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JUST IN TIME - Facoltà di Economia
IL JUST IN TIME INSEGNAMENTO: ANALISI E GESTIONE DEI COSTI Dino Gaudieri AlessandroPrezioso Marco Rodomonti 1 JUST IN TIME Una costante dei sistemi economici, da oltre un decennio, è la perdita di competitivita, a livello mondiale, dell'industria statunitense e, in misura minore di quella europea, a vantaggio dell'industria dei paesi dell'estremo oriente, primo fa tutti il Giappone. Molte sono state le indagini condotte allo scopo e ancor più numerose le cause individuate per spiegare questa tendenza. In linea generale, i motivi sono stati ricondotti ad errori imputabili al management il quale, eccessivamente preoccupato di perseguire risultati sul breve periodo, ha troppo spesso manifestato un atteggiamento «indolente» verso il cambiamento, una scarsa propensione al miglioramento dei processi gestionali nonché una bassa considerazione della problematica produttiva quale leva competitiva. Al contrario, si è riconosciuto, alle imprese giapponesi, una lungimiranza strategica, costantemente rivolta alla ricerca di vantaggi competitivi, che ha consentito di mettere a punto filosofie gestionali le quali hanno rappresentato un elemento di rottura rispetto alle tradizioni occidentali oramai consolidate . Nell'ambito di queste ultime possiamo collocare il c.d. approccio «Just In Time» (JIT). Sintetizzare i contenuti di un tale approccio non è cosa facile; semmai, è molto più semplice dire cosa non è. Non è, seppure si rifletta su ciascuno degli aspetti indicati, una tecnica produttiva, né un sistema per ridurre il livello delle scorte, né, tanto meno, un software che pone rimedio ad un'attività produttiva inefficiente.Al contrario, siamo di fronte ad un 2 approccio globale per la gestione del «sistema operativo», tendente ad armonizzare le esigenze di un mercato sempre più evoluto in termini di qualità, prezzo e servizio, con la ricerca della massima efficienza nel reperimento ed impiego delle risorse complessive della produzione. La dimensione «culturale» del «Just In Time» Abbiamo definito il JIT come una filosofia per la gestione del «sistema operativo» dell'impresa. Pertanto, la focalizzazione del-l'approccio è su quel processo «operativo» che, attraversando in senso orizzontale le varie funzioni aziendali, realizza l'output atteso. Tale processo, definibile produttivo «in senso ampio», parte dalla progettazione del prodotto e del processo, passa per l'acquisizione dei fattori produttivi necessari, si sofferma sulla materiale trasformazione dei medesimi e continua dopo la distribuzione del prodotto, assicurando all'utente un'assistenza post-vendita. Una traduzione opportunamente interpretata, della denominazione Just In Time è quella secondo cui si deve ottenere l'elemento giusto (nella quantità e nella qualità) al momento giusto (aspetto temporale) al posto giusto (aspetto spaziale), senza che ciò determini un aggravio di costo. lungo tutto il processo produttivo si devono espletare solo quelle attività che aggiungono «valore» al prodotto ed eliminare, conseguentemente, ogni elemento, sia esso materiale, macchinario, spazio, tempo, energia o, semplicemente, attività umana, che non aggiunge alcunché al prodotto. Da questo postulato sono derivabili, a nostro avviso, alcuni corollari, 3 essenzialmente riconducibili a: a) eliminare gli sprechi b) affrontare i problemi di fondo c) semplificare d) ricercare continuamente la qualità a) Eliminare gli sprechi. Questo principio ha una rilevanza pari a quella attribuita al postulato della produzione a valore aggiunto, anzi ne costituisce il naturale complemento. In effetti, affermare che occorre porre in essere quelle attività che aggiungono valore significa, implicitamente, sopprimere tutte le altre in quanto originano sprechi. Si consideri, in particolare, il problema delle scorte: esse non si risolvono solo nelle materie prime e nei prodotti finiti giacenti in magazzino, ma anche in tutti quei prodotti in corso che svolgono un ruolo tampone fra successive fasi lavorative. Le scorte costituiscono forse l'esempio più immediato di spreco, poiché, oltre a presentare un costo direttamente collegato all'immobilizzo di capitale, occupa- no spazio e generano rischi di obsolescenza, senza aggiungere alcunché al valore del prodotto finito. Così posto, il problema della eliminazione degli sprechi origina un duplice ordine 4 di considerazioni. In primo luogo, la ricerca di una soluzione non deve essere espressione di uno sforzo iniziale o comunque limitato temporalmente, bensì deve ispirare un'attività che permanentemente pervade l'intero sistema produttivo, innestando così un processo di miglioramento continuo. In secondo luogo, non si può pensare di delegare a qualcuno ad esempio, un comitato tale compito, in quanto la massima efficacia può essere conseguita solo con un coinvolgimento totale di tutte le maestranze aziendali. Infatti, i primi che prendono coscienza degli sprechi lungo tutto il processo produttivo sono proprio coloro che direttamente operano su esso. b) Affrontare i problemi di fondo. Altro cardine della filosofia JIT, peraltro strettamente connesso al precedente, concerne la necessità di affrontare (e risolvere), in modo radicale, ogni problema che si incontri lungo il processo produttivo. Questo principio, nella sua semplicità, appare tanto disarmante quanto troppo spesso disatteso nei contesti produttivi occidentali, laddove i problemi di fondo o non vengono percepiti, oppure, se avvertiti, assai raramente si cerca di rimuoverli definitivamente, limitandosi a soluzioni tampone. di lavoro, «colli di bottiglia», ecc. È evidente, quindi, che solo la rimozione di tali problemi può condurre all'abbattimento del magazzino. In questa prospettiva, l'approccio alla rimozione dei problemi non sarà di tipo «attendistico», nel senso di intervenire quando il problema si manifesta, bensì di tipo «anticipativo», realizzando le premesse che assicurano la massima «visibilità» dei problemi medesimi. In effetti, contrariamente 5 all'istintivo atteggiamento di nascondee problemi facendo apparire la situazione migliore di quanto lo sia in realtà, si deve predisporre ogni sistema operativo, metodo o tecnica, lungo il processo produttivo, che garantisca la massima evi-denziazione dei problemi. Ciò palesa l'estrema razionalità delle concezioni JIT. e) Semplificare. Il terzo canone su cui poggia la filosofia JIT suggerisce che tendere alla semplificazione è forse la strada migliore per l'eliminazione degli sprechi e dei problemi di fondo lungo il processo produttivo. Saturazione dei mercati, maggiore maturità dei consumatori, pressioni concorrenziali, ecc. impongono alle aziende un mutamento nelle strategie competitive. Si tratta, cioè, di ampliare la gamma dei propri prodotti, di proporre ciascuno di essi in numerose versioni, di rispondere con sollecitudine ad una domanda sempre più eterogenea nella sua composizione. Tutto ciò non può che riflettersi sui processi produttivi accrescendone, in senso esponenziale, il grado di complessità. La filosofia JIT evidenzia allora la necessità di ricercare la massima semplicità, in quanto tanto più semplici sono i processi adottati tanto maggiore saranno le possibilità di una loro gestione efficiente ed efficace. d) Ricercare continuamente la qualità. 6 L'approccio alla «qualità» in ambiente JIT è di tipo globale, nel senso che investe l'intero processo produttivo, non limitandosi alla sola «qualità di prodotto». In effetti, la ricerca della qualità di prodotto mediante un controllo collocato lungo i punti strategici del processo appare controproducente, in quanto l'individuzione di eventuali difetti solo dopo che il lotto ha superato una certa fase lavorativa ne impone un'ulteriore rilavorazione, se non, addirittura, lo scarto. La soluzione è stata allora ricercata nella «qualità del processo», nella consapevolezza che da un processo di qualità non può che scaturire un prodotto di qualità . L'obiettivo è stato perseguito affidando ad ogni addetto, lungo il processo produttivo, la responsabilità non solo di controllare, da un punto di vista qualitativo, lo svolgimento delle lavorazioni di propria competenza e di prendere quelle misure correttive eventualmente necessarie, anche di operare un analogo controllo sui prodotti forniti dalla fase lavorativa a monte . L'approccio alla qualità, inoltre, deve essere di tipo dinamico. Qualunque sia il livello qualitativo esistente in azienda, è cioè necessario porsi obiettivi di miglioramento via via più ambiziosi, evitando così situazioni di stallo o di autocompiacimento. Con ogni probabilità, il livello «difetti zero» non sarà raggiunto, ma si instau-rerà un processo «virtuoso» di miglioramento qualitativo del processo e del prodotto. 7 La dimensione operativa del «Just In Time» Dopo l'esame dei principi base della filosofia JIT, si tratta ora di scendere al livello operativo al fine di analizzare come questi possano trovare concreta realizzazione in ambito produttivo. La disamina si concentrerà su due tematiche interconnesse, concernenti, rispettivamente, il processo produttivo e la programmazione ed il controllo della produzione. Come risulterà evidente, molti degli interventi a livello operativo non sono radicalmente innovativi, in quanto corrispondenti, in larga parte, a tecniche ben note, anche se sviluppate in tempi e contesti diversi. Semmai, la reale valenza innovativa del JIT risiede nel loro inquadramento in un progetto organico e coerente, teso alla ricerca di una situazione di ripetitività e stabilità del sistema produttivo, quale precondizione necessaria per il congiunto conseguimento di obiettivi sinora valutati come conflittuali: bassi costi, elevata qualità e flessibilità dei processi. Il processo produttivo in ambiente «Just In Time» L'analisi delle peculiarità del processo produttivo in ambiente JIT presuppone la propedeutica individuazione delle tipologie di processo a cui la filosofia gestionale è applicabile. A tal fine, l'approccio classico è quello che classifica i sistemi produttivi industriali sulla base di variabili, quali numerosità e differenziazione dei prodotti, dimensione dei flussi produttivi e grado di standardizzazione del prodotto, giungendo a definire quattro tipologie di processi: per «progetto», per «piccoli lotti», per «grandi lotti», «continuo». Questa tipologia presenta 8 notevole utilità per apprezzare il rapporto di complementarietà esistente ira flessibilità e produttività del sistema. In effetti, sino ad oggi, la ricerca della produttività è stata condotta attraverso la standardizzazione dei processi e dei prodotti, quale presupposto primo per un'elevata specializzazione delle risorse impiegate nel sistema. Al contrario, la salvaguardia della flessibilità del sistema passa, in primo luogo, proprio dalla non specializzazione di dette risorse, con la connessa impossibilità di porre in essere quelle premesse economie di scala, apprendimento, elevati e stabili flussi produttivi, ecc. che stanno alla base dei miglioramenti nei livelli di efficienza. Muovendosi in questa ottica, è agevole riscontrare come le quattro tipologie produttive individuate presentano binomi di flessibilità/produttività ben differenziati. Se nella produzione per progetto il fattore chiave è la flessibilità e in quella continua la produttività, in posizione intermedia troviamo i processi per piccoli e grandi lotti, nei quali le due componenti vengono a contemperarsi secondo proporzioni diverse: maggiore propensione alla flessibilità nel primo caso ed alla produttività nel secondo. La filosofia gestionale JIT nasce e si afferma in sistemi produttivi del tipo piccoli e grandi lotti, laddove la molteplicità di prodotti differenziati genera una «complessità» di processo che rende estremamente arduo il tentativo di contemperare flessibilità e produttività Si tratta infatti di coordinare il personale e gli impianti per il pieno sfruttamento dei medesimi, assicurando standard qualitativi accettabili ad un costo ragionevole, con l'esigenza di far giungere, al cliente, nella quantità e per il periodo richiesto, il prodotto 9 giusto. In un contesto così complesso l'obiettivo dell'approccio JIT si sostanzia nel superamento della classica dicotomia tra produttività e flessibilità, ricercando il contemporaneo miglioramento di entrambe attraverso una produzione sincronizzata sulle fluttuazioni della domanda. Affinchè ciò sia possibile è, in primo luogo, necessario ripensare il processo produttivo, con l'abbandono del tradizionale «metodo a spinta» (push System) e l'adozione del «metodo a trazione» (pulì System). Coerentemente al programma, le materie prime vengono immesse nella prima fase di lavorazione, da questa sospinte alla seconda e così via lungo l'intero processo: da ciò il termine di «metodo a spinta»,tale metodo ha, tuttavia, palesato essenzialmente due notevoli punti di debolezza. In primo luogo, esso presenta una scarsa attitudine a fronteggiare fluttuazioni nella domanda dei prodotti, per la necessità di dover modificare contemporaneamente i programmi di produzione per tutti i reparti, con contraccolpi negativi sulla fluidità del processi. Le aziende allora, in questa circostanza, preferiscono optare per il mantenimento di adeguati livelli di scorte di prodotti finiti piuttosto che procedere a frequenti revisioni del proprio programma operativo. In secondo luogo, poiché è improbabile che i vari reparti presen tino quell'identica capacità produttiva atta ad assicurare fluidità al l'intero processo, è abbastanza agevole ipotizzare la creazione, tra una fase lavorativa e l'altra, di ingenti stock di materiali in attesa di 10 successiva lavorazione. Ne consegue che adottare un sistema a spinta implica l'implicita acccttazione di significativi livelli di giacenze, in termini di prodotti finiti ed in corso In un sistema «a trazione», invece, la situazione si capovolge completamente, in quanto si richiede che ogni fase di lavorazione produca solo e soltanto ciò che gli viene espressamente richiesto dalla fase «a valle». In una simile ipotesi, l'input all'avvio della produzione non è costituito dall'immissione delle materie prime nella prima fase lavorativa, bensì dalla richiesta di manufatti da parte dell'ultimo reparto nei confronti di quello immediatamente «a monte». Ciascuna fase, quindi, realizza solo e soltanto ciò che le viene espressamente richiesto dalla fase «a valle», prelevando i materiali da quella «a monte», la quale, a sua volta, riceve così un input alla produzione: si risale perciò a ritroso lungo l'intero processo, laddove il flusso produttivo non è più sospinto, bensì «trainato» versò «valle». I vantaggi di un sistema a trazione sono evidenti. Premesso che l'input alla produzione trova origine nell'ultimo reparto «a valle» del processo, solitamente interfacciante direttamente con i clienti, si creano le premesse per un sistema di produzione «tarato» sulla domanda di mercato, tale da garantire un tempestivo adeguamento a sue variazioni quali-quantitative. Alla fin fine, cioè, possiamo affermare che è il cliente che «traina» l'intera produzione. Inoltre, poiché ogni fase di lavorazione realizza solo ciò che viene esplicitamente richiesto dalla fase «a valle» e, estremizzando, solo ciò che è richiesto dal mercato, automaticamente si registrerà un abbattimento nei livelli delle scorte di prodotti finiti ed in corso. 11 A ben vedere, un sistema produttivo così concepito tende a riassumere in sé tutti quelli che sono i concetti base della filosofia JIT: è semplice. In effetti, risolve il problema della coerenza tra ciò che l'impresa produce e la domanda di mercato nel modo più naturale, cioè facendo sì che sia proprio quest'ultima ad indicare, in modo diretto ed immediato, cosa deve essere prodotto; consente l'eliminazione di numerosi sprechi, primo fra tutti le scorte, in quanto le varie risorse produttive - personale, impianti, ecc. devono fare solo ciò che richiesto dal proprio «cliente», sia esso esterno all'azienda o un reparto lungo il processo produttivo; - innesta una processo di miglioramento continuo della qualità del prodotto e di ogni suo componente. Infatti, affinchè l'intero sistema funzioni regolarmente non basta che ogni reparto produca l'esatta quantità di componenti sollecitati dal reparto «a valle», ma ciascuno di essi deve essere anche qualitativamente perfetto, cioè rispondere appieno alle specifiche programmate; per ultimo, ma non per importanza, evidenzia i problemi di fondo del processo produttivo, imponendo al management l'esigenza di affrontarli e di risolverli. Pertanto, l'approccio JIT si sostanzia in una serie di interventi a livello operativo volti a minimizzare le fasi temporali che non aggiungono valore ai materiali, con l'obiettivo, seppur utopico, di ridurre il medesimo alla somma dei tempi tecnici di lavorazione. Layout degli impianti Lo studio del layout attiene alla progettazione e realizzazione, secondo principi di convenienza, della disposizione planimetrica ottimale di tutte le risorse impiegate nel sistema di produzione, ivi compresi gli impianti, il 12 macchinario, le scorte, la manodopera, i trasporti e i vari servizi accessori, al fine di massimizzare la produttività dell'intero sistema .Le numerose tipologie di layout possono essenzialmente ricondursi a due: layout per «prodotto» e layout per «reparto». Nella prima ipotesi, gli impianti sono disposti coerentemente con la sequenza delle operazioni che compongono il ciclo di lavorazione, mentre nella seconda i medesimi sono raggruppati per reparti in base alla omogeneità della loro funzione. La prima impostazione, seppure più naturale, in quanto i vari macchinari si dispongono tipicamente in modo da rispecchiare la sequenza delle operazioni produttive, è stata sovente valutata come rigida. In forza di ciò, la tipologia di layout per «prodotto» è rimasta appannaggio di sistemi produttivi continui, mentre, per processi intermittenti produzione per piccoli o grandi lotti - si è preferito adottare una dislocazione degli impianti per «reparto», accettando implicitamente la più elevata onerosità che la soluzione richiede, in termini di maggiori scorte e movimentazioni dei materiali. L'approccio JIT suggerisce l'adozione di un layout per «prodotto»: i macchinari, gli impianti, le attrezzature e la manodopera vengono dedicati, in tutto o in parte, ad una famiglia di prodotti, mentre la loro disposizione planimetrica si sviluppa secondo l'ordine con cui le operazioni produttive di quella famiglia devono essere espletate. Quindi, in via prioritaria, subentra la necessità di raggruppare i prodotti in classi che presentino una certa omogeneità tecnologico-produttiva e di riconfigurare, in un secondo tempo, la disposizione degli impianti in modo da destinare, ad ogni famiglia, una specifica linea di flusso. Si otterrà, così, un flusso unidirezionale di una ristretta gamma di prodotti su ogni linea di produzione. II passo successivo è 13 costituito dalla creazione, lungo l'ipotetico percorso dei materiali, di celle di lavoro (cellular manufacturing) al cui interno possano essere lavorati, nel modo più completo possibile, singoli prodotti o componenti di essi. Ad ogni cella dovrebbe essere riservata un'area rettangolare, con una dislocazione interna dei macchinari ad «U», in modo che i punti di entrata e di uscita dei materiali siano tra loro fisicamente adiacenti . La scelta, nell'ambito di ogni cella, di un layout ad «U» si ricollega al perseguimento di vari vantaggi: riduzione del fabbisogno di addetti, potendo questi ultimi controllare il funzionamento di più macchinari con minimi spostamenti; maggiore comunicazione tra gli stessi; controllo reciproco sui singoli operati. La creazione di linee di flusso, laddove gli impianti sono collocati vicini tra loro e coerentemente alle operazioni del ciclo di lavorazione, non consente infatti solo di minimizzare i costi legati alla movimentazione dei materiali, ma l'ampia «visibilità» assicurata al processo viene a costiruire la premessa prima affinché il sistema di produzione «pull» possa correttamente funzionare. Tempi di set-up I sistemi di produzione a «trazione» presuppongono che ogni fase lavorativa renda disponibile tempestivamente i materiali nella quantità e nella qualità richieste dalla fase lavorativa «a valle». Affinchè il sistema possa funzionare, è necessario che ogni fase lavorativa sviluppi una significativa flessibilità operativa, nel senso di passare dalla produzione di un componente all'altro in tempi brevissimi. I tempi di set-up hanno sempre costituito uno dei maggiori 14 problemi per gli uomini di produzione in quanto rappresentano, assiememe alle scorte, una delle più palesi forme di spreco nell'attività di fabbrica durante quel periodo, cioè, gli impianti sono inattivi, gli addetti non producono, mentre, una volta completato il riattrezzaggio fisico, i primi pezzi della nuova lavorazione sono, sovente, degli scarti, stante la necessità di «tarare» alla perfezione l'impianto. L'approccio JIT ai tempi di set-up è coerente con i suoi cardini base: si tratta cioè di affrontare direttamente il problema al fine di conseguire una riduzione di quei tempi e dei connessi sprechi. Innanzitutto si procede con la definizione dell’impianto e dei soggetti interessati. Valutazione delle modalità Di svolgimento set up fino a quel momento e ripartizione delle operazioni in interne ed esterne. manutenzione produttiva I tempi morti degli impianti non si legano solo alle operazioni di attrezzaggio ma anche agli arresti per guasti. Il problema dei fermi-macchina per guasti, se ha sempre ricevuto notevole attenzione in qualunque contesto produttivo, assume maggior enfasi in ambienti JIT, laddove il processo produttivo presenta una intrinseca e ben più spiccata vulnerabilità. La riduzione ai minimi livelli delle scorte di prodotti incorso fa sì che, in ipotesi di arresto per guasto, si registri un'interruzione della produzione lungo l'intera linea di flusso. Da ciò, l'esigenza di assicurare I'affidabilità, degli impianti attraverso un programma di manutenzione informato e tecniche di pre-venzione. In questo campo, il più recente contributo della dottrina e della realtà operativa giapponese è costituito dal Total Productive Maintenance (TPM). Questo approccio, volto ad inquadrare le problematiche afferenti la regolarità operativa dei processi in un più ampio disegno di ricerca della 15 massima produttività globale, presenta alcuni tratti salienti. In particolare, l'applicazione dei concetti di manutenzione preventiva comincia con l'impiego di tecniche diagnostiche, al fine di individuare precocemente situazioni di anormale funzionamento degli impianti, ossia quando l'anomalia non è ancora idonea a pregiudicare la capacità produttiva. È necessario, inoltre, che dal costante monitoraggio diagnostico dei macchinari scaturisca un processo di indagine sulle cause delle irregolarità e sulle contromisure che possono sopprimerle definitivamente. In secondo luogo, il TPM prevede il trasferimento del maggior numero possibile di responsabilità dal reparto centrale di manutenzione agli operatori di produzione, conseguendo un triplice vantaggio: tempestiva percezione del guasto, in quanto gli operai che direttamente operano alla macchina, conoscendo meglio di chiunque altro il suo funzionamento, sono senz'altro i primi a rendersi conto di possibili «sintomi anomali» premonitori di arresti; sviluppo, negli addetti di produzione, di “un senso di posses so” della macchina, che contribuirà a farli sentire maggiormente responsabili del suo buon funzionamento» riduzione dell'organico, e quindi dei costi, del reparto manuten zione, anche se non configurabile appare una sua completa soppressione, non potendosi richiedere, agli addetti di produzione, più che delle normali manutenzioni «di routine». 16 La programmazione e il controllo della produzione «Just In Time» Si richiede ,al sistema produttivo di realizzare quotidianamente quel mix di prodotti rispondente alla domanda di mercato e non, come accade nelle imprese tradizionali, grossi lotti dei vari prodotti, chiamati anche a costituire un scorta in funzione della domanda futura. L'obiettivo di una produzione che si muove con il ritmo della domanda impone, automaticamente, una drastica riduzione delle dimensioni dei lotti dei vari prodotti. Anzi, estremizzando, si tratte-rebbe di produrre, prodotto dopo prodotto, ciò che nell'istante è richiesto dal mercato, con un lotto ideale di una unità. II pensiero di un processo produttivo sincronizzato sui mercato lascia sottintendere un'attività di programmazione e controllo parti-colarmente complessa. In realtà, anche m questo campo è il principio della semplicità che gioca un ruolo decisivo. In effetti, per quanto concerne la programmazione della produzione su base annua e su base mensile si fa uso di piani di produzione analoghi a quelli comunemente impiegati nelle imprese industriati, cosicché il processo ha inizio con la redazione di un programma di produzione annuale, elaborato in stretta coerenza con il programma commerciale. Da programmati volumi annui si passa poi al programma di produzione mensile con un frazionamento non in termini rigidi, ma tale da contemplare aggiustamenti per sincronizzare il flusso produttivo con l'andamento previsto, su base infrannuale, della domanda di mercato. Il programma di produzione mensile è, di solito, articolato in funzione delle linee produttive di flusso esistenti nell'azienda: per ciascuna di esse viene specificato, in 17 quantità, il mix di prodotti da realizzare nel mese. II passo successivo consta della definizione, per ciascuna linea di flusso, della produzione giornaliera. Ciò ha luogo, semplicemente suddividendo il volume mensile di produzione di ciascun prodotto per il numero dei giorni lavorativi del mese, ottenendo così, per ciascuna linea di flusso, il mix di prodotti da realizzare nell'arco di ogni singola giornata. Questo particolare modo di operare consente di realizzare una duplice funzionalità. Inoltre, poiché l'intera attività produttiva si informa ai sistemi di tipo «pull», è sufficiente comunicare il programma giornaliero di produzione al solo reparto «montaggio finale» o, comunque, a quel reparto in cui ha luogo l'ultima operazione di natura produttiva il quale, stante l'eliminazione del magazzino prodotti finiti, interfaccia direttamente con la domanda di mercato. Dopo di che sarà il settore montaggio finale di ogni linea di flusso che provvederà ad inviare segnali alle lavorazioni «a monte» cir-ra la tipologia produttiva da realizzare. Il funzionamento del sistema «pull» presuppone pertanto l'esi-stenza di adeguati flussi informativi che tempestivamente risalgano lungo il processo, informando ciascuna fase su cosa produrre realizzi ciò che è richiesto dalle «fasi a valle». Resta, a questo punto, un altro argomento da affrontare attinente alla programmazione e al controllo della produzione e cioè l’approvvigionamento dei materiali. Possiamo tranquillamente sostenere che i rapporti con i fornitori costituiscono una delle aree di maggior impegno per la realizzazione di un ambiente produttivo JIT. Le principali novità sono 18 riconducibili, essenzialmente, ad un duplice ordine di interventi, destinati a ridurre il numero dei fornitori e le dimensioni delle forniture, le quali diverranno, necessariamente più frequenti. L 'approccio JIT spinge verso una politica volta alla riduzione del numero di fornitori opportunamente selezionati, fino a giungere, addirittura, ad un unico fornitore. La selezione dei fornitori deve aver luogo secondo rigide regole, in quanto ad essi si richiede un elevato livello qualitativo delle forniture, e la disponibilità ad accettare ordini quantitativamente ridotti e, soprattutto, tempi di consegna, solitamente piuttosto brevi. L'altra prerogativa consta della riduzione della dimensione dei lotti, compensata con consegne più frequenti. Tutto ciò però fa sorgere il sospetto di una certa fragilità funzionale del sistema produttivo, il cui regolare funzionamento viene a dipendere interamente dalla stabilità, dalla puntualità e qualità delle forniture. Tale rischio, viene meno se ipotizziamo un completo coinvolgimento dei fornitori nella problematica produttiva dell'azienda . La novità sta nel creare tutte quelle premesse affinchè i fornitori cessino di essere soggetti esterni, avulsi dal contesto produttivo dell'azienda cliente, per iniziare ad operare in stretti rapporti con essa, come se si identificassero in una sua fase lavorativa.Un tale coinvolgimento passa, in primis, attraverso l'instaurazione, con i fornitori, di rapporti di lunga durata. In effetti, con accordi duraturi, l'impresa acquirente diviene giocoforza cliente primario e le sue richieste riceveranno, dal fornitore, le massime attenzioni, data la sicurezza derivante dall’accordo, sarà naturalmente portato al miglioramento dei propri processi produttivi, investendo in impianti maggiormente perfezionati, in formazione ed addestramento del personale, in programmazione e 19 controllo della produzione, dovendo, appunto, soddisfare con continuità i requisiti di qualità e puntualità nelle consegne fissati nell'accordo. Si pongono, inoltre, le premesse per un proficuo interscambio di suggerimenti, consigli ed esperienze per il miglioramento reciproco delle rispettive produzioni. Lo stesso cruciale problema per un'impresa JIT circa la puntualità delle forniture può trovare soluzione semplicemente portando a tempestiva conoscenza del fornitore i propri programmi di produzione e di approvvigionamento sui quali, poi, il fornitore potrà sincronizzare la propria attività. I vantaggi del just in time e le innovazioni nel management Il target del just in time è accelerare la risposta del cliente minimizzando allo stesso tempo l’inventario. Il sistema just in time può dare tanti benefici. I principali benefici del JIT sono elencati di seguito: I tempi di preparazione nel Magazzino sono fortemente ridotti. Ridurre il tempo di preparazione per essere più produttivi permette all'azienda di migliorare gli utili per apparire più efficiente e passare il tempo su altre aree che potrebbero necessitare di un miglioramento. Il flusso dei beni dal magazzino fino agli scaffali migliora. Facendo si che i lavoratori si focalizzino su aree specifiche permette loro di elaborare velocemente la merce e di non affaticarsi facendo troppi lavori allo stesso tempo. Dipendenti che hanno competenze multiple (che sono cioè flessibili) 20 sono utilizzati in modo più efficace. Addestrando i lavoratori a lavorare su diverse fasi del sistema dell'inventario permette all'azienda di usare gli operatori in situazioni dove servono quando c'è una mancanza di operai e una domanda alta per un certo prodotto. JIT fornisce una miglior programmazione e una maggiore consistenza delle ore lavorative. Se attualmente non c'è domanda per un prodotto, gli operai non devono lavorare. Questo fa si che la compagnia risparmi dei soldi, quando non deve nemmeno pagare gli operai. L'enfasi sul rapporto con il fornitore aumenta. Un'azienda senza scorte non vuole problemi nel proprio sistema logistico, problemi che creerebbero una mancanza di scorte a disposizione. Questo fa si che il rapporto tra l'azienda e il fornitore sia molto importante. Le scorte arrivano 24 ore al giorno tenendo gli operatori produttivi e l'azienda focalizzata sulle vendite. Avendo il management focalizzato sul rispettare le scadenze motiverà i dipendenti a lavorare bene per raggiungere gli obiettivi dell'azienda per poi ottenere benefici in termini di soddisfazione nel lavoro, una promozione o anche un aumento dello stipendio. elevata rapidità di risposta a mutamenti nella domanda. maggiore qualità dei prodotti. minori sprechi, dovuti alla riduzione delle scorte, degli scarti di lavorazione, dei costi di conversione ( attrezzaggi), di manutenzione ecc.. conseguimento di economie di scopo. 21 Affinchè questi vantaggi diventino effettivi, occorre però anche una profonda innovazione nel management, soprattutto nella modifica dei criteri organizzativo-gestionali. Il management è quindi chiamato a gestire in prima persona il cambiamento. La parola chiave per il successo della transazione alla produzione flessibile è “ integrazione “, ossia capacità di saper combinare sinergicamente tutte le forze in gioco. In particolare, è opportuno perseguire l’integrazione a tre diversi livelli: - A)integrazione delle risorse tecnologiche, organizzative ed umane a livello di fabbrica - B)integrazione tra i sottosistemi interni dell’azienda - C)integrazione tra azienda e gli altri soggetti economici operanti lungo la catena di approvvigionamento. A) integrazione delle risorse tecnologiche, organizzative ed umane a livello di fabbrica Con il termine all’implementazione risorse di tecnologiche vari ci meccanismi si riferisce legati alla soprattutto tecnologia computerizzata. Ve ne sono molti, seppur differenziati per funzione e ambito di applicazione e ognuno trova nel software la linfa vitale per il funzionamento. Tali sistemi vengono interfacciati in modo tale che sono in grado di dialogare tra loro, al fine di realizzare un contesto operativo laddove ogni attività risultasse automatizzata e soprattutto, integrata. Il massimo dell’integrazione verso cui le aziende industriali si stanno muovendo è il CIM, ovvero la “ fabbrica automatica”. 22 Il CIM è l’integrazione, attraverso strumenti informatici, delle attività di progettazione, gestione della produzione e produzione: esso presuppone l’integrazione tra i sistemi informatici localizzati presso le singole funzioni e consente un più elevato livello di integrazione tra i processi di tipo operativo. Un’altra forma di integrazione delle risorse tecnologiche è data dal MRP2, che viene usato per il coordinamento globale tra i vari reparti aziendale. Tutti i sistemi si contraddistinguono per un’elevata velocità di comunicazione e trasferimento delle informazioni tra le varie attività, riducendo moltissimo i tempi che vanno dalla progettazione alla realizzazione del prodotto. Sono molto importanti in ottica JIT perché la più piccola turbolenza in una delle fasi, può generare effetti altamente dannosi per l’intera filiera. Ciò vale anche per la forza lavoro; la mancanza di collaborazione da parte di quest’ultima ( rifiuto di prestare lavoro, sciopero ecc) può originare conseguenze disastrose. Pertanto, in un ottica JIT, si palesa il non trascurabile problema del controllo in una situazione di crescente potere contrattuale dei lavoratori. E’ auspicabile assicurare una convergenza di obiettivi e interessi per spingere le varie componenti aziendali a collaborare con l’impresa, piuttosto che porsi in conflittualità con essa. B) integrazione tra i sottosistemi interni dell’azienda La seconda sfida per il management consta nella ricerca di una più stretta integrazione tra i sottosistemi interni dell’azienda, in modo da determinare 23 il superamento del tradizionale modello organizzativo gerarchicofunzionale, a vantaggio di un modello che opera per processi orizzontali. Una valida attuazione del JIT presuppone proprio un processo che taglia trasversalmente tutte le funzioni aziendali. L’ottimizzazione dell’efficienza e dell’efficacia aziendale nasce proprio da un’integrazione ed interazione tra attività che si pongono in successione lungo il processo produttivo – distributivo. Si pensi ad esempio ai vantaggi conseguibili dall’integrazione tra attività di ricerca e sviluppo da un lato, e marketing e produzione dall’altro. L’interazione tra i due può offrire utili spunti per risolvere numerosi problemi progettuali, così come difficoltà di ingegnerizzazione e realizzazione del nuovo prodotto. Analogamente, l’interazione tra R&S e marketing, può consentire di dotare al prodotto, sin dal momento della sua progettazione, tutte le caratteristiche gradite dal consumatore e che aggiungono valore al medesimo. Le strutture gerarchice tendono ad ostacolare tali forme di integrazione, spingendo gli individui a sviluppare una visione tendenzialmente verticale dell’azienda e portando a scarsa collaborazione ( a volte rivalità), tra le varie funzioni. Al contrario, l’integrazione in senso orizzontale è il passo necessario da compiere per l’ottimizzazione delle performance aziendali, soprattutto verso la transizione verso la produzione flessibile. In uno scenario sempre più concorrenziale e ipercompetitivo, lo sviluppo di una rapida ed integrata capacità di innovare prodotti e processi non può che diventare elemento decisivo per il successo dell’impresa. 24 C) integrazione tra azienda e gli altri soggetti economici operanti lungo la catena di approvvigionamento L’integrazione non è circoscritta alle funzioni aziendali, ma interessa anche i soggetti che si collocano a monte e a valle lungo la catena di approvvigionamento. Ci riferiamo quindi ai rapporti con i fornitori e con i clienti, facendoli evolvere verso forme più o meno variegate di integrazione. Per quanto riguarda i fornitori, l’implementazione di un sistema produttivo JIT, dipende in larga misura dalla disponibilità di questi ultimi. Nei contesti di produzione flessibile, prevale la logica del comakership, secondo cui i fornitori non sono più considerati negozi dove comprare al miglior prezzo, bensì soggetti economici con i quali vi è un forte cointeresse nell’ottimizzare il flusso logistico lungo la catena. Da tale cointeresse, deriva la necessità di ricercare una maggiore integrazione, che può variare da una collaborazione solo a livello operativo, sino ad una collaborazione di carattere strategico, ossia cooperazione con il cliente per progettare nuovi prodotti, investimenti comuni in R&S, scambi di informazione ecc. Considerazioni analoghe valgono anche per i clienti. Si palesa cioè l’esigenza di fornire un prodotto che soddisfi appieno le aspettative dell’acquirente. Si inizia quindi a coinvolgere il cliente nella progettazione e nello sviluppo del prodotto, nella modifica di prodotti esistenti e lo si segue con attenzione nel periodo post vendita. 25 I costi di produzione in contesti di just in time Il passaggio al Just In Time incide sicuramente sulla composizione dei costi di un’impresa. L’incidenza si pone particolarmente su due livelli; il primo riguarda la valutazione della convenienza ad operare la transizione verso il JIT, mentre la seconda, una volta operata tale transizione, bisogna verificare gli effetti sulla struttura economica dell’impresa. Riguardo al primo aspetto, bisogna ricordare che il passaggio al Just In Time è principalmente un fatto organizzativo e che quindi, di conseguenza, prevede una completa ristrutturazione di processi, procedure e ruoli. Da questo punto di vista rientrano tutti i cambiamenti che riguardano ad esempio la ridefinizione del layout degli impianti, i nuovi macchinari, i software adottati, la formazione e l’addestramento del personale, ecc., tutte componenti che concorrono a definire il costo del passaggio al JIT, ovviamente da valutare in sede appunto di transizione. Per quanto riguarda invece il secondo aspetto, bisogna analizzare i mutamenti indotti, dalla transizione verso il Just In Time, sulla struttura economica dell’impresa, con particolare attenzione ai costi che hanno origine nell’area produttiva. In questo caso, bisognerà valutare gli effetti originati sulle principali voci di costo delle produzione e sui mutamenti della struttura e della composizione dei costi. Ciò accade in quanto il ricorso al JIT è motivato principalmente dalla necessità di rendere più efficienti, e quindi più economici i processi produttivi, attraverso la flessibilità, la tempestività e la qualità, ciò comporterà sicuramente una modifica sulla struttura e sulla composizione dei costi. Questo aspetto si evince chiaramente in relazione ai punti cardini del JIT, dove nel concetto 26 di produzione a valore aggiunto, si pone l’accento sulla riduzione di qualsiasi forma di spreco lungo tutto il processo. Quindi, poiché gli sprechi sono originati da attività che consumano risorse, una loro eliminazione porterà certamente ad una diminuzione di risorse consumate e di conseguenza ad una generale diminuzione dei costi. I costi della forza lavoro Un altro fattore produttivo, che si modifica profondamente con la transizione verso la produzione flessibile, è sicuramente la forza lavoro. E’ ormai noto come l’automazione e le ristrutturazioni organizzative spingano sempre più verso la riduzione del numero dei dipendenti e del loro relativo costo. Questo si verifica anche in contesti produttivi flessibili, laddove, però, esso è il risultato di una sinergica commistione di numerosi fattori i quali, oltre ad incidere sul numero di dipendenti, vanno modificando anche la loro composizione professionale. Il JIT, non ha come obiettivo quello della riduzione della forza lavoro, quanto, piuttosto, il trasferimento agli addetti di alcuni compiti tradizionalmente assegnati al lavoro indiretto. Per riportare un esempio, agli operai di linea viene affidata la responsabilità del controllo sulla qualità dei prodotti oggetto di lavorazione, con il potere di arrestare l’intera linea produttiva quando vengono rilevati difetti. Questo controllo, denominato controllo autonomo della qualità, era precedentemente svolto da collaudatori specializzati, che intervenivano in determinati punti del processo lavorativo con metodi di 27 Campionatura. Proprio l’attività di questi collaudatori, si rilevava scarsamente consona con i principi del JIT, in quanto si configurava come spreco, non aggiungendo valore al prodotto. Il feedback dei collaudatori, inoltre, richiedeva pur sempre un certo tempo con la conseguenza che i prodotti difettosi continuavano ad essere prodotti per altro tempo dopo la scoperta del problema. Nell’ipotesi controllo autonomo, invece, sono gli stessi operai di linea che verificano la qualità, assicurando un maggior controllo sulla produzione con efficacia “ real time “. Sempre agli operai di linea sono assegnati compiti di manutenzione di routine dei macchinari, dato che sono loro a conoscerli meglio di chiunque altro. In questo caso, si abbattono i costi della manutenzione indiretta, alla quale si doveva ricorrere sollecitando l’intervento degli addetti specializzati. Quindi, per concludere, l’impatto che il JIT ha sui costi della forza lavoro, si concretizza in un alleggerimento di alcune attività di supporto della produzione, le quali, essendo inidonee ad aggiungere valore all’output aziendale, costituiscono sprechi da eliminare. Ammortamenti di costi pluriennali Il passaggio alla produzione flessibile, richiede notevoli investimenti sia in macchine ed impianti ( hardware ), sia in beni immateriali ( software), riflettendosi direttamente sulle relative quote di ammortamento. Il costo dell’hardware è di sicuro maggiore rispetto a quello del software, anche se i software sono fondamentali per assicurare il controllo e l’integrazione 28 dell’hardware. Inoltre i software, richiedono un continuo aggiustamento e aggiornamento in funzione delle esigenze dello specifico contesto produttivo. Pertanto nel costo del software vanno inclusi tutti i costi necessari all’aggiornamento, allo sviluppo, all’integrazione con le procedure già esistenti. Gli elevati costi pluriennali, si riflettono, nella gestione corrente, in altrettante elevate quote di ammortamento cui l’azienda deve far fronte. C’è da dire che i maggiori costi di ammortamento vengono compensati con una riduzione degli altri costi. Uno studio recente ha infatti dimostrato come alcune aziende statunitensi implementando un sistema JIT, abbiano ridotto di oltre il 50% la quantità di manodopera necessaria per svolgere il medesimo lavoro, e di circa il 75% il costo totale del prodotto grazie alla riduzione della manodopera indiretta, dei tassi di scarto e del tempo complessivo necessario per confezionare il prodotto. Per concludere, l’implementazione di un sistema JIT, aumenta i costi di software e hardware, comportando elevate quote di ammortamento nella gestione corrente. Nello stesso tempo, va ad eliminare sprechi e manodopera indiretta portando ad un netto abbassamento dei costi. Il sistema JIT, per essere implementato, ha bisogno di una cultura organizzativa sottostante, che sia in grado di evolversi e di sviluppare forme di integrazione con i sistemi già disponibili, altrimenti si rileverà una soluzione destinata all’insuccesso. 29 I costi delle giacenze di magazzino Le scorte di magazzino rappresentano una risultante di un mancato sincronismo tra flussi in entrata e flussi in uscita di prodotti. Queste scorte generano una serie di costi importanti per l’azienda, in particolar modo quelli legati alla gestione del magazzino. Questi costi si legano alla necessità di conservazione dei semilavorati e/o prodotti finiti, al fattore lavoro ed anche agli spazi occupati. Per quanto riguarda la conservazione, bisogna dire che in questo caso esiste sia un deterioramento fisico da parte delle giacenze e sia un deterioramento economico, dovuta ad una vera e propria obsolescenza del prodotto (o semilavorato) che rende tale scorta invendibile. Riguardo alla forza lavoro, invece, il costo delle scorte riguarda tanto il personale preposto al trasporto, allo stoccaggio, alla sorveglianza e alla custodia delle scorte (lavoro diretto), quanto il personale d’ufficio, che si occupa della rilevazione dei dati riguardanti il livello delle scorte (lavoro indiretto). Infine, gli spazi occupati dalle giacenze di magazzino rappresentano un’onerosità per l’azienda dal momento in cui viene pagato un fitto passivo per l’occupazione degli edifici destinati al magazzino, oppure, se l’edificio è di proprietà dell’azienda, il costo che viene a configurarsi è l’ammortamento. Dunque in questi casi, l’adozione della metodologia Just In Time, in cui la riduzione (fino alla totale eliminazione) delle scorte rappresenta un fondamento della propria filosofia, consentirebbe di ridurre i costi di gestione del magazzino gravanti sull’impresa. 30 Una particolarità merita di essere citata. Il Just In Time, in realtà, non mira alla riduzione delle scorte di magazzino semplicemente per la riduzione dei costi, ma la ragione primaria sta nel fatto che la mancata sincronia tra i flussi in entrata e in uscita di prodotti dall’azienda, che generano le scorte, nascondono in realtà i veri problemi che, lungo il processo produttivo, hanno generato tali scorte. Ecco perché il JIT mira alla riduzione delle scorte, per capire cioè quali problemi sorgono all’interno dell’intero ciclo produttivo. I costi di approvvigionamento I costi di approvvigionamento sono, logicamente, quei costi sostenuti dall’azienda per acquisire i materiali (materie prime) utilizzate nel processo produttivo. Questi tipi di costi si possono dividere in quelli sostenuti per l’effettivo acquisto delle materie prime e quelli invece che riguardano ad esempio le spese di trasporto, di controllo della qualità dei materiali e quelli di gestione degli ordini (costi accessori di approvvigionamento). Il problema riguardante i costi di approvvigionamento, trovano particolare importanza nel Just In Time, in quanto questa filosofia, prevede tra i suoi fondamenti anche una maggiora qualità del prodotto finito (anche in un’ottica di una maggiore riduzione degli scarti), che, di conseguenza, ha bisogno di materie prime di altrettanta qualità. Ciò pone un problema rilevante in ottica di costi di approvvigionamento, perché, risulta chiaro, come materie prime di qualità abbiamo un costo sicuramente maggiore di 31 materiali con qualità differenti. Questo maggiore sforzo economico da parte dell’azienda, potrebbe essere superato attraverso il ricorso a pratiche di stretta collaborazione (comakership) con i fornitori di cui si è accennato in precedenza. Questo tipo di gestione richiede un’accurata selezione da parte dell’azienda, di pochi fornitori, con cui instaurare un rapporto di tipo strategico che si basa sull’affidabilità, sulla qualità delle materie e soprattutto sulla puntualità delle consegne, che in ottica JIT risulta essere uno dei punti chiave del processo produttivo. Con il rapporto di tipo comakership, l’azienda ottiene un livello qualitativo abbastanza elevato dai propri fornitori, con puntualità nelle consegne a prezzi molto più convenienti rispetto ad un tradizionale rapporto (molto spesso “conflittuale”) cliente-fornitore. Tutto ciò riguarda la disamina dei costi diretti delle materie prime, ma lo stesso discorso può essere fatto per quei costi di approvvigionamento definiti accessori, come le spese di trasporto, la gestione degli ordini, ecc. In questo caso pare di vitale importanza un rapporto di comakership in ottica JIT, in quanto permette all’azienda di ricevere consegne puntuali da parte dei fornitori, ma non solo. Infatti, grazie a questa stretta collaborazione (e alla contemporanea applicazione della filosofia Just In Time), è possibile anche ricevere materiale in quantità frazionate (vale a dire lotti di ristrette dimensioni) con frequenze molto elevate, anche giornaliere. Per abbassare i costi di trasporto, che altrimenti causa le frequenti forniture sarebbero elevati, si sono provveduti a porre in essere alcuni accorgimenti, come ad esempio la selezione di fornitori che si trovano tutti a poca 32 distanza dal cliente. In definitiva questo tipo di rapporto crea benefici economici all’azienda, ma riduce sensibilmente il tempo di approvvigionamento. Ma ci sono altri costi che, grazie alla comakership, subiscono contrazioni consistenti. Sono quei costi di ispezione e controllo qualità dei materiali in entrata. Infatti, il rapporto fornitore-cliente diventerebbe in questo caso un rapporto di massima fiducia, ragion per cui ispezioni e controlli andrebbero via via scemando. Di conseguenza, ciò andrebbe a contrarre le voci di costo del personale addetto al controllo qualità, ma soprattutto (e questa forse il dato più rilevante) consentirebbe di non frapporre nessun altra attività tra l’arrivo della merce e il suo ingresso nel processo produttivo, ciò in perfetta sintonia con la filosofia del JIT. E’ evidente che ciò può avvenire solo quando c’è la piena fiducia dell’azienda verso il proprio fornitore, cosa che rende abbastanza difficile la realizzazione di questo tipo di rapporto, almeno nel breve periodo. In ultimo è interessante accennare alla contrazione di quei costi che riguardano la gestione degli ordini delle fornitura. In un rapporto tradizionale cliente-fornitore, l’iter che porta alla fornitura è abbastanza lungo, complesso e, soprattutto, pieno di ostacoli di natura burocratica. E’ naturale, quindi, come la comakership, congiuntamente al JIT, possano snellire queste pratiche burocratiche, eliminando gli ostacoli e soprattutto rendendo meno complessa e lunga la gestione degli ordini delle forniture, garantendo complessivamente una riduzione dei costi. Tutti questi benefici fin qui elencati non possono prescindere da un supporto informativo integrato,sia all’interno dell’azienda che tra azienda e fornitore e, soprattutto, bisogna capire che tali risultati non posso essere 33 conseguiti se non con una piena fiducia nelle capacità, qualità e serietà dei propri fornitori, cosa che non si può ottenere in tempi brevi. 34