
pesato è inserito in una piastra di Richards e sottoposto a una determinata differenza di
pressione. Questo provoca il deflusso di una parte dell'acqua dal campione che cessa
quando si è raggiunto l'equilibrio tra il potenziale idrico e la pressione esercitata (il tutto
avviene in un tempo che va da 1 a 3 giorni). Si pesa la quantità di acqua ottenuta e si
aumenta la pressione raccogliendo ancora acqua che viene nuovamente pesata. Si procede
come indicato fino alla massima pressione prevista, quindi si estrae il campione di terra che
viene messo a seccare in stufa a 105 °C per determinarne il peso secco.
Noti il peso di partenza del campione, i pesi dell'acqua via via raccolta e il peso
del campione asciutto, si calcola il contenuto idrico per ogni punto di misura della
pressione. Così facendo si ottiene per ogni  il corrispondente p ed è quindi possibile
tracciare la curva che lega, in quel determinato terreno, queste due grandezze: curva di
ritenzione idrica
2.11
[1]
[2]
[3]
[4]
[5]
[6]
[7]
[8]
[9]
[10]
56
Bibliografia
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Fly UP