Il trattamento dei foreign terrorist fighters nell`ordinamento britannico
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Il trattamento dei foreign terrorist fighters nell`ordinamento britannico
FOCUS HUMAN RIGHTS – 30 SETTEMBRE 2015 Il trattamento dei foreign terrorist fighters nell’ordinamento britannico alla luce della ris. 2178 UNSC: un’applicazione conforme? di Alice Riccardi Assegnista di ricerca in Diritto internazionale Università Telematica Internazionale Uninettuno Il trattamento dei foreign terrorist fighters nell’ordinamento britannico alla luce della ris. 2178 UNSC: un’applicazione conforme?* di Alice Riccardi Assegnista di ricerca in Diritto internazionale Università Telematica Internazionale Uninettuno Sommario: 1. Introduzione. 2. L’ordinamento britannico era già conforme alla ris. 2178? Il sistema di prevenzione dei movimenti di sospetti terroristi all’interno del territorio dello Stato ed in uscita da esso. 3. …e il sistema di prevenzione all’ingresso. 4. Segue: le fattispecie incriminatrici. 5. Il Counter-Terrorism and Security Act 2015. 6. Segue: i temporary exclusion orders. 7. Rilievi conclusivi. 1. Introduzione Una certa parte della dottrina sostiene con sempre più insistenza che il complesso normativo in materia di repressione del terrorismo internazionale sviluppatosi a partire dal 2001 si caratterizzerebbe in senso trans-nazionale o globalizzato. 1 Tali autori affermano che la propagazione delle regole tese a contrastare il terrorismo internazionale assomiglierebbe al paradigma già enunciato da Jessup nel 1956: 2 uno sviluppo diffuso, sia in senso verticale che Articolo sottoposto a referaggio. Per una definizione di diritto trans-nazionale in generale, v. P. ZUMBANSEN, Transnational Law, in J. SMITS (a cura di), Encyclopedia of Comparative Law, Londra, 2006, p. 738 ss, pp. 738-740. Utilizzano la categoria del diritto trans-nazionale per leggere la risposta giuridica al fenomeno dei foreign terrorist fighters, C.C. MURPHY, Transnational Counter-Terrorism Law: Power and Legitimacy in the ‘Wars on Terror’, in Transnational Legal Theory 16/2015; G. SULLIVAN, Transnational Legal Assemblages and Global Security Law: Topologies and Temporalities of the List, in Transnational Legal Theory 5/2014 p. 81 ss. Contra v. V.V. RAMRAJ, The Impossibility of Global Anti-Terrorism Law?, in V.V. RAMRAJ - M. HOR - K. ROACH - G. WILLIAMS (a cura di) Global Anti-Terrorism Law and Policy, Cambridge, 2012, p. 53 ss. 2 Cfr. P.C. JESSUP, Transnational Law, New Haven, 1956. * 1 2 federalismi.it – Focus Human Rights |n. 4/2015 orizzontale,3 teso ad una convergenza regolamentare fra diversi ordinamenti.4 Si ritiene in altre parole che il processo trans-nazionale di contaminazione giuridica in tema di anti-terrorismo impedirebbe agli Stati di isolarsi, costringendoli a rispondere uniformemente al fenomeno terroristico secondo le direttive dell’attore ‘globale’ per eccellenza, il Consiglio di sicurezza delle Nazioni unite (UNSC o Consiglio).5 La ris. 2178 dello UNSC rappresenterebbe in tale contesto la prova certa dell’ormai avvenuta transizione da una vita di relazione internazionale fra governi ad un mondo dominato da un sistema di “global governance”;6 e della trasformazione del diritto internazionale da un diritto della coesistenza ad un diritto non più solo della cooperazione, ma addirittura globalizzato.7 Deve sottolinearsi in proposito come la lettura del diritto internazionale contemporaneo in senso altamente istituzionalizzato non sia certamente una novità.8 Di converso, l’idea che lo UNSC – appropriandosi di un ruolo assimilabile, appunto, a quello di “governance” – abbia oramai distorto le dinamiche attraverso cui le norme del diritto internazionale si sono sino ad oggi generate può essere particolarmente pericolosa;9 chi scrive ritiene che non si è esaurita la necessità di avere un modello ricostruttivo e descrittivo che permetta di giudicare se l’odierna risposta giuridica al terrorismo si muova entro le categorie della liceità e della legittimità.10 Se è vero che Cfr. H.H. KOH, Transnational Legal Process, in Nebraska Law Review 75/1996, p. 181 ss., p. 206. Cfr. K. L. SCHEPPELE, The International Standardisation of National Security Law, in Journal of National Security Law and Policy 4/2010, p. 437 ss., p. 437-438. 5 Cfr. M. SCHEININ A Comment on Security Council Res 2178 (Foreign Terrorist Fighters) as a “Form” of Global Governance, in Just Security, 6 ottobre 2014, www.justsecurity.org/15989/comment-security-council-res2178-foreign-fighters-form-global-governance. Per un’analisi della questione in termini generali, v. S. TALMON, The Security Council as world legislature, in American Journal of International Law 99/2005, p. 174 ss., p. 175. 6 Cfr. M. KOSKENNIEMI, The Politics of International Law: 20 Years Later, 20 European Journal of International Law 20/2009, p. 7 ss., p. 15. Fra gli altri, a denunciare il ruolo di cui lo UNSC si starebbe appropriando, v. M. SCHEININ, Back to post-9/11 Panic? Security Council Resolution on Foreign Terrorist Fighters, in Just Security, 23 settembre 2014, www.justsecurity.org/15407/post-911-panic-security-council-resolution-foreignterrorist-fighters-scheinin. 7 V. W. FRIEDMANN, National Sovereignty, International Cooperation and the Reality of International Law, in UCLA Law Review 10/1963, p. 739 ss.; v. anche P.M. DUPUY, International Law: Torn between Coexistence, Cooperation and Globalization. General Conclusions, in European Journal of International Law 9/1998, p. 278 ss., p. 286. 8 Cfr. B. SIMMA, A.L. PAULUS, The “International Community” Facing the Challenge of Globalisation, in European Journal of International Law 9/1998, p. 266 ss., pp. 276-277. 9 Cfr. Z. GOLDMAN, The Foreign Fighters Resolution: Implementing a Holistic Strategy to Defeat ISIL, in Just Security, 29 settembre 2014, www.justisecurity.org/15721/foreign-fighter-resolution-implementingholisitic-strategy-defeat-isil. V. anche R. CADIN, Mappa delle attività del Consiglio di Sicurezza nel 2014: le dieci dinamiche prevalenti nell’anno della débacle, in Ordine internazionale e diritti umani 1/2015, pp. 148 ss., pp. 150, 151. 10 Per una ricostruzione del possibile fondamento giuridico della ris. 2178 UNSC, v. M. SOSSAI, Foreign terrorist fighters: una nozione ai confini del diritto internazionale, in federalismi.it, p. 1 ss., pp. 4-5. 3 4 3 federalismi.it – Focus Human Rights |n. 4/2015 esorbita dall’obiettivo del presente lavoro quello di cercare di delineare le caratteristiche di un tale modello, è vero anche che l’analisi dell’esecuzione a livello interno degli obblighi imposti dal Consiglio può comunque costituire un valido contributo al dibattito descritto. A parte pochissimi esempi,11 sono difatti rari gli interventi in dottrina tesi a testare la validità empirica della lettura trans-nazionale della risposta giuridica al terrorismo internazionale o la natura di governance globale del Consiglio rispetto a tale materia.12 In particolare, la prima prassi esecutiva della ris. 2178(2014) adottata dal Consiglio il 24 settembre del 2014 pare dimostrare l’imprecisione della tesi secondo la quale il perseguimento dell’interesse “globale” della lotta al terrorismo internazionale comporti l’irrilevanza degli interessi individuali di ciascuno Stato. Fra gli altri, il caso britannico si dimostra uno dei più rilevanti. Le norme introdotte con il Counter-Terrorism and Security Act 2015, difatti, perseguono sì un interesse comune – quello di rispondere al fenomeno dei c.d. combattenti terroristi stranieri – ma offrono delle soluzioni che le pagine che seguono descriveranno come individualistiche, capaci in astratto di compromettere i rapporti del Regno Unito con gli altri Stati e di pregiudicare l’adempimento da parte dello stesso di obblighi di diritto internazionale generale e specifici in materia di terrorismo (sia di natura pattizia che scaturenti dalla stessa ris. 2178). In particolare, ci si riferisce qui all’invenzione dei temporary exclusion orders – un istituto attraverso cui la giurisdizione inglese cerca di ritrarsi all’interno dei propri confini territoriali. Prima di dedicarsi all’analisi di tale istituto, le pagine che seguono descriveranno brevemente il sistema britannico di risposta al fenomeno dei foreign terrorist fighters già vigente prima dell’adozione della ris. 2178 (2014), per poi soffermarsi sulle novelle introdotte con il menzionato Counter-Terrorism and Security Act del 2015. L’analisi cercherà di evidenziare le criticità di tali norme – con particolare riguardo al rispetto del diritto internazionale dei diritti umani – e di comprendere se il Regno Unito abbia strumentalizzato l’obbligo di adeguamento discendente dalla risoluzione in parola, travalicandone i confini.13 Tra cui v. G. SULLIVAN, Transnational Legal Assemblages and Global Security Law: Topologies and Temporalities of the List, cit. 12 Auspica maggiori sforzi in tal senso, ad esempio, C.C. MURPHY, The Dynamics of Transnational CounterTerrorism Law: Towards a Methodology, Map, and Critique, in King’s College London Dickson Poon School of Law Legal Studies Research Paper Series: Paper No. 2014-42, 2014, p. 1 ss., p. 15. 13 Uno scenario già evocato da A. BIANCHI, Assessing the Effectiveness of the UN Security Council’s Antiterrorism Measures: The Quest for Legitimacy and Cohesion, in European Journal of International Law, 17/2006, p. 881 ss., p. 899. 11 4 federalismi.it – Focus Human Rights |n. 4/2015 2. L’ordinamento britannico era già conforme alla ris. 2178? Il sistema di prevenzione dei movimenti di sospetti terroristi all’interno del territorio dello Stato ed in uscita da esso. Come evidenziato da altri,14 la ris. 2178 si fonda su tre pilastri: il contrasto alla radicalizzazione e all’estremismo; 15 l’introduzione di misure di prevenzione volte a controllare i movimenti di sospetti terroristi; e l’approvazione di nuove fattispecie incriminatrici che estendano l’ambito della repressione statale ad atti finora non ritenuti meritevoli di tutela penale.16 Tralasciando la prima categoria di obblighi posti a carico degli Stati e venendo subito all’analisi della seconda, deve rilevarsi come il sistema britannico sembrava rispondere alle esigenze espresse dallo UNSC ben prima della fine di settembre del 2014, quando la ris. 2178 è stata approvata. Due atti legislativi, in particolare, avevano già introdotto una serie di misure tese a controllare i movimenti di un individuo sospettato di terrorismo.17 Anzitutto, la sezione 41 del Terrorism Act 2000 aveva attribuito alle forze di polizia il potere di procedere all’arresto di un individuo “reasonably believed to be a terrorist” per un periodo massimo di 14 giorni senza la necessità di un mandato d’arresto né di un’imputazione, salva conferma dell’arresto da parte del giudice entro In generale v. M. SOSSAI, Foreign terrorist fighters: una nozione ai confini del diritto internazionale, in federalismi.it, 25 settembre 2015, p. 1 ss.; v. inoltre R. CADIN, Il Consiglio di Sicurezza torna a legiferare nella Risoluzione 2178(2014) sui "combattenti terroristi stranieri, in Ordine internazionale e diritti umani 4/2014, p. 857 ss. 15 Particolarmente controverse risultano talune delle misure introdotte nel corso degli anni e l'odierna Parte 5 del Counter-Terrorism and Security Act 2015 poiché impone, fra le altre cose, un obbligo di prevenzione a carico di istituzioni scolastiche ed universitarie, enti locali, istituti di detenzione e il servizio sanitario nazionale. V. sezione 26 Counter-Terrosim and Security Act 2015 secondo cui una “specified authority must, in the exercise of its functions, have due regard to the need to prevent people from being drawn into terrorism. ” Il Parlamento britannico sta attualmente redigendo un Counter-Terrorism and Security Act 2015 (Risk of Being Drawn Into Terrorism) (Guidance) Regulations 2015 che dovrebbe chiarire come questo obbligo dovrebbe declinarsi. V. www.publications.parliament.uk/pa/cm201516/cmgeneral/deleg9/150910/150910s01.htm. In dottrina v. A. RICHARDS, From Terrorism to Radicalization to Extremism: Counterterrorism Imperative or Loss of Focus?, in International Affairs 91/2015 p. 371 ss. 16 In generale v. A. CAVALIERE, Considerazioni critiche intorno al d.l. antiterrorismo n. 7 del 18 febbraio 2015, in Diritto penale contemporaneo, 31 marzo 2015, www.penalecontemporaneo.it/tipologia/4-/-/-/3803considerazioni_critiche_intorno_al_d_l__antiterrorismo_n__7_del_18_febbraio_2015. 17 Il terrorismo è definito alla sezione 1 del Terrorism Act 2000 “the use or threat of action where: (a) the action falls within subsection (2); (b) the use or threat is designed to influence the government or to intimidate the public or a section of the public; and (c) the use or threat is made for the purpose of advancing a political, religious or ideological cause. (2) Action falls within this subsection if it— (a) involves serious violence against a person, (b) involves serious damage to property, (c) endangers a person’s life, other than that of the person committing the action, (d) creates a serious risk to the health or safety of the public or a section of the public, or (e) is designed seriously to interfere with or seriously to disrupt an electronic system.” Per un commento circa tale definizione v. K. HARDY – G. WILLIAMS, What Is “Terrorism”? Assessing Domestic Legal Definitions, in UCLA Journal of International Law and Foreign Affairs 17/2012, p. 77 ss., p. 160. 14 5 federalismi.it – Focus Human Rights |n. 4/2015 48 ore. Inoltre, la sezione 44 dello stesso atto aveva introdotto un potere di “stop and search” in capo alle forze di polizia in presenza di un ragionevole sospetto che un atto di terrorismo potesse avere luogo.18 Ancora, lo Schedule 7 del Terrorism Act 2000 attribuiva al personale di frontiera di stanza presso porti ed aeroporti il potere di fermare, interrogare e ordinare la detenzione (per un massimo di 9 ore) di individui allo scopo di determinare un loro eventuale coinvolgimento in attività terroristiche. È doveroso notare, anche se solo con un accenno, come la durata e l’afflittività delle misure descritte pongano non pochi problemi di compatibilità con i diritti umani e, in particolare, con l’art. 5 della Convenzione europea dei Diritti dell’uomo (CEDU) (diritto alla libertà e sicurezza).19 In seconda battuta, il Prevention of Terrorism Act 2005 aveva introdotto i c.d. control orders – definiti alla sezione 1(1) provvedimenti “against an individual that impose obligations on him for purposes connected with protecting members of the public from a risk of terrorism”. Lo stesso Home Office ha confermato la natura giuridica ambigua del provvedimento, affermando che i control orders (e successivi sviluppi di cui si parlerà fra poco) debbano essere imposti quando l’individuo che ne è destinatario non può essere né processato né deportato.20 Queste misure si potrebbero pertanto collocare in quell’area definita da alcuni come uno stato di eccezione, 21 in cui si posizionerebbero altri strumenti ben noti quali le sanzioni individuali dello UNSC ex ris. 1267 (1999) e successive modificazioni.22 Tra gli altri obblighi discendenti dall’imposizione di un control order, la sezione 1(4)(e) prevedeva in particolare l’obbligo di dimora e la sezione 1(4)(g) addirittura il divieto di fare ingresso o uscire dal Regno Unito, o di muoversi liberamente al suo interno. Infine, la stessa sezione 1(4)(i) assicurava il potere di sequestrare il passaporto dell’individuo per tutta la durata del provvedimento. Sotto un profilo procedurale, un control order veniva adottato dal Segretario di Tale norma, cassata dalla Corte europea dei diritti dell’uomo, era poi stata sostituita con la nuova sezione 47. CEDU, 12 gennaio 2010, Gillan and Quinton v. The United Kingdom, sentenza, par. 82. 19 Circa i limiti alla privazione della libertà personale, v. Corte EDU, 30 agosto 1990, Fox, Campbell et Hartley v. The United Kingdom, Sentenza, para. 32. 20 SECRETARY OF STATE FOR THE HOME DEPARTMENT, Government Response to Third Annual Report on the Operation of the TPIM Act 2011, 12 March 2015, p. 2, www.gov.uk/government/uploads/system/uploads/attachment_data/file/411852/CM_The_Governme nt_Response_to_the_Report_by_David_Anderson_QC_WEB.PDF. 21 Cfr. G. AGAMBEN, Stato di eccezione, Torino, 2003. V anche O. GROSS, Exception and Emergency Powers: The Normless and Exceptionless Exception: Carl Shmitt’s Theory of Emergency Powers and the “Norm-Exception” Dichotomy, in Cardozo Law Review 21/2000, p. 1825 ss. In senso critico v. S. HUMPHREYS, Legalizing Lawlessness: On Giorgio Agamben's State of Exception, in European Journal of International Law 17/2006, p. 677 ss. 22 In generale, v. M. LUGATO, Sono le sanzioni individuali del Consiglio di sicurezza incompatibili con il rispetto delle garamzie procedurali?, in Rivista di diritto internazionale 2/2010, p. 309 ss. 18 6 federalismi.it – Focus Human Rights |n. 4/2015 Stato per gli Affari Interni per un periodo massimo di 12 mesi rinnovabili laddove fossero presenti due condizioni cumulative: un “reasonable ground for suspecting” il coinvolgimento dell’individuo in “terrorism-related activities”; e la necessità del provvedimento ai fini della protezione della società dal rischio di terrorismo.23 La decisione del Segretario di Stato doveva essere autorizzata dal giudice o, in casi di urgenza, confermata dallo stesso ex post.24 Inoltre, la sezione 4 prevedeva una procedura ad hoc per l’adozione di control orders della durata di 6 mesi in deroga all’art. 5 CEDU, che differiva dalla precedente per la necessaria previa autorizzazione al Segretario di Stato da parte di entrambi i rami del Parlamento a presentare la richiesta di imposizione dell’order alla High Court.25 Avverso tutti i control orders era possibile proporre appello e, per ovviare all’inconoscibilità da parte dell’individuo colpito dalla misura e del suo legale rappresentante di eventuali elementi di prova coperti da segreto di Stato, si introduceva la figura dello special advocate.26 Nel 2011 il sistema dei control orders è stato modificato attraverso il Terrorism Prevention and Investigation Measures Act 2011 che, nell’introdurre le c.d. terrorism and prevention measures, ha apportato due principali correzioni al modello precedente per rafforzarlo sotto il profilo delle garanzie procedurali: sotto un profilo probatorio, mentre l’originale impianto richiedeva solo un ragionevole sospetto, il nuovo sistema prevede che sussista quantomeno un “reasonable belief” del coinvolgimento in “terrorism-related activities”; purtroppo, nessuna variazione ha subito quest’ultimo requisito,27 che continua a dimostrarsi di difficile definizione ed eccessiva ampiezza. Inoltre, il potere del Segretario di Stato di rinnovare il provvedimento per intervalli di tempo di 12 mesi senza alcun limite massimo viene ora limitato ad un periodo non superiore ai 2 anni. Sezione 2(1) Prevention of Terrorism Act 2005. Supra Sezione 3. 25 Per una puntuale analisi, v. A. CONTE, Human Rights in the Prevention and Punishment of Terrorism: Commonwealth Approaches: The United Kingdom, Canada, Australia and New Zealand, Heidelberg, 2010, p. 552 ss. 26 Lo special advocate è definito dalle Explanatory Notes del Prevention of Terrorism Act 2005 al par. 105 come un “qualified lawyers to represent the interests of a relevant party to control order proceedings and relevant appeal proceedings where that party and his legal representative are excluded from the proceedings. The special advocate is not responsible to the party whom he represents”. Sul ruolo degli special advocates, v. HOUSE OF COMMONS, Constitutional Affairs, Seventh Report, 2005, cap. 4, www.publications.parliament.uk/pa/cm200405/cmselect/cmconst/323/32307.htm. 27 Nonostante la richiesta in tal senso dell’Indipendent Reviewer Anderson. Per un richiamo a tali richieste, v. D. ANDERSON, Terrorism Prevention and Investigation Measures 2014, Third Report of the Independent Reviewer on the Operation of the Terrorism Prevention and Investigation Measures Act 2011, marzo 2015, p. 9, www.gov.uk/government/uploads/system/uploads/attachment_data/file/411824/IRTL_TPIMs_2014_f inal_report__web_.pdf. 23 24 7 federalismi.it – Focus Human Rights |n. 4/2015 3. …e il sistema di prevenzione all’ingresso. Se la breve descrizione del sistema britannico di prevenzione dei movimenti interni ed in uscita di sospetti terroristi pre-2014 non fosse già sufficiente a dimostrarne l’aderenza alle richieste odierne dello UNSC, può essere utile ricordare come il Regno Unito avesse inoltre introdotto ulteriori misure atte a vietare l’ingresso, il transito o la permanenza sul territorio dello Stato di individui stranieri o naturalizzati sospettati di terrorismo, come oggi richiesto dal paragrafo 8 della ris. 2178. Tali misure erano state adottate nell’ambito di due diverse materie, ovvero quelle della cittadinanza e del trattamento degli stranieri.28 Per quanto riguarda la materia della cittadinanza, l’Immigration Act 2014, in vigore dal 14 maggio dello stesso anno, ha modificato la sezione 40 del British Nationality Act 1981 prevedendo il potere in capo al Segretario di Stato di privare un individuo della cittadinanza britannica laddove: questi l’avesse ottenuta tramite naturalizzazione; la perdita della cittadinanza sia “conducive to the public good because the person, while having that citizenship status, has conducted him or herself in a manner which is seriously prejudicial to the vital interests of the United Kingdom”; e sussistano “reasonable grounds to believe” che la persona sia capace di ottenere la cittadinanza di un altro Stato. Come evidente, tale ultimo requisito permette al Segretario di Stato di revocare la cittadinanza britannica anche nell’eventualità in cui ciò renda apolide l’individuo colpito dalla misura.29 Per giustificare una tale disposizione, L’Home Office ha reso noto che la nuova sezione 40 appena descritta si applica solo nei confronti di coloro che siano coinvolti in attività di terrorismo, spionaggio, crimine organizzato e crimini di guerra commessi nei confronti di vittime britanniche e appartenenti a forze alleate.30 Secondo il legislatore, tali limitazioni ratione materiae sarebbero conformi alla riserva operata dal Regno Unito in sede di ratifica della Convenzione delle Nazioni Unite sulla riduzione dell’apolidia del 1961 in forza della quale il Regno Unito stesso mantiene il diritto di revocare la cittadinanza ad un individuo rendendolo apolide qualora questi abbia seriamente pregiudicato un interesse vitale della Maestà britannica. 31 È evidente Sulla dialettica cittadino/straniero e lotta al terrorismo, v. T. YIN - D. ABRAHAM, The Alien-Citizen Distinction and the Global War on Terrorism, in Y. PELED - N. LEWIN-EPSTEIN - G. MUNDLAK - J.L. COHEN (a cura di), Democratic Citizenship and War, Londra, 2014, pp. 77 ss. 29 Come espressamente riconosciuto in Explanatory Note, Immigration Act 2014, para. 402. 30 Supra, para. 405. V. anche UK Visas and Immigration, Nationality Instructions, vol. 1 ch. 55, Deprivation and Nullity of British Citizenship, 17 marzo 2014. 31 Declaration and Reservations, Convention on the Reduction of Statelessness, United Nations, Treaty Series, vol. 989, p. 175. Si veda, inoltre, JOINT COMMITTEE ON HUMAN RIGHTS, Legislative Scrutiny: Immigration Bill (Second Report), 3 marzo 2014. 28 8 federalismi.it – Focus Human Rights |n. 4/2015 come tale rilievo non pone l’Immigration Act 2014 al riparo da critiche.32 Anzitutto, il criterio del “seriously prejudicial” è difficilmente comprensibile, considerato poi che l’Home Office stesso ha affermato di non volerne offrire una precisa descrizione. 33 Bisogna poi ricordare come in via generale la privazione della cittadinanza in forza dell’art. 8(4) della citata Convenzione possa avvenire solo nel rispetto del principio di proporzionalità, che deve essere valutato caso per caso. Inoltre, ci si può legittimamente chiedere come possa concretamente avvenire la deportazione di un individuo reso apolide verso un altro qualsiasi Stato. Di certo, un apolide presente sul territorio britannico (presunto terrorista, poi) non potrà lasciare autonomamente il territorio dello Stato, non disponendo di un valido documento di viaggio: e forse anche questo rientra negli obiettivi del governo, perché quell’individuo sarà facilmente controllabile. Più probabilmente, la nuova sezione 40 è stata specificamente pensata per un cittadino che si trovi all’estero. 34 Ciò sembra confermato dalle parole del Segretario di Stato per gli Affari Interni Theresa May, secondo la quale un provvedimento di revoca potrà essere assunto anche nel caso in cui il destinatario si trovi al di fuori del territorio dello Stato. 35 Che un tale sistema possa essere utilizzato in maniera abusiva risulta abbastanza scontato: la perdita della cittadinanza britannica di un individuo non presente sul territorio lo pone certamente al di fuori della giurisdizione territoriale del Regno Unito e può complicare, a talune condizioni, l’applicazione extra-territoriale degli obblighi discendenti dalla CEDU in capo al Regno Unito stesso.36 In generale, circa la questione della legittimità della revoca della cittadinanza secondo il diritto internazionale e il fenomeno dei foreign terrorist fighters v. L. PANELLA, Sulla revoca della cittadinanza come misura degli Stati per combattere il fenomeno dei foreign fighters, in federalismi.it, 25 settembre 2015, p. 1 ss. 33 HOME OFFICE, Immigration Bill, Fact sheet: Deprivation of Citizenship (clause 60), gennaio 2014, www.gov.uk/government/uploads/system/uploads/attachment_data/file/277578/Factsheet_15_Depriv ation.pdf. 34 Secondo il Bureau of Investigative Journalism, vi sarebbe stato un significativo aumento nell’utilizzo dello strumento della revoca della cittadinanza, in particolar modo nei confronti di cittadini non presenti sul territorio dello Stato. V. THE BUREAU OF INVESTIGATIVE JOURNALISM, Rise in CitizenshipStripping as Government Cracks Down on UK Fighters in Syria, 23 December 2013, www.thebureauinvestigates.com/2013/12/23/rise-in-citizenship-stripping-as-government-cracks-downon-uk-fighters-in-syria. 35 Come riportato in HOUSE OF COMMONS, Deprivation of British citizenship and withdrawal of passport facilities, Standard Note SN/HA/6820, 30 gennaio 2015, p. 9. 36 È stato già efficacemente rilevato in dottrina come tra i soggetti colpiti dalla misura, due siano stati presumibilmente uccisi in drone strikes e almeno un altro sia stato segretamente tratto in custodia dagli Stati Uniti d’America. Crf. E. FRIPP, Conducive Deprivation of British Citizenship Status and Statelessness: Further Problems, in Journal of Immigration, Asylum and Nationality Law 27/2013, p. 315 ss., pp. 317. In relazione alla difficoltà di ritenere uno Stato responsabile per la violazione del diritto umano alla vita di un individuo ucciso tramite drone strike nel territorio di uno Stato terzo in assenza di un coinvolgimento del primo Stato in un conflitto sul territorio del secondo, v. R. McCORQUODALE, Human Rights and the Targeting by Drone, in EJIL: talk!, 18 settembre 2015, http://www.ejiltalk.org/human-rights-and-the-targeting-bydrone/#more-13654. 32 9 federalismi.it – Focus Human Rights |n. 4/2015 Venendo ora alla materia del trattamento degli stranieri, l’Antiterrorism Crime and Security Act 2001 ha espressamente stabilito alla sezione 22 che ad un sospetto terrorista internazionale straniero possano essere negati – o variamente limitati – l’ingresso e la permanenza sul territorio dello Stato. La sezione 23 aggiunge poi che può essere posto in stato di detenzione l’individuo la cui espulsione non sia possibile per ragioni pratiche o giuridiche (sic). Inoltre, la giurisprudenza britannica sta con sempre maggior frequenza escludendo individui coinvolti in attività terroristiche dal riconoscimento dello status di rifugiato, asserendo che il terrorismo sarebbe un atto contrario agli obiettivi e principi delle Nazioni Unite ex articolo 1F della Convenzione di Ginevra del 1951.37 4. Segue: le fattispecie incriminatrici. Per quanto riguarda, infine, l’ultimo pilastro della ris. 2178, il suo sesto paragrafo obbliga gli Stati a criminalizzare tre categorie di condotte: l’uscita dallo Stato di cittadinanza o residenza al fine di porre in essere attività terroristiche; il procacciamento di fondi utili a finanziare tali viaggi; e l’organizzazione dei viaggi suddetti, incluso il reclutamento di individui che ne vogliano far parte. Mentre la maggior parte degli Stati europei hanno dovuto introdurre una nuova legislazione per poter rispettare le richieste dello Consiglio, 38 il Regno Unito non ha ritenuto di dovervi procedere. Infatti, sia il Terrorism Act 2000 che il Prevention of Terrorism Act 2005 avevano previsto un ampio spettro di reati in materia di terrorismo, tali da ricomprendere anche le fattispecie elencate nell’odierna risoluzione dello UNSC.39 Le uniche modifiche introdotte nel 2015 risultano invero slegate rispetto alle richieste del Consiglio e riguardano l’aumento della severità dell’apparato sanzionatorio per reati in materia di terrorismo 40 e l’estensione extra-territoriale della giurisdizione britannica per i reati di preparazione ad atti di terrorismo e addestramento ai fini terroristici.41 In generale, v. S. SINGER, Terrorism and Exclusion from Refugee Status in the UL: Asylum Seekers Suspected of Serious Criminality, 2015, Leiden, pp. 150 ss. 38 V. i contributi in questo numero di federalismi.it; per quanto attiene la Germania V. anche K. AMBOS, Our Terrorists, Your Terrorists? The United Nations Security Council urges state to combat “foreign terrorist fighters”, but does not define terrorism, in EJIL Talk, 2 ottobre 2014, www.ejiltalk.org/our-terrorists-your-terrorists-theunited-nations-security-council-urges-states-to-combat-foreign-terrorist-fighters-but-does-not-defineterrorism. 39 Si veda, in particolare, il Terrorism Act 2000 alle sezioni 11, 15, 54, 57, 59, 16-18; si veda anche il Prevention of Terrorism Act 2000 alla sezione 9(2) e il Criminal Justice (Terrorism and Conspiracy) Act 1998 alla sezione 5. 40 Si veda, in proposito, il Criminal Justice and Courts Act 2015 sezioni 1, 3 e 6. 41 Sezione 81 del Serious Crime Act 2015. 37 10 federalismi.it – Focus Human Rights |n. 4/2015 A fronte di una tale ricostruzione, ci può ora legittimamente domandare quale possa essere il contenuto dell’ennesima norma anti-terrorismo approvata nel 2015 rispetto all’oggetto e scopo della ris. 2178 UNSC. 5. Il Counter-Terrorism and Security Act 2015 Nonostante la legislazione britannica in vigore già sembrava dunque idonea a limitare i movimenti dei combattenti terroristi stranieri,42 il 1° settembre 2014 il Primo Ministro Cameron annunciava l’intenzione del governo di presentare una proposta legislativa specificamente pensata per contrastare il fenomeno in parola. Solo pochi giorni prima, il 29 agosto, il livello di minaccia terroristica era stato innalzato da sostanziale a severo, mentre fonti governative affermavano che la metà dei circa 600 individui che avevano lasciato il Regno Unito per raggiungere la Siria dall’inizio del conflitto, aveva già fatto ritorno in patria.43 Circa due mesi dopo l’approvazione in Consiglio della ris. 2178, il 26 novembre 2014, la CounterTerrorism and Security Bill veniva quindi presentata in Parlamento e, grazie alla decisione del governo di utilizzare una procedura veloce di scrutinio parlamentare data l’urgenza della materia, entrava in vigore il 12 febbraio 2015. L’uso della procedura di fast track ha costituito fonte di discordia tra il governo e il Joint Committee on Human Rights che, nel rapporto relativo alla legge, pubblicato il 7 gennaio, lamentava di non aver avuto il tempo necessario per analizzarne le disposizioni in dettaglio.44 L’articolato del Counter-Terrorism and Security Act 2015 può suddividersi in tre macro-sezioni: una prima, che raccoglie le nuove disposizioni tese a limitare il movimento di sospetti terroristi; una seconda, che include le norme che rafforzano i poteri di indagine delle autorità preposte, imponendo in particolare obblighi in materia di disclosure e raccolta di informazioni personali; e infine una terza dove ricadono le disposizioni di contrasto alla radicalizzazione. Per quanto ogni macro-sezione presenti delle criticità – in particolare, in relazione al rispetto del diritto internazionale dei diritti umani – ci si soffermerà qui sulle norme raccolte nel primo gruppo poiché più preoccupanti sotto un profilo internazionalistico. V. D. ANDERSON, The Terrorism Acts in 2014, Report of the Independent Reviewer on the Operation of the Terrorism Act 2000 and Part 1 of Terrorism Act 2006, settembre 2015, p. 2, dove si afferma come “[p]ort examinations have declined by 60% over five years but produced some useful results, including in relation to the safeguarding of vulnerable people travelling to Syria”. 43 HOME AFFAIRS COMMITTEE – COUNTER-TERRORISM, Foreign Fighters, www.publications.parliament.uk/pa/cm201314/cmselect/cmhaff/231/23105.htm, par. 40. 44 JOINT COMMITTE ON HUMAN RIGHTS, Legislative Scrutiny: Counter-Terrorism and Security Bill, Fifth Report of Session 2014-2015, 7 gennaio 2015, par. 1.8. 42 11 federalismi.it – Focus Human Rights |n. 4/2015 Prima di procedere a tale analisi, sembra utile ricordare che lo UNSC nell’adottare la ris. 2178 ha voluto insistere su tre aspetti: primo, il rispetto del diritto internazionale dei diritti umani, del diritto dei rifugiati e del diritto internazionale umanitario da parte degli Stati nell’introdurre misure di adattamento a livello interno;45 con ciò, lo UNSC sembra quasi volersi rifugiare dietro quella nota dottrina secondo la quale gli Stati hanno un obbligo di risultato nell’aderire agli obblighi imposti dal Consiglio stesso e che sta a loro eseguirne le risoluzioni in modo tale da non creare un conflitto con altri obblighi di diritto internazionale.46 Secondo, lo UNSC richiede agli Stati di migliorare la cooperazione fra essi a livello internazionale, regionale e sub-regionale.47 Terzo, lo UNSC tiene a specificare al paragrafo 8 – quello che più in questa sede ci interessa poiché il Counter-Terrorism and Security Act 2015 introduce in particolare norme discendenti dagli obblighi ivi previsti in tema di controllo sui movimenti – che “nothing in this paragraph shall oblige any State to deny entry or require the departure from its territories of its own nationals or permanent residents”. Con tali punti fermi a mente, si può ora procedere all’analisi dell’atto legislativo in parola, la cui parte prima prevede l’introduzione di due nuovi poteri in relazione all’uscita da e all’ingresso nel territorio dello Stato: il primo autorizza il sequestro dei documenti di viaggio di sospetti terroristi all’atto di lasciare il paese; il secondo è quello che introduce i summenzionati temporary exclusion orders (TEO). Per quanto riguarda la prima misura, questa può essere disposta in forza della sezione 1(1) quando si sospetti che una persona (cittadina o straniera) intenda lasciare il Regno Unito “in connection with terrorism-related activity”. Se già prima l’elemento oggettivo della definizione di terrorista destava dubbi circa una sua aderenza al principio della lex certa, è ovvio che l’aggiunta della proposizione “in connection with” lo rende davvero smisurato. Secondo la sezione 40(1)(b) del Terrorism Act 2000, difatti, terrorista è colui che sia o sia stato “concerned in the commission, preparation or instigation of an act of terrorism”, dove “concerned in” sembrava già essere criterio sufficientemente ampio da permettere al personale di frontiera di fermare un individuo quando sussista il ragionevole sospetto che questi stia lasciando il paese al fine di un suo coinvolgimento in attività di terrorismo. È chiaro che più la definizione penalistica della nozione di terrorismo si allontanerà dal fatto penalmente rilevante, più le misure di prevenzione (soprattutto di tipo amministrativo) potranno vedere allargato a dismisura il proprio ambito di UNSC, 24 settembre 2014, S/RES/2178(2014), pp. 1, 3. Corte EDU, 7 luglio 2011, Al-Jedda v. The United Kingdom, App. No. 27021/08, Sentenza, par. 102. 47 UNSC, 24 settembre 2014, S/RES/2178(2014), parr. 11-14. 45 46 12 federalismi.it – Focus Human Rights |n. 4/2015 applicazione. 48 Pur concedendo che l’introduzione del potere in parola sia necessario a contrastare situazioni nuove, non precedentemente previste dal legislatore, è vero anche che il rischio maggiore insito in esso sia il rispetto del principio di proporzionalità. L’Explanatory Note allegato al Counter-Terrorism and Security Act 2015 afferma a riguardo che la previsione di una serie di garanzie a favore dell’individuo colpito dal provvedimento renderebbero la disposizione conforme alla CEDU. Ci si riferisce qui in particolare a: l’obbligo di review della misura entro 72 ore da parte di un senior officer;49 l’obbligo di riferire la questione all’autorità giudiziaria entro 14 giorni;50 e il limite massimo di 30 giorni (rinnovabili solo dal giudice) per il trattenimento dei documenti di viaggio.51 Se ciò è vero, alcuni ostacoli rendono comunque dubbia l’aderenza della procedura descritta all’art. 6 CEDU e quindi prima facie non effettivo il rimedio previsto. Anzitutto, nulla sembra suggerire nel testo che all’individuo debba essere comunicato il motivo contingente per il quale il documento gli viene requisito; lo Schedule 1 alla sezione 5(5) stabilisce solo che “[t]he constable must also tell the person (…) that the person is suspected of intending to leave Great Britain or (as the case may be) the United Kingdom for the purpose of involvment in terrorism-related activity outside the United Kingdom”, laddove la stessa Schedule 1 alla sezione 1(10) nel definire la nozione di “involvment in terrorism-related activity” stabilisce come sia “immaterial whether the acts of terrorism in question are specific acts of terrorism or acts of terrorism in general”. Ad aggravare ancora di più la posizione dell’individuo colpito dal provvedimento, viene prevista alle sezioni 8(3) e 10(3) la possibilità che l’udienza di conferma della richiesta di estensione del periodo di trattenimento dei documenti di viaggio oltre il quattordicesimo giorno possa svolgersi in assenza del destinatario della misura e del suo legale rappresentante, sia su richiesta del constable che d’ufficio. Di una tale disposizione non si prevede alcuna mitigazione, quale ad esempio l’affiancamento di uno special advocate che possa prendere visione del materiale coperto da segreto di Stato o assistere alle parti d’udienza secretate. Infine, il giudice che conosce della richiesta di estensione non deve guardare al merito della stessa, ma deve solamente verificare se le autorità di polizia competenti stiano procedendo alle indagini nei confronti dell’individuo colpito dal provvedimento in maniera diligente e spedita. In caso Cfr. A. ASHWORTH - L. ZEDNER, Counter-Terrorism Laws and Security Measures, in A. ASHWORTH L. ZEDNER (a cura di), Preventive Justice, Oxford, 2014, p. 173. 49 Schedule 1, Sezione 6 Counter-Terrorism and Security Act 2015. 50 Supra Sezione 5(2), (3). 51 Supra Sezione 8(6). 48 13 federalismi.it – Focus Human Rights |n. 4/2015 positivo, concederà l’estensione.52 In conclusione, non può negarsi (neanche, come anticipato, prima facie) come la nuova misura del sequestro dei documenti di viaggio all’atto di lasciare il paese desti dubbi circa una sua aderenza con gli artt. 6 CEDU e 14 del Patto sui diritti civili e politici (ICCPR) (diritto ad un equo processo); in relazione al rispetto dei principi della necessità e proporzionalità della misura in concreto, con gli artt. 8 CEDU e 17 ICCPR (diritto al rispetto della vita privata e familiare); e con gli artt. 2 del Protocollo n. 4 alla CEDU e 12 ICCPR (libertà di movimento).53 Inoltre, non deve sottovalutarsi come i controlli di frontiera possano risultare condotti in modo tale da violare il divieto di discriminazione ex artt. 14 CEDU e 4(1) ICCPR – si pensi, fra gli altri esempi, alla pratica del profiling. 6. Segue: i temporary exclusion orders. La parte più controversa del Counter-Terrorism and Security Act 2015 è, a parere di chi scrive, quella che inventa il c.d. temporary exclusion order (TEO), uno strumento amministrativo che permette al Segretario di Stato di impedire a coloro che abbiano un right to abode nel Regno Unito di farvi ritorno per un periodo di due anni.54 La violazione senza giusta causa di un TEO costituisce un reato punibile con la reclusione nel massimo a cinque anni.55 Come conseguenza dell’imposizione di un TEO, il passaporto britannico del cittadino colpito dalla misura si considera invalidato. 56 Perché un TEO possa spiccarsi, cinque condizioni devono essere presenti:57 che l’individuo abbia un right to abode nel Regno Unito; che si ritenga ragionevolmente che l’individuo si trovi al di fuori del territorio nazionale; un ragionevole sospetto che questi abbia partecipato o stia partecipando ad attività terroristiche all’estero; la ragionevole necessità di impedirne il ritorno per proteggere la società dal rischio di terrorismo; e l’autorizzazione del giudice, salvo casi di urgenza. L’autorizzazione può essere negata solo laddove la decisione del Segretario appaia “obviously flawed” – uno standard altissimo – e il giudice può conoscere della richiesta non solo in assenza del soggetto, ma anche senza che questi ne riceva notifica né che gli venga data la possibilità di presentare osservazioni.58 Un TEO può essere revocato con un permesso ad hoc del Segretario di HOME OFFICE, Code of Practice for Officers exercising functions under Schedule 1 of the Counter-Terrorism and Security Act 2015 in connection with seizing and retaining travel documents, febbraio 2015, par. 62. 53 HUMAN RIGHTS COUNCIL, CCPR General Comment no. 27: Article 12 (freedom of movement), 2 novembre 1999, CCPR/C/21/Rev.1/Add. 9, par. 2, 14-15. V. anche art. 52, Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea. 54 Si intendono come tali i cittadini e i residenti permanenti. 55 Parte 1, Capitolo 2, Sezione 10 Counter-Terrorism and Security Act 2015. 56 Supra Sezione 4(9). 57 Supra Sezione 2(2)-(7). 58 Supra Sezione 3(2)-(3). 52 14 federalismi.it – Focus Human Rights |n. 4/2015 Stato ovvero nel caso in cui l’individuo venga espulso da un territorio straniero verso il Regno Unito.59 Nell’eventualità di ritorno, il Segretario di Stato può imporre degli obblighi in capo al cittadino di cui il Counter-Terrorism and Security Act 2015 non fornisce un elenco tassativo.60 Nonostante il governo abbia affermato che lo strumento dei TEO si renderebbe necessario per garantire un ritorno “calmierato” dei combattenti terroristi stranieri britannici in patria e che solo questo ne sarebbe lo scopo, 61 le conseguenze giuridiche derivanti dalla sua introduzione sono troppo serie per ipotizzare che il governo abbia deciso di assumersi un tal rischio per conseguire un obiettivo facilmente raggiungibile attraverso l’utilizzo di misure meno afflittive. Possono individuarsi difatti almeno due gruppi di conseguenze rilevanti per il diritto internazionale che discendono dall’imposizione di un TEO, relative le une al rispetto dei diritti del cittadino colpito dalla misura e le altre al rispetto da parte del Regno Unito di obblighi di diritto internazionale nei suoi rapporti con gli altri Stati e con lo stesso UNSC. Per quanto riguarda il primo gruppo di conseguenze, fra esse potrebbe figurare la violazione del diritto del cittadino di fare ritorno nel proprio Stato di cittadinanza sancito dall’articolo 12(4) ICCPR.62 L’esilio, cui una tale misura tanto assomiglia, è parimenti vietato.63 L’invalidamento del passaporto, a sua volta, è questione delicata: il Comitato per i Diritti umani ha affermato che la libertà di movimento può essere violata laddove il rifiuto di uno Stato di rilasciare il passaporto ad un cittadino che si trovi all’estero ne comprometta la libertà di viaggiare attraverso Stati terzi.64 Come notato da Goodwin-Gill, inoltre, quando un cittadino si trovi all’estero, questi resta comunque sotto la giurisdizione dello Stato di cittadinanza,65 che continuerà dunque ad esserne responsabile. L’Home Office ha invece affermato che non sussisterebbe alcun obbligo giuridico in capo alle missioni diplomatiche britanniche all’estero di prestare assistenza ad un cittadino colpito Supra Sezione 2(1). La parte 1, Capitolo 2, Sezione 9 Counter-Terrorism and Security Act 2015 stabilisce solo che gli obblighi possono essere sia in natura, che di comunicazione alle autorità di polizia del luogo di residenza o presenza. 61 JOINT COMMITTE ON HUMAN RIGHTS, Legislative Scrutiny: Counter-Terrorism and Security Bill, Fifth Report of Session 2014-2015, 7 gennaio 2015, par. 3.10. 62 V. inoltre HUMAN RIGHTS COMMITTEE, General Comment no. 27: Freedom of Movement, CCPR/C/21/Rev.1/Add.9, 2 novembre 1999, par. 9. 63 Art. 9 Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo. Si veda, in proposito, G. ALFREDSSON, A. EIDE (a cura di) The Universal Declaration of Human Rights: A Common Standard of Achivement, The Hague, 1999, p. 216. 64 HUMAN RIGHTS COMMITTEE, cit., par. 9. 65 Cfr. G.S. GOODWIN-GILL, ‘Temporary Exclusion Orders’ and their Implication for the United Kingdom International Legal Obligations, BILLS(14-15) 065, 2 dicembre 2014, par. 5. V. anche Corte Suprema del Canada, Khadr c. Canada (Primo Ministro), 2010 1 S.C.R. 44, para. 14. 59 60 15 federalismi.it – Focus Human Rights |n. 4/2015 da un TEO.66 Se ciò fosse vero, il cittadino britannico all’estero sottoposto a TEO sarebbe reso incapace di usufruire dell’assistenza del Regno Unito – e ciò potrebbe addirittura indurre a sostenere la tesi dell’apolidia de facto. 67 Difatti, per assistenza deve intendersi non solo quella discendente dall’istituto della protezione diplomatica, ma più in generale la disponibilità di una protezione consolare e di assistenza allo scopo di far ritorno in patria.68 Pertanto, il Regno Unito deve continuare a proteggere i propri cittadini colpiti da un TEO; anche contro, ad esempio, eventuali violazioni dell’articolo 3 CEDU: si pensi al caso di un cittadino soggetto a TEO detenuto presso strutture carcerarie estere a seguito di accordo bilaterale fra il Regno Unito e lo Stato ospitante.69 Tale rilievo ci conduce direttamente ad affrontare la seconda categoria di conseguenze giuridiche, ovvero quelle che riguardano i rapporti fra il Regno Unito, gli altri Stati e lo UNSC. Per quanto concerne quest’ultimo, l’introduzione dei TEO evidenzia appieno l’asimmetria tra gli obblighi discendenti dalla ris. 2178 e l’attuazione britannica. Come ricordato sopra, la risoluzione rammenta più volte agli Stati che l’attuazione degli obblighi ivi previsti non deve né trovarsi in conflitto con i diritti umani, né comportare un impedimento al ritorno in patria di quanti ne hanno diritto. Solo apparentemente più complicata risulta l’analisi del rispetto da parte del Regno Unito degli obblighi di cooperazione discendenti dalla risoluzione in parola: di fatto, i TEO comportano uno “scarico” dell’obbligo di prevenire e punire la commissione di atti di terrorismo.70 In altre parole, è come se la Gran Bretagna avesse deciso di “esternalizzare” il rischio terrorismo posto da propri stessi cittadini per evitare che la minaccia si realizzi sul proprio territorio; e una tale decisione non appare conforme alla prassi del Consiglio di qualificare il terrorismo come minaccia alla pace e sicurezza internazionale, ovvero di rendere il terrorismo una minaccia comune. Infine, vale la pena ricordare che il Regno Unito è parte dello Statuto di Roma istitutivo della Corte Penale HOME OFFICE, Immigration Bill. European Convention on Human Rights. Supplementary Memorandum, 29 gennaio 2014, parr. 9-17. 67 Cfr. V. P. WEIS, Nationality and Statelessness in International Law, Londra, 1979, p. 164. 68 H. MASSEY, UNHCR and De Facto Statelessness, in Legal and Protection Policy Research Series LLPR/2010/01, 2010, p. 1 ss., pp. 61-62. 69 V. Corte EDU, Stephens c. Malta (no. 1), 21 aprile 2009, App. No. 11956/07, par. 51. V. inoltre l’opinione del Comitato contro la Tortura sullo stato delle carceri e sul trattamento dei detenuti sospettati di terrorismo in Turchia, Rapporto del Comitato contro la tortura, Forty-fifth session, 1–19 novembre 2010, par. 7. 70 V. la Convenzione del 1979 contro la presa di ostaggi e la Convenzione del 2000 sulla soppressione del finanziamento al terrorismo, tutti accordi multilaterali di cui il Regno Unito è parte e che prevedono l’obbligo di esercitare la giurisdizione secondo il principio della personalità attiva. 66 16 federalismi.it – Focus Human Rights |n. 4/2015 Internazionale, che stabilisce un duty to prosecute a carico dello Stato di cittadinanza del presunto colpevole di crimini di guerra, crimini contro l’umanità e genocidio.71 Come ovvio, poi, per garantire che un cittadino colpito da TEO non faccia ritorno in patria, è necessario provvedere alla conclusione di accordi bilaterali con gli Stati disposti ad ospitarlo (salvo che questi non si trovi in un territorio controllato dal Daesh, questo è chiaro). Ciò può in astratto comportare sia situazioni di “rimpallo” fra Stati terzi, che di responsabilità dello Stato ospitante in connessione con la condotta di agenti britannici sul proprio territorio ex art. 16 del Progetto di articoli della Commissione di diritto internazionale sulla responsabilità degli Stati,72 che di iper-produzione pattizia per perseguire interessi unilaterali. 7. Rilievi conclusivi L’analisi appena condotta delle norme introdotte dal Regno Unito per far fronte al fenomeno terroristico e, più nello specifico, atte a prevenire e contrastare il pericolo posto in essere dai combattenti terroristi stranieri ci permette di fare almeno tre considerazioni. La prima riguarda l’aderenza dei provvedimenti legislativi menzionati rispetto alle richieste effettuate dallo UNSC con la ris. 2178(2014): nonostante fosse già dotato di un sistema particolarmente avanzato in materia di controllo dei movimenti dei terroristi, il Regno Unito ha comunque deciso di utilizzare la risoluzione in parola come occasio legis per introdurre norme ancora più stringenti rispetto a quelle esistenti;73 se è vero che non è escluso che gli Stati possano adottare norme più “severe” rispetto a quelle suggerite dallo UNSC, è anche vero che le stesse non possono ad ogni modo essere contrarie ad altri obblighi di diritto internazionale, in primis quelli discendenti dal diritto internazionale dei diritti umani. Un tale accadimento deve preoccupare e far riflettere circa non solo la legittimità ma, in termini meta-giuridici, circa anche la convenienza che il Consiglio continui a percorrere la strada delle risoluzioni definite in dottrina come “quasi-legislative”. 74 V. anche la Convenzione del 1984 contro la tortura. In forza dell'art. 16 del Progetto di articoli sulla responsabilità degli Stati della Commissione di diritto internazionale, “[a] State which aids or assits another State in the commission of an internationally wrongful act by the latter is internationally responsible for doing so if: (a) that State does so with knowledge of the circumstances of the internationally wrongful act; and (b) the act would be wrongful if committed by that State. ” V. Yearbook of the International Law Commission, vol. II, parte 2, 2001, pp. 64-65. 73 Già in sede di votazione della ris. 2178 (2014) il Presidente Cameron aveva palesato la volontà di introdurre norme che impedissero ai cittadini britannici di fare ritorno in patria. Si veda. in proposito, UNSC, 7272nd Meeting, Threaths to International peace and security caused by terrorist acts, S/PV.7272, 24 settembre 2014, p. 14. 74 Cfr. M. SCHENIN, Back to post-9/11 Panic? Security Council Resolution on Foreign Terrorist Fighters, in Just Security, 24 settembre 2014, www.justsecurity.org/15407/post-911-panic-security-council-resolutionforeign-terrorist-fighters-scheinin. 71 72 17 federalismi.it – Focus Human Rights |n. 4/2015 Inoltre, la dubbia aderenza ai diritti umani delle novità introdotte dall’analizzata prassi attuativa ci ricorda di continuare a tenere alto il livello di guardia in materia di di lotta al terrorismo e misure di prevenzione, proprio quando sembrava che i lunghi dibattiti avutisi in dottrina e giurisprudenza avessero oramai esaurito la disamina della questione.75 In secondo luogo, deve rilevarsi come il Regno Unito non sembrerebbe seguire il percorso della cooperazione indicato dallo UNSC, né convergere verso l’uniformità normativa tipica del diritto trans-nazionale: il problema è comune, ma pare che la risposta non sia globale. Evidenze di una tale asserzione sarebbero proprio le misure descritte nei precedenti paragrafi che, in ultima analisi, sembrano condividere lo scopo di restringere il più possibile l’estensione della giurisdizione britannica. I TEO in questo senso sono solo la punta di quell’iceberg normativo attraverso cui il Regno Unito ha deciso di rispondere unilateralmente ad un problema comune. In relazione a ciò, chi scrive riscontra una forzatura nella lettura trans-nazionale della risposta della comunità internazionale al terrorismo. La ris. 2178 non certifica l’irrilevanza dello Stato come attore internazionale a favore di una governance globale, ma ne ricorda la centralità. Diversamente, l’urgenza che emerge dall’analisi della risoluzione in oggetto e della sua prassi attuativa non è di trovarne una nuova chiave di lettura, ma è invece quella di continuare ad usare le categorie proprie del diritto internazionale pubblico per valutarne la liceità. Anche utilizzando il metodo proprio del realismo giuridico, non può che osservarsi come le regole del gioco le faccia ancora lo Stato. Un’ultima considerazione trae spunto da quella che l’ha appena preceduta. Sperando di essere riusciti a dimostrare che il Counter-Terrorism and Security Act 2015 abbia come obiettivo ultimo quello di limitare al massimo la giurisdizione britannica e ricordando come il governo abbia avanzato l’argomento secondo cui il Regno Unito non dovrebbe proteggere i diritti umani dei propri cittadini all’estero poiché fuori dalla propria giurisdizione,76 non è certamente azzardato collegare le misure ivi previste e le argomentazioni giuridiche ad esse inerenti con altre azioni poste in essere di recente dal Regno Unito. Contestualizzate, difatti, tali novelle legislative assumono dei contorni preoccupanti. Ci si riferisce qui in particolare al targeted killing dei cittadini Per una trattazione esaustiva dei possibili conflitti fra diritto internazionale dei diritti umani e lotta al terrorismo internazionale, v. J. FITZPATRICK, Speaking Law to Power: The War against Terrorism and Human Rights, in European Journal of International Law 14/2003, p. 241 ss. 76 HOME OFFICE, Immigration Bill. European Convention on Human Rights. Supplementary Memorandum, cit., parr. 9-17. Tale argomento sembra contrario sia al diritto internazionale generale che alla giurisprudenza della Corte EDU. Per una ricostruzione di quest’ultima, v. A. CONTE, Human Rights Beyond Borders: A New Era in Human Rights Accountability for Transnational Counter-Terrorism Operations?, in Journal of Conflict and Security Law 18/2013, pp. 241-245. 75 18 federalismi.it – Focus Human Rights |n. 4/2015 britannici Reyaad Khan e Ruhul Amin ad opera di un drone britannico in territorio siriano il 21 agosto 2015. 77 Il governo ha qualificato tale azione, in una lettera inviata allo UNSC, 78 come, alternativamente, legittima difesa individuale e collettiva a favore dell’Iraq – senza menzione alcuna circa la violazione del diritto umano alla vita di due propri cittadini all’estero.79 Se a tale evento si sommano poi gli episodi di targeted killing ed extraordinary rendition di ex-cittadini britannici cui la cittadinanza era stata revocata in forza dell’Immigration Act 2014,80 sembra doversi in conclusione registrare l’emersione di una nuova architettura giuridica tesa ad escludere il rispetto dei diritti umani nei confronti di individui sospettati di terrorismo internazionale. Non è dato sapere, al momento in cui si scrive, se i due fossero sottoposti a TEO. UNSC, Letter dated 7 September 2015 from the Permanent Representative of the United Kingdom of Great Britain and Northern Ireland to the United Nations addressed to the President of the Security Council, 8 settembre 2015, S/2015/688, www.un.org/en/ga/search/view_doc.asp?symbol=S/2015/688. 79 Per una reazione al targeted killing in parola, v. N. BUTHA, On Preventive Killing, in EJIL: talk!, 17 settembre 2015, www.ejiltalk.org/on-preventive-killing/#more-13651. 80 Crf. E. FRIPP, cit., pp. 317 ss. 77 78 19 federalismi.it – Focus Human Rights |n. 4/2015