liberazione o complotto? - Associazione Minelli Onlus
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liberazione o complotto? - Associazione Minelli Onlus
LIBERAZIONE O COMPLOTTO? Scritto da Redazione L a stampa e le televisioni nazionali del 24 e 25 agosto u.s. ci hanno fatto credere che il giorno 23 agosto u.s., a Prevalle, un piccolo paese in provincia di Brescia, con un blitz compiuto all’alba, i Carabinieri del Comando Provinciale di Brescia, guidati da un valoroso capitano senza macchia e senza paura, tale Gian Luca D’Aguanno, avrebbero liberato una donna, tale Emanuela Saretti, da una segregazione durata quasi vent’anni. Mi ero già interessato di questa incredibile vicenda. Vicenda che, se fosse vera, anche solo in parte, farebbe accapponare la pelle. Ma è proprio questo il punto, la clamorosa “verità rivelata” che – come vedrete – verità non è. Vengo allora ai fatti, documentati, pacifici, che soli contano, e che mostrano quanto la “verità rivelata” non abbia proprio nulla della “rivelazione” e molto, invece, di una abnorme calunnia. Saretti Emanuela nasce a Rovato (BS) il 24/06/1970. Sin dalla prima infanzia il rapporto con la famiglia d’origine appare problematico e difficoltoso: i genitori – ed in particolare il padre – non sono in grado di accettare e gestire i gravi disturbi e le infermità mentali che affliggono Emanuela. Nell’anno 1985 la situazione viene portata a conoscenza del Servizio di Assistenza Sociale territorialmente competente. Emanuela ha sedici anni, ed il padre, Signor Saretti Angiolino, la allontana brutalmente da casa e dal nucleo famigliare. Di qui l’inserimento di Emanuela presso una Comunità, ove rimane fino al raggiungimento della maggiore età, per far rientro nella famiglia d’origine. Il rientro, però, è tutt’altro che facile. Si ripresentano, infatti, le dinamiche relazionali e le gravi problematiche che avevano condotto all’allontanamento della ragazza. Bastino le parole della psicologa del CPS, Dott.ssa Corsini, proprio in ordine al ritorno della ragazza in famiglia nel giugno dell’anno 1988: “(…) le difficoltà relazionali e l’incapacità a ricalibrarsi della famiglia rispetto al reingresso di Emanuela portano ben presto ad un aggravarsi della situazione: riprendono gli episodi di violenza su Emanuela e riaffiorano le richieste di dichiararla “incapace” e di espellerla dalla famiglia. C’è un aggravarsi del quadro psicopatologico (…). La situazione va sempre più deteriorandosi: i genitori non accettano più i colloqui, Emanuela interrompe la psicoterapia e qualsiasi proposta di intervento viene rifiutata”. Scrive ancora la psicologa: “dai colloqui con i genitori si sono evidenziati alcuni tratti personologici e relazionali degni di nota. Il padre, caratterizzato da una struttura personologica rigida e intollerante, nonché da un’estrema povertà affettiva, si è sempre mostrato incapace di accettare e capire i problemi di Emanuela intervenendo con la violenza e l’espulsione per arginare le situazioni conflittuali. La madre è estremamente dipendente dal marito povera intellettivamente e con gravi difficoltà a rapportarsi con la figlia verso la quale ha sempre mostrato una forte ambivalenza. La signora infatti, se in alcuni momenti difendeva la figlia, in altri giustificava la violenza del marito ritenendone responsabile Emanuela stessa accusandola di rovinare l’equilibrio familiare e, in modo inconsapevole ma molto chiaro, di “portarle via il marito” (…)”. Nel 1991 Saretti Emanuela si sposa con Inverardi Albino. Il matrimonio, però, non risolve il rapporto patologico con la famiglia, specie con il padre. Ciò è tanto vero che nel dicembre 1991 il Servizio di Assistenza Sociale di Chiari, nella persona dell’Assistente Sociale Boventi Giuseppina, conferma la precedente situazione “per gravi problemi legati alla sua personalità e alla situazione familiare”. Dall’unione di Emanuela ed Albino nasce una bambina. Emanuela e la minore vengono subito inserite in un Istituto di suore. Durante questa permanenza, si verifica un episodio di aggressione da parte di Emanuela nei confronti di una suora (Emanuela graffia pesantemente la suora); la ragazza viene, quindi, allontanata dalla comunità, ove, tuttavia, resta la bambina. Il Tribunale per i minorenni affida, quindi, la bimba ad un’altra famiglia, per un percorso di adozione; il padre di Emanuela si oppone, e litiga, per l’ennesima volta, con il Servizio sociale di competenza. Il Tribunale, soprattutto, nel respingere la richiesta di affidamento della minore avanzata dai genitori di Emanuela, così motivava: “(…) detto affidamento appare inopportuno, tenuto conto: 1) delle distorte e conflittuali dinamiche relazionali presenti all’interno della famiglia e, specie, tra i genitori e la figlia che, nel passato hanno portato all’espulsione di Emanuela dal nucleo e che, a tutt’oggi determinano l’incapacità e mancanza di disponibilità della coppia genitoriale (Saretti Angiolino e Bighetti Rosa) a comprendere ed affrontare le difficoltà e la sofferenza della ragazza; 2) dalla personalità della nonna materna (Bighetti Rosa) (caratterizzata da povertà mentale, culturale ed affettiva), del suo rifiuto nei confronti della figlia e dello scarso interesse manifestato anche nei riguardi della nipote; 3) della rigidità personologica del nonno materno (Saretti Angiolino) e del suo rapporto “possessivo”, violento ed intrusivo con la figlia (….)”. Emanuela ed Albino sono ora ospitati da Saretti Angiolino, in una casa che mette a loro disposizione. Ma nell’estate del 1992 Saretti Angiolino allontana prepontemente Emanuela ed Albino da quella casa. La coppia, rimasta senza un tetto, è costretta a vivere in macchina per oltre una settimana. Ecco che, a questo punto, entra in scena Tanghetti Tersilla, oggi accusata di atrocità inenarrabili, cui una signora di Rovato (BS) ha segnalato il caso di Emanuela. La Tanghetti li ospita per vari periodi nella propria casa, e poi presso l’abitazione di due anziani pensionati, i Signori Vailati, che si affezionano alla ragazza, trattandola e considerandola come una figlia. Purtroppo, Saretti Angiolino ha davvero poco a cuore la serenità e la tranquillità della coppia; tanto che nel 1995 Albino ed Emanuela gli inviano un telegramma di diffida e, successivamente, nel 1996, sporgono anche una formale denuncia-querela contro il medesimo presso i Carabinieri di Gavardo. Tenuto conto della situazione e della necessità di cure specifiche, la Signora Tanghetti chiede l’intervento del CPS territorialmente competente, l’unica struttura in grado di prestare un’assistenza più completa e cure più adeguate ai disturbi della ragazza. I Servizi Sociali di Prevalle aiutano Emanuela a presentare domanda per l’accertamento dell’invalidità civile e, allo stesso tempo, depositano al Giudice Tutelare di Salò un esposto per la segnalazione del caso. In conseguenza del predetto esposto, nel procedimento n. 40/2006 il Giudice Tutelare nomina l’amministratore di sostegno provvisorio per Saretti Emanuela, nella persona dell’allora sindaco di Prevalle, Luca Massardi. L’amministratore di sostegno segue la richiesta di accertamento dell’invalidità civile ed ottiene l’invalidità e inabilità totale e la relativa pensione. Inoltre, nell’ambito di questo procedimento il CTU, dott. Giacomo Filippini, conferma il precedente quadro clinico, e cioè che Emanuela non era, purtroppo, in grado di svolgere alcuna attività lavorativa e non era in grado neppure di organizzarsi una vita in totale autonomia, ma aveva bisogno di un aiuto e di una guida costante. Emanuela, grazie al costante supporto della famiglia ospitante e dell’amministratore di sostegno, migliora la propria condizione; tanto che nel decreto di nomina definitiva dell’amministratore di sostegno del marzo 2010 il Giudice Tutelare scrive che Emanuela: “è soddisfatta della collocazione presso l’associazione che attualmente la ospita e ha una buona relazione con i componenti della stessa”. Inoltre: “lo stesso Giudicante nei vari sopralluoghi effettuati presso la famiglia, dove la medesima abita e vive, ha rilevato come Emanuela sia molto contenta di abitarvi, e di potere incontrare la madre, ma non vuole assolutamente né parlare né incontrare il padre. Alle domande sul papà diventa molto triste, pensierosa, si rabbuia, chiudendosi a riccio, e questo Giudice Tutelare ha ritenuto opportuno non effettuare altre domande”. Ma, ancora una volta, i genitori di Emanuela dimostrano di avere sempre meno a cuore la tutela della figlia. Infatti, nonostante siano perfettamente consapevoli che Luca Massardi sia un punto di riferimento insostituibile nella vita di Emanuela, ricorrono alla Corte d’Appello di Brescia, per ottenere la revoca dell’amministratore di sostegno, sostituendolo con tale Massetti Cesare, Presidente della Casa di Riposo di Coccaglio (parente – guarda caso – del padre), nonché per allontanare Emanuela dall’Associazione “Sergio Minelli” gestita dalla Tanghetti, trasferendola in una struttura sanitaria lontana dalla famiglia ospitante. La Corte, esaminata tutta la documentazione agli atti, e sentita la stessa Emanuela, rigetta le domande dei coniugi Saretti, confermando che tutte – ma proprio tutte – le relazioni mediche riferiscono di un “padre maltrattante, sul quale grava persino il sospetto di abusi sessuali sulla figlia” e che dalle stesse relazioni risulta la “ferma controindicazione (…) al riavvicinamento della Saretti al padre, sia per quanto emerso nel corso dei colloqui sia per il delicato equilibrio della medesima”. Tutto ciò basterebbe per dire che la bella favola a lieto fine raccontataci dai giornali e dalle televisioni non è proprio così bella e che il finale fin qui imposto andrebbe riscritto; non per piacere al lettore, ma per il bene superiore di Emanuela. Emanuela che, ancora a novembre 2010, racconta al Giudice Tutelare di Salò delle molestie del padre sotto la doccia di casa; ripete di voler essere lasciata in pace e di non voler lasciare la famiglia ospitante, presso la quale si trova bene. Non desidera cambiare l’amministratore di sostegno e non vuole vedere il padre. Ma la realtà, purtroppo, supera sempre la fantasia. Nel mese di luglio 2010 i genitori di Emanuela – che tanto fanno per la figlia – presentano una denuncia per riduzione in schiavitù di Emanuela, e nel mese di dicembre 2010 ricorrono al Tribunale di Brescia per farla interdire, e così privare Emanuela di ogni margine di libertà, insistendo ancora per la nomina di Massetti Cesare e per l’allontanamento di Emanuela dalla famiglia ospitante. Un vero e proprio accanimento. Vergognoso. Parallelamente, nel mese di ottobre 2010 il nostro capitano senza macchia e senza paura preleva, su ordine del pubblico ministero, Emanuela da casa, con parole di minaccia ai poveri anziani che la ospitano (tanto che uno di essi è ricoverato in ospedale per problemi di cuore; ma, certo, questo al nostro capitano non interessa). Con la complicità dell’avvocato della madre di Emanuela, tale Concetta Delle Donne, costringe Emanuela a fare il tragitto fra Prevalle e Brescia sulla macchina dell’avvocatessa, che la tormenta di domande. L’interrogatorio di quella giornata è degno della peggiore polizia di regime. Il capitano senza macchia e senza paura cerca di convincere Emanuela di avere un “peso sullo stomaco”, che deve assolutamente togliersi e che lui, “carabbiniere” (con due “bb” rende meglio la tracotanza del personaggio), l’avrebbe aiutata a togliersi quel peso. Ma Emanuela – che è fragile ma ben convinta delle proprie ragioni – nega fermamente di essere mai stata maltrattata, e ribadisce di volere stare dai “nonni” (noti “carcerieri”), così che, alla fine, anche il “carabbiniere” non può che riportarla nell’abitazione dei coniugi Vailati. In conseguenza di questa vicenda traumatica, Emanuela non dorme per ben due giorni, ed il CPS le cambia, addirittura, la cura per aiutarla a superare lo stress; ma, certo, neanche questo al nostro capitano interessa. A questo punto, nel mese di gennaio 2011 il Tribunale di Brescia, 3^ Sez. civile, rigetta anche il ricorso per interdizione, per la felicità di Emanuela. Dovrebbe essere l’ultimo capitolo di questa tormentata vicenda. Se non fosse che a qualcuno questo finale non piace; e non piace proprio per niente. Così, con la “forza” del diritto, in data 23 agosto u.s. (quando – guarda a caso – il Giudice Tutelare di Salò è in ferie) il nostro capitano senza macchia e senza paura si presenta a casa di Emanuela con uno “squadrone”, che annovera ancora la madre di Emanuela, l’onnipresente avvocato Delle Donne (la chiameremo “l’autista”), che reca con sé due grosse valigie da riempire, ed il nuovo pubblico ministero, dott. Ambrogio Cassiani. Formalmente, si tratta di una perquisizione; nella sostanza, ricattano Emanuela ed il sopraggiunto amministratore di sostegno, dicendo che, se Emanuela non accetta di essere trasferita in un istituto scelto da loro (per poterla interrogare liberamente), scattano provvedimenti restrittivi nei confronti di una serie di persone. Esercitano pressione, in particolare, sull’amministratore di sostegno. Emanuela si oppone, piange per ben due ore; alla fine, l’amministratore di sostegno la convince che il trasferimento sarebbe stato “temporaneo”, di pochi giorni (sembra il triste esilio del Re di Maggio, cui dissero che sarebbe dovuto durare soltanto pochi giorni, e che durò invece per tutta la vita). Violando tutti i diritti fondamentali della persona umana, ad Emanuela è stato perfino tolto il cellulare, e nessuno sa più nulla della sua collocazione e del suo stato di salute. Il capitano senza macchia e senza paura ha così ottenuto il “suo” risultato. Il pubblico ministero, con un colpo di penna (o qualcosa di più), ha fatto “piazza pulita” di anni di osservazioni, ripetute, approfondite e costanti da parte di tutto il personale medico che ha sempre seguito Emanuela (giunge nuova questa specializzazione in psicologia/psichiatria degli operatori di giustizia); fino al punto che si rifiuta di consentire all’amministratore di sostegno d’incontrarla, mentre i genitori di Emanuela avrebbero – incredibilmente – libero accesso alla figlia. Forse, il capitano è certo senza paura, ma è ben lungi, ormai, dall’essere senza macchia. Forse, il finale che costoro hanno in mente non è quel lieto fine che Emanuela ha avuto a portata di mano. Forse, ammantato dalla “forza” del diritto, lo stato di segregazione si sta consumando proprio adesso, in questi giorni, in queste ore. E’ legittimo – caro lettore – il dubbio che Emanuela possa subire qualche forma di condizionamento, magari per indurla a smentire ciò che fino ad oggi ha sempre sostenuto nei confronti del padre; od ancora, per indurla ad ammettere presunti maltrattamenti fino ad oggi sempre negati. Sì, il dubbio è legittimo. Viene da chiedersi chi siano davvero, in questa incredibile storia, le vittime e chi i carnefici; chi operi per la giustizia e chi per se stesso; chi faccia carriera sulla pelle di una ragazza – ormai donna – e contro i suoi voleri, con il rischio di alternarne l’equilibrio psico-fisico maturato in questi anni, e chi ne tuteli gli autentici interessi e desideri. Venerdì 07 Ottobre 2011 21:16 Agenzia d'informazioni politiche economiche e giuridiche On-line Nazionale quindicinale (in attesa di registrazione) Direttore Responsabile: Michele d'Arcangelo