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Lavoro notturno tutela della salute e sicurezza
Ns. rif.:web/banca_dati/linee_guida/lavoro_notturno/Anno2004/013 Inserto 5/2004 (supplemento al n. 11/2004) A CURA DELLE REGIONI EMILIA ROMAGNA, TOSCANA, LAZIO PROVINCIA AUTONOMA DI TRENTO, MARCHE Le copie non consegnate vanno restituite a Media S.r.l. Via Veneto, 55 - C.P. 555, 59044 Iolo - Prato REGIONE EMILIA ROMAGNA “LAVORO NOTTURNO. TUTELA DELLA SALUTE E SICUREZZA DEI LAVORATORI” Indice : 1. Premessa 2. Definizioni e campo d'applicazione 5. Misure preventive e protettive 7. L’informazione e la formazione 8. La sorveglianza sanitaria 10. Il lavoro notturno solitario 11. Prima ipotesi di definizione delle lavorazioni di cui all'art. 4, comma 2 11. Indicazioni agli operatori Spsal per l'effettuazione dell'attività di vigilanza I componenti del gruppo di lavoro che ha elaborato questo documento: Leopoldo Magelli (Cds-Agenzia sanitaria regionale dell'Emilia-Romagna), Claudio Arcari (Ausl Piacenza), Marta Ferrari (Ausl Parma), Stefano Arletti (Ausl Modena), Loris Costellati e Anna Mandes (AUSL Bologna), Alfonsino Ferretti e Stefania Principe (Direzione regionale del lavoro, Ministero del Lavoro), Venere Pavone (AUSL Bologna). PREMESSA Il lavoro notturno nel nostro paese è una realtà piuttosto rilevante, poiché negli ultimi anni tale tipologia di orario si è andata via via estendendo dai settori in cui era tradizionalmente consolidata (ospedali, trasporti, vigilanza, panificatori, laterizi e fornaci, impianti chimici a ciclo continuo, mercati ortofrutticoli ed ittici all'ingrosso, ecc.) a numerosi altri settori (dai lavori di pulizia ai locali di pubblico spettacolo, da un più ampio ventaglio di attività produttive ai call center e ai Ced…). Dalla fine degli anni '80 a tutt'oggi, vi è stato un incremento del numero assoluto e percentuale dei lavoratori notturni, anche se , dai dati in nostro possesso, il numero dei lavoratori notturni sembra attualmente abbastanza costante, senza evidenti incrementi negli ultimi anni : ad esempio, dal 1995 al 1997 (fonte Eurostat, Labor Force Survey) in Italia è leggermente calato il numero (in percentuale) di lavoratori che lavorano abitualmente la notte (dal 5,5 % al 5,2% sul totale dei lavoratori italiani) , mentre è leggermente aumentato quello di coloro che lavorano qualche volta la notte (dal 7,8% al 7,9%) ; in totale dal 1995 al 1997 , si passa dal 13,4% al 13,1%. I valori europei sono più elevati di circa 1,5 punti percentuali (nel 1995 , 14,8% e nel 1997, 14.6%). Scomponendo per sesso tali valori, possiamo osservare che il lavoro notturno incide di più sui lavoratori maschi : nel 1997 il 6.3% degli uomini lavora abitualmente di notte, mentre tale percentuale scende al 3,3% per le donne (fonte Eurostat 1997). In termini assoluti (dati Istat riferiti al 1999) i lavoratori notturni possono essere stimati in circa 1.000.000. E' evidente, dal confronto con i precedenti valori percentuali, che tale cifra si riferisce a chi presta abitualmente e sistematicamente lavoro notturno. E' interessante notare come la tendenza al ricorso al lavoro notturno si accompagni ad una più diffusa tendenza alla crescita del numero di persone che lavorano in orari considerati, fino a qualche anno fa, abbastanza anomali : infatti circa 2.800.000 persone svolgono lavoro serale, più di 7.000.000 lavorano al sabato e circa 1.700.000 la domenica (fonte Istat 1999 , in netto aumento rispetto a valori di confronto del 1993). E, naturalmente, il problema del lavoro notturno si sovrappone ampiamente al problema del lavoro su turni (l'overlap è molto rilevante) : i lavoratori che operano su turni in Italia sono ben 3.000.000 circa, e di essi 1.000.000 sono anche lavoratori notturni (fonte Istat 1999). I dati numerici chiariscono molto bene la diffusione, la portata e l'importanza del fenomeno. Fenomeno che, in realtà, presenta anche aspetti contradditori : infatti, se per molti lavoratori questo impegno lavorativo costituisce, pur essendo retribuito in modo maggiorato, un forte onere per motivi di salute, personali, familiari, di relazioni sociali, di qualità della vita, per altri (esempio, nelle zone agricole) è abbastanza ricercato perché, oltre alle maggiorazioni economiche connesse, consente di dedicare buona parte delle ore diurne ad altre attività lavorative. Un ultimo elemento da chiarire in questa premessa è la considerazione che, con l'entrata in vigore del D.Lgs 532/99 il prestare la propria attività lavorativa in qualità di lavoratore notturno costituisce, ipso facto, senza necessità dell'ulteriore presenza di altri fattori critici, un fattore di rischio : da ciò deriva che la presenza e modalità del lavoro notturno deve essere presa in esame in modo specifico nella valutazione dei rischi, che scattano precisi obblighi di informazione e di sorveglianza sanitaria, che vanno previste ed adottate specifiche misure di prevenzione e protezione, ecc. Tutti questi elementi vengono puntualmente e dettagliatamente presi in esame nei successivi paragrafi del documento. 1 INSERTO LA DIRETTIVA 93/104/CE DEL CONSIGLIO DEL 23/11/1993 Concernente taluni aspetti dell'organizzazione dell'orario di lavoro. La materia del lavoro notturno è disciplinata da varie fonti. Per i riflessi economici, l'art. 2108 c. 2 c.c. dispone che “il lavoro notturno, non compreso in regolari turni periodici, deve essere retribuito con una maggiorazione rispetto al lavoro diurno”. Ma la fonte più importante è ovviamente la direttiva europea da cui deriva la 532, di cui sarà opportuno ricordare i principali elementi, per poi poterli comparare coi contenuti della 532. CAMPO DI APPLICAZIONE Tutti i settori di attività privati e pubblici Esclusioni: trasporti aerei, ferroviari, stradali e marittimi, della navigazione interna, della pesca in mare, delle altre attività in mare, nonché delle attività dei medici in formazione. Molte di queste esclusioni saranno superate dalla successiva direttiva europea 300L0034 (2000/34/CE), che modifica la precedente direttiva al fine di comprendere settori ed attività esclusi. Molte di queste esclusioni saranno superate dalla successiva direttiva europea 300L0034 (2000/34/CE), che modifica la precedente direttiva al fine di comprendere settori ed attività esclusi dalla direttiva 93/104. Tale direttiva non è stata però ancora recepita in Italia. Sono parimenti da considerarsi esclusi da prestazioni lavorative nel periodo notturno, ai sensi dell'art. 9, i lavoratori che “hanno problemi di salute aventi un nesso riconosciuto con la loro prestazione di lavoro notturno”. Inoltre l'art. 10 afferma che “gli stati membri possono subordinare il lavoro di talune categorie notturni a determinate garanzie, a condizioni fissate dalle legislazioni e/o prassi nazionali, per lavoratori esposti a un rischio di sicurezza o di salute connesso al lavoro durante il periodo notturno.” DEFINIZIONI Orario di lavoro: qualsiasi periodo in cui il lavoratore sia al lavoro, a disposizione del datore di lavoro e nell'esercizio della sua attività o delle sue funzioni, conformemente alle legislazioni e/o prassi nazionali. 2 Periodo di riposo: qualsiasi periodo che non rientra nell'orario di lavoro. Periodo notturno: qualsiasi periodo di almeno 7 ore, definito dalla legislazione nazionale e che comprenda in ogni caso l'intervallo fra le ore 24 e le ore 5. Lavoratore notturno: a) qualsiasi lavoratore che durante il periodo notturno svolga almeno 3 ore del suo tempo di lavoro giornaliero, impiegate in modo normale b) qualsiasi lavoratore che possa svolgere durante il periodo notturno una certa parte del suo orario di lavoro annuale, definita a scelta dallo Stato membro interessato: i) dalla legislazione nazionale, previa consultazione delle parti sociali, o ii) da contratti collettivi o accordi conclusi tra le parti sociali a livello nazionale o regionale Premesso che l'art. 1 della direttiva 93/104/CE afferma che quanto contenuto nella direttiva costituisce un complesso di condizioni minime di sicurezza e di salute in materia di organizzazione dell'orario di lavoro, l'art. 8 stabilisce che la durata massima dell'orario di lavoro dei lavoratori notturni non deve superare le 8 ore in media per un periodo di 24 ore. Per le attività comportanti rischi particolari o rilevanti tensioni fisiche o mentali i lavoratori non devono lavorare più di 8 ore (limite tassativo da non superare, e non valore medio) nel corso di un periodo di 24 ore durante il quale effettuano un lavoro notturno. I lavori comportanti rischi particolari o rilevanti tensioni fisiche o mentali sono definiti dalle legislazioni e/o prassi nazionali o da contratti collettivi o accordi conclusi fra le parti sociali, tenuto conto degli effetti e dei rischi inerenti il lavoro notturno. L'art. 17 stabilisce che si può derogare dall'art. 8 per le seguenti categorie di lavoratori: dirigenti od altre persone aventi potere di decisione autonomo, manodopera familiare, lavoratori nel settore liturgico delle chiese e delle comunità religiose. La suddetta deroga è valida anche per numerose attività, quali, ad esempio, le attività di guardia, sorveglianza, protezione dei beni e delle persone, servizi di stampa e radiofonici, attività ospedaliere, servizi di distribuzione di energia, ecc. Va inoltre ricordato che, nell'introduzione alla direttiva è contenuta la raccomandazione di limitare la durata del lavoro notturno, comprese le ore straordinarie ; inoltre, pur auspicando una certa flessibilità nell'applicazione delle disposizioni contenute nella direttiva, per tener conto dell'organizzazione e dell'orario di deter- minate imprese, nell'introduzione si raccomanda di tener conto del rispetto dei principi di tutela della sicurezza e salute dei lavoratori. La norma italiana invece, che ora esamineremo, non pare voler porre tendenziali vincoli al ricorso al lavoro notturno (si noti, ad esempio, come le sanzioni siano modeste e limitate). IL DECRETO LEGISLATIVO 26/11/1999 n. 532 Disposizioni in materia di lavoro notturno, a norma dell'art. 17, comma 2, della legge 5/2/1999 n. 25 (in vigore dal 5/2/2000) CAMPO DI APPLICAZIONE Uguale a quello della direttiva: tutti i settori di attività privati e pubblici. Nota: la direttiva si riferisce a “tutti i settori di attività, privati o pubblici…” mentre il D.Lgs.citato fa riferimento non più ai settori di attività, ma espressamente ai “datori di lavoro pubblici e privati che utilizzino lavoratori e lavoratrici con prestazioni di lavoro notturno”. Esclusioni: trasporti aerei, ferroviari, stradali e marittimi, della navigazione interna, della pesca in mare, delle altre attività in mare, nonché delle attività dei medici in formazione. Nota: il prossimo recepimento della “direttiva 2000/34/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 giugno 2000, che modifica la direttiva 93/104/CE del Consiglio concernente taluni aspetti dell'organizzazione dell' orario di lavoro, al fine di comprendere i settori e le attività esclusi dalla suddetta direttiva “, modificherà radicalmente il campo delle esclusioni. Nel settore del trasporto pubblico è vietato l'espletamento di turni lavorativi notturni (dalle ore 24 alle ore 5) per più di sei notti consecutive. In altri settori, quali quelli delle forze armate e di polizia, dei servizi di protezione civile, dei comandi dei vigili del fuoco, delle strutture giudiziarie e penitenziarie, nonché di quelle destinate per finalità istituzionali alle attività degli organi con compiti in materia di ordine e sicurezza pubblica, le nuove disposizioni sono applicate secondo quanto verrà stabilito da emanandi decreti ministeriali (già pubblicati). Nei confronti del personale dirigente e direttivo, del personale addetto ai servizi n. 5 2004 di collaborazione familiare e dei lavoratori addetti al culto dipendenti da enti ecclesiastici o da confessioni religiose, non si applicano le limitazioni contenute nell'art. 4 (otto ore di lavoro nelle ventiquattro ore). DEFINIZIONI In base alla nuova normativa si definisce: Lavoro notturno: l'attività svolta nel corso di un periodo di almeno 7 ore consecutive comprendenti l'intervallo fra la mezzanotte e le cinque del mattino. Note: a) Il termine “periodo notturno” contenuto nella direttiva scompare ; è stato invece utilizzato, con un significato diverso, il termine “lavoro notturno”, salvo poi ritrovare il termine “periodo notturno” in alcune definizioni successive b) Entra in gioco la precisazione “ore consecutive” non contenuta nella direttiva. Lavoratore notturno : a) qualsiasi lavoratore che durante il periodo notturno svolga, in via non eccezionale, almeno tre ore del suo tempo di lavoro giornaliero b) qualsiasi lavoratore che svolga, in via non eccezionale, durante il periodo notturno almeno una parte del suo orario di lavoro normale secondo le norme definite dal contratto collettivo nazionale di lavoro. La normativa non prevede una definizione quantitativa di questa “parte” (quante ore?), dal che si desume che anch'essa sarà definita dai contratti collettivi di lavoro In difetto di disciplina collettiva è considerato lavoratore notturno qualsiasi lavoratore che svolga lavoro notturno per un minimo di 80 giorni lavorativi all'anno; il suddetto limite minimo è riproporzionato in caso di lavoro a tempo parziale. E' da rilevare come 80 giorni corrispondano di fatto ad un terzo circa dei giorni lavorativi di un anno, e quindi come si tratti di un cut-off piuttosto critico. E' auspicabile che i contratti collettivi (sia quelli già in essere che i futuri) si attestino su di un numero di giorni lavorativi più contenuto. Nota: nel D.Lgs. è stata definita in 80 giorni la parte di lavoro annuale minima per definire il lavoratore quale lavoratore notturno. Lavoratori che possono essere adibiti al lavoro notturno : Il principio di base introdotto dal D.Lgs menzionato è che perché un lavoratore possa essere adibito al lavoro notturno, ciò avvenga su base volontaria e negoziale ed in particolare: • devono essere adibiti al lavoro notturno con priorità assoluta i lavoratori e le lavoratrici che ne facciano richiesta, tenuto conto delle esigenze organizzative aziendali (art.3, comma 1) • l'introduzione del lavoro notturno deve essere preceduta da una consultazione sindacale (R.s.u. o R.s.a. o, in mancanza, le associazioni territoriali di categoria) da concludersi entro sette giorni a decorrere dalla comunicazione del datore di lavoro. La contrattazione collettiva, a ciascun livello, può disciplinare in conformità alle disposizioni di legge lo svolgimento di prestazioni di lavoro notturno in un determinato settore produttivo o stabilimento. • L'art. 10 stabilisce che il datore di lavoro deve informare per iscritto la Direzione provinciale del lavoro Settore ispezione del lavoro - competente per territorio, con periodicità annuale, dell'esecuzione di lavoro notturno svolto in modo continuativo o compreso in regolari turni periodici, quando esso non sia previsto dal contratto collettivo. Tale informativa va estesa alle organizzazioni sindacali. Nota: dalla legge si evince che non è possibile attivare il lavoro notturno senza la consultazione degli organismi sindacali aziendali o, in mancanza di esse, territoriali. Inoltre, fuori dei casi previsti dalle norme richiamate, “la contrattazione collettiva può determinare ulteriori limitazioni all'effettuazione del lavoro notturno, ovvero ulteriori priorità rispetto a quelle di cui al comma 1” (art. 3, comma 2). Esclusioni: Vengono altresì richiamate le esclusioni contenute nell'art.53 del D.Lgs. 26/03/2001 n. 151, il quale prevede che : • è vietato inoltre adibire le donne al lavoro, dalle ore 24 alle ore 6 (nota: tale orario non coincide quindi con il periodo fissato dal D.Lgs. 532/99), dall'accertamento dello stato di gravidanza fino al compimento di un anno di età del bambino Viene inoltre riconosciuta la facoltà di rifiutare l'esecuzione della prestazione lavorativa nelle ore notturne: 1) alla lavoratrice madre di un figlio di età inferiore a tre anni o alternativamente, al padre convivente con la stessa 2) alla lavoratrice o al lavoratore che sia l'unico genitore affidatario di un figlio convivente di età inferiore a dodici anni 3) alla lavoratrice o al lavoratore che abbia a proprio carico un soggetto disabile ai sensi della legge 5/2/1992 n. 104 e successive modificazioni Alcuni lavoratori quali i minori godono di una specifica disciplina maggiormente protettiva. Infatti, per essi le disposizioni contenute negli artt. 15, 17 della legge 977/67 (come sostituiti dal D.Lgs. n. 345/ 99) prevedono la possibilità di adibire al lavoro notturno, con particolari deroghe relative al prolungamento eccezionale dell'orario di lavoro, solo gli adolescenti di almeno 16 anni di età. Devono essere inoltre esclusi dall'obbligo di prestazioni lavorative in orario notturno i lavoratori riconosciuti inidonei nel corso degli accertamenti medici preventivi o periodici (art. 5). L'art. 6, comma 1, garantisce al suddetto lavoratore l'assegnazione ad altre mansioni o altri ruoli diurni. La contrattazione collettiva definisce le modalità di applicazione delle disposizioni di cui al punto precedente e individua le soluzioni nel caso in cui l'assegnazione prevista dal citato comma non risulti applicabile. Durata delle prestazioni: Quanto alla durata della prestazione durante le ore notturne, l'art. 4 del summenzionato decreto stabilisce che l'orario di lavoro dei lavoratori notturni non può superare le 8 ore nell'arco temporale delle 24 ore. Tale limite di otto ore in ogni periodo di 24 ore può essere superato mediante il ricorso ad un periodo di riferimento più ampio sul quale calcolare come media il suddetto limite, sulla base di contratti collettivi, anche aziendali che prevedano un orario di lavoro plurisettimanale. La limitazione dell'orario di lavoro dei lavoratori notturni a non più di 8 ore nelle 24 ore (salvi accordi nei contratti collettivi che prevedano un più ampio periodo di riferimento sul quale calcolare come media il suddetto limite) non è valida per il personale dirigente e direttivo, per il personale addetto ai servizi di collaborazione familiare e per i lavoratori addetti al culto dipendenti da enti ecclesiastici o da confessioni religiose. Per le lavorazioni che comportano rischi particolari o rilevanti tensioni fisiche o mentali (da definirsi con decreto del Ministero del lavoro, previa consultazione delle organizzazioni sindacali nazionali di categoria comparativamente più rappresentative e delle organizzazioni nazionali dei datori di lavoro) il limite è di 8 ore nel caso di ogni periodo di 24 ore. 3 INSERTO A conclusione del paragrafo, segue la tabella comparativa delle principali differenze tra la direttiva europea e la norma italiana. PROSPETTO RIEPILOGATIVO DIRETTIVA 93/104/CE D.Lgs. 532 DEL 26/11/1999 Campo di applicazione Tutti i settori di attività, privati o pubblici.La direttiva tratta in generale dell'organizzazione dell'orario di lavoro, e, tra l'altro, anche del lavoro notturno. Nota: la direttiva fa riferimento ai “settori di attività “ mentre il D.Lgs. si rivolge ai “datori di lavoro”. La direttiva stabilisce prescrizioni minime di sicurezza e di salute in materia di organizzazione dell'orario di lavoro Tutti i datori di lavoro pubblici e priva-ti che utilizzino lavoratori e lavoratrici con prestazioni di lavoro notturno. Nota: il D.Lgs. si riferisce solo al lavoro notturno, mentre la direttiva tratta un campo più vasto. Esclusioni Trasporti aerei,ferroviari,stradali e marittimi, della navigazione interna, della pesca in mare, delle altre attività in mare, nonché delle attività dei medici in formazione. Nota: le esclusioni sono state per la maggior parte superate dalla direttiva 2000/34/CE in data 22/6/2000 Testo uguale Nota: a) Le esclusioni sono a tutt'oggi valide in attesa del recepimento della direttiva 2000/34/CE b) Nei riguardi delle forze armate e di polizia, dei servizi di protezione civile, ivi compresi quelli del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, nonché nell'ambito delle strutture giudiziarie, penitenziarie, di quelle destinate per finalità istituzionali alle attività degli organi con compiti in materia di ordine e sicurezza pubblica, le norme del D.Lgs. sono applicate con particolari modalità fissate in decreti successivi. Orario di lavoro Qualsiasi periodo in cui il lavoratore sia al lavoro, a disposizione del datore di lavoro e nell'esercizio della sua attività o delle sue funzioni, conformemente alle legislazioni e/o prassi nazionali. Non viene fornita alcuna definizione Periodo di riposo Qualsiasi periodo che non rientra nell'orario di lavoro Non viene fornita alcuna definizione Periodo notturno Qualsiasi periodo di almeno 7 ore, definito dalla legislazione nazionale e che comprenda in ogni caso l'intervallo fra le ore 24 e le ore 5.Nota: il termine “periodo notturno” nel Decreto Legi-slativo viene sostituito dalla definizione “lavoro notturno “ Lavoro notturno: l'attività svolta nel corso di un periodo di almeno 7 ore consecutive comprendenti l'intervallo fra la mezzanotte e le cinque del mattino. Nota: appare la precisazione "ore consecutive" LavoratoreNotturno A. qualsiasi lavoratore che durante il periodo notturno svolga almeno tre ore del suo tempo di lavoro giornaliero, impiegate in modo normale B. qualsiasi lavoratore che possa svolgere durante il periodo notturno una certa parte del suo orario di lavoro annuale, definita a scelta dallo Stato membro interessato: - • dalla legislazione nazionale, previa consultazione delle parti sociali - • da contratti collettivi o accordi concluso tra le parti sociali a livello nazionale o regionale A. qualsiasi lavoratore che durante il periodo notturno svolga in via non eccezionale, almeno tre ore del suo tempo di lavoro giornaliero B. qualsiasi lavoratore che svolga, in via non eccezionale, durante il periodo notturno almeno una parte del suo orario di lavoro normale secondo le norme defi-nite dal contratto collettive di lavoro. In difetto di disciplina collettiva è considerato lavoratore notturno qualsiasi lavoratore che svolga lavoro notturno per un minimo di 80 giorni lavorativi all'anno. Il suddetto limite minimo è riproporzionato in caso di lavoro a tempo parziale. Nota: il D.Lgs. introduce nuove norme specifiche per l'Italia quale Stato membro della CE. 4 n. 5 2004 MISURE PREVENTIVE E PROTETTIVE 1. VALUTAZIONE DEI RISCHI E DOCUMENTO EX-ART. 4 D.Lgs. 626/94 In premessa è opportuno distinguere e identificare le diverse situazioni di svolgimento del lavoro notturno che, pur comportando un approccio analogo al processo di valutazione dei rischi, possono presentare diversità legate alle peculiari modalità lavorative. E' possibile individuare le seguenti quattro tipologie: a) attività a ciclo continuo (impianti di processo, manufatturiere, ospedali, call center …) b) attività che si svolgono di giorno, ma che richiedono un presidio di controllo di notte (impianti chimici pericolosi, depositi di sostanze pericolose, attività alberghiera …) c) attività che si svolgono solo di notte in luoghi di lavoro interni ad aziende come da definizione riportata in art.30 comma 1 D.Lgs626/94 (panificatori, stampa quotidiani, locali di ritrovo aperti al pubblico, mercati ittici e ortofrutticoli….) d) attività notturne che si svolgono al di fuori dei luoghi di lavoro di aziende o unità produttive (distribuzione giornali, guardia notturna, assistenza notturna infermi….) Tutte le tipologie vanno valutate per la presenza di lavoro notturno (fattore di rischio in sé) e secondo le modalità lavorative dovranno essere presi in esame i rischi specifici. Per esempio, il lavoro notturno esclusivo dovrà essere analizzato analogamente a quello diurno; il lavoro al di fuori di contesti aziendali (tipologia d) andrà caratterizzato dalle situazioni di rischio “esterne” che si vengono a produrre. Altre attività che richiedono solo un presidio di controllo andranno valutate in modo totalmente diverso dalla situazione, di maggior rischio, riscontrabile nel lavoro diurno. I passaggi successivi alla valutazione relativa alle misure di prevenzione e protezione andranno quindi calibrati per le varie tipologie di attività lavorativa. Nei “considerando” della direttiva 93/104/CE viene detto “…alcuni studi hanno dimostrato che l'organismo umano è più sensibile nei periodi notturni ai fattori molesti dell'ambiente nonchè a determinate forme di organiz- zazione del lavoro particolarmente gravose e che lunghi periodi di lavoro notturno sono nocivi per la salute dei lavoratori e possono pregiudicare la sicurezza dei medesimi sul luogo di lavoro…”. Pertanto si può affermare che esiste una duplicità di approccio alla valutazione dei rischi effettuata per questa condizione di lavoro: • da un lato il lavoro notturno è una condizione che pone l'individuo in una situazione biologica di maggiore vulnerabilità ad alcuni fattori di rischio ambientale o di organizzazione del lavoro; e questo non solo per ciò che concerne lo svolgimento dei compiti lavorativi, ma anche per altri elementi collaterali: si pensi, ad esempio, alla necessità di dover raggiungere il (o tornare dal) luogo di lavoro con il mezzo proprio (auto, moto, bicicletta, ecc.) nelle ore notturne, ovvero al buio, cioè in condizioni di minor visibilità ed in potenziale presenza di condizioni critiche peculiari in certi orari o giorni della settimana • dall'altro lato lunghi periodi di lavoro notturno sono di per sé un fattore di rischio in quanto nocivi per la salute Quindi nella pratica della valutazione dei rischi lavorativi occorre seguire nell'analisi entrambi gli approcci: il primo teso a valutare i rischi ambientali e organizzativi sotto l'aspetto di una loro eventuale modulazione in funzione dei possibili danni in relazione al lavoro notturno; il secondo teso ad individuare le misure atte a ridurre al minimo il fattore di rischio dovuto al lavoro notturno in sé. Nel primo caso occorre sempre porsi la domanda: “il lavoro notturno può essere un'aggravante rispetto ai rischi già individuati e comuni al lavoro diurno”?. La risposta a questa domanda richiede l'analisi, rischio per rischio, delle misure di prevenzione e protezione e dei servizi predisposti in azienda. Per esempio: “il rumore può essere un'aggravante durante il turno di notte”?; se sì, “come proteggere il lavoratore dal rischio aggiunto”?. Un infortunio ad elevato rischio per esposizione a materiale biologico infetto di un operatore sanitario durante il turno di notte deve trovare un servizio di pronto soccorso perfettamente efficiente ed in grado di attivare tutte le eventuali misure di profilassi urgenti. La sicurezza del lavoratore che effettua controlli di notte di impianti complessi deve essere garantita sotto gli aspetti di illuminazione, cartellonistica adeguata e di pronto soccorso analoghi a quelli presenti di giorno. Nel secondo caso vanno individuate le misure che, nella specifica situazione lavorativa, adattano i turni al ciclo biologico e mitigano il lavoro notturno quali, ad esempio: pause organizzate (e se possibile flessibili) durante il turno di notte; fruizione di un pasto caldo; diminuzione dei carichi di lavoro (ritmi, carico mentale ecc.). Altresì la misura di tutela della sorveglianza sanitaria diventa un obbligo previsto specificatamente dal D.Lgs. 532/99 indipendentemente dalla presenza di altri fattori di rischio. Nel documento di cui all'articolo 4 comma 2 del D.Lgs 626/94 devono essere rintracciabili sotto la voce “lavoro notturno”: • la consultazione specifica del Rls • l'informazione al Rls e ai lavoratori ex art. 9 del D.Lgs.532/99 • l'informazione alle rappresentanze sindacali ex art. 11 del D.Lgs 532/99 • l'elenco dei lavoratori adibiti al lavoro notturno • l'organizzazione dei turni e le motivazioni delle scelte operate Inoltre nel documento dovranno essere indicati: • i risultati della valutazione ed i criteri utilizzati per considerare l'eventuale aggravamento dovuto al lavoro notturno (art. 4 comma 2 lettera a) • quanto intrapreso per garantire servizi e mezzi di prevenzione e protezione adeguati al lavoro notturno • le misure compensative messe in campo per il lavoro notturno 2. MISURE DI PROTEZIONE PERSONALE E COLLETTIVA L'art. 11 del D.Lgs. 532/99 utilizza alternativamente i termini di misure di prevenzione e protezione e di mezzi di prevenzione e protezione: ad una ricerca sul significato dei termini si trova: • misura: provvedimento preso per un certo fine e specialmente per impedire il verificarsi di qualche cosa (misure di prevenzione) • mezzo: qualsiasi modo, strumento, procedimento od altro di cui ci si avvale per raggiungere un fine Dalle definizioni e dall'esame dell'art. 3 del D.Lgs. 626/94 si ritiene che i due termini siano utilizzabili come sinonimi. L'art. 11 del D.Lgs 532/99 al comma 1 stabilisce che il datore di lavoro garantisca servizi e mezzi di prevenzione o protezione adeguati al lavoro notturno, nonché assicuri un livello di servizi equivalente a quello del turno diurno. 5 INSERTO Il comma 2 dell'art. 11 prevede che il datore di lavoro disponga, per i lavoratori notturni che effettuino lavorazioni che comportano rischi particolari, misure di protezione personale e collettiva appropriate. Vengono così introdotti i concetti di adeguato, di equivalente e di appropriato al riguardo del sistema prevenzionistico aziendale per la fattispecie del lavoro notturno rispetto al lavoro diurno. Quanto contenuto nell'art. 11 del D.Lgs 532/99 trova una sua genesi nella direttiva 93/104/CE dove in due “considerando” viene affermato: “considerando che la situazione dei lavoratori notturni e dei lavoratori a turni esige che essi beneficino di un livello di protezione in materia di sicurezza e salute adattato alla natura del lavoro e che i servizi e mezzi di protezione e prevenzione siano organizzati e funzionino efficacemente” “considerando che le modalità di lavoro possono avere ripercussioni negative sulla sicurezza e la salute dei lavoratori; che l'organizzazione del lavoro secondo un certo ritmo deve tener conto del principio generale dell'adeguamento del lavoro all'essere umano” e all'art. 12 della stessa direttiva intitolato “Protezione in materia di sicurezza e salute” viene stabilito che “comma 1) i lavoratori notturni e i lavoratori a turni beneficino di un livello di protezione in materia di sicurezza e di salute adattato alla natura del lavoro” e “comma 2) i servizi o mezzi appropriati di protezione e prevenzione in materia di sicurezza e di salute dei lavoratori notturni e dei lavoratori a turni siano equivalenti a quelli applicabili agli altri lavoratori e siano disponibili in qualunque momento”. Viene pertanto stabilito che il lavoratore adibito al lavoro notturno si trova nella necessità di dover adattare i propri ritmi ad una cronobiologia non propria cioè sfasata rispetto alla naturale alternanza delle funzioni biologiche del giorno/notte; questo adattamento viene pertanto considerato come una condizione che necessita delle misure e dei servizi adeguati al lavoro notturno, riconosciuto e normato come un fattore di rischio per i lavoratori potenzialmente più vulnerabili. Quindi per adeguati si può intendere che servizi e misure debbano tener conto di un “rischio aggiuntivo” dovuto al fatto che il lavoratore si trova in una condizione potenzialmente di disagio, di maggiore vulnerabilità, di minor performance. Viene poi stabilito che il livello dei servizi sia equivalente a quello del turno diurno e quindi per equivalente si 6 intende che i servizi garantiscano le stesse prestazioni di protezione e di riduzione del danno che vengono garantite durante il giorno. Inoltre quando il lavoro notturno comporta lavorazioni con rischi particolari (al rischio aggiunto dovuto al lavoro notturno si somma il rischio per la lavorazione particolare) il datore di lavoro deve adottare appropriate misure di protezione personale e collettiva. Per appropriata quindi si intende che la protezione da adottare, quando rischi particolarmente gravi siano svolti durante il lavoro notturno, debba essere graduata e rivista in base alla diversa entità e specificità del rischio. Di seguito vengono riassunte le caratteristiche che devono assumere i servizi e le misure nel caso di lavoro notturno secondo l'interpretazione della 532/99. SERVIZI E MISURE DI PREVENZIONE ADEGUATI AL LAVORO NOTTURNO SERVIZI EQUIVALENTI AL LAVORO DIURNO • MISURE DI PROTEZIONE PERSONALE E COLLETTIVA APPROPRIATE AI RISCHI PARTICOLARI Prima di sviluppare alcuni esempi del percorso individuato conviene esplicitare quali siano i principali servizi e misure che sono coinvolti nell'applicazione del D.Lgs 532/99 attraverso lo schema seguente: Servizi e misure di prevenzione e protezione SERVIZI DI PREVENZIONE E PROTEZIONE • Squadra antincendio art. 12/626 • Squadra emergenza art. 12/626 • Pronto Soccorso art. 15/626 SERVIZI TECNICI AZIENDALI • Servizio di manutenzione MISURE DI PREVENZIONE E PROTEZIONE • Fattori ergonomici ed organizzativi (art.3/626, lett. “f” e “d”) • Dispositivi di protezione coll. e indiv. (art.3/626, lett. “o”) • Misure di emergenza (art.3/626, lett. “p”) • Segnali di avvertimento e sicurezza (art.3/626, lett. “q”) • Informazione e formazione (art. 3/626, lett. “s”) • Istruzioni adeguate (art. 3/626, lett. “t”) MISURE COADIUVANTI • Servizio di ristoro, o in alternativa locale ristoro adeguatamente arredato, con la possibilità di riscaldare piccoli pasti, ecc. 3. SERVIZI E MEZZI DI PREVENZIONE E PROTEZIONE a) Servizi Pronto soccorso: non esistono dati di letteratura che testimoniano in modo certo che durante il lavoro di notte vi sia un aumento di incidenza e gravità degli infortuni. Si ritiene pertanto che non debbano essere previsti in linea generale adeguamenti del Servizio di pronto soccorso legati al lavoro notturno; quindi deve essere garantita solo la equivalenza al lavoro diurno del Servizio di pronto soccorso nei suoi aspetti gestionali (procedure di intervento e di allerta) che di prima assistenza. L'equivalenza del servizio presuppone che il lavoratore abbia la stessa tipologia di protezione alla notte pari al giorno; è però da segnalare che il lavoro notturno in alcuni casi porta a compiti che presuppongono il “lavoro solitario” (di una sola persona) che in caso di incidente non godrebbe del sistema di allerta previsto dal Piano di pronto soccorso con la stessa celerità che durante il giorno. Si pone pertanto il problema, sulla base dell'equivalenza dei servizi, se sia ammissibile il “lavoro solitario”. Squadra antincendio ed emergenza: si ritiene che le squadre antincendio e di emergenza siano soggette, in linea generale, alla sola equivalenza del servizio e pertanto che debba essere garantita la presenza di addetti antincendio in un rapporto equivalente al lavoro diurno. In particolare si può evidenziare che per la tipologia di lavoro d) non è necessaria una squadra di antincendio ed emergenza e per la tipologia b) il rischio può essere anche notevolmente ridotto e, di conseguenza, potrebbero essere individuate squadre di più ridotta dimensione. Come servizi tecnici aziendali coadiuvanti, non previsti dalla norma, nello schema è stato individuato il servizio di manutenzione che per impianti complessi e a rischio elevato deve essere considerato una possibile componente del sistema di sicurezza dell'azienda. Pare, comunque, necessario sottolineare come l'organizzazione dei sistemi di pronto soccorso, emergenza ed antincendio debba essere coordinata e prevista anche con le forze esterne all'azienda destinate a fornire i servizi (118, VVFF, Protezione civile…); ciò è vero in particolare per il periodo notturno, in considerazione delle ovvie criticità che esso presenta in ordine all'organizzazione del lavoro delle aziende produttive e dei servizi esterni sopra richiamati. n. 5 2004 b) Mezzi di protezione Fattori ergonomici ed organizzativi: • Illuminazione: deve essere adeguata in generale nell'ambiente per facilitare la visibilità, il mantenimento dello stato di veglia, la corretta esecuzione del lavoro; in casi particolari deve essere appropriata alle mansioni svolte (per esempio, nel caso di sale di controllo di impianti industriali) • Ritmi elevati, monotonia e pause di lavoro: l'esecuzione di compiti lavorativi che comportano ritmi di lavoro elevati contrasta con il ciclo biologico che comporta, di notte, in generale, un rallentamento della performance, spesso associato ad una carenza di sonno; pertanto i ritmi di lavoro potrebbero necessitare di un adeguamento, nel senso di un rallentamento ancor più giustificato in quei casi particolari in cui un eventuale errore possa determinare incidenti e/o infortuni. Per gli stessi motivi andrà valutato il contenuto lavorativo in termini di monotonia sia o meno, questo, in associazione con ritmi elevati. Una opportuna intensificazione delle pause lavorative può essere il mezzo adeguato a mitigare i fattori di pericolo relativi ai ritmi elevati e/o alla monotonia. • Carico mentale: definendo il carico mentale come quello determinato dalla quantità di informazioni che il lavoratore deve trattare nell'unità di tempo, si può ragionevolmente ritenere che l'esecuzione di un lavoro ad elevato carico mentale durante la notte necessiti di maggiori compensazioni rispetto allo stesso lavoro condotto in ore diurne. Tali compensazioni possono essere ricondotte alla possibilità di pause, consentite da una maggiore flessibilità nell'esecuzione del lavoro, dalla possibilità di accedere a zone di ristoro con possibilità di bevande o piccoli pasti caldi. • Organizzazione dei turni: l'organizzazione del lavoro a turni e, in particolare, del lavoro notturno deve tener conto di quanto consolidato nella letteratura internazionale che individua determinate misure tese ad adeguare le necessità lavorative con il ciclo biologico: - Rotazione dei turni a breve termine - Rotazione dei turni in ritardo di fase (mattino, pomeriggio, notte) - Minor numero possibile di notti consecutive - Riposi dopo la notte - Posticipo, se possibile, dell'orario di inizio del mattino - Cicli possibilmente regolari con il maggior numero di week-end liberi - Durata del turno modulata in funzione, se possibile, del carico di lavoro fisico e mentale - Organico adeguato all'impegno lavorativo previsto Dispositivi di protezione collettiva e individuale In linea generale e, salvo quanto previsto nelle specifiche valutazioni dei rischi per condizioni particolari, non si individuano necessità di adeguare al lavoro notturno tali mezzi di protezione. Misure di emergenza Salvo quanto già detto sopra riguardo alla necessità di condurre ad una situazione di equivalenza i servizi di emergenza nei turni notturni rispetto ai turni diurni, occorre valutare sotto il profilo della adeguatezza e dei rischi particolari se sia necessario modificare le singole procedure di emergenza, tenendo conto della minore disponibilità di tutti i servizi interni dell'azienda che possono fornire un'eventuale assistenza in caso di emergenza. Segnali di avvertimento e sicurezza I segnali di avvertimento e sicurezza visivi che si devono predisporre ai sensi del D.Lgs 493/96 debbono essere adeguati alle condizioni di visibilità ed illuminazione del lavoro notturno affinchè possano mantenere la loro efficacia. Informazione e formazione Gli obblighi informativi devono essere adeguati al lavoro notturno secondo quanto previsto dall'art. 9 del D.Lgs. 532/99 che prevede inoltre un ulteriore obbligo di informazione per le lavorazioni che comportano rischi particolari. Le condizioni lavorative dei turni di notte che determinano modifiche nei Piani di emergenza e pronto soccorso, nelle segnaletiche di avvertimento e sicurezza diverse da quelle previste per i turni diurni e le diversità operative determinate, per esempio, dalla mancanza dei servizi ausiliari dell'azienda, richiedono da parte del datore di lavoro la necessità di adeguare le istruzioni operative al lavoro notturno. Ciò può essere realizzato attraverso momenti formativi ad hoc, ovvero, in aggiunta, attraverso la messa a disposizione dei lavoratori notturni di un manuale delle istruzioni operative. Misure coadiuvanti Nelle misure che assicurano particolare conforto durante il lavoro notturno e che può portare un contributo alla mitiga- zione di questa condizione lavorativa, si possono individuare pause organizzate, la somministrazione di un pasto caldo o, comunque, possibilità di ristoro in un locale adeguato, ecc. L'INFORMAZIONE E LA FORMAZIONE Per la normativa specifica sul lavoro notturno tre sono gli interlocutori ai quali il datore di lavoro deve rivolgere la sua azione di informazione : • le rappresentanze sindacali unitarie o le rappresentanze sindacali aziendali (oppure, in mancanza, le associazioni territoriali di categoria aderenti alle confederazioni dei lavoratori) (art. 8 e art. 10) • i lavoratori ed il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza (art. 9) • la DPL competente -sezione ispezione del lavoro (art 10) a) Le rappresentanze sindacali vanno preventivamente informate dell'introduzione del lavoro notturno e la loro consultazione si conclude entro 7 giorni dalla comunicazione stessa (art. 8 D.Lgs. 532/99). La circolare n. 13 del 2000 Ministero del lavoro e della previdenza sociale precisa che tale obbligo (informazione preventiva) è riferibile al lavoro notturno introdotto “ex novo” e non alle situazioni già in atto alla data di entrata in vigore del decreto legislativo 532/1999. Per queste ultime però permane l'obbligo (art. 10) di “comunicazione” a posteriori con periodicità annuale, quando l'azienda ricorre al lavoro notturno “in modo continuativo o compreso in regolari turni periodici”. Sono escluse solo le aziende per le quali il lavoro notturno è previsto nel contratto collettivo di lavoro. Il ruolo e la funzione delle organizzazioni sindacali acquista quindi un'importanza strategica nella “gestione” del rischio connesso al lavoro notturno: il rischio afferisce alla sfera organizzativa aziendale e l'informazione/consultazione sindacale rappresenta una misura di protezione e tutela dei lavoratori interessati. A riprova di quanto affermato si richiama anche l'art. 11: il datore di lavoro deve adottare le misure di protezione personale e collettiva solo dopo aver informato le rappresentanze sindacali. Inoltre per 7 INSERTO particolari categorie di lavoratori, i contratti collettivi possono “prevedere modalità e specifiche misure di prevenzione”. In particolare, ciò sembrerebbe molto auspicabile per il lavoro notturno isolato e solitario (situazione di particolare criticità), con particolare attenzione alle possibili emergenze. b) Per quanto riguarda i lavoratori e il Rls il debito informativo del ddl sui fattori di rischio connessi alle lavorazioni svolte e sulle misure di protezione e sicurezza da adottare, scaturisce in prima istanza dal dettato normativo del Dlgs 626/94. La norma specifica precisa che è dovere del ddl informare “i lavoratori notturni e il Rls sui maggiori rischi derivanti dallo svolgimento del lavoro notturno, ove presenti”. Se da un punto di vista tecnico ed organizzativo le modalità di svolgimento del lavoro notturno non si differenziano da quello diurno, il contenuto dell'informazione ricalcherà sostanzialmente quello dell'informazione generale sui fattori di rischio presenti nel ciclo produttivo; l'aggiunta però dell'informazione sul fattore stress, fattore di rischio oggettivamente riconosciuto per l'organismo nel lavoro notturno e che può avere ripercussioni sulle condizioni di salute e sulla performance (maggior rischio di errori e di infortuni) è comunque da farsi. Quindi poco chiara appare la precisazione del “maggior rischio, ove presente...”, in quanto il solo fatto di prestare lavoro notturno costituisce di per sé un maggior rischio rispetto alla svolgimento della stessa attività in orario diurno. L'informazione sui possibili effetti sulla salute del lavoro notturno è materia del medico competente che dovrà coadiuvare il datore di lavoro nell'azione di informazione dei lavoratori. L'informazione del medico competente dovrà tendere a far conoscere sintomi e disturbi riconducibili alle interferenze sul piano biologico dello “sconvolgimento del ciclo sonno/veglia”, in modo da accrescere la consapevolezza e la capacità di autotutela dei lavoratori che saranno in tal modo messi in grado di richiedere un eventuale controllo sanitario o un semplice colloquio con il medico competente, nell'intervallo di tempo, piuttosto lungo, tra una visita periodica e la successiva. Per lo stesso motivo è altresì importante infor- 8 marli sulle patologie che potrebbero costituire controindicazione al lavoro notturno, nonché sul significato e l'utilità di effettuare un raccordo anamnestico nell'intervallo tra una visita periodica e la successiva, attraverso un flusso informativo appositamente predisposto (questionario, scheda, ecc.), specialmente nei casi in cui il lavoro notturno è l'unico fattore di rischio a determinare l'obbligo della sorveglianza sanitaria. Inoltre, nell'informazione fornita dal medico dovrà essere incluso un richiamo esplicito a quanto previsto all' art. 53 del capo VIII del Dlgs 151/2000 in materia di tutela delle lavoratrici in gravidanza e della maternità, stante il divieto di adibire le donne gravide e fino al 1° anno di vita del bambino ,al lavoro notturno compreso dalle ore 24 alle ore 6… L'informazione fornita dal datore di lavoro deve evidenziare tutte le differenziazioni organizzative e tecniche rispetto allo svolgimento delle stesse mansioni durante i turni diurni . Talvolta infatti, immutate restano le modalità tecniche di espletamento delle lavorazioni e/o dei compiti, ma diversa è l'organizzazione del turno: possono essere presenti un numero ridotto di lavoratori con conseguente aumento del carico mentale o fisico degli addetti al turno; possono mutare le misure di protezione e le procedure per far fronte ad una condizione di emergenza (attivazione di allarme e dei soccorsi ..) ecc. c) Il terzo dovere informativo del datore di lavoro è nei confronti della DPLsezione ispezione del lavoro alla quale deve comunicare annualmente per iscritto dell'esecuzione di lavoro notturno svolto in modo continuativo o compreso in regolari turni periodici, quando esso non sia previsto dal contratto collettivo (art. 10). La normativa non prevede un'informazione attiva del datore di lavoro anche alle Ausl (Dipartimenti di sanità pubblica). Ovviamente però è un'informazione che i servizi di prevenzione e sicurezza degli ambienti di lavoro possono acquisire dietro richiesta. Infine si sottolinea che la mancata azione di informazione non compare tra le sanzioni contemplate all'art. 12 del decreto in parola; si ritiene pertanto che eventuali contestazioni di inadempienza debbano essere ricondotte al D.Lgs 626/94. LA SORVEGLIANZA SANITARIA L'art. 5 “Tutela della salute” definisce l'obbligo e le modalità operative della sorveglianza sanitaria per i lavoratori notturni. I criteri applicativi degli accertamenti richiamano in larga misura il D.Lgs. 626/94: • i lavoratori devono essere sottoposti ad accertamenti preventivi da parte del medico competente, prima di essere adibiti al lavoro notturno, al fine di escludere eventuali controindicazioni • gli accertamenti devono essere ripetuti almeno ogni due anni, per controllare il loro stato di salute. Non si esclude implicitamente che il medico competente possa programmare controlli sanitari a scadenze più ravvicinate qualora ne ravvisi la necessità, ad esempio, per i casi più problematici Per gli accertamenti sanitari richiesti al medico competente al di fuori della periodicità prefissata, fra D.Lgs. 626/94 e D.Lgs. 532/99 c'è una certa differenza. Nel primo caso infatti si prevede che il medico competente effettui la visita medica su richiesta del lavoratore “…qualora tale richiesta sia correlata ai rischi professionali” (art. 17, comma 1, lettera i); un semplice sospetto, indipendentemente dalla gravità dei sintomi, può quindi motivare la sua richiesta. Nel secondo caso il lavoratore può essere sottoposto ad accertamenti “in caso di evidenti condizioni di salute incompatibili con il lavoro notturno” (art. 5, comma c). Non viene esplicitato chi ha titolo per richiedere tali accertamenti (che avrebbero luogo prima della scadenza stabilita per la successiva visita periodica). Ad una prima lettura, e seguendo la ratio sottesa a tutta la normativa vigente di più recente emanazione, pare che non solo il lavoratore, ma anche il datore di lavoro ed il medico competente possano richiederli. D'altra parte appare lecito e doveroso che anche il datore di lavoro, ad esempio, a seguito di una prolungata assenza per malattia di un lavoratore, provveda a fare verificare la persistenza dell'idoneità al lavoro notturno da parte del medico competente. Dal dettato normativo sembra che vengano poste limitazioni alla richiesta di controllo sanitario, che riteniamo di difficile applicazione nella pratica. Infatti nessuno, né il lavoratore, né il datore di lavoro, né il medico competente, è tenuto a sapere a priori se e quando le condizioni di salute siano evidentemente “…incompatibili con il lavoro notturno”. Se quindi un lavoratore presenta sintomi soggettivamente rite- n. 5 2004 nuti tali da rendere incompatibile il lavoro notturno, indipendentemente dal tipo e dalla gravità, si deve ritenere possibile l'attivazione del controllo sanitario. Il medico competente al termine degli accertamenti sanitari emette un giudizio sulla idoneità specifica alla mansione. Il giudizio finale può essere come sempre di idoneità, di idoneità con limitazioni (o inidoneità parziale), di inidoneità temporanea o di inidoneità permanente. Anche per il lavoro notturno, il lavoratore o il datore di lavoro possono ricorrere all'organo di vigilanza contro il giudizio del medico competente, ai sensi dell'art.17 comma 4 del D.Lgs. 626/94. Nel D.Lgs. 532/99 viene inoltre inserita all'art. 6 una forma di tutela per il lavoratore notturno di grande importanza. Infatti in caso di riscontro di una inidoneità al lavoro notturno, “…è garantita al lavoratore l'assegnazione ad altre mansioni o altri ruoli diurni.” Le modalità di applicazione della norma, così come le soluzioni nel caso in cui la mansione alternativa non sia individuata, sono affidate alla contrattazione collettiva. Le parti sociali dovranno quindi definire con grande tempestività le procedure da seguire in questi casi, se non definite a priori nel contratto. GIUDIZI DI IDONEITÀ E CRITERI DA ADOTTARE Il medico competente deve esprimere giudizi sulla idoneità non solo al lavoro notturno ma alla mansione specifica. Egli dovrà prendere in considerazione tutti i rischi collegati alla mansione e dovrà quindi valutare: • i possibili danni alla salute provocati dal lavoro notturno. Esso infatti va considerato alla stregua di tutti gli altri fattori di rischio, poiché “…costituisce un'oggettiva condizione di stress per l'organismo, che può avere significative ripercussioni sulle condizioni di salute” (G. Costa - Lavoro a turno e salute- Med-Lav 1999 ; 90, 6 : 739751, testo da cui sono estrapolate anche le tabelle seguenti 1 e 2). • la presenza di altri fattori stressanti, con possibile effetto sinergico allo stress provocato dal lavoro notturno, quali l'esposizione ad alte temperature, il rumore, elevati ritmi di lavoro, ecc. • la presenza di altri fattori di rischio concomitanti, ad esempio la movimentazione manuale dei carichi (MMC), l'uso di videoterminali, ecc. - eventuali condizioni morbose che possono comportare inidoneità al lavoro notturno (tab.1) - eventuali condizioni su cui deve essere posta particolare attenzione e cautela (tab.2) - eventuali condizioni per le quali è fatto divieto di adibire la lavoratrice/il lavoratore al lavoro notturno (art. 53 D.Lgs 151/2001) (tab. 3) Tab.1 - Patologie che possono costituire inidoneità al lavoro notturno • Disturbi cronici del sonno • Gravi malattie gastrointestinali • Malattie cardiovascolari • Malattie cerebrali con sequele ed epilessia • Gravi disturbi mentali • Diabete insulino-dipendente • Importanti alterazioni ormonali della tiroide e del surrene • Nefropatie croniche • Tumori Tab.2 - Condizioni su cui prestare particolare attenzione e cautela • Patologie respiratorie croniche • Alcolismo o assunzione di psicofarmaci • Grave emeralopia o deficit visivo • Persistenti disturbi digestivi • Donne con bambini piccoli • Donne con importanti disturbi mestruali • Persone di età superiore a 50 anni • Persone con lunghi tempi di pendolarismo e/o precarie condizioni abitative • Soggetti con spiccate caratteristiche di nevroticismo, “mattutinità” e rigidità nelle abitudini del sonno Tab. 3 - Limitazione al lavoro notturno (art. 53 D. Lgs 151/2001): • è vietato adibire le donne al lavoro notturno dalle ore 24 alle ore 6, dall'accertamento dello stato di gravidanza fino al compimento di un anno di età del bambino • non sono obbligati al lavoro notturno : 1. la lavoratrice madre di un figlio di età inferiore a tre anni o in alternativa, il lavoratore padre convivente con la stessa 2. la lavoratrice/il lavoratore che sia l'unico genitore affidatario di un figlio convivente di età inferiore a 12 anni 3. la lavoratrice o il lavoratore che abbia a proprio carico un soggetto disabile ai sensi della legge 104/92 e successive modificazioni Data la particolarità del rischio in questione, l'accurata raccolta dell'anamnesi fisiologica e patologica remota e recente viene ad essere una delle fasi più importanti del controllo sanitario. Infatti il medico competente, proprio grazie ad una anamnesi accurata, può rilevare eventuali sintomi e patologie incompatibili con il lavoro notturno o condizioni che richiedano particolare attenzione e cautela. La visita medica dovrà essere mirata ad evidenziare la presenza delle patologie sopra elencate (tabelle 1 e 2), in fase latente o conclamata. A nostro avviso non è utile proporre un protocollo di accertamenti sanitari valido per tutti i lavoratori, poiché l'elenco degli organi ed apparati da monitorare è troppo esteso. E' più opportuno che ulteriori approfondimenti specialistici e/o laboratoristici mirati vengano eventualmente richiesti dal medico competente, sulla base di quanto emerso all'anamnesi e alla visita medica. Per valutare l'insorgenza o l'aggravamento di sintomi correlati allo stress o ad altre patologie di interesse potrebbe essere utile, ad esempio, realizzare con il lavoratore un “monitoraggio d'intervallo” attraverso la raccolta di informazioni sanitarie (raccordo anamnestico annuale), a mezzo di una scheda (o questionario, o altro strumento informativo) predisposta appositamente. Nella valutazione delle eventuali inidoneità, le tabelle 1 e 2 costituiscono certamente un valido aiuto, poiché indirizzano il medico competente verso le patologie e/o le condizioni da considerare con la massima attenzione. Esse sono quindi un ottimo punto di partenza. Sarebbe però un errore a nostro avviso se fossero utilizzate in modo rigido e considerate come un vincolo per l'esclusione dal lavoro. Non tutti i diabetici, non tutti i nefropatici, ecc. debbono essere messi sullo stesso piano. Non si può infatti escludere che alcuni di questi lavoratori, con un buon controllo terapeutico, in un contesto lavorativo dove è possibile adottare misure organizzative ergonomiche, possano ugualmente svolgere il lavoro notturno. Il medico competente dovrà quindi valutare i casi più problematici non con criteri prefissati, validi per tutti; egli dovrà differenziare caso per caso, a seconda del tipo e dell'entità della patologia presentata, a seconda del compenso terapeutico e del carico di stress correlato alla mansione. Come i medici competenti sanno bene, un eventuale giudizio di inidoneità apre sempre prospettive molto delicate per il 9 INSERTO lavoratore. Nel caso del lavoro notturno una tale conclusione può comportare l'inidoneità non solo ad una singola mansione ma ad un intero settore (si pensi al guardiano notturno e a tutti quei lavori che si svolgono solo di notte), con la conseguente ricerca spesso difficile di “… altre mansioni o altri ruoli diurni”. tare i soccorsi all'esterno del luogo di lavoro • difficoltà o impossibilità dei soccorritori, se e quando allertati, di accedere all'interno del luogo, dove è necessario l'intervento • ulteriore difficoltà ad individuare esattamente, una volta all'interno, il punto di intervento in caso di situazioni complesse IL LAVORO NOTTURNO SOLITARIO Gli aspetti sopra considerati hanno una conseguenza comune: comportano inevitabilmente il ritardo dell'intervento con effetti a volte fatali (purtroppo si sta parlando di eventi accaduti realmente e non di mera probabilità). Durante il lavoro notturno la cosa è aggravata anche semplicemente dal fatto che viene a pure a mancare la presenza casuale di persone che a diverso titolo possono frequentare il luogo di lavoro (fornitori, clienti, collaboratori, controllori, ecc.). Si evidenzia dunque la necessità primaria di monitorare in tempo reale lo stato di salute del lavoratore attraverso il controllo del suo stato di coscienza. Nei casi in cui finora si è cercato di dare risposta al problema, la soluzione è stata di tipo tecnico, ricorrendo alle diverse opzioni messe a disposizione dalla tecnologia delle comunicazioni, di cui esemplifichiamo in modo non esaustivo le tipologie più diffuse: • telefono cordless o cellulare • ricetrasmettitore collegato a soggetti addetti a servizi di sorveglianza • trasmettitore di segnale di allarme punto-punto con attivazione manuale • trasmettitore automatico collegato ad un sensore di postura del lavoratore (busto eretto=OK, busto orizzontale=allarme) • sistema a chiamata (manuale o automatica) e risposta manuale (risposta=OK, mancata risposta=allarme) Fra le diverse tipologie di lavoro notturno, una in particolare merita sicuramente un'analisi dettagliata per gli aspetti che presenta: il lavoro solitario, o per meglio dire isolato, quella situazione cioè in cui il lavoratore si trova ad operare da solo, senza alcuna collega accanto e senza nessun contatto diretto con altri lavoratori. Il lavoro “solitario ed isolato” costituisce ovviamente un problema critico, in determinate tipologie e condizioni di lavoro (determinate anche dal contesto : ad esempio, la distanza o meno da posti di pronto soccorso, l'accessibilità della zona, la possibilità e frequenza di accessi alla stessa, la copertura della telefonia cellulare, ecc.), anche durante il giorno, e non solo di notte. La normativa italiana si è occupata in modo marginale dei problemi del lavoro solitario. Possiamo solo ricordare alcuni riferimenti tratti dalla normativa sulle cave, ecc. Anche se, come detto sopra, alcune criticità del lavoro solitario ed isolato notturno sono presenti anche durante il lavoro solitario ed isolato diurno, sicuramente queste vengono accentuate e accresciute durante il turno di notte. L'analisi può essere sviluppata secondo il percorso seguente: • Organizzazione dei soccorsi • Informazione e formazione • “Disagio” dei lavoratori. a) Organizzazione dei soccorsi Punto di partenza delle riflessioni che seguono è il concetto, già illustrato in precedenza, dell'equivalenza che deve essere garantita al lavoratore notturno, in termini di “servizi”, rispetto al lavoratore diurno. L'organizzazione dei soccorsi, in caso di infortunio del lavoratore, rappresenta certamente il punto più critico nel caso di lavoro notturno solitario, per i seguenti motivi: • impossibilità o limitata capacità, da parte del lavoratore stesso, di aller- 10 I primi tre sistemi, come tutti quelli similari ad azionamento manuale volontario, offrono sicuramente sicurezza psicologica ma hanno dimostrato scarsa efficacia, che diventa addirittura nulla in caso di perdita di coscienza del lavoratore, mentre i sensori di postura non sempre sono adatti al tipo di mansione (esempio: manutentore coricato, tralasciando il caso molto improbabile, ma comunque, possibile di un lavoratore che rimanga incosciente in posizione eretta). Il sistema a dialogo (chiamata/risposta) sembra essere il più efficace, ma trova i suoi limiti nel tipo di protocollo stabilito, cioè la periodicità con cui viene interpellato il lavoratore solitario: infatti se da una parte una frequenza elevata della chiamata offre migliori garanzie, dall'altra tende ad abituare il soggetto che volutamente arriva ad ignorare e a trascurare il sistema, provocando falsi allarmi che alla lunga inficiano il sistema. Senza contare che comunque può diventare un fattore di distrazione per il lavoratore, e aumenta sicuramente il carico mentale. Il vantaggio comune a queste soluzioni è rappresentato dal fatto che i soccorritori esterni, facendo parte di un sistema organizzato, dovrebbero essere in possesso delle indicazioni necessarie a raggiungere con precisione e rapidità il luogo dell'intervento, offrendo quindi la soluzione alle altre obiezioni. Il sistema tecnico chiamata/risposta può essere sostituito a livello organizzativo da visite periodiche dall'esterno (esempio, istituto di vigilanza), presentando gli stessi limiti in merito alla periodicità Si ritiene quindi necessario che il d.d.l. individui, comunque, nella fase di organizzazione del servizio G.E. e P.S. le modalità di allerta e soprattutto di informazione ai soccorritori, eventualmente ricorrendo a prestazioni in service esterno. Nulla vieta che la persona allertata sia un componente del servizio P.S. interno, in quel momento non in turno, ma si ritiene che questo aspetto tocchi problematiche di natura contrattuale sviluppabili in altra sede. b) Informazione e Formazione Dal punto di vista della preparazione del lavoratore solitario in turno notturno l'attività di informazione e formazione deve essere mirata, oltre naturalmente ad acquisire la conoscenza dei pericoli e dei relativi rischi presenti nell'ambiente di lavoro, anche in particolare far accrescere in modo particolare la percezione del rischio aumentando in questo modo “l'istinto di conservazione” e rendendo consapevole il lavoratore dell'aumento del fattore di rischio. In particolare il lavoratore che si trova da solo sul luogo di lavoro deve essere formato e addestrato sulle procedure di P.S., G.E. e lotta antincendio in quanto essendo l'unico presente, è di fatto un componente dei servizi citati e deve essere in grado, non potendo contare che su se stesso, di saper decidere il da farsi, almeno per l'emergenza e per l'incendio. Deve inoltre essere perfettamente a conoscenza dei sistemi di comunicazione con l'esterno ed essere in grado di dare indicazioni ai soccorsi esterni. Il tipo di informazione e formazione da fornire ai lavoratori lasciati soli di notte in n. 5 2004 azienda, deve trovare riscontro nel processo di valutazione dei rischi, e naturalmente nel Documento di valutazione quando ne ricorra l'obbligo. c) “Disagio” dei Lavoratori La maggior parte dei lavoratori addetti a turni di lavoro solitario notturno, nelle sue più disparate tipologie, hanno riferito di provare una sensazione di disagio meglio definibile in parole povere “paura”, in particolare quando si tratta di grandi impianti o quando il luogo di lavoro anche piccolo è situato in posti isolati. Il disagio aumenta, insieme alla stanchezza, con il passare delle ore e il carico psicologico che grava sul lavoratore in queste condizione diventa un determinante di rischio e un'aggravante dell'entità dello stesso. Non è possibile affrontare in termini statistici il fenomeno, in quanto la componente individuale e caratteriale del lavoratore gioca un ruolo fondamentale. A sensazione è rilevabile una diffusione maggiore nelle attività di controllo che in quelle manuali. La prima indicazione che si può trarre è che la scelta dei lavoratori da adibire al lavoro notturno solitario avvenga almeno su base volontaria. Le misure conseguenti alla valutazione del rischio, inoltre, devono essere attuate anche prendendo in considerazione la possibilità di escludere il lavoro solitario notturno, prendendo in considerazione forme organizzative del lavoro che prevedano la garanzia di almeno due persone contemporaneamente presenti sul luogo di lavoro, superando così la criticità del lavoro “solitario ed isolato”. PRIMA IPOTESI DI DEFINIZIONE DELLE LAVORAZIONI DI CUI ALL'ART. 4, COMMA 2 Premettendo che il tema sarà disciplinato da un decreto ad hoc (che però non ha ancora visto la luce, ed è quindi già in ritardo di circa 2 anni!), il problema può essere affrontato individuando una serie di tipologie lavorative in base alla presenza di alcuni determinanti di rischio, e costruire così un elenco abbastanza breve ma significativo (anche se chiaramente solo indicativo e con valore di riferimento di massima, e non certamente esaustivo). Si potrebbero considerare quindi come “comportanti rischi particolari o rilevanti tensioni fisiche o mentali” le lavorazioni di seguito elencate : • lavorazioni edili, stradali e di scavo • lavorazioni estrattive • lavorazioni a caldo (siderurgia, laminatoi, fonderie…) e con esposizione ad alte temperature • lavorazioni con movimentazione di carichi pesanti • lavori in cui l'operatore è solo all'interno dell'azienda • lavori che comportano il controllo di impianti e quadri segnaletici e di comando • lavori con attività di guardiania e vigilanza • lavori in campo di ordine pubblico, polizia, protezione civile, pronto intervento, incluse le attività gestite dai VVFF • lavori in ambito sanitario-assistenziale, in situazioni a connotazione particolarmente stressante (pronto soccorso, astanteria,118, rianimazione, terapia intensiva, chirurgia d'urgenza, unità coronaria, centri trapianti, traumatologia, ecc.) • lavorazioni con attività di abbattimento di animali • lavorazioni comportanti l'uso di macchine complesse • lavorazioni in aziende o aree a rischio di esplosione e rischio elevato di incendio • lavorazioni in aziende che ricadono nel campo d'applicazione del D.Lgs 334/99 • lavorazione in aziende con impianti chimici complessi • lavorazioni con attività di esazione e maneggio denaro (es. caselli autostradali, biglietterie, casse, distributori di carburante, ecc.) INDICAZIONI AGLI OPERATORI SPSAL PER L'EFFETTUAZIONE DELLE ATTIVITÀ DI VIGILANZA La vigilanza sulla 532 può essere impostata in due differenti modi : 1) predisposizione ed attuazione di un piano mirato d'intervento su uno o più comparti particolarmente significativi, oppure trasversalmente a tutti i comparti interessati ; non pare essere oggi questa una delle priorità degli Spsal (cosa su cui concordiamo), e quindi non ci dilunghiamo su questo aspetto 2) verifica del rispetto delle disposizioni relative al lavoro notturno nel corso di interventi di qualsiasi tipologia che lo Spsal effettua. Questa invece ci pare una strada da seguire, per far comprendere l'importanza della norma e del suo corretto rispetto. Ciò significa che, on qualsiasi intervento, occorre sempre accertarsi (fonti : il datore di lavoro stesso; dirigenti e preposti; responsabile Spp; medico competente, se presente; Rls; lavoratori) se esista lavoro notturno. In caso di riscontro affermativo, occorre verificare : - che il problema sia stato preso in esame ed inserito nella valutazione dei rischi (vedi parte conclusiva cap. 3) - che siano state previste ed adottate le necessarie misure di prevenzione collettiva e personale, in particolare per i lavoratori impegnati nelle attività comportanti rischi particolari (vedi precedente cap. 7) - che i servizi ed i mezzi di prevenzione e protezione siano equivalenti a quelli previsti per il lavoro diurno (vedi cap. 3) - che sia stata svolta un'adeguata attività di informazione (vedi cap. 4) - che sia stata attivata la sorveglianza sanitaria, e gestita secondo il percorso previsto (vedi cap. 5) - che non vengano adibiti a lavoro notturno lavoratori dichiarati non idonei (ovvero che presentano controindicazioni) al lavoro notturno da parte del medico competente (vedi ancora cap. 5) Per quel che riguarda i contenuti tecnici specifici e gli standard cui uniformarsi nell'attività di vigilanza, vedi quanto ampiamente illustrato nei paragrafi precedenti, che sono stati richiamati appena sopra, abbinandoli alle singole voci da riscontrare in sede di vigilanza. Infine, accanto all'attività di vigilanza, si ritiene opportuno promuovere azioni di promozione e facilitazione, indirizzate a datori di lavoro, dirigenti, Rls dei comparti più specificamente e frequentemente interessati (utilizzando, ad esempio, come materiale di supporto e riferimento, il presente documento); molto utili sarebbero anche incontri con i medici competenti del territorio (come già è avvenuto a Bologna, durante un corso d'aggiornamento tenuto all'Ordine dei medici) riguardo alla corretta impostazione della sorveglianza sanitaria. 11 INSERTO “INSERTO REDAZIONALE” numero 5 Supplemento al numero 11 - novembre 2004 Proprietà: Regione Toscana, via di Novoli, 26 - 50127 Firenze autorizzazione del tribunale di Firenze n. 3613 del 10.8.1987 direttore responsabile: Cinzia Dolci redazione nazionale: coordinatore redazionale: Rossana D’Arrigo Agenzia sanitaria della Regione Emilia Romagna viale Aldo Moro 21, 40127 Bologna tel. 0516397114 fax 0516397058-0516397053 e-mail: [email protected] comitato di redazione: Carlotta Alaura, Patrizio Bacchetta, Barbara Baldi, Leonardo Bartoletti, Stefano Bertoni, Fulvio Cavariani, Roberta Corazza, Vittorio Curzel, Rossana D’Arrigo, Marco Masi, Marinella Rimondi, Francesco Scarlini, Giuliano Tagliavento, Pasquale Valente. stampa: Grafiche Martinelli, Vallina tiratura: copie 10.500 - distribuzione gratuita “Lavoro e Salute” è consultabile su Internet all’indirizzo: http://www.lavoroesalute.it