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Vedute e visioni lacustri
Vedute e visioni lacustri Vedute e visioni lacustri Testimonianze pittoriche dalla fine dell’Ottocento fino al 2015 galleria Quinta - novembre 2015 Testo Prof. Dario Bianchi Fotografia Dante Bianchi Progetto grafico e impaginazione Giuseppe Gruosso Costantino Pedrazzini Stampa Tipografia Stazione SA CH-6600 Locarno Rilegatura Legatoria Mosca, Lugano Copia n° galleria Quinta Via Contrada Maggiore 15 6612 Ascona +41(0)78 809 43 20 [email protected] www.galleriaquinta.com Vedute e visioni lacustri Testimonianze pittoriche dalla fine dell’Ottocento fino al 2015 Una sorprendente carrellata di opere pittoriche che, per ampiezza e quantità di sguardi, si snoda lungo un periodo temporale rilevante caratterizza questa seconda proposta espositiva ideata e allestita dalla Galleria Quinta. L’idea di una collettiva di opere selezionate in funzione di un tema particolare e assai suggestivo, come il lago e l’acqua, l’elemento che lo costituisce, così carichi di senso e di significato nella direzione del simbolico e del mitologico, appare sin da subito come una preziosa opportunità per abbracciare con lo sguardo i variegati esiti pittorici di un numero significativo di artisti, locali o saltuariamente presenti, operanti nel nostro territorio. In questo modo i promotori della mostra, nell’individuare un punto di partenza, hanno voluto far partire questa ricognizione visiva dello spazio acquatico con il locarnese Filippo Franzoni, l’artista ticinese, dopo l’asconese Giovanni Serodine, più illustre e conosciuto ben oltre i confini cantonali. Le tre opere in mostra, Porto (pag. 19) del 1890 e Muralto (pag. 20-21), di datazione incerta, sono palesemente emblematiche della ricerca pittorica del nostro che facendo proprie le teorie coloristiche dei divisionisti e aderendo alla poetica dei simbolisti contribuì non poco a traghettare la pittura realistica ottocentesca di matrice naturalista verso una dove l’elemento cromatico, nella sua ritrovata purezza primaria, s’incarica più che quello grafico, a far sì che l’immagine si semplifichi in direzione di una prima stilizzazione astratta maggiormente in linea con quanto si stava producendo all’interno dei movimenti postimpressionisti. Nei due oli su tavola presenti, l’attenzione costante verso la realtà lacustre è palpabile nella veduta così pregna di luminosità ottenuta per impiego sapiente dei colori puri accostati alla gamma dei complementari che dal punto di vista compositivo s’innestano su un’intelaiatura spaziale, di stampo forse ancora tradizionale, caratterizzata da piani essenziali e portanti generalmente orizzontali, come nel caso della veduta di Rivapiana, influenzata dalle esperienze compiute in prima persona con la macchina fotografica. 7 Ne il Paesaggio con arcobaleno (pag. 18) l’intento rappresentativo presente nelle due opere di cui sopra si defila in favore di una netta virata verso una trasfigurazione di forte accentuazione simbolica con non pochi indizi, un colore e un segno sempre meno naturalistico dettati dall’interno da ragioni soggettive, che già preludono la visionarietà espressionistica. Un secondo artefice del cambiamento nel modo d’intendere la pittura liberandola dai suoi legami con l’accademismo ottocentesco nonché paladino di una più moderna concezione dell’arte è il pittore giubiaschese Edoardo Berta che avvalendosi del puntinato o meglio dello sfilacciamento cromatico divisionista e contemporaneamente dell’arabesco lineare ci offre una suggestiva inquadratura del lago di Lugano dove sulla linea di confine tra la superficie acquosa e la montagna sovrastante si profila la sagomatura di Villa Favorita (pag. 25), storica sede della Pinacoteca del barone Von Thyssen nonché sua residenza privata. Accostabile più che per ragioni stilistiche per prossimità anagrafiche, il milanese Gioachimo Galbusera con l’olio su tavola, non datato, raffigurante il Laghetto di Muzzano (pag. 27) , conferma quanto sia ancora forte la lezione del naturalismo reale di stampo ottocentesco ma nel contempo come egli, nel privilegiare lo studio scevro da pregiudizi accademici, abbia contribuito alla diffusione di un’idea nuova di paesaggio. Un atteggiamento più disinvolto e fresco nell’affrontare il dato naturale con lirica partecipazione si traduce in un episodio lacustre felice e suggestivo dal punto di vista dei rimandi emotivi che il medesimo è in grado di suggerire. Altro importante protagonista a cavallo tra i due secoli è Luigi Rossi con il suo Scorcio lacustre (pag. 16-17), un olio su cartone, dove ci è dato cogliere la quiete, qui suggerita attraverso una dislocazione di pochi ma essenziali elementi armonicamente accordati entro un involucro atmosferico che pregna di luce un assetto compositivo che si avvale di piani declinanti. Un quartetto di autori, in cui spicca evidentemente la figura alta del Franzoni, interpreti di un versante della ricerca artistica caratterizzata dal rispetto dal dato naturale così come lo stesso si manifesta agli occhi del pittore. In questo rimanere fedeli al dato oggettivo e nella conseguente operazione di tradurre per via pittorica le sensazioni ricavate dal contatto diretto con lo scenario naturale si identifica o prende forma quel vedere che, seppur partecipativo e quindi votato a trasformare il motivo indagato per rapporto agli umori e alle aspirazione del pittore, assume il carattere di vedutismo o di impressione a indicare un modo di rapportarsi al mondo. Le due tempere e la tecnica mista di Marianne Werefkin, Boote am Strand (pag. 22), Die Badenden (pag. 23) (1925), Alte Fabrik, Brissago (pag. 24) (1920), sono emblematiche di un diverso modo di intendere il paesaggio lacustre non più dedotto direttamente dal guardare diretto ma da quello interiore. I tre fogli infatti non appaiono come il risultato di un indagine percettiva ma sono 8 piuttosto il risultato di un’operazione della memoria che se da un lato recupera un qualcosa di visto sottopone quella rimembranza di verità ottica all’azione deformante o perlomeno sintetica determinata da urgenze o da istanze di natura espressiva dissimili rispetto a quelle ottico-percettive. Nel segno incisivo, nelle forme schematiche o nelle pennellate convulsive dell’artista russa si manifesta il suo particolare carattere prevalentemente espressionistico che si staglia all’interno della grande e complessa poetica dell’Espressionismo così come la medesima si delinea all’interno delle avanguardie primariamente nordeuropee dei primi decenni del secolo scorso. Per designare chi guarda dentro di sé alfine di far emergere un’immagine interiore pregna di allusioni esistenziali si ricorre al termine di visionario in quanto generatore di visioni. In questo universo di visioni rientrano, per affinità d’intenti, l’olio (pag. 36) e la tecnica mista (pag. 37) di Albert Müller un esponente del movimento espressionista Rot – Blau, fondato assieme al pittore Paul Camenisch (pag. 35) e allo scultore Hermann Scherer sotto l’egida del loro mentore E:L: Kirchner rifugiatosi a Davos, come artista definito degenerato dal regime nazista. Il fatto di stabilirsi nel Mendrisiotto è una delle ragioni di questo interesse nei confronti del paesaggio ticinese, nella fattispecie quello lacustre, dove l’impeto primordiale dell’esponente dell’espressionismo svizzero tedesco trova, ad eccezione forse del carboncino con pastello, una sua mitigazione nella direzione di un guardare direi maggiormente contemplativo. Proseguendo con la presentazione degli artisti presenti in galleria incontriamo un terzetto di pittori locali che hanno a più riprese posizionato il loro cavalletto in prossimità del lago. Bruno Nizzola, il primo (pag. 31) dei tre, identificherà la zona delle lanche nei pressi del Bosco Isolino e dei Saleggi come ideale luogo naturale e motivo privilegiato a partire dal quale, il cosiddetto pittore di via Monteguzzo realizzerà i quadri forse più intensi per capacità nel saper pittoricamente restituire una porzione di realtà, qui trasfigurata e direi quasi smaterializzata per via di una stesura a macchie del colore i cui esiti globali non sfigurerebbero affatto accanto a quelli di alcuni grandi interpreti di una poetica in costante bilico tra figurazione e astrazione. Il secondo locarnese, più precisamente il minusiense Ugo Zaccheo, indirizza il suo sguardo indagatore nei dintorni della sua abitazione, nella zona del porto di Rivapiana (pag. 30), lasciandosi impressionare e ispirare dal décalage in profondità delle imbarcazioni ormeggiate, tra cui si distingue la cosiddetta Lucia, la tipica barca dei bacini lombardi, non di rado presente in molti quadri che hanno come soggetto il lago. Un frammento di realtà restituito con schiettezza e fedeltà nei confronti di ciò che l’occhio attento del pittore sa cogliere riservandosi comunque, nel processo di messa a punto dell’immagine, di apportare le calcolate modifiche o le omissioni dettate da ragioni di natura compositiva. 9 Daniele Buzzi, il terzo, anch’egli locarnese ma dai soggiorni lunghi nella Svizzera romanda, ci fornisce la prova della sua particolare capacità di sintesi così prossima al sintetismo di matrice francese, attraverso una china raffigurante l’imbarcatoio di Locarno (pag. 32). La china acquarellata, dalle delicate sfumature di color seppia della solitaria Barca (pag. 33), conferma la capacità del Buzzi nel saper coniugare una perizia compositiva tra le più rigorose con un sentire poetico che nel geometrizzante rigore della forma si traduce in una silenziosa e sospesa immagine senza tempo. Una semplificazione delle forme le quali danno come l’impressione di incastonarsi fra di loro in superficie, alla stregua dei tasselli di un puzzle. Una delicata sinfonia di gradazioni del color seppia fa sommuovere le forme sagomate che vanno a formare un’immagine dove la valenza decorativa si coniuga con quella di natura grafica confermata della sua complementare attività come cartellonista tra i più innovativi della sua generazione. La presenza della Lucia ci permette di introdurre la singolare Veduta di Morcote (pag. 34) di Otto Perlasca. La caratteristica imbarcazione va a occupare, assieme ad una coppia di lavandaie chinate nell’intento di fare il bucato sulla riva e un solitario cigno, la parte inferiore della composizione. Una quinta arborea profilata sul lato sinistro del quadro favorisce il passaggio di sguardo dalla scenetta di genere in primo piano alla riva opposta al punto di osservazione, verosimilmente nei pressi di Brusino, dove si staglia il composto profilo dell’amena località di Morcote. Un sole arancio collimante con il profilo della montagna, sgomitando tra le violacee nuvole, riesce a proiettare il suo fascio di luce che, riverberandosi sulla piatta superficie dell’acqua, configura forme chiare dal vago significato simbolico più che impressionistico. Una figura forse un tantino appartata e di conseguenza meno conosciuta, rispetto al terzetto di artisti locarnesi appena presentati, sembra essere quella del pittore svizzero-tedesco Ernst Theodor Zuppinger. Autore di un numero elevato di piccole tavolette ha saputo fissare con discrezione e sensibilità alcuni suggestivi angoli di paesaggio in cui sovente il lago appare a partire da una serie di quinte arboree. Questo dispositivo che aiuta a traslare in profondità lo scenario naturale colto in presa diretta, caratterizza l’impianto generale dei due pregevoli olietti in mostra, i Saleggi di Locarno (pag. 28) e Im Park Müller Reiner (pag. 29) del 1928. Nel solco di una pittura prodotta en plein air, a contatto diretto con il motivo, si collocano la locarnese Adelaide Borsa, alla quale la Galleria Quinta ha dedicato, nella primavera di quest’anno, un’ampia e sorprendente retrospettiva, e la francese Germaine Verna. I due pastelli (pag. 40, 41) della Borsa sono indicativi del suo particolare modo di affrontare le parvenze naturali attraverso un tocco e un fare rapido e sintetico 10 che se da una parte assicurano la restituzione del motivo e la sua riconoscibilità, dall’altro traducono il sentimento profondo manifestato dalla pittrice nei confronti della natura. Il lido di Ascona (pag. 38), della Verna, con l’ampia striscia di zone erbose frammiste a sabbia in primo piano, ad occupare la metà inferiore della tela, relegando in profondità, quasi comprimendoli, il profilo delle montagne dal pendio innevato, già in territorio italiano poco dopo il confine di Dirinella, una sottile striscia di lago, un allineamento di esili e svettanti alberi, uno sparuto numero di minuscoli bagnanti e alcune casupole s’inserisce in quella linea del guardare al mondo con poetica partecipazione reso per esclusivo utilizzo dei mezzi pittorici qui stesi con fare rapido quasi a voler catturare l’essenza medesima del luogo. Altri episodi concorrono a rendere sempre più attraente questa rivisitazione iconografica del lago. Tra questi l’acquerello (pag. 26) di Giovanni Giacometti con lo svettante San Salvatore che riflette la sua imponente massa nel sottostante Ceresio. Impossibile, almeno dalle nostre parti, dissociare i nomi dei laghi dalle montagne attigue che con fare austero sembrano vigilare sulla quiete dello specchio d’acqua ai loro piedi. Il San Salvatore, evocato anche dal ticinese di origine italiana Ambrogio Preda, per le sue fattezze morfologiche e la sua ubicazione geografica ha catturato l’attenzione di molti artisti del secolo scorso, in particolare provenienti da settentrione e saltuariamente attivi dalle nostre parti , assumendo il ruolo di autentica star, di pittoresco baluardo roccioso dalle molteplici potenzialità espressive. Del Preda, nato a Milano nel 1839 e morto a Davesco Soragno nel 1906, è inoltre esposta una veduta di Lugano dalla riva della legna (pag.14), abbracciante l’intero lungolago e sfociante nel triangolo del San Salvatore. Un ancorato primo piano con funzione di trampolino dell’intera sequenza che si dispiega in profondità, dispositivo compositivo questo simile a quello impiegato dal Franzoni per organizzare lo scenario entro cui si inquadra il paesaggio lacustre osservato da Rivapiana, accompagna lo sguardo dello spettatore nella direzione di una ricognizione sempre più dettagliata e particolareggiata degli elementi architettonici tra cui spicca l’esile sagomatura della chiesa di Santa Maria degli Angioli. Di autore ignoto lo Scorcio su montagne e lago (pag. 42) è paradigmatico di un diffuso registro compositivo indubbiamente efficace nel saldare, attraverso una robusta quinta, in questo caso costituita dalla verticalità dell’albero spoglio che attraversa per intero il fianco mancino della tela, le fasce relative ai quattro registri corrispondenti all’acqua, al paesaggio, alle montagne e al cielo. Una stesura del colore regolare e diffusa contribuisce altresì a rinforzare un senso di continuità e di permeabilità delle parti. In Locarno-Harmonia in Blau-Rosa (pag. 39), pastello su carta del 1979 Andreas Jawlensky, figlio del grande Alexej, nel voler abbracciare con lo sguardo l’ariosità e il vivace ondeggiamento delle acque del golfo locarnese nel contempo, grazie a una profonda conoscenza di alcune sintassi elaborate nei primi decenni del Novecento, in 11 particolare l’arabesco e la cromia pura dei fauvisti, coglie delle sinergie e delle armoniche affinità tra la pittura e gli altri linguaggi, in particolare quello musicale, per cui l’immagine, come campo di forze dotate di vita autonoma, si emancipa dalla sua funzione documentaristica. Il nostro excursus visivo attraverso il paesaggio lacustre iniziato sul finire dell’Ottocento termina con l’unica presenza di un pittore attivo che dimostra di voler seguire il filone da noi descritto. La scelta di dare visibilità alla ricerca pittorica tuttora in atto di Lukas Brändli, attivo a Firenze dopo aver frequentato nella stessa città l’American Art School, risponde pienamente alle intenzione dei promotori che credono fermamente nell’importanza di una pittura provvista di solidi requisiti professionali che suggellandone la qualità rivendica un suo legittimo spazio all’interno del complesso e per molti versi non sempre chiaro panorama di espressioni del contemporaneo. Le tavolette o le tele di piccolo formato (pag. 43, 44, 45, 46, 47) eseguite dal giovane artista ticinese direttamente al cospetto dal vero dopo aver piazzato il cavalletto nel punto pazientemente individuato e migliore per rapporto alle proprie intenzioni rappresentative, ci offrono quel senso di piacere e di meraviglia nel ritrovare la dimensione poetica che un guardare distratto e utilitaristico ci ha viepiù negato. Capire come un frammento di realtà, osservato, studiato e tradotto con linee, forme e soprattutto colori, svolga un ruolo di interlocutore privilegiato per rapporto a colui che guardando pregna di sé la realtà e viceversa, significa ritrovare nello sguardo verso ciò che ci sta attorno una dimensione umana e una vitalità creativa ben oltre gli artifici e l’inconsistenza di un universo dominato dal virtuale. Le posture delle barche riunite nel porticciolo, gli ampi orizzonti delle vedute di Ascona che illusoriamente sembrano bucare la staticità del supporto, se nel loro statuto di pura pittura da un lato rimandano e non potrebbe essere diversamente, a molti degli esiti fin qui ammirati dall’altro confermano quanto le potenzialità del figurativo siano ancora ampie e continuamente oscillanti tra un vedere, nella forma di una veduta, più rispettoso e aderente alle apparenze fenomeniche e un sentire soggettivo, nell’ aspetto di una visione, in grado di provocare una trasfigurazione, dettata da ragioni interiori, del dato oggettivo. Dario Bianchi Ottobre 2015 12 Opere Ambrogio Preda Lugano dalla riva della legna olio su tela 22 x 38 cm 14 Ambrogio Preda Morcote olio su tela 27 x 44 cm 15 Luigi Rossi Scorcio lacustre olio su tavola 31 x 68 cm 16 17 Filippo Franzoni Paesaggio con arcobaleno olio su tavola 34 x 18,5 cm 18 Filippo Franzoni Porto 31 x 19,5 cm olio su tavola 19 Filippo Franzoni Muralto olio su carta 20 x 43,5 cm 20 21 Marianne von Werefkin Boote am Strand Tempera su carta brunastra 23 x 30 cm 22 Marianne von Werefkin Die Badenden 1925 Tempera su carta e cartone 24 x 34 cm 23 Marianne von Werefkin Alte Fabrik, Brissago 1920 Tecnica mista su carta 19 x 24 cm 24 Edoardo Berta Villa Favorita 1908 50 x 26 cm olio su tavola 25 Giovanni Giacometti San Salvatore Acquarello su carta 17 x 24 cm 26 Gioachimo Galbusera Laghetto di Muzzano Olio su tavola 19 x 43 cm 27 Ernst Theodor Zuppinger Saleggi di Locarno Olio su tavola 23 x 33 cm 28 Ernst Theodor Zuppinger Im Park Müller Reiner Olio su tavola 23 x 33 cm 29 Ugo Zaccheo Rivapiana Olio su tavola 24 x 30 cm 30 Bruno Nizzola Saleggi Olio su tela 40 x 50 cm 31 Daniele Buzzi Debarcadero China su carta 53 x 40,5 cm 32 Daniele Buzzi Barca China su carta 42 x 32 cm 33 Otto Perlasca Veduta di Morcote Olio su tela 54 x 44 cm 34 Paul Camenisch Sommer am Lago Maggiore - Ruhiger Morgen Olio su tela 58 x 72 cm 35 Albert Müller Landschaft 1920/21 Olio su tela 51 x 61 cm 36 Albert Müller Tessinerlandschaft, 1924 Carboncino e pastello su carta 34 x 48 cm 37 Germaine Verna Il lido di Ascona olio su tela 28,5 x 41,5 cm 38 Andrea Jawlensky Locarno-Harmonia in Blau-Rosa, 1979 Pastello su carta 29,5 x 42 cm 39 Adelaide Borsa Magadino Pastello su carta 45 x 61 cm 40 Adelaide Borsa Delta Pastello su carta 47,5 x 62,5 cm 41 Sconosciuo Scorcio su montagne e lago Olio su tela 41 x 50,5 cm 42 Lukas Brändli Lago Maggiore olio su tavola 20 x 30 cm 43 Lukas Brändli Ascona olio su tavola 30 x 40 cm 44 Lukas Brändli Barche e isole olio su tela 28 x 38 cm 45 Lukas Brändli Sei barche ad Ascona olio su cartone 30 x 49,5 cm 46 Lukas Brändli Porticciolo ad Ascona olio su tela 70 x 50 cm 47 Finito di stampare nel mese di novembre 2015 dalla Tipografia Stazione SA, Locarno stampato in svizzera