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La qualità dei servizi sanitari - Azienda Ospedaliera S.Camillo

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La qualità dei servizi sanitari - Azienda Ospedaliera S.Camillo
LA QUALITA’ DEI SERVIZI SANITARI
Qualità mandato sociale in Italia
In Italia il tema della qualità nell’assistenza sanitaria ha già una storia significativa.
A livello legislativo risale al 1983 la prima norma sulle procedure di verifica della
qualità dell’assistenza medica convenzionata. Il successivo DPR n. 270/87
(accordo di lavoro per il triennio 1985/87) regolamentava in forma sistematica le
“commissioni professionali” per la qualità nell’area sanitaria.
La svolta radicale si è avuta con il Decreto L.vo 502/93, modificato dal Decreto
Legislativo 7 dicembre 1993, n. 517 ed in particolare con i seguenti articoli:
“art.8:….i nuovi rapporti previsti dal presente decreto sono fondati sul criterio
dell’accreditamento delle istituzioni, sulle modalità di pagamento a prestazione e
sull’adozione del sistema di verifica della qualità delle attività svolte e delle
prestazioni erogate…”, “art10:…è adottato in via ordinaria il metodo della verifica e
revisione della qualità e della quantità delle prestazioni, nonché del loro costo, al
cui sviluppo devono risultare funzionali i modelli organizzativi…” e viene prevista
l’adozione degli
“..indicatori di efficienza e di qualità del Sistema Sanitario…”
approvati successivamente con il Decreto del Ministero alla Sanità 24 luglio 1995
(224 indicatori), “art 14:…. Ulteriori indicatori di qualità dei servizi e delle
prestazioni sanitarie relativamente alla personalizzazione e umanizzazione
dell’assistenza, al diritto all’informazione, alle prestazioni alberghiere, nonché
all’andamento delle attività di prevenzione delle malattie…” indicatori proposti nel
Decreto del Ministero della Sanità 15 ottobre 1996 (79 indicatori).
Un ulteriore contributo normativo allo sviluppo della qualità è stato fornito dal
Decreto L.vo 19 maggio 1995 “Schema generale di riferimento della Carta dei
Servizi pubblici sanitari” che ha introdotto lo strumento di trasparenza “Carta dei
Servizi” come mandatorio in tutte le aziende USL. Il Ministero della Sanità ha
successivamente emanato, per una più efficiente applicazione, le Linee Guida n.
2/95 “Attuazione della Carta dei Servizi nel Servizio Sanitario Nazionale”.
Il DPR 14 gennaio 1997 n. 37 descrive i requisiti minimi strutturali, tecnologici e
organizzativi richiesti per l’esercizio delle attività sanitarie da parte delle strutture
pubbliche e private, tra cui vengono citate anche le attività per la gestione, la
valutazione e il miglioramento della qualità.
Il Piano Sanitario Nazionale 1998-2000 sottolinea ulteriormente l’impegno da
profondere per lo sviluppo della qualità ed infatti recita: “i cambiamenti significativi
del Servizio Sanitario Nazionale (in particolare nei sistemi di finanziamento e
remunerazione) introducono nuove opportunità e, al tempo stesso, più stringenti
necessità di gestire la qualità dell’assistenza sanitaria sia a livello del singolo
servizio sia a livello aziendale. Il Piano Sanitario Nazionale 1998-2000 si pone
come obiettivo prioritario la garanzia di adeguati livelli di qualità dell’assistenza
sanitaria, sulla base di un Programma Nazionale per la Qualità. Il Programma è
finalizzato a rendere sistematico l’orientamento del S.S.N. verso la valutazione e
la promozione della qualità dell’assistenza sanitaria, coinvolgendo la dimensione
professionale, quella organizzativo-aziendale e quella in relazione dell’assistenza.
Nel triennio 1998-2000 il programma si pone i seguenti obiettivi strumentali:
1. introdurre meccanismi finalizzati a rendere vincolante e generalizzato lo
sviluppo delle attività di valutazione e promozione della qualità dell’assistenza
da parte degli operatori sanitari e delle strutture pubbliche e private accreditate
2. organizzare all’interno di ciascun servizio modalità sistematiche di revisione e
autovalutazione della pratica clinica e assistenziale, anche attraverso l’utilizzo
di percorsi diagnostici e terapeutici previsti dalla Legge 662/1996.
3. Rivedere ed estendere il sistema di indicatori, già previsto dal 3° comma
dell’art.10 e dell’art.14 del Dl.vo 502/92 e definito dal DM 25 luglio 1995, anche
allo scopo di valutare gli effetti prodotti dal sistema di remunerazione a
prestazione, nel settore dell’assistenza ospedaliera così come quella
ambulatoriale
4. Favorire il riconoscimento, quale parte integrante dei compiti istituzionali del
personale del SSN, della partecipazione all’attività di valutazione e promozione
della qualità dell’assistenza sanitaria erogata dalle Aziende sanitarie
5. Orientare parte dei finanziamenti per la ricerca finalizzata del
SSN al
Programma Nazionale per la Qualità
6. Incrementare e valorizzare le forme di valutazione partecipata con gli utenti e
con le organizzazioni che li rappresentano, in particolare quelle impegnate
nella tutela dei soggetti deboli
Definizione di qualità
Sebbene molti studiosi dell’argomento si siano cimentati nella ricerca di una
definizione del termine “qualità” nel campo sanitario, a tutt’oggi come affermano
Welch e Grover non esiste una definizione universalmente accettata. Si
propongono nel seguito le definizioni a cui più frequentemente viene fatto
riferimento:
-
La frequenza con cui si compiono interventi sanitari di dimostrata efficacia (più
utili che dannosi) e con cui si evitano interventi più dannosi che utili (Sackett,
1980).
-
Capacità di un prodotto di rispondere completamente agli scopi per i quali è
stato progettato e costruito al più basso costo possibile (Vuori 1984).
-
La qualità dell’assistenza consiste nella sua capacità di migliorare lo stato di
salute e di soddisfazione di una popolazione nei limiti concessi dalle
tecnologie, dalle risorse disponibili e dalle caratteristiche dell’utenza (Palmer
1989).
-
La qualità è il grado in cui i prodotti del lavoro soddisfano i bisogni che si
prefiggono di soddisfare (P.Batalden).
-
L’assistenza sanitaria è di qualità adeguata se: gli operatori che la erogano,
effettuando gli interventi che il progresso delle conoscenze scientifiche indica
come capaci di produrre gli effetti desiderati e appropriati, interventi che
devono essere congruenti con i valori morali della società, e devono essere
realizzati in modo tale da generare soddisfazione in coloro che li ricevono;
sono in grado di massimizzare i benefici espressi in termini di salute aggiunta a
fronte dei rischi corsi per produrla (Donadebian)
Dalle definizioni si evidenzia come l’enfasi venga posta su:
•
la finalità, che nelle più recenti formulazioni viene posta sulla salute piuttosto
che sulla qualità intrinseca ai prodotti
•
la perseguita efficacia degli interventi
•
le risorse a disposizione, ed in particolare tecnologie e conoscenza tecnicoscientifica
•
l’attenzione al criterio costo-efficacia
Questo problema non va sottovalutato come ricorda Perraro
che richiama
l’attenzione su come l’introduzione e l’attivazione di azioni di budget, centri di
costo, Drg, vengono perseguite dimenticando che si tratta di strumenti e non di
obiettivi. L’enfasi posta sulla remunerazione sposta l’attenzione nei confronti dei
risultati economico-produttivi, al contenimento dei costi, trascurando di fatto, gli
aspetti
professionali
indispensabili
per
assicurare
una
buona
qualità
dell’assistenza.
Sviluppo della qualita’ nel sistema sanitario: soggetti.
Lo sviluppo della qualità è un processo che fa capo a ciascun professionista della
sanità, impegnato a perseguire attraverso il proprio operato l’eccellenza del
prodotto che offre (output) e di conseguenza l’aumento della probabilità di ottenere
un risultato (outcome) positivo. Ciò significa in primo luogo che la responsabilità di
“migliorare” è del singolo, sebbene, quando ella/egli opera in una istituzione
sanitaria, tale processo possa essere disegnato in forma complessiva all’interno
del quadro aziendale e vedere i diversi professionisti concorrere alla realizzazione
di un programma integrato.
Oltre alla già citata responsabilità del singolo di impegno rispetto al proprio
operato e alla organizzazione di appartenenza e sebbene vi sia ancora dibattito in
merito, è assai diffusa la convinzione che in ogni progetto vanno coinvolti tutti i
soggetti a qualche titolo implicati, perché se non consapevoli del processo in atto,
possono mettere a rischio la sua realizzazione ed i suoi risultati. Da qui l’esigenza
di facilitare la reciproca conoscenza tra le figure professionali, che spesso hanno
immagini obsolete o distorte l’una dell’altra e di favorire l’acquisizione di
competenze progettuali, di ascolto, di comunicazione e lavoro di equipe.
Nelle istituzioni determinante è inoltre la convinzione e l’impegno dei dirigenti, che
stabiliscono la politica e le strategie aziendali (o della propria unità operativa) e
che orientano le stesse ed il gruppo operativo nella direzione del miglioramento
continuo della qualità o viceversa della staticità. Sebbene il rapido evolversi delle
condizioni socio-economiche del contesto influenzino comunque l’andamento
dell'organizzazione, un preciso impegno nello sviluppo qualitativo certamente
accelera tale evoluzione.
Molto importante è inoltre la consapevolezza del percorso verso la qualità ed il
conseguente impegno da parte dei cittadini utenti, delle organizzazioni
rappresentative dei malati, del volontariato, degli organismi delle categorie
professionali.
Motivazioni per la qualità
Le motivazioni per un impegno nei confronti dello sviluppo della qualità vanno
ricondotte a molteplici fattori, con un comune denominatore: l’agire conforme ai
principi e valori orientati al rispetto della persona umana e alla tutela del bene
collettivo.
In relazione a ciò l’affermazione diffusa che riconduce l’impegno per la qualità alla
riduzione delle risorse disponibili risulta parziale. Sembra infatti più appropriato far
risalire tale impegno alle esigenze di effettuare scelte che considerino il contesto
sociale ed economico ed alla conseguente ricerca della migliore allocazione delle
risorse disponibili. La tensione verso il miglior risultato possibile considera nel suo
agire tutti i fattori in gioco, attribuendo loro un peso, secondo criteri esplicitati. In
particolare, assume rilevanza l’utilizzo di tutta la conoscenza tecnico-scientifica
disponibile
nel
panorama
internazionale,
che
garantisce
a
ciascuna
persona/utente che le scelte tecniche rispetto a metodi e strumenti impiegati nei
suoi confronti venga effettuata con riferimento alle potenzialità attuali della
scienza.
La tensione verso la qualità come citato da E. Borgonovi si ottiene se si tengono
presente i componenti fondamentali:
1) sapere (conoscenze tecnico operative, organizzative, di gestione delle
relazioni)
2) volere (la volontà di agire che è legata ai valori, all’etica delle persone, alla
cultura, alle motivazioni che si è in grado di generare)
3) potere (legata alla personalità, alla leadership, ai ruoli operativi e di
coordinamento, a quelli manageriali di formulazioni delle politiche)
4) strumentale ossia alla strumentazione organizzativa (organizzazione per
progetti)
fattori che permetteranno il passaggio da una cultura tradizionale dove l’Azienda
è vista come un insieme di macchine e attrezzature, alla cultura legata ad una
serie di controlli di tipo:
-
controllo sulla qualità tecnica (cosa offro)
-
controllo sulla qualità relazionale (come lo offro)
-
controllo sulla qualità ambientale (dove lo offro)
-
controllo sulla qualità economica (quanto costa ciò che offro)
-
controllo sulla qualità organizzativa (con cosa offro)
Tutto questo presuppone un atteggiamento professionale degli attori coinvolti al
miglioramento che metta alla base del proprio agire: la disponibilità ad andare oltre
l’apparenza, la disponibilità della critica e dell’autocritica, il realismo e la
concretezza, combattere l’inerzia degli operatori al cambiamento, e, cambiare
soprattutto la cultura per “funzioni”
Cardini del processo di sviluppo della qualità
I cardini su cui poggia al momento attuale il processo di miglioramento della
qualità sono i seguenti:
a) Ricerca della qualità come tensione verso livelli sempre più avanzati
(miglioramento continuo della qualità e non già valutazione finalizzata alla
ricerca di situazioni negative o non soddisfacenti).
b) Orientamento al servizio offerto alla persona e alla comunità
•
Attività e metodologie orientate ai risultati
•
Focalizzazione dello staff sulle reali finalità perseguite dagli interventi
•
Coinvolgimento e responsabilizzazione dei fruitori dei servizi e di tutte le
persone che interagiscono con il sistema
c) Tensione continua verso il miglioramento
•
ricerca dell’eccellenza
•
organizzazione “dinamica”
d) Qualità intesa in senso globale secondo le tre dimensioni:
•
qualità manageriale o gestionale
•
qualità tecnico-scientifica o professionale
•
qualità percepita
-
Qualità come “dimensione dell’organizzazione” e non intervento sporadico
e) Valorizzazione della risorsa umana, protagonista rispetto alle scelte e agli
interventi
f) Approccio tecnico e metodologico allo sviluppo della qualità su base
sistematica e scientifica
g) Esperienza come approfondimento per il futuro
Tali cardini convergono verso un perno centrale, che li motiva e qualifica la
centralità del cittadino utente, dei suoi bisogni, delle sue aspettative, e la
conseguente esigenza di disegnare gli interventi ed i servizi, nonché la loro
struttura e organizzazione, in maniera mirata. Sebbene questa “rinnovata”
consapevolezza abbia ottenuto una spinta dalla cultura delle aziende produttive,
che negli anni scorsi hanno dovuto cercate nuove strade per superare fasi di crisi
e la competizione globale, essa si è dimostrata linfa vitale per il processo di
ristrutturazione
del
sistema
sanitario
nazionale,
che
ha
proceduto
la
“aziendalizzazione”, avendo come fulcro la persona utente e non una mera
razionalizzazione organizzativa, centrata sui processi interni anziché sui risultati a
cui gli stessi devono consentire di arrivare.
Dimensioni della qualità
Nella ricerca dei massimi livelli di qualità perseguibile vanno considerate tutte e tre
le dimensioni della qualità, perché le stesse influenzano e condizionano
reciprocamente:
1) Qualità organizzativo-manageriale, che convoglia tutti gli aspetti strutturali,
organizzativi e gestionali di una istituzione, che a loro volta concorrono a
creare le condizioni per le altre dimensioni
2) Qualità tecnico-professionale, che si riferisce alle scelte e alle modalità di
esecuzione delle prestazioni offerte. Determinante per tale dimensione è
l’aggiornamento dei professionisti.
3) Qualità relazione-percepita, che connota la relazione con l’utente fruitore di
servizi, il quale, di conseguenza, perviene ad una sua “percezione” dei servizi
offerti.
Nell’accingersi ad intraprendere iniziative di sviluppo della qualità è utile, anche se
ci si focalizza su una dimensione, considerare le implicazioni anche per le altre
due, al fine di non vedere pregiudicati i risultati attesi da influenzamenti esterni.
Altre componenti potenziali della qualità che permettono un percorso qualitativo
rispondendo alle sottoindicate domande sono:
1) Efficacia: quanto spesso raggiungo il risultato sperato?
2) Efficienza: il risultato è stato raggiunto con il minimo sforzo, spreco e spesa?
3) Correttezza tecnica: sono stati commessi errori nel prestare le prestazioni?
4) Accessibilità: l’utente riesce ad avere la prestazione di cui ha bisogno?
5) Appropriatezza: l’utente ha ricevuto la prestazione giusta?
6) Continuità: le prestazioni sono state prestate in modo coordinato nel tempo e
tra i diversi professionisti?
7) Tempestività: le prestazioni sono state erogate al momento giusto?
8) Soddisfazione dell’utente: l’utente è soddisfatto della prestazione ricevuta?
9) Consenso: l’utente o la sua famiglia, sono stati coinvolti nelle decisioni prese?
10) Sicurezza: l’ambiente di cura è sicuro?
Gli approcci alla qualità e i sette strumenti
In relazione alle varie “epoche” della qualità nel sistema sanitario, si sono
modificati anche gli approcci alla stessa. Se in prima istanza la finalità era quella di
individuare gli errori, al fine di sradicarli, progressivamente si è prestata attenzione
alla verifica, allo scopo di “rivedere”, e successivamente alla “prevenzione”, ossia
all’impegno diffuso e costante nella ricerca di aree su cui investire per il
miglioramento.
Parallelamente si è proceduto alla comprensione che i miglioramenti effettivi e
duraturi nel tempo necessitavano di una reale interiorizzazione da parte delle
risorse umane. Di conseguenza nelle istituzioni sanitarie l’approccio certificativo
esterno, attraverso griglie di accertamento, si rivelava insufficiente e veniva
progressivamente accompagnato da un coinvolgimento dei reali protagonisti, gli
operatori, chiamati a promuovere e condurre interventi di miglioramento della
qualità nel proprio operato e nella organizzazione di appartenenza.
Molti
autori
hanno
fornito
contributi
metodologici
a
tali
interventi,
ma
particolarmente utile si è rilevato l’utilizzo dello schema PDCA (Deming), che
rappresenta una traccia guida per lo svolgimento efficace delle fasi di un progetto
di miglioramento, nell’ambito delle quali vengono applicati i sette strumenti:
1) foglio di raccolta dati
2) istogramma
3) analisi di Pareto
4) stratificazione
5) diagramma causa – effetto
6) carta di controllo
7) diagramma di correlazione
Il P.D.C.A
Il ciclo o ruota di Deming consta di 4 fasi e prevede lo sviluppo del lavoro a
progetto secondo cicli ripetitivi di quattro attività fondamentali:
PLAN (Pianificare), DO (Sperimentare, fare ciò che si è deciso), CHECK
(verificare i risultati), ACT (Azione, standardizzare e ripartire con un nuovo ciclo di
PDCA).
1) PLAN
Scegliere il progetto di miglioramento, determinare gli indicatori e pianificare chi,
che cosa e quando. Cogliere la situazione attuale, rappresentarla sia negli aspetti
qualitativi che quantitativi. Identificare le principali cause degli effetti indesiderati.
Decidere le azioni correttive da adottare
2) DO
Implementare le azioni correttive. Comunicare e addestrare tutti gli operatori
interessati. Eseguire fedelmente il processo concordato.
3) CHECK
Verificare le azioni, i risultati, i correttivi (confrontare il prima e il dopo sulle azioni
correttive). Verificare che l’azione sia stata condotta nei termini previsti/progettati.
4) ACT
Standardizzare le azioni correttive in modo da renderle consolidate e irreversibili.
Effettuare un addestramento specifico e approfondito agli operatori. Concludere e
ipotizzare piani futuri
1) FOGLIO DI RACCOLTA DATI
E’ uno strumento per una raccolta finalizzata ed organica dei dati.
L’esigenza a cui risponde è quella di avere l’esatta fotografia della situazione di
partenza attraverso “dati” (l’unico metodo scientifico per caratterizzare una
situazione).
L’impostazione di un foglio di raccolta dati risponde alle seguenti domande: quali
dati raccogliere, come raccoglierli, dove raccoglierli.
Rispetto ai dati che si possono raccogliere è di fondamentale importanza che essi
soddisfino innanzitutto i requisiti di significatività e di rappresentatività e si
potrebbero raccogliere in diverse categorie:
a) dati di misura
b) dati provenienti da numerazioni
c) dati basati su giudizi relativi di merito
d) dati basati su ordinazioni di sequenza
e) dati basati su scale di punteggio
I fogli di raccolta dati sono supporti per raccogliere in modo adeguato tali tipi di
dati, essi perciò devono essere progettati in modo tale che la registrazione,
l’elaborazione e le eventuali successive consultazioni siano innanzitutto facili. Ciò
vuol dire che oltre a soddisfare il requisito della chiarezza devono essere
completati con tutte le informazioni necessarie a definire l’analisi (reparto, data,
strumenti utilizzati, prodotti, ecc), Ovviamente la variabile da rilevare è costituita
dalla “frequenza” con il cui il tipo di dati in esame si raccoglie.
2) ISTOGRAMMA
E’ una tecnica di rappresentazione grafica di dati disponibili che permettono di
visualizzare la distribuzione dei dati in forma immediata.
Risponde all’esigenza di verificare la validità statistica dei dati disponibili per
garantire la correttezza di ogni deduzione successiva, può essere infatti definito
come uno strumento per l’analisi della “dispersione” dei dati. Per dispersione si
intende ad esempio: per conoscere la qualità di un prodotto, dobbiamo individuare
dove si colloca il valore centrale e come tutti i valori sono dispersi intorno a questo
valore centrale o ad altro valore e l’ampiezza della dispersione.
Troviamo istogrammi la cui rappresentazione grafica può essere:
a) ad isola dove bisognerà cercare le cause dei pochi dati isolati
b) a denti di pettine dove si dovranno controllare se sono state introdotte troppe
classi rispetto al numero di dati, se vi è stato un arrotondamento improprio
delle misure e gli specifici errori delle persone
c) asimmetrico
la
cui
rappresentazione
può
essere
data
da
errori
di
campionamento o di misura, da sovrapposizione di dati non omogenei
d) a precipizio che può essere causato da errori di misurazione o da valori falsati.
3) ANALISI DI PARETO
L’analisi di Pareto è una potente tecnica di supporto all’azione di problem-solving.
Essa consiste in una metodologia grafica per individuare i problemi più importanti
e quindi le priorità di intervento. E’ usato per classificare e riassumere le cause di
un fatto rilevato e permette di trovarne le poche cause essenziali rispetto alle
molte irrilevanti.
Il prodotto di un analisi di Pareto è un diagramma di Pareto.
Migliorare le prestazioni di un processo non è solo una questione di miglioramento
qualitativo, ma anche di efficienza, buon uso delle risorse, risparmio energetico,
sicurezza, ecc. I diagrammi di Pareto possono individuare le priorità di intervento
in qualunque campo vengano applicati. Si possono infatti utilizzare tali diagrammi
per affrontare problemi di efficienza del lavoro di ufficio (identificando i tipi di lavoro
che richiedono la maggior parte del tempo) come per i problemi di manutenzione
(identificando i tipi di inconvenienti più frequenti o i pezzi critici).
4) STRATIFICAZIONE
E’ una tecnica per la classificazione in sottogruppi dei dati relativi ad una
determinata
caratteristica.
Risponde
all’esigenza
di
far
parlare
dati
apparentemente “piatti” e insignificanti trovando una chiave di significatività.
La metodologia operativa prevede che dopo le analisi dei dati globali si proceda a
effettuare diverse stratificazioni sino a quando si riesce ad evidenziare qualche
differenza significativa.
Alcuni esempi tipici di stratificazione che possono essere utilizzati per raccogliere
e rappresentare i dati sono:
a) tempo: raggruppamento per periodi di tempo (giorni, settimane, mesi, stagioni)
b) operatori: raggruppamenti a seconda dell'anzianità, esperienza, sesso, età
c) macchine e/o attrezzature: modello, tipo, età, utensile
d) processo e metodo: condizioni operative come velocità, metodi, pressione
e) materiale: fornitore, consegna, lotto.
5) DIAGRAMMA CAUSA – EFFETTO
Sono anche chiamati diagrammi di Ishikawa (dal nome del professore giapponese
che li ha ideati)
e diagrammi a “lisca di pesce”.
Sono dei diagrammi di
rappresentazione logica ed ordinata della cause che possono influire su di un
determinato effetto.
A seconda dei casi l’effetto è costituito da un difetto, da una caratteristica
qualitativa, da un parametro di produttività, da un problema specifico. La
rappresentazione evidenzia tutte le possibili cause dell’effetto in esame e come
sono correlate fra loro.
Il metodo grafico più utilizzato per la costruzione di una diagramma causa-effetto
in generale è noto come il metodo “4M”. Le quattro “M” sono le quattro categorie
di cause consigliate per l’impostazione del diagramma, e cioè : manodopera,
materiali, metodi, macchine.
Il diagramma causa-effetto, una volta utilizzato per elencare tutte le possibili
cause, serve come base per l’individuazione delle cause più probabili.
6) CARTA DI CONTROLLO
E’ uno strumento che riguarda l’analisi della “dispersione” di variabili da tenere
sotto controllo. Mentre l’istogramma consente una valutazione “statica” della
dispersione, la carta di controllo consente di valutare l’andamento nel tempo
“dinamica”, al fine di trarre importanti indicazioni diagnostiche.
La dispersione può essere infatti originata da due tipi di cause:
a) cause comuni, cioè quelle cause che incidono normalmente sulle prestazioni
del sistema, in quanto congenite e interne
b) cause speciali, cioè specifiche cause esterne al sistema assimilabili a disturbi
esterni sopraggiunti.
Le carte di controllo servono per capire se la dispersione dei dati rappresentanti le
prestazioni di un processo è originata da sole cause comuni oppure anche da
cause speciali. In questo secondo caso la prima azione di miglioramento da
intraprendere è individuare i disturbi e rimuoverli.
Una carta di controllo è
caratterizzata da: limite superiore, linea centrale e limite inferiore.
Le carte di controllo possono essere applicate:
a) per lo studio di un processo (ossia l’analisi per l’individuazione del
comportamento del processo in termini statistici)
b) per il controllo permanente di un processo (ossia il rilievo continuo delle
prestazione del processo in riferimento alle sue caratteristiche statistiche
percentuali).
7) DIAGRAMMA DI CORRELAZIONE
E’ una tecnica
che serve per verificare se esistono correlazioni fra una
determinata caratteristica ed una possibile causa o, più in generale, fra due
caratteristiche.
L’interpretazione del diagramma ottenuto può avvenire o attraverso il confronto
con alcune configurazioni di riferimento, o utilizzando metodi grafici approssimati.
Questi ultimi permettono di rispondere a due domande fondamentali:
a) esiste o non esiste correlazione
b) nel caso che esista correlazione quale è il tipo di legame fra le due grandezze.
Il sistema degli indicatori
Il sistema degli indicatori, finalizzato a verificare i risultati conseguiti in termini di
efficienza e di qualità, risulta definito dai provvedimenti di attuazione dell’art.10 del
D.Lvo. 502 e dall’art.14 dello stesso provvedimento.
Gli indicatori – dice il decreto – costituiscono uno strumento ordinario e sistematico
per l’autovalutazione e la verifica dell’efficienza della gestione e dei risultati
conseguiti nell’esercizio delle attività sanitarie. Rappresentano, dunque, informazioni
utili a misurare i cambiamenti e, conseguentemente, ad orientare i processi
decisionali dei diversi livelli istituzionali.
Il primo provvedimento (indicatori di efficienza e qualità) individua un insieme
minimo di informazioni comuni a tutte le realtà regionali, ferma restando la piena
autonomia delle Regioni di integrarlo con ulteriori fabbisogni informativi specifici
per singole realtà. Queste informazioni comuni sono state definite sulla base di due
criteri principali:
a) compatibilità con i livelli uniformi di assistenza sanitaria: all’interno di questi
sono state individuate aree di offerta relativamente omogenee da monitorare
attraverso il sistema di indicatori
b) definizione all’interno di ciascuna area omogenea, di specifici indicatori per
valutare i seguenti aspetti:
- domanda/accessibilità alle prestazioni
- risorse impiegate nel processo di produzione delle prestazioni
- attività svolte
- risultati ottenuti.
Il secondo provvedimento (indicatori di soddisfazione del cittadino) individua uno
specifico sistema di indicatori quale strumento ordinario per la verifica della qualità
dei servizi e delle prestazioni sanitarie con riferimento a:
- personalizzazione e umanizzazione dell’assistenza
- diritto all’informazione
- prestazioni alberghiere
- prevenzione delle malattie
Il sistema degli indicatori dovrà essere sopportato da uno dei moduli del sistema
informativo sanitario nazionale, specificatamente dedicato alle attività di valutazione
e controllo delle attività sanitarie, a beneficio di tutti i processi decisionali: a livello
locale, evidenziando le aree critiche, da sottoporre ad ulteriori analisi, e orientando
eventuali provvedimenti correttivi; a livello regionale e centrale, per verificare i
criteri di programmazione e di allocazione delle risorse.
Benchè i limiti degli indicatori siano ancora numerosi e di varia natura (anche in
ragione della scarsa sperimentazione nella realtà nazionale), la loro introduzione
rappresenta un indubbio stimolo alla conoscenza dei meccanismi di funzionamento
del sistema sanitario per migliorarne le prestazioni e per contenerne i costi.
Al fine di un corretto utilizzo degli indicatori si rileva che:
- nessun indicatore deve essere utilizzato come strumento per la compilazione della
“pagella” delle singole realtà
- gli indicatori assumono la funzione di ausilio per focalizzare gli aspetti sui quali
devono partire gli approfondimenti conoscitivi
- solo l’esame delle determinanti delle singole situazioni può consentire la
formulazione di un giudizio complessivo sui diversi comportamenti
Indicatori sanitari
Gli indicatori utilizzabili in campo sanitario sono numerosissimi. Essi possono
prendere in considerazione diversi aspetti della qualità dell’assistenza, come ad
esempio l’efficacia attesa, pratica, la competenza, l’efficienza, l’appropriatezza. Gli
indicatori possono essere basati su dati aggregati oppure su singoli episodi (eventi
sentinella). Gli indicatori basati sui dati aggregati sono espressi in diversi modi:
numero assoluto, media proporzione, rapporto, tasso.
Affinchè gli indicatori siano davvero utili per adottare decisioni, è necessario che
soddisfino alcuni requisiti di qualità:
- Affidabilità: capacità di misurare correttamente il fenomeno oggetto di studio.
Deve avere un basso numero di dati inesatti (accuratezza) o persi (completezza).
- Pertinenza: capacità di rappresentare il fenomeno che si intende valutare (per es. il
tasso di richiami è indicativo della qualità professionale dei tecnici di radiologia?).
- Riproducibilità: esprime l’accordo tra più osservatori nel misurare lo stesso
fenomeno in più occasioni. Particolare attenzione va riservata quando nella
misurazione entrano in gioco valutazioni di tipo soggettivo (per es. la gravità dei
sintomi).
- Sensibilità: capacità di evidenziare i casi in cui il fenomeno è presente e di
cogliere le modifiche che si introducono nel contesto in cui è applicato.
- Specificità: capacità di non essere influenzato da ciò che non è correlato con il
fenomeno.
- Misurabilità: possibilità di ottenere, nella pratica corrente, i dati necessari
all'elaborazione dell’indicatore.
Ogni indicatore deve essere associato ad un valore soglia o standard di riferimento,
mediante il quale sia possibile dedurre quando il sistema è da considerare fuori
controllo e vi sia comunque l’impegno ad intervenire. Mentre nel caso degli
indicatori del tipo evento-sentinella è sufficiente il verificarsi di un singolo caso per
avere il superamento della soglia.
Indicatori di performance
Gli indicatori di performance possono essere utilizzati per diversi scopi:
- accertare che le attività svolte dall’organizzazione siano coerenti con gli obiettivi
generali e specifici stabiliti dalla direzione generale e che i risultati attesi siano
stati effettivamente raggiunti, in ossequio a requisiti predefiniti di efficienza e di
qualità
- monitorare i risultati conseguiti all’interno della propria organizzazione per
coglierne le variazioni nel tempo e confrontandoli con i valori relativi ad altre
strutture simili, anche mediante l’avvio di esperienze di benchmarking, in modo
da evidenziare le possibili aree di miglioramento e concentrare l’attenzione su di
esse
- presentare il proprio profilo aziendale in previsione della stipula dei contratti che
stabiliscono la tipologia e la quantità delle prestazioni sanitarie erogabili dalle
strutture ospedaliere pubbliche e private per conto del SSN
- dare ai cittadini le informazioni utili per confrontare il tipo e la qualità delle
prestazioni offerte dai vari presidi accreditati, al fine di individuare tra esse quelli
che offrono le migliori garanzie in ordine ai risultati attesi.
- trasmettere al Ministero alla Sanità le informazioni necessarie per la produzione
degli indicatori nazionali di efficienza e di qualità, attraverso i quali i livelli
istituzionali procedono alla valutazione del servizio sanitario sotto il profilo
dell’accessibilità delle risorse, delle attività e dei risultati.
Come elaborare gli indicatori
L’avvio di un processo di elaborazione e di utilizzo degli indicatori come strumento
di miglioramento della qualità può prendere avvio da esigenze specifiche, nate da
esperienze volontaristiche di persone o di gruppi particolarmente sensibili
all’argomento qualità (livello micro). Tuttavia la realizzazione di un sistema
strutturato e diffuso di indicatori per la valutazione della qualità dell’assistenza non
può non prescindere da un coinvolgimento diretto della direzione generale (livello
macro).
Questo processo può essere favorito dalla costituzione di uno specifico gruppo di
lavoro i cui membri dovrebbero possedere i principi, le conoscenze, l’abilità, le
attitudini, l’autorità e la visione strategica necessari per promuovere il miglioramento
continuo dell’assistenza sanitaria.
Il gruppo dovrebbe avere due compiti principali:
1) promuovere e coordinare le attività correlate alla costruzione e all’utilizzo del
sistema di indicatori, tenendo conto degli indirizzi strategici forniti in proposito
dalla direzione generale
2) fornire supporto e/o consulenza agli operatori affinchè il sistema di valutazione
mediante indicatori sia ben accettato e sia effettivamente utilizzato allo scopo di
migliorare la qualità dell’assistenza.
Il gruppo dovrebbe dotarsi di un piano di lavoro che presuppone la:
- analisi della letteratura disponibile, revisione degli esempi italiani, verifica delle
attività in atto a livello centrale e regionale
- messa a punto di un metodo di lettura delle funzioni delle unità operative, sia in
funzione statica (in relazione alla tipologie di attività svolte) che dinamica (in
funzione dei flussi temporali)
- individuazione di una prima serie di indicatori e messa a punto del sistema di
raccolta, archiviazione ed elaborazione dei dati necessari alla loro elaborazione
- applicazione in forma sperimentale del primo set di indicatori in alcune unità
operative.
- revisione dei risultati e coinvolgimento diffuso delle rimanenti unità operative.
Gli standard
Uno standard è il valore atteso per un certo indicatore. Lo standard può rappresentare
un valore medio, il valore minimo accettabile o ancora il valore ottimale, in relazione
a come viene fissato.
Ogni standard deve essere:
- condiviso
- impegnativo
- raggiungibile
- basato sul presente
I protocolli operativi
Il protocollo è una procedura orientativa, con specifiche caratteristiche. Il termine
protocollo ha origini antiche, è composto da due parole greche: protos “primo” e
Kolla “colla”, indica il primo foglio di più fogli incollati insieme e può quindi
rappresentare un documento.
Attualmente, nel mondo sanitario, si sente comunemente parlare di “protocollo
diagnostico” per indicare una serie di indagini da adottare in diverse patologie.
Caratteristiche del protocollo
Scritto: è uno strumento ufficiale, consultabile in qualsiasi momento. Vincola
l’operatore anche dal punto di vista delle responsabilità, chi n'elude l’utilizzo è
chiamato a risponderne in prima persona.
Corretto: fornisce la motivazione scientifica per ogni intervento contenuto. La
formulazione di un protocollo richiede un'accurata recensione bibliografica.
Aggiornato: deve essere periodicamente rivisto e modificato sulla base di
cambiamenti scientifici, assistenziali, organizzativi, normativi.
Orientato al risultato: esprime con chiarezza l’obiettivo da perseguire
Applicabile: è concretamente utilizzabile all’interno di un'unità operativa, considera
le risorse a disposizione
Flessibile: è adattabile a specifiche esigenze
Condiviso e accettato: gli operatori sono direttamente coinvolti nella formulazione
del protocollo, lo si deve considerare conveniente e utile.
Utilità del protocollo
-
garantisce un'assistenza corretta, innovativa. Il protocollo è uno strumento per
migliorare la qualità dell’assistenza ed è a tutela del paziente, in quanto le
prestazioni in esso contenute sono supportate dalla ricerca
-
è uno strumento di integrazione organizzativa, poiché stimola a ricercare
soluzioni di equipe, pone in discussione alcuni comportamenti, migliora i climi
ed abbassa la conflittualità
-
è utile nell’ambito formativo e nell’autoaggiornamento, perché essendo basato
su principi scientifici assicura un apporto cognitivo continuo e costituisce uno
stimolo alla formazione
-
consente un controllo oggettivo dell’operato in quanto sposta l’attenzione della
singola azione al risultato, offrendo trasparenza
-
investe nella professionalità degli operatori e nella loro motivazione. Il non
entrare in una dettagliata descrizione delle azioni, consente all’operatore di
impiegare al meglio gli spazi di discrezionalità e le capacità che competono ad
un professionista.
Fasi per la formulazione di un protocollo
La definizione e la stesura di un protocollo deve avvenire con il concorso attivo
degli operatori che dovranno adottarla. Il coinvolgimento di tutta l’equipe è
garanzia di successo. Fasi:
-
individuazione del problema (assistenziale o organizzativo)
-
definizione dell’obiettivo (l’obiettivo deve essere raggiungibile ed esprime il
“cosa” e il “quanto” si voglia migliorare)
-
ricerca bibliografica: è una fase da svolgere con molto rigore, verificando la
validità scientifica dei punti presidiati
-
stesura del protocollo
-
sperimentazione (è utile prevedere un periodo di sperimentazione per
consentire
una
taratura
dello
strumento
adeguamento degli operatori)
-
adozione dello strumento
-
verifica a breve, medio e a lungo termine
e
permettere
un
graduale
il disease managment
La cui definizione più diffusa lo identifica come “approccio sistemico alla cura e al
finanziamento delle patologie che, attraverso una gestione integrata e coordinata delle
stesse si pone l’obiettivo di massimizzare l’efficacia e l’efficienza dei servizi che si
rendono necessari nel corso della loro evoluzione “ (Zitter 1994).
In linea generale il concetto di disease management può essere spiegato come
approccio alla gestione integrata e coordinata delle patologie che ha inizio con
l’esordio della malattia e termina con la guarigione dalla stessa o con il decesso. La
considerazione della patologia come un continuum in cui le singole componenti
vengono ad essere elementi integrati e strettamente coordinati da una gestione
sistemica, si pone l’ambizioso obiettivo di ridurre i costi attraverso l’accento posto
sulla prevenzione, il corretto uso da parte dei pazienti delle terapie loro assegnate,
l’eliminazione degli sprechi derivanti da duplicazione, sovrapposizioni e mancanza di
coordinamento nei diversi momenti del processo terapeutico. La patologia è
considerata una catena del valore in cui ogni anello è strettamente legato ai precedenti
ed ai successivi e la cui economicità complessiva nasce dalla gestione sistemica della
stessa.
La raccolta, l’integrazione, la condivisione di informazioni relative al percorso
terapeutico assistenziale del paziente sono fattori chiave per incrementare il valore
aggiunto e complessivo, dato dalla minimizzazione del costo totale della patologia in
oggetto e dall’incremento della qualità dei servizi forniti.
La gestione integrata verticalmente e orizzontalmente della patologia in oggetto può
essere correlata, una volta che sia stato costruito il modello terapeutico assistenziale
di riferimento, al finanziamento della stessa a seguito della semplice “presa
in
carico” dei pazienti che ne risultino affetti da parte delle strutture a ciò designate.
L’approccio così definito, viene proposto per la gestione di una categoria ben precisa
di patologie, i criteri di eligibilità per la gestione tramite disease management sono,
infatti, essenzialmente due: l’entità dei costi diretti assorbiti e la durata media della
patologia, da cui la precisa finalizzazione al trattamento delle patologie croniche.
Le patologie riconosciute sono: aids, artrosi, asma, cancro, depressione, diabete,
malattia di alzheimer, malattie cardiovascolari, osteoporosi, ulcera gastrica.
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