Meccanica della frattura coesiva - Università degli Studi di Brescia
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Meccanica della frattura coesiva - Università degli Studi di Brescia
UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI BRESCIA FACOLTÀ DI INGEGNERIA CORSO DI LAUREA IN INGEGNERIA CIVILE Tesi di laurea Meccanica della frattura coesiva: legami costitutivi olonomi e criteri di propagazione Relatore: Dott. Ing. Alberto Salvadori Correlatore: Prof. Angelo Carini ANNO ACCADEMICO 2006-2007 Laureando: Luca Do Introduzione La Meccanica della Frattura è una disciplina che, si sta affermando in tutti i settori più avanzati dell’ingegneria come metodologia di progetto e di verifica strutturale. Questo ramo dell’Ingegneria sta subendo un notevole sviluppo soprattutto in questi ultimi anni, in cui la problematica del risparmio energetico è diventata importante oggetto di studio e confronto da parte di tutto il mondo scientifico con la necessità di ricercare e realizzare nuovi materiali, siano essi di matrice metallica, polimerica,ceramica o cementizia. In modo particolare, la Meccanica della Frattura ha come obiettivo principale quello di comprendere il comportamento meccanico dei materiali e più in generale quello degli elementi strutturali qualora essi siano soggetti a forze esterne di natura qualsiasi. Ogni elemento strutturale, come tutti ben possiamo immaginare, possiede al suo interno dei difetti dovuti alla natura stessa del materiale oppure ad imperfezioni nella fase di costruzione. Tali cricche o piccole crepe nel tempo possono influire sul comportamento globale di una struttura. Addirittura potrebbero raggiungere delle dimensioni tali da comprometterne la resistenza e portare quindi all’inevitabile crollo strutturale. Sorgono quindi spontanee le domande: dove e perché si può originare una fessura? Seguendo quale traiettoria e sotto quale valore di carico essa propagherà? Solo studiando attentamente tali problematiche si riuscirà a sfruttare al meglio le capacità dei materiali evitando inutili sprechi, garantendo la sicurezza. Per poter analizzare e simulare correttamente a livello macroscopico il processo di propagazione di una fessura è necessario conoscere nel modo più dettagliato possibile lo stato energetico e tensoriale nei pressi dei difetti meccanici presenti. A seconda della tipologia e comportamento del materiale considerato sono state sviluppate diverse teorie. Negli ultimi anni è cresciuto fortemente l’interesse del comportamento a frattura di materiali ceramici, polimerici oppure compositi, dovuto al loro sempre più vasto impiego strutturale. Materiali come il calcestruzzo, tradizionalmente vengono considerati come fragili (brittle materials). In realtà essi appartengono alla categoria dei materiali quasi fragili (quasi-brittle materials). Per via della loro natura, composti di pasta e aggregati di forme e dimensioni diverse, spesso si generano al loro interno pori o microfessure che anche per piccoli valori di carico amplificano il valore dello sforzo al loro apice. Inoltre, anche da un punto di vista teorico, la descrizione del processo di frattura per questa famiglia di materiali è molto complessa e tutt’oggi oggetto di studio. Discorso che invece non vale per materiali fragili, che fanno interamente affidamento alla Meccanica della Frattura elastica lineare, oppure per i materiali duttili per la cui descrizione si rimanda alla teoria della plasticità. Due sono le teorie, diffuse negli ultimi decenni, che si sono occupate dei materiali con comportamento quasi-fragile: da un lato quella degli “smeared crack models”, e dall’altro quella dei “discrete cohesive crack models”. Classificazione dei materiali Secondo la teoria dell’elasticità in corrispondenza dell’apice di una fessura si assiste ad una singolarità tensionale. Tale soluzione, che prevede localmente il raggiungimento di un valore di sforzo infinito, ha però poca corrispondenza con la realtà. Nei pressi del “crack tip” vi è sempre una zona a comportamento non lineare e pertanto la singolarità tensionale scompare e il concetto di “Stress Intensity Factor”, fondamentale nel modello di SSY e nella LEFM, perde completamente significato e potere. Ed è proprio il comportamento non lineare in tale zona che diventa fattore discriminante e permette di distinguere essenzialmente due tipi di materiali: “Strain Strain hardening” hardening : appartengono a tale categoria tutti i materiali che se deformati oltre il limite di proporzionalità, presentano ulteriori riserve di resistenza. Vengono chiamati anche materiali incrudenti. In questi casi , la dissipazione energetica avviene prevalentemente nel volume del materiale, in una zona plastica a forma di “ali di farfalla” localizzata intorno all’apice della fessura. In questa famiglia rientrano prevalentemente materiali metallici. “Strain Strain Softening” Softening : fanno parte invece di questa famiglia quei materiali che se deformati oltre il limite di proporzionalità, presentano una diminuzione della resistenza fino al completo esaurimento. Tal comportamento è detto anche incrudimento negativo. In questi casi , la zona non-lineare tende a localizzarsi in una fascia molto stretta, in linea con la fessura. La dissipazione energetica avviene prevalentemente a livello della superficie della frattura. Appartengono a tale categoria di materiali il calcestruzzo, le rocce, i laterizi, i ceramici e i compositi fibro-rinforzati. Solitamente il loro comportamento nella zona di processo viene simulato mediante una distribuzione di forze coesive dietro l’estremità di quella che verrà poi definita come estremità della fessura fittizia. Come già accennato anche nell’introduzione al capitolo tale modello coesivo è in grado di spiegare la transizione tra due situazioni estreme di collasso, quella duttile e quella fragile. Elementi di Meccanica della frattura Coesiva Nella meccanica della frattura coesiva il comportamento del materiale è descritto da una coppia di leggi costitutive: •una relazione fra le grandezze di volume sforzodeformazione, che sia in grado di descrivere il comportamento elastico e incrudente del materiale integro fino al raggiungimento della tensione massima (tensile strenght) , compresa la fase di unloading •una relazione fra le grandezze di superficie tensione-apertura, che descriva il comportamento coesivo e softening del materiale danneggiato, fino al valore di apertura critica, oltre il quale si annulla l’interazione tra le facce della fessura Scopo della Tesi Caratterizzazione dell’interfaccia coesiva • Considerazioni energetiche relative all’interfaccia • Analisi di modelli coesivi olonomi • Determinazione delle Failure Surface Determinazione del “crack path”: • Angolo di propagazione • Valore di carico oltre il quale la fessura propaga Caratterizzazione dell’interfaccia coesiva: Formulazione teorica del problema di interfaccia Caratterizzazione dell’interfaccia coesiva •True crack : è la parte di fessura libera da tensioni. Il corpo in tale zona si può considerare realmente fratturato. Tra le due interfacce non vi è più alcun tipo di interazione. •Cohesive Zone: è la zona di processo. Nei materiali eterogenei, l’interazione e l’attrito tra i grani, fenomeni di bridging, lo sfilamento delle fibre, fanno si che sulle due superfici di frattura agiscano degli sforzi, detti sforzi coesivi. Ψ Energia potenziale relativa ai processi micromeccanici che si attivano all’interfaccia TSL (“Traction Separation Law”) La relazione tra tensione (p) e apertura (w) costituisce la TSL (Traction Separation Law) che è caratteristica di ogni Cohesive Zone Models (CZMs). E’ indispensabile per * descrivere il comportamento di Ω e dipende fortemente dal numero e dalla tipologia dei micromeccanismi che si attivano all’apice. Tutte le TSL siano esse lineari, polinomiali oppure esponenziali mostrano una caratteristica comune. All’interfaccia di una zona coesiva il valore della trazione aumenta con l’aumentare dell’apertura della fessura finché non raggiunge un valore massimo. Lo sforzo quindi diminuisce, manifestando il comportamento softening e si annulla quando raggiunto il valore critico di apertura • • • • • • Dugdale (1960) Barenblatt (1962) Hillerborg (1976) Needleman (1987) Ortiz (1999) Needleman-Xu (1994) Caratterizzazione dell’interfaccia coesiva L’idea di adottare un modello coesivo è nata intorno agli anni ’60. I primi ad introdurre tale concetto furono Dugdale (1960) e Barenblatt (1962). La necessità, come detto già in precedenza, era quella di superare la linea di pensiero corrente, poco realistica e derivante dalle soluzioni classiche, secondo cui in un qualsiasi materiale all’apice della fessura venga raggiunto un valore di sforzo infinito. Diverse sono le ipotesi che i due autori fecero sulla distribuzione delle forze coesive. Dugdale, pensò ad una distribuzione costante degli sforzi con un valore pari a quello di resistenza del materiale. Barenblatt, che si occupò di problemi di fessurazione nei materiali fragili, fece invece delle ipotesi diverse. L’estensione della zona coesiva è costante per un assegnato tipo di materiale e indipendente dalla modalità di carico applicato. Rimane comunque piccola rispetto alle altre dimensioni. Gli sforzi in gioco non hanno valore costante ma hanno una ben definita configurazione che è funzione della lunghezza di ligament, anch’essa indipendente dal carico applicato ma costante per un materiale assegnato. Quando si ha a che fare con situazioni in cui i carichi esterni agenti su un elemento strutturale variano secondo un moltiplicatore di carico che cresce in senso monotono nel tempo, non è errato supporre che certi fenomeni anelastici,quali ad esempio situazioni di local unloading, abbiano un ruolo secondario nella risposta strutturale complessiva. In questi casi si suppone che l’interfaccia coesiva possa essere descritta da modelli olonomi Caratterizzazione dell’interfaccia coesiva Modello di Hillerborg Questo modello è stato presentato da Hillerborg nel 1976. Fu il primo ad introdurre l’utilizzo di un CZM, mediante l’uso del FEM, nello studio del comportamento del calcestruzzo. La relazione tra tensione e apertura è una delle più semplici. Nel caso di sollecitazione secondo Modo I la TSL è di tipo lineare monotono decrescente. ⎛ w p1 = ⎜1 − 1 ⎜ w1 c ⎝ ⎞ ⎟ ⎟ ⎠ Modello di Ortiz Ortiz applicò il CZM per studiare il collasso a fatica di alberi di trasmissione in alluminio. Questo modello è molto recente e risale al 1999. Modello di Needleman-Xu (1994) p1 = − p2 = − φ1 w1 ⋅e ⎛ w1 ⎞ ⎜− ⎟ ⎜ w ⎟ ⎝ 1 ⎠ ⎛ w ⎞ ⎧ − ⎜⎜ 2 ⎟⎟ 1− q ⎪w w ⋅⎨ 1 ⋅e ⎝ 2 ⎠ + r −1 ⎪⎩ w 1 2 ⎛w ⎞ φ1 ⎛⎜ w 2 w1 ⎞⎟ ⎧ ⋅ 2 w1 ⎜⎝ w 2 2 ⎛ w ⎞ ⎡ − ⎜⎜ 2 ⎟⎟ w ⋅ ⎢1 − e ⎝ 2 ⎠ ⎢ ⎢⎣ 2 ⎛ 2 ⎫ ⎤ ⎥ ⋅ ⎡ r − w 1 ⎤ ⎪⎬ ⎥ ⎥ ⎢⎣ w1 ⎦ ⎪ ⎥⎦ ⎭ ⎛ w1 ⎞ ⎡ ⎛w ⎞ ⎜− ⎟ ⎤ ⎜ w ⎟ 1 p1 = ⎢e p1 ⎜⎜ ⎟⎟ exp⎝ 1 ⎠ ⎥ ⎢ ⎝ w1 ⎠ ⎥ ⎣ ⎦ w ⎞ 2 1 r − q w1 ⎫ − ⎜⎜⎝ w 2 ⎟⎟⎠ ⎜⎜⎝ − w1 ⎟⎟⎠ ⋅ ⎨q + ⋅ e e ⎬ ⎟ ⎩ r − 1 w1 ⎭ ⎠ p2 p2 p1 p1 w1 w1 w2 w2 Caratterizzazione dell’interfaccia coesiva ... particolarmente interessante (e a mio parere innovativo) si è rivelato lo studio delle “failure surface” relative ad alcuni “discrete cohesive crack models” olonomi Modello di Needleman (1987) p1 = − 2 2 2 ⎧⎪⎛ w ⎞ ⎡ 27 ⎛ w ⎞ ⎡⎛ w ⎞ ⎤ ⎫⎪ ⎛w ⎞ ⎛w ⎞ ⎤ ⎛ w ⎞ ⎡⎛ w ⎞ ⎤ p1 ⋅ ⎨⎜ 1 ⎟ ⋅ ⎢1 − 2⎜ 1 ⎟ + ⎜ 1 ⎟ ⎥ + α ⎜ 2 ⎟ ⎢⎜ 1 ⎟ − 1⎥ + α ⎜ 3 ⎟ ⎢⎜ 1 ⎟ − 1⎥ ⎬ 4 ⎝ δ ⎠ ⎣⎝ δ ⎠ ⎦ ⎪⎭ ⎝ δ ⎠ ⎝ δ ⎠ ⎦⎥ ⎝ δ ⎠ ⎣⎝ δ ⎠ ⎦ ⎪⎩⎝ δ ⎠ ⎣⎢ p2 = − 2 ⎧⎪ ⎛ w ⎞ ⎡ 27 ⎛ w ⎞ ⎛ w ⎞ ⎤ ⎫⎪ p1 ⋅ ⎨α ⎜ 2 ⎟ ⋅ ⎢1 − 2 ⎜ 1 ⎟ + ⎜ 1 ⎟ ⎥ ⎬ 4 ⎝ δ ⎠ ⎝ δ ⎠ ⎦⎥ ⎪⎭ ⎪⎩ ⎝ δ ⎠ ⎢⎣ Modello di Needleman-Xu (1994) p1 = − φ1 w1 ⋅e ⎛ w1 ⎜− ⎜ w 1 ⎝ ⎞ ⎟ ⎟ ⎠ ⎛ w2 ⎞ ⎧ 1− q ⎪ w 1 − ⎜⎜⎝ w 2 ⎟⎟⎠ ⋅⎨ ⋅e + r −1 ⎪⎩ w 1 2 ⎛ w ⎞ ⎡ − ⎜⎜ 2 ⎟⎟ w ⎢ ⋅ 1− e ⎝ 2⎠ ⎢ ⎢⎣ 2 ⎫ ⎤ ⎥ ⋅ ⎡ r − w 1 ⎤ ⎪⎬ ⎥ ⎥ ⎢⎣ w1 ⎦ ⎪ ⎦⎥ ⎭ 2 ⎛ w2 ⎞ ⎛ w1 ⎞ r − q w1 ⎫ − ⎜⎜⎝ w 2 ⎟⎟⎠ ⎜⎜⎝ − w1 ⎟⎟⎠ φ1 ⎛⎜ w 2 w1 ⎞⎟ ⎧ p2 = − ⋅ 2 ⋅ ⎨q + e ⎬⋅e r − 1 w1 ⎭ w1 ⎜⎝ w 2 2 ⎟⎠ ⎩ Confronto con i domini di incipiente propagazione proposti in letteratura per modelli elasto-plastici f ( p1, p2 ) = p22 − μ2 ( p1 − s) + 2r( p1 − s) = 0 2 (Failure surface relativa ai modelli di Carol-Prat e Lotfi-Shing) Caratterizzazione dell’interfaccia coesiva Si è cercato di rappresentare nel piano delle forze coesive {p1,p2} la funzione che rappresenta il limite oltre il quale le tensioni all’interfaccia non siano più sopportabili dal materiale; quando le trazioni all’ all’interfaccia raggiungono tale limite, una fessura coesiva è in condizione di “incipiente propagazione” propagazione”. Gli andamenti ottenuti sono qualitativamente molto simili a quelli delle failure surfaces proposte in letteratura per i modelli elasto-plastici. I risultati ottenuti possono meritare ulteriori approfondimenti e fornire una base di partenza per eventuali futuri lavori, soprattutto per quanto riguarda il dominio di incipiente propagazione per la legge costitutiva in forma polinomiale proposta da Needleman. L’andamento qualitativo è stato ricavato attraverso un approccio di tipo parametrico, ma particolarmente interessante sembrerebbe un’ulteriore analisi relativa agli andamenti delle curve, necessaria per ricavare la forma chiusa dell’inviluppo. Modello di Needleman-Xu (1994) e di Needleman (1987) Determinazione del “crack path” Determinazione del “crack path”: • Angolo di propagazione • Valore di carico oltre il quale la fessura propaga analisi di criteri ampiamente utilizzati nel campo della Meccanica della Frattura Elastica Lineare (LEFM) : • Massima Tensione Circonferenziale (MTS) • Massima Deformazione Tangenziale (MTSN) • Strain Energy Density (SED) • Maximum Energy Release Rate (MERR) Per poter applicare tali criteri è necessario conoscere le componenti del tensore di sforzo nell’area prossima all’apice della fessura σ σ y x = = τ xy = • Soluzione classica di Westergaard • Soluzione classica di Williams Ki θ ⎛ ϑ 3 ⎞ sen ⎜ 2 + cos ⋅ cos θ ⎟ 2⎝ 2 2 ⎠ 2 ⋅π ⋅ r θ ϑ Ki 3 cos ⋅ sen ⋅ cos ϑ 2 2 2 2 ⋅π ⋅ r Ki θ ⎛ ϑ 3 ⎞ cos ⋅ ⎜ 1 − sen ⋅ sen ϑ ⎟ 2 ⎝ 2 2 ⎠ 2 ⋅π ⋅ r Determinazione del “crack path” Determinazione del “crack path” : Necessità di definire lo stato di sforzo nell’intorno del “crack-tip” Il campo tensoriale sviluppabile in serie di Taylor Le componenti di sforzo riscritte in coordinate polari σ (Q) = σ (P) + ∇σ (P − Q) ρ Determinazione del “crack path” : Criteri Tensoriali Massima Tensione Circonferenziale (MTS) (Sih ed Erdogan -1963-) (Kaunhg Jain Chang -1981-) il metodo è basato sull’ipotesi che la fessura si estenda a partire dalla sua estremità, nella direzione normale a quella della massima tensione circonferenziale σϑ Massima Deformazione Tangenziale (MTSN) ∂σϑ =0 ∂ϑ secondo tale criterio accorre frattura quando un valore scalare della funzione del tensore di deformazione εij raggiunge un valore critico. εϑ = σϑ −νσρ ∂εϑ =0 ∂ϑ E Per entrambi i criteri l’l’angolo di propagazione si ottiene imponendo la condizione di stazionarietà stazionarietà alla grandezza indice del pericolo (G.I.P.) I risultati ottenuti sono analoghi: tan 2ϑ = 2τ12 σ11 − σ 22 2ϑ = arctan τ12 σ11 − σ 22 2 Il valore determinato coincide proprio con quello che porta il sistema di partenza {x1,x2} al sistema di riferimento principale {xI,xII} Ciò significa che applicando i criteri tensoriali del MTS e del MTSN per la determinazione dell’angolo di propagazione, la traiettoria della fessura propagata è quella rappresentata dalla massima direzione principale. per quanto riguarda la determinazione del carico critico: Criterio di Galileo-Rankine-Navier Criterio di Saint-Venant-Grashof Determinazione del “crack path” : Criteri Energetici Strain Energy Density (SED) (Sih e McDonald -1974-) Determinazione del “crack path” : Criteri Energetici Mediante opportune sostituzioni S può essere riscritta in una forma più compatta, su cui risulta più semplice lavorare analiticamente Determinazione del “crack path” : Criteri Energetici Sono necessarie ulteriori precisazioni sulle componenti del tensore di sforzo relativo all’intorno del crack-tip σ (Q ) = σ (P ) + ∇σ ∂σ 11 =e ∂ρ ∂σ 22 = f ∂ρ ∂τ 12 =d ∂ρ ρ (P − Q ) ( a = m ⋅ (x + z ) + n ⋅ x 2 + 2 y 2 + z 2 2 ) b = 2m ⋅ (x + z ) ⋅ (d + e ) + 2n ⋅ (e ⋅ x + 2 f ⋅ y + d ⋅ z ) La dipendenza da θ è nascosta all’interno dei termini differenziali ∂S ∂ a ∂b = + ρ =0 ∂ϑ ∂ϑ ∂ϑ L’angolo di propagazione si ottiene imponendo la condizione di stazionarietà stazionarietà alla grandezza indice del pericolo (G.I.P.) ∂S ∂b = ρ =0 ∂ϑ ∂ϑ − ν E () ⋅ tr σ P ⋅ ⎛ ∂ ∂ ⋅ tr ⎜ σ ∂ϑ ⎜⎝ ∂ρ ⎞ (1 + ν ) ⎡ ⎟+ ⎢σ ⎟ E ⎢ ρ =0 ⎠ ⎣ () P Conclusioni: • non è possibile ottenere una espressione in forma chiusa dell’angolo di propagazione • bisogna conoscere il gradiente del tensore di sforzo • ∂ ⎛⎜ ∂ σ ∂ϑ ⎜⎝ ∂ρ ⎞⎤ ⎟⎥ = 0 ⎟ ρ = 0 ⎠⎥ ⎦ Determinazione del “crack path” : Criteri Energetici Maximum Energy Release Rate (MERR) • propagazione già avvenuta (s) (Wu -1978-) • Energia rilasciata durante la propagazione G (ϑ ) ≡ lim s →0 ϑ * ⇒ (Π z − Π ) s ∂ G (ϑ ∂ϑ ) = 0 ( ) G ϑ * ≥ GC Meccanica della Frattura Elastica Lineare: ... è possibile una applicazione immediata di tale criterio alla Meccanica della Frattura Coesiva? Verosimilmente la risposta è no perché... Osservazioni: 1- il valore dell’ Energia Rilasciata non può più essere espresso in funzione delle sole grandezze caratterizzanti il crack-tip. 2- Inoltre come già accennato l’Energia Dissipata è comprensiva di due contributi: • apice della fessura (“fictitious crack tip”) • interfacce coesive preesistenti CONCLUSIONI e SVILUPPI FUTURI Caratterizzazione dell’interfaccia coesiva : • considerazioni di tipo energetico • TSL (“Traction Separation Law”) • modelli coesivi olonomi Sviluppi futuri: • Failure Surface • modelli elasto-plastici • nuove forme di TSL (Bilateral Softening Model, modello di Tvergaard-Hutchinson) • modelli coesivi che considerino local unloading (Repetto-Ortiz) • Analisi parametrica dei Domini di Incipiente Propagazione Determinazione del “crack path”: • Analisi di alcuni dei criteri di propagazione proposti per la LEFM • Analisi dello stato di sforzo all’apice di una fessura coesiva • Applicazione di tali Criteri al campo della Meccanica della Frattura Coesiva Sviluppi futuri: • Quantificare le componenti relative all’energia dissipata (MERR) • Armonizzare le failure surfaces con i criteri di resistenza della meccanica dei continui • Nuovi criteri di propagazione • Estensione dell’analisi teorica del processo di propagazione al caso tridimensionale (considerando eventualmente anche casi di anisotropia) • Implementazione di un algoritmo per la propagazione di fessure (relativa estensione al caso tridimensionale e al campo della Meccanica della Frattura Coesiva)