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La natura nello sciamanesimo siberiano Negli ultimi decenni l

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La natura nello sciamanesimo siberiano Negli ultimi decenni l
La natura nello sciamanesimo siberiano
Negli ultimi decenni l’animismo è sfuggito alle attenzioni degli studiosi di religioni comparate.
L’animismo, comunque, rappresenta ancora un concetto molto importante sia nella visione del
mondo sia nella pratica sciamanica degli abitanti della Siberia del nord. In questo articolo verranno
descritti diversi concetti di anima e verranno poi presentate diverse nozioni animiste dello
sciamanesimo siberiano. Particolare attenzione verrà data ai differenti tipi di spiriti ausiliari e delle
varie forme con cui vengono rappresentati.
Che tipo di simbolismo ha quale ruolo in questa rappresentazione? La risposta a questa domanda ci
porta ad una comprensione semiotica dello sciamanesimo nord siberiano. Esso presenta anche
pratiche di culto dei morti, degli avi e delle montagne, e rituali di sacrifici animali. Come
conclusione, potremmo dire che il significato profondo o messaggio dello sciamanesimo siberiano è
bilanciare l’uomo e la natura.
Introduzione
Come è risaputo è stato Sir Edward Tylor, antropologo inglese del diciannovesimo secolo, che coniò
il termine “animismo” per riferirsi al primo periodo di pensiero magico-religioso. Nel suo lavoro
“Primitive Culture” del 1871 Tylor fece una distinzione tra il concetto di anima e quello di spirito
dichiarando che solo gli umani hanno l’anima, mentre lo spirito è una nozione astratta che può
essere legata ad un’ampia gamma di fenomeni naturali. Lo studioso inglese era dell’opinione che
l’animismo doveva essersi sviluppato dall’esperienza onirica, dove le persone generalmente sentono
come se esistessero indipendentemente dal loro corpo, volando. Brevemente, l’anima intraprende un
“viaggio” fuori dal corpo. Durante questi viaggi onirici si potevano vedere parenti morti, amici o i
loro spiriti.
Questa idea venne accettata da molti, specialmente le scuole di storia delle religione sovietiche (V.
G. Bogoraz, D. Klementz, A. F. Anisinov, F. A. Kudravtsev, S. A. Tokarev, T. M. Mikhailov - see
Krader 1978: 194). Siccome uno degli elementi più importanti della pratica sciamanica era il volo
dell’anima questi ricercatori russi, pensando in modo rivoluzionario, credevano che l’animismo
fosse una formazione ideologico-religiosa antecedente lo sciamanismo. S. A. Tokarev, che scrisse
un esauriente trattato filo-marxista sulle prime forme di religione, concludendo che lo
sciamanesimo siberiano si sviluppò dall’animismo, ridefinendolo nel processo, in quanto esso segue
uno stile di vita basato principalmente sulla caccia era compito dello sciamano mantenere il
rapporto con gli spiriti degli animali cacciati.
Naturalmente questa idea aveva i suoi antecedenti: lo svedese J. Stadling (1912) aveva già stabilito
che il pensiero animista è strettamente connesso con la visione del mondo dello sciamanesimo.
Ivar Paulson che, dopo il suo lavoro monografico sulle concezioni dell’anima
("Seelenvorstellungen") nel nord eurasia studiò la fenomenologia dello sciamanesimo, scrisse che
“lo sciamanesimo è una ideologia animista, una delle cui caratteristiche è l’uso di una tecnica di
visione estatica”. Un’altra delle caratteristiche distintive dello sciamanesimo euroasiatico è il
concetto dualistico. Secondo gli studiosi estoni l’anima libera, durante l’estasi, è capace di lasciare
il corpo, gli sciamani mandano la loro anima nel mondo degli spiriti e degli dèi, in altre parole,
questo è il tipo di anima che pratica quello che viene chiamato volo sciamanico dell’anima.
Un altro importante studioso di religioni comparate della Scandinavia, lo svedese Åke Hultkrantz,
trattò il soggetto delle immagini dell’anima in diversi suoi studi. Citerò un ampio pezzo di un suo
esauriente scritto sul dualismo delle anime connesso con lo sciamanesimo: “i casi di dualismo
dell’animo erano chiari nello sciamanesimo a causa dell’osservazione delle pratiche sciamaniche. In
molti casi l’anima libera dello sciamano cercava l’anima del suo cliente. Non era sempre una
questione di dualismo regolare tra anima libera ed anima del corpo, dove l’anima libera dello
sciamano parte per cercare un’anima perduta e l’anima del corpo resta per mantenerlo in vita.
Durante i primi anni cinquanta Mircea Eliade stava completando il suo lavoro che, oggi, è un
classico (sulla vita ed il lavoro di Eliade, uno studioso rumeno, Siikala ha fatto una buona
presentazione nel 1989). Egli aderiva all’approccio fenomenologico ed era quindi interessato
soprattutto in quei fenomeni che danno allo sciamanismo il suo tipico carattere: la visione iniziale, il
viaggio sciamanico nell’altro mondo, la cosmologia sciamanico e, soprattutto, l’estasi. Il titolo del
suo libro rivela la sua idea principale: Sciamanesimo, le tecniche dell’estasi. Eliade non discute gli
antecedenti storici dello sciamanesimo, anche se descrive l’animismo e le sue caratteristiche ed
alcuni testi recenti, anche se fatti per una più grande vastità di pubblico, introducono lo
sciamanesimo come un fenomeno mondiale con una struttura “eliadista”, ma comunque non
riescono a spiegare la formazione dello sciamanesimo (Perrin 1995, Vitebsky 1995).
Vorrei parlare di una cosa curiosa, a proposito della ricerca storica: nel primo numero del periodico
Asian Folklore del 1979 vennero pubblicato molti studi sul tema della concezione delle immagini
dell’anima in connessione con lo sciamanesimo (vedi Kim 1979). Quel numero pubblicò uno delle
conferenze internazionali così che si poteva leggere di alcune credenze riguardanti l’anima di popoli
indiani, senegalesi, thailandesi, giapponesi e cinesi. Sfortunatamente questi articoli erano più delle
sinossi delle conferenze svolte, alcune della quali mancanti dell’apparatus philologicus, anche se
molti articoli che diffondevano materiale folklorico originale sarebbero serviti negli studi
comparativi degli anni successivi.
Questa è una della ragioni per cui stiamo pianificando di preparare un lavoro completo che prenderà
alcuni volumi intitolato Encyclopedia of Uralic Mithologies (editori capo: V.V. Napolskikh & A. L.
Siikala & M. Hoppàl; per essere pubblicato nella serie Ethnologia Uralica) in cui descriviamo e
compariamo le concezioni dell’anima tra le popolazioni Ugro-Finniche (Uraliche).
Gli sciamani, come è risaputo, avevano differenti ruoli all’interno delle varie società in cui si
trovavano (es. curare i malati, divinatori, eseguire i sacrifici), ma tutte queste hanno in comune il
fatto che in qualche modo essi contattano gli spiriti. L. E. Sullivan disse bene quando affermò “Gli
sciamani sono esperti nel movimento dell’anima perché non solo sanno controllare l’estasi della
loro anima, ma si specializzano nella conoscenza e si prendono cura anche delle anime altrui.”
(Sullivan 1994)
In questo studio non cercherò di descrivere i metodi con i quali gli sciamani cercano di mantenere
l’anima umana in equilibrio, voglio solo illustrare la relazione con lo spirito del mondo con esempi
tratti dalla mitologia dello sciamanesimo, tra cui sicuramente la relazione con spiriti ausiliari, in
quanto almeno lo sciamanesimo siberiano mostra prove di questo legame. Un aspetto interessante è
anche l’obiettivo finale della comunicazione con gli spiriti è quietare l’anima dell’essere umano per
assicurare un equilibrio spirituale fisico, e biologico.
Mitologia animista nello Sciamanesimo
Tra le persone con uno stile di vita basato sulla caccia e la pesca l’interazione quotidiana con il
proprio ambiente naturale ha dato vita ad una visione del mondo unica, il cui punto di partenza è
che non solamente l’essere umano, ma tutte le cose animate ed inanimate del mondo hanno
un’anima. Per questo motivo il sistema di credenze dei siberiani classifica la conoscenza del mondo
in una sorta di “natura-animismo” (Paulson, 1964). In questa forma di pensiero l’ambiente è di
primaria importanza, in altre parole: la visione del mondo mitologica prevede una mentalità molto
ecologica, di rispetto per l’ambiente, donando allo sciamanesimo un contesto unico o, più
esattamente, ci aiuta a comprendere il concetto di spiriti sciamani ausiliari che deriva da questo
atteggiamento. Quindi porterò alcuni esempi poco conosciuto di folklore siberiano. Una di queste
concezione è quella degli spiriti possessori.
N.A. Alekseev, uno specialista delle credenze folkloriche della popolazione turco-siberiana,
pubblicò il suo lavoro monografico nel 1980 descrivendo le prime forme di religione di queste
nazioni. In un capitolo del suo lavoro, “The Deification of Nature and Elemental Forces” (La
deificazione della natura e delle forze elementali) si ricollega allo sciamanesimo. In questo capitolo
egli scrive a proposito degli spiriti possessori del fuoco, dell’acqua, delle montagne e delle foreste,
puntualizzando che “[…]nella coscienza di coloro che credevano in essi, la maggior parte degli
spiriti si fondeva totalmente con le cose che presiedevano”. I nomi (aazi o in Yakut icci) e i
rispettivi fenomeni naturali erano completamente identici
“Per le popolazioni sud altaiche ogni montagna, ogni lago o fiume aveva il proprio spirito, che
possedeva il luogo ed aveva autorità sugli animali e gli uccelli che lì vivevano. Poteva proteggere le
persone che abitavano o che semplicemente passavano da lì. Si credeva che gli spiriti possessori
fossero in grado di comprendere il linguaggio umano e nel mito questo è associato al fatto che,
come le persone, potessero anche avere figli e che con preghiere, suppliche e sacrifici si potesse
ottenere la loro benevolenza.” (Alekseev 1980: 63)
A. Gogolev menziona questi spiriti nel suo lavoro sulla mitologia Yakut, così: “Per le credenze
Yakut gli icci sono una categoria unica di esseri presenti in specifici oggetti o fenomeni naturali
come una misteriosa forza interna. Tra gli icci vi è una categoria più elevata, uguale alle divinità.
Questi esseri non appartengono né alla categoria degli ayi né degli abasi. Se alcune regole vengono
rispettate essi possono sono utili agli esseri umani in varie situazioni, poiché la gente può vederli
come protettori…per tutti gli icci venivano fatti dei sacrifici di sangue. Tra gli icci un posto speciale
era dato allo spirito della Madre Terra, Aan Doydu iccite” (Gogolev 1994: 42)
Lo spirito della Madre Terra era visto come importante e meritevole di rispetto speciale da parte
delle persone dell’intera Siberia (così come anche dagli Indiani d’America).
Preghiere ed invocazioni sono una forma speciale, composte di atti parlati, che al di fuori del loro
contesto rituale non esistono e perdono il loro significato. Esse sono validate non solamente dal
testo che, a parte certi frasi, è completamente improvvisato, ma anche dal fatto di essere
pronunciate, dall’atto stesso del parlare.
“Gli šori credono nell’esistenza degli spiriti delle montagne (tag-azi) e spiriti acquatici (shug-azi).
Ogni clan ha la sua montagna e il proprio spirito della montagna, che protegge i membri del clan.
Ogni tre anni cerimonie sacrificali vengono tenute su di essa. Quando lo šori si trova presso quella
particolare montagna o corso d’acqua, per esprimere rispetto, dona una libagione allo spirito
possessore della montagna o del fiume. Per i Kumandines lo spirito dell’acqua è immaginato come
una donna nuda dalle braccia molto lunghe, mentre i Tuvanus creano degli ovaa di pietre ed
essiccano rami per lei sulle rive dei fiumi e vicino ai guadi. Poiché somigliano ad una sorta di
capanna, all’interno vengono riposti alcuni oggetti sacrificali: pietre, stracci e crine di cavallo.
Prima di attraversare il fiume solitamente compiono un sacrificio.” (Alekseev 1980: 72-73)
Tra i Tuvans il culto delle sorgenti (arzhan), specialmente quello delle fonti medicinali, era
ricollegato al culto degli alberi che crescono attorno ad essa. Questo accadeva in modo particolare
se la crescita o la forma dell’albero erano differenti da quella normale, per esempio se l’albero
aveva un doppio tronco o se le fronde erano composte da rami cresciuti in modo irregolare. Alberi
di questo tipo erano chiamati “alberi sciamani”. Se uno di questi alberi si trovava vicino ad una
sorgente, sotto l’albero gli sciamani tenevano le loro cerimonie.
I passanti solitamente si fermavano, ed ancora oggi le macchine si fermano davanti a questi alberi
speciali; qualcuno lascia dei soldi o lega un pezzo dei propri vestiti o fazzoletto ai rami, lascia un
pettine od altri oggetti personali. Essi danno un potere speciale a questi alberi e credono che essi
portino buona fortuna per i viaggi e che proteggano le persone dagli incidenti. Questa credenza è un
segno di incondizionata fiducia nei confronti del potere della natura, la convinzione in un potere
talmente potente da poter avere controllo anche sul destino umano.
Quando il cacciatore Yakut è pronto per la caccia egli si rivolge agli spiriti della foresta: prima di
tutto prova a conquistarsi il loro favore, quindi rovescia un po’ di olio nel fuoco. Poi si inginocchia,
mette le mani sopra il cuore, si inchina verso il fuoco e dice un’alghis (una preghiera di
benedizione). Dopo aver cominciato non gli è permesso tirarsi indietro.
“Prima di cominciare qualche volta tengono un sacrificio (salama): tendono una corda tra due alberi
all’altezza delle braccia, la cui lunghezza è pari a quella di “sette piccole braccia”. Su di essa
appendono una pelle di lepre e del crine preso dalla criniera di un cavallo bianco, e vi attaccano
delle penne di picchio. Questo sacrificio era diretto a Bayanay. Essi, nelle loro preghiere, chiedono
una ricca preda allo spirito della cupa foresta. Nei tempi antichi uno sciamano bianco teneva la
cerimonia: lo sciamano degli aydii teneva un preciso regime alimentare. Egli versava burro misto a
q’umis sul sacrificio da un hamiyah (grande cucchiaio di legno). In occasione dell’alghis il prete,
urlando ‘Uruy!’, cospargeva di q’umis anche il cacciatore.
Le popolazione turche, comunque, non erano le sole che conoscevano e rispettavano gli spiriti delle
foreste, caratteristica anche delle tribù che vivevano più a nord.
Il ricercatore finnico Toivo Lethisalo visitò gli Yurak-Samoiedi nel 1912, raccogliendo dati
interessanti. Tra le foreste Yrak, che appartenevano al gruppo di popolazione uralico, l’esistenza di
una visione del mondo prettamente animistica era data per scontata ancora all’epoca. Gli spiriti
della foresta, i parnee, per esempio, erano una di queste categorie: un essere invisibile e malvagio
che poteva arrivare ad uccidere le persone. Si credeva fosse un essere femminile, che vive nel
terreno all’interno del tronco di tronco d’albero cavo e, secondo alcuni, ha sembianze di essere
umano e possiede delle ali.
Uno Harva preparò un esaustivo lavoro di studio sulla mitologia ugro-finnica nelle prime decadi del
ventesimo secolo, dedicando alcuni capitoli del suo lavoro sul tema dell’animismo. Egli descrive gli
spiriti delle foreste e delle acque (cielo e vento), madre del fuoco, ed i luoghi degli spiriti delle
piante e della Terra (Harva 1927: capitoli XI – VI). Tra i Selkups, che vivono tra il fiume Op, si
possono trovare ancora credenze animistiche, perciò S. M. Malinovskaya (1990) riporta che per
assicurarsi il successo della pesca si doveva fare un regalo od un sacrificio allo spirito dell’acqua
(utkim-loz).
Tra i Nenet, che vivono nel nord della Siberia, le credenze animistiche sono vive ancora oggi.
Questo è il soggetto della conferenza di M. Ya. Bamichs del 1990 ad Helsinki, il cui tema principali
erano le religioni delle regioni settentrionali e circumpolari.
“I Nenet sono sempre stati a conoscenza dell’esistenza degli spiriti (tadebtso in lingua nenet) che
vivono fianco a fianco con loro. Essi credono che gli spiriti buoni li proteggano dagli spiriti malvagi
e che donino loro una vita fortunata. Usanze e tabù sono due aspetti della loro vita spirituale,
positivo e negativo.
Così l’usanza di nutrire il fuoco rivela un tratto di benevolenza verso gli spiriti del fuoco, usanza
vissuta fino ai giorni nostri. Quando si siedono per cenare è sicuro che una persona anziana, se non
tutti sono presenti al pasto, lanci un pezzo dell’alimento e versi la zuppa, te o alcolici nel fuoco. I
tabù connessi con il culto del fuoco sono diretti al non danneggiarlo od inquinarlo, in quanto dona
calore e di mantenerlo vivo; così alle persone è vietato versare avventatamente l’acqua sul fuoco,
buttare nel fuoco la polvere che viene spazzata o sputare nel fuoco. È uso comune che sia vietato
aizzare il fuoco con oggetti di metallo affilato perché la padrona del fuoco potrebbe esserne colpita.
Donne e ragazze non possono camminare sopra il fuoco in quanto sono considerate “sporche” e lo
inquinerebbero.
I Samoiedi credono anche che il fuoco sia un essere vivente, solitamente una vecchia donna. I
movimenti delle fiamme sono considerati i suoi movimenti, Lei è la guardiana della tenda che
immediatamente si arrabbia se qualcuno butta spazzatura o avanzi di legno nel fuoco, se sputa nel
fuoco e lo colpisce. Quando i bambini perdono i denti gli viene detto di lanciare i denti nel fuoco
così che la vecchia nonna fuoco possa dargliene di nuovi. Essi sono sbalorditi dalle fiamme e
rispettano il suo potere così tanto che giurano su di lei, dicendo “possa io essere inghiottito dalla
vecchia nonna fuoco se sono colpevole!) (Lehtisalo 1924: 103)
Tra la popolazione turca della Siberia i Tuvans tengono l’obbligatoria festa famigliare del fuoco:
sotto la direzione di alcuni dei più potenti sciamani sacrificano un agnello od un vitello al fuoco.
Nutrendolo anche con olio e burro fanno in modo che per l’anno seguente lo spirito si prenda cura
dei membri della famiglia, della loro salute e della loro felicità. (Kenin-Lopsan 1993: 31). Gli Yakut
inseriscono gli spiriti del fuoco (Uat iccite) tra gli spiriti più venerati, elevati al rango di divinità.
“Per gli Yakut questo dio era un vecchio uomo dai capelli grigi, molto loquace, in perpetuo
movimento. Le chiacchiere e le sciocchezze che dice sono comprensibili solamente a pochi: gli
sciamani lo comprendono, anche i bambini piccoli le cui orecchie ancora non sono abituate al
chiacchiericcio degli esseri umani. Il fuoco, bruciando all’interno del cuore della famiglia
comprende perfettamente cosa viene detto e fatto attorno a lui. Questo è il motivo per cui viene
raccomandato di non insultare il fuoco perché potrebbe essere pericoloso. Si pensa ad esso come ad
un essere animato, di conseguenza non si attizza con il metallo. Le donne cercano sempre di
mantenere soddisfatto il fuoco, per questo gli donano sempre un pezzetto di ogni cosa che cucinano
o preparano, mentre gli vengono offerte anche parte delle prede di una battuta di caccia andata a
buon fine” (Gogoley 1994:19).
Anche i Tungusi del lontano oriente personificano il fuoco e donano al suo spirito cibo e bevande
(Tugokulov 1978: 425)
La maggior parte degli Uiguri vive oggi in Cina. Zhong Jinwen, ricercatore sullo sciamanesimo
degli Uiguri “gialli” (Yoghur), ha studiato il culto del Sole, della Luna e dei corpi celesti nelle fiabe
popolari Uiguri. Come punto di partenza presero il fatto che lo sciamanesimo Yoghur è basato sul
concetto che ogni cosa in natura possiede un’anima. Uno degli esempi più interessanti a favore di
questa testi è quello del sole:
“Il Sole ed il fuoco erano originariamente lo stesso dio per l’uomo primitivo e si divisero in due
divinità distinte in un periodo successivo, con l’avanzamento sociale. Il dio-sole nutre e sostiene
tutte le creature viventi mentre il dio-fuoco esiste per il semplice beneficio dell’essere umano”.
(Zhong 1995)
Gli spiriti aiutanti dello Sciamano
Come abbiamo visto la mitologia animista degli sciamani siberiani, che è piena di spiriti, fornisce
un contesto ideologico che serve da base per la formazione dell’idea degli spiriti ausiliari. Fornirne
una prova è obiettivo di questo articolo.
Due cose sono conseguenti ad una visione del mondo animista: l’ideologia del totemismo da un lato
e l’idea dell’esistenza di spiriti ausiliari dall’altro. Non discuterò del totemismo in questo articolo
perché ne ho già dato una panoramica in uno scritto precedente.
Già M. Eliade aveva chiarito il ruolo centrale degli spiriti ausiliari, che possono arrivare a diventare
anche l’alter ego dello sciamano stesso. In particolare questo è il motivo per cui il bisogno di
identificazione dello sciamano con lo spirito ausiliare può essere compreso. In questo caso lo
sciamano si avventura nel viaggio dell’anima in forma di animale. Vi sono alcuni studi che
menzionano questi aiutanti in forma d’animale (vedi Perrin 1995: 38-29; Vitebsky 1995: 66)
“[…] gli spiriti guida sono avvertiti come fondamentali per le capacità ed il potere dello sciamano,
incarnazioni letterali della sua forza psichica e magica.
Ci sono due tipi base di spiriti guida. In primo luogo ci sono spiriti che in pratica si trovano sotto il
controllo dello sciamano e che servono da suoi familiari. Ma ci sono anche altri spiriti, che vengono
visti più come guardiani od aiutanti, che sono disponibili nel momento in cui lo sciamano ha
bisogno e li chiama in suo aiuto. Questi possono essere divinità minori o spiriti di altri sciamani
ormai deceduti, entità che mantengono una certa indipendenza nel loro particolare reame e che non
sono automaticamente soggetti al controllo dello sciamano.
Generalmente gli sciamani siberiani hanno aiutanti come orsi, lupi o lepri, oppure uccelli come
oche, aquile e gufi. Gli Yakut, per esempi, vedono i tori, le aquile e gli orsi come i loro più forti
alleati preferendoli a lupi o cani, gli spiriti degli sciamani minori.
L’idea di spiriti ausiliari dalla forma animale può derivare dalla loro antica indole, dall’età in qui per
l’essere umano gli animali rappresentavano sia degli idoli sia forze imperscrutabili che potevano
scarsamente controllare, e solo con l’aiuto della magia. Questa era va indietro sino al Paleolitico,
quando gli animali erano generalmente visti come superiori e sacri, motivo per cui essi venivano
ritratti nelle antiche incisioni rupestri, nell’arte rupestre e nelle pitture delle caverne. Le figure
umane, che rappresentavano le prime apparizione di sciamani o detentori di potere magico,
apparvero solamente più tardi (vedi Hoppal 1995: 37; Vitebsky 1955: 28-29). È quindi
perfettamente naturale che gli sciamani volessero identificarsi con questi animali forti, potenti ed
intelligenti.
Gli sciamani, comunque, possiedono non solamente aiutanti animali in quanto l’animismo prevede
che qualsiasi fenomeno naturale possa servire da spirito ausiliario. Ancora oggi uno dei problemi
più importanti all’interno dell’antropologia è quanto il ricercatore sia in grado di penetrare la cultura
attraverso l’esaminazione, quanto egli/ella sia in grado di comprendere la visione del mondo e il
linguaggio di una data cultura. La capacità di linguaggio di un nativo sono estremamente importanti
nell’esaminare la mitologia e, con essa, le credenze.
Fortunatamente in Siberia oggi possiamo trovare molti nativi sia tra gli etnografi sia tra gli studiosi
di folklore che pubblicano dati e descrizioni autentiche, come M. Kenin-Lopsan, un esperto di
sciamanesimo Tuvan, che è di origine Tuvan.
Kenin-Lopsan differenziò cinque categorie di sciamani, partendo dalla credenza Tuvan che
solamente chi eredita le capacità sciamaniche può diventare un vero sciamano. Kenin-Lopsan divise
gli sciamani Tuvan in cinque gruppi, dividendoli in base all’origine dei loro poteri:
1. Sciamani che discendono da altri sciamani, o antenati sciamani. È noto che questi sciamani
chiamano i loro antenati o li menzionano nelle invocazioni prima del rituale.
2. Sciamani che hanno origine dagli spiriti della terra o dell’acqua (in Tuvan cher sug öazinden
hamnaan hamnar). I membri di questo gruppo ottengono il loro sapere sciamanico dagli
spiriti ospiti di terra o acqua. Questo è sicuramente ricollegato alle credenze animiste della
popolazione Turca locale in quanto uno dei personaggi della mitologia animista era YerShub, il Dio dell’Acqua e della Terra.
3. I membri del terzo gruppo discendono dal cielo, il loro nome è tengri boo (sciamani del
cielo). Essi hanno una relazione con l’arcobaleno: esso dona loro dei poteri od un segno per
compiere un rito sciamanico. Gli sciamani in questa categoria cantano dei varie fenomeni
naturali: tempeste, lampi e tuoni. Un uomo colpito da un fulmine era destinato a diventare
uno sciamano molto potente. Possiamo supporre che attraverso i loro spiriti ausiliari questi
sciamani Tuvan fossero responsabili del tempo.
4. Sciamani che hanno origine dagli spiriti maligni chiamati albist (albistan hamnaan hamnar).
Questi spiriti malvagi, che possono mostrarsi sia come uomini sia come donne, rubano
l’anima di colui che dovrebbe essere uno sciamano, il quale cade in un grave stato di
malattia (con fenomeni di epilessia o di demenza temporanea). Se riesce ad essere curato
verrà chiamato “sciamano asessuato” (uk chok hamnar). Questa categoria comprende alcuni
importanti e potenti sciamani.
5. L’ultimo gruppo prende anch’esso il potere dagli spiriti maligni, in particolare da un essere
dalla forma di diavolo che è chiamato aza. Questo tipo di sciamani invitano sempre i loro
spiriti ausiliari in una seduta per combattere la malattia (spiriti della malattia). Si credeva
che combattere le malattie fosse la prima funzione di questo gruppo di sciamani.
Le attività dello spirito “libero” dello sciamano sono eseguite in accordo con le varie forme animali
degli spiriti ausiliari. Questo significa che durante la trance l’anima viaggia: come pesce nuoterebbe
nelle acque sotterranee, sino al dominio dei morti, come uccello si librerebbe fino agli dei celesti del
mondo di sopra, mentre in forma di renna, cervo o toro combatterebbe contro spiriti ausiliari di altri
sciamani o contro spiriti del suolo.
Gli ausiliari dei Tungus, Nanai ed Udekhe, sono spiriti che appartengono alla famiglia e sciamani
influenti si battono per poter ottenere gli spiriti che appartengono ad un altro membro della
famiglia, parente o sciamani precedenti perché possano servire e rafforzare sé stessi. Tra gli
sciamani della popolazione Oroch ve ne furono alcuni con almeno cinquanta spiriti ausiliari (Qui Pu
1989)
Gli sciamani Buriati hanno una relazione molto intima con i loro spiriti ausiliari, come ci dice
l’interpretazione di R. Hamayon, potevano anche arrivare ad avere relazioni sessuali. L’intera
sessione sciamanica, con il crescere del ritmo del tamburo, consiste in movimenti simbolici
nell’insieme paragonabili al sesso. (Hamayton 1995: 454-491)
Spiriti ausiliari e significati simbolici a loro associati ci portano adesso ad un campo un poco
sottovalutato, verso qualcosa che potremmo chiamare semiotica dello sciamanesimo.
Qui dovremo cominciare con l’idea, ormai riconosciuta, che in una cultura qualsiasi cosa può essere
compresa come segno, secondo le teorie dell’etnosemiotica. Viviamo in un mondo di segni e
simboli e questo ha sempre avuto a che fare con i fenomeni religiosi e lo sciamanesimo siberiano
non fa eccezione. Potremmo dire che tutti gli attrezzi e le cerimonie dei rituali sciamani sono
simbolici. Innanzitutto citeremo Wilhelm Radloff, il linguista e viaggiatore dell’ultimo secolo, che
visitò le terre dei turchi altaici e pubblicò i suoi appunti di viaggio in un libro dal titolo “Aus
Subericonent” nel quale compaiono descrizioni di rituali sciamanici, partendo dallo spirito
antropomorfo del tamburo:
“Dentro al tamburo, sull’asse longitudinale della cornice c’è un manico a forma di legnetto,
solitamente rappresenta un uomo dalle mani distese, che è chiamato il signore padrone del tamburo
(tüngür asi). Una testa rotonda è scolpita alla fine del manico, all’interno di esso, con occhi a forma
di bottone sulla testa, con un ferro incastrato a simboleggiare le mani. Su questo e sul manico
vengono legati nastri rossi o blu, che simboleggiano gli antenati dello sciamani, richiamando la loro
memoria.” (Radloff: 1884: 31)
I movimenti del tamburo sono seguiti dai primi elementi del rituale: la descrizione autentica di
Radloff racconta la storia del sacrificio di un cavallo, l’invocazione degli spiriti ausiliari.
Praticamente tutte le divinità e gli spiriti del pantheon sciamanico sono invitati, “perché senza il
loro aiuto lo sciamano sarebbe incapace di intraprendere il suo viaggio, che è eseguito durante il
rituale nelle regioni del Mondo di Sopra, il regno del cielo.
Il costume che lo sciamano indossa durante il rito nella sua totalità e nei suoi più minimi dettagli un
veicolo di simbolismi attraverso l’intera Siberia (Hoppal 1995: 108 -121). Uno Holmberg-Harva
(1922) riassunse i maggiori modelli, quando parlò di tipi “uccello”, “renna” ed “orso”, i costumi
possono quindi essere differenziati. In quest’ottica tutti i tipi di costume sciamanico in ogni loro
parte rappresentano qualsiasi animale, reale od immaginario, che viene visto come aiutante dello
sciamano e che attraverso i suoi poteri ed abilità dona poteri soprannaturali allo sciamano che
indossa il costume. Tutte queste idee trovano la loro spiegazione all’interno delle radici animistiche
dello sciamanesimo.
Nel caso della sciamanesimo Tuvan uno sciamano potente non lavorerebbe senza il suo tamburo ed
il suo costume, solamente gli sciamani più deboli contano solamente su uno specchio di metallo
(küzüngü) o sullo scacciapensieri (khomuz). (Kenin-Lopsan 1993). Se nel caso dei Tuvan la
presenza o l’assenza di un oggetto può significare simbolicamente il potere dello sciamano, tra gli
Yakut definisce due categorie opposte di sciamani.
Meno conosciuto è il lavoro di A. M. Zolaretev (1964) sulle strutture sociali duali e le strutture
mitologiche dualistiche delle popolazioni siberiane. Egli raccolse dati dello sciamanesimo Yakut,
dove l’accessorio primario degli sciamani neri era il vestito, mentre lo spirito degli sciamani bianchi
era il tamburo. Questi ultimi tenevano i loro riti di giorno, mentre i primi preferivano le ore scure
della notte senza luna. Gli sciamani bianchi servono gli spiriti del cielo, mentre quelli neri scelgono
animali dal colore scuro.
È ovvio che questa serie di simboli reciprocamente opposti, che d’altronde si spiegano l’uno con
l’altro, origina da una visione del mondo coerente. Visione del mondo significa modo di pensare o,
per usare un’espressione appropriata coniata da Juha Pentikainen, una “grammatica della mente”.
(Pentikainen 1995: 266).
In poche parole noi mettiamo le parole in un certo ordine grazie alla grammatica, costruiamo un
mondo dalle parole per creare significato. Siamo cioè a conoscenza del significato delle cose dalle
loro relazioni reciproche.
Le credenze negli spiriti, nell’animismo e nel simbolismo sciamanico si supportano l’un l’altro.
Andrò ad aggiungere alcuni altri esempio a quelli che abbiamo visto prima per poter fare un po’ più
di luce sul vero messaggio di quest’antico modo di pensare, perché ha significato anche per noi. Se
ogni cosa in natura ha uno spirito (o anima) allora dobbiamo comportarci in modo da evitare di
insultare, ferire o inquinare qualsiasi cosa.
La caratteristica di proteggere e non danneggiare la Natura è ben mostrata dal sistema di credenze e
dai tabù dei Todja che vivono nel Tuva descritti da N.A. Alekseev nel suo lavoro sulle tradizioni dei
turchi siberiani:
“Secondo le credenza dei Todja Tuvan anche i grandi laghi e fiumi hanno i loro spiriti che appaiono
alle persone solamente con una forma femminile. A queste entità vengono offerti dei sacrifici prima
della pesca: essi legano un calama sull’albero vicino al lago o fiume, o spargono del te o latte sulla
riva. Secondo le loro credenze ogni arzhan (fonte dal potere curativo) ha il suo spirito. Le persone
che vi si recano pregano questo spirito chiedendo di essere curate per almeno un anno o due.
Intorno alle arzhan la caccia è proibita perché tutti gli animali e gli uccelli sono visti come proprietà
dello spirito della fonte. Era anche assolutamente vietato inquinare le acque.” (Alekseev 1980: 7879).
Il messaggio è chiaro: è nostro dovere morale mantenere l’equilibrio dell’ordine naturale delle cose.
Prendiamo un altro esempio: la filosofia naturale di una tribù tungusi dell’estremo oriente dipinta da
uno studioso russo:
“Una chiara espressione dell’attitudine animista verso la natura erano i riti della caccia che hanno
lasciato la loro impronta all’interno di praticamente tutte le aree popolate dagli Elvenki e dagli
Eveni. Il culto della caccia dei Tungusi era basato su questa premessa: uccidere animali, uccelli,
pesci e distruggere alberi per potersi nutrire, vestire, accendere il fuoco etc. non è contro natura e
non la danneggia. Ciò che è contrario alla natura ed alla caccia è l’insensato spreco di risorse
naturali” (Tugolukov 1987: 420)
Poiché ogni cosa ha un anima (o spirito) non dovrebbe soffrire, sarebbe insensato che ciò accadesse,
perché porterebbe ad una punizione. Questa stessa regola veniva osservate in tempi più antichi da
un’altra popolazione Tungusi, i Nanai, che vivono vicino al fiume Amur.
“Nella società Nanai tradizionale l’unione tra uomo e natura era regolata dalla legge di riflessione o
“boomerang” (amdori in lingua Nanai). Osservazioni della natura durate per secoli hanno portato i
Nanai a trarre la conclusione che non è possibile torturare qualcuno senza venire poi puniti. Questo
sistema di autoregolazione dell’interdipendenza tra uomo e natura è stato mantenuto attraverso i
secoli. Al giorno d’oggi questa interdipendenza prende forme differenti e le persone hanno quasi
smesso di esserne al corrente. Le persone anziane raccontato che la distruzione nello spirito del
mondo sconvolge l’equilibrio della natura (Bulgakova 1992: 25-27)
Penso che il messaggi di questa frase, che è allo stesso tempo un dato etnografico, sia abbastanza
chiara: è un programma per un nuovo, ecologico, consapevole animismo (eco-animismo) per la
protezione dell’ambiente.
Sfortunatamente ho visto con i miei occhi, mentre lavoravo i campi assieme ai Nanai, quante ferite
sopporta la terra, quanto inquinato sia il fiume maestoso, anche se ancora ricco di pesce, e quanto
siano vulnerabili le persone quando devono cavarsela da sole, private delle loro tradizioni.
È quindi evidente che, la comprensione etno-ermeneutica (ethnohermeneutical (Hoppal 1992) dello
sciamanesimo può portare alla rivelazione che il sistema di credenze delle popolazioni siberiane, la
loro visione del mondo mitologica e la loro pratica delle sciamanesimo sono come una sorta di
enorme frigorifero o congelatore che hanno conservato non solamente l’idea dell’animismo
(Gemuyev ed Alii 1989: 136-137), ma anche il fatto che esso è un messaggio valido anche ai giorni
nostri, un messaggio che è servito a proteggere l’ambiente sin dai tempi più antichi fino ad ora.
Il messaggio è: l’equilibrio deve essere mantenuto in tutto rispetto, il compito tipico dello sciamano.
Questo è il motivo per cui siamo d’accordo con Nevill Drury: “ Lo sciamanesimo è un animismo
applicato”. (Drury 1989:5)
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