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mv agusta brutale 800
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Periodico elettronico di informazione motociclistica
NUMERO 233
23 FEBBRAIO 2016
75 PAGINE
Nico “Cadalora, Rossi
e la telemetria”
Forse, dico forse, Luca Cadalora
sarà “assistente” di Rossi
MotoGP Phillip Island
Puntata speciale di DopoGP sui test
di Phillip Island.
La tre giorni australiana ha
rovesciato le impressioni di Sepang
MV e Mercedes
Verso il premium
Giovanni Castiglioni vuole il
segmento Premium e insieme a
Daimler (che cresce nelle quote) e
BPM investe per accelerare
| PROVA SU STRADA|
MV AGUSTA
BRUTALE 800
da Pag. 02 a Pag. 13
All’Interno
News: Victory Octane 2017 | Honda MSX 125 | BMW Special Edition UK | M. Clarke: Intuizioni tecniche sempre valide |
Mercato: Moto in Europa +10,3% | Turismo: Val Trebbia | MotoGP: Dorna e le penalizzazioni | SBK: Campionato al via
MV Agusta Brutale 800
PREGI Dotazione tecnica e prestazioni
DIFETTI Strumentazione incompleta
Prezzo da 12.680 €
PROVA SU STRADA
MV AGUSTA
BRUTALE 800
Le intenzioni degli uomini di Schiranna erano di creare
la Brutale migliore di sempre. La cosa certa è che
hanno fatto compiere un salto di qualità all’ultima nata
rispetto alla versione 2015. Prestazioni e dotazioni top
a un prezzo di 12.680 Euro
di Francesco Paolillo
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Periodico elettronico di informazione motociclistica
Media
(manca l’indicatore del livello carburante tanto
per fare un esempio) e soprattutto una migliore
leggibilità, con l’aggravante che le spie di servizio
in condizioni di luce intensa quasi non si vedono.
Vista la dotazione elettronica della Brutale, che
surclassa la concorrenza, uno sforzo in più da
questo punto di vista si poteva fare.
La dotazione tecnica è di certo uno dei punti forte della Brutale 800, perché nessuna concorrente monta di serie il controllo di trazione, mappe
motore, ABS regolabile, frizione idraulica, antisaltellamento e cambio elettroattuato, anche in
scalata.
Motore
M
V Agusta torna alle origini,
quando dalla fabbrica di
Schiranna uscivano solo
ed esclusivamente gioielli su due ruote. Non che
adesso sia diverso, ma
sulla piattaforma a tre cilindri si sono fatti esperimenti, vedi Brutale 675 e 800, per rendere più accessibili (o meno irraggiungibili) le moto varesine. Cambiano i tempi e di conseguenza possono
cambiare anche le strategie di mercato, ed è per
questo che la Brutale 800 versione 2016, ritorna
alle origini e lo fa mettendo in mostra un look e
finiture di gran pregio.
Com’è fatta
Che sia di rosso vestita, oppure in abito bianco
o in versione total black, la nuova Brutale 800
strappa solo consensi. Curata sin nei minimi particolari, la tre cilindri italiana conquista al primo
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Il tre cilindri di 798 cc (alesaggio 79 mm per corsa di 54,3 mm) guadagna l’omologazione Euro 4,
e perde qualche cavallo in virtù di un’erogazione
e fluidità di utilizzo migliorate. I cavalli sono ora
116 (86,5 kW) a 11.500, invece dei 125 precedenti,
con la coppia massima pari a 8,46 kgm (83 Nm)
a 7.600 giri (il 90 % dei quali disponibili a partire
Prove
dai 3.800 giri), che significa un incremento del
25%, ottenuto oltretutto a un regime inferiore di
circa 1000 giri.
Nuovi sono i pistoni e gli alberi a camme, così
come sono stati rivisti i condotti di aspirazione e
scarico. Il raffreddamento del bialbero 12 valvole
è naturalmente a liquido con radiatori separati
per acqua e olio, da sottolineare che entrambi i
circuiti sono integrati nel motore, una peculiarità
di questo propulsore, così come l’albero motore
controrotante, che riduce in maniera significativa
l’inerzia di guida, rendendo le tre cilindri di Varese
estremamente rapide nei cambi di direzione.
Il reparto trasmissione prevede ora un comando
della frizione idraulico, con sistema anti saltellamento, mentre il cambio estraibile è stato rivisto
nella rapportatura, con il vantaggio di poter contare su una sesta marcia più distesa, che abbassa il regime del motore da 7.100 a 6.400 giri alla
velocità di crociera di 130 km/h, con benefici effetti anche sui consumi (-20% il dato dichiarato).
Il cambio prevede di serie il sistema elettronico
sguardo. Originale il nuovo codino, con quel foro
d’alleggerimento che non ha precedenti se non
quello della sorella Turismo Veloce, curatissime
le piastre del faro anteriore, così come i convogliatori d’aria ai lati del serbatoio, e l’innesto del
serbatoio stesso con la sella. Nulla appare fuori
posto. Spariscono anche quei pochi tubi a vista
sul lato destro del motore, raccolti e ordinati ora
dietro il carter motore, mentre il regolatore di
tensione è occultato dietro un carterino sul lato
sinistro. Anche lo scarico, totalmente ridisegnato
per soddisfare la normativa Euro 4, pur con un
compensatore di maggiori dimensioni, non appare appesantito.
Bella e ben fatta a guardare la cura degli accoppiamenti, le verniciature e la qualità dei materiali. Anche la strumentazione è inedita, e se dal
punto di vista del design non vi è nulla da dire, ci
saremmo aspettati una maggiore completezza
per quanto riguarda le informazioni visualizzate
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è provvisto anche il mono Sachs, anch’esso completamente regolabile.
Freni
Doppio disco flottante da 320 mm con pinze
Brembo a quattro pistoncini ad attacco radiale,
disco singolo da 220 con pinza a due pistoncini
dello stesso marchio. A controllarne il funzionamento e a trarci d’impaccio da eventuali pericoli,
ci pensa un sistema ABS Bosch Plus con RLM
(Rear wheel Lift-up Mitigation).
Come va
Le migliorate doti di confort e facilità di utilizzo
anticipateci durante la conferenza stampa, sono
tangibili una volta presi i comandi della Brutale
800, di certo la tre cilindri varesina rimane una
moto sportiva dura e pura, per cui possiamo parlare di migliorie e non di stravolgimenti.
La trattabilità del motore è certamente stata ottimizzata, con la risposta del gas che non mette
più in ansia ogni qualvolta si vada a ruotare la
up&downEAS2.0 che come dice il nome, permette di cambiare senza frizione sia salendo di rapporto che scalando.
La gestione del propulsore è affidata al sistema
MVICS, che comprende le quattro mappe motore per la gestione dell’erogazione della potenza
(Normal -Sport -Rain -Custom ), con potenze rispettivamente di 90, 116 e 80 cavalli, e il controllo di trazione regolabile su 8 differenti livelli. La
mappa Custom permette come per il precedente
modello, di poter regolare l’erogazione della coppia, il freno motore e la risposta del gas.
Telaio e sospensioni
Il telaio mantiene le caratteristiche della precedente versione, quindi rimane un traliccio in
acciaio ALS con piastra laterali e forcellone monobraccio fusi in lega d’alluminio, ma è stato rivisto in alcune quote per rendere la Brutale più
lineare e stabile, soprattutto alle alte velocità (i
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Prove
manopola dell’acceleratore e un tiro ai medi di
tutto rispetto.
L’assetto è sostenuto, con le sospensioni che filtrano poco le sconnessioni dell’asfalto, che qui
in Spagna sono una rarità al contrario di quelle
nostrane, con la sella, anch’essa tendente al rigido, che se da una parte permette di “sentire” perfettamente cosa combina il posteriore, dall’altra
non ci invoglia a intraprendere lunghi viaggi (che
poi non sono certo nel DNA della moto o di chi
intende portarsela a casa!).
Tanta precisione nel copiare l’asfalto, unita alla
leggerezza intrinseca della moto, con una ciclistica che per reattività non ha rivali, porta però la
Brutale a essere una lama nel misto.
Una lama a doppio taglio, finché si viaggia a ritmo
blando senza chiedere tutto al mezzo, la Brutale 800 è una moto che potrebbe essere guidata
anche da un neofita, che ne apprezzerebbe la
leggerezza e il motore pastoso, se poi si comincia
a esplorarne i limiti, allora è richiesta ancora una
bella dose di pelo sullo stomaco. Siamo lontani
suoi 116 cv la spingono fino a quasi 240 km/h).
L’interasse si attesta sui 1.400 mm, quindi +20
mm rispetto a prima, così come l’avancorsa che
cresce da 95 a 103.5 mm, e il cannotto di sterzo
che si apre fino a 24.4 gradi.
La lunghezza totale arriva così a 2.045 mm,
mentre il peso dichiarato a secco è di soli 175 kg.
Inedito il telaio reggi sella in lega leggera, composto da due elementi separati per il pilota e passeggero. Interessante la possibilità di variare la
posizione della maniglia dedicata al passeggero,
che può passare da una posizione di riposo, che
la integra perfettamente al codino, a una “in uso”,
che ne permette l’arretramento di 50 mm, rendendone la presa più agevole.
Per le sospensioni la casa varesina si è affidata
a Marzocchi per la forcella da 43 mm a steli rovesciati, con regolazione separata (una per ogni
stelo) per il freno in estensione e compressione.
Ovviamente non manca il precarico molla, di cui
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anni luce dalla prima versione della “Ottocento”,
ma un po’ di circospezione è ancora utile.
Tanto per rendere l’idea bastano i 90 cavalli della
mappa Normal, per viaggiare e sentire spingere,
come se ce ne fossero molti di più a disposizione.
Benedetta leggerezza! Memori delle esperienze
precedenti, selezioniamo la mappa Custom, con
il nuovo e apposito pulsante posizionato sul blocchetto destro, e entriamo nella funzione configurazione. Per farlo dobbiamo utilizzare il criticabile (per funzionalità) pulsante multifunzione sul
blocchetto sinistro, che ci permette di “cucirci su
misura” le risposte del tre cilindri.
Coppia motore massima, risposta del comando
gas, “Rain”, e freno motore “Sport”, ed ecco che
finalmente ci sentiamo perfettamente a nostro
agio con la Brutale, anche nella guida… un po’
sopra le righe!
La risposta del gas morbida che abbiamo selezionato ci permette di aprire in anticipo rispetto a quanto si riesce a fare nella configurazione
“Sport” e questo è un vantaggio anche per le
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Prove
reazioni della moto, che rimane sempre molto
leggera tra le mani, stabile e precisa ma anche
meno confidenziale rispetto ad altre concorrenti.
Non fraintendete, però, la Brutale 800 è uno
spasso quando la spinge ai limiti, rapida come
nessuna in inserimento e nei cambi di direzione, non fa nulla per nascondere le proprie doti di
agilità, il rovescio della medaglia viene quando le
velocità salgono, e questa sensazione di leggerezza, in particolare dell’avantreno, può tradursi
in senso d’instabilità.
Sensazione, perché poi alla prova dei fatti le traiettorie vengono seguite alla lettera e le possibilità di piega, anche ad alta velocità, sono davvero
incredibili. In questo caso, ci hanno messo del
loro anche le gomme di primo equipaggiamento,
le nuovissime Pirelli Diablo Rosso III, che si sono
dimostrate insensibili ai repentini cambi di temperatura, in pochi chilometri siamo passati da
4/5 gradi della parte montuosa ai 15/16 vicino
alla costa, e hanno esaltato le doti della tre cilindri di Schiranna.
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Prove
Esaltante e al tempo stesso davvero comodo il
comando del cambio elettronico, preciso e rapidissimo sia in scalata sia salendo di rapporto,
azione accompagnata da sonori botti del motore
che fanno la gioia degli appassionati di meccanica. Davvero difficile criticarlo e soprattutto difficile farne a meno una volta provato!
Bene anche i freni, potenti e modulabili, con l’ABS
che se ne sta al suo posto senza intervenire a
sproposito e bene soprattutto il freno posteriore
che abbandonata l’aggressività del precedente
modello, si dimostra efficace e modulabile.
Le vibrazioni si percepiscono solo andando a velocità costante ad andatura autostradale, anche
perché negli altri casi, si è distratti dalle sensazioni offerte a profusione dal rumore di aspirazione
e scarico, ma soprattutto dalle prestazioni generali che questa moto garantisce.
Prestazioni per molti ma non per tutti, secondo lo
stile MV Agusta!
SCHEDA TECNICA
MV Agusta Brutale 800 12.680 euro
Cilindrata 798 cc
Tempi 4
Cilindri 3
Raffreddamento a liquido
Avviamento elettrico
Alimentazione iniezione
Frizione multidisco
Emissioni Euro 4
Capacità serbatoio carburante 16,5 lt
Potenza 116 cv - 85 kw - 11.500 giri
Coppia 8 kgm - 83 Nm - 7.600 giri
ABS si
Pneumatico anteriore 120/70 - ZR 17 M/C (58 W)
Pneumatico posteriore 180/55 - ZR 17 M/C (73 W)
Peso a secco 175 Kg
ABBIGLIAMENTO
Casco X-Lite 802 RR Ultra Carbon
Giacca Dainese Street Rider
Guanti OJ Fighter
Stivali Dainese TRQ – Tour Gore Tex
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News
Media
VICTORY OCTANE 2017
Svelata l’inedita sport cruiser con il nuovo motore V Twin 1.179 cc da
104 cv raffreddato a liquido. E’ il volto cattivo della Scout, a un prezzo
competitivo
C
on un percorso di avvicinamento al
lancio compiuto attraverso farie fasi,
è stata svelata oggi negli USA l’ultima
nata con il marchio Victory. L’hanno
già battezzata il lato Mr. Hyde della Scout. La Octane, primo esemplare costruito sulla nuova piattaforma 156, adotta un nuovo telaio di alluminio
pressofuso con elementi di acciaio di rinforzo e
il motore con funzione semi portante. Ha forcella
teleidraulica classica da 41 mm, freno a disco anteriore da 298 mm, coppia di ammortizzatori tradizionali al retrotreno, ruote da 18 pollici davanti
e da 17 dietro.Il motore bicilindrico a V di 60°, di
1.179 cc, ha misure caratteristiche di 101x73,6
14
mm, distribuzione bialbero e quattro valvole per
cilindro, il raffreddamento a liquido ed eroga,
stando ai dati ufficiali, 104 cavalli a 8.000 giri e
una coppia massima di 99 Nm a 6.000 giri. Ha
cambio a sei marce e trasmissione finale a cinghia dentata, sella a soli 658 mm dal suolo, lungo interasse di 1.577, serbatoio da 13 litri e peso
a vuoto di 243 kg. Andrà in vendita negli States
a 10.499 dollari con anche l’intenzione di rubare
altro spazio a Harley-Davidson (grazie pure a un
prezzo molto competitivo) puntando su un motore di nuova generazione, il più potente realizzato
finora da Polaris.Non è ancora noto quando, e se,
la Octane sarà disponibile in Italia.
Video
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News
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HONDA
NUOVA MSX 125
Si rinnova l’originalissima “piccola” 125 di casa Honda. La nuova
versione MSX sfoggia una nuova estetica, fari a led e scarico basso
Video
Media
S
ono stati oltre 300.000 gli esemplari
della MSX 125 venduti a partire dal
suo arrivo nel 2013 e adesso la “ministreet X-treme” - come la definisce
Honda – si presenta nella sua versione 2016 con
un completo restyling e alcuni aggiornamenti
tecnici. Idealmente ispirata alla famosa Monkey
del 1963, e prodotta nella stabilimento Honda
in Thailandia, la MSX 125 (chiamata Grom negli
USA e in Giappone) adotta un motore a quattro
tempi raffreddato ad aria, con distribuzione monoalbero e due valvole, in grado di erogare 10 cv
a 7.000 giri.
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Ha alimentazione a iniezione elettronica, cambio
a quattro marce e consumi dichiarati nel ciclo
medio (Wmtc) di 65 km/litro. Ha ruote da soli
12 pollici e questo ha contribuito a contenerne le
dimensioni (la sella è a soli 765 mm da terra e il
passo è di appena 1.200 mm) e il peso in poco più
di 100 kg con il pieno.
La nuova versione si segnala per le linee più slanciate che riguardano l’intera sovrastruttura, il
nuovo gruppo ottico anteriore con due elementi soprapposti a led, le nuove colorazioni (grigio
metallizzato, bianco perlato e rosso perlato, la
versione giallo acido non sarà distribuita in Italia)
e lo scarico basso invece che a lato della sella.
Le vendite inizieranno a primavera, il prezzo (il
modello attuale è venduto a 3.200 euro) non è
stato comunicato. La nuova versione si segnala
per le linee più slanciate che riguardano l’intera
sovrastruttura, il nuovo gruppo ottico anteriore con due elementi soprapposti a led, le nuove
colorazioni (grigio metallizzato, bianco perlato e
rosso perlato, la versione giallo acido non sarà distribuita in Italia) e lo scarico basso invece che a
lato della sella. Le vendite inizieranno a primavera, il prezzo (il modello attuale è venduto a 3.200
euro) non è stato comunicato.
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News
BMW R1200 SERIE SPECIALE ICONIC 100
Sono quattro i modelli BMW Iconic, in serie limitata, dedicati ai primi
100 anni di moto del marchio bavarese. Cento esemplari di GS, GS
Adventure, RT e RS realizzati per il mercato inglese
Q
uattro modelli in edizione limitata per celebrare i primi 100 anni di
moto della Bayerische Motoren Werke AG. Un primo secolo di vita delle
moto BMW che in Gran Bretagna
hanno deciso di sottolineare con 100 esemplari
speciali rispettivamente su base R 1200 GS, R
1200 GS Adventure, R 1200 RT e R 1200 RS. Le
moto cambiano nelle colorazioni, nelle grafiche
e nella dotazione di alcuni accessori. La GS e la
GS Adventure Iconic, basate sul modello TE Alpine, hanno i colori Motorsports delle prime GS
realizzate per la Paris-Dakar, la sella trapuntata
in colore rosso, il logo 100, il gear shift assist pro
e le ruote a raggi per le gomme tubeless. La Ad18
venture ha in più le protezioni tubolari per motore
e serbatoio e il telaietto (con portapacchi) per le
borse laterali. La RT Iconic parte dalla RT LE standard. La verniciatura in rosso ha sfumature scure
(come sulla R 100 RT degli anni Settanta), il sistema audio e il pacchetto dinamico che comprende
anche la partenza assistita in salita, fari e riding
mode Pro, e il top case. La versione della sportivo
turistica RS Iconic prende invece le mosse dalla
Sport SE di serie. In questo caso le novità maggiori sono la verniciatura bicolore ispirata alla R 90 S
Smoke Gray del 1976, la grafica e la sella con loco
100 in rilievo e le pinze freno radiali color oro. Non
è ancora noto se questa iniziativa riguarderà altri
mercati che non siano quello britannico.
Media
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MV E MERCEDES
VERSO IL PREMIUM
di Ippolito Fassati | A giorni potrebbe essere annunciata una nuova
capitalizzazione della Casa varesina. Giovanni Castiglioni vuole il
segmento Premium e insieme a Daimler (che cresce nelle quote) e BPM
investe per accelerare
Q
uestione di giorni e poi tutto dovrebbe essere reso pubblico. Lo aveva
anticipato il Sole pochi giorni fa e noi
abbiamo cercato di saperne di più,
ricostruendo i fatti e aggiungendo
qualche dettaglio. Partiamo dai numeri. Nell’anno dell’affaire Mercedes, MV ha fatturato circa
il 30% in più dell’esercizio precedente e se non
fosse stato per alcuni ritardi strategici e operativi, avrebbe potuto fare ancora meglio. Almeno
così sembrano confermare i primi dati 2016 e gli
ordini acquisiti che indicano ulteriori incrementi intorno al 20%, quindi con proiezioni vicine
o superiori alle 10.000 moto annuali, trainate
dalla best seller Brutale 800. Tutto bene allora?
Non esattamente. Sia per correre in pista che
per costruire moto ci vogliono liquidi, benzina da
una parte, cash flow dall’altra. Nel momento in
cui un’azienda ha dei tempi di pagamento inversamente proporzionali alla velocità di crescita,
qualcosa non funziona.
Proprio la gestione del circolante pare possa essere stata una delle cause che hanno determinato il distacco del vicepresidente esecutivo Giorgio
Girelli e del direttore commerciale Gabriele Galeani dall’azienda, oggi rispettivamente sostituiti
con Loris Spaltini (ex Ilva e Fiat) e Raffaele Giusta. Ci risulta infatti che il vecchio management
avesse come obiettivo primario di accelerare sui
numeri per raggiungere presto la quotazione.
Come spesso accade in questi casi, si spende
tanto subito ma si estendono i tempi degli incassi, determinando problemi di cassa - si parla
addirittura di tempi medi di incasso di oltre 200
20
giorni - e scontentando i fornitori.
Fatti due conti, Castiglioni si dev’essere domandato perché un’azienda che ha riconquistato l’attenzione del pubblico, che innova, crea prodotti
che piacciono nel mondo e che ha la fiducia di
un gruppo come Daimler dovesse per forza mirare ai numeri piuttosto che sviluppare la propria
strategia puntando ad un target più ristretto ma
dall’alto interesse commerciale.
E così ha fatto, libero dai vincoli della diversa vision di Girelli, ha apertamente dichiarato in tutte
le conferenze stampa di presentazione degli ultimi prodotti la sua (…evidentemente condivisa dai
partner tedeschi) visione: puntare al segmento
Premium e Super Premium, aumentare la marginalità e costruire, vendere ed esportare moto
che nel loro DNA hanno da sempre l’esclusività
estetica e prestazionale.
Da lì la decisione di tornare anche alle corse,
mondo che ha contribuito in maniera determinante a creare il mito MV Agusta. A questo punto
sembra proprio che le decisioni siano prese e soprattutto condivise.
A Castiglioni serviva la libertà di poter agire con
un management convinto della strada da percorrere, a Mercedes interessava il segmento Premium che già copre con le proprie auto e Super
Premium, o premium sportivo, che raggiunge
con il brand AMG, a BPM serviva la conferma di
solidità alle operazioni data da Daimler.
La ricapitalizzazione dovrebbe prevedere un versamento intorno ai 10 milioni di Euro per ciascuno
dei tre protagonisti, la famiglia Castiglioni, la Banca BPM e Daimler, le cui quote quindi salirebbero
Periodico elettronico di informazione motociclistica
senza però raggiungere la maggioranza.
Un rifinanziamento per crescere, soldi per sviluppare, ampliare le linee di produzione, inseguendo
più la marginalità che i numeri.
Ma non solo nuove finanze ma anche volontà di
accelerare sugli accordi di marketing tra la casa
italiana e quella tedesca, che dovrebbero dar luce
ad oltre 100 “corner MV” all’interno delle concessionarie Mercedes nel mondo, soprattutto USA,
Germania, Giappone, Francia (per accelerare
all’estero) e naturalmente Italia. Gli unici dubbi
che restano riguardano il futuro di MV.
Se da una parte cresceranno i margini, riuscirà
Attualità
l’azienda a restare di proprietà italiana nei prossimi anni o Daimler proverà in tutti i modi a portarsene a casa il controllo? E puntare al Premium
non rischia di lasciare scoperti segmenti, come
quello Classic o Heritage, che oggi stanno risollevando altre realtà industriali? Sarà forse per
questo che oggi torna in auge il vecchio sogno
dei Castiglioni (già nei primi anni 2000 Claudio,
papà di Giovanni ci aveva provato) di unire sotto
un unico gruppo MV e Moto Guzzi?
Forse, ma in questi giorni, entrambi interpellati,
negano di essere entrati in contatto.
Per adesso resta dunque solo un sogno.
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Tornando alle immatricolazioni dei motocicli va
osservato come il segno più compaia a fianco
di tutti i mercati maggiori e alla fine a perdere
terreno sono stati soltanto la Finlandia (-8,8%),
l’Ungheria e il Lussemburgo. Fra i big soltanto la
Francia, che con 153.232 immatricolazioni è al
secondo posto nella classifica delle vendite, è rimasta stabile perdendo un modesto 0,1%.
L’Italia resta il primo mercato europeo con
171.952 motocicli venduti e un aumento del 9,9%
rispetto al 2014. Al terzo posto troviamo la Germania, le cui immatricolazioni sono aumentate
del 7,1% per raggiungere le 151.661 unità. Seguono la Spagna (132.532 unità e un ottimo +18,9%)
e la Gran Bretagna con 105.358 unità e una crescita del 15,5%.Questi cinque mercati valgono da
soli l’80% delle vendite dell’Europa a 28 Paesi.
Fra i mercati minori spiccano le prestazioni ottenute da Irlanda (+28%), Danimarca (+25%) e
Polonia (+142%) nel periodo 2014-2015.
Ciclomotori in salita
Non soltanto in Italia i ciclomotori soffrono. A livello europeo la decrescita è stata del 5,5% su
Attualità
base annua, per un totale 2015 di 325.516 registrazioni. Il mercato maggiore per i “moped”
resta quello francese (88.646 unità) ma con un
calo pari a -8,7%. L’Olanda è al secondo posto e
in questo caso c’è stato un aumento del 4,9% per
raggiungere le circa 66.000 unità. Segue al terzo
posto la Polonia (30.430 e -25,3%) e poi Germania (29.849 e -12,7%) e Italia con una flessione
del 13,2% e un dato annuo di 24.619 registrazioni. Fra i paesi maggiori è la Spagna ad aver conosciuto il migliore aumento percentuale: +7,8% e
quasi 16.000 unità.
La classifica delle moto più vendute nella UE dei
28 vede al primo posto la BMW R 1200 GS (16.112
unità), al secondo la Yamaha MT-07 (12.905), al
terzo la Yamaha MT-09 Tracer (9.141), e al quarto
la BMW R 1200 RT con 5.218 moto vendute.
Fra gli scooter la classifica premia il Peugeot Kisbee 50 (con 12.332 unità), seguito da Honda SH
125i (13.451), Yamaha TMAX 530 (11.713), Honda
SH 150i (8.879) e Piaggio Zip 50 (8.057 unità).
GUARDA LA CLASSIFICA COMPLETA
MOTO IN EUROPA +10,3%
di Maurizio Gissi | E’ questo il dato positivo ottenuto dal mercato delle
due ruote in Europa nel 2015. L’Italia è al primo posto per le vendite
moto+scooter, seguono Francia, Germania, Spagna e Regno Unito.
Calano però i ciclomotori. 1200 GS moto più venduta davanti alla MT-07
L
’ ACEM (l’associazione europea dei costruttori di motocicli)
ha reso noti i dati di vendita del
settore due ruote nel 2015 nel
nostro continente. La buona notizia è che dopo anni di crisi, e
poi di modesto riavvio, la ripresa ha accelerato e
22
le immatricolazioni di moto e scooter rispetto al
2014 vedono il risultato di 885.018 unità, ovvero il
10,3% in più. Se si sommano anche i ciclomotori
la cifra totale sale a 1.210.534 unità, ma in questo caso il margine di miglioramento si ferma al
5,6%, poiché i ciclomotori sono calati da 344.373
a 325.516 perdendo il 5,5%.
23
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Periodico elettronico di informazione motociclistica
Special
appositamente dalla SC, la forcella da 48 è una
Ohlins FGRT, ci sono dischi e pinze Brembo, tubi
freno in treccia, fari full led, radiatore dell’olio curvato e con tubazioni in treccia, numerose parti il
alluminio lavorate dal pieno (come la piastra di
sterzo), strumentazione e comandi elettrici compatti, ma anche alcuni accessori disponibili nel
catalogo Yamaha.
Le gomme sono delle Bridgestone W01 (da bagnato...) per avere una scolpitura particolare.
Media
YAMAHA XJR 1300 RONIN
di Maurizio Gissi | Dalla tedesca Motorrad Klein questa café-racer su
base Yamaha XJR 1300, filone del progetto di customizzazione Yard Built
S
i è molto parlato recentemente delle
Faster Sons XSR 700 e, soprattutto,
XSR 900. Diciamo Faster Sons perché Yamaha sta di fatto creando un
marchio dedicato a questo genere di moto, quasi
come Ducati ha fatto con il brand Scrambler. Il
primo e più importante modello modern classic
di casa Yamaha è stata la XJR 1300, anche se la
SR 400 è a ben guardare più anziana.
I preparatori tedeschi di Motorrad Klein hanno
aderito al progetto Yard Built e hanno confezionato la café racer Ronin lavorando attorno alla
quattro cilindri raffreddata ad aria XJR 1300. Anche se poi Dominik Klein ha ritirato la sua candi24
datura dal concorso del 2016 perché secondo il
suo punto di vista altri preparatori non avrebbero
rispettato le regole e i vincoli previsti.
In ogni caso la moto è stata completata, è riuscita e si presenta con una verniciatura dedicata,
una estesa rivisitazione tecnica oltre che rivista
nell’estetica secondo una filosofia a metà strada
fra superbike americane anni Settanta e scuola
café racer.
La colorazione bianco blu riprende la grafica
speed block (il numero 41 è quello di Nitro Nori
Haga), le ruote a raggi anodizzate blu e con raggi neri sono della Kineo e ci sono semimanubri
BKG-D2. Risalta lo scarico in titanio, realizzato
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MISS BIKER
“UN BUON MOMENTO PER ESSERE
MOTOCICLISTE”
Periodico elettronico di informazione motociclistica
perché siamo sempre di più e sempre più visibili. Tra talenti come Ana Carrasco, Maria Herrera
(moto 3), Chiara Fontanesi, Melissa Paris ed Elena Myers, il motociclismo femminile sta diventando sempre più main stream. Non è più una
cosa da segregare o da nascondere, da praticare
nelle piccole stradine dietro casa ma viene celebrato sotto i riflettori dei circuiti internazionali, e
tutte le domeniche sui passi ed ai raduni più frequentati, oltre a eventi esclusivi come il motoincontro nazionale Miss Biker, che si svolge dal 2 al
5 giugno nella pittoresca città di Marostica.
È un buon momento perché oggi abbiamo tutti
gli strumenti per poter affrontare i primi passi in
sicurezza: corsi e guide che tengono conto dei
In Rosa
timori e delle esigenze particolari di chi magari
prende la prima moto ai 40 o 50 anni e teme di
non riuscire a guidarla. Oggi, anche grazie a siti
e community come Miss Biker che in febbraio
compie un anno ed è in forte crescita, abbiamo le
risorse per affrontare temi di tecnica di guida, di
manutenzione e cura per le moto, oltre ad un ampio spazio per poter condividere le nostre esperienze. È un buon momento perché oggi, grazie ai
social network possiamo trovarci e comunicarci,
formando nuovi gruppi e nuove amicizie. Stiamo
scoprendo, sempre più in fretta, che tutto questo
mondo meraviglioso è alla nostra portata e che
qualsiasi momento diventa buono per coltivare
questa bellissima passione: il motociclismo.
di Bella Litinetski | La community di MissBiker da oggi condivide con
Moto.it la passione per le due ruote coniugata al femminile
L
oro si definiscono “una community di
donne con la passione per la moto”.
MissBiker è una realtà che nasce in rete
e sulle strade, cresce in sella e macinando chilometri, ma anche facendo tanta informazione rivolta a tutte quelle donne (ma non solo)
che vogliono avvicinarsi al mondo delle due ruote. Da oggi condividono con noi la loro passione,
raccontandoci il motociclismo visto al femminile, dal posto di guida e da tutte le situazioni che
ruotano attorno alle due ruote a motore, con una
presenza fissa sulle pagine di Moto.it.
È un buon momento per essere una motociclista.
Oggi, è un buon momento per essere una motociclista. Superando le vecchie convinzioni e le
paure, oggi più che mai, tantissime donne scelgono di guidare una moto. Il motociclismo femminile non è affatto una cosa nuova, ma quello
che vediamo negli ultimi anni è un movimento di
dimensioni senza precedenti, di donne di tutte le
età che scoprono la loro passione per le moto.
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È un buon momento per essere una motociclista
perché anche le grandi aziende e le case motociclistiche offrono sempre più prodotti adatti alla
clientela femminile. Che sia l’abbigliamento tecnico di grande qualità studiato in modo specifico
per le donne, o le moto stesse, progettate per essere meglio adatte alle nostre esigenze.
“Un segmento caratterizzato da forte crescita” vuol dire anche, e soprattutto, una grande
percentuale di neopatentate e persone che non
hanno ancora accumulato tanta esperienza in
sella, perciò, piccole attenzioni come selle più
basse e più strette, o addirittura regolabili, pedane
regolabili e leve del freno e della frizione che si
adattano alle mani piccole, sono sempre molto
benvenute. Questi piccoli accorgimenti ci possono finalmente permettere di lasciarci alle spalle
un “rito” classico delle motocicliste più “diversamente alte”, quello di scavare la sella per toglierci
qualche centimetro.
È un buon momento per essere una motociclista
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RIDE IN THE USA
CYCLE GEAR E REVZILLA REINVENTANO
IL MERCATO AMERICANO
di Pietro Ambrosioni | Questa settimana vi parlo di mercato.
So che non è esattamente l’argomento più emozionante nel panorama
americano, ma qualcosa di unico ed esplosivo è avvenuto di recente,
qualcosa che potrebbe cambiare per sempre il modo in cui “si vende”
nel nostro settore
Q
uesta settimana vi parlo di mercato.
So che non è esattamente l’argomento più emozionante nel panorama americano, ma qualcosa di unico
ed esplosivo è avvenuto di recente,
qualcosa che potrebbe cambiare per sempre il
modo in cui “si vende” nel nostro settore. O forse, semplicemente, è il segnale di un ritorno alle
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origini, cosa che non mi dispiacerebbe affatto.
Verso la fine di Gennaio sono iniziate a girare delle notizie di una possibile vendita del colosso online Revzilla.com allo stesso gruppo (J.W. Childs)
che detiene il pacchetto di maggiornaza di Cycle
Gear, la più nota ed estesa catena di negozi nel
settore moto qui negli USA. Un articolo apparso
su un quotidiano di Philadelphia, dove Revzilla ha
Periodico elettronico di informazione motociclistica
i propri uffici, ha poi dato definitivamente fuoco
alle polveri e qui, letteralmente, sono impazziti tutti. Vi spiego perchè. Revzilla, come molti di
voi già sapranno, in pochi anni ha rivoluzionato il
settore delle vendite online in America, tagliando definitivamente fuori tutti i vari “cantinari” e
molti negozi tradizionali che fino a quel momento
complementavano il loro business vendendo per
qualche decina di migliaia di dollari su internet.
Il mercato, a dire il vero, era già stato da tempo
scosso dal fenomeno Motorcyclestore.com ma
prima dell’arrivo di Revzilla sembrava che online
ci fosse comunque ancora posto un po’ per tutti.
Ho incontrato Anthony Bucci, il CEO di Revzilla,
per la prima volta nel 2011 alla fiera IMS di New
York, e dopo poco sono andato a trovarlo nella
vecchia sede all’interno del quartiere del porto di
Philadelphia. Quello che mi colpì da subito fu la
passione e l’entusiasmo suo e dei suoi due soci:
tipico di chi ancora non si è scontrato con le dinamiche e le arretratezze di un settore molto legato
On The Road
agli “attori” tradizionali.
Mai e poi mai mi sarei aspettato che tre “nerd”,
geni della programmazione e del marketing, ribaltassero il settore così rapidamente. I loro video informativi sui prodotti diventarono ben presto lo standard a cui tutti facevano riferimento, il
loro incredibile customer service allargò a macchia d’olio la base di clientela mentre la volontà di
non scontare i prezzi e una accurata programmazione negli ordini conquistò i favori dei fornitori. E
appena i numeri iniziarono a passare dalle decine
di migliaia alle centinaia di migliaia ed ai milioni di
dollari… nessuno più si sognò di mettere in dubbio la loro strategia, tantomeno si potè permettere di saltare giù dal carro del vincitore.
Cycle Gear, al contrario, ha avuto una parabola
inversa, senza dubbio influenzata dall’enorme
spostamento del mercato verso le vendite online. Va detto che i negozi Cycle Gear da sempre
hanno trattato solo abbigliamento ed accessori
(e non veicoli), per cui sono stati i primi ad essere
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colpiti duramente dalla concorrenza online. L’introduzione dei propri marchi di abbigliamento,
caschi, accessori e ricambi fu senza dubbio una
scelta vincente (se non obbligata) per arginare le
perdite nella guerra di prezzi, ma inevitabilmente portò alla perdita di prestigio della catena, ora
associata ad una serie di prodotti economici ma
non esattamente di qualità.
Personalmente ho acquistato molto da Cycle
Gear nel corso degli anni: hanno un buon assortimento e soprattutto la roba è li pronta per te,
puoi provarla subito e non devi aspettare due o
tre giorni che te la consegnino. E se hai il motore
aperto e ti accorgi che ti manca un estrattore, o
hai bisogno di una tuta antiacqua perchè ha iniziato a diluviare “adesso”, beh… non c’è negozio
online che tenga.
In più, sui loro marchi c’è la garanzia a vita e dunque se succede qualcosa puoi sempre riportare
tutto indietro a qualsiasi negozio negli USA e ti
restituiscono i soldi o ti cambiano il prodotto con
uno uguale o equivalente. Su una cosa hanno
però fallito miseramente: crearsi una presenza
online, anche con i prodotti a marchio proprietario. Quando dunque la notizia dell’acquisto è stata confermata, il mercato ha dato fuori di matto.
In pratica sarebbe come se in Italia si fondessero
Amazon ed Esselunga! La paura iniziale era che i
tre “nerd” di Revzilla avessero venduto per incassare i loro bravi $500 milioni (!) in puro stile speculativo dell’era “Dotcom”, e andarsene a ribaltare qualche altro mercato. I clienti sono andati
nel panico pensando che il leggendario customer
service di Revzilla si sarebbe presto disintegrato
sotto i colpi della ragion di stato di un gruppo di
investimento come J.W. Childs, mentre i fornitori si sono preparati ad essere spremuti a suon
di sconti e concessioni da parte di uno stuolo di
nuovi “buyer” interessati solo a far vedere numeri
e percentuali di guadagno ai loro superiori.
Un vero tornado che Anthony Bucci in persona
ha dovuto placare attraverso una lettera aperta,
pubblicata sul sito di Revzilla.
Il succo del suo discorso è questo: adesso Antho30
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On The Road
ny, Matt e Nick sono soci alla pari di J.W. Childs
all’interno di una holding che controllerà sia
Revzilla che Cycle Gear. Niente cavalacata verso
il tramonto con le bisacce piene d’oro, dunque.
Secondariamente, Revzilla e Cycle Gear continueranno ad operare separatamente, anche se
lo scopo finale, ovviamente, è quallo di una interazione. Revzilla potrà usufruire della estesa
rete di negozi Cycle Gear per conquistare l’ultimo
miglio, l’anello mancante rappresentato dall’immediatezza di cui parlavo sopra, e che solo un
negozio con muri e saracinesca può dare.
Un negozio “vero” permette inoltre di aggirare le
politiche MAP (Minimum Advertised Price) imposte da molti fornitori: Revzilla da sempre infatti
vende a prezzo pieno, ma per un business con
un simile giro d’affari è sempre importante avere
una valvola di sfogo dove scaricare il materiale a
bassa rotazione senza preoccuparsi di compromettere la situazione online. E si sa che in molti
casi, visto che comunque questo è un mercato di
appassionati, gli acquisti sono del tutto impulsivi.
Non hai bisogno dell’ennesimo paio di guanti con
i rinforzi in kevlar, ma accidenti, solo 29 dollari
per quel paio lì nella cesta di fianco alla cassa?
Ecco, appunto…
I vantaggi per Cycle Gear potrebbero essere altrettanto importanti: non ci sarebbe più bisogno
di spendere inutilmente tempo e denaro per
costruirsi una identità online e tutte le risorse
potrebbero confluire sul miglioramento della
gamma e della penetrazione sul mercato. Inoltre
potrebbero accedere a decine di altri marchi di
prestigio che, per un motivo o per l’altro, sono
scomparsi dai loro negozi nel corso degli ultimi
anni.
In queste operazioni c’è sempre la possibilità che
la smentita sia solo un’operazione per contenere
il panico sul mercato, ma non credo che Anthony e soci si sarebbero così sbilanciati nelle loro
affermazioni se avessereo voluto semplicemente
gettare un po’ di fumo negli occhi a tutti in attesa
che la situazione si calmasse. Lo scopriremo nei
prossimi mesi!
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Dove le piogge torrenziali dello scorso anno hanno creato sconnessioni e fratture, ci sono tanti
cartelli stradali ad avvertire i motociclisti di fare
attenzione, perché qui, com’è noto, si corre parecchio.
Dal punto di vista storico la Val Trebbia deve la
sua fama iniziale ai celti-liguri che per primi si
insediarono lungo il corso del fiume. Poi vennero
i romani, che spianarono la Via Francigena per
consentire ai viaggiatori e ai commercianti di
giungere fino a Roma. Per ultimo arrivò il monaco
irlandese Colombano. Fu lui che nel 614 d.C. decise di erigere nel centro di Bobbio un’abbazia in
stile gotico-romano, che gli verrà dedicata dopo
la morte, per diffondere anche in Italia la regola
monastica irlandese.
Per gli amanti delle “due ruote”, quest’uomo di
fede, definito da Benedetto XVI “Santo europeo”,
è particolarmente importante: è lui, infatti, il Patrono dei motociclisti.
Di origine romana è la costruzione che si avvista
appena si arriva a Bobbio da Piacenza.
Turismo
Il Ponte Gobbo, o del Diavolo, eretto in pietra su
undici arcate irregolari per permettere il passaggio da una sponda all’altra del fiume Trebbia, deve
il suo nome a una leggenda.
Pare che Lucifero in persona avesse promesso a
San Colombano di costruire il ponte in una sola
notte se gli fosse stata data in cambio l’anima
della prima persona che l’avrebbe attraversato.
Il monaco accettò la proposta, ma invece di un
uomo mandò un piccolo cane.
Per la rabbia di essere stato ingannato da un mortale, il Diavolo tirò un calcio al ponte che da allora
è storto e inclinato in maniera ben poco geometrica. Il centro storico di Bobbio, infine, conserva
ancora oggi le tipiche caratteristiche dei borghi
medievali italiani. La parte più divertente per chi
ha fame di asfalto inizia appena dopo Bobbio.
La maggior parte delle auto si ferma lì, lasciando
ai motociclisti la possibilità di godere a pieno delle curve che portano sino alla deviazione con la
SP48. Se si prosegue sulla SS45 si arriva fino a
Genova, ma questa volta noi preferiamo buttarci
IN VIAGGIO CON CAMILLA
LA VAL TREBBIA
di Camilla Colombo | Iniziamo la nostra rubrica di turismo a breve
raggio con un grande classico dei motociclisti fra Emilia e Lombardia
É
il paradiso dei motociclisti.
Così le principali guide delle due ruote
descrivono la Valle del fiume Trebbia. A
70 km da Milano, a poco più di un’ora di
autostrada, inizia per i bikers una delle strade più
divertenti del panorama italiano.
“È una pista” commenta a caldo un trentenne
sulla Bmw R1200R non appena finisce il tratto da
Rezzoaglio a Marsaglia. Questa incantevole vallata, che da Piacenza conduce fino alla riviera ligure
passando per gli Appennini e costeggiando uno
degli affluenti di destra del Po, è un rincorrersi di
suggestioni cromatiche e luminose.
32
Per chi come me non guida, ma sta dietro a godersi la natura e il piacere del viaggio, lo spettacolo delle anse del fiume, del verde dei prati e delle
curve a picco sulle gole è davvero entusiasmante.
Il Trebbia, che nasce in Liguria dal Monte Prelà a
quota 1.406 metri, ed entra in territorio piacentino solo dalla cittadina di Ottone, è il vero protagonista della Strada Statale che da Piacenza porta
ad affacciarsi sul mare di Genova.
L’asfalto è ben curato, anche lungo il corso dell’Aveto, un affluente orientale del Trebbia che dà vita
a un’altra bellissima vallata da percorrere sulle
nostre “due ruote”.
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sulla Val d’Aveto. La strada fino a Santo Stefano è
pressoché deserta e a volte tortuosa, ma la bellezza della discesa verso Ferriere ripaga di ogni fatica. Se, come facciamo noi oggi in questo sabato
di sole, non si punta verso Santo Stefano, ma si
resta bassi lungo il corso del fiume, da Rezzoaglio
a Marsaglia si vive una delle esperienze più belle
che il Nord Italia possa regalare a un motociclista.
Pochi bikers, quasi nessun’automobile, tante curve e un asfalto che fa percepire la gioia di piegare
sulle due ruote anche a chi non guida.
Se le strade che si snodano intorno alla Val Trebbia sono tutte suggestive e fonte di tanti altri itinerari da godersi in moto - basti pensare a Passo
Penice o al passo del Tomarlo, a quasi 1500 metri
di altitudine - uno solo è il posto dove fermarsi sempre a pranzo. “Da Gianni”, appena dopo
una curva a due chilometri da Ottone, in località
Rocca Corvi, è il ritrovo perfetto per motociclisti,
operai e famiglie che la domenica festeggiano la
comunione dei figli. Il clima che si respira è quello
di una classica trattoria degli anni ’70. La cucina
casereccia tradizionale è il piatto principale di
questo luogo di incontro culinario tra Liguria ed
Emilia Romagna.
I pansotti al sugo di noci, gli antipasti della casa e
il coniglio in salmì entusiasmano le papille gustative anche dei biker padre e figlio che si fermano
qui dalla Germania. A dimostrazione che la bellezza della Val Trebbia non ha veramente confini.
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Media
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Media
INTUIZIONI TECNICHE VALIDE IERI E OGGI
nettamente più semplice. In certi casi anche alcune lavorazioni e alcune operazioni meccaniche
potevano risultare agevolate.
Non si deve comunque pensare che negli anni
Cinquanta mancasse la tecnologia necessaria
per realizzare fusioni molto complessa (basta
pensare ai quadricilindrici Gilera e MV).
La Ducati sui suoi motori da competizione con
distribuzione mono e bialbero impiegava la soluzione in due parti, mentre per i monocilindrici
desmo utilizzava una testa in un sol pezzo.
Negli anni Sessanta la soluzione è andata perdendo progressivamente il favore dei tecnici; le
ultime moto da Gran Premio che l’hanno impiegata sono state le Jawa bicilindriche bialbero, le
CZ e la fantastica Morini 250, che ha corso fino al
1967 (anno nel quale ha conquistato il suo ultimo
titolo italiano seniores).
Avevano una testa e un sopratesta i primi motori
quadricilindrici a cinque valvole realizzati dalla
Tecnica e Storia
Yamaha durante gli anni Ottanta.
Queste osservazioni riguardano solo il settore
moto, ma non si può non accennare almeno a un
paio di motori automobilistici a quattro cilindri
realizzati a suo tempo dalla BMW; nel primo sopra la testa venivano piazzati due “portacamme”
in lega di magnesio, in ciascuno dei quali erano
alloggiati un albero a camme e otto punterie (nella versione turbo questo motore ha conquistato il
mondiale di Formula Uno nel 1983).
La Fiat ha impiegato a lungo una soluzione analoga per i suoi motori bialbero, con portacamme
ovviamente in lega di alluminio.
Il secondo quadricilindrico BMW di serie di 2,3
litri, di poco posteriore, la cui testa era divisa in
due parti sovrapposte; in quella superiore trovavano posto i due alberi a camme con le relative
punterie (proprio come nelle Yamaha FZ a cinque
valvole dello stesso periodo). Questa soluzione
ha trovato impiego anche in alcuni motori auto-
La foto mostra il castello in lega di magnesio del motore Morini 250 da Gran Premio, nel quale sono alloggiati
i due alberi a camme (azionati mediante ingranaggi) e le punterie del tipo a piattello
di Massimo Clarke | Alcune soluzioni motoristiche impiegate in passato
erano molto valide. Le rivedremo, magari reinterpretate, un giorno?
N
ella storia del motorismo non mancano certo gli schemi tecnici che,
dopo anni e anni di largo impiego,
sono in seguito scomparsi dalla scena. Alcuni di essi potrebbero andare bene anche
oggi, ma da lungo tempo il loro posto è stato preso da altri più convenienti sotto l’aspetto economico o della razionalità costruttiva, o magari più
adatti ai moderni motori ultraveloci sotto altri
punti di vista. Di quando in quando però qualcuna di queste soluzioni torna a esser presa in seria
considerazione.
Testate divise in due parti
Fino a tutti gli anni Cinquanta nei motori da competizione sono state largamente impiegate le te36
ste costituite da due parti unite mediante viti; un
accurato posizionamento dell’una rispetto all’altra era assicurato da apposite spine calibrate.
La testa vera e propria era sormontata da un
“castello” nel quale erano alloggiati i due alberi
a camme (di norma collegati da una serie di ingranaggi) e le punterie, che in genere scorrevano
all’interno di guide in bronzo.
Era il periodo nel quale le molle a spillo dominavano la scena e, usualmente, lavoravano all’aperto, cosa che consentiva di sostituirle agevolmente in caso di rottura.
La scelta di realizzare una testa vera e propria più
un castello (ovvero un sopratesta) presentava
vantaggi dal punto di vista realizzativo e degli interventi. In particolare, il lavoro della fonderia era
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mobilistici da competizione del passato.
È interessante segnalare che alcuni anni fa una
nota azienda ha proposto una testa per motori
automobilistici fortemente sovralimentati realizzata proprio con lo schema in questione.
In questo caso per la parte inferiore si impiegava
una lega di alluminio dalle elevate caratteristiche
meccaniche a caldo, costosa e non facile da fondere, mentre per la parte superiore si utilizzava
una lega notevolmente più economica e dalla
grande colabilità, che però non aveva un comportamento analogo alle alte temperature.
Le corse e le calotte riportate
In un passato non molto lontano diverse teste
sono state dotate di calotte, in ghisa o in bronzo,
nelle quali venivano ricavate le pareti delle camere di combustione, il foro per la candela e le
sedi, ossia le superfici di appoggio delle valvole.
Questa soluzione è stata impiegata tanto in modelli di serie quanto in modelli da competizione.
Nel primo caso si impiegavano in genere calotte in ghisa, che venivano incorporate nella testa
all’atto della fusione. In tal modo era talvolta possibile abbassare lievemente i costi di produzione.
Calotte di questo genere sono state impiegate in
diversi motori Gilera di tipo utilitario degli anni
Cinquanta. E non si deve dimenticare che ci sono
stati ciclomotori come il Cucciolo e il Motom che,
nella versione con testa e cilindro in un sol pezzo,
impiegavano una canna cieca che veniva presa di
fusione e il cui fondello costituiva la calotta, con
sedi per le valvole e foro per la candela.
Di particolare interesse è l’adozione di calotte
in ghisa nei bicilindrici monoalbero Honda degli
anni Sessanta, costruiti in numeri imponenti.
Pure nel CB 450, con distribuzione bialbero e
valvole richiamate da barre di torsione, si impiegavano calotte in ghisa prese di fusione. Questa
stessa soluzione è stata utilizzata dalla Laverda
per vari anni sui suoi famosi bicilindrici 750.
Anche in diversi motori da competizione le teste
erano munite di calotte riportate. Nei primi Mondial erano in ghisa ma in seguito come materiale
è stato preferito il bronzo, dotato di una conduttività termica molto più elevata. Queste calotte,
Nei motori Benelli 350 e 500 dei primi anni Settanta si impiegavano calotte in bronzo incorporate nella testa
in lega di alluminio all’atto della fusione
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Tecnica e Storia
Questa foto storica consente di osservare la testa di un quadricilindrico Honda 250 da GP dei primi anni
Sessanta. Si possono notare i blocchetti di guida per le punterie, fissati per mezzo di viti
incorporate all’atto della fusione, sono state impiegate sui policilindrici Honda da Gran Premio
degli anni Sessanta e sui Benelli. Erano invece
installate con interferenza le calotte dei motori
MV a tre cilindri e dei successivi quadricilindrici.
Grazie a questa soluzione, se le valvole erano
molto grandi (come d’obbligo nei motori da corsa), veniva minimizzato il rischio che si formassero delle crepe nella zona tra le sedi. Inoltre,
per quanto riguarda la MV, nella malaugurata
eventualità di danneggiamenti in un solo cilindro,
magari causati da una “sfollata”, era possibile sostituire la relativa calotta, senza dover buttare via
le testa completa. Pure in questo caso merita un
cenno il settore automobilistico.
Negli anni Novanta la BMW non ha corso ufficialmente in Formula Uno; i suoi tecnici però hanno
lavorato per tenersi al passo coi tempi anche nel
settore dei motori da competizione. Tra l’altro
hanno realizzato un V12 da Gran Premio di 3500
cm3 nel quale ogni testa era dotata di sei calotte
riportate in bronzo al berillio.
Dalle racing di ieri alle odierne
Nelle Honda policilindriche da GP degli anni Sessanta le punterie non erano installate in fori ricavati direttamente nella testa, ma venivano inserite in appositi blocchetti di guida, fissati alla testa
stessa per mezzo di viti. Questa stessa soluzione,
che veniva adottata per semplificare la fusione,
le lavorazioni e il montaggio, è stata impiegata
anche dalla Benelli e dalla MV Agusta, quando è
passata alle quattro valvole per cilindro.
Qualcosa del genere è stato fatto anche nei motori di Formula Uno aspirati degli anni Duemila,
nei quali i perni dei bilancieri a dito venivano inseriti in blocchetti di lega di alluminio ricavati dal
pieno che venivano fissati alla testa mediante viti.
Non so dire se questa soluzione venga impiegata
anche nei motori delle MotoGP e delle Formula
Uno odierne, ma mi sembra molto probabile che
qualcuno la utilizzi, se non quasi tutti.
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Editoriale
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NICO CEREGHINI
“ROSSI, CADALORA
E LA TELEMETRIA”
lavorò per molti anni con Kenny Roberts, ed era già con lui
quando il “marziano” sbarcò in
Europa sulla Yamaha 500 e vinse tre titoli di fila, ’78, ‘79 e ‘80.
Ma in quel caso Kel era un tecnico, anzi il capo-tecnico di
Kenny, era uno di quei pochi piloti davvero appassionati della
meccanica.
Come appassionato è appunto
Luca Cadalora.
Io non so se i due, Rossi e Cadalora, combineranno: Luca
sta bene anche a casa con la
moglie e le due figlie e i suoi
giocattoli a due e quattro ruote;
ma credo che sarebbe un sodalizio con i fiocchi.
Forse, dico forse, Luca Cadalora
sarà “assistente” di Rossi,
osservatore da bordo pista.
I precedenti storici non mancano,
in realtà, ma come la mettiamo
con la sofisticata completezza
della telemetria?
Naturalmente Uccio Salucci resta l’insostituibile Uccio, l’amico fidatissimo di Valentino dai
tempi della scuola.
Luca Cadalora potrebbe dare
un supporto ulteriore.
Mi viene però una curiosità: tutta quella telemetria che negli ultimi anni ha invaso le corse non
doveva servire a “leggere” perfettamente il comportamento
della moto? Adesso salta fuori
che l’osservazione da bordo pista può dare qualcosa in più.
Sapete cosa penso? Che forse
abbiamo dato retta un po’ troppo agli ingegneri. Tutta roba utile la loro, ci mancherebbe altro,
ma niente di perfetto.
Media
C
iao a tutti! Chissà se davvero
Luca Cadalora
lavorerà di fianco a Valentino
Rossi. Per ora
abbiamo soltanto intravisto
Luca nelle foto scattate a Phillip
Island, con la squadra e la torta,
e Rossi è rimasto sul vago. Lo ha
raccontato Giovanni Zamagni
nel nostro DopoGP, pochi giorni
fa: tutto è cominciato al Mugello
lo scorso maggio, quando Cadalora e Alex Gramigni furono
spediti da Rossi a bordo pista
per studiare un po’ Lorenzo, che
in quella fase andava più forte
che mai.
40
Il “report” dei due fu apprezzato, ci sono stati altri incontri e le
sfide al ranch, la lucidità tecnica di Cadalora (una qualità che
del resto voi lettori conoscete
benissimo) è piaciuta anche a
Rossi.
Non sarebbe la prima volta che
un ex-campione viene chiamato a collaborare con un collega
in attività.
Oggi vediamo Wilco Zeelemberg con Jorge Lorenzo e nella
stagione 2016 Sete Gibernau
sarà al fianco di Dani Pedrosa.
Nessuno dei due è stato campione del mondo, è vero, ma tra
gli “assistenti” del passato non
sono mancati i titolati.
Mi viene in mente Carletto
Ubbiali quando aiutò i pilotini del Team Italia in 125 negli
anni Novanta, Angel Nieto
che affiancava Alberto Puig in
duecentocinquanta, Roberto Locatelli che ha lavorato
(come fa ancora oggi Ezio
Gianola) per formare i giovani
italiani nel mondiale, e anche
Casey Stoner consigliere per
il suo amico d’infanzia Chaz
Davies.
Caso particolare quello
dell’australiano Kel Carruthers, nel 1969 campione del
mondo della 250 con la Benelli- ultimo titolo della storia
per una quattro tempi- che
MI VIENE PERÒ UNA
CURIOSITÀ: TUTTA QUELLA
TELEMETRIA CHE
NEGLI ULTIMI ANNI HA
INVASO LE CORSE NON
DOVEVA SERVIRE A LEGGERE
PERFETTAMENTE IL
COMPORTAMENTO
DELLA MOTO?
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DAVIDE BRIVIO
“VINALES, VELOCE SUL GIRO E NEL PASSO”
di Giovanni Zamagni | Il team manager Suzuki analizza i tre giorni di
test australiani, chiusi con lo spagnolo davanti a tutti: “La moto non è
cambiata da Sepang, ma adesso siamo più a posto, soprattutto a livello
elettronico. E qui Maverick va fortissimo”. Sugli altri: “Questa è una
pista particolare, difficile fare una valutazione: si sono ribaltati i valori di
Sepang”
U
na Suzuki davanti a tutti: sono
solo test, ma è comunque una bella soddisfazione. Come conferma
il team manager Davide Brivio.
«Sicuramente è stato un ottimo test per Maverick Vinales: su questa pista si trova molto bene,
gli piace molto e anche nel 2015 disputò a Phil42
lip Island la sua migliore gara stagionale. Detto
questo, è piacevole vedere che la nostra moto gli
permetta di esprimersi: ha fatto un ottimo lavoro,
è sempre stato veloce ogni volta che è entrato in
pista. Ha anche un buon passo, non è stato efficace solo in un giro sporadico. Siamo contenti,
anche perché abbiamo avuto la possibilità di
Periodico elettronico di informazione motociclistica
provare parecchio materiale, di verificare diverse soluzioni: è stato un test positivo sotto diversi
aspetti».
Cosa è cambiato rispetto a Sepang? «Nella moto non è cambiato nulla: qui avevamo lo
stesso materiale di Sepang. L’elettronica è però
sicuramente più a punto: a Sepang, per esempio,
avevamo avuto dei problemi con il freno motore,
nel senso che non eravamo ancora perfettamente a posto, così come con il “traction control”.
Qui non siamo ancora al 100%, ma certamente
è stato fatto un bel passo in avanti: tutto questo
messo insieme, ci ha permesso probabilmente di
migliorare».
Più in difficoltà Aleix Espargaro: come mai?
«Strano, anche lui fatica a dare una spiegazione.
Non si è mai trovato molto bene su questa pista
che non è certo una delle sue preferite, non è mai
riuscito a trovare un buon feeling con la moto. A
Sepang e a Valencia era molto contento, anche
dell’anteriore, mentre qui ha faticato, nonostante
abbiamo provato di tutto, facendo tanti cambiamenti. E’ un tracciato un po’ particolare, diversa dalle altre, con anche gomme specifiche per
questo tracciato: Aleix cercherà, al contrario di
Maverick, di dimenticarsi questo test e di concentrarsi sul Qatar».
Tante cadute oggi: dovute a cosa, secondo
te? «Sì, mi sembra che siano state addirittura
14. Nel pomeriggio la pista era piuttosto fredda, è
calata di molto la temperatura e c’era vento: non
so se questo ha influito. Sono state tre giornate
un po’ particolari, con tanta pioggia: i piloti hanno
avuto poco tempo per provare e nel finale di oggi,
quando la pista era asciutta, tutti hanno cercato di recuperare il tempo perso, ma la situazione
era un po’ al limite come temperatura. Può essere stata questa la causa delle tante scivolate di
oggi, perché a Sepang non c’erano stati i problemi di Valencia e tutti erano contenti delle gomme.
Anche qui il feeling era buono. Noi abbiamo fatto
tre cadute, due con Espargaro e una con Vinales,
tutti in frenata, a moto dritta, alla solita curva
4 (il tornantino a destra, NDA), per la chiusura
MotoGP
dell’anteriore. Qualcosa che è sempre successo,
anche in passato».
Detto della Suzuki, fai finta di essere l’inviato di moto.it a Phillip Island e fai un’analisi
di quanto fatto da Honda, Ducati e Yamaha.
«Ho visto delle prestazioni altalenanti: Lorenzo,
che aveva strabiliato a Sepang, facendo preoccupare un po’ tutti, qui non è mai stato brillante. Sembra aver lavorato meglio Rossi, anche a
livello di passo e di ritmo: è stato un po’ strano.
In Casa Honda, Marquez è stato brillante, è tornato costantemente nelle posizioni di vertice,
dopo essere stato in ombra a Sepang. Qui, invece
ha faticato di più Pedrosa: strano anche questo
fattore da interpretare. Sul fronte Ducati, oggi le
due più veloci sono state le due Avintia (Barbera
e Baz, NDA), mentre sono rimasti un po’ in ombra
sia Dovizioso sia Iannone. Insomma, in generale
si sono ribaltati i valori di Sepang, a conferma
che questa è una pista un po’ particolare. In ogni
caso, noi ci godiamo il momento».
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MotoGP
MOTOGP
DORNA CHIEDE A PILOTI E TEAM QUANDO
PENALIZZARLI
di Giovanni Zamagni | Trenta video di altrettanti episodi di gara che
piloti e team manager dovranno valutare. I risultati serviranno per
“tarare” un po’ meglio le penalità
C
ommentando la nuova composizione della direzione gara, Livio Suppo,
Team Principal HRC, ha sottolineato
ad Aspettando DopoGP un’interessante iniziativa della Dorna.
«A Sepang – ha rivelato Suppo – sono stati distribuiti a tutti i team dei filmati con 30 episodi “dubbi”: ognuno di noi (piloti, team manager, tecnici,
NDA) dovrà dare il suo giudizio “segreto”, variabile tra poco grave, grave e gravissimo, su quello
che avrebbe dovuto fare, nella circostanza specifica, la direzione gara. Si vuole sentire il parere del
paddock per “tarare” un po’ meglio le penalità».
Interessante. Intanto perché la Dorna ha capito che quanto accaduto nel finale 2015 è stato
gestito in maniera pessima, e prova a prendere
provvedimenti: si cerca in futuro di non ripetere
gli stessi errori. Sentire l’opinione dei protagonisti è poi importante per avere la percezione esatta su certi avvenimenti, che per essere giudicati
devono prima di tutto essere capiti.
Ecco quindi che creare una statistica di “precedenti” può essere utile per giudicare casi simili,
per non farsi trovare impreparati e per essere in
grado di prendere una decisione nel minor tempo
possibile. A patto, naturalmente, che sia la Dorna
– in teoria la FIM, che, però, si sa, conta come il
due di picche – a dettare le regole, e non i protagonisti, e che poi le faccia rispettare nel modo più
rigoroso possibile.
Non solo: speriamo che, d’ora in avanti, ogni volta
che accadrà qualcosa di anomalo in pista, i protagonisti vengano chiamati in direzione gara.
Questo non significa che si debba sempre punire,
tutt’altro, ma se c’è un contatto, la Race Direction ha il dovere di interpellare i piloti interessati,
rivedere insieme le immagini, ascoltare le ragioni
dell’uno e dell’altro, poi prendere una decisione.
Non sappiamo (per il momento) quali siano i 30
casi scelti dalla Dorna e distribuiti ai team della MotoGP, ma Suppo ci ha dato lo spunto per
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ripercorrere dieci episodi controversi degli ultimi
anni della MotoGP e partecipare anche noi a questo giudizio: come ha agito, in quella occasione,
la Race Direction?
GP DEL PACIFICO 2003:
CONTATTO TAMADA-GIBERNAU
Mancano due giri (forse tre) alla fine: Tamada
esce nettamente più veloce da una curva di Gibernau, lo affianca in rettilineo e lo passa alla
staccata successiva. Lo spagnolo prova a resistere, i due si toccano: Gibernau va nella sabbia,
Tamada finisce terzo e festeggia il primo podio
suo e della Bridgestone, ma viene poi squalificato. Punizione incomprensibile inflitta dalla Race
Direction.
GP SPAGNA 2005:
CONTATTO ROSSI-GIBERNAU
All’ultima curva, Sete Gibernau viene attaccato
da Valentino Rossi all’interno: i due si toccano,
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Gibernau finisce nella via di fuga e taglia il traguardo in seconda posizione, dietro al rivale della
Yamaha. La Race Direction non prende nessun
provvedimento. Sono d’accordo: la manovra di
Valentino è molto al limite, ma regolare. A mio
modo di vedere, la variabile sulla regolarità o
meno è se un pilota farebbe o no la curva, indipendentemente dal contatto: in questo caso,
Rossi l’avrebbe fatta senza problemi.
GP USA 2008:
SORPASSO ROSSI-STONER
Il sorpasso più famoso dell’era moderna ha fatto discutere – e lo fa ancora – gli appassionati di
tutto il mondo con giudizi che variano dalla manovra esaltante fino alla scorrettezza per sorpasso avvenuto fuori dalla pista. Stoner e la Ducati
chiesero invano la penalizzazione di Rossi, che
vinse il GP: meritatamente.
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MotoGP
GP FRANCIA 2011:
CONTATTO PEDROSA-SIMONCELLI
Al centro di una serie di polemiche nei suoi confronti per guida troppo aggressiva, Marco Simoncelli viene penalizzato con un ride trough nel GP
di Francia dopo un contatto con Dani Pedrosa,
caduto con frattura di una clavicola. Anche questo è un episodio molto al limite: Simoncelli è
all’esterno, leggermente avanti, ma nel chiudere
la traiettoria si “dimentica” che Pedrosa non può
che essere lì, al suo fianco. Insomma, il contatto è
inevitabile, Dani, a quel punto, non può fare nulla
per evitarlo. Il ride trough a Simoncelli ci sta.
GP SPAGNA 2013:
CONTATTO MÀRQUEZ-LORENZO
Un episodio che ricorda quello del 2005 tra Rossi
e Gibernau (ma non è uguale) con protagonisti,
questa volta, Jorge Lorenzo e Marc Márquez: il
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contatto avviene in ingresso, e non alla corda. Lorenzo è davanti, ma lascia aperta un’autostrada e
Marquez si infila. Poi le traiettorie si incrociano e
il contatto è inevitabile, con il pilota della Yamaha
che finisce fuori pista. Giustamente la Race Direction non prende nessun provvedimento.
GP USA 2013:
SORPASSO MÀRQUEZ-ROSSI
Marquez – scientificamente – replica il sorpasso
di Rossi a Stoner del 2008: anche questo è al limite, anche questo è giusto non punirlo.
GP ARAGON 2013:
CONTATTO PEDROSA-MÀRQUEZ
Lorenzo, Pedrosa e Marquez (poi vincitore della
gara) sono racchiusi in pochi decimi, con Dani
che sembra averne un po’ di più e aspetta il momento giusto per passare. Il pilota della Honda,
però, viene attaccato prima dal compagno di
squadra, con una manovra delle sue: tra i due
c’è un contatto, con un epilogo “sfigato”, perché
il ginocchio sinistro di Marquez fa saltare il cavo
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MotoGP
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del controllo elettronico della gomma posteriore
di Pedrosa, che appena tocca il gas finisce per
aria. A fine gara, Lorenzo è indiavolato e sputa
fuoco contro Marquez, che viene penalizzato il
giovedì prima del GP successivo (evidentemente
è un brutto vizio…) con un punto sulla patente.
Decisione sbagliata a mio modo di vedere: se si
considera volontario il contatto, allora Marquez
andava punito più severamente, altrimenti (ed
è come la penso io), non andava inflitta nessuna
sanzione.
GP ARGENTINA 2015:
CADUTA MÀRQUEZ
Màrquez è in testa alla gara, ma Rossi rimonta
velocemente alle sue spalle fino al sorpasso decisivo a due giri dalla fine: Marc prova a resistere,
e nel cambio di direzione la sua gomma anteriore tocca la posteriore della Yamaha di Rossi: lo
spagnolo cade, Valentino vince la gara. Màrquez
chiede invano l’intervento della Race Direction:
giusto non sanzionare Rossi, completamente davanti nel momento del contatto.
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MotoGP
GP OLANDA 2015:
CONTATTO MÀRQUEZ-ROSSI
All’ultima chicane, Màrquez attacca all’ingresso,
Rossi chiude: i due si toccano, e Valentino vince
il GP tagliando completamente l’ultima curva.
La Race Direction salomonicamente se ne lava
le mani, ma una decisione andava presa: a mio
modo di vedere, andavano puniti entrambi con
una penalizzazione in secondi, maggiore nel caso
di Màrquez perché è stato lui a provocare il taglio
della chicane di Rossi.
GP MALESIA 2015:
CONTATTO ROSSI-MÀRQUEZ
L’episodio più controverso e discusso degli ultimi tempi è stato giudicato, anche in questo caso,
solo a gara finita, con Valentino Rossi penalizzato
con tre punti sulla “patente”. Rossi, secondo me,
andava punito subito con un ride trough, ma bisognava sanzionare anche Màrquez, per evidente comportamento anti-sportivo.
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MotoGP
VALENTINO ROSSI
“CADALORA POTREBBE DARMI UNA MANO”
di Giovanni Zamagni | Nel box Yamaha si è visto Luca, con tanto di giacca
“ufficiale” VR46. “E’ un grande appassionato: stiamo pensando a una
collaborazione tecnica. Ma ancora non è stato definito nulla per il futuro”.
Sulla giornata: “Noiosa, ma comunque utile per raccogliere indicazioni”
V
entisette giri in totale, più tempo
passato al box che in pista: obiettivamente, c’è poco da dire sulla prima
delle tre giornate di test in programma a Phillip Island. Ecco, quindi, che l’argomento principale diventa Luca Cadalora: che ci fa il
tre volte iridato in Australia?
«Vediamo, ancora non è stato deciso nulla. Certo,
uno come Luca potrebbe farmi comodo: mi piace molto perché ha una grandissima passione
per la moto, è (Valentino usa ancora il presente…
NDA) un pilota molto tecnico. Quindi, perché no?
Mi potrebbe dare un aiuto: è venuto a questo test,
vedremo in futuro. Nel caso, sarebbe un supporto
tecnico, su quello che accade in pista: negli ultimi mesi abbiamo girato spesso insieme (a Misano con la R1 stradale e al Ranch, NDA), ci siamo
scambiati molte idee interessanti. Io non ho mai
avuto questa figura al mio fianco, però non abbiamo ancora fatto nessun programma per il futuro».
Per quanto riguarda la giornata di oggi, cosa
puoi dire sulle Michelin “rain” ?
«Rispetto alle Bridgestone, ci sono più o meno le
stesse differenze emerse sull’asciutto, anche se,
per la verità, qui a Phillip Island, sono più marcate
le disuguaglianze tra le slick che non tra le rain. Sul
bagnato, le Michelin sono più simili alle Bridgestone anche come tempo sul giro, mentre sull’asciutto, per quel poco che abbiamo girato, la prima
sensazione è che qui bisognerà lavorare maggiormente sulla moto per adattarla alle gomme rispetto a quanto fatto a Sepang. Il modo di guidare e
le sensazioni sono differenti: ma ho fatto solo 7
giri con le slick, è difficile capire bene. Per questo
sarebbe importante avere domani e dopodomani
condizioni meteo stabili per lavorare con profitto»
In definitiva, si può parlare di giornata buttata?
«Sicuramente noiosa. Il meteo è cambiato tante
volte durante la giornata, ma non è stata completamente buttata, perché siamo riusciti a fare un
po’ di giri sul bagnato e sull’asciutto, importanti
per capire su cosa lavorare.
Quale M1 hai usato?
«Sia la ibrida sia la 2016: anche qui sembra funzionare meglio quella con il telaio 2015».
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MotoGP
DOPO GP CON NICO E ZAM
PHILLIP ISLAND TEST 2016
Puntata speciale di DopoGP sui test MotoGP di Phillip Island.
La tre giorni australiana ha rovesciato le impressioni di Sepang
Video
P
untata speciale di DopoGP dedicata
alla tre giorni di test a Phillip Island.
Iniziamo da Honda che sembra aver
recuperato sgli avversari e aver trovato un dialogo con l’elettronica Marelli.
Bene Yamaha con Rossi che gradisce le Michelin
ed essersi riavvicinato a Lorenzo.
Ducati ancora lontana da potenziale della De54
smosedici, con ancora tanto lavoro da fare.
Aver perso una giornata per colpa del meteo per
le rosse è stato forse più dannoso che per gli altri.
Bene Suzuki, velocissimo Vinales, ma anche grazie a un progetto che continua a crescere e che
quest’anno potrebbe ottenere le prime conferme
importanti. Tanto spazio come al solito alla tecnica con l’Ing. Bernardelle.
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Superbike
TEST PHILLIP ISLAND
TOM SYKES CHIUDE AL PRIMO POSTO
di Carlo Baldi | Oggi il caldo non ha permesso ai piloti di migliorarsi e
quindi Sykes resta il più veloce davanti a Rea e Giugliano. Passi avanti
per Aprilia e Yamaha. Molte le cadute
I
l clima è decisamente cambiato a Phillip
Island ed il caldo si è fatto sentire, con un
asfalto che è passato dai 28 gradi di ieri ai
41 di oggi. Il caldo ha dato fastidio ai piloti
soprattutto nella sessione pomeridiana, mentre
questa mattina Rea, Giugliano, VdMark e Guintoli
erano riusciti a migliorarsi, scalando posizioni in
classifica. Nell’ultima sessione del pomeriggio invece solo De Angelis e Schmitter, il pilota di Grilli-
ni, hanno abbassato i loro tempi.
A Sykes è bastato il crono di ieri per chiudere in
testa questa due giorni australiana, ma i suoi avversari non sono lontani, ad iniziare dal campione
del mondo Rea che gli cede per soli 152 millesimi. Kawasaki ancora davanti a tutti, ma Ducati
e Honda si avvicinano e a sorpresa non lo fanno
con Davies e Hayden ma con i cavalli di razza Giugliano e VdMark, rispettivamente terzo e quarto
nella classifica generale.
Davide sembra un altro pilota rispetto a quello dello scorso anno, più pacato e ragionatore. Evidentemente il lavoro di Aligi Deganello e Paolo Biasio inizia a farsi sentire, ma se per l’italiano della Ducati
tutto questo significherà meno cadute e più podi lo
sapremo solo sabato e domenica.
Prosegue anche il processo di maturazione del
giovane VdMark al quale la vicinanza di Hayden
sembra fare decisamente bene, così come la maggiore competitività della sua CBR 1000 RR.
Hayden è settimo e limita a meno di mezzo secondo il suo ritardo nei confronti di Sykes.
Nona posizione per Fores bloccato che questa
mattina dalla rottura del suo motore dopo soli pochi giri. Non preoccupa il decimo posto di Davies,
da addebitare soprattutto alla caduta di ieri pomeriggio che ha consigliato al gallese una maggiore
prudenza e gli ha lasciato anche un lieve mal di testa che lo ha limitato nella calda giornata odierna.
Un mezzo passo falso per Chaz, ma che non riduce
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le sue grandi possibilità di successo nel prossimo weekend di gare.
Ramos porta al dodicesimo posto la Kawasaki
privata del team GoEleven che chiude davanti
a Savadori e Camier. L’italiano dell’Aprilia può
ritenersi più che soddisfatto per il suo positivo
debutto sulla RSV4 Superbike, mentre al contrario il suo compagno di squadra Alex De Angelis sperava in un inizio migliore, pur consapevole che senza test invernali e con una moto
vista per la prima volta solo qui in Australia era
difficile fare meglio. A complicare le cose ci si è
messa la sua caduta di ieri. Nulla di grave per
il pilota del team Iodaracing, che però lamenta
una caviglia gonfia ed un polso sinistro dolorante.
Per quanto riguarda Camier al momento non
ha evidenziato particolari segni di miglioramento nella sua ormai vetusta F4.
Davvero sfortunato Fabio Menghi che questa
mattina è stato vittima di una brutta caduta
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Superbike
alla curva 11. Il bollettino medico parla di un conflitto al femore acetabolare sinistro e sospetta
dislocazione dell’acromion claveare alla spalla
sinistra.
Parole difficili che significano che per Fabio la trasferta Australiana si può considerare finita.
La speranza è di poterlo rivedere in sella alla sua
Ducati magari già in Thailandia.
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Superbike
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TEST PHILLIP ISLAND
LA PAROLA AI PROTAGONISTI
di Carlo Baldi | Le dichiarazioni dei protagonisti dopo le due giornate di
test Superbike a Phillip Island
Davide Giugliano
«Il bilancio di queste due giornate è senza dubbio
positivo. Peccato solo per questo pomeriggio, nel
quale non sono riuscito a fare tutto quello che avrei
voluto. Con il caldo la moto si è comportata in modo
diverso rispetto a ieri. Inoltre il vento e le cadute
degli altri piloti mi hanno suggerito di non forzare
e di concludere questi test in modo positivo. Per il
weekend di gara le temperature dovrebbero scendere e questo mi aiuterebbe, perché sia io che la mia
moto soffriamo un poco il caldo».
Chaz Davies
«Nel turno del mattino mi sono concentrato sul ritrovare la fiducia in sella dopo la caduta di ieri nel
finale del turno. Ho anche fatto una simulazione
di gara, della quale sono abbastanza soddisfatto.
Il nostro distacco dai primi è stato ridotto, e penso
che avrei potuto chiedere di più sia a me stesso che
alla Panigale. Nel pomeriggio non mi è stato possibile migliorare i tempi, perché le temperature sono
aumentate molto, ma oggi l’obiettivo principale era
quello di verificare il pacchetto senza cadere, quindi
attendo fiducioso il week-end di gara».
Tom Sykes
«Ci sono state un sacco di interruzioni a causa delle
bandiere rosse nel corso di queste due giornate di
test, ma penso che ci troviamo in una situazione molto buona. Siamo veloci in tutte le condizioni meteo,
sia con il caldo che con il fresco. Abbiamo finito i nostri due giorni di prove in modo molto positivo, su di
un circuito che in passato non è stato certo il migliore
per me. Tutto sta sicuramente andando nella direzione giusta ed abbiamo raccolto alcune informazioni
importati. Ora tutto ciò che dobbiamo fare è mettere insieme i dati raccolti e fare un breve riassunto di
quello che abbiamo fatto. Abbiamo apportato cambiamenti importanti che ci pongono in una condizione migliore per il prossimo weekend di gare che aprirà il mondiale 2016».
Sylvain Guintoli
«Dopo queste due giornate di prove siamo più vicini ai
piloti più veloci. A dire il vero questo è un circuito dove
la nostra Yamaha si trova particolarmente a proprio
agio, sia per quanto riguarda la ciclistica che l’eroga60
zione del motore. Mi sono trovato subito a mio
agio qui e con il caldo oggi pomeriggio ho fatto
segnare il miglior tempo del turno. Sono anche
caduto senza conseguenze, ma è meglio così.
E’ la prima volta che cado con questa moto ed
è stato meglio che sia successo ora e non nelle
gare del weekend. Posso dire che siamo andati oltre le nostre previsioni. Abbiamo fatto un ottimo
lavoro, soprattutto se consideriamo che siamo
ancora all’inizio nello sviluppo di una moto nuova
per il mondiale Superbike. Dobbiamo migliorare
le velocità di punta che al momento ci vedono un
poco indietro rispetto ai nostri concorrenti, ma
sono certo che ci riusciremo. Per le due prime
gare non penso di poter puntare al podio, perché
ci serve un poco più di tempo, ma chissà…….in
gara tutto può succedere».
Jonathan Rea
«Praticamente siamo riusciti a fare tutto quello
che volevamo fare. E’ stato impegnativo, perché
le bandiere rosse sono state sventolate proprio
mentre stavamo provando alcune cose importanti, ma in generale i due giorni sono stati ab61
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bastanza buoni. Abbiamo avuto due condizioni differenti; un primo giorno più freddo ed un secondo
molto caldo e con molto vento. Tutto considerato
abbiamo testato tutto quanto c’era da provare e
siamo anche riusciti a fare una simulazione di gara
questa mattina. Siamo pronti ad iniziare il weekend
di gare con un pacchetto che ritengo soddisfacente.
Sono solo molto ansioso di correre perché l’inverno
non è stato lungo, ma non gareggio dal round del
Qatar dello scorso anno. Ora voglio solo vedere le
luci del semaforo che si spengono e restare concentrato per tutti i 22 giri in uno dei migliori circuiti del
mondo».
migliorarmi negli ultimi giri dell’ultima sessione. Abbiamo sofferto perché la moto tende a muoversi e a
pompare al posteriore. Oggi siamo riusciti a migliorare il comportamento della moto anche se non abbiamo risolto del tutto il problema. La mia posizione in classifica non mi preoccupa, perché alla fine
posso dire che è andata come mi aspettavo. Non
abbiamo fatto nessun test e non conoscevo la moto
e quindi per noi le prime due gare, qui e in Tailandia,
saranno come dei test, nei quali dobbiamo lavorare per fare esperienza e chilometri per cercare di
migliorare la moto e girare più velocemente e con
maggiore facilità».
Alex De Angelis
Jordi Torres
«Anche oggi non è stato facile. La caduta di ieri ed
alcuni problemi tecnici ci hanno rallentato. Stamattina avvertivo dolore alla caviglia ed al polso, ma per
fortuna la Clinica ha fatto come sempre un buon
lavoro e sono riuscito a fare i test. Sono riuscito a
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Superbike
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«Ieri abbiamo potuto percorrere molti giri ed è stata una giornata nella quale, assieme al team, ho
imparato tanto grazie alle informazioni che ci ha
dato la nostra moto. È stata una bella giornata che
ho concluso con un 3° posto assoluto (1’31.526).
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Superbike
Oggi invece le condizioni della pista sono cambiate
rispetto a ieri ed abbiamo avuto molto più lavoro da
fare. Faceva più caldo, c’era meno grip ed alla fine
ho fatto una caduta che dobbiamo ancora capire da
cosa sia stata causata. Quando si sta imparando a
conoscere una moto si va per tentativi e si cerca il
limite. E qualche volta il limite si trova anche così!
Nonostante tutto, sono risalito in sella già nel secondo turno ed ho concluso i test con un sesto posto
assoluto. Riguardo alle gare di sabato e domenica,
non so come sarà la gestione del week end delle due
gare visto che ora c’è una notte in mezzo. È un’avventura nuova e per ora tutto quello che so è che
abbiamo un turno in meno, che invece mi sarebbe
servito tanto. Io preferivo che fosse solo la domenica la giornata delle gare, ma stiamo a vedere come
sarà questa nuova formula».
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Trial
TRIAL
AGGIORNAMENTI E NOVITÀ
di Andrea Buschi | Torna Gas Gas, fermento in casa Betamotor, parte il
2016 del Team Junior FMI
I
ome Iniziamo con questo pezzo una rubrica (a cui cercheremo di dare cadenza il
più possibile regolare) con cui seguiremo
grazie al nostro Andrea Buschi il mondo
del Trial e del Motoalpinismo, due specialità ingiustamente poco considerate e che meritano,
invece, di tornare ad occupare un posto più importante nella realtà motociclistica sportiva e...
diportistica.
Il ritorno di GAS GAS
Ha suscitato particolare interesse, la scorsa settimana, la presentazione delle attività produttive
e racing del marchio GAS GAS. Il nuovo proprietario Torrot, ha voluto sancire il rilancio del glorioso marchio catalano invitando in azienda, i fedelissimi importatori con le Squadre Enduro e Trial,
per mostrare i nuovi assetti aziendali e progetti
futuri. Ma in breve conosciamo chi sono i protagonisti di questa favola a lieto fine. Il marchio
Torrot è stato fondato nel 1948 a Vitoria nella Comunità Autonoma dei Paesi Baschi dal visionario
imprenditore Don Luis Iriondo, con l’obiettivo di
costruire biciclette e moto leggere tipo le attuali
urban utility.
Anche questa azienda nonostante il buon
Media
66
successo commerciale in ambito nazionale, deve
però cedere il passo alla crisi di metà anni 80’chiudendo definitivamente i battenti nel 1990; della
fabbrica originaria, si salva solo il marchio che viene rilevato giusto un anno dopo, da un gruppo di
imprenditori catalani. Nel 2011 grazie al dinamico
Ivan Contreras l’azienda Torrot rinasce con la produzione di veicoli elettrici a due ruote, con particolare indirizzo verso le mini moto per bambini,
enduro, trial e super motard.
È con questo stesso spirito imprenditoriale che
Torrot nel 2015, partecipa all’asta fallimentare
GAS GAS acquisendone il marchio ed in meno di
sei mesi costruisce un piano di rilancio talmente
solido da garantirsi un sostanzioso aiuto economico da parte dell’importante fondo di investimento
spagnolo Black Toro.
La gestione di questo rinnovamento viene affidata al nuovo Direttore Generale Juan Lòpez, già responsabile di Business Development in Torrot, che
in breve riorganizza il piano industriale, ipotizzando già nel 2016 la realizzazione di 1500 TXT, 500
CONTACT per il Trial e 1000 Enduro nelle varie
cilindrate; ristruttura inoltre l’assetto produttivo per i futuri nuovi modelli con particolare
attenzione alla qualità realizzativa e si avvale
per questo, della collaborazione nello sviluppo
dei modelli Trial dell’ex Campione del Mondo
Marc Colomer (foto in apertura), già presente
in GAS GAS nel 2001 come pilota ufficiale e tester del fortunato modello TXT.
Ulteriore grande attenzione è stata data agli
investimenti verso i Reparti Corse, in particolare nel Trial è motivo d’orgoglio sapere che il
nostro Claudio Favro, con la sua struttura di
service truck, sarà l’immagine della casa nelle competizioni internazionali; tra l’altro nel
nuovo corso voluto dall’intraprendente Lopez,
proprio queste ultime diverranno il banco di
prova per le soluzioni da riversare nella produzione di serie, insomma una rilevante azione
rinnovatrice che risolleva e dà speranza ad una
azienda martoriata negli ultimi anni da gestioni economiche non particolarmente oculate.
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Ultimissime dai Team e piloti
BETAMOTOR ci segnale che nella propria grande famiglia si aggiunge anche il Team Rabino
(ex-SHERCO), sarà presente sui campi di gara
nazionali con un affiatatissimo gruppo di giovani
di talento, con velleità di vittoria nelle categorie
giovanili.
Errata corrige invece per il TOP TRIAL TEAM,
abbiamo erroneamente scritto Daniela Bauml,
anziché Theresa ed oltre a questo ci viene segnalato l’inserimento nello stasso Team dell’inglese
Alicia Robinson e della giovane teutonica Michelle Neukirchen. Veramente una bella realtà quella
del Team fiorentino, che dimostra una rinnovata
vitalità in ambito internazionale, dove ricordiamo
aver vinto numerosi titoli mondiali.
Abbandono, con dispiacere ci arriva conferma
di quanto già accennato in precedenza rispetto
alla posizione di Luca Cotone, che a soli 25 anni
con un comunicato stampa annuncia il suo ritiro dalle competizioni, una notizia triste che deve
far pensare tutti, addetti e non, attorno al dropout causato dalla annosa mancanza di sbocchi
professionali in questa disciplina. Torneremo
comunque sull’argomento con un prossimo approfondimento.
TEAM TRIAL JUNIOR FMI, si è avviata la scorsa
domenica anche l’attività di formazione e crescita giovanile del Settore Tecnico Trial FMI. Il
Progetto 2016, vede coinvolti dieci piloti, Marco e Pietro Fioletti, Luca Petrella, Filippo Locca,
Lorenzo Gandola, Andrea Riva, Manuel Copetti,
Luca Corvi, Jacopo Bono e Michele Andreoli nella
fascia d’età compresa tra i quattordici e ventidue
anni, che guidati dallo Staff Federale composto
dai Tecnici Andrea Buschi, Fabrizio Moretto e Daniele Maurino, accompagnerà la crescita e l’attività agonistica internazionale di questi giovani
durante tutta la stagione 2016 con allenamenti
settimanali e frequenti raduni collegiali.
Daniele Maurino, riprende con determinazione
gli allenamenti il forte pilota pinerolese, al rientro da un lieve infortunio al polpaccio che lo ha
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Trial
rallentato durante i mesi di preparazione invernale e nell’affiatamento con la nuova cavalcatura
SHERCO.
Filippo Locca, il giovane esponente dell’omonimo Team cambia Minder, per il Campionato Italiano si affiderà a Gianmaria Iulita, sempre più
impegnato dagli studi di ingegneria, mentre per
il campionato Mondiale si avvarrà dei servigi di
Davide Zaccagnini che smette così i suoi panni di
pilota TR2.
Avvistamenti, negli ultimi due anni abbiamo più
volte registrato nelle aree di allenamento intorno alla sede BETAMOTOR di Paruzzaro, avvistamenti di Donato Miglio alla guida di un prototipo,
immediatamente sono corse voci incontrollate
su un presunto nuovo modello Trial. Per questo
abbiamo sentito il diretto interessato, il quale ci
ha candidamente confessato che il fantomatico
prototipo altro non è che la prima versione del telaio EVO rispolverato per alcuni test di confronto
con le misure del telaio attuale.
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SX U.S.A.
AMA SUPERCROSS
ROUND 7: ARLINGTON
Roczen torna alla vittoria nella 450. 250 Costa Ovest al campione in
carica Webb che recupera la leadership della classifica generale
S
econda vittoria stagionale per Roczen e la Suzuki all’AT&T Stadium di
Arlington, Texas. La determinazione
del pilota tedesco è apparsa subito
evidente quando, dopo aver conquistato l’holeshot, ha saputo rintuzzare prontamente gli
attacchi di un Ryan Dungey poco propenso ad
interrompere la serie vincente.
Roczen è stato davanti per tutta la gara nonostante il tentativo in extremis di Dungey, che
nelle ultime tornate ha tentato in tutti i modi
di strappare la vittoria al rivale. Roczen non ha
però sbagliato un colpo, sfruttando i doppiati per
mantenere il proprio vantaggio su Dungey e ha
tagliato per primo il traguardo conquistando così
la sesta affermazione in carriera. «E’ stato davvero bello staccare l’Holeshot stasera» ha commentato Roczen. «Credo di avere più vittorie che
holeshot in palmares. Dungey mi ha attaccato
per tutta la gara, ma sono riuscito a tenere i nervi saldi e ho portato a casa la vittoria». Dungey,
secondo, ha preceduto Anderson sul traguardo. Il
pilota del team Rockstar Husqvarna ha corso una
gran gara, recuperando con costanza su Seely da
Video
metà gara in avanti e conquistando l’ultimo gradino del podio alla quindicesima tornata.
«A fine gara abbiamo spinto forte» ha raccontato
Dungey, che porta a 23 la sua serie di podi e conduce in classifica generale con 23 punti di vantaggio su Roczen e 35 su Anderson. «Ho provato
ad andare davanti, ma Ken mi ha ripassato esattamente dove lo avevo passato io. Alla fine un secondo posto e tanti punti buoni per la classifica
non sono certo un risultato da disprezzare».
La 250 costa ovest ha visto la sfuriata iniziale di
Craig, capace di rintuzzare gli assalti di Osborne
e Savatgy. Un errore di quest’ultimo ha permesso a Webb di aggiudicarsi però subito la seconda
posizione davanti ad Osborne. Il campione in ca70
rica ha forzato per tutta la gara, restando sempre
vicino a Craig nonostante il ritmo infernale: con
il passare dei giri Webb ha iniziato a ridurre ulteriormente il gap dal leader fino ad attaccarlo con
successo all’undicesima tornata, andandosene
poi a vincere quasi indisturbato. Sul podio con
lui Craig ed Osborne. Osborne, terzo, sigla il terzo podio della stagione, mentre Craig è al quinto
podio consecutivo. In classifica generale l’errore
di Savatgy (decimo dopo una rimonta dall’ultima
posizione) lo fa scendere al secondo posto dietro
a Webb con 11 punti di distacco. Craig è terzo a
sedici lunghezze.
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