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Visioni del Paradiso

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Visioni del Paradiso
Visioni del Paradiso > Un dialogo sull’arte tra Svizzera e Italia
Visioni del Paradiso
Un dialogo sull’arte tra Svizzera e Italia
Testi di Domenico Lucchini,
Karin Frei e Pietro Bellasi
Electa
Visioni del Paradiso
Un dialogo sull’arte tra Svizzera e Italia
concetto: Karin Frei
produzione: Istituto Svizzero di Roma
a cura di Karin Frei e Domenico Lucchini
Istituto Svizzero di Roma
18 maggio – 15 luglio 2006
Istituto
Svizzero
di Roma
Istituto Svizzero di Roma
Villa Maraini
Via Ludovisi 48
00187 Roma
www.istitutosvizzero.it
Direttore artistico
Dr. Domenico Lucchini
Collaboratori culturali
Claudia Buraschi, Mara Folini,
Gábor Simon (organizzazione “Eventi collaterali”)
Catalogo
Progetto grafico e layout
Barbara Fässler
Editing
Giancarlo Norese
Traduzioni
Fanny Meroni, Piccolo & Associati
Sponsor
Swiss Re
Allestimento
Antonio Belardi e staff
Tecnica video
Gianluca Marandola e staff
Grafica
Felix Humm, Francine Mury
Ufficio stampa
Intesa & C.P., Roma
Enti finanziatori
Ufficio Federale per la Cultura
Ufficio Federale delle Costruzioni e la Logistica
Fondazione Svizzera per la Cultura Pro Helvetia
Segreteria di Stato per l’educazione e la ricerca
Canton Ticino
Partner
Banca del Gottardo
Per le opere
© by gli artisti
Per le fotografie
© by gli autori
Per i testi
© by Pietro Bellasi, Karin Frei, Domenico Lucchini
© 2006 by Istituto Svizzero di Roma
by Mondadori Electa S.p.A., Milano
Tutti i diritti riservati
Fotografie
Barbara Fässler: 10, 12, 14, 19, 23, 26, 31, 39, 40, 44,
45, 56, 57, 74, 81, 89, 94, 97, 98, 99, 101, 102, 105,
113, 127, 133, 141
Serge Hoeltschi: 142
Nadia Romanini: 134
Gábor Simon: 143
Fabrizio Stipari: 8, 21, 29, 35, 41, 43, 47, 49, 55, 56, 59,
61, 62, 63, 73, 75, 77, 78, 79, 83, 85, 87, 90, 91, 93, 95,
99, 103, 106, 107, 109, 111, 113, 115, 119, 121, 125,
126, 135, 137, 139
Visioni del Paradiso
Un dialogo sull’arte tra Svizzera e Italia
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Swiss Re
Una visione a lungo termine
A Long-term Vision
Domenico Lucchini
L’insostenibile leggerezza del Paradiso
The Unbearable Lightness of Paradise
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Karin Frei
trampin’...
trampin’...
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Pietro Bellasi
Un fanciullino nell’Eden
A little boy in Eden
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La mostra
> the show
Emmanuelle Antille
Atelier Oï
Bianco-Valente
Daniele Buetti
Davide Cascio e Linda Cuglia
Loris Cecchini
Enzo Cucchi
Paola Di Bello
Sonja Feldmeier
Sylvie Fleury
Mirjam Fruttiger
Andrea Galvani
Flor Garduño
Piero Gilardi
Nic Hess
Norma Jeane
Zilla Leutenegger
Franco Losvizzero
Lutz & Guggisberg
Gérald Minkoff & Muriel Olesen
Victorine Müller
Chris Murner
Mimmo Paladino
Mai-Thu Perret
Piero Pizzi Cannella
Philippe Rahm
Sara Rossi
Kerim Seiler
Gerda Steiner & Jörg Lenzlinger
Costa Vece
Not Vital
Gli eventi collaterali
Giorgio Rossi
Laurence Revey
Anna Huber
Biografie / Biographies
> the events
Una visione a lungo termine
A Long-term Vision
S
wiss Re, quale riassicuratore globale, leader a
livello mondiale, è impegnato a promuovere una
crescita economica, sociale e ambientale sostenibile nel tempo.
L’arte visiva e sperimentale è di grande stimolo per
vedere e conoscere il mondo attraverso forme inusitate;
individuando nuove tendenze, simboli e valori.
Il sostegno fornito da Swiss Re alla mostra “Visioni
del Paradiso” dimostra l’impegno e il costante interesse
del Gruppo verso l’arte contemporanea, vista come
espressione dell’identità e della cultura stessa della
Compagnia.
Il Gruppo Swiss Re non solo vanta una lunga tradizione di attivo coinvolgimento ed interesse nei progetti
d’arte visiva, ma possiede anche un’importante collezione di lavori, creati dai più noti artisti contemporanei
sia svizzeri che internazionali.
In questo ambito, la strategia di Swiss Re è fondamentalmente orientata al futuro, concentrata sul dialogo sull’arte, in un ampio contesto di visioni contemporanee e aspetti innovativi. È concepita per incoraggiare
gli artisti, le istituzioni e la Compagnia stessa in una
visione di lungo termine.
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Visioni del Paradiso
A
s the world’s leading reinsurer, Swiss Re is committed to promoting sustainable economic, social and
environmental development. Visionary and experimental art stimulates new ways of seeing the world; it can
help us identify possible trends and developments.
Swiss Re’s support of the Visions of Paradise exhibition shows our commitment to contemporary art as
expression of our identity and corporate culture.
The Group not only has a long tradition of involvement with visual arts projects, but has a significant collection of its own featuring major contemporary Swiss and
international works.
Swiss Re’s art strategy is fundamentally future-oriented, focusing on artistic dialogue, contemporary visions
and innovative forms. It is designed to benefit artists, institutions and our own Company over the long term.
L’insostenibile leggerezza del Paradiso
Domenico Lucchini
I
“
Aspettando
il paradiso,
per ingannare
la noia dell’attesa,
l’uomo ha inventato
l’arte, la più nobile
delle dilettazioni
umane”
Osvaldo Licini
“L’agile salto
improvviso del poetafilosofo che si solleva
sulla pesantezza
del mondo, dimostrando
che la gravità
contiene il segreto
della leggerezza”
Italo Calvino
l termine “visione” investe un campo di significati che
riguardano sia il soggetto sia l’oggetto dell’atto del vedere, tanto il funzionamento delle facoltà percettive dell’occhio umano quanto le forme in cui il mondo si presenta allo sguardo (e lo sguardo si rappresenta il mondo).
L’ambiguità e la polivalenza del termine non sono altro
che il risultato di un ambiguo statuto della visione nella
cultura occidentale. Alla visione, intesa come l’atto del
vedere, compete la facoltà di osservare, verificare, certificare. Ma, nello stesso tempo, l’incognita dell’illusione e
dell’inganno, della fascinazione e della meraviglia. È proprio quanto cerca di sviluppare “Visioni del Paradiso”
lungo un percorso che caratterizza le arti visive contemporanee. La visione come atto di percezione e di rappresentazione, sistema di conoscenza di una quotidianità con
cui si misura qui l’opera di artisti svizzeri e italiani che si
cimentano con pittura, scultura, fotografia, video e installazioni, a cui si è chiesto di coniugare un tema come quello del paradiso, leitmotiv di una ricerca che nel tempo e
nello spazio della mostra assume fisionomie e configurazioni diverse. Un tema, quello scelto, di carattere universale e di grande ricchezza interpretativa, che ha il grande
vantaggio della connotazione positiva e che diviene punto
di riferimento in un mondo dominato dallo scetticismo.
Il paradiso, termine di origine persiana, da “pairidaeza”,
con il significato primitivo di “giardino”, “recinto”, “verziere”, “parco” è nell’uso comune cristiano moderno il luogo
di perfetta letizia ove andranno i giusti dopo la morte, in
premio alla loro giustizia.
Parallelamente all’evoluzione del concetto di Paradiso celeste se ne è sviluppata la rappresentazione, strutturata in diverse tipologie che simbolicamente miravano a
raffigurare il medesimo luogo e stato di beatitudine. Le
immagini più antiche del Paradiso celeste sono strettamente legate all’idea di Paradiso terrestre. Alcune di queste raffigurazioni, l’Eden, le simbologie di Adamo ed Eva,
della mela piuttosto che del serpente, sono riemerse –
riattualizzate e ricontestualizzate – anche in questa
mostra. In effetti agli artisti chiamati all’impresa di realizzare una mostra sul “paradisiaco” si è richiesta una riflessione di ampio respiro, incentrata sul punto di partenza
implicito nel titolo: una particolare condizione della visione capace di cogliere l’orizzonte (il paradiso) nella realtà
esteriore e attraverso lo sguardo interiore nella sua meravigliosa inquietudine. Non uno sguardo estetico o estatico
ma una ricerca continua, insieme tenace ed efficace. I 38
artisti invitati a partecipare hanno così fornito un’opera,
spesso recente, che nel proprio iter ha costituito una
riflessione o un frammento di sensazioni che richiamano il
paradiso, o l’hanno potuta realizzare ex novo in funzione
degli spazi a disposizione.
L’idea di paradiso, di cui l’arte forse con le sue profezie che si concretizzano e si realizzano nella quotidianità,
è la proiezione nella realtà, ha una pregnanza particolare.
In tempi di incertezza sul futuro, anche l’arte visiva
sente più fortemente l’importanza di ripensare i grandi
temi della vita, di riflettere sull’etica, sulle emozioni indotte dai comportamenti. Ogni artista, attraverso un ambiente e il modo di proporre una tematica, ci (si) interroga
spesso senza dare risposte. Sentimenti paradisiaci, ma
anche stati d’animo “infernali”, sovente sono raffigurati
con sarcasmo e ironia, quasi a risarcirci ludicamente per
la perdita dell’età dell’oro.
Con ciò l’Istituto Svizzero, che intende aprirsi sempre
più alla società, ha affrontato un tema vasto, riconoscendo all’arte un suo specifico linguaggio ma pure la possibilità e anzi la necessità di infrangerne le regole, di usare i
mezzi per parlare della complessità e, in particolare, di
quel tutto che ci concerne intimamente. La regia curatoriale, mia e di Karin Frei, è presente ma non invadente,
lasciando tanto agli artisti quanto agli spettatori un buono
spazio di manovra. Inoltre la mostra propone una rosa di
artisti che non segue le tendenze di mercato e non ha
nulla di dogmatico, e in questo rispecchia la flessibilità in
cui si riconosce l’istituzione: artisti giovani e altri affermati, svizzeri e italiani, promesse o figure già internazional-
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“Cadute dal cielo”, 2006
bocce di vetro argentate /
silver-plated glass spheres
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Visioni del Paradiso
mente note che si mescolano senza gerarchie. I diversi siti
espositivi, l’antica villa, il parco e la nuova struttura dialogano e si confrontano. L’esperienza invita quindi a molti
livelli di lettura, a più percorsi, dall’attenzione all’opera
singola fino a uno sguardo verso il luogo. Un viaggio/visione, dalla mitologia all’attualità, affidato alle opere e a questo catalogo che accompagna e interpreta la mostra.
L’interpretazione appunto. È così ricca, ampia, articolata, fluida l’arte contemporanea che invece di parlare di
morte dell’arte, come spesso avviene anche da parte di
importanti storici dell’arte, sarà invece opportuno leggerla da una posizione più consona alla sua complessità e
diversamente critica, non contemplativa ma semmai interpretativa. L’arte intesa quale specchio della società. Da
tempo i più avveduti fra gli storici (e gli artisti stessi,
ovviamente) hanno dimostrato che l’arte non è specchio,
ma interpretazione della società.
In termini generali aderire a una cosa, al reale nel
nostro caso, significa annullare la distanza che ci separa
dalla cosa medesima; in altre parole significa perdere quella lontananza che ci permette di valutarne l’aspetto, di
apprezzarne, misurarne le dimensioni. Proprio nell’ottica
di rivalutare e ribaltare tali implicazioni, Italo Calvino
aveva scritto la prima delle sue “Lezioni americane”, intese come riflessioni per il terzo millennio: “Nei momenti in
cui il regno dell’uomo mi sembra condannato alla pesantezza, penso che dovrei volare come Perseo in un altro
spazio. Non sto parlando di fughe nel sogno o nell’irrazionale. Voglio dire che devo cambiare il mio approccio, devo
guardare il mondo con un’altra ottica, un’altra logica, altri
metodi di conoscenza e di verifica. Le immagini di leggerezza che io cerco non devono lasciarsi dissolvere come
sogno dalla realtà del presente e del futuro…”.
In questo mondo che ci sta opprimendo con la sua
drammaticità e pesantezza, alle quali nessuno sa proporre alternative credibili, pare logico accogliere con apertura quegli spiragli di luce, anche se talvolta sconfinanti nell’assurdo, che gli artisti contemporanei ci prospettano,
con le loro opere che spesso sono il risultato di lunghe
riflessioni, anche se appaiono come utopie.
Per trovare il punto interrogativo dell’arte oggi (poetico, polemico, politico, ironico) è il caso di dirigersi altrove. Verso il paradiso, per esempio. Si può rifiutare l’idea di
un Paradiso, ma rispettare quello che il paradiso rappresenta. E si può godere delle sue visioni, quelle che l’arte e
la letteratura ci hanno tramandato e oggi reinterpretano.
“Il paradiso altrove” è il titolo dell’ultimo bel romanzo di Vargas Llosa, scrittore peruviano che in quest’opera
narra con maestria il racconto del pittore Paul Gauguin,
un essere libero, appassionato e profondamente umano,
ossessionato dalla ricerca dell’assoluto che gli conferisce
una dimensione tragica. Una ricerca e una dimensione che
coinvolgono anche un altro grande artista contemporaneo che ben volentieri avremmo voluto annoverare in
mostra, Michelangelo Pistoletto, che nel suo recente progetto de “Il terzo paradiso” tenta di coniugare un primo
paradiso, quello che precede il morso della mela, in cui
tutto è regolato con l’intelligenza naturale, con un secondo paradiso artificiale, in cui prevale ogni forma di artificio e tutto si deteriora creando il pericolo di una collisione. “Il progetto globale chiamato ‘Terzo paradiso’ non può
che realizzarsi attraverso un passaggio evolutivo nel
quale l’intelligenza umana trova i modi per convivere con
l’intelligenza della natura. Il riferimento biblico non ha
finalità religiose ma è assunto come messaggio per dare
senso e forza al concetto di trasformazione sociale responsabile a motivare un grande ideale che unisce in un
solo impegno l’arte, la scienza, l’economia, la spiritualità e
la politica”.
La speranza e l’esigenza stessa di “un nuovo cielo e
una nuova terra” costituiscono non solo aspettative legittime e da perseguirsi, ma una prospettiva per la loro realizzazione in una dimensione autenticamente “apocalittica”.
Prima ancora che nell’arte, l’attesa dell’Apocalisse si
manifesta in tv, sui giornali, nella rete, nelle notizie false
che non consentono un’opinione obiettiva sul mondo, nei
filmati dei morti di guerra, nella lotta per le riserve energetiche, nella sovrapposizione di immagini pubblicitarie,
nelle diatribe sulla ricerca scientifica. Manifestando l’attesa dell’Apocalisse, l’arte riflette una tensione già presente
nella società. Il problema allora sta solamente nella modalità della sua realizzazione. Non bisogna infatti dimenticare che nella dottrina cattolica è scritto che la Gerusalemme Celeste, simbolo principale del mondo trasfigurato,
lungi dall’essere conseguenza di una fondazione umana
più o meno progettuale, è invece “descendentem de coelo
a Deo” e quindi, da questo punto di vista, un adeguamento dell’uomo alla realtà e non viceversa.
Ma allora tutti i tentativi umani di alterare questa prospettiva saranno destinati a rivelarsi, in ultima analisi,
simili alla nefasta edificazione ascensionale della Torre di
Babele, vera e propria immagine rovesciata della discesa
della Città Celeste? O in questa parodia del villaggio globale, pervaso da manifestazioni religiose “fondamentaliste” e
dalla concentrazione di poteri capitalistico-mediatici, si
sarà in grado di ricomporre la dispersione delle genti e la
confusione delle lingue, salvaguardando le diversità culturali e spirituali dei popoli? Agli… artisti l’ardua sentenza.
The Unbearable Lightness of Paradise
Domenico Lucchini
T
“
A waiting
paradise,
to kill time,
man invented art,
the noblest
of human pleasures”
Osvaldo Licini
“the sudden agile leap
of the poet-philosopher
who raises himself
above the weight
of the world,
demonstrating that
gravity contains the
secret of lightness”
Italo Calvino
he term “vision” covers a field of meanings involving
both the subject and the object of the act of seeing, as
well as the functioning of the perceptive faculties of
the human eye, and the forms in which the world presents
itself to our gaze (and the gaze formulates the image of the
world). The ambiguity and versatility of the term are simply the result of the ambiguous status of vision in western
culture. Vision, in the sense of the act of seeing, involves
the faculties of observation, verification, certification. But
at the same time it involves the unknown quantities of illusion and deception, charm and wonder. This is precisely
what Visions of Paradise attempts to develop, along a path
that characterizes the contemporary visual arts. Vision as
an act of perception and representation, a system of knowledge of an everyday dimension with which Swiss and
Italian artists come to terms using the tools of painting,
sculpture, photography, video and installation. The artists
were asked to approach the theme of paradise, a leitmotiv
of a research that in the time and space of the exhibition
takes on different physiognomies and configurations. The
selected theme is universal in character, open to a wide
range of interpretations, with the great advantage of having
a positive connotation. Though there were also negative
visions, the theme has functioned well as a reference point,
a parameter.
Paradise, a term of Persian origin, from “pairidaeza”,
compound of “pairi-” “around” and “diz” “to make, form (a
wall)”, originally indicating a garden or enclosure, in common Christian usage has come to mean the place of perfect
happiness where the just go after death as a reward for
upright behavior.
In parallel to the evolution of the concept of heavenly
Paradise, its representation has developed, structured in
different typologies that symbolically aimed at depicting
both the place and the state of bliss. The oldest images of
heavenly paradise are closely linked to the idea of earthly
paradise. Some of these portrayals – Eden, the symbolism
of Adam and Eve, the apple, the serpent – have resurfaced
in updated, recontextualized form in the exhibition. The
artist invited to create a “paradisiac” experience were
asked to reflect on the widest range of aspects, while focusing on the starting point supplied by the title: a particular
condition of vision, capable of observing the horizon (the
paradise) in external reality and through the inner gaze, in
all its marvelous restlessness. Not an aesthetic or ecstatic
gaze, but a continuing research, both tenacious and effective. Some of the 38 artists invited to participate supplied a
work, often a recent one, which in their personal paths represents a reflection or a fragment of sensations on paradise. Others created new works specifically for the available spaces.
The idea of paradise of which art, perhaps, with its
prophesies that take on concrete form in the everyday
world, is the projection in reality, has particular significance.
In times of uncertainty about the future visual art has
a stronger sense of the importance of rethinking the big
issues of life, of reflecting on ethics, on emotions induced
by behavior. Every artist, through an environment and a
way of addressing a theme, asks us (and himself) questions, often without offering answers. Paradisiac sentiments, but also “infernal” states of mind, are often depicted with sarcasm and irony, almost like a playful revenge
for the loss of the golden age.
With this exhibition the Swiss Institute, which aims to
become more and more open to society, has confronted a
vast theme, recognizing art’s claim to a specific language,
but also the possibility, even the necessity, of breaking the
rules, of using media to talk about complexity and, in particular, about that whole that concerns us most closely. The
curatorial direction, mine and that of Karin Frei, is present
but not invasive, leaving both artists and viewers with
ample room for maneuver. Furthermore, the exhibition
presents a selection of artists that is not based on market
trends and has nothing dogmatic about it. This reflects the
flexibility of the institution: emerging young artists and the
more highly renowned, Swiss and Italian, promising talents
9
“Cadute dal cielo”, 2006
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Visioni del Paradiso
and international figures are mixed, without hierarchies.
The various exhibition sites, the historic villa, the park and
the new structure, establish a dialogue with one another.
So the experience lends itself to many levels of interpretation, many itineraries, from a focus on individual works to
an overall view of the place. A voyage/vision, from mythology to current events, entrusted to works and to this catalogue that accompanies and interprets the show.
Precisely: interpretation. Contemporary art is so rich,
ample, varied that instead of talking about the death of art,
as even important art historians have been known to do, it
might be more interesting to interpret art from a position
more in tune with its complexity. A different kind of criticism, then, not one of contemplation but one of interpretation. Art is seen as a mirror of society. But for some time
now the most astute historians (and the artists themselves,
obviously) have demonstrated that art is not a mirror, but
an interpretation of society.
In general terms, adherence to a thing – to reality, in
our case – means erasing the distance that separates us
from it; in other words, it means losing the detachment that
allows us to evaluate its appearance, to appreciate it, to
gauge its size. Precisely with an eye on re-evaluating and
overturning these implications, Italo Calvino wrote the first
of his “Six Memos for the Next Millennium”: “In the
moments when it seems the kingdom of man is doomed to
heaviness, I think I should fly, like Perseus, in another
space. I am not talking about an escape into dreams or the
irrational. I mean that I must change my approach, I have
to look at the world with another perspective, another logic,
other methods of knowledge and verification. The images of
lightness I seek should not let themselves be dissolved, like
a dream, by the reality of the present and the future…”.
In this world that oppresses us with its heaviness and
drama, for which no-one seems to be able to propose credible alternatives, it seems logical to welcome with open
arms the glimpses of light, though they may border on the
absurd, produced by contemporary artists with their works
that are often the result of lengthy, though apparently utopian, reflection.
To find the question mark of art today (poetic, polemical, political, ironic) we need to look elsewhere. Toward
paradise, for example. We can reject the idea of heaven
but respect what it represents. And we can enjoy its visions,
passed down to us by art and literature and reinterpreted
by us today.
The Way to Paradise is the title of the recent novel by
Mario Vargas Llosa, the Peruvian author who in this work
masterfully narrates the tale of the painter Paul Gauguin, a
free being, passionate and profoundly human, obsessed by
a pursuit of the absolute that gives him a tragic dimension.
A pursuit and a dimension that also involve another great
contemporary artist we would have like to include in this
show, Michelangelo Pistoletto, who in his recent project
“The Third Paradise” attempts to combine a first paradise,
the one before the bite of the apple, in which everything is
regulated with natural intelligence, with a second, manmade paradise, in which every form of artifice prevails
and everything deteriorates, creating the danger of a collision. “The global project I call the Third Paradise […] can
only be realized through the search for harmony between
artifice and nature. This requires an evolutionary step
whereby human intelligence finds ways to coexist with the
intelligence of nature. The biblical reference has no religious purpose but has been adopted as a message to give
sense and strength to the concept of responsible social
transformation, and to motivate a great ideal that brings
together art, science, economics, spirituality and politics in
a single commitment.”
The hope and the very need for a “new heaven and
new earth” constitute not only legitimate expectations that
should be pursued, but also a perspective for their realization in an authentically “apocalyptic” dimension.
Even prior to art, the foreboding of the Apocalypse can
be seen on TV, in newspapers, in the web, in the false news
that prevents the formulation of an objective opinion about
the world, in the footage of war casualties, the battle for
energy reserves, the overlapping of advertising imagery,
the diatribes on scientific research. Manifesting the foreboding of the Apocalypse, art reflects a tension that is
already present in the society. So the problem lies only in
the mode of its realization. We should not forget that in
Catholic doctrine it is written that Celestial Jerusalem, the
main symbol of the transfigured world, far from being the
result of more or less planned human foundation, is
instead “descendentem de coelo a Deo” and therefore,
from this point of view, an adaptation of man to reality, not
vice versa.
So are all human attempts to alter this prospect destined to turn out, in the final analysis, like the unfortunate
ascending edification of the Tower of Babel, a veritable
reverse image of the descent of the Celestial City? Or in this
parody of the global village, pervaded by “fundamentalist”
religious manifestations and the concentration of capitalistmedia power, will it be possible to remedy the scattering of
the peoples, the confusion of tongues, while safeguarding
cultural and spiritual diversity? Perhaps the artists can
respond.
trampin’...
Karin Frei
“
I’m trampin’,
trampin’
Try’n-a make
heaven my home
(…)
I’ve never been
to heaven
But I’ve been told
Try’n-a make
heaven my home
That the streets
up there
Are paved with gold
Try’n-a make
heaven my home
I’m trampin’, trampin’
Try’n-a make
heaven my home”
A Negro Spiritual
Arranged by Edward Boatner
Performed by Patti Smith
“Sto vagando
Cercando il mio posto in paradiso (...)
In paradiso non sono mai stata
Ma ho sentito dire
(Cercando il mio posto in paradiso)
Che lassù le strade
Son lastricate d’oro
(Cercando il mio posto in paradiso)
Sto vagando
Cercando il mio posto in paradiso”
All’inizio fu il Paradiso
… e poi venne la cacciata. Da allora tutti vogliamo “ritornare”. Back to the roots. Back to the womb. “Tornare” sul
luogo del delitto. Ognuno a modo suo, con le sue priorità
e le sue idee. Come un tramper, sempre irrequieto, sempre alla ricerca della perfezione, di ciò che rende felici.
Di utopie e fantasie del paradiso se ne descrivono e
visualizzano da 2000 anni. Non sempre sono state “soltanto” un mondo parallelo. Dal Seicento, quando, in un
dipinto, il Guercino pose sotto un teschio la scritta “et in
Arcadia ego” e la Vanitas fece quindi il suo ingresso anche
in Arcadia, le fantasie del paradiso si sono inserite in un
rapporto di interdipendenza con la nostra realtà.
“Visioni del Paradiso” è un tentativo di mostrare una
gamma di idee del paradiso di artisti del nostro tempo. Il
risultato è molto vario e si legge come specchio azzeccato del nostro presente. A differenza dell’Ottocento, quando il bene e il male dividevano il mondo dicotomicamente, oggi noi abbiamo a che fare con una grande ricchezza
di progetti di vita possibili o fittizi. Azzardiamo un breve
excursus nel tempo del mondo diviso in due: da un lato,
a grandi linee, c’erano i rivoluzionari con le loro utopie
socialiste, i sostenitori di un’appropriazione attiva del
mondo, dall’altro i conservatori, che si immaginavano il
paradiso come un luogo della memoria di precedenti
condizioni dell’umanità ed ambivano al “dolce far niente” come esclusività aristocratica.
Nonostante tutte le posizioni contrastanti, utopisti e
conservatori erano molto simili fra loro: nelle loro idee di
un paradiso terrestre tutti gli uomini erano fratelli e sorelle, avevano in abbondanza da mangiare, erano nudi e liberi. L’uomo del diciannovesimo secolo aveva bisogno della
“fata morgana del paradiso terrestre”1 per potere resistere alle brutture del mondo.
Se fino allora gli uomini avevano esaltato dei ed eroi
come portatori della speranza di una “vita migliore”,
1
W. Hofmann: “Das Irdische Paradies”, München, 1991, p. 234.
nell’Ottocento passa in primo piano l’apoteosi dell’uomo.
Le esposizioni mondiali e le città giardino sono esempi di
come allora gli uomini avevano dato forma, nella materia e
nella realtà, alle loro idee del paradiso. Nell’Ottocento il
paradiso (come peraltro l’inferno) non era più un’idea
assoluta di aldilà. La speranza in un paradiso terrestre –
qui ed ora – aiutava a vincere la paura della mancanza di
senso dell’esistenza e l’horror vacui. Dalle colonie si portavano testimonianze esotiche per i giardini di casa propria, per godersi un pezzetto di giardino dell’Eden, per concedersi la meraviglia e il divertimento, ma anche e soprattutto per accertarsi che il proprio stadio evolutivo fosse
più elevato, più nobile e certamente più vicino al paradiso.
… e continuiamo a cercarlo
Molti artisti alla fine dell’Ottocento si sono spinti per il
mondo per trovare il loro paradiso e la salvezza della
loro anima. Paul Gauguin è riuscito a dare voce al quesito centrale del diciannovesimo secolo europeo: “Da
dove veniamo, cosa siamo, dove andiamo?”. Questi
interrogativi da allora non sono mutati in modo sostanziale. Siamo sempre alla ricerca delle nostre radici e di
nuove definizioni di noi stessi. E ancora oggi continuiamo a interrogarci sulla nostra meta.
Anche nel ventesimo secolo la vita è stata fortemente improntata alla ricerca di una vita migliore – come lo
è anche oggi. Lo testimoniano i “ruggenti anni venti”, ma
anche gli anni trenta, in cui la critica di Musil nei confronti della realtà si è evoluta nel tentativo di immaginare una vita migliore possibile. Anche se nel 1943 Sartre
aveva sostenuto acutamente “l’enfer c’est les autres”, il
desiderio del paradiso ha continuato ad essere vivo in
tutte le epoche, nei dorati anni cinquanta, al tempo degli
hippy, e fino all’ultimo “fin de siècle” avulso dal corpo e
digitalizzato. Oggi si potrebbe dire: “le paradis c’est les
autres”, nel senso che senza gli altri nessuno sarebbe in
grado di muoversi in direzione del paradiso. Ma noi, persone acculturate, cosa intendiamo oggi per paradiso?
11
Sentendo questa parola, di solito non ci appaiono
davanti agli occhi immagini concrete. Ci coglie piuttosto
un’intuizione indistinta di ciò che provoca sentimenti di
felicità, a volte anche un’immaginazione precisa di ciò
che potrebbe migliorare il mondo – nel piccolo, come
nel grande. Il “paradiso” è lo schermo su cui proiettare
desideri e aneliti non realizzati, la categoria che riunisce
molte idee di miglioramento del mondo e della vita. C’è
chi per “paradiso” intende l’essere uno con l’universo,
chi lo incontra in terra. Altri rientrano in se stessi per
trovare la pace dell’anima. Non ultimo, continuamente
incontriamo questa parola nella pubblicità, dove serve
per aumentare il fatturato. Ma, qualunque sia l’uso di
questa parola, vi è sempre una caratteristica comune: è
una parola, con fortissime connotazioni individuali e
culturali, e sta per una gamma infinita di desideri di un
mondo migliore. Di qualsiasi genere.
La grande nostalgia
Nell’arte del ventesimo secolo la rappresentazione del
paradiso desiderato ha lasciato il posto alla decostruzione dello stesso, implicando spesso un approccio ironico, critico al tema. Si sono sviluppate nuove strategie
artistiche che hanno posto al centro la quotidianità,
sogni, ossessioni, desideri di migliorare il mondo: strategie che prima del novecento sarebbero state impensabili. Nonostante tutte queste possibilità di immaginare in termini artistici una vita migliore, complessivamente per l’arte il motore è rimasto quello di tutte le
epoche precedenti: l’uomo è spinto da una grande
nostalgia, nostalgia di essere una cosa unica con il
cosmo, nostalgia di sentirsi immerso e protetto in un tutto più
grande. Proprio questo desiderio
sembra essere da generazioni uno
dei motori della creazione artistica, per quanto l’arte possa manifestarsi poi con modalità differenti. Più si espande la gamma delle
possibilità di comunicare nel
nostro mondo globalizzato, più si
intensificano gli sforzi di aumentarne l’efficienza, di controllarlo.
In questa spirale di sviluppo l’uomo, la sua morale e la sua etica,
faticano a tenere il passo.
All’individuo la società individua“Cadute dal cielo”, 2006
lista chiede tutto: energia, dispobocce di vetro argentate / silver-plated glass spheres
nibilità, impegno, esperienza…
! cm 10,5
12
Visioni del Paradiso
non gli sono più concesse pause di riposo. Non sorprende quindi che possa crescere il desiderio di un
mondo in cui il singolo si senta sicuro e protetto.
… di un altro mondo
Gli artisti invitati a partecipare a “Visioni del Paradiso”
lavorano con strategie differenti. Alcuni presentano la
loro immaginazione di un altro “mondo” nel senso di un
mondo parallelo, che ha le sue radici nella finzione, nella
memoria o nella fiaba. È la capacità di fluttuare fra immaginazione e realtà, senza porre l’una a un livello superiore all’altra, come in Cascio e Cuglia, Fruttiger, Galvani,
Losvizzero, Rossi e Steiner & Lenzlinger.
Un rapporto con un altro mondo, nel senso di una
visione del futuro, come quella che Le Corbusier aveva già
descritto nel 1922 nel suo “Piano di una città per 2 milioni
di abitanti” e che aveva iniziato a realizzare con le sue
“Unités d’habitation“, lo instaura Sonja Feldmeier con la
sua installazione “Neverending”. Nel loop senza fine del
video si trasmette la situazione virtuale di una città verticale, in cui all’osservatore si schiudono molteplici possibilità virtuali di fare un’esperienza e in cui un abitante fittizio potrebbe vivere dalla nascita alla morte senza mai
doverne uscire.
Il desiderio di immergersi in un “altro mondo”, in
un’atmosfera, un qualcosa di non esattamente definibile,
porta all’idea di impregnare contemporaneamente il
mondo che ci circonda. “Paradise now!” è un progetto spaziale di Philippe Rahm, che sfida l’olfatto ed indica proprio
questo qualcosa, che è inesprimibile. Un profumo, null’altro che il profumo riempie questo spazio. Che in certe circostanze questo immergersi non sia così facile è l’idea di
base dei “Monologue Patterns” di Loris Cecchini.
La seduzione come gioco con i limiti della nostra
realtà rispetto ad altri “mondi” è un tema che, implicito o
esplicito, ricorre in molti lavori. Infatti il serpente e la mela,
che hanno vanificato la nostra esistenza paradisiaca, compaiono come simboli in molti lavori e svelano la seducibilità dell’uomo edonista e la sua corrompibilità (Victorine
Müller, Muriel Olesen, Flor Garduño). La seduzione, intesa
come gioco, con tutte le sue implicazioni, è un motivo centrale anche nei lavori del Designer Kollektiv Atelier Oï.
Paradiso in vista
L’arte è uno strumento accurato per canalizzare la percezione. Funziona per mondi paralleli fittizi e virtuali come
quelli descritti precedentemente, ma anche per i lavori
che operano con il qui ed ora nel qui ed ora. Se gli abitanti dell’Istituto Svizzero di Roma (ISR) si siedono sopra la
tribuna “Mindspace 3” di Kerim Seiler, che l’artista ha
installato sulla terrazza del nuovo edificio, dimostrano
quanto l’arte entri nella vita quotidiana in modo suggestivo e nel contempo dominante e quanto facilmente possa
spostare i parametri. La tribuna non serve al suo scopo
genuino per gli spettatori di uno spettacolo teatrale, un
film o un concerto, ma è oggetto in esposizione e zona di
riposo e, nel contesto del titolo della mostra “Visioni del
Paradiso”, diventa una piattaforma per la creazione intellettuale di “visioni” individuali sul paradiso. Significativamente nel prolungamento delle linee della tribuna si trova
la chiesa di Sant’Isidoro.
Alcuni artisti hanno preso in considerazione il cielo
come sinonimo del paradisiaco, forse anche come surrogato dell’eterno ed ineffabile. Chris Murner, con “Eco’
Transats” mette a disposizione lo strumento con cui vedere in modo nuovo, sotto l’aspetto della tutela ambientale,
ciò che sempre consiste: l’universo. Ma anche per indulgere nel “dolce far niente” come condizione paradisiaca. Il
paradiso tuttavia non può mai essere condizione stabile.
Ciò che si brama, si trova sempre dove noi non siamo. Non
arriviamo mai, cerchiamo e cerchiamo in permanenza.
Fino alla fine dei nostri giorni. E forse anche oltre…
Il cielo assume un ruolo un po’ differente nel lavoro
di Norma Jeane. Con il titolo “Heaven Can Wait” l’artista
suggerisce implicitamente l’inserimento dell’uomo nell’ambito terreno, nella città di Roma e nella sua storia, nel
cosmo, ma anche in una vita di piaceri e si ricollega quindi a una definizione dello scopo della vita, come quella
descritta da Théophile Gauthier alla metà dell’Ottocento:
“… perché il piacere mi sembra lo scopo della vita e l’unica cosa utile dell’essere su questa terra”2.
Devozione
L’essere uno con il mondo e con l’universo si percepisce
come nostalgia in quasi tutti i lavori di “Visioni del
Paradiso”. Alcuni si confrontano, per lo più implicitamente, con l’abbandono, che è alla base di questo essere uno.
Trance ed estasi sono prevalentemente estremizzazioni
religiose dell’abbandonarsi, dell’unità con il cosmo o con
la divinità che promette la felicità. In molte religioni trance ed estasi sono considerati strumenti con cui entrare in
contatto con il mondo dello spirito, spesso con la perdita
temporanea del controllo sull’io. Con “Heroine of the
People” Mai-Thu Perret si rifà a questo tema dell’abbandono, con la differenza che non è l’ego a dissolversi, bensì
In questa introduzione non si presentano tutti i lavori in esposizione.
Maggiori informazioni sono disponibili nei capitoli dedicati ai singoli artisti, presentati in ordine alfabetico.
2
un buddha, che con i ripetuti gesti della devozione si
erode fino ad assumere una forma indefinibile.
La perdita dell’io nell’ebbrezza consumista, come
ulteriore forma contemporanea del lasciarsi andare, si
ritrova nell’ambiguo “Yes to All” di Sylvie Fleury – invito
ad abbandonarsi completamente ai consumi, in cui tuttavia risuonano anche note intermedie, che criticano proprio questo atteggiamento di evasione. “Yes to All” è un
comando del computer, con cui copiare o cancellare file
in modo irrevocabile. La vita non offre questa possibilità.
Nella vita si tratta di abbandonarsi, di accettare e di assumersi la responsabilità.
Nel nostro ambiente culturale il desiderio di sottrarsi a determinati aspetti della vita è molto diffuso. La
malattia, la morte, ma anche la depressione e l’alienazione sono aspetti della vita che preferiamo non guardare in
faccia. L’anonimità nelle grandi città, per esempio, esercita un fascino, ma può anche generare angoscia. Evadere
nel sonno può essere un modo di reagire, come testimoniano i lavori “Level 49/2” e “Die Schlafende” di Zilla
Leutenegger. I due lavori ruotano intorno alla disparità
del rapporto di forza fra organismo urbano e organismo
umano, mediano tuttavia anche l’esperienza dell’essere
gettati nel mondo, e quello di essere avvolti da un cosmo
affascinante per la sua estraneità.
L’abbandonarsi, come perdita temporanea dell’io nella
massa, oppure come identificazione con una star, lo troviamo nel calcio, lo sport che maggiormente è in grado di livellare gli strati sociali e di unire culture diverse. Ciò che per il
calcio è il dissolversi dell’ego nella massa, è per l’amante la
fusione con la sua amata. Daniele Buetti con “Be my perfect
guide” ha espresso entrambi i modi dell’abbandono: in
senso ludico e nella sua variazione sofferta.
Abbandono significa anche che il nostro essere gettati nel mondo richiede una condivisione di responsabilità
per questo pianeta. Per questo non sorprende che l’arte
possa diventare un metro di misura dell’equilibrio fra
umanità e ambiente. L’artista italiana Paola Di Bello cerca
quindi nella natura la rivelazione della creazione e della
distruzione, senza collocarle gerarchicamente. Not Vital, a
sua volta, supera l’impotenza rispetto alle ingiustizie del
mondo investendo il ricavato della vendita delle sue “cacche di mucca” – fusioni in bronzo ed escrementali testimonianze di un’arcadia passata – nella costruzione di un
ospedale per le vittime delle ustioni in Nepal.
“One big world”
Il “Grosse Ganze” – il grande tutto – si riferisce chiaramente all’accezione di un mondo in cui tutti vivono in
13
armonia e in pace, in cui non regnano soltanto il bianco e
il nero, ma hanno voce in capitolo anche le tante sfumature. Il “Grosse Ganze”, inteso come un mondo in cui le
contraddizioni non sono escluse, ma vengono utilizzate
anche in modo creativo.
Questo “Grosse Ganze” addita soprattutto il mondo
come parte del cosmo, che cambia continuamente ed è la
superficie su cui proiettare i nostri desideri. Il video di
Bianco-Valente suggerisce un cielo stellato, in cui i singoli punti sempre in movimento, non identificabili, diventano una sorta di simbolo: ciò che non riesce al corpo, con
il suo vincolo terreno, è facile per lo spirito. Che supera
ogni ostacolo ed è fonte di utopie.
Questa nostalgia è particolarmente intensa nel
“Paradiso pegado” di Nic Hess. Gli sticker ripresi dall’estetica formale dei bambini, sono per Hess il mezzo con
cui avvicinarsi, di adesivo in adesivo, ad un paradiso
che egli immagina nell’infanzia. La mappa del mondo,
come supporto della sua idea di paradiso, esprime la
nostalgia di “one big world”, che scaturisce dall’esigenza di essere parte di questo cosmo.
Peace and happiness?
Che il desiderio di una vita migliore, di uno stato perfetto, non debba nascondere un atteggiamento critico, è
ovvio. Un atteggiamento critico nei confronti delle strategie trasfiguranti della nostalgia, rispetto alle immagini di
un mondo migliore eccessivamente riferite all’aldilà, è
insito nella maggior parte dei lavori.
Il lavoro di Emmanuelle Antille mostra nel modo più
suggestivo che non può esservi un paradiso senza che vi
sia un polo opposto, senza contrasto e soprattutto in modo isolato: il
binomio concettuale di “Dear
friend, dear enemy” diventa il
gemello di “le paradis, l’enfer”. La
battaglia di Don Chisciotte per un
regno dell’immaginazione sembra
corrispondere,
per
Mimmo
Paladino, a una ricerca del paradiso. L’insegna come allegoria di
“miracoli immaginari” non è soltanto protezione dal mondo ma anche
e soprattutto simbolo del fatto che
senza attrito quei “miracoli” non
esistono. L’omino nel “Picasso gelato” di Enzo Cucchi ha già alle spalle
“Cadute dal cielo”, 2006
un lungo percorso di confronto con
bocce di vetro argentate / silver-plated glass spheres
il suo padre ideale, come ci rivela la
! cm 10,5, particolare / detail
14
Visioni del Paradiso
striscia bianca nel quadro. Eppure l’immagine di Picasso è
sempre dirompentemente grande. Gérald Minkoff lavora
partendo dalla coscienza dei contrasti e delle contraddizioni. I suoi lavori sono importazioni mirate, di provenienza critica, nel mondo intatto della borghesia – così la scritta “Ne désir, ris Eden!” è stampata nei colori dell’anarchia
e il “Paradiso offshore” allude inequivocabilmente alla
piazza finanziaria svizzera.
Logicamente nella fase preparatoria di “Visioni del
Paradiso” non sono mancati gli attriti. La bandiera di
Costa Vece “Made in Anarchy” non si è potuta collocare
sulla torre, come previsto dall’artista, perché la direzione
dell’ISR percepiva la A degli anarchici come un simbolo
che provoca caos e violenza. Il lavoro, esposto come se
emergesse, crescendo, dal cartone per il trasporto e corredato di una documentazione sulla storia della mostra3,
ora ha un titolo diverso: “Trouble in Paradise” e non riflette più “soltanto” anarchia, come un’utopia originariamente sociale, ma ora – sottile ironia della storia – è anche
piattaforma per riflessioni su “libertà artistica e paradiso”. Con la documentazione e le citazioni4 in questo catalogo, l’artista si dichiara esplicitamente contro una falsa
armonia e a favore di confrontazione politica e sociale,
contro le situazioni sclerotizzate e per la libertà.
I desideri sono molteplici. I supporti del desiderio
multiformi. L’anelito archetipico di libertà trova un equivalente visivo nel volo, come accennano gli uccelli di Lutz &
Guggisberg, che però sono bruciati e non possono più
librarsi nei cieli. Contemporaneamente gli oggetti esposti
sono semplicemente legno, formato per avere un contenuto, legno che diventa fonte di possibilità. Una di queste
possibilità sono gli uccelli: sanno aspettare, sfidano il clima
e sono il segno dei nostri desideri, spesso non riscattati, e
che nel contempo si sgretolano o bruciano lentamente.
Anche se siamo dominati dai nostri desideri – e il
mondo fiorente della pubblicità lo dimostra ampiamente –
l’arte indica che esiste una tendenza ad appropriarsi attivamente del mondo. Gli artisti non si abbandonano semplicemente ai loro desideri, ma prendono in mano le loro
visioni, le formano nella materia o lasciano che la materia
diventi visione. Per noi “Visioni del Paradiso” è segno del
non lasciare erodere i nostri desideri, del considerare l’indicibile, di coltivarlo e del non perdere la tenacia, anche se
la ricerca di ciò che rende felici induce a pensare a Sisifo.
Trampin’…
3
La documentazione comprende due simulazioni in photoshop della collocazione della mostra progettata originariamente, nonché una lettera
inviata da ISR a Costa Vece, con la motivazione della decisione di non
appendere la bandiera.
4
Cfr. p. 136.
trampin’...
Karin Frei
“
I’m trampin’,
trampin’
Try’n-a make
heaven my home
(…)
I’ve never been
to heaven
But I’ve been told
Try’n-a make
heaven my home
That the streets
up there
Are paved with gold
Try’n-a make
heaven my home
I’m trampin’, trampin’
Try’n-a make
heaven my home”
A Negro Spiritual
Arranged by Edward Boatner
Performed by Patti Smith
In the Beginning was Paradise
… and then the banishment. Ever since, we all want to
“return”. Back to the roots. Back to the womb. To “return”
to the scene of the crime. Each with his own way, priorities, ideas. Like a tramper, restless, always seeking perfection, the stuff of happiness.
For 2000 years people have described and visualized
utopias and fantasies of paradise. They are not always
“just” parallel worlds. Since the 1600s, when in a painting
Guercino put the message et in Arcadia ego under a skull,
and Vanitas thus made its entry in Arcadia, fantasies of
paradise have been inserted in a relationship of interdependency with our reality.
Visions of Paradise is an attempt to show a range of
ideas about heaven by artists of our time. The widely varied result can be seen as a pertinent reflection of our present. Unlike the 1800s, when good and evil split the world
into two clear parts, today we are faced with a great wealth
of possible – or illusory – life projects. Let’s attempt a short
digression in the time of the world divided in two: there
were the revolutionaries with their socialist utopias, champions of an active appropriation of the world; and there
were the conservatives, who imagined paradise as a place
of memory of earlier conditions of humanity, with the goal
of “sweet idleness” as an exclusive aristocratic privilege.
In spite of their many contrasts, utopians and conservatives had many similarities: in their ideas of an earthly
paradise all men were brothers and sisters, they had plenty to eat, could do without clothing and were free. 19th-century man needed the “mirage of earthly paradise”2 to put
up with the repulsive aspects of the world.
Until then men had looked to gods and heroes to offer
hope of a “better life”, but in the 1800s the apotheosis of
man came to the fore. The universal expositions and garden cities are examples of attempts to give concrete form
to ideas of paradise. In the 1800s paradise (like hell) was
1
W. Hofmann: “Das Irdische Paradies”, München, 1991, p. 234.
no longer an absolute notion of the beyond. The hope of
an earthly paradise – here and now – helped to overcome
the fear of the lack of meaning of life, the horror vacui.
From the colonies exotic specimens arrived to adorn gardens at home, to enjoy a little piece of Eden, a diverting
marvel, but above all to emphasize a higher, more noble
stage of evolution, undoubtedly closer to heaven.
… and we continue to seek it
Many artists, toward the end of the 1800s, traveled to find
paradise and salvation. Paul Gauguin expressed this central query of the European 19th century: “where do we come
from, what are we, where are we going?”. These questions
haven’t changed, substantially, since then. We are still
looking for our roots and for new definitions of ourselves.
We still wonder about our destination. Even today.
The 20th century was also a moment of strenuous pursuit of a better life – as is the present. This can be seen in
the “roaring Twenties”, but also the Thirties, in which
Musil’s critique of reality evolved into an attempt to imagine possible improvement. Though in 1943 Sartre acutely
stated that “l’enfer c’est les autres”, the desire for paradise
has continued to thrive in all periods, from the golden
Fifties to the flower children, to the latest “fin de siècle”
with its drive for digital freedom from bodily limits. Today
we might say: “le paradis c’est les autres”, in the sense that
without others no-one would be able to move in the direction of heaven. But just what do we mean by heaven today?
When we hear the word paradise, concrete images
usually do not appear before our eyes. Instead, we have an
indistinct intuition of something that provokes feelings of
happiness, or at times a precise vision of what might
improve the world – on a small or large scale. “Paradise”
is the screen on which to project unfulfilled desires and
yearnings, the category that combines many ideas for
improvement of the world and life. Some see it as being at
one with the universe, others encounter it on earth. Others
delve into themselves to find the peace of the soul. Last but
15
not least, we continuously find the word in advertising, where it functions to boost sales. But however it is used, there is always a shared characteristic: it is a word with very strong individual
and cultural connotations, standing for an infinite
range of desires for a better world, of all kinds.
The great nostalgia
In the art of the 20th century the representation of
desired paradise has been replaced by its deconstruction, often implying an ironic, critical
approach to the theme. New artistic strategies
have been developed that focus on everyday
life, dreams, obsessions, desires to improve the
world: strategies that would have been unthinkable before the 20th century. In spite of all these
possibilities of imagining a better life in artistic
terms, on the whole the driving force for art has
remained the same as in all previous eras: man
is driven by a great nostalgia, the desire to be as
one with the cosmos, to feel immersed and protected in a larger whole. Precisely this desire
seems, for generations, to have been one of the
motors of artistic creation, though art can manifest itself in different ways. The more the range
of communication expands in our globalized
world, the more the efforts intensify to increase
the world’s efficiency, to control it. In this spiral
of development man, his morals and ethics, are
struggling to keep pace. The individualistic society demands everything of the individual: energy, availability, commitment, experience… no
moments of rest are permitted. So it is not surprising that there is a growing desire for a world
in which the individual feels safe and protected.
… of another world
The artists invited to participate in Visions of
Paradise work with different strategies. Some
present their imaginings of “another world” in
the sense of a parallel world, which has roots in
fiction, memory and fable. The capacity to float
between imagination and reality, without placing
one above the other, as in the cases of Cascio
and Cuglia, Fruttiger, Galvani, Losvizzero, Rossi
e Steiner & Lenzlinger.
A relationship with another world, in the
sense of a vision of the future, like the one
described by Le Corbusier in 1922 in his “Plan for
16
Visioni del Paradiso
a city of 2 million inhabitants”, which he had
begun to put into practice with his “Unités d’habitation”, is established by Sonja Feldmeier in her
Neverending installation. In the video loop we
see the virtual situation of a vertical city, offering
glimpses of multiple possibilities of experience. A
place where a fictional inhabitant could live,
from birth to death, without ever having to
emerge from the place.
The desire for immersion in “another
world”, an atmosphere, something not exactly
definable, leads to the idea of simultaneously
impregnating the world around us. Paradise
now! is a spatial project by Philippe Rahm that
challenges the sense of smell and indicates this
inexpressible something. Nothing more than a
fragrance that fills space.
The fact that in certain circumstances this
immersion is not so easy is the basic idea behind
the Monologue Patterns of Loris Cecchini.
Seduction as playing with the limits of our
reality with respect to other “worlds” is a theme
that recurs, implicit or explicit, in many works.
The serpent and the apple that ruined our earthly
paradise appear as symbols in many pieces, pointing out how easy it is to seduce and corrupt man
the hedonist (Victorine Müller, Muriel Olesen, Flor
Garduño). Seduction, seen as a game, with all its
implications, is also a central motif in the works of
Designer Kollektiv Atelier Oï.
Paradise sighted
Art is an accurate tool for channeling perception. It functions with parallel, staged worlds
like those described above, but also in works
that operate with and in the here and now. If the
inhabitants of the Swiss Institute in Rome (ISR)
relax on Mindspace 3 by Kerim Seiler, which
the artist has installed on the terrace, they prove
that art can enter everyday life in an intriguing,
dominant way, easily shifting parameters. The
stands do not serve their normal purpose as
seating for a spectacle; they are an object on display, a zone of rest, and in the context of an
exhibition entitled Visions of Paradise they
become a platform for the intellectual creation
of individual “visions”. Significantly, if we
extend the lines of the structure, we see the
church of Sant’Isidoro.
Some artists have thought about the sky as
a synonym of heaven, or perhaps as a surrogate
for the eternal and ineffable. Chris Murner, with
Eco’ Transats, offers an instrument with which
to see the universe in a new way, in terms of
environmental protection. But also to indulge in
“sweet idleness” as a heavenly condition. But
paradise can never be a stable condition. What
we yearn for is always found somewhere we’re
not. We never reach it, but permanently search
and search. Until the end of our days. And
maybe beyond…
The sky plays a rather different role in the
work of Norma Jeane. With the title Heaven Can
Wait the artist implicitly suggests the insertion of
man in the earthly context, in the city of Rome
and its history, in the cosmos, but also in a life
of pleasures. Thus she reconnects to a definition
of the purpose of life, such as that described by
Théophile Gautier halfway through the 1800s:
“… because pleasure seems to me to be the purpose of life and the only useful thing about being
on this earth”2.
Devotion
Being as one with the world and universe is perceptible as a yearning in nearly all the works
included in the show. Some explicitly deal with
abandon, which forms the basis of this oneness.
Trances and ecstasy are religious extremes of
abandon, unity with the cosmos or the divinity,
promising happiness. In many religions they are
considered ways of coming into contact with the
world of the spirit, often with a temporary loss of
control of the self. With Heroine of the People
Mai-Thu Perret addresses this theme, with the
difference that what is dissolved is not the ego
but a Buddha, which repeated gestures of devotion reduce to an unrecognizable form.
The loss of self in the inebriation of consumption, as another contemporary form of
abandon, is seen in the ambiguous Yes to All of
Sylvie Fleury, an invitation to let ourselves be
absorbed completely by consuming, but with
intermediate notes of critique of this escapist
In this introduction not all the works in the exhibition are
discussed. More information is available in the chapters on
the individual artists, presented in alphabetical order.
2
path. Yes to All is also a computer instruction
with which to copy or permanently erase files.
Life doesn’t offer such options. In life self-abandon can also have repercussions, meaning we
have to accept and assume responsibility.
In our cultural milieu the desire to avoid certain aspects of life is very widespread. Sickness,
death, but also depression and alienation are
aspects of life we prefer not to look at. The
anonymity of the big city, for example, has its
charm, but it can also generate anguish. Escape
in slumber can be a way of reacting, as seen in
the works Level 49/2 and Die Schlafende by
Zilla Leutenegger. The two works move around
the disparity of force between the urban and
human organisms, but they also address the
experience of being thrown into the world, of
being enveloped by a cosmos of fascinating
extraneousness.
To let oneself go, as a temporary loss of the
ego in the mass, or as identification with a star,
is also found in soccer, the sport most capable of
social leveling and uniting of different cultures.
The dissolving of the ego in the crowd of soccer
is like the lover’s fusion with the beloved.
Daniele Buetti, with Be my perfect guide,
expresses both modes of abandon: the playful
sense and the arduous variation.
Abandon also means that our being thrown
into the world requires a sharing of responsibility for the planet. So it is not surprising that art
can become a way of measuring the balance
between humankind and the environment. The
Italian artist Paola Di Bello seeks the revelation
of creation and destruction in nature, without
ranking the two. Not Vital, in turn, overcomes
impotence with respect to the injustices of the
world, investing the proceeds from the sale of its
“cow pies” – bronze castings of excremental evidence of a bygone Arcadia – in the construction
of a hospital for burn victims in Nepal.
“One big world”
The “Grosse Ganze” – the big whole – clearly
refers to a world in which everyone lives in
peace and harmony; not just black and white,
but also all the shades in between. A world
where contradictions are not excluded, but utilized in a creative way.
The world is seen as part of the cosmos,
continuously changing. It is the surface on which
to project our desires. The video by BiancoValente suggests a starry sky in which the individual points, always in movement, impossible
to identify, become a sort of symbol: what the
body is prevented from doing, by its earthly constraints, is easy for the spirit, which overcomes
any obstacle and is the source of utopia.
This nostalgia is particularly intense in the
Paradiso pegado of Nic Hess. Stickers, taken
from the formal aesthetic of children, become a
means of approaching, sticker by sticker, a paradise he imagines in childhood. The map of the
world, as the support for his idea of paradise,
expresses the desire for “one big world” based
on the need to be part of this cosmos.
Peace and happiness?
Clearly the desire for a better life, a perfect state,
should not conceal a critical stance, evident in
most of the works, regarding the transfiguring
strategies of nostalgia with respect to images of a
better world excessively focused on some afterlife.
The work of Emmanuelle Antille demonstrates, in the most evocative way, that there can
be no paradise without its opposite, without contrast and, above all, in isolation: the conceptual
pairing of dear friend, dear enemy becomes the
twin of “le paradis”, “l’enfer”. The battle of Don
Quixote for a kingdom of the imagination seems
to correspond, for Mimmo Paladino, to a search
for paradise. The insignia as allegory of “imaginary miracles” is not just protection from the
world, but also and above all a symbol of the fact
that without friction those “miracles” cannot
exist. The little man in the Picasso gelato by
Enzo Cucchi has a long path behind him already,
of confrontation with his ideal father, as the
white strip in the painting reveals. Yet the image
of Picasso is always disruptively great. Gérald
Minkoff works by starting with awareness of contrasts and contradictions. His works are strategic
imports, of critical origin, in the intact world of
the bourgeoisie. Thus the inscription Ne désir,
ris Eden! is printed in the colors of anarchy, and
the Paradiso Offshore makes clear reference to
the world of Swiss finance.
Logically enough, in the preparation phase
of Visions of Paradise there were some conflicts.
The flag of Costa Vece Made in Anarchy could
not be placed on the tower, as the artist had
planned, because the ISR saw the A of the anarchists as a symbol that provokes chaos and violence. The work, shown as if it were growing out
of a packing crate and accompanied by documentation of the controversy3, now has a different title, Trouble in Paradise, and no longer
“just” reflects anarchy, as an originally social
utopia, but also – subtle irony of history –
becomes a platform for reflection on “artistic
freedom and paradise”. With the documentation
and the quotations4 included in this catalogue,
the artist explicitly opposes false harmony and
supports political and social confrontation:
against atrophy, pro liberty.
The desires are multiple. Their supports
have many forms. The archetypal yearning for
freedom finds its visual equivalent in flight, as
indicated by the birds of Lutz & Guggisberg. But
the birds are burnt and can no longer soar
through the sky. At the same time, the objects
exhibited are simply wood, shaped to have a
content, wood that becomes a source of possibilities. One of these possibilities is birds: they
know how to wait, the defy the climate and are
the sign of our desires, often unfulfilled, that at
the same time slowly crumble and burn.
Though we are driven by our desires – as
the world of advertising so fully demonstrates –
art proves that a trend exists toward active
appropriation of the world. Artists do not simply
abandon themselves to their desires, but take
their visions in hand, shaping them in material
or allowing the material to become vision. For
us, Visions of Paradise is a sign of a way to
elude letting our desires erode, a way of thinking
about what cannot be said, of cultivating it and
not losing our tenacity, although the pursuit of
what brings happiness does bring Sisyphus to
mind. Trampin’…
3
The documentation includes two computer simulations of
the installation as originally planned, as well as a letter sent
by the ISR to Costa Vece, explaining the decision not to
display the flag.
4
Cfr. p. 136.
17
Un fanciullino nell’Eden
Pietro Bellasi
F
“
Poiché il nostro
proposito
è descrivere
in questo libro tutto
il cerchio della terra,
il suo aspetto fisico
come le regioni abitate
e, dato che il paradiso
è un luogo ben
determinato di questa
stessa terra, non è
senza ragione che
all’inizio dell’opera
se ne faccia menzione
per chiederci dove mai
si trovasse questo
giardino delle delizie
al tempo dei nostri
primi genitori e se esso
esista ancora
nel mondo attuale.”
Sebastian Münster,
“Cosmografia universale”, 1559
18
Visioni del Paradiso
orse nessun’altra visione, fantasia, nessun altro
sogno come il Paradiso ha rapito e rapisce (ancora) l’immaginario in una selva di ambiguità, di contraddizioni, anzi di ossimori e di paradossi insolubili. Lo
ghermisce e lo strappa al presente, seducendolo alla
nostalgia contemporaneamente di un passato e di un
futuro remoti. In effetti l’intero viaggio, tutta l’esplorazione umana dell’esistenza può essere sintetizzata nel
faticoso e dolorosissimo ritorno alla Sacra Montagna
delle origini, proiettata nell’avvenire della fine dei tempi.
Ecco! Il Paradiso è anzitutto exitus/reditus: uscita,
abbandono, cacciata / rientro, ritorno, accoglienza.
Anche se, per antonomasia, il Paradiso è perduto e questa perdita è la sola certezza, simile a quella della morte,
di fronte alla vita nell’eternità: “Si tratta dell’antichissimo sogno archetipo di una Età dell’Oro (o Paradiso),
dove ci sarà abbondanza di tutto per tutti e grandi, giuste e sagge leggi a regolare una specie di giardino d’infanzia del genere umano. Questo potente archetipo […]
non scomparirà mai dal mondo alla semplice vista della
nostra superiore civiltà. […] Anche noi crediamo in una
società del benessere, nella pace universale, nell’uguaglianza degli uomini, nei suoi eterni diritti umani, nella
giustizia, nella verità e (ma non diciamolo troppo ad alta
voce) nel regno di Dio sulla terra”. Così Carl G. Jung nel
volume da lui curato, “L’uomo e i suoi simboli” (ed. it.
Cortina, Milano, 1983). In due pagine di questo stesso
libro alcune illustrazioni riproducono iconografie diverse, anzi del tutto eterogenee di Paradisi (perduti appunto o da venire) che evidenziano inequivocabilmente l’intrico di aporie evocate da questo grandioso e longevo
sogno ad occhi aperti.
Bufali, tigri e leoni (?), mucche, orsi, capre, lupi e
pecore dormicchiano o giocherellano assembrandosi su
un praticello ai limiti del bosco, fraternamente ammansiti e con l’aria un po’ sbalordita, mescolati ad alcuni
paffuti e biondi bimbi bianchi, mentre sullo sfondo di un
azzurro specchio d’acqua (tutto ricorda l’artefatta, sofi-
sticata naturalità di un parco inglese) in una idilliaca e
fantasiosa Pennsylvania il quacchero William Penn patteggia (nel 1682) un trattato di pace e di collaborazione
con le tribù indiane. L’illustrazione riproduce un dipinto
naïf dell’800 americano e si affianca nella pagina ad
un’altra descrizione immaginaria del Paradiso delle
nostre origini: un vero e proprio utero mistico quel
recinto circolare pieno di verde e di frescura, dominato
dal gotico estremo della fonte della vita e della porta
della cacciata, così rappresentato nelle “Très Riches
Heures du duc de Berry” (Museo Condé di Chantilly, XV
secolo). Lo stile miniaturistico, con quella brillantezza
di colori, conferisce alle scene di vita beata e poi di condanna e di abbandono un che di arcane voci lontane, il
bisbiglio dell’irrimediabilmente perduto con quei suoi
personaggi minuscoli, al limite del visibile: Adamo, Eva,
Dio, l’Angelo e naturalmente il serpente (già, ma che ci
faceva il Maligno, questo “clandestino”, in Paradiso?)
Nella pagina illustrata del volume curato da Carl
G. Jung irrompe adesso il kitsch dell’ideologia totalitaria
con un colossale pannello dipinto, appeso in un parco
della Mosca sovietica: un Lenin tutto bianco, a metà strada tra la foto e la scultura in marmo, cioè tra la vita e l’eternità; la “Pravda” arrotolata in una mano, indica col
braccio destro teso la retta via per la costruzione e la
conquista del Paradiso proletario: un esempio preclaro
di quell’“arte segnaletica” in cui la perentorietà stentorea
del messaggio esorcizzava ogni margine di interpretazione per realizzare l’illustrazione di pura propaganda. Ai
suoi piedi, dipinti sul pannello, con lo sfondo fiammeggiante di bandiere rosse, i compagni mitizzati, bloccati
dall’incantesimo dei futuribili in una giovinezza senza
fine vestita di tute, di costumi etnici e di uniformi. Ai
suoi piedi, nell’istantanea dal vero, i compagni “reali”:
un gruppo di anziane con vecchi vestiti, la stanchezza di
un operaio accasciato su una panchina sotto il suo berretto a visiera color grasso di macchine, una giovane
mamma con il bimbo sulla carrozzella sgangherata, una
bambina che posa divertita in primo piano di fronte
all’obiettivo. Atteggiamenti e gesti immersi in una triviale, tenera, lenta, implacabile quotidianità di un presente
che ristagna sulla propria inerzia e indifferenza a grandi
nostalgie e utopie: paradiso, inferno o limbo?
Dunque il tema del Paradiso era sicuramente quanto di più contraddittorio, ambivalente, enigmaticamente
equivoco, remoto e arcano potesse essere proposto alla
riflessione e al dialogo desiderato tra artisti italiani e
svizzeri, già affermati o ad ogni modo di sicuro talento.
Proprio perché le caratteristiche di questo argomento
aprivano strade e sentieri di ricerca diversissimi, una
illimitata libertà di interpretazione, evitando però
dispersioni e incongruenze. E ciò dato che la metaforaParadiso, a ben vedere, indica all’immaginazione un doppio incrocio nevralgico, definito e drammatico, tra le
coordinate temporali del passato (nostalgia), del futuro
(nostalgia della nostalgia) e quelle della immanenza
(Gerusalemme terrestre-utopia sociale) e della trascendenza (Gerusalemme celeste-escatologia ultraterrena)
cosicché poteva realizzarsi quanto John Ruskin (“Pittori
moderni”) pensava fosse la strada più fertile alla creatività artistica impegnata ad esplorare le ricchezze della
memoria e della libera fantasia: “L’immaginazione riflette e spazia su tutto questo enorme tesoro, incommensurabile e non inventariato, guidata però dal sogno, e
riesce a raccogliere in ogni momento i gruppi di idee che
meglio si associano gli uni con gli altri.”
D’altra parte le potenzialità interpretative incrementate dal mescolarsi e ibridarsi dei vari generi, pittura, scultura, installazioni, fotografia, video, potevano esplicarsi in
una situazione ambientale, topografica che rappresentava, essa
stessa, una metafora, anzi una
sorta di sorprendente “plastico”,
di icona tridimensionale del Paradiso: la Montagna e il Giardino
insorgenti quasi misteriosamente
in una delle zone più caotiche e
rumorose della capitale, però
anche una delle più cariche di leggende e di miti della contemporaneità a cominciare da Via Veneto e
dalla Dolce vita.
E poi, bisogna pure sottoli“Cadute dal cielo”, 2006
nearlo, la metropoli è Roma, che
bocce di vetro argentate / silver-plated glass spheres
nell’antica iconografia del Para! cm 10,5, particolare / detail
diso poco a poco si affianca a
Gerusalemme, completando così il cammino della salvezza. Essa è l’hic di questo iter di salvazione: il Paradiso
terrestre, testimone della caduta di Adamo ed Eva, la
Gerusalemme dell’Antico Testamento depositaria delle
promesse e dell’alleanza, Roma, la città santa della chiesa di Cristo come centro dell’alleanza nuova e la
Gerusalemme celeste come compimento della salvezza
nella fine dei tempi.
Vorrei aggiungere, concludendo, che gli ospitanti,
cioè gli svizzeri, posseggono pure loro una notevole e
singolare esperienza di Paradiso o, meglio, di Paradisi;
questo, se vogliamo seguire la ricerca affascinante che il
regista Daniel Schmid (con Peter Bener) illustrava qualche anno fa in un libro originale e molto curioso, concepito e montato proprio come un film. Il titolo è appunto
“Die Erfindung vom Paradies” (“L’invenzione del
Paradiso”, 1983): cioè l’invenzione di quella “Svizzera
pittoresca” che richiamò nella sua riserva di natura
incontaminata e di popolazioni genuine, rozze e ingenuamente felici, l’ultima aristocrazia e la grande borghesia europee prima delle immani catastrofi belliche, e li
ospitò nei grandi alberghi, quelle cattedrali dell’art nouveau, quelle cittadelle di vita metropolitana che erano
incistate nel bel mezzo del selvaggio meteorite alpino; e
di cui un esemplare, posseduto e gestito dai genitori di
Daniel Schmid, aveva costituito il suo favoloso, improbabile universo infantile.
Certo! Non a caso, quando si parla del Paradiso e se
ne evocano delle Visioni, emerge da qualche parte la
memoria dell’infanzia, Paradiso perduto di tutti noi. E
viene magari anche in mente la “Berliner Kindheit” di
Walter Benjamin, la Berlino-Paradiso d’anteguerra: con
lo schiocco dei suoi lampioni a gas, il cestino delle chiavi di casa, il magico Kaiserpanorama nel parco; un Eden
sospeso sull’Inferno della propria catastrofe prossima
ventura.
L’infanzia, il “fanciullino” pascoliano rapito e incantato dalle scoperte quotidiane: sono convinto che il
grande fascino di questa mostra dell’Istituto Svizzero di
Roma consista pure nell’aver chiamato il pubblico a un
viaggio avventuroso, ad una esplorazione anche interiore e a un seguito di sorprendenti scoperte in un clima di
rinnovata e temporanea infanzia; cioè di un Paradiso
che ognuno possiede ancora, più o meno segretamente,
e che è in grado di riconquistare, direi soprattutto grazie all’arte; anche se per poco, nel più profondo della
memoria della propria esistenza.
19
A little boy in Eden
Pietro Bellasi
P
“
As our purpose
in this book
is to describe
the entire circle
of the earth, its
physical appearance
and inhabited regions,
and given the fact that
paradise is a clearly
determined place
of this very earth,
it is not unreasonable
that at the beginning
of the work we should
make mention of it,
to ask ourselves where
this garden of delights
might have been located at the time of our
first forebears, and
if it yet exists
in the present world.”
Sebastian Münster,
Cosmographia universalis,
1559
20
Visioni del Paradiso
erhaps no other vision or fantasy, no other dream so
much as Paradise has captured and (still) captures
the imagination in a forest of ambiguity, contradictions, or even impossible paradoxes and oxymorons. It is
seized and removed from the present, seduced by a simultaneous yearning for past and future, both distant. In effect
the entire voyage, all human exploration of existence, can
be summed up in the arduous, painful return to the Holy
Mount of the origins, projected into the future, the end of
time. Yes! Paradise is, first of all, exitus/reditus: exit, abandon, banishment / re-entry, return, welcome. Although by
definition Paradise is lost and this loss is the only certainty, similar to that of death, in the face of life in eternity:
“This is the very ancient archetypal dream of a Golden Age
(or Paradise), where there shall be abundance of everything for everyone and great, just, wise laws regulate a sort
of kindergarten of the human race. This powerful archetype […] will never vanish from the world simply because
it has seen our superior civilization. […] We too believe in
a society of wellbeing, in universal peace, the equality of
men, eternal human rights, justice, truth and (but let’s not
say it too loudly) in the kingdom of God on earth”. So wrote
Carl G. Jung in the book he edited, Man and His Symbols
(Eng. reprint edition Doubleday Books, New York, 1969). In
two pages of the same book, illustrations show different,
even completely heterogeneous iconographic interpretations of Paradises (lost or yet to come) that clearly bring
out the in-trigue of aporias evoked by this grand, lasting
daydream of man.
Buffalo, tigers and lions (?), cows, bears, goats,
wolves and sheep sleep or play, gathered in a field near a
wood, fraternally placid, with a rather dazed look, mingling with a few chubby, blond white children, while
against the backdrop of a blue lake (everything evokes the
artificial, sophisticated natural image of an English park),
in an idyllic and fantastic Pennsylvania, the Quaker
William Penn negotiates (in 1682) a treaty of peace and
cooperation with the Indian tribes. The illustration shows
an American 19th-century naïf painting and is accompanied, on the same page, by another imaginary description
of the Paradise of our origins: a veritable mystical uterus, a
circular enclosure full of greenery and cool shade, dominated by the extreme gothic of the spring of life and the
gate of banishment, as represented in Les Très Riches
Heures du Duc de Berry (Musée Condé, Chantilly, 15th century). The style of the illuminated manuscript, with its
bright colors, gives the scenes of blissful life followed by
punishment and abandon the arcane tone of distant voices, the murmur of what has been forever lost with those
tiny, almost invisible characters: Adam, Eve, God, the
Angel and, of course, the serpent. (By the way, what was
the Evil One, this “illegal alien”, doing in Paradise?)
In the illustrated page of the volume edited by Carl G.
Jung, at this point, the kitsch of totalitarian ideology bursts
in, with a colossal painted panel hung in a park in Soviet
Moscow: a completely white Lenin, halfway between a
photograph and a marble sculpture, or between life and
eternity, holds a rolled-up copy of Pravda in one hand. His
right arm is extended to indicate the correct path for the
construction and conquest of the proletarian Paradise: an
illustrious example of that “signage art” in which the imperious vigor of the message erased any leeway of interpretation, generating pure propaganda. At his feet, painted on
the panel, against a blazing backdrop of red flags, we see
the legendary comrades, frozen in a state of endless youth
by the spell of future memory, clad in overalls, ethnic costumes, uniforms. In the photograph, the “real” comrades
are seen at his feet: a group of elderly women with old
clothes, the fatigue of a worker slumped on a bench, his
cap smeared with the grease from machinery, a young
mother with child in a ramshackle baby-carriage, a little
girl posing playfully for the camera. Attitudes and gestures
immersed in a trivial, tender, slow, implacable everyday
dimension, a present that languishes in its inertia and indifference to grand yearnings and utopias: heaven, hell or
limbo?
So Paradise was undoubtedly the most contradictory,
ambivalent, enigmatically equivocal, remote and arcane
theme possible to propose for reflection and dialogue
among Italian and Swiss artists, both widely acclaimed and
emerging talents. Precisely because the characteristics of
this subject opened very different paths of research, unlimited freedom of interpretation, while avoiding an incongruent scattering of energies. This is due to the fact that the
Paradise metaphor, upon close examination, indicates a
dual neuralgic crossroads, definite and dramatic, to the
imagination, between the temporal coordinates of past
(nostalgia) and future (nostalgia of nostalgia), immanence (earthly Jerusalem-social utopia) and transcendence (celestial Jerusalem-eschatological afterlife), facilitating the realization of what John Ruskin (Modern
Painters) saw as the most fertile path for artistic creativity
committed to exploration of the richness of memory and
free fantasy: “The imagination reflects and roams through
this enormous, boundless treasure not yet inventoried, but
it is guided by dreams, and manages to grasp, in each
moment, the groups of ideas that associate best with one
another.”
On the other hand, the potential for interpretation
increased by the mixing and mingling of different genres,
painting, sculpture, installations, photography, video, could
emerge in an environmental and topographical context
that itself represented a metaphor or even a sort of surprising “model”, a three-dimensional icon of Paradise: the
Mount and the Garden standing almost mysteriously in one
of the most chaotic, noisy zones of the capital, but also in
one of those most laden with the legends and myths of the
contemporary, first of all Via Veneto and the dolce vita.
Yet we should also emphasize
that the metropolis in question is
Rome, which in the an-cient
imagery of Paradise gradually
joined Jerusalem, thus completing
the path of salvation. It is the hic of
this redeeming itinerary: the earthly
Paradise, witness to the fall of Adam
and Eve, the Jerusalem of the Old
Testament, repository of promises
and alliance; Rome, the holy city of
the church of Christ, as center of the
new alliance, and the celestial
Jerusalem as fulfillment of salvation
at the end of time.
“Cadute dal cielo”, 2006
In conclusion, I would like to
bocce di vetro argentate / silver-plated glass spheres
add that the guests, namely the
! cm 10,5, particolare / detail
Swiss, have their own noteworthy, unique experience of
Paradise or, more precisely, Paradises. We can see this if
we look into the fascinating research the director Daniel
Schmid (with Peter Bener) illustrated some years ago in an
original, very curious book conceived and assembled like
a film. The title is Die Erfindung vom Paradies (The Invention of Paradise, 1983): in other words, the invention of
that “picturesque Switzerland” that appealed – with its
uncontaminated nature and authentic, rugged, falsely
cheerful populations – to the greater European bourgeoisie
before the enormous catastrophes of war, and welcomed
them to large hotels, those Art Nouveau cathedrals,
citadels of metropolitan life inserted like cysts on the wild
Alpine meteorite. One such hotel, owned and run by Daniel
Schmid’s parents, was the fantastic, improbable universe of
his childhood.
Of course! It is no coincidence, when we talk about
Paradise and evoke its Visions, that from someplace the
memory of childhood emerges, that Paradise lost we all
have in common. And perhaps we are reminded of the
Berliner Kindheit of Walter Benjamin, his prewar BerlinParadise: with the sputtering of gaslights, the basket with
the house keys, the magical Kaiserpanorama; an Eden suspended over the Hell of impending disaster.
Childhood, the Pascoli’s “little boy” enthralled and
enchanted by everyday discoveries: I am convinced that
the great charm of this exhibition at the Swiss Institute of
Rome also lies in the fact that it encourages the visitor to
take an adventurous journey, an exploration that is also
introspective, based on surprising discoveries in a temporary atmosphere of renewed childhood. Discoveries of a
Paradise each of us still possesses, more or less secretly.
We are capable of reclaiming it, above all thanks to art, I’d
say; though only for a little while, in the depths of memory
of our own existence.
21
La mostra
22
Visioni del Paradiso
> the show
Gérald Minkoff, 2006, “Ne désir, ris Eden!”, palindromo su striscione / palindrome on banner, 100 × 650 cm; Victorine Müller, “Serpente”, 2006
installazione / installation, PVC, 2900 cm
23
Emmanuelle Antille >
Kill me twice dear friend, dear enemy
Q
uesta installazione mette in scena le
peripezie di due adolescenti di 17
anni – amici partiti per una scampagnata senza meta – tracciandone un loro
ritratto, la potenza della loro relazione che
li unisce attraverso i loro rituali e le loro
attese.
Montata secondo un sistema a spirale e
situata attorno a un perno centrale rappresentato dall’immagine di un tornado, l’installazione pone lo spettatore al centro di
questo legame d’amicizia, nel momento
preciso in cui tra loro tutto precipiterà.
24
Visioni del Paradiso > Emmanuelle Antille
T
his installation tracks the misadventures of two 17-year-olds, friends on an
aimless jaunt in the country. The portrait of the pair reveals the power of the relationship that unites them, through their rituals and expectations.
Assembled in a spiral organized around
a central pivot represented by the image of a
tornado, the installation puts the viewer at
the center of this bond of friendship, in the
precise moment in which everything breaks
down.
“The Fall”, 2005
ilfochrome
su alluminio /
on aluminium
155 × 125 cm
(courtesy
Galerie
Eva Presenhuber AG
Zürich)
25
“Kill me twice dear friend, dear enemy”, 2005, installazione video sonora con due proiezioni / video-sound installation with two projections, DVD, 15’
26
Visioni del Paradiso > Emmanuelle Antille
“Kill me twice dear friend, dear enemy”, 2005, video stills
27
Atelier Oï > A composition for cords
L
’Atelier Oï di La Neuveville è stato fondato nel 1991 dai designer Aurel Aebi
(1966), Armand Louis (1966) e Patrick
Reymond (1962). Architettura, design e
scenografia sono i linguaggi attraverso cui
l’Atelier ha creato la sua filosofia, fondata
su una loro interazione pluridisciplinare
che però non trascura mai di valorizzare il
rapporto diretto con la materia.
Su invito dell’Istituto Svizzero l’Atelier
Oï ha presentato una ricerca attorno alla
corda. Dalla corda flessibile a quella rigida,
passando per il principio dell’avvolgimento, questo semplice filo diventa materia da
comporre. Grazie allo sfruttamento di questa idea, una serie di mobili e lampade è
stata realizzata e messa in scena in un paesaggio immaginario, costruito e sonoro.
28
Visioni del Paradiso > Atelier Oï
A
telier Oï of La Neuveville was founded
in 1991 by the designers Aurel Aebi
(1966), Armand Louis (1966) and
Patrick Reymond (1962). Architecture, design and set design are the languages through
which the Atelier has created its philosophy
based on multidisciplinary interaction that
never overlooks its focus on the direct relationship with the material.
By request of the Swiss Institute, Atelier
Oï has presented a research on the theme of
the cord. From flexible to rigid cord, employing the principle of winding, this simple line
becomes compositional material. Utilizing
this idea, a series of furniture and lamps has
been made and staged in an imaginary constructed and sonic landscape.
“A composition for cords”, 2006
installazione scenografica,
corde, alluminio, cartone /
set installation, cords,
aluminium, cardboard
dimensione ambiente /
size to match space
29
“A composition for cords”, 2006, installazione scenografica, corde, alluminio, cartone / set installation, cords, aluminium, cardboard
dimensione ambiente / size to match space, particolare / detail
30
Visioni del Paradiso > Atelier Oï
“A composition for cords”, 2006, installazione scenografica, corde, alluminio / set installation, cords, aluminium
dimensione ambiente / size to match space
31
Bianco-Valente > Relational Domain
“
‘Relational Domain’, oltre che rappresentare una sorta di lenta navigazione attraverso una struttura mentale immaginaria, rappresenta anche le
dinamiche complesse attuate dalla natura,
dove ogni elemento è legato a tutti gli altri
mediante una fittissima rete connettiva, e
dove il più piccolo cambiamento provoca,
grazie ad un meccanismo di causa/effetto,
un cambiamento più o meno importante di
tutta la struttura.
L’esistente è in continua evoluzione e
quindi la sua rappresentazione non può
che essere dinamica.
Questo può essere vero per la rappresentazione della realtà che manteniamo
viva nel cervello e che ci aiuta ad interagire
con essa, ma va bene anche per rappresentare un modello plausibile delle dinamiche
evolutive in natura.”
(Bianco-Valente)
32
Visioni del Paradiso > Bianco-Valente
“
Relational Domain, while it represents a sort of slow navigation
through an imaginary mental structure, also represents the complex dynamics
activated by nature, where every element is
connected to all the others by a dense network, and where the smallest change provokes, thanks to a cause-effect mechanism, a
more or less important change in the whole
structure.
The extant is in continuous evolution,
and therefore its representation cannot help
but be dynamic.
This may be true of the representation of
reality we keep alive in our brain, which
helps us to interact with that reality, but it
also applies to representation of a plausible
model of the evolutionary dynamics of
nature.”
(Bianco-Valente)
“Relational Domain”, 2005, installazione video DVD-PAL / video DVD-PAL installation, endless loop (courtesy Galleria VM21 artecontemporanea, Roma)
33
Daniele Buetti > Be my perfect guide
“
“
Volevo combinare due delle ossessioni più forti dell’uomo: il sesso e il
calcio. Il sesso, spesso inteso come
riduzione della donna a semplice oggetto di
desiderio; il calcio come attività religiosa”.
(Daniele Buetti)
Si tratta qui di una doppia proiezione video. Nel primo video, in primo
piano, si vede un uomo che indossa
una maglietta con l’immagine di Maradona
mentre, tra nuca e testa, palleggia il pallone. Nel secondo, una grande foto di donna,
tratta da una rivista di moda, sta per essere sfilata dal rotolamento maldestro di una
palla che finisce per stracciare la foto,
quasi fosse un ‘abuso sessuale’”.
(Hildegund Amanshauser)
34
Visioni del Paradiso > Daniele Buetti
“
“
I wanted to combine the two strongest
obsessions of man: sex and soccer.
Sex, often seen as the reduction of
women to mere objects of desire; soccer as a
religious activity.”
(Daniele Buetti)
This is a double video projection. In
the first video, the foreground shows
a man wearing a T-shirt with an
image of Maradona, bouncing a soccer ball
on his head. In the second a large photo of a
woman, from a fashion magazine, is about to
ruined by the clumsy rolling of a ball that
tears the photo, almost like a case of ‘sexual
abuse’”.
(Hildegund Amanshauser)
“Be my perfect guide, versione romana”, 2006, installazione video con due proiezioni, tecnica mista / mixed media and video installation with two projections,
200 × 270 × 170 cm, 2 DVD, endless loop: 3’ 40’’; 1’ 30’’
35
“Be my perfect guide, versione romana”, 2006, video stills
36
Visioni del Paradiso > Daniele Buetti
“Be my perfect guide, versione romana”, 2006, video stills
37
Davide Cascio e Linda Cuglia >
Visione da nord-est
“
La loggia è parte di un annesso
architettonico che funziona da
accesso a Villa Maraini, è un padiglione aperto sui tre lati che diviene un’architettura da giardino. In questo spazio è
inserita l’installazione. Si tratta di un castello immaginario, un volume puro, un’evocazione visiva che ci aiuta a sognare qualcosa
di universale e vicino al mito, il presagio di
un possibile paradiso perduto. I video
proiettati all’interno dell’ambiente raccontano di un angelo che disceso sulla terra
viene rapito e sedotto dal diavolo”.
(Davide Cascio e Linda Cuglia)
38
Visioni del Paradiso > Davide Cascio e Linda Cuglia
“
The loggia is part of an annex that
functions as the entrance to Villa
Maraini. It is a pavilion open on
three sides that becomes a piece of garden
architecture. The installation is inserted in
this space; an imaginary castle, a pure volume, a visual suggestion that helps us to
dream of something universal, close to
myth, a glimpse of a possible paradise lost.
The videos projected inside the space tell
the story of an angel who comes down to
earth and is kidnapped and seduced by the
devil.
(Davide Cascio and Linda Cuglia)
“Visione da nord-est”, installazione, tecnica mista / installation, mixed media; monitor 2’ 28”; proiezione / projection 5’’, endless loop, 298 × 200 × 160 cm
39
“Visione da nord-est”, installazione video, tecnica mista / video installation, mixed media, particolare / detail
40
Visioni del Paradiso > Davide Cascio e Linda Cuglia
Video stills
a destra: particolare / right: detail
Loris Cecchini > Monologue patterns
S
orta di “organismo abitativo”, la roulotte di Cecchini è spazio autonomo e
mobile, nuvola galleggiante, isolata
dall’ambiente e permeabile all’esterno. Le
roulotte, come fossero delle piccole celle
fluide d’isolamento o di meditazione che
l’artista disperde negli spazi, sembrano
rispondere ai suoi desideri:
“
Vorrei che lo spazio dell’opera continuasse a essere l’istante del miraggio, da qualche parte tra delirio e
realtà, tra costruzione e utilità, tra sospensione e materialità”.
(Loris Cecchini)
42
Visioni del Paradiso > Loris Cecchini
A
sort of “habitat organism”, Cecchini’s
trailer is an autonomous, mobile
space, a floating cloud, isolated from
the environment yet permeable on the outside. Trailers, as if they were little fluid cells of
isolation or meditation the artist scatters in
spaces, seem to respond to his desires:
“
I would like the space of the work to
continue to be the instant of the
mirage, someplace between delirium
and reality, construction and usefulness, suspension and material”.
(Loris Cecchini)
“Monologue patterns,
2005
(incident waves
numbers in vacuum bed version)”
acciaio, alluminio,
PET trasparente
termomodellato /
steel, aluminium,
transparent
heat-moulded PET
240 × 350 × 230 cm
(courtesy
Galleria Continua
San Gimignano - Beijing)
43
“Monologue patterns, 2005 (incident waves numbers in vacuum - bed version)”, acciaio, alluminio, PET trasparente termomodellato /
steel, aluminium, transparent heat-moulded PET, 240 × 350 × 230 cm (courtesy Galleria Continua, San Gimignano - Beijing)
44
Visioni del Paradiso > Loris Cecchini
particolare / detail
45
Enzo Cucchi > Picasso gelato
I
n “Picasso gelato” l’artista, facendo propri i motivi della figurazione che sono
ormai il suo tratto distintivo, effigia un
grande ritratto bianco di Picasso spinto da
un piccolo uomo, novello Sisifo, rappresentante della nostra congerie culturale verso
i bordi della lunga tela quasi a sbarazzarsi
di un mito e d’una presenza ieratica ancora
ingombrante.
La sua opera, dislocata all’entrata dell’Istituto Svizzero, è stata appositamente
pensata e realizzata “site-specific”.
46
Visioni del Paradiso > Enzo Cucchi
I
n Picasso gelato the artist, adopting the
figurative motifs that are by now his trademark, creates a large white portrait of
Picasso pushed by a little man, a contemporary Sisyphus, representative of our cultural
congeries, toward the edge of the long canvas, almost as if to dispose of a myth, an
aloof, still cumbersome presence.
The work, positioned at the entrance to
the Swiss Institute, has been created precisely for this site.
“Picasso gelato”, 2006
olio su tela /
oil on canvas
160 × 1000 cm
47
“Picasso gelato”, 2006
olio su tela /
oil on canvas
160 × 1000 cm
particolare / detail
48
Visioni del Paradiso > Enzo Cucchi
49
Paola Di Bello > Natural-mente
N
I
“
I hope the creative and destructive
character of nature emerges from
these pictures, without prevalence of
either aspect”
(Paola Di Bello)
el suo recente lavoro Paola Di Bello
presenta una serie di fotografie a
colori che raffigura un parco vergine
dell’Engadina; un bosco inviolato dall’uomo e lasciato libero di crescere secondo
natura. Una natura, un eden inimmaginabile per l’uomo contemporaneo che conosce
solo l’immagine antropomorfizzata e addomesticata del mondo:
Vorrei che in queste mie foto emergesse il carattere creativo e distruttivo della natura, senza che l’uno
prevalga sull’altro”
(Paola Di Bello)
50
Visioni del Paradiso > Paola Di Bello
n her recent work Paola Di Bello presents
a series of color photographs of a park in
the Engadine; a virgin forest, untouched by
man and left to grow freely. Nature, an Eden
unimaginable for contemporary man, familiar only with the tamed, anthropomorphized
image of the world:
“
“Natural-mente #5”, 2006
c-print sotto plexiglas /
under plexiglas
158 × 123 cm
(courtesy Galleria
Studio G7, Bologna)
51
“Natural-mente #6”, 2006
c-print sotto plexiglas / under plexiglas
125 × 158 cm
(courtesy Galleria Studio G7, Bologna)
52
Visioni del Paradiso > Paola Di Bello
“Natural-mente #7”, 2006
c-print sotto plexiglas / under plexiglas
125 × 158 cm
(courtesy Galleria Studio G7, Bologna)
53
Sonja Feldmeier > Neverending
“
Una cabina video è trasformata in un
montacarichi, sulla cui parete di
fondo è proiettata una porta che si
apre e si chiude in continuazione lasciando
intravedere, su piani diversi, una palestra,
un pianista, un ricovero per animali domestici, un corridoio con diversi ascensori che
si aprono, un allevamento di polli o una cabina di pilotaggio di un grosso aereo. Il loop
del lavoro video veicola la finzione di un’architettura infinita e di una città verticale.”
(Sonja Feldmeier)
54
Visioni del Paradiso > Sonja Feldmeier
“
A video booth is transformed into an
elevator. On the back wall, a door is
projected that continuously opens
and closes, offering glimpses on the different
floors of a gym, pianist, a pet shelter, a corridor with elevators that open, a poultry
farm, the cockpit of a large airplane. The
video loop conveys the sensation of an infinite architecture and a vertical city.”
(Sonja Feldmeier)
“Neverending”, 2005, videoinstallazione sonora, scorrimano, pannelli rivestiti con carta argentea, transpallet /
video-sound installation, handrail, panels covered with silver paper, transpallet, DVD, 58’, endless loop, 250 × 318 × 442 cm
55
“Neverending”, 2005, videoinstallazione sonora, scorrimano, pannelli rivestiti con carta argentea, transpallet /
video-sound installation, handrail, panels covered with silver paper, transpallet, DVD, 58’, endless loop, 250 × 318 × 442 cm
56
Visioni del Paradiso > Sonja Feldmeier
Diversi momenti della proiezione con la porta dell’ascensore aperta / different moments of the projection with elevator doors open
57
Sylvie Fleury > Yes to All
V
i sono diverse interpretazioni del significato di “Yes to All” di Sylvie Fleury. Da
un a parte “Yes to All” esiste in tutte le
applicazioni di Microsoft, veicola il senso di
“cancella tutto”: un atto che è possibile solo
nella realtà digitale. Nella realtà della vita,
nella quale ognuno deve assumersi la
responsabilità delle proprie azioni, non vi è
nessuna possibilità di ritorno.
Da un altro punto di vista “Yes to All” va
considerato soprattutto un invito a ponderare tutta l’acquiscenza della nostra società consumistica senza, però, volerne formulare una critica diretta.
58
Visioni del Paradiso > Sylvie Fleury
T
here are various interpretations of the
meaning of Yes to All by Sylvie Fleury.
On the one hand, Yes to All exists in all
Microsoft applications, conveying the sense
of “erase everything”: an act possible only in
digital reality. In the reality of life, where
everyone must take responsibility for his or
her actions, there is no turning back.
From another point of view, Yes to All
can be considered above all as an invitation
to think about all the acquiescence of our
consumer society, though without the intention of a direct critique.
“Yes to All”, 2006, installazione neon / neon-installation, 62 × 420 cm (courtesy Galerie Thaddaeus Ropac, Salzburg)
59
Mirjam Fruttiger > Le voyage d’Alice
L
’installazione, costituita da un vestito
bianco di 2 m e 60 cm sospeso a una
struttura metallica, rinvia al personaggio di Lewis Carroll e alle numerose sue
reinterpretazioni visive e cinematografiche.
Un sistema di fili e di perni collegano il
vestito a un motore che, generando un
movimento lento e continuo, dispiega e
ripiega il vestito che diventa in un ciclo perpetuo superficie e indumento. “Le voyage
d’Alice” fa parte di un progetto più ampio
intitolato “L’Entre-deux” in cui l’artista
esplora un insieme di relazioni tra corpo e
spazio, tra materiali visivi, sonori, tattili e il
tempo reale o virtuale.
60
Visioni del Paradiso > Mirjam Fruttiger
T
he installation, composed of a white
dress 2.60 m long and suspended on a
metal structure, makes reference to the
character created by Lewis Carroll and its
many visual and film reinterpretations. A system of lines and pins connects the dress to a
motor that generates a slow, continuous
movement, folding and unfolding the dress,
which becomes both surface and garment in
a perpetual cycle. Le voyage d’Alice is part
of a larger project entitled L’Entre-deux in
which the artist explores the relations
between body and space, visual, aural, tactile materials and real or virtual time.
“Le voyage d’Alice”, 2005, installazione in movimento, tessuto di taffetà, struttura metallica e motore /
installation in movement, taffeta fabric, metal structure and motor, 460 × 410 × 100 cm
61
“Le voyage d’Alice”, 2005, installazione in movimento, tessuto di taffetà, struttura metallica e motore /
installation in movement, taffeta fabric, metal structure and motor, 460 × 410 × 100 cm
62
Visioni del Paradiso > Mirjam Fruttiger
Durante il montaggio / during assembly
63
Andrea Galvani > La morte di un’immagine
“
Nelle fotografie di Galvani non c’è
eccesso di realismo né mera speculazione estetica. È presente invece la
ricerca di quello spazio dell’energia e della
materia che si antropomorfizza secondo i
modelli e le logiche del cosmo, organici,
seriali, strutturali…
La posa da statuaria classica del cavallo
restituisce un’immagine aulica dell’animale, ma i palloncini ne censurano in parte l’iconografia decontestualizzandola completamente dal flusso circostante dell’ambiente. Così, in “La morte di un’immagine #2”,
gli stessi palloncini si agglomerano come
cellule e si espandono nello spazio come
pianeti.”
(Marinella Paterni)
64
Visioni del Paradiso > Andrea Galvani
“
In the photographs of Galvani there is
no excess of realism, no mere aesthetic speculation. Instead, there is the
pursuit of that space of energy and matter
that takes on anthropomorphic impact in
keeping with the organic, serial, structural
models and logics of the cosmos.
The classic statuesque pose of the horse
evokes a lofty image of the animal, but the
balloons partially rebuke the iconography,
completely decontextualizing it from the surrounding environmental flow. Thus, in La
morte di un’immagine #2, the same balloons
cluster like cells and expand into space like
planets.”
(Marinella Paterni)
“La morte di un’immagine #2”, 2005, stampa fotografica su alluminio / photographic print on aluminium, 97 × 136 cm (courtesy Galleria Arte Ricambi, Verona)
65
“La morte di un’immagine #5”, 2005
stampa fotografica su alluminio /
photographic print on aluminium
141 × 167 cm
(courtesy Galleria Arte Ricambi, Verona)
66
Visioni del Paradiso > Andrea Galvani
Flor Garduño > Peccato originale, Eden
“
La costante ricerca porta gradualmente Garduño a quella che si potrebbe definire “fotografia metafisica”. Nei suoi vari lavori Flor non teme un
pathos quasi eccessivo nel narrare la bellezza, ad esempio dei frutti o dei corpi femminili, né i grandi gesti simbolici: in effetti
si tratta di ‘nature morte’”. (David Streiff)
68
Visioni del Paradiso > Flor Garduño
“
Constant research has gradually led
Garduño to what might be defined as
“metaphysical photography”. In her
various works Flor does not shy away from
an almost excessive pathos in the narration
of beauty, for example of fruit or female bodies. Nor does she avoid grand symbolic gestures: in effect, these works are ‘Still Lifes’”.
(David Streiff)
“Eden”, 2001
carbone (fotografia)
charcoal (photograph)
130 × 100 cm
69
“Peccato originale”, 1999
carbone (fotografia)
charcoal (photograph)
66 × 140 cm
70
Visioni del Paradiso > Flor Garduño
71
Piero Gilardi >
Papaveri e grano, mele, granoturco e prugne
I
n mostra sono presentate quattro opere
della longeva e fortunata serie dei
tappeti-natura di Gilardi. La loro messa in
forma avviene per intaglio, quindi con
impregnatura di pigmento sintetico sciolto
in resina vinilica. I soggetti della natura,
che a prima vista appaiono come vere e
proprie forme naturali tanto da sembrare
più realistiche di ciò che imitano, sono
oggetti sostitutivi, pensati dall’artista per
essere usati come veri tappeti, specchi artificiali dei bisogni primari dell’uomo, in cui
simbolicamente si perpetua il moderno
conflitto tra natura e cultura.
72
Visioni del Paradiso > Piero Gilardi
T
he show includes four works from
Gilardi’s long-lived and successful
series of Nature Carpets. They are
carved into form, then impregnated with synthetic pigment dissolved in vinyl resin. The
natural subjects, which at first glance look
like true natural forms, more realistic than
what they imitate, are ersatz objects conceived for use as true carpets, artificial mirrors of the basic needs of man, in which the
modern conflict between nature and culture
is symbolically perpetuated.
“Mele cadute”, 1999, 90 × 130 cm, “Papaveri e grano”, 2004, 150 × 150 cm, poliuretano espanso / expanded polyurethane (courtesy Galleria Patrizia Poggi Ravenna)
73
“Papaveri e grano”, 2004, poliuretano espanso / expanded polyurethane, 150 × 150 cm, particolare / detail (courtesy Galleria Patrizia Poggi, Ravenna)
74
Visioni del Paradiso > Piero Gilardi
“Granoturco e prugne”, 2004, poliuretano espanso / expanded polyurethane, 30 × 30 cm (courtesy Galleria Patrizia Poggi, Ravenna)
75
Nic Hess > Paradiso pegado
U
na mappa del mondo composta, in
modo associativo e di getto, da
migliaia di adesivi per bambini.
L’Africa è marrone scuro, l’America del Sud
è coperta da palloni di calcio ecc. Un’asta
orizzontale in “plexi” si alza al di sopra
dell’Australia. Dal cielo cadono nastri cartacei, a loro volta coperti da adesivi.
Un’installazione che spazia dalla metafisica alla realtà fisica che è, allo stesso
tempo, una sorta di “arazzo” messo in relazione ai quadri storici appesi accanto. Dove
il bambino di una delle tele sembra scrutare la mappa del mondo.
76
Visioni del Paradiso > Nic Hess
A
map of the world composed, by spontaneous association, of children’s
stickers. Africa is dark brown, South
America is covered with soccer balls, etc. A
horizontal “plexi” pole rises over Australia.
Paper ribbons – also covered with stickers fall from the sky.
An installation on the metaphysics of
physical reality, and at the same time a sort
of “tapestry” placed in relation to the nearby
historical paintings. From which a child, in
one of the works, seems to gaze at the map.
“Paradiso pegado”, 2006, installazione con nastro adesivo / installation with adhesive tape, 205 × 250 cm, durante il montaggio / during assembly
77
“Paradiso pegado”, 2006, installazione con nastro adesivo / installation with adhesive tape, 205 × 250 cm
78
Visioni del Paradiso > Nic Hess
particolare / detail
79
Norma Jeane > Heaven can wait
“
L’installazione “Heaven can wait” è
stata situata nella torretta di Villa
Maraini, il punto più elevato della
villa e, forse, di tutta Roma: una posizione
unica con una vista mozzafiato. Con la città
in basso suscita una curiosa sensazione
d’intimità e isolamento; è un luogo astratto
dove nessuno ci può vedere. Così che, proprio come in paradiso, ci si può abbandonare all’estasi: fare corpo unico con il cielo
che solo ci sovrasta e ci avvolge.
L’opera – composta da un letto circolare con lenzuola sempre fresche di bucato,
un grande ombrellone e pochi altri accessori tutti di colore bianco – per un paio
d'ore, per chi si prenoterà, diventerà un
luogo completamente privato.”
(Norma Jeane)
80
Visioni del Paradiso > Norma Jeane
“
The installation Heaven can wait was
placed in the tower of Villa Maraini,
the highest point of the complex and,
perhaps, the highest point in all of Rome: a
unique position with a breathtaking view.
With the city below, the work generates a
curious sensation of intimacy and isolation,
an abstract place where no one can see us.
Just as in heaven, we can abandon ourselves
to ecstasy: to become one with the sky above
us and around us.
The work – composed of a circular bed
with freshly laundered sheets, a large
umbrella and a few other accessories, all in
white – can become a completely private
place, for a couple of hours, for those who
make reservations.”
(Norma Jeane)
“Heaven can wait”, 2006, vista dall’installazione praticabile / view from inside the installation
81
“Heaven can wait”, 2006
installazione praticabile /
environment-installation
letto e lenzuola /
bed and sheet
! 208 cm
82
Visioni del Paradiso > Norma Jeane
Zilla Leutenegger >
Die Schlafende, Level 49/2
“
Lo sguardo si getta da un’altezza
vertiginosa su una rete di
autostrade urbane. Le strade che si
incrociano producono una profondità che
prosegue nello spazio. Gli elementi scultorei della parete corrispondono alla rete
stradale rappresentata. Le immagini mute
del flusso di traffico risultano lontane ed
estranee, come filtrate attraverso un stato
onirico. Il paesaggio urbano diventa specchio di un sentimento di estraniazione e di
alienamento rispetto al mondo circostante.
Queste associazioni sono veicolate
anche dal lavoro Die Schlafende (la dormiente), presentato da un monitor, in cui si
vede l’artista mentre dorme, sola in una
stanza, in una città sconosciuta in perpetuo
movimento.”
(Zilla Leutenegger)
84
Visioni del Paradiso > Zilla Leutenegger
“
The gaze plunges from a dizzying
height toward a network of urban
highways. The streets cross one
another, producing a depth that continues in
space. The sculptural elements of the wall
correspond to the represented street network. The mute images of the flow of traffic
are distant, extraneous, as if filtered by a
dream state. The cityscape becomes a mirror
for an emotion of alienation from the surrounding world.
These associations are also conveyed by
the work Die Schlafende (the sleeper), seen
on a monitor, in which we see the artist
sleeping, alone in a room, in a perpetually
moving unknown city.” (Zilla Leutenegger)
“Die Schlafende”, 2006, videoinstallazione / video installation, painted monitor, DVD, senza suono / no sound, loop (courtesy Galerie Peter Kilchmann, Zürich)
85
“Level 49/2”, 2006
videoinstallazione /
video installation
DVD, senza suono / no sound, loop
(courtesy Galerie Peter Kilchmann, Zürich)
86
Visioni del Paradiso > Zilla Leutenegger
Franco Losvizzero >
Giga, Angelo Bianco, Angelo Rosso
“
Giga Robot
The wife of Gigo is uniquely cheerful, given
the fact that she as tall as a statue and dances like a little girl. In the garden she gets
emotional about a butterfly and then she
never feels tired. Dance, Giga, dance, the
children of God are happy.
Angelo Rosso
Un angelo, caduto, rosso infuocato.
Meccanico, si illumina come una lucciola in
fin di vita, richiuso in un bicchiere rovesciato, una teca da santi. Scultura cinetica e
fibra ottica che si muove come a cercar di
uscire per impedire.
Angelo Rosso
A fallen angel, fire red. Mechanical, lighting
up like a dying firefly trapped in an overturned glass, a saint’s display case. Kinetic
sculpture and fiber optics, moving as if to try
to exit, to prevent.
Angelo Bianco
Puro come una deformità. Mostra la sua
luce e canta ma non è udibile. Il mondo a
cui aspira non gli è permesso. Che strano
animale visto da lontano sembra un angelo.
Si muove come tale. Ma non sa neanche
cantare, forse, volare.” (Franco Losvizzero)
88
“
Giga Robot
La moglie di Gigo ha una allegria tutta sua
visto che è alta come una statua e danza
come una bambina. Nel giardino si commuove per una farfalla e poi non si stanca
mai. Balla, balla Giga, i figli di Dio sono
felici.
Visioni del Paradiso > Franco Losvizzero
Angelo Bianco
Pure as a deformity. He shows his light and
sings but cannot be heard. The world to
which he aspires is forbidden him. Seen from
afar, an angel seems like such a strange animal. That’s how he moves. But he doesn’t
even know how to sing. Maybe he knows
how to fly.”
(Franco Losvizzero)
“Giga”, 2006
installazione scultorea, robotica, cinetica;
materiale plastico ceroso /
sculptural, robotic, kinetic installation;
plastic and papier maché
180 × 100 × 100 cm
(courtesy Galleria
Altri Lavori in Corso, Roma)
89
“Angelo Bianco”, 2006
installazione scultorea,
robotica, cinetica, luminosa /
sculptural, robotic, kinetic,
light installation
materiale plastico ceroso
fibra ottica /
plastic and optical fibers
! 40, h 65 cm
(courtesy Galleria
Altri Lavori in Corso, Roma)
90
Visioni del Paradiso > Franco Losvizzero
“Angelo Rosso”, 2006
installazione scultorea, robotica,
cinetica, luminosa /
sculptural, robotic, kinetic,
light installation
materiale plastico ceroso
fibra ottica /
plastic and optical fibers
! 40, h 65 cm
(courtesy Galleria
Altri Lavori in Corso, Roma)
91
Lutz & Guggisberg > Die Pilger
L
a libertà degli uccelli, spesso considerata modello da emulare, è opinabile.
Gli uccelli di questa opera non sanno
più volare, tuttavia resistono con perduranza agli umori del tempo e pertanto rappresentano ancora le nostre aspirazioni e desideri che spesso non sono più soddisfatti.
Nell’installazione per l’Istituto un esercito
composto da 120 uccelli, realizzati con
pezzi di legno semicarbonizzato, marcia
allegramente verso la distruzione bruciandosi sempre più in prossimità della meta.
92
Visioni del Paradiso > Lutz & Guggisberg
T
he freedom of birds, often considered a
model to emulate, is dubious. The birds
in this work no longer know how to fly,
yet they stubbornly resist the moods of the
time, and therefore still represent our aspirations and desires that often remain unfulfilled. In the installation for the Institute, an
army of 120 birds, made with pieces of semiburnt wood, blithely marches toward destruction, increasingly consumed by fire as it
approaches its destination.
“Die Pilger” (i pellegrini / the pilgrims), 2006, 120 pezzi di legno semicarbonizzato / 120 pieces of partially burnt wood
dimensione ambiente / size to match space, particolare / detail
93
“Die Pilger” (i pellegrini / the pilgrims), 2006, 120 pezzi di legno semicarbonizzato / 120 pieces of partially burnt wood, dimensione ambiente / size to match space
94
Visioni del Paradiso > Lutz & Guggisberg
particolare / detail
95
Gérald Minkoff & Muriel Olesen >
Feedback Temptation, Paradiso offshore
Feedback Temptation
“Un polittico di quattro grandi fotografie a
colori su un rapporto a tre: la coppia, il frutto e il serpente. Storie di tentazioni e di
peripezia di una coppia messa a nudo attraverso la sua stessa specularità”.
(Muriel Olesen)
Paradiso pezzo a pezzo
“Un puzzle fotografico di frammenti di
marmi antichi integrati nei muri della Villa
Maraini”.
Paradiso offshore
“Nella finanza internazionale un paradiso
offshore è un luogo che sfugge agli obblighi
fiscali. Per estensione si può definire un
paradiso offshore come una situazione al di
là delle frontiere e dei limiti fisici o virtuali.
Il remo ornato con un foglio dorato funziona come un’insegna (o come specchio per
le allodole) i cui effetti sono moltiplicati
grazie ai DVD – specchi che contengono
tutte le informazioni sul paradiso”.
(Gérald Minkoff)
Sida rape paradis
“Lo striscione teso tra gli alberi del giardino, traducibile come “l’Aids grattugia il
paradiso”, è un mordace palindromo che
agisce come perpetuum mobile nella misura in cui viene letto almeno due volte”.
(Gérald Minkoff)
96
Visioni del Paradiso > Gérald Minkoff & Muriel Olesen
Feedback Temptation
“A polyptych of four large color photographs
about a triangular relationship: the couple,
the fruit and the serpent. Stories of temptations and misadventure of a couple laid bare
through its specular nature”. (Muriel Olesen)
Paradiso pezzo a pezzo
“A photographic puzzle of fragments of antique marble inserted in the walls of Villa
Maraini”.
Paradiso offshore
“In international finance, an offshore paradise is a tax haven. By extension, any situation
beyond borders, beyond physical and virtual
limits, can be called an offshore paradise.
The oar adorned with gold leaf functions as
a sign (or a mirror-trap) whose effects are
multiplied thanks to the DVDs – mirrors that
contain all the information on the paradise”.
(Gérald Minkoff)
Sida rape paradis
“The banner stretched between two trees in
the garden bears a biting palindrome that
acts as a perpetuum mobile when it is read
at least twice”.
(Gérald Minkoff)
Gérald Minkoff, “Paradiso offshore”, 2006 installazione, remo e CD / installation, oar and CD, dimensione ambiente / size to match space
97
Gérald Minkoff, “Sida rape paradis”, 2006, palindromo su striscione / palindrome on banner, 100 × 800 cm
98
Visioni del Paradiso > Gérald Minkoff & Muriel Olesen
Muriel Olesen, “Feedback Temptation”, 2005/2006, fotocolors / color photographs, 154 × 106 cm
Gérald Minkoff & Muriel Olesen
“Paradiso pezzo a pezzo”, 2006
puzzle fotografico / photographic puzzle
70 × 50 cm, particolare / detail
99
Victorine Müller > Serpente
V
ictorine Müller lavora alla frontiera
delle arti visive e di quelle sceniche. Il
corpo, l’acqua, la luce, i colori, l’aria,
il latex e il PVC sono gli elementi centrali
delle sue installazioni-performance. Spesso
notturne, a volte immobili o quasi rituali,
esse si propongono come un tramite di
meditazione per lo spettatore. Tra astrazione e realtà , magia e sculture viventi, le
opere di Victorine ci intrigano rinviandoci
alle nostre esperienze oniriche. Come con il
serpente tentatore, lungo 29 metri, creato
appositamente per la mostra “Visioni del
Paradiso”.
100
Visioni del Paradiso > Victorine Müller
V
ictorine Müller works on the border
between the visual and theater arts.
The body, water, light, colors, air, latex
and PVC are the central elements of her
installation-performances. Often held at
night, at times immobile or almost ritual in
nature, they act as a medium of meditation
for the viewer. Between abstraction and reality, magic and living sculpture, the works of
Victorine engage us, reminding us of our own
dream experiences. Like the tempter serpent,
29 meters long, specially created for the exhibition Visions of Paradise.
“Serpente”, 2006, installazione / installation, PVC, 2900 cm, particolare / detail
101
“Serpente”, 2006, installazione / installation, PVC, 2900 cm, particolari / details
102
Visioni del Paradiso > Victorine Müller
103
Chris Murner > Les Eco’ Transats
S
ensibile al sistema consumistico della
nostra società, l’artista si è investita
artisticamente nella grande campagna di sensibilizzazione al riciclaggio in
Svizzera, in modo indiretto e ludico superando le frontiere del linguaggio visivo. La
collezione delle sdraio, qui presentata, è
ispirata alla campagna di riciclaggio del
Canton Ginevra e presenta i pittogrammi
ufficiali di 400 m2 di tele recuperate dall’esposizione nazionale svizzera Expo 02.
104
Visioni del Paradiso > Chris Murner
A
ware of the foibles of our consumer
society, the artist gets involved in the
awareness campaign on recycling in
Switzerland, in an indirect, playful way,
going beyond the boundaries of visual language. The collection of lounge chairs is
based on the recycling campaign of the
Canton of Geneva, with the official pictograms placed on 400 m2 of canvas recovered from the Swiss National Expo 02.
“Les Eco’ Transats”, 2004/2005
sdraio realizzate
con materiali riciclati /
lounge chairs made
with recycled materials
100 × 51 × 91 cm
ciascuna
105
“Les Eco’ Transats”, 2004/2005
sdraio realizzate
con materiali riciclati /
lounge chairs made
with recycled materials
95 × 110 × 107 cm
106
Visioni del Paradiso > Chris Murner
particolare / detail
107
Mimmo Paladino > Senza titolo
N
ell’opera di Paladino ricorrono
immagini che rimandano a un universo arcaico e primitivo, dove le
forme sono tradotte in segni eleganti e semplificati. I riferimenti poetici di Paladino
riguardano la riscoperta della memoria
“profonda”, quella dove, con spirito quasi
metafisico, le forme restano fisse in istanti
senza tempo. Ciò è riscontrabile anche
nello scudo donchisciottiano in mostra.
Come Don Chisciotte, Paladino si abbandona alla sua fervida immaginazione. Innestati
sullo scudo di terracotta vediamo, tra le
altre cose, cappelli da cowboy, ricordi di
epopee trasfigurati attraverso oggetti quotidiani: cose e oggetti ordinari che, nel flusso
della metamorfosi artistica, assumono una
dimensione libera e trasognata. Lo scudo
diviene allora allegoria del potere immaginativo-suggestivo delle cose comuni, emblema di miracoli immaginari.
108
Visioni del Paradiso > Mimmo Paladino
P
aladino’s work features recurring
images connected with an archaic,
primitive universe where forms are
translated into elegant simplified signs. His
poetic references have to do with rediscovery of “deep” memory, in which forms
remain fixed in timeless instants, almost with
a metaphysical spirit. All this can be clearly
seen in the Quixotic shield included in this
exhibition. Like Don Quixote, Paladino lets
himself be transported by his fervid imagination. Grafted onto the terracotta shield we
see, among other things, cowboy hats, epic
memories transfigured through everyday
objects: ordinary things that take on a free,
dreamy dimension in the flow of artistic
metamorphosis. The shield thus becomes the
allegory of the imaginative-suggestive power
of ordinary things, emblems of imaginary
miracles.
“Senza titolo”, 2005, terracotta e ferro / terracotta and iron, ! 500 cm
109
“Senza titolo”, 2005
terracotta e ferro /
terracotta and iron
! 500 cm
particolare / detail
110
Visioni del Paradiso > Mimmo Paladino
Mai-Thu Perret >
Heroine of the People (Big Golden Rock)
L
’artista racconta che in Birmania i
fedeli ricoprono d’oro delle statue del
Budda come gesto d’offerta. Negli anni
queste perdono di significato fino a non rassomigliare più a nulla. L’opera “Heroine of
the People” allude a questo rito. L’artista
rivela così aspetti storici e formali interrogandoli attraverso la materia.
112
Visioni del Paradiso > Mai-Thu Perret
T
he artist narrates that in Burma the
faithful cover statues of the Buddha in
gold, as an offering. Over the years the
statues lose their features, to the point of no
longer resembling anything. The work
Heroine of the People alludes to this ritual.
The artist reveals the historical and formal
aspects, investigating them through material.
“Heroine of the People (Big Golden Rock)”, 2005, fogli dorati su intelaiatura metallica e cartapesta /
gold leaf on metal and papier maché framework, 167 × 110 × 110 cm (courtesy Galerie Francesca Pia, Bern)
particolare / detail
113
Piero Pizzi Cannella > La porta stretta
I
l titolo “La porta stretta” è un omaggio ad
André Gide. Ma “La porta stretta” è anche
la porta del paradiso: ”Sforzatevi di entrare per la porta stretta” (Luca, XIII, 24).
Pizzi Cannella inventa una pittura che
muove da spessori di pigmento, da una
dilatazione intensa della materia per farne
emergere allusioni visionarie che privilegiano il tema del corpo umano. Ciò che concorre a conferire un’aura di vago simbolismo ai quadri (spesso di grandi dimensioni) in cui l’immagine appare e si disfa in
vibrazioni gialle, rosse, ocra contro profondi neri.
114
Visioni del Paradiso > Piero Pizzi Cannella
T
he title La porta stretta (The strait
gate) is a tribute to André Gide. But the
narrow gate is also the gate of heaven:
“Strive to enter in at the strait gate” (Luke,
XIII, 24).
Pizzi Cannella invents a painting based
on thickness of pigment, an intense dilation
of material to bring out visionary allusions
that focus on the theme of the human body.
This gives the paintings (often in large formats) a vaguely symbolic aura, in which the
image appears and breaks down into vibrations of yellow, red, ochre against deep black.
“La porta stretta”, 1985
olio su tela /
oil on canvas
247 × 178 cm
115
“La porta stretta”, 1985
olio su tela /
oil on canvas
247 × 178 cm
116
Visioni del Paradiso > Piero Pizzi Cannella
117
Philippe Rahm >
Paradise now! Air d’artifice, vers. 4.0
“
‘Paradise now!’ è un progetto di una
spazialità contemporanea dell’ineffabile. Senza materia né limiti fisici
altri che l’olfatto, l’opera si sviluppa nello
spazio per prendere forma sulle proteine
della membrana ciliare, nell’astrazione del
sistema nervoso. Muschio, aloe, rayhan,
latte, miele, vino come fragranze del paradiso dell’Islam con qualche tocco di paradiso cristiano, incenso, balsamo di Giudea”.
(Philippe Rahm)
“
Paradise now! is a project of contemporary ineffable space. Without matter or physical limits beyond the
sense of smell, the work develops in space,
taking form on the proteins of the ciliary
membrane, in the abstraction of the nervous
system. Musk, aloe, rayhan, milk, honey,
wine as fragrances of the paradise of Islam,
with touches of Christian heaven: incense,
Judea balsam”.
(Philippe Rahm)
Scientific collaborations: Imam El-Rifai Mouwaffak, Lausanne; Prof. Jean-Pierre Albert, Paris; Christopher Sheldrake with the participation of Christine
Nagel (Quest International), Paris. “Paradise now!” vers. 1.0 was initially produced with Jean-Gilles Décosterd in 2003
118
Visioni del Paradiso > Philippe Rahm
“Paradise now! Air d’artifice, vers. 4.0”, 2006, installazione, tecnica mista / mixed media installation, dimensione ambiente / size to match space
119
Sara Rossi > Radar, Acqua di luna
L
’opera della giovane artista italiana
Sara Rossi si situa tra immaginazione
e realtà, tra vita reale e poesia. Il suo
lavoro è caratterizzato da un continuo temporale piuttosto fluido, segnato da qualità
come l’effimero, lo storico ma anche il
durevole. Le sue immagini evocano sia
favole sia ricordi di eventi storici o epocali
del nostro passato collettivo. La figura
atemporale di “Pulcinella” funge da connettore tra i tempi.
L’universo della serie “Pulcinella” di
Sara Rossi è dominato dalla malinconia; la
voglia di viaggiare e lo spirito da esploratore spingono l’alchimista sulla luna alla
ricerca dell’elisir della salvezza: l’acqua
della luna.
120
Visioni del Paradiso > Sara Rossi
T
he work of the young Italian artist Sara
Rossi is situated between imagination
and reality, everyday life and poetry.
Her work is characterized by a rather fluid
temporal continuum, marked by qualities
like the ephemeral, the historical, but also
the durable. Her images evoke both fairytales and the historical, epochal events of
our collective past. The timeless figure of
“Pulcinella” (Punch) functions as a connector between different eras.
The universe of the “Pulcinella” series by
Sara Rossi is dominated by melancholy; the
desire to travel and the spirit of exploration
send the alchemist to the moon in search of
the elixir of salvation: the water of the moon.
“Radar”, 2005, video installazione / video installation, slitta moldava, vela su struttura, ventaglio e video proiezione /
Moldovan sled, sail on structure, fan and video projection, DVD, 7’, endless loop, 200 × 150 × 257 cm (courtesy Rosa e Gilberto Sandretto)
121
“Radar”, 2005, video stills
122
Visioni del Paradiso > Sara Rossi
A destra / right
Acqua di luna “Acqua di luna”, 2005
stampa fotografica /
photographic print
100 × 100 cm
(courtesy Galleria
Enrico Fornello, Prato)
Kerim Seiler > Mindspace 3 – Roma
C
on la scultura “Mindspace 3 – Roma”
Seiler realizza l’opera più radicale
nella serie dello strutturalismo teatrale. Mentre inizialmente la scultura
“Mindspace” si presentava come tribuna
monumentale posta davanti a un palco
vuoto nel White Cube al Musée PasquArt a
Bienne, l’interesse si spostava, per la
Galerie Ruzicscka/Weiss di Düsseldorf,
all’immagine, all’oggetto scultoreo in scala
ridotta (2/3) senza, però, rinunciare alla
funzionalità reale. A Roma ora la scultura
praticabile per la prima volta si libera nello
spazio esterno. Come sotteso dal titolo, il
presunto significato di ciò che sta di fronte
a questa tribuna può essere vissuto solo
nello spazio mentale dello spettatore.
124
Visioni del Paradiso > Kerim Seiler
W
ith the sculpture Mindspace 3 –
Roma Seiler has produced the most
radical work in the theatrical structuralism series. While initially the sculpture
Mindspace appeared as a monumental tribune placed in front of an empty stage in the
White Cube at the Centre PasquArt in Bienne,
the focus shifted, for Galerie Ruzicscka/
Weiss in Düsseldorf, to the image, the sculptural object on a reduced scale (2/3), but
without sacrificing real functional potential.
In Rome the sculpture, which can be entered
for the first time, is freed in outdoor space. As
the title indicates, the presumed significance
of what happens in front of this seating can
only be experienced in the mental space of
the viewer.
“Mindspace 3 – Roma”, 2006, installazione, legno / wooden installation, 295 × 525 × 394 cm
125
“Mindspace 3 – Roma”, 2006, installazione, legno / wooden installation, 295 × 525 × 394 cm
126
Visioni del Paradiso > Kerim Seiler
particolare / detail
127
Gerda Steiner & Jörg Lenzlinger >
Grottenbilder
S
teiner & Lenzlinger hanno elaborato
insieme installazioni composite, piccoli paesi delle meraviglie che narrano le loro storie con fascino giocoso e ironico ammiccamento.
Le loro installazioni immergono lo spettatore in un’atmosfera meditativa di meraviglia e fascino. Nella fattispecie sembrano
sospendere la loro opera nel tempo, ricavando, dall’immenso plico di fotografie
delle proprie creazioni, numerose grotte
sotto forma di immagini fissate su alluminio. Non senza ammiccare alle grotte di
Platone.
128
Visioni del Paradiso > Gerda Steiner & Jörg Lenzlinger
S
teiner & Lenzlinger have created composite installations, little towns of marvels that narrate their stories with playful charm and irony.
Their installations immerse the viewer in
a meditative atmosphere of wonder and
appeal. In this case their work seems to be
suspended in time, extracting many caverns
in the form of images on aluminium from the
immense package of photographs of their
creations. Not without making sly reference
to Plato’s cave.
“Toteninselgrotte,” 2005, stampa fotografica (da una serie di 30 immagini) / photographic print (from a series of 30 images), 42 × 56 cm
129
“Chrottenliliengrotte,” 2005, stampa fotografica (da una serie di 30 immagini) / photographic print (from a series of 30 images), 42 × 56 cm
130
Visioni del Paradiso > Gerda Steiner & Jörg Lenzlinger
“Plastikgrotte,” 2005, stampa fotografica (da una serie di 30 immagini) / photographic print (from a series of 30 images), 42 × 56 cm
131
Costa Vece > Trouble in Paradise
“
“
Blessed are the poor in spirit, for theirs
is the kingdom of heaven; my God, if
this phrase is true, we are already living in Paradise.” (Millôr Fernandes)
Il posto più bollente dell’inferno è
riservato a coloro che rimangono
neutrali in tempo di crisi morale.”
(Dante Alighieri)
The hottest places in Hell are reserved
for those who, in times of great moral
crisis, maintain their neutrality.”
(Dante Alighieri)
Nota del co-curatore Domenico Lucchini
La direzione dell’ISR non ha reputato opportuno posizionare l’opera/bandiera “Made in Anarchy” sulla torretta
dell’istituto, per diverse ragioni che sono state comunicate all’artista in una lettera del direttore artistico.
Essenzialmente:
l’opera affissa sulla torretta, il secondo punto più
alto di Roma, visibile solo dall’esterno dell’Istituto,
avrebbe indotto fraintendimenti e potuto essere letta
come una provocazione. L’operazione avrebbe richiesto
un permesso della Questura e della Soprintendenza ai
Beni Culturali, che impedisce ogni tipologia di affissione
sulla facciata di edifici di pregio del centro storico.
L’opera, nella sua ostentazione, avrebbe prevaricato
quella di altri artisti e non sarebbe stata rappresentativa
dello spirito della mostra.
All’artista è stata offerta la possibilità di esporre l’opera in altri spazi dell’istituto, sia all’interno che all’esterno. Non essendo egli d’accordo con questa soluzione, ha optato di presentare l’opera sotto altro titolo,
“Trouble in Paradise”, nelle modalità illustrate in catalogo. La direzione artistica ha dialetticamente accettato
che sulla scatola dell’opera venissero apposti i documenti della controversia.
132
“
“
Beati i poveri di spirito, perché di
essi è il regno dei cieli, mio Dio, ma
se questa frase è vera, in Paradiso ci
viviamo già.”
(Millôr Fernandes)
Visioni del Paradiso > Costa Vece
Note from the co-curator Domenico Lucchini
The directors of ISR felt it was not appropriate to place the
artwork/flag Made in Anarchy on the tower of the institute
for a variety of reasons that were communicated to the
artist in a letter by the artistic director.
Essentially:
the work displayed from the tower, the second highest
viewing point in Rome and visible only from outside the
Institute, would have led to misunderstandings, and could
have been interpreted as an intent to cause controversy.
The operation would have required special permits from
the police and the Office of Cultural Resources, as there are
regulations barring any type of signs or attachments to
noteworthy buildings in the historical center.
The work thus displayed would also have gained more
attention than those of the other artists, and would not
have been in keeping with the spirit of the exhibition.
The artist was offered the opportunity to show the
same work in other spaces, both inside and outside the
institute. As the artist did not agree with this solution, he
chose to present the work under another title, Trouble in
Paradise, as illustrated in the catalogue. The institute and
curators agreed that documentation of the controversy
would be displayed on the box containing the work.
“Trouble in Paradise”, 2006, scatola di cartone / cardboard box, 40 × 59 × 39 cm, 2 inkjet prints, lettera / letter, con bandiera dell’anarchia / with anarchist flag:
“Made in Anarchy”, 2006, abiti usati rossi e neri, spille di sicurezza, filo, ganci / red and black used clothes, safety pins, thread, hooks, 450 × 345 cm
133
“Trouble in Paradise”, 2006, scatola di cartone / cardboard box, 40 × 59 × 39 cm, 2 inkjet prints, lettera del direttore artistico con le motivazioni del diniego per
l’esposizione dell’opera, bandiera “Made in Anarchy”, sulla torretta dell’ISR / letter from the Artistic Director explaining the motives behind the refusal to show the
work-flag “Made in Anarchy” on the tower of the ISR; con bandiera dell’anarchia / with anarchist flag: “Made in Anarchy”, 2006, abiti usati rossi e neri, spille di
sicurezza, filo, ganci / red and black used clothes, safety pins, thread, hooks, 450 × 345 cm
134
Visioni del Paradiso > Costa Vece
particolare con la simulazione della collocazione prevista dall’artista /
detail with simulation of the positioning planned by the artist
135
Not Vital > Cacche di mucca
N
el 1992, Not Vital ha intrapreso la
fusione di 1000 cacche di mucca che
servivano a stabilire un legame culturale ed economico tra due società: raccolti nei pascoli svizzeri, gli sterchi sono
fusi in bronzo, convertendosi quindi in
oggetti-sculture. Il ricavato della vendita di
queste opere è stato destinato alla costruzione di un ospedale per bambini in Nepal.
Si produce quindi una mutazione culturale,
una trasformazione primaria della materia
e poi del significato che conferisce all’oggetto una valenza simbolica.
“
Dai diamanti non nasce niente, dal
letame nascono i fior”
(Fabrizio de André)
136
Visioni del Paradiso > Not Vital
I
n 1992 Not Vital did castings of 1000 pieces
of cow excrement, establishing a cultural
and economic link between two societies:
gathered in Swiss pastures, the “cowpies”
were cast in bronze and thus converted into
object-sculptures. Proceeds from the sale of
these works are used for the construction of
a children’s hospital in Nepal. The result is a
cultural mutation, a primary transformation
of material and then of meaning which gives
the object a symbolic value.
“
Nothing is born of diamonds, but from
sewage flowers grow”
(Fabrizio de André)
“Senza titolo
(cacche di mucca)”, 1996
bronzo / bronze
! 21, ! 32 cm
(courtesy Collezione Gian
Enzo Sperone, New York)
137
“Senza titolo (cacche di mucca)”, 1996
bronzo / bronze
! 32 cm
particolare / detail
(courtesy Collezione Gian Enzo Sperone, New York)
138
Visioni del Paradiso > Not Vital
Gli eventi collaterali
> the events
Organizzazione / organisation: Gábor Simon
Giorgio Rossi
Performance per l’inaugurazione della mostra nei giardini dell’ISR,
17.05.06
G
iorgio Rossi reinterpreta lo spazio e gli accadimenti che lo abitano. La sua danza tocca sentimenti come l’amore e la solitudine, la
sensazione della morte e la visione del possibile. Sono questi i
temi del suo ultimo assolo “Alma” da cui si origina questa performance,
in cui c’è l’accettazione del senso della vita e della sua caducità, ma
anche un’ironia verso il mondo di apparenze che ci governa. Una danza
dell’anima e del corpo. Un’invasione angelica nel quotidiano che ci sollecita ad avere un diverso sguardo nei confronti dell’esistente e una
diversa visione del paradiso…
Laurence Revey
“Solo in Silence”, concerto nella chiesa di S. Isidoro, Roma, 22.06.06
“
Solo in Silence” è un progetto del 2005 creato attorno a un repertorio di canti sacri della mistica cattolica. Costituisce una comunione originale dalla densità emotiva, dove il silenzio si sposa con
l’ancestrale per un viaggio fuori dal tempo e dai generi. Le canzoni originali di Laurence Revey nascono dal lavoro sulla propria voce, unica per
il colore e il timbro. Legata alla terra natìa, la cantautrice-fata vallesana
attinge alla tradizione musicale locale, arricchendola con effetti sonori
moderni dalle risultanti mistico-poetiche.
Anna Huber & Fritz Hauser
“umwege”, performance di danza & musica nel cortile della dipendenza
dell’ISR, 07.06.06
I
n “umwege”, progetto per architetture specifiche, la coreografa Anna
Huber e il batterista Fritz Hauser sviluppano movimenti e suoni per
spazi straordinari, relazionando l’architettura corporea alla struttura e
al materiale dello spazio. La danza e la musica sondano il contesto architettonico per creare prospettive immaginarie in movimento, attingendo
a contrasti quali movimento-staticità, organico-geometrico, interior-esteriore, labile-stabile. Anna Huber diventa scultura effimera in movimento
nello spazio durevole, trasformando le superfici in specchi, rovesciando
le prospettive per annullare apparentemente la legge di gravità.
Produzione: annahuber.compagnie, con il sostegno di Senatsverwaltung für Wissenschaft,
Forschung und Kultur Berlin, in collaborazione con Theater am Halleschen Ufer e Tanzfabrik Berlin.
140
Visioni del Paradiso > Gli eventi collaterali
Giorgio Rossi
Performance for the opening of the exhibition in the garden of ISR,
17.05.06
G
iorgio Rossi reinterprets the space and the events that inhabit it. His
dance addresses emotions like love and solitude, the sensation of
death and a vision of possibilities. These are the themes of his latest
solo piece Alma, which forms the basis for this performance in which there
is acceptance of the sense of life and its fragility, but also irony regarding
the world of appearances that governs us. A dance of the soul and the body.
An angelic invasion of everyday life that prompts us to take a different look
at what exists and form a different vision of paradise…
Laurence Revey
Solo in Silence, concert in the church of Sant’Isidoro, Rome, 22.06.06
S
olo in Silence is a project from 2005 created around a repertoire of
music of Catholic mysticism. It represents an original communion of
emotional density, where silence encounters the ancestral for a voyage outside time and genres. The original songs of Laurence Revey spring
from her voice, unique in its color and timbre. Linked to her native land, the
chanteuse valaisanne draws on the local musical tradition, enriching it with
modern effects to achieve mystical-poetic results.
Anna Huber & Fritz Hauser
umwege, dance and music performance in the courtyard of the annex of
the ISR, 07.06.06
I
n umwege, a project for specific architectural contexts, choreographer
Anna Huber and drummer Fritz Hauser develop movements and sounds
for extraordinary spaces, relating the architectural of the human body to
the structure and material of space. Dance and music probe the architectural context to create imaginary perspectives in motion, utilizing contrasts
like movement-stillness, organic-geometric, inner-outer, change-stability.
Anna Huber becomes ephemeral sculpture in movement in durable space,
transforming surfaces into mirrors, overturning perspectives to apparently
annul the law of gravity.
Production: annahuber.compagnie, with the support of Senatsverwaltung für Wissenschaft,
Forschung und Kultur Berlin, in collaboration with Theater am Halleschen Ufer and Tanzfabrik
Berlin.
Giorgio Rossi durante la sua performance all’inaugurazione / during his performance at the opening. A destra con / on the right, with “cacca di mucca” (Not Vital)
141
Laurence Revey, “Le Creux des Fées”, Forest, Apple, 1999
142
Visioni del Paradiso > Gli eventi collaterali
Anna Huber, in “umwege” all’Istituto Svizzero di Roma / at the Swiss Institute in Rome (ISR)
143
Emmanuelle Antille (Lausanne 1972) vive / lives in
Lausanne
Mostre selezionate / Selected exhibitions
personali / solo 2006: Galerie Eva Presenhuber, Zürich; 2005: Art Unlimited, Basel; 2004: CCA, Glasgow;
Sammlung Goetz, München; 2003: The Renaissance
Society, Chicago; 50ª Biennale di Venezia, Padiglione
svizzero
collettive / group 2006: Espace des arts plastiques,
Saint-Dié-des-Vosges; 1ère Biennale du Havre; 2004:
Fries Museum, Leeuwarden; Kunsthaus, Dresden;
Musée du Jeu de Paume, Paris; Phoenix Art, Hamburg;
2003: Migros Museum, Zürich; 2002: Media Art /
Sammlung Goetz, ZKM, Karlsruhe; 2001: Kunstverein,
Frankfurt; 2000: Fondazione Teseco, Pisa; “Anteprima
Bovisa”, PAC, Triennale, Milano
Atelier Oï: Aurel Aebi (Oberdiesbach 1966), Armand
Louis (Bienne 1966), Patrick Reymond (Bienne 1962)
lavorano / work in La Neuveville
Mostre selezionate / Selected exhibitions
personali / solo 2006: Centro Culturale Svizzero,
(CCS) Milano
collettive / group 2005: “Criss & Cross”, Junior High
School, Akihara, Tokyo; “Design Now”, Museum of
Contemporary Art (MoCA), Shanghai; Neue Räume,
Gastraum, Internationale Wohn- und Möbelausstellung,
Zürich; 2004: Biennale de St. Etienne; Fiera Internazionale del Mobile, Milano; 2003: “Criss & Cross”, 5ª
Biennale di Architettura, São Paulo; “Swiss Design –
Traditionally Progressive”, Totem Design, New York;
2002: “Botte-Cul”, Fiera Internazionale del Mobile, Milano
(itinerante: London, New York, San Francisco, Rotterdam); 1994: Musée des Arts Décoratifs, Lausanne
borse di studio / grants 2000: Bourse Fédérale des
Arts Appliqués, Suisse
Bianco-Valente (Giovanna Bianco 1962), (Pino
Valente 1967) vivono / live in Napoli
Mostre selezionate / Selected exhibitions
personali / solo 2005: Galleria VM21 artecontemporanea, Roma; 2003: Galleria Artiaco, Napoli; 2002:
Galleria Artiaco, Pozzuoli; 2001: Galleria Antonella
Nicola, Torino
collettive / group 2006: Triennale di Milano; Central
Academy of Fine Arts, Beijing; Guangdong Museum of
Art, Canton; 2005: Palazzo delle Papesse, Siena;
Trinitatiskirche, Köln; Fondazione Bevilacqua La Masa,
Venezia; Palacio de Sástago, Zaragoza; Palazzo delle
Arti, Napoli; 2004: Biennale d’Architettura di Venezia, 48º
Festival di Musica Contemporanea; Museo Reina Sofía,
Madrid; MACBA, Barcelona; Palazzo Te, Mantova;
Galleria d’Arte Contemporanea Monfalcone; 2003:
Kunsthaus Hamburg; Auditorium Parco della musica,
Roma; MACRO Museum, Roma
Daniele Buetti (Fribourg 1956) vive / lives in Zürich
Mostre selezionate / Selected exhibitions
personali / solo 2006: Aeroplastics Contemporary,
Bruxelles; 2005: Kunstraum, Innsbruck; 2004: Henie-
144
Visioni del Paradiso
Onstad Kunstsenter, Oslo; 2003: FRAC, Marseille;
1999: Museo Nacional Centro de Arte Reina Sofía,
Madrid; 1998: Maison Européenne de la Photographie,
Paris
collettive / group 2006: Schirn Kunsthalle, Frankfurt;
2005: Museum der Moderne, Salzburg; 2004: Hayward
Gallery, London; 2003: Kunsthalle Nürnberg; 2002:
Berliner Kunstverein (itinerante: Hallescher Kunstverein,
Museum Bochum); 2001: Kunstverein Hannover; 2000:
Kunsthalle Nürnberg
Davide Cascio (Lugano 1976) vive / lives in Lugano
and Roma
Mostre selezionate / Selected exhibitions
personali / solo 2005: Borgovico 33, Como; Rialtosantambrogio, Roma; 2003: Artelier, Lugano
collettive / group 2005: Accademia di Romania,
Roma; Galerie AP4-Art, Genève; Seedamm-Kulturzentrum, Pfäffikon; 2004: Concorso Federale d’Arte,
Basel; 2003: Museo Cantonale d’Arte, Lugano
borse di studio / grants 2004-2006: Istituto Svizzero di
Roma; 2005: Kunststipendium Vordemberge-Gildewart
1995: Galerie Raab, Berlin; Palazzo dell’Arengario,
Milano; 1994: Ernst Muzeum, Budapest; 1991: Kunsthalle Hamburg; Fundacio Joan Miró, Barcelona; 1990:
Galleria Civica, Modena; 1989: Centro per l’Arte
Contemporanea Luigi Pecci, Prato; 1988: Kunsthaus,
Zürich; Wiener Secession; Marlborough Gallery, New
York; 1987: Lenbachhaus, München; 1986: Solomon R.
Guggenheim Museum, New York; Centre Georges
Pompidou, Paris; 1982: Kunsthaus, Zürich
collettive / group 2003: DARC, Roma; 1996: XXIII
Bienal Internacional de São Paulo; 1994: Museo
Cantonale d’Arte, Lugano; Kunsthaus, Zürich; 1993: 45ª
Biennale di Venezia; 1992: XII Quadriennale, Roma;
1989: Royal Academy, London; Centre Georges Pompidou, Paris; 1988: Haus der Kunst, München; 1987:
Documenta 8, Kassel; 1986: Schirn Kunsthalle,
Frankfurt; 1985: Art Gallery of Ontario, Toronto; XVIII
Bienal International, São Paulo; 1984: Museum of
Modern Art, New York; Stedelijk Museum, Amsterdam;
1983: Tate Gallery, London; 1982: IV Sidney Biennale;
Documenta 7, Kassel; Zeitgeist, Berlin; 1980: 39ª Biennale di Venezia; XI Biennale de Paris; Kunsthalle Basel
Linda Cuglia (Taranto 1975) vive a / lives in Roma
Mostre selezionate / Selected exhibitions
personali / solo 2005: Studio d’Arte Contemporanea
il Poliedro, Taranto; 2002: Installazione temporanea,
l’Isola del Cinema, Roma; 2001: Atelier dell’artista, il
Cairo
collettive / group 2006: Rialtosantambrogio, Roma;
Trillino World, Roma; 2005: Spazio Wa BE 190 ZA,
Roma; 2001: Golden Five Theater, Urgada (Egypt)
Loris Cecchini (Milano 1969) vive / lives in Milano and
Prato
Mostre selezionate / Selected exhibitions
personali / solo 2005: Photology, Milano; Galleria Max
Estrella, Madrid; 2004: Palais de Tokyo, Paris; 2003:
Galleria Continua, San Gimignano; Galleria Civica,
Trento; 2001: Heidelberger Kunstverein; 1999: Galleria
Claudia Gian Ferrari Arte Contemporanea, Milano;
1998: Palazzo delle Papesse, Siena
Collettive / group 2005: Galleria Continua, San Gimignano & Beijing; 51ª Biennale di Venezia (Premio per la
giovane arte italiana 2004-2005); Musée d’Art Moderne
St. Etienne Métropole; 2004: PAC, Milano; Centro per
l’Arte Contemporanea Luigi Pecci, Prato; Palazzo Te,
Mantova; Angel Row Gallery, Nottingham; 2003:
Friedrich Petzel Gallery, New York; Finesilver Gallery,
San Antonio, Texas; Galerie Georges-Philippe & Nathalie Vallois, Paris; Museion, Bolzano; 2002: Galleria
Civica di Arte Contemporanea e MART, Palazzo delle
Albere, Trento; 2001: Lenbachhaus-Kunstbau, München;
Gana Art Center, Seoul; 49ª Biennale di Venezia; Biennale di Valencia; Lombard-Freid Fine Arts, New York;
Galleria Civica, Bolzano; 2000: Biennale di Taiwan,
Taipei; De Chiara / Stuart Gallery, New York; Fondazione
Bevilaqua La Masa, Venezia; 1999: Fondazione Michetti,
Pescara; Galleria Civica, Bolzano; Ludwig Museum,
Köln; XIII Quadriennale, Roma; Fondazione Adriano
Olivetti, Roma; 1998: Galleria Ciocca, Milano; 1997:
Triennale, Milano; 1995: Openspace, Milano
Paola Di Bello (Napoli 1961) vive / lives in Milano
Mostre selezionate / Selected exhibitions
personali / solo 2006: Studio G7, Bologna; 2004: The
Agency Gallery, London; Fondazione Sandretto Re
Rebaudengo, Torino; 2003: Galleria Artopia, Milano;
2002: Cortile di Palazzo Brera, Milano; 1999: Galleria
Luciano Inga-Pin, Milano; 1997: Care of, Cusano Milanino
collettive / group 2006: Isola Art Center, Milano;
2005: Hangar Bicocca, Milano; Palazzo Strozzi, Firenze;
Villa Manin, Passariano; Stadio di San Siro, Milano;
2004: Le Magasin, Grenoble; Museo d’arte contemporanea di Villa Croce, Genova; La Manufacture des
Oeillets, Ivry-sur-Seine; 2003: 50ª Biennale di Venezia;
Palazzo Bricherasio, Torino; Cinéma l’Arlequin, Paris;
Podewil Art Center, Berlin; 2002: Fondazione Sandretto
Re Rebaudengo, Torino; Madga Denisz Galerie, Paris;
Iraqi Union Photography, Baghdad; 2001: SESC
Pompeia, São Paulo; Künstlerhaus, Dortmund; Centrum
Beeldende Kunst, Rotterdam; 2000: Shedhalle, Zürich;
1999: Melbourne International Biennial
Enzo Cucchi (Morro d’Alba 1949) vive a / lives in Roma
and Ancona
Mostre selezionate / Selected exhibitions
personali / solo 1998: Galleria Nazionale d’Arte Moderna, Roma; 1999: Deichtorhallen, Hamburg; Tel Aviv
Museum of Art; 1997: Galleria d’Arte Moderna, Bologna;
Sonja Feldmeier (Rosenheim 1965), vive a / lives in
Basel
Mostre selezionate / Selected exhibitions
personali / solo 2006: Centro Culturale La Rada,
Locarno; Ruzicska/Weiss, Galerie für zeitgenössische
Kunst, Düsseldorf; 2005: o.T. Raum für aktuelle Kunst,
Luzern; Galerie Parisa Kind, Frankfurt; 2003: Wrong
Gallery, New York (con / with Christoph Büchel); 2001:
Kunsthaus Aarau
collettive / group 2006: Apexart, New York; Galerie
Kugler, Innsbruck; 2004: Goliath Visual Space, Brooklyn;
White Space, Zürich; 2003: “Art en plein air”, Môtiers;
2002: Villa Elisabeth / Lisa Lounge, Berlin; Kunsthaus
Palazzo, Liestal; Z 33, Hasselt; 2001: Luckman Gallery,
Los Angeles; P.S.1 Clocktower Gallery, New York (con /
with Christoph Büchel); 2000: Contemporary Art Center, Vilnius; Kunsthaus Baselland, Muttenz; Akademie
der Künste, Berlin
Sylvie Fleury (Genève 1961) vive / lives in Genève
Mostre selezionate / Selected exhibitions
personali / solo 2004: Galerie Eva Presenhuber, Zürich;
2003: Galerie Chouakri Brahms, Berlin; 2002: Thaddaeus
Ropac, Paris; 2001: Le Magasin, Grenoble; ZKM, Museum
für Neue Kunst, Karlsruhe; 2000: Galerie Hauser & Wirth &
Presenhuber, Zürich; Elisabeth Cherry Contemporary Art,
Tuscon; 1999: Museion, Bolzano; 1998: Migros Museum
für Gegenwartskunst, Zürich; 1996: Le Case d’Arte,
Milano; 1995: Galerie Art & Public, Genève; Museum of
Contemporary Art, Chicago; Galerie Gilbert Brownstone &
Cie, Paris; 1993: Guggenheim Museum Soho, New York;
Galerie Bob van Orsouw, Zürich; Neue Galerie am
Landesmuseum Joanneum, Graz; Galleria Davide
Paludetto, Torino; 1992: Galerie Porte-Avion, Marseille
collettive / group 1998: Kunsthaus Zürich; Schirn
Kunsthalle, Frankfurt; Triennale, Milano; Kunsthaus
Bregenz; Centre Georges Pompidou, Paris; Migros
Museum für Gegenwartskunst, Zürich; XXIV Bienal
Internacional de São Paulo; 1997: Künstlerhaus
Bremen; Deichtorhallen, Hamburg; Le Magasin,
Grenoble; Fri-Art, Fribourg; CAN, Centre d’Art
Contemporain, Neuchâtel; Museum für Gegenwartskunst, Basel; 1996: Gian Ferrari Arte Contemporanea,
Milano; Kunsthalle Bern; Centre d’Art Contemporain,
Genève; Kunsthalle Kiel; Helmhaus Zürich; 1995:
MAMCO, Genève; Palais des Beaux-Arts, Bruxelles;
Centre Georges-Pompidou, Paris; Haus der Kunst,
München; 1994: Centre PasquArt, Biel; Kunsthalle
Palazzo, Liestal; Museo Nacional Reina Sofia, Madrid;
Steirischer Herbst, Graz; Deichtorhallen, Hamburg; In
Vitro, Genève; 1993: Castello di Rivoli; Schirn Kunsthalle, Frankfurt; 45ª Biennale di Venezia; Galleria
Massimo Minini, Brescia; Peggy Guggenheim Collection, Venezia; Guggenheim Museum Soho, New York;
1992: Galerie Gilbert Brownstone, Paris; Shedhalle,
Zürich; Museo d’Arte Contemporanea, Prato; Kunsthalle
Düsseldorf; Museo d’Arte Contemporanea, Prato;
Castello di Rivoli; 1991: Villa Arson, Nice
Mirjam Fruttiger (Uster 1970) vive / lives in Paris
Mostre selezionate / Selected exhibitions
2006: Galerie Artcore, Paris; Castel Nuovo di Farfa, “Le
Vivat”, scène conventionnée de danse et de théâtre,
Armentières; 2005: Villa Medici, Roma; Central Saint
Martins, London; Galerie Gauche, Ecole des Beaux Arts,
Paris
Performances 2005: Centre Chorégraphique National
de Rennes et de Bretagne; Centre National de la Danse,
Paris
borse di studio / grants 2005-2006: Villa Medici,
Roma
Andrea Galvani (Verona 1973) vive / lives in Milano
and Bologna
Mostre selezionate / Selected exhibitions
personali / solo 2005: Artopia, Milano; 2004/2002:
Galleria Arte Ricambi, Verona; 2001: Studio Ercolani,
Bologna; 1999: The Image, Bilbao; Galeria Sala Araba,
Vitoria
collettive/ group 2006: The Flat, Villa Noris, Villafontana di Bovolone; G.A.M, Galleria Comunale, Castel
S. Pietro Terme; Pinacoteca Comunale, Imola; Galleria
Arte Ricambi; Galleria Biagiotti, Bologna; Careof, Milano; 2005: Istituto di Cultura Casa Giorgio Cini, Ferrara
e Villa delle Rose, Bologna; Viafarini, Milano; 2004:
Biagiotti Progetto Arte, Firenze; Galleria Arte Ricambi,
Torino; Galleria Civica, Valdagno; “On Air”, itinerante:
Kunst Meran, Haus der Sparkasse, Merano, Fortino
Sant’Andrea, Bari, Centro d’Arte Contemporanea Luigi
Pecci, Prato, MACRO, Roma, Galleria Comunale d’Arte
Contemporanea, Monfalcone; 2003: Galleria Comunale
d’Arte Contemporanea, Monfalcone; 2002: Centro
d’Arte Contemporanea Bellinzona; Museo Provinciale,
Potenza; 2001: Chiostro di S. Pietro, Reggio Emilia;
1998: Art Studio EM, Ravenna; 1997: Museo Casa
Oriani, Casolavalsenio; Galleria d’Arte Moderna e
Contemporanea Palazzo Forti, Verona
Flor Garduño (Città del Messico 1957) vive / lives in
Stabio
Mostre selezionate / Selected exhibitions
personali / solo 2006: Scottsdale Museum of
Contemporary Art; 2005: Mai Manó, Hungarian House
of Photography, Budapest; Centre for Contemporary
Art, Ujazdowski Castle, Warsaw; 2004: Mois de la
Photographie, Paris; 2003: Centro Culturale Svizzero,
Milano; Museo Comunale d’Arte Moderna, Ascona;
GAM, Bologna, 2001: Throckmorton Gallery, New York;
2000: Museum of Contemporary Photography, Chicago;
1999: Museo Municipal de Bellas Artes, Montevideo;
Centro Ceremoniál de America Latina, São Paulo; 1998:
Museo de Bellas Artes, Buenos Aires; Museo Nacional
de Bellas Artes, Santiago de Chile; 1997: Museo de
Bellas Artes, Caracas; Museo Nacional de Colombia,
Bogotà; 1994: Meadows Museum of Art, Dallas; 1993:
Fotofest Houston; Musée des Elysées, Lausanne;
Center of Creative Photography, Tucson; 1986: Mois de
la Photographie, Paris; 1985: Galería de Arte Contemporaneo, Ciudad de Mexico; 1982: Galería José Clemente Orozco, Ciudad de Mexico
collettive / group 2006: VISARTE, Spazio Officina,
Chiasso; 2005: Musée de l’Élysée, Lausanne; 2004:
Philadelphia Museum of Art; 2003: Sotheby’s, New York;
2002: Galerie Camera Work, Berlin; 2001: GAM,
Bologna; 1999: IVAM Valencia; 1997: Kunsthaus,
Zürich; Brooklyn Museum of Art, New York; 1996: Art
Gallery of the University of Scranton, Pennsylvania;
1995: Fuller Museum of Art, Brockton; 1993: Eugene W.
Smith Memorial Fund Inc., New York; 1992: Casa de las
Americas, Madrid; 1991: Rencontres Internationales de
la Photographie, Arles; 1990: Fotofest, Houston; 1989:
Museo de Arte Moderno, Ciudad de Mexico; 1988:
Month of International Art in Chicago; 1987: Centro
Bellas Artes Mexicanas, Chicago; 1986: Galerie du
Musée de la Photographie, Charleroi
Piero Gilardi (Torino 1942) vive /lives in Torino
Mostre selezionate / Selected exhibitions
personali / solo 2006: Galleria Civica d’Arte Moderna,
Modena; 2005: Galleria Centro Steccata, Parma; 2004:
Galleria Patrizia Poggi, Ravenna; 2003: Galleria Biasutti
& Biasutti, Torino; 1998: Galleria Minini, Brescia; 1994:
Galerie Di Meo, Paris; 1991: Sperone Westwater
Gallery, New York; 1990: Galleria Civica di Arte
Contemporanea di Trento; 1989: Musée des Arts Décoratifs, Paris; 1984: Galleria Toselli, Milano; 1967: Ileana
Sonnabend Galerie, Paris; 1966: Galleria Sperone,
Torino
collettive/ group 2006: Galleria Civica d’Arte Moderna
e Contemporanea, San Donà di Piave; Museum in
Motion, San Pietro in Cerro; Museo della Permanente,
Milano; 2005: Centro Internazionale per l’Arte Contemporanea, Genazzano; Castello Sforzesco, Milano; 2003:
Musée d’Art Moderne, Lille; Biennale d’Art Contemporain de Lyon; MAMCO, Genève; 2002: Spazio Oberdan,
Milano; Tate Modern, London; Hirshhorn Museum and
Sculpture Garden, Washington; 2001: Palazzo delle
Esposizioni, Roma; Galleria Comunale d’Arte Moderna,
Roma; 2000: Le Consortium, Dijon; 1999: XIII Quadriennale, Roma (2º Premio); 1995: Multimediale 4, ZKM,
Karlsruhe; 1993: 45ª Biennale di Venezia; 1992: Centro
di Video Arte, Ferrara; 1990: Castello di Volpaia; 1990:
“La otra escultura”, Madrid, Barcelona, Darmstadt;
1968: Walker Art Center, Minneapolis
Nic Hess (Zürich 1968) vive / lives in Zürich
Mostre selezionate / Selected exhibitions
personali / solo 2005: The Project, Los Angeles;
2004: Haus der Kunst, München; 2003: Viafarini, Milano;
Kunsthaus Baselland; Swiss Institute, New York; 2002:
Kunstmuseum Winterthur; 2001: The Fruitmarket
Gallery, Edinburgh; Serge Ziegler Galerie, Zürich; The
Project, New York; 2000: Kunst-Werke Berlin; Queen’s
Museum, New York; The Drawing Center’s Drawing
Room, New York; 1998: Walcheturm, Zürich
collettive / group 2004: Staatliche Kunsthalle BadenBaden; 2003: Walker Art Center, Minneapolis; Museo
de Arte Moderno, Buenos Aires; 2002: Kunstmuseum
Bern; Busan Biennial, Korea; P.S.1, New York
Norma Jeane (Los Angeles 1962)
Mostre selezionate / Selected exhibitions
personali / solo 2005: Kunstverein, Freiburg; Swiss
Institute, New York; 2004: Helmhaus, Zürich
collettive / group 2006: Galleria Continua, Beijing;
2005: Martin-Gropius Bau, Berlin; GCAC Trento; 2003:
Fondazione Ambrosetti, Palazzolo sull’Oglio 2002:
145
MoMA Queens, New York; 2001: P.S.1 Clocktower
Gallery, New York; Italian Studio Program 2000-2002,
Palazzo delle Esposizioni, Roma
Zilla Leutenegger (Zürich 1968) vive /lives in Zürich
Mostre selezionate / Selected exhibitions
personali / solo 2006: Galerie Peter Kilchmann,
Zürich; Kunsthalle Wien; ZKM, Karlsruhe; Saarlandmuseum, Saarbrücken; Galerie Joanna Kamm, Berlin;
2005: Centro Galego de Arte Contemporánea, Santiago
de Compostela; Spencer Brownstone Gallery, New
York; 2004: Fundació “La Caixa”, Barcelona; Galería
Vacio 9, Madrid; Bündner Kunstmuseum, Chur; Galerie
Peter Kilchmann, Zürich; 2003: Halle für Kunst, Lüneburg; Galerie Stampa, Basel; Galerie Joanna Kamm,
Berlin; FACT, Centre Gallery Two, Liverpool; Spencer
Brownstone Gallery, New York; Emanuel Tschumi, Basel
collettive / group 2006: SESC Avenida Paulista, São
Paulo; Caixa Forum, Barcelona; Haus der Kunst,
München; Galerie Kamm, Berlin; 2005: Kunstverein
Nürnberg; Kunsthalle Zürich; 11e Biennale de l’image en
mouvement, MAMCO, Genève; Palazzo delle Papesse,
Siena; Palazzo Strozzi, Firenze; Centre d’Art Contemporain, Genève; Fri-Art, Fribourg; Cabaret Voltaire,
Zürich; Yokohama Museum of Art; 21 Century Museum
of Contemporary Art, Kanazawa; Zendai Museum of
Modern Art, Shanghai; Aichi Arts Center, Nagoya;
Museion, Bolzano; Tate Modern, London; World Expo
2005, Swiss Pavilion, Aichi; Cobra Museum, Amsterdam; Musée de Carouge, Genève; Spencer Brownstone
Gallery, New York; 2004: Kunsthalle Fridericianum,
Kassel; Gwangju Biennial, Gwangju; Helmhaus, Zürich;
Aargauer Kunsthaus, Aarau; FRAC Champagne-Ardenne, Reims; Museum am Ostwall, Dortmund; Contemporary Art Centre, Vilnius; Galerie Stampa, Basel; Kunstmuseum Solothurn; Galerie Museum, Bolzano
Franco Losvizzero (Roma 1973) vive / lives in Roma
Mostre selezionate / Selected exhibitions
personali / solo 2005: Galleria Altri Lavori In Corso,
Roma
collettive / group 2006: ISA Istituto Antincendi, Roma;
Palazzo Pretorio, Certaldo; 2005: La Casa Del Cinema,
Roma; “L’arte riparte”, Roma; Comune di Casalecchio,
Bologna; Palazzo della Ragione, Milano; Galleria Sergio
Tossi Arte Contemporanea, Firenze; Flash Art Show,
Milano; “L’arte riparte”, Napoli; Galleria Altri Lavori In
Corso, Roma; 2004: “L’arte riparte”, Roma
borse di studio / grants 2000: Atlantic Center for the
Arts, New Smyrna Beach, Florida
Lutz & Guggisberg, Andres Lutz (Wettingen 1968),
Anders Guggisberg (Biel 1966) vivono / live in Zürich
Mostre selezionate / Selected exhibitions
personali / solo 2006: Galleria Monica De Cardenas,
Milano; Galerie Friedrich, Basel; 2005: Anna Helwing
Gallery, Los Angeles; Institut für moderne Kunst, Nürnberg; 2004: Kunsthalle Zürich; Galerie Friedrich, Basel;
Attitudes, Genève; 2003: Anna Helwing Gallery, Los
146
Visioni del Paradiso
Angeles; Villa Merkel, Galerien der Stadt Esslingen am
Neckar; 2002: Kunstmuseum Thun; Kunstmuseum St.
Gallen; 2001: Hotcocolab, Los Angeles; 2000: Raum für
aktuelle Kunst, Luzern; Kleines Helmhaus, Zürich; 1997:
Message Salon, Zürich
collettive / group 2006: Kunstmuseum St. Gallen; Musée CoCo, Kunstmuseum Thun; Bergen Kunsthall;
2005: Krinzinger Projekte, Wien; Migros Museum für
Gegenwartskunst, Zürich; Gesellschaft für aktuelle
Kunst, Bremen; Kunstmuseum Thun; 2004: Filiale Basel;
2003: Museo de Arte Moderno, Buenos Aires; Galerie
Bob van Orsouw, Zürich; Museum für Gestaltung,
Zürich; Môtiers 2003; Centre PasquArt, Biel; 2002:
Helmhaus Zürich; Museum für Kommunikation, Bern;
Musée de Design et d’Arts Appliqués contemporains,
Lausanne; 2001: Kunstraum Walcheturm, Zürich;
Centraal Museum, Utrecht; Forum Claque, Baden;
Glassbox, Paris; 2000: Kunsthalle St. Gallen; Fri-Art,
Fribourg; 1998: Kunsthaus Zürich; Schirn Kunsthalle,
Frankfurt
borse di studio / grants 2005: Prix Meuly Thun; 2002,
2001, 1999: Eidgenössischer Preis für freie Kunst;
2001, 2000, 1999: Kunststipendium der Stadt Zürich;
2002: Manor-Kunstpreis St. Gallen
Gérald Minkoff (Genève 1937) & Muriel Olesen
(Genève 1948) vivono / live in Genève and l’Abocet
Mostre selezionate / Selected exhibitions
2006: “Photo Suisse”, Museo comunale di arte moderna,
Ascona, Casa Rusca, Locarno; Biennale d’Art
Contemporain, Le Havre; Seedamm Kulturzentrum,
Pfäffikon; 2003: Galerie Focale, Nyon; 2002: PAC,
Milano; Musée des Ursulines, Mâcon; 2001:
Bibliothèque de la Ville, Bordeaux; Museum of Fine Art
and Mediatheque, Sendai; Musée d’Ethnographie,
Genève; 2000: Musée d’Art et d’Histoire, Belfort; 1996:
The Albuquerque Museum of Art, New Mexico; 1991:
Musée de l’Elysée, Lausanne; 1986: Centre
International d’Art Contemporain, Montréal
Victorine Müller (Grenchen 1961) vive a / lives in Zürich
Mostre e performance selezionate / Selected
exhibitions and performances
2006: Jil Project, Lausanne; 2005: Kunstmuseum Luzern; Théâtre Arsenic, Lausanne; 2004: Kunstmuseum
Solothurn; Künstlerhaus Bethanien, Berlin; 2003: Centre
Culturel Suisse, Paris; Centre PasquArt, Biel; 2002:
Hamburger Kunsthalle; Museum Bellerive, Zürich; High
Calibre Performance-Festival, Berlin; Kunstmuseum,
Bern; 2001: Bunkier Sztuki Kraków; Museum Belvedere,
Wien; Musée d’Art et d’Histoire, Fribourg; 2000: ICA,
London; Kunsthaus Grenchen; L’Usine, Genève; 1999:
Kunstmuseum Basel; Location One, New York; 1998:
Künstlerhaus Mousonturm, Frankfurt; Kunsthaus, Zürich;
1997: Shedhalle, Zürich; Jüdisches Museum, Hohenems; 1994: Steirischer Herbst, Graz
borse di studio / grants 2005: Preis für Performance,
Kanton Solothurn; 2004: Kunstpreis Walter-BorrerStiftung; 2003: Werksemester Stiftung Landis & Gyr,
London; 2002: Alexander Clavel Förderpreis; 2001:
Atelier “Stiftung die Höge”, Bremen; Stipendium
Künstlerhaus Bethanien Berlin; 2000: Kunststipendium
der Stadt Zürich; Eidgenössischer Preis für freie Kunst;
Preis Kultur- und Sportfonds Regiobank Solothurn;
1998: Istituto Svizzero di Roma
Chris Murner (Genève 1962) vive a / lives in Carouge
Mostre selezionate / Selected exhibitions
personali / solo 2003/1996/1993: YvArt, Yverdonles-Bains; 1995: Centre d’Arts appliqués, Genève
collettive / group 2006: Musée de l’Hôtel de Ville
d’Yverdon; Halles de la Fonderie, Carouge; Palais du
Devenir, Meyrin; 2005: SEMA, Paris; Centro Culturale
Svizzero, Milano; 2004: Halles de la Fonderie, Carouge
2000: YvArt, Yverdon-les-Bains; 1997: Musée des Arts
Décoratifs, Lausanne
borse di studio / grants 2003: Prix de l’Artisanat
Genevois; 1991: Prix Micheline Brunschwig pour les
arts appliqués, Genève
Mimmo Paladino (Paduli 1948) vive / lives in Paduli
and Roma
Mostre selezionate / Selected exhibitions
personali / solo 2003: Galleria Stein, Milano; 2002:
Galerie Thaddaeus Ropac, Paris; Centro per l’Arte
Contemporanea Luigi Pecci, Prato; 2001: Boca Raton
Museum of Art, Florida; 2000: Artiscope II, Bruxelles;
1999: MAM Museum of Modern Art, Rio de Janeiro;
South London Gallery; 1998: DuMont Kunsthalle, Köln;
1997: Fondazione Stelline, Milano; 1996: Les Musées
de la Ville, Strasbourg; 1994: Galerie Daniel Templon,
Paris; National Gallery of Fine Arts, Beijing; 1992:
Galleria Civica di Arte Contemporanea, Trento; 1990:
Galleria Comunale d’Arte Moderna, Bologna; Palais des
Beaux-Arts, Charleroi; 1988: Galleria Gian Enzo
Sperone, Roma; Galleri Wallner, Malmö; 1986: Institute
of Contemporary Art, Boston; 1985: Städtische Galerie
im Lenbachhaus, München; 1982: Louisiana Museum of
Modern Art, Humlebæk; Museumsverein, Wuppertal;
1981: Kunsthalle Basel; Stedelijk Museum, Amsterdam;
1979: Centre d’Art Contemporain, Genève; 1976: Nuovi
Strumenti, Brescia
collettive / group 2000: Galerie Jamileh Weber,
Zürich; 1999: Tel Aviv Museum, Tel Aviv; 1995: “Fuori
uso”, Pescara; 1994: The Irish Museum of Modern Art,
Dublin; Trevi Flash Art Museum; 1993: Salzburger Festspiele; 1991: Gian Ferrari Arte Contemporanea, Milano;
Studio d’Arte Cannaviello, Milano; Musée d’Art Contemporain, Pully, Lausanne; 1990: Martin Gropius-Bau, Berlin; Sperone Westwater, New York; 1989: Museum des
20. Jahrunderts, Wien; Royal Academy of Arts, London;
1988: Centro per l’Arte Contemporanea Luigi Pecci,
Prato; 43ª Biennale di Venezia; Haus der Kunst,
München; 1986: Städtische Galerie im Lenbachhaus,
München; Frankfurter Kunstverein; 1985: Palazzo della
Permanente, Milano; Institute of Contemporary Art,
Philadelphia; Hirshhorn Museum and Sculpture Garden,
Washington; XXXIX Bienal de São Paulo; 1984: MoMA,
New York; MoMA, San Francisco; Walker Art Center,
Minneapolis; 1983: Fundacio Joan Miró, Barcelona;
Bonner Kunstverein; Palazzo Reale, Milano; Galerie
Beyeler, Basel; Tate Gallery, London; 1982: Documenta
7, Kassel; Rotonda di via Besana, Milano; MartinGropius Bau, Berlin; 1980: Stedelijk Museum, Amsterdam; 24ª Biennale di Venezia
Mai-Thu Perret (Genève 1976) vive / lives in Genève
Mostre selezionate / Selected exhibitions
personali / solo 2006: The Renaissance Society,
Chicago; Chisenhale Gallery, London; Galerie Barbara
Weiss, Berlin; 2005: Galerie Praz-Delavallade, Paris;
Centre d’Art Contemporain, Genève; 2003: Galerie
Francesca Pia, Bern; 2002: The Modern Institute,
Glasgow; Glassbox, Paris; 2001: Le Studio, Neuchâtel.
collettive / group 2006: Neue Kunsthalle, St. Gallen;
Wexner Center for the Arts, Colombus, Ohio; Elizabeth
Dee Gallery and QUED, New York, Los Angeles; West
London Projects; Galerie Edouard Manet, Gennevilliers;
Royal College of Art, London; La Générale, Paris; Usine,
Genève; Centre d’art Mira Phalaina, Maison Populaire,
Montreuil; Grazer Kunstverein, Graz; Centre PasquArt,
Bienne; 2005: Centre d’Art Contemporain, Genève;
CCA, Glasgow; Frankfurter Kunstverein; National Arts
Center, Tbilissi; Air de Paris; Artist Space, New York;
New Langton Arts Center, San Francisco; 2004: Swiss
Institute, New York; Galerie Peter Kilchmann, Zürich;
Karvasla, Tbilissi; Helmhaus, Zürich; Champion Fine
Arts, Brooklyn, New York; 2003: Secession, Vienna; Fia
Backström Productions, Brooklyn; Kunsthaus Glarus;
Künstlerhaus Thurn und Taxis, Bregenz; 2002: Historisches Museum Murten, (Expo 02); 2001: Galerie
Francesca Pia, Bern; Musée des Beaux-Arts de
Lausanne, Espace Arlaud, Lausanne; Alimentation
Générale Art Contemporain, Luxembourg; Galeria Javier
Lopez, Madrid; 2000: Air de Paris; Fri-Art, Preview for
Museum of Contemporary Art Tucson, Fribourg
borsa di studio / grant 2004: Federal Award of Art,
Switzerland
Piero Pizzi Cannella (Rocca di Papa 1955) vive / lives
in Roma
Mostre selezionate / Selected exhibitions
personali / solo 2004: Teatro India, Roma; Hôtel des
Arts, Centre Méditerranéen d’Art, Conseil Général du
Var, Toulon; 2002: Castello Colonna, Centro Internazionale d’Arte Contemporanea, Genazzano; 2001: Museo Archeologico Regionale, Aosta; 1997: Complesso
museale Spedale di Santa Maria della Scala, Siena;
1991: Museo Civico di Gibellina, Case di Santo
Stefano; 1989: Moderna Galerija, Mala Galerija,
Ljubljana; 1987: Galerie Triebold, Basel; 1985: Annina
Nosei Gallery, New York; 1977: Galleria La Stanza,
Roma.
collettive / group 2005: Kunsthalle Göppingen; 2003:
Beijing International Art Biennial; 2001: Palazzo della
Farnesina, Roma; 1996: XII Quadriennale, Roma; 1989:
Académie de France, Villa Medici, Roma; 1988:
Mathildenhöhe, Darmstadt; 1987: International Biennial
Print Exhibit, Taipei; 1985: Nouvelle Biennale de Paris;
Museu de Arte de São Paulo; 1988: 43ª Biennale di
Venezia
Philippe Rahm (Pully 1967) vive / lives in Paris
Mostre selezionate / Selected exhibitions
personali / solo 2006: Canadian Centre for Architecture,
Montréal, Canada; 2005: Centre Culturel Suisse, Paris;
FRAC Centre, Orléans; 2004: CCA, Kitakyushu; 2002: 8ª
Biennale d’Architettura di Venezia
collettive / group 2005: Centre Georges Pompidou,
Paris; AA School, London; Mori Art Museum, Tokyo;
2003-2004: Centre Georges Pompidou, Paris; 2002:
Biennal de Valencia; 2001: Musée d’Art Moderne de la
Ville de Paris; 010101 Art in Technological Times,
MoMA, San Francisco; 2000: Archilab, Orléans
Sara Rossi (Milano 1970) vive a / lives in Milano
Mostre selezionate / Selected exhibitions
personali / solo 2005: Galleria Nicola Fornello, Prato;
2003: Italian Academy, Columbia University, New York;
2001: Galleria Antonella Nicola, Torino; Galleria Zero,
Piacenza; 1999: Galleria Le Case d’Arte, Milano; Facsimile, Milano
collettive / group 2006: GAM, Bologna; Raccolte
Fotografiche Modenesi, Modena; 2005: Castello di
Linari, Siena; Galerie d’Exposition du Théâtre de Privas;
Ex stabilimento Gea, Milano; 2004: Palazzo Te, Mantova;
2003: Collezione permanente MAXXI - DARC Roma; 50ª
Biennale di Venezia; 7ª Biennale de Lyon; Gallerie Anne
de Villepoix, Paris; Ecomuseo di Rorà, Villar Pellice; 2002:
Fondazione Sandretto Re Rebaudengo, Torino; Galleria
Civica di Monfalcone; Galleria Civica Arte Contemporanea Montevergini, Siracusa; Galleria d’Arte Moderna,
Torino; Openspace, Milano
borse di studio / grants 2003: Premio del Pubblico,
“Premio Giovane Arte Italiana”, Padiglione Venezia, 50ª
Biennale di Venezia; 2002/2003: Premio Giovane Arte
Italiana, Collezione MAXXI Roma (finalista); 2002: Premio
New York, Italian Academy, Columbia University, New
York, Ministero degli Affari Esteri, Roma
Kerim Seiler (Bern 1974) vive / lives in Zürich
Mostre selezionate / Selected exhibitions
personali / solo 2005: Weiss Galerie für zeitgenössische Kunst, Düsseldorf; 2004: Galerie Susanna Kulli,
Zürich
collettive / group 2005: Migros Museum für Gegenwartskunst, Zürich; Neue Kunsthalle, St. Gallen; 2002:
Kunsthalle, Zürich; 2001: Migros Museum für Gegenwartskunst, Zürich; Kunsthalle, Zürich; 1999: Neue
Kunsthalle St. Gallen; 1998: Kunsthaus, Zürich
Gerda Steiner (Ettiswil 1967) & Jörg Lenzlinger
(Uster 1964) vivono / live in Uster
Mostre selezionate / Selected exhibitions
2006: Artium, Fukuoka; 2005: Maison Rouge, Paris;
Stiftsbibliothek St. Gallen; 2004: Watari Museum of
Contemporary Art, Tokyo; 21st Century Museum of
Contemporary Art, Kanazawa; 2003: La Casa Encendida,
Madrid; 50ª Biennale di Venezia; 2002: Galerie Stampa,
Basel, Art Unlimited 33/2002; Heimatfabrik Murten, Expo
02; 2001: Kunstraum Walcheturm, Zürich; The
Contemporary Arts Center, Cincinnati
Costa Vece (Herisau, 1969) vive a / lives in Zürich and
Berlin
Mostre selezionate / Selected exhibitions
personali / solo 2006: Kunstmuseum, Solothurn; Box,
Wien; 2005: Galleria Franco Noero, Torino; Attitudes,
Genève; 2004: Kunsthalle Schirn, Frankfurt; Centre d’Art
Santa Monica, Barcelona; 2003: Galerie Peter
Kilchmann, Zürich; 2001: Migros Museum für Gegenwartskunst, Zürich
collettive / group 2006: “Paradossi dell’amicizia”,
O’Artoteca, Milano; XIII Rohkunstbau, Gross Leuthen;
2005: Martin Gropius Bau, Berlin; “Sense and
Sensibility”, São Paulo; Museum Amstelven, Amsterdam;
2003: Museion, Bolzano; Migros Museum für Gegenwartskunst, Zürich; Alcalá 31, Contemporary Art Center,
Madrid; 2002: Ormeau Baths Gallery, Belfast; 1999:
48ª Biennale di Venezia
Not Vital (Sent 1948) vive / lives in Sent, Lucca, New
York, Agadez
Mostre selezionate / Selected exhibitions
personali / solo 2005: Galerie Thaddaeus Ropac,
Paris; 2004: Caratsch de Pury & Luxembourg, Zürich;
2003: Museo Cantonale d’Arte, Lugano; 2002: Museum
zu Allerheiligen, Schaffhausen; Galerie Guy Bärtschi,
Genève; 2000: Nils Staerk Galerie, Copenhagen;
Galerie Luciano Fasciati, Chur; 1999: Baron/Boisanté
Gallery, New York; 1997: Konsthall Malmö; Kunsthalle
Bielefeld; 1995: Galleria Gian Enzo Sperone, Roma;
1994: Kunsthalle, Basel; 1992: Studio Guenzani,
Milano; Viafarini, Milano; 1991: Bündner Kunstmuseum,
Chur; 1990: Musée Rath, Genève; 1989: Akhnaton, il
Cairo; Centre Culturel Suisse, Paris; 1988: Kunstmuseum, Luzern; Swiss Institute, New York; 1987: Galerie
Rudolf Zwirner, Köln; 1985: Galerie Barbara Farber,
Amsterdam; 1982: Gimpel-Hanover & André Emmerich
Galerien, Zürich; Kunsthaus Glarus; 1981: Albert White
Gallery, Toronto; 1972: Galleria Diagramma, Milano
collettive / group 2004: Bündner Kunstmuseum,
Chur; Cleveland Museum of Art; 2002: Heidelberger
Kunstverein; 2001: 49ª Biennale di Venezia; Galerie Guy
Bärtschi, Genève; 2000: Sperone Westwater, New York;
Baron/Boisanté Gallery, New York; 1999: Kunstmuseum
Thun; 1996: MoMA, New York; Guggenheim Museum,
New York; 1991: Galerie Thaddaeus Ropac, Salzburg;
1989: National Gallery of Art, Washington; Brooke
Alexander Editions, New York; Brooklyn Museum, New
York; Centre Culturel Suisse, Paris; 1988: Metropolitan
Museum of Art, New York; 1987: Städtische Kunsthalle,
Düsseldorf; Leo Castelli Gallery, New York; Sonnabend
Gallery, New York; 1984: Margo Leavin Gallery, Los
Angeles; 1983: Nature Morte Gallery, New York; 1977:
Städtische Galerie zum Strauhof, Zürich
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Questo volume è stato stampato per conto di Mondadori Electa S.p.A.
presso lo stabilimento Mondadori Printing S.p.A., Verona, nell’anno 2006.
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