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False fatturazioni - Dott. Salvatore Bianco

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False fatturazioni - Dott. Salvatore Bianco
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Informativa n. 4 del 24 marzo 2014
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FALSA FATTURAZIONE
ASPETTI NORMATIVI
Ai sensi dell’art. 8 del D.Lgs. 10 marzo 2000 n. 74, è
punito con la reclusione da un 1 e 6 mesi a 6 anni
chiunque, al fine di consentire a terzi l'evasione
delle imposte sui redditi o sul valore aggiunto,
emette o rilascia fatture o altri documenti per
operazioni inesistenti.
L’art. 8 del D.Lgs. n. 74/2000 (“Emissione di fatture
o altri documenti per operazioni inesistenti”) punisce
con la reclusione da un anno e sei mesi a sei anni
chiunque, al fine di consentire a terzi l'evasione
delle imposte sui redditi o sul valore aggiunto,
emette o rilascia fatture o altri documenti per
operazioni inesistenti (comma 1). L’emissione o il
rilascio di più fatture o documenti per operazioni
inesistenti nel corso del medesimo periodo
d’imposta, si considera come un solo reato (comma
2).
L’art. 1 del D.Lgs. n. 74/2000 chiarisce che:
- per “fatture o altri documenti per operazioni
inesistenti” s’intendono le fatture o gli altri documenti
aventi analogo rilievo probatorio in base alle norme
tributarie emessi a fronte di operazioni non realmente
effettuate, in tutto o in parte, o che indicano i
corrispettivi o l’Iva in misura superiore a quella reale
oppure che riferiscono l’operazione a soggetti diversi da
quelli effettivi [lett. a)];
- "il fine di evadere le imposte" e il “fine di
consentire a terzi l'evasione” s’intendono
comprensivi, rispettivamente, anche del fine di
conseguire un indebito rimborso o il riconoscimento di
un credito d'imposta inesistente e del fine di consentirli
a terzi [lett. d)].
INESISTENZA SOGGETTIVA E OGGETTIVA
La fattura o il documento emesso “per operazioni
inesistenti” costituiscono l’oggetto materiale del reato
in esame. Secondo la Suprema Corte, si può trattare
d’inesistenza sia oggettiva sia soggettiva. Tale
convinzione scaturisce dalla giurisprudenza formatasi
con riguardo alla fattispecie dell’art. 2 del D.Lgs.
n. 74/2000, cui la disciplina dell’art. 8 si
ricollega.
In particolare, la sentenza n. 44665/2013 della
Terza Sezione Penale della Cassazione ha ritenuto
realizzato il reato, di cui all’art. 8, anche in caso di
fatturazione solo soggettivamente falsa, poiché
anche in questo caso è possibile conseguire il fine
illecito indicato dalla norma, ovverosia consentire a
terzi l’evasione delle imposte (dolo specifico)
Il soggetto attivo del delitto previsto dall’art. 8 del
D.Lgs. n. 74/2000 è chiunque emette fatture o
documenti per operazioni inesistenti, anche se non
obbligato alla tenuta delle scritture contabili. La
fattispecie criminosa, infatti, non prevede alcuna
particolare qualificazione per i soggetti agenti.
L’elemento soggettivo richiede il dolo specifico,
consistente nel fine di consentire a terzi l’evasione delle
imposte sui redditi o sul valore aggiunto. Il reato si
consuma all’atto dell’emissione del documento
falso, per come precisato sia dalla circolare n.
154/2000 del Ministero delle Finanze sia dalla
giurisprudenza di legittimità.
Prima delle modifiche apportate dalla L. n. 148 del
2011 – legge di conversione delle c.d. “Manovra di
Ferragosto” (D.L. n. 138/11) - se l'importo complessivo
dei falsi documenti formati nello stesso periodo
d'imposta fosse stato inferiore a 154.937,07 euro, la
sanzione sarebbe stata la reclusione da un minimo di
sei mesi a un massimo di due anni. La legge
148/11 ha abrogato il comma 3 dell'art. 8, che
prevedeva la diminuzione di pena sicché, per i reati
commessi dal 18 settembre 2011, la sanzione
penale è la stessa in ogni caso: la reclusione da un
anno e sei mesi a sei anni. La medesima legge, per
tutte le fattispecie dichiarative (artt. 2, 3, 4 e 5), per il
reato di emissione di fatture per operazioni inesistenti
(art. 8) e per quello di distruzione e occultamento di
documenti contabili (art. 10), ha elevato di un terzo i
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termini di prescrizione, che quindi sono saliti da sei
a otto anni.
In caso di ipotesi interruttive, i termini di prescrizione
sono passati da sette e mezzo a dieci anni. Il corso
della prescrizione per i delitti fiscali è interrotto:
dagli atti indicati nell'art. 160 del codice
penale;
dal verbale di constatazione;
dall’atto di accertamento delle violazioni.
Ai sensi del secondo comma dell’art. 8 del D.Lgs. n.
74/2000, quando nello stesso periodo d’imposta siano
state emesse più fatture o documenti fittizi, si
considera commesso un unico reato e non tanti
quanti sono i documenti emessi.
In altre parole, il soggetto che emette, nello stesso
periodo d’imposta, una pluralità di fatture o documenti
per operazioni inesistenti - non importa se a favore di
uno stesso soggetto o di soggetti diversi - sarà punito
per un unico episodio criminoso, trattandosi di una
“speciale ipotesi di cumulo giuridico”.
Ne deriva che, il termine di prescrizione inizierà a
decorrere dalla data di emissione dell’ultimo
documento falso.
CONCORSO NEL REATO
L’art. 9 del D.Lgs. n. 74/2000, in deroga all’art. 110
cod. penale, stabilisce che, l’emittente di fatture o altri
documenti per operazioni inesistenti non è punibile
a titolo di concorso nel reato di dichiarazione
fraudolenta (art. 2 D.Lgs. 74/2000) e, analogamente,
chi si avvale di fatture o altri documenti per operazioni
inesistenti, non è punibile a titolo di concorso nel
reato di emissione di tali documenti (art. 8 D.Lgs. n.
74/2000). La giurisprudenza di legittimità ha però
individuato alcune deroghe a questo regime
speciale. È orientamento consolidato che il soggetto
autore delle false fatturazioni non possa essere
chiamato a rispondere a titolo di concorso con la
diversa condotta di utilizzazione compiuta dal soggetto
che abbia ricevuto le fatture, iscritte in contabilità e
inserite nella dichiarazione annuale. Tuttavia, si tratta di
un’ipotesi che presuppone la diversità tra due
soggetti (quello emittente e quello utilizzatore delle
fatture false).
Ne deriva che l’applicabilità dello speciale regime
derogatorio in questione (art. 9) è da escludere
qualora il soggetto che emette le fatture fittizie sia, a
sua volta, loro utilizzatore attraverso il meccanismo
dell’inclusione delle false fatture nella dichiarazione
reddituale.
In altri termini, il concorso ben può essere contestato
quando lo stesso soggetto agente opera sotto una
doppia - e diversa – veste: quale amministratore del
soggetto giuridico che emette le fatture e quale
amministratore che utilizza quelle fatture.
È pacifico, infatti, che il regime derogatorio in discorso
non trovi applicazione quando la stessa persona
proceda in proprio sia all’emissione delle fatture fittizie
sia alla loro successiva utilizzazione. Più in particolare,
tale disposizione non può trovare applicazione
nell’ipotesi in cui l’amministratore della società
utilizzatrice porti in contabilità una o più fatture false
emesse da una ditta individuale di cui egli stessi sia
anche il legale rappresentante (cfr. Cass. n.
19247/2012, n. 19025/2012 e n. 47862/2011).
CONCORSO DEL COMMERCIALISTA ISTIGATORE
È importante ricordare che il commercialista risponderà
anch’egli di concorso nei reati di cui agli art. 2 e 8 del
D.Lgs. n. 74/2000, se il cliente abbia utilizzato
e/o emesso fatture per operazioni inesistenti.
Ovviamente, occorrerà dimostrare che il consulente
fiscale:
abbia
utilizzato
consapevolmente
i
documenti falsi;
abbia contributo alla realizzazione del reato;
oppure abbia istigato il contribuente a
commettere l’evasione.
CONFISCA SOLO SE SI REALIZZA L’EVASIONE
A questo punto è il caso di segnalare un’altra recente
pronuncia della Suprema Corte che ha affermato un
principio di diritto importantissimo. Cassazione,
sentenza n. 48104/2013 secondo la quale In
difetto di prova circa la realizzazione dell’evasione
d’imposta, il giudice penale non può disporre, al
momento della condanna, la confisca per
equivalente a carico del soggetto che ha emesso
fatture per operazioni inesistenti. La L. n. 244/2007
(Finanziaria 2008) ha esteso, anche ai reati tributari,
l'istituto della confisca per equivalente, previsto dall'art.
322- ter del codice penale.
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La normativa citata, osserva la Suprema Corte, include
oltre ai reati collegati alla dichiarazione (artt. 2, 3, 4 e 5
del D.Lgs. n. 74 del 2000), anche il reato previsto
dall’art. 8 e consente di affermare che la misura
oblatoria deve essere disposta pur a seguito
dell’emissione di fattura per operazione inesistente, ma
solo nel caso in cui si sia in presenza di altre
ulteriori condizioni, proprio ponendo l'attenzione
sull'inciso “in quanto applicabili”, riportato all'art. 1
comma 143 della Finanziaria 2008.
Va considerato, poi, che nell’ipotesi prevista dall’art. 8
non si è alla presenza di un fatto di evasione in
relazione al quale può ritenersi realizzato,
automaticamente, un risparmio, “in quanto questo
non si verifica in capo al soggetto autore del reato e
neppure in riferimento
al contribuente, se
quest'ultimo non ponga in essere la specifica
condotta prevista dall'articolo 2, D.lgs. 74/2000
(dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o
altri documenti per operazioni inesistenti)”. In assenza
di tale condotta, non si realizza nessun risparmio
d’imposta.
Nel caso esaminato, il GUP ha proceduto alla confisca
nei confronti dell’imputato, “in difetto di ogni e
qualunque notizia di esercizio di azione penale contro il
destinatario della fattura o di alcun accertamento nei
confronti dello stesso, in difetto di prova, quindi,
della realizzazione o meno dell’evasione
d’imposta”. La Terza Sezione Penale della Cassazione
ha quindi ritenuto fondata la doglianza del PM, secondo
cui il GUP aveva errato nel disporre la misura ablativa
in mancanza di un accertamento sull’effettiva
realizzazione dell’evasione d’imposta.
STUDIO BIANCO
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