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Il complotto monarchico - Istituto Gramsci Siciliano
era consideratala via maestra della legalizzazione.Finocchiaro Aprile era favorevole e con lui la maggioranza ~el nostr? Consiglio n.azionale.C.on~rario.era CarcaCl.Anche lO ero contrario ma non mslstettl. In effetti l'inserimento nella competizione elettorale avrebbe rappresentato l'abbandono della linea rivoluzionaria per la conquista dell'indipendenza siciliana. E cosl è stato. La rivoluzione siciliana l'abbiamo rimandata al duemila! L'illusorio argomento dei favorevoli alle elezioni era che se la Sicilia ci avessedato 40 deputati la rivoluzione siciliana sarebbestata fatta con i voti ». Tuttavia, checchéne pensasseroPinocchiaroAprile e Varvaro, c'era al vertice del movimento indipendentista chi non aveva mai abbandonatol'idea della frattura violenta dall'Italia che si avviava a diventare repubblicana. E proprio in quei mesi, mentre si preparavano le elezioni,si preparavaanchel'intesa con le forze monarchiche per l'effettuazione di un colpo di stato che avrebbe dovuto dare un aborto di indipendenza alla Sicilia e un trono di ripiego ai Savoia. VII Il complottomonarchico Nei mesi precedenti il referendum del 2 giugno 1946 e in previsione dell~ vittoria repubblicana in campo nazionale, furono studiati almeno tre progetti di restaurazionemonarchica in Sicilia. Tutti e tre prevedevanola proclamazionedel regno separatodi Sicilia: il . primo con Umberto di Savoia, il secondo col suo prImogenito ancor fanciullo Vittorio Emanuele e una reggenza,il terzo con una nuova dinastia di ~ri~ine siciliana.(i~ proposito molti asserisconoche si IndIcava. la famIglIaPaternòCastellodi Carcaci)una f~a le pIÙ nobili casatesiciliane che trae origine per vIa naturale da un re aragonesejsi parlò anche dei Gravina di Montevago). . Oggi sembrano progetti assurdi e grotteschi, ma ~n quei. caldi .mesi di venti anni fa essi furono presi In consIderazIone,formarono oggetto di trattative ed e~trarono addirittura in una fase concreta di preparazIone. Altissime autorità dello Stato - prefetti, comandanti militari, capi di polizia - ne furono al cor- rente e vi aderirono. In quel momento la Sicilia fu più vicina alla secessionee alla guerra civile che non negli anni precedenti, quando l'ideale indipendentista aveva acceso tallti animi e la situazione internazionale sembravafavorevole alla sua realizzazione.Solo - 96 - - 97 - che in quel momento non erano più in primo piano il sentimento nazionalistico e le aspirazioni di libertà e di giustizia che avevano spinto tanti siciliani a schierarsi sotto la bandiera giallo-rossa e il simbolo della Trinacria. Ora la Sicilia era solo un pretesto, un'occasioneper la attuazione di un disperato disegno reazionario. Una parte dei dirigenti di quel MIS che funto Lucio Tasca (anche se non sempre in perfetta identità di vedute con quest'ultimo), quella dell'on. Nino Varvaro il quale contribuì grandemente a far fallire il complotto e quella dell'on. Concetto Gallo, a quel tempo detenuto nel carceredell'Ucciardone. CARCACI: «Contatti con Umberto di Savoia fu- nel suo primo congresso aveva votato all'unanimità una mozione repubblicana, ora erano affeati con quei monarchici che dal '43 al '45, in nome dell'unità della patria italiana, erano stati gli avversari più inconciliabili e violenti del separatismo. Sull' altare di questa alleanzavenne sacrificatal'unità del movimento indipendentista. Con una puntata sulla carta perdente venne bruciato allora un patrimonio di ideali e di sacrifici che si riallacciava a tanti slanci rivoluzionari dei secoli passati e che, se non fosse stato così mortificato e disperso, avrebbe forse dato in questi ultimi vent'anni un fecondo contributo alla rinascita siciliana. Per la loro stessanatura di intrigo, anzi di complotto, le trattative e le intese intercorse fra indipendentisti e monarchici nella prima metà del 1946 sfuggono alla possibilità di una esattaricostruzione. Troppi sono i personaggiche vi intervennero sia sulla scena che dietro le quinte e troppe le reticenze e le zone di riserbo che ancor oggi le circondano.Tuttavia le testimonianze che ho raccolto nel corso di questa inchiesta rievocativa confermano la sostanzadei fatti e forniscono molti particolari finora sconosciuti. Cominciamo dalle testimonianze più significative: quella del duca Guglielmo di Carcaciche fu fra i protagonisti di primo piano della viçenda, assiemeal de- rono effettivamente tenuti ad opera di qualche esponente del movimento. Disgraziatamenteper tutti, questi contatti avvennero troppo tardi, quando già molto era compromesso.Noi pensavamo, come pensiamo, che la questione istituzionale non sia indispensabile all'indipendenza della Sicilia, e ci rivolgevamo verso qualunque forza avessepotuto contribuire al suo raggiungimento. È una favola che la famiglia nostra abbia aspirato al trono di Sicilia; si pensò invece a Casa Savoia, come a quella che avrebbe potuto apportare un sostanziale e immediato aiuto alla indipendenza del paese.A tal proposito sorserovarie proposte e progetti, il più persuasivodei quali parve quello di proclamare re il giovinetto figlio di Umberto, sotto la reggenzadi v. E. Orlando e di un adeguatomembro del Movimento. Comunque, i risultati del referendum in Sicilia, mostrano quale fosse stato l'indirizzo impresso dal movimento per l'indipendenza. Noi sapevamoche con le sole forze nostre non ce l'avremmo fatta a proclamarel'indipendenza.Nel 1946, al culmine delle persecuzioni della polizia italiana, eravamoridotti a ben poche forze. Gli arrestati erano già moltissimi. Si poteva riuscire solo se avessimo avuto l'appoggio di una parte dell'esercito e della polizia, cosa che ci sarebbe stata garantita dall'accordo con la monarchia. - 98 - - 99 - i i i Fu con questo àrgomento che ad un certo punto convinsi anche Varvaro alla soluzione. Fu dopo la sua liberazione da Ponza. Gli dissi che dopo il raggiungimento dd nostro scopoavrei potuto fondare con lui un partito repubblicano siciliano ». VARVARO:«A Roma, subito dopo la nostra liberazione dal confino, contemporaneamentealle discussioni e trattative sul rientro nella legalità mediante la partecipazionealle elezioni, si svolgevanocontatti non ufficiali fra alcuni esponenti dd movimento indipendentista e la monarchia. Chi trattava erano i Carcaci e Lucio Tasca. Allora si delineò all'interno del movimento la distinzione fra monarchici e repubblicani. Al momento della formazione delle liste la distinzione si fece sentire e si dovette fare un dosaggiofra i candidati dell'una e dell'altra tendenza. Il clima di unità rivoluzionaria era finito. Durante la campagnaelettorale si intensificò l'azione dei monarchici e ciò provocò l'aperta esplosionedel conflitto sul voto istituzionale. Si tramava ormai apertamenteil complotto monarchico. Vi erano vari piani. Uno prevedeva la venuta di Umberto di Savoiain Sicilia. Un altro la venuta di suo figlio Vittorio Emanuele con una reggenzadi V. E. Orlando. lo ero oggetto di continue lusinghe e minacce. Un giorno mi avvertirono che tutto era pronto per realizzare l'indipendenza (monarchica) della Sicilia. Per darmene la prova mi portarono dal prefetto di Palermo il quale mi disse: «Ecco il mio cappello a portata di mano, io sono pronto a dare a lei le consegne appena arriverà il momento ». Mi risulta che c'era anche l'accordo con i coman- 100 - danti militari: le truppe sarebbero state consegnate in caserma.Anche i capi della polizia mi risulta che erano d'accordo». GALLO: «Dopo la mia cattura avvenuta a S. Mauro il 29 dicembre 1945, rimasi per un certo periodo in carcere a Catania. Anche quando fui trasferito a Palermo, all 'Ucciardone, fui tenuto nel più assoluto isolamento rispetto all'esterno. Non potei mai incontrare neanchegli avvocati. Successivamente fui messoperò assiemead altri detenuti, fra cui Stefano La Motta. Eravamo denunciati al Tribunale militare. Poco prima delle elezioni del 2 giugno avvenne un fatto singolare. Un giorno fui chiamato in sala avvocati. Vi trovai tre esponentidel nostro movimento, e un alto ufficiale dell'esercito. Quest'ultimo era un generale.Degli altri tre non desidero per il momento rivelare il nome. I quattro mi proposero di evadere dal carcere con il loro aiuto a condizione che mi mettessi al comando delle formazioni armate separatiste-monarchicheche preparavanoun colpo di stato per creare una monarchia siciliana con il Savoia. Rifiutai nettamente. Non ero mai stato monarchico e non potevo esserlo. I Savoia hanno spogliato la mia famiglia e sono stati una jattura per la Sicilia. In nome dei Savoia pochi mesi prima carabinieri e soldati della divisione Sabaudaci avevanosparato alle spalle. Non potevo tradire i nostri morti. Rientrato in cella, riferii tutto a Stefano La Motta il quale approvò il mio rifiuto ». In campo monarchico erano giorni di attivisticò - 101 - fervore. Ne ho chiestouna rievocazione al prof. Gaetano La Placa che fu a Palermo e provincia uno dei principali organizzatori delle attività in favore della monarchia durante la campagna elettorale per il referendum. LA PLACA: «Sono monarchico per profonda convinzione. Nelle settimaneprecedenti il 2 giugno 1946, assiemead alcuni altri convinti e disinteressatimonarchici come Corrado Fatta e Antonino Baucina, lavorai intensamente a favore della monarchia e della lista « Blocco della libertà ». Avevamo mezzi relativamente scarsi e c'era attorno molta confusione anche nel nostro campo. La buona società palermitana era divisa fra varie tendenze e anche fra i monarchici molti si fermavano alle parole. Al momento di contribuire concretamentemolti si tiravano indietro con vari pretesti. Il duca di P., per esempiosi proclamavamonarchico ma al momento di tirar fuori quattrini precisava di essereper i Borbone e' non per i Savoia. Furono fatte tuttavia larghe sottoscrizioni i cui proventi furono in buona parte impiegati nell'acquisto di armi. Dopo il referendum, visto che non era successo niente, queste armi furono portate con mesti cortei di camion fino a Piana degli Albanesi e gettate not- separatisti esse non passaronocerto attraverso il «Blocco della libertà» o 1'« Unione monarchicaitaliana» (UMI) che io rappresentavo. Debbo dire però che vi erano vari gruppi che si agitavano in nome della monarchia e vari personaggi fra cui anche degli avventurieri. Arrivavano molti soldi dal Quirinale e si disperdevano in mille rivoli. Non escludo che qualcuno dei più accesi monarchici del tempo puntassele sue carte sulla Repubblica proprio per non dover rendere i conti dei soldi ricevuti. A proposito dei separatisti ricordo che in quel tempo c'era un tale che girava con le calze piene di liste di ministri designati per il governo del prossimo' regno di Sicilia. Era una cosa strabiliante. Ciascuno con cui egli parlava ci ritrovava il proprio nome. Ricordo anche che quando il re Umberto giunse a Palermo - il 28 maggio del 1946 - e ci ricevette, me e Benedetto Arenella, ci chiese con evidente rammarico perché mai Lucio Tasca non fosse con noi. Benedetto rispose: «Lucio Tasca è in giro per la Sicilia al servizio di vostra maestà». Di ciò io rimasi molto stupito, ma più tardi Benedetto mi disse che era stata una risposta improvvisata,». tetemponel lagosul cui fondo debbonoancoragiacere arrugginite,sepoltenel fango». Quel 28 maggio seglzò il punto più alto per le azionidellamonarchiaa Palermo. Non è esageratocalcolare che centomilapersone applaudirono freneti- «In quel momentolei che era così fortemente impegnato nell'azione monarchica, ebbe notiziadelle intesecon il movimento separatista?». camenteUmberto di Savoia quando si affacciò al balcone del PalazzoRealecon a suo fiancoil Cardinale Ruffini.Alcuni particolari della manifestazione sono peraltro controversi. Filippo Gaia, per esempio, nel LA PLACA:«Se vi furono trattative fra il Re e i - 102 - suo libro cito sullaSicilianel dopoguerra intitolato « L'eser- dellalupara», cosìriferiscel'episodio. - 103 - «Umberto per prima cosa andò a trovare all'ospedale un amico affezionato, l'on. Misuri, il quale fu come miracolato dalla visita sovrana poiché, guarito d'incanto, lasciò l'ospedale assieme al re e lo accompagnò a Palazzo Reale dove Umberto era atteso dal Cardinale Ruffini. S'era frattanto radunata grande folla davanti al palazzo, sospinta dagli attivisti separatisti e l'on. Misuri disse al microfono: «Saluto Umberto di Savoia primo re di Sicilia e quarto re d'Italia ». Ora che l'indicativo saluto al primo re di Sicilia sia stato pronunciato da Misuri non vi è dubbio. I giornali dell'epoca riferiscono un discorso dell'on. Misuri in cui si parlava di violenza e di manganelli e si salutava nei termini riferiti da Gaia l'arrivo del re a Palermo. Ma questo discorso fu pronunciato da Misuri prima della mastodontica manifestazione filomonarchica di Palazzo Reale e precisamente da un balcone della clinica Candela prospiciente a Via Villareale dove si era raccolta una fitta folla di monarchici e separatisti. Umberto si affacciò al suo fianco. Sulla visita di Umberto di Savoia a Palermo e sui rapporti della Real Casa con i separatisti ho chiesto la testimonianza di due personalità che in quei giorni erano, in ve.\"teufficiale, fra le più vicine all'ex sovrano: il marchese Falcone Lucifero e il generale Rodolfo Infante, rispettivamente ministro della Real Casa e primo aiutante di campo. LUCIFERO: «Non mi risulta che vi siano stati contatti fra il Luogotenente del Re e i separatisti. giato al Palazzo Reale e fui io che andai all'Arcivescovado a rilevare con la mia macchina il Cardinale Ruffini che era a fianco del Re sul balcone del palazzo quando vi fu la grandiosa ed entusiastica manifestazione popolare ». « Ricorda se vi era al balcone anche l'on. Misuri e quali parole pronunciò? ». LUCIFERO: «L'on. Misuri non poteva esserepresentein quella occasione.Egli era seriamenteammalato e ricoverato in una clinica palermitana. Ricordo che accompagnai il re quando, nel pomeriggio, andò a visitarlo. Fu una visita brevissima. lo rimasi ad aspettarlo col corteo delle macchine». INFANTE:«Ricordo vagamentei nomi di Carcaci e di Linguaglossa fra quelli delle persone che chiedevano udienza al Quirinale. Escludo però di avere partecipato personalmenteo di essere comunque intervenuto in colloqui fra questi 'signori e il Re riguardanti il separatismo. A quel che ricordo il re Umberto non ha mai gradito né capito il separatismo siciliano. lo non lo accompagnainel suo viaggio in Sicilia alla vigilia del referendum e né prima né dopo egli mi accennò mai ad idee separatiste. Fra i miei compiti vi era quello di tenere i rapporti con le autorità, mentre il ministro Lucifero neva, fra l'altro, i rapporti col governo ». te- Ricordo che accompagnaiil re Umberto nel suo viaggio in Sicilia prima del referendum. Il Re fu allog- È perfettamente logico e naturale che il ministro della Real Casae il primo aiutante di campo non fos- - 104 - - 105 - sero tenuti al corrente da Umberto delle trattative con i separatisti siciliani che certo non si svolgevano su un piano ufficiale. È certo però che tali trattative ci furono. A parte quanto è stato finora pubblicato e mai smentito, e oltre alle dichiarazioni soprariportate di Carcaci e Varvaro, me lo ha confermato l'avvocato Anselmo Crisafulli che fu uno degli intermediari. tò neanchedi attuarlo? Vi concorseromolteplici fattori ad illuminare i quali contribuiscono le testimonianze che riferirò nella prossima puntata di questa inchiesta. CRISAFULLI: «Rievococon vivo interessei moti indipendentisti del '45-'46. Li ho vissuti quasi per intero con il vantaggio di averli potuti comprendere nella loro entità storica con la disposizione d'animo di un siciliano non irretito nelle pastoie ambientali. Quando cominciò a parlarsi del referendum credo che sono stato io a determinare i primi contatti tra Lucio Tasca e il Quirinal~. Avevo motivo ed occasione,allora, per frequentare il Quirinale. Essendo avvocato difensore avanti l'Alta Corte di giustizia per le sanzioni contro il fascis_mo,di Francesco Jacomoni quale Luogotenente Generaledel Re in Albània, mi sono recato più di una volta al Quirinaleper trovare elementiin difesadel " /~ mio patrocinato. Essendo amico personaledi Falcone Lucifero, ministro della Real Casa,sovente lo andavo a trovare. Non diedi seguito agli approcci fatti da Lucio T asca e non mi preoccupaidi seguire la linea di sviluppo dei cosiddetti rapporti tra il MIS ed il Quirinale ». Come mai dunqtte il progetto di colpo di stato separatista-monarchico in Sicilia fallì, anzi non si ten- - 106- - 107 -