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Il ricordo della guerra per celebrare la pace
MUSEO DELLO SBARCO 23 Il ricordo della guerra per celebrare la pace e Ciminiere, il grande complesso fieristico-culturale di viale Africa ospita il Museo storico dello sbarco in Sicilia. E’ stato il presidente dell’Ente, Nello Musumeci, presenti la Giunta al completo, con in prima fila l’assessore alle Attività culturali Giuseppe Cutuli e il suo predecessore Rosario Patanè, e le massime autorità provinciali e regionali delle Forze armate e dei corpi di polizia, nonché di istituzioni culturali e della Pubblica amministrazione, a tagliare il nastro. “Questa è la prima tappa del realizzando circuito museale predisposto dalla Provincia di Catania: si parte non a caso dalle Ciminiere, un punto di riferimento ormai conosciuto a livello nazionale, e poi si attraverseranno diversi centri del territorio”, ha dichiarato Musumeci. “Il Museo dello sbarco è dedicato ad una delle pagine più drammatiche e meno conosciute della II Guerra mondiale. Intendiamo raccontare le battaglie combattute dai nostri padri e le giornate di paura vissute dai nostri nonni, ma soprattutto vogliamo insegnare a tutti ad apprezzare la pace, un bene irrinunciabile che però può essere apprezzato appieno solo da chi ha conosciuto gli orrori della guerra, dove quasi sempre è impossibile distinguere buoni dai cattivi”. L’esposizione ricostruisce, in particolare, il periodo della Seconda guerra mondiale compreso tra il luglio e il settembre del 1943, dallo sbarco sulle coste siciliane alla firma dell’armistizio di Cassibile (Siracusa). Con i suoi oltre 3.000 metri quadrati, il museo di Catania è il più grande in Italia dedicato alla Seconda guerra mondiale e tra i più estesi in Europa. E’ , inoltre, l’unico esistente da Roma in giù. “Il Museo storico dello sbarco in Sicilia – spiega Nello Musumeci, presidente della Provincia di Catania, ente che ha realizzato l’esposizione – è un’operazione culturale che ha coinvolto storico, collezionisti, Enti e Istituzioni. Lo scopo è offrire alle nuove generazioni un quadro quanto più completo ed obiettivo è possibile su una pagina di storia L La Provincia regionale di Catania ha realizzato la grande esposizione permanente per documentare una delle più importanti fasi della storia contemporanea estremamente importante per la nostra isola e per l’intera Repubblica italiana. Non è un museo della guerra, ma tramite la presentazione di materiale documentaristico e, inevitabilmente, di materiale bellico vogliamo lanciare un monito a chi con le armi ha inteso e intende risolvere i conflitti tra i popoli”. Non a caso il percorso museale inizia e si conclude con due frasi celebri di altrettanti pontefici riferite alla pace: “La pace è un bene supremo, dimenticarlo è una follia” (Giovanni XXIII) e “Tutto è perduto con la guerra, nulla è perduto con la pace” (Pio XII). Numeroso il pool di esperti che coordinati dall’architetto Gaspare Mannoia, direttore dei lavori e direttore artistico del Museo, hanno lavorato per circa un anno senza risparmio di energia ed entusiasmo. Il Museo è aperto tutti i giorni (escluso il lunedì) dalle 10 alle 13 e dalle 16 alle 20. Biglietto d’ingresso 3 euro , 2 euro ridotto. Gratuito per i bambini al di sotto dei 10 anni. Ulteriori informazioni possono essere richieste al numero verde 800551485. Daniele Lo Porto 24 MUSEO DELLO SBARCO La memoria dietro un vetro e chi la guerra la fa per farla e chi la fa per raccontarla” dice il miliziano spagnolo Antony Mirallès ormai vecchio e quasi cieco al tenace giornalista Javier Cercas che lo aveva scovato dopo sessant’anni in un geriatrico francese dalle parti di Digione. Il protagonista del best seller “Soldati di Salamina”, l ’uomo che aveva risparmiato la vita dell’alto dirigente franchista Rafael Sanchez Mazas nelle convulse giornate della disfatta dell’esercito repubblicano nel 1939, ritornava sui suoi ricordi di combattente liquidandoli , tra i sospiri della nostalgia, con questo sconsolato epitaffio. In questa parte della città dove “Le Ciminiere” sono monumento al lavoro e alla fatica di lontane generazioni di siciliani, dove restano i segni rimarginati della guerra e della distruzione, s’e voluto incastonare un pezzo della storia della nostra terra perché attraverso le immagini, i simulacri, gli elementi visivi, le ricostruzioni architettoniche, l’intelligenza delle soluzioni e degli effetti speciali, le nuove generazioni possano rileggere con attenzione, meditare sui valori, consolidare le istanze di pace, di fraternità e di solidarietà in una logica non di restaurazione ma di rivisitazione attenta di un pagina ingiustamente dimenticata della vicenda bellica dell’Italia nella seconda guerra mondiale. Già perché lo sbarco anglo-americano in Sicilia nel 1943, l’operazione Hushy quella che vista la situazione delle truppe dell’Asse appariva sulla carta come una impresa rapida e piena di successi si era rivelata, per la strenua difesa degli italiani e dei tedeschi una campagna lunga, difficile e sanguinosa in cui sono stati messi in evidenza sacrifici sublimi, vigliaccherie senza appello, eroismi negati, sofferenze di popolazioni inermi. Il museo racconta tutto questo senza orpelli e senza fanfare ma con la dignità e il valore dei suoi documenti, l’originalità dei suoi reperti che parlano per quelli che combatterono onorando la divisa e il giuramento, per quanti voltarono le spalle, per chi rimase inchiodato al pezzo e chi lo smontò prima di sparare un solo colpo. Racconta ai giovani di oggi dei loro coetanei, dei Diavoli rossi della 1a divisione aviotrasportata britannica che rimasero fulminati tra gli ulivi e i vigneti del Simeto o dei tedeschi della “Goering” e gli italiani della “Napoli” che difesero “C’ Quando il ricordo, incalzato dal tempo lentamente si dirada, quando i protagonisti non ci sono più per poter dire: “quel giorno io c’ero”, resta il documento, l’archivio, il museo a testimoniare la storia. con una lunga battaglia di logoramento la Piana di Catania come fosse l’uscio di casa o dei fucilieri inglesi della brigata di fanteria leggera Durham che si rimisero in posa per documentare per la storia il loro ingresso in piazza Duomo. E ne avevano buoni motivi perché avevano percorso quella decina di chilometri che la separano da Primosole in appena una ventina di giorni Parla per “i siciliani e per gli italiani” uniti dallo stesso destino nonostante il maldestro discrimine del proclama di Roatta, per i caduti conosciuti o per quelli “noti a Dio” che riposano a Bicocca, a Motta Sant’Anastasia o al mausoleo dei Benedettini, per le vittime dei bombardamenti indiscriminati per quelli dell’8 luglio o per quelli di Paternò e anche per il padre di un mio amico che fu ucciso dalle parti di Siracusa perché era rimasto vedovo e portava….la camicia nera. E parla ancora della volontà di chi lo ha voluto strenuamente laddove questa pagina col suo carico di sofferenze di dolore, di gloria e di meschinità è stata scritta . E lo ha voluto per non dimenticare, perché le nuove generazioni possano meditare, rileggere e rivisitare la storia per rinsaldare tra reduci e sopravvissuti, tra giovani e vecchi tra nuovi sentimenti di unita nazionale e magari riscoprire che il ponte di ferro di Primosole fu attaccato e fu difeso con lo stesso impeto e la stessa determinazione di quello di Arnhem , che gli arditi di Marciano o i fanti di Bolla non furono meno dei leoni della Folgore ad El Alamein e che l’onore, la dignità, la viltà e la codardia non furono soltanto sulle spiagge della Normandia, a Pegasus Bridge o Saint Mere Eglise ma anche tra le sterpaglie del Fosso Buttaceto intorno all’aeroporto di Gerbini e a Troina, sulla Linea Gotica o su quella dell’Etna e, come in tutte le guerre unì tutti nella buona e nella cattiva sorte, vincitori e vinti. Lino Serrano 25 “Mamma, ma le guerre sono tutte uguali?” amma, perché sul muro c’è scritto Credere Obbedire Combattere?”. Ho portato i miei figli a visitare il Museo storico dello sbarco in Sicilia, e questa è stata una delle prime domande che mi sono sentita porre. Ne sono seguite altre ancora, le più svariate: perché quei soldati avevano uniformi così pesanti, non era estate? E perché gli americani mandavano gli aerei a bombardare le città, se volevano bene agli italiani. Al Museo io ero già stata, ma l’ho voluto rivedere con i loro occhi: e vi dico, portateceli. I figli, gli alunni. Per loro sarà un percorso museale atipico, per certi versi. Per noi, accompagnarli è una sfida con la Storia e con il nostro passato recente. Non si tratta di mettere alla prova la nostra conoscenza riguardo gli avvenimenti dell’estate ’43. Alle date e ai nomi hanno, ovviamente, pensato i curatori del Museo. E da leggere, sui cartelli, c’è moltissimo. Difficilmente però i ragazzi si sofferme- “M Una giornalistamamma ha visitato il Museo con i suoi due figli rispondendo alle loro domande, le stesse che si pongono migliaia di adolescenti ranno su quei dettagli. Piuttosto vi chiederanno: “Il nonno dov’era quando cadevano le bombe? E la sua mamma, lo vestiva da balilla?”. E’ un’occasione per far comprendere loro quanto poco tempo sia passato, anche se sembrano mille anni. Uscita dal rifugio antiaereo col sorrisetto di chi ha frequentato ben altri luna park, mia figlia Giulia, 11 anni, ha assistito allo sfogo accorato di una signora che – le ha detto allora aveva la sua età, e davanti alle immagini delle case distrutte ha ricordato con emozione i “suoi” bombardamenti. I riferimenti a luoghi ed esperienze familiari sono infatti continui. La sala in cui sono esposti i libri scolastici e le divise dei piccoli fascisti è tra quelle che maggiormente possono attirare l’attenzione dei ragazzi. Inevitabile domandare a mia volta: “Ma a te sarebbe piaciuto andare a scuola con la divisa da Piccola Italiana?”. Per tutta risposta, una smorfia. Figurarsi, vuoi mettere con le magliette Miss Sixty… però Giulia se l’è studiato bene il manifesto sulle diverse fogge d’abbigliamento dell’epoca. E Marco, 13 anni, appena Giovanni Carabalone ha iniziato a guidarci attraverso le uniformi e le dotazioni militari dei diversi Paesi si è piazzato accanto a lui seguendolo passo passo. Non si è perso una parola. Grande curiosità anche per i volantini propagandistici lanciati dagli aerei. Ho spiegato loro che adesso li mandano via e-mail… “Ma la guerra è sempre uguale, mamma” – è stata la risposta. E’ vero, tesoro. E’ per questo che bisogna conoscere bene quelle passate. Aiuta a comprendere meglio quelle attuali, e ad apprezzare il bene supremo della pace. Flaminia Belfiore