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Visioni del Paradiso
Visioni del Paradiso > Un dialogo sull’arte tra Svizzera e Italia Visioni del Paradiso Un dialogo sull’arte tra Svizzera e Italia Testi di Domenico Lucchini, Karin Frei e Pietro Bellasi Electa Visioni del Paradiso Un dialogo sull’arte tra Svizzera e Italia concetto: Karin Frei produzione: Istituto Svizzero di Roma a cura di Karin Frei e Domenico Lucchini Istituto Svizzero di Roma 18 maggio – 15 luglio 2006 Istituto Svizzero di Roma Istituto Svizzero di Roma Villa Maraini Via Ludovisi 48 00187 Roma www.istitutosvizzero.it Direttore artistico Dr. Domenico Lucchini Collaboratori culturali Claudia Buraschi, Mara Folini, Gábor Simon (organizzazione “Eventi collaterali”) Catalogo Progetto grafico e layout Barbara Fässler Editing Giancarlo Norese Traduzioni Fanny Meroni, Piccolo & Associati Sponsor Swiss Re Allestimento Antonio Belardi e staff Tecnica video Gianluca Marandola e staff Grafica Felix Humm, Francine Mury Ufficio stampa Intesa & C.P., Roma Enti finanziatori Ufficio Federale per la Cultura Ufficio Federale delle Costruzioni e la Logistica Fondazione Svizzera per la Cultura Pro Helvetia Segreteria di Stato per l’educazione e la ricerca Canton Ticino Partner Banca del Gottardo Per le opere © by gli artisti Per le fotografie © by gli autori Per i testi © by Pietro Bellasi, Karin Frei, Domenico Lucchini © 2006 by Istituto Svizzero di Roma by Mondadori Electa S.p.A., Milano Tutti i diritti riservati Fotografie Barbara Fässler: 10, 12, 14, 19, 23, 26, 31, 39, 40, 44, 45, 56, 57, 74, 81, 89, 94, 97, 98, 99, 101, 102, 105, 113, 127, 133, 141 Serge Hoeltschi: 142 Nadia Romanini: 134 Gábor Simon: 143 Fabrizio Stipari: 8, 21, 29, 35, 41, 43, 47, 49, 55, 56, 59, 61, 62, 63, 73, 75, 77, 78, 79, 83, 85, 87, 90, 91, 93, 95, 99, 103, 106, 107, 109, 111, 113, 115, 119, 121, 125, 126, 135, 137, 139 Visioni del Paradiso Un dialogo sull’arte tra Svizzera e Italia 6 7 9 Swiss Re Una visione a lungo termine A Long-term Vision Domenico Lucchini L’insostenibile leggerezza del Paradiso The Unbearable Lightness of Paradise 11 15 Karin Frei trampin’... trampin’... 18 20 Pietro Bellasi Un fanciullino nell’Eden A little boy in Eden 22 24 28 32 34 38 42 46 50 54 58 60 64 68 72 76 80 84 88 92 96 100 104 108 112 114 118 120 124 128 132 136 140 141 142 143 144 La mostra > the show Emmanuelle Antille Atelier Oï Bianco-Valente Daniele Buetti Davide Cascio e Linda Cuglia Loris Cecchini Enzo Cucchi Paola Di Bello Sonja Feldmeier Sylvie Fleury Mirjam Fruttiger Andrea Galvani Flor Garduño Piero Gilardi Nic Hess Norma Jeane Zilla Leutenegger Franco Losvizzero Lutz & Guggisberg Gérald Minkoff & Muriel Olesen Victorine Müller Chris Murner Mimmo Paladino Mai-Thu Perret Piero Pizzi Cannella Philippe Rahm Sara Rossi Kerim Seiler Gerda Steiner & Jörg Lenzlinger Costa Vece Not Vital Gli eventi collaterali Giorgio Rossi Laurence Revey Anna Huber Biografie / Biographies > the events Una visione a lungo termine A Long-term Vision S wiss Re, quale riassicuratore globale, leader a livello mondiale, è impegnato a promuovere una crescita economica, sociale e ambientale sostenibile nel tempo. L’arte visiva e sperimentale è di grande stimolo per vedere e conoscere il mondo attraverso forme inusitate; individuando nuove tendenze, simboli e valori. Il sostegno fornito da Swiss Re alla mostra “Visioni del Paradiso” dimostra l’impegno e il costante interesse del Gruppo verso l’arte contemporanea, vista come espressione dell’identità e della cultura stessa della Compagnia. Il Gruppo Swiss Re non solo vanta una lunga tradizione di attivo coinvolgimento ed interesse nei progetti d’arte visiva, ma possiede anche un’importante collezione di lavori, creati dai più noti artisti contemporanei sia svizzeri che internazionali. In questo ambito, la strategia di Swiss Re è fondamentalmente orientata al futuro, concentrata sul dialogo sull’arte, in un ampio contesto di visioni contemporanee e aspetti innovativi. È concepita per incoraggiare gli artisti, le istituzioni e la Compagnia stessa in una visione di lungo termine. 6 Visioni del Paradiso A s the world’s leading reinsurer, Swiss Re is committed to promoting sustainable economic, social and environmental development. Visionary and experimental art stimulates new ways of seeing the world; it can help us identify possible trends and developments. Swiss Re’s support of the Visions of Paradise exhibition shows our commitment to contemporary art as expression of our identity and corporate culture. The Group not only has a long tradition of involvement with visual arts projects, but has a significant collection of its own featuring major contemporary Swiss and international works. Swiss Re’s art strategy is fundamentally future-oriented, focusing on artistic dialogue, contemporary visions and innovative forms. It is designed to benefit artists, institutions and our own Company over the long term. L’insostenibile leggerezza del Paradiso Domenico Lucchini I “ Aspettando il paradiso, per ingannare la noia dell’attesa, l’uomo ha inventato l’arte, la più nobile delle dilettazioni umane” Osvaldo Licini “L’agile salto improvviso del poetafilosofo che si solleva sulla pesantezza del mondo, dimostrando che la gravità contiene il segreto della leggerezza” Italo Calvino l termine “visione” investe un campo di significati che riguardano sia il soggetto sia l’oggetto dell’atto del vedere, tanto il funzionamento delle facoltà percettive dell’occhio umano quanto le forme in cui il mondo si presenta allo sguardo (e lo sguardo si rappresenta il mondo). L’ambiguità e la polivalenza del termine non sono altro che il risultato di un ambiguo statuto della visione nella cultura occidentale. Alla visione, intesa come l’atto del vedere, compete la facoltà di osservare, verificare, certificare. Ma, nello stesso tempo, l’incognita dell’illusione e dell’inganno, della fascinazione e della meraviglia. È proprio quanto cerca di sviluppare “Visioni del Paradiso” lungo un percorso che caratterizza le arti visive contemporanee. La visione come atto di percezione e di rappresentazione, sistema di conoscenza di una quotidianità con cui si misura qui l’opera di artisti svizzeri e italiani che si cimentano con pittura, scultura, fotografia, video e installazioni, a cui si è chiesto di coniugare un tema come quello del paradiso, leitmotiv di una ricerca che nel tempo e nello spazio della mostra assume fisionomie e configurazioni diverse. Un tema, quello scelto, di carattere universale e di grande ricchezza interpretativa, che ha il grande vantaggio della connotazione positiva e che diviene punto di riferimento in un mondo dominato dallo scetticismo. Il paradiso, termine di origine persiana, da “pairidaeza”, con il significato primitivo di “giardino”, “recinto”, “verziere”, “parco” è nell’uso comune cristiano moderno il luogo di perfetta letizia ove andranno i giusti dopo la morte, in premio alla loro giustizia. Parallelamente all’evoluzione del concetto di Paradiso celeste se ne è sviluppata la rappresentazione, strutturata in diverse tipologie che simbolicamente miravano a raffigurare il medesimo luogo e stato di beatitudine. Le immagini più antiche del Paradiso celeste sono strettamente legate all’idea di Paradiso terrestre. Alcune di queste raffigurazioni, l’Eden, le simbologie di Adamo ed Eva, della mela piuttosto che del serpente, sono riemerse – riattualizzate e ricontestualizzate – anche in questa mostra. In effetti agli artisti chiamati all’impresa di realizzare una mostra sul “paradisiaco” si è richiesta una riflessione di ampio respiro, incentrata sul punto di partenza implicito nel titolo: una particolare condizione della visione capace di cogliere l’orizzonte (il paradiso) nella realtà esteriore e attraverso lo sguardo interiore nella sua meravigliosa inquietudine. Non uno sguardo estetico o estatico ma una ricerca continua, insieme tenace ed efficace. I 38 artisti invitati a partecipare hanno così fornito un’opera, spesso recente, che nel proprio iter ha costituito una riflessione o un frammento di sensazioni che richiamano il paradiso, o l’hanno potuta realizzare ex novo in funzione degli spazi a disposizione. L’idea di paradiso, di cui l’arte forse con le sue profezie che si concretizzano e si realizzano nella quotidianità, è la proiezione nella realtà, ha una pregnanza particolare. In tempi di incertezza sul futuro, anche l’arte visiva sente più fortemente l’importanza di ripensare i grandi temi della vita, di riflettere sull’etica, sulle emozioni indotte dai comportamenti. Ogni artista, attraverso un ambiente e il modo di proporre una tematica, ci (si) interroga spesso senza dare risposte. Sentimenti paradisiaci, ma anche stati d’animo “infernali”, sovente sono raffigurati con sarcasmo e ironia, quasi a risarcirci ludicamente per la perdita dell’età dell’oro. Con ciò l’Istituto Svizzero, che intende aprirsi sempre più alla società, ha affrontato un tema vasto, riconoscendo all’arte un suo specifico linguaggio ma pure la possibilità e anzi la necessità di infrangerne le regole, di usare i mezzi per parlare della complessità e, in particolare, di quel tutto che ci concerne intimamente. La regia curatoriale, mia e di Karin Frei, è presente ma non invadente, lasciando tanto agli artisti quanto agli spettatori un buono spazio di manovra. Inoltre la mostra propone una rosa di artisti che non segue le tendenze di mercato e non ha nulla di dogmatico, e in questo rispecchia la flessibilità in cui si riconosce l’istituzione: artisti giovani e altri affermati, svizzeri e italiani, promesse o figure già internazional- 7 “Cadute dal cielo”, 2006 bocce di vetro argentate / silver-plated glass spheres ! cm 10,5 8 Visioni del Paradiso mente note che si mescolano senza gerarchie. I diversi siti espositivi, l’antica villa, il parco e la nuova struttura dialogano e si confrontano. L’esperienza invita quindi a molti livelli di lettura, a più percorsi, dall’attenzione all’opera singola fino a uno sguardo verso il luogo. Un viaggio/visione, dalla mitologia all’attualità, affidato alle opere e a questo catalogo che accompagna e interpreta la mostra. L’interpretazione appunto. È così ricca, ampia, articolata, fluida l’arte contemporanea che invece di parlare di morte dell’arte, come spesso avviene anche da parte di importanti storici dell’arte, sarà invece opportuno leggerla da una posizione più consona alla sua complessità e diversamente critica, non contemplativa ma semmai interpretativa. L’arte intesa quale specchio della società. Da tempo i più avveduti fra gli storici (e gli artisti stessi, ovviamente) hanno dimostrato che l’arte non è specchio, ma interpretazione della società. In termini generali aderire a una cosa, al reale nel nostro caso, significa annullare la distanza che ci separa dalla cosa medesima; in altre parole significa perdere quella lontananza che ci permette di valutarne l’aspetto, di apprezzarne, misurarne le dimensioni. Proprio nell’ottica di rivalutare e ribaltare tali implicazioni, Italo Calvino aveva scritto la prima delle sue “Lezioni americane”, intese come riflessioni per il terzo millennio: “Nei momenti in cui il regno dell’uomo mi sembra condannato alla pesantezza, penso che dovrei volare come Perseo in un altro spazio. Non sto parlando di fughe nel sogno o nell’irrazionale. Voglio dire che devo cambiare il mio approccio, devo guardare il mondo con un’altra ottica, un’altra logica, altri metodi di conoscenza e di verifica. Le immagini di leggerezza che io cerco non devono lasciarsi dissolvere come sogno dalla realtà del presente e del futuro…”. In questo mondo che ci sta opprimendo con la sua drammaticità e pesantezza, alle quali nessuno sa proporre alternative credibili, pare logico accogliere con apertura quegli spiragli di luce, anche se talvolta sconfinanti nell’assurdo, che gli artisti contemporanei ci prospettano, con le loro opere che spesso sono il risultato di lunghe riflessioni, anche se appaiono come utopie. Per trovare il punto interrogativo dell’arte oggi (poetico, polemico, politico, ironico) è il caso di dirigersi altrove. Verso il paradiso, per esempio. Si può rifiutare l’idea di un Paradiso, ma rispettare quello che il paradiso rappresenta. E si può godere delle sue visioni, quelle che l’arte e la letteratura ci hanno tramandato e oggi reinterpretano. “Il paradiso altrove” è il titolo dell’ultimo bel romanzo di Vargas Llosa, scrittore peruviano che in quest’opera narra con maestria il racconto del pittore Paul Gauguin, un essere libero, appassionato e profondamente umano, ossessionato dalla ricerca dell’assoluto che gli conferisce una dimensione tragica. Una ricerca e una dimensione che coinvolgono anche un altro grande artista contemporaneo che ben volentieri avremmo voluto annoverare in mostra, Michelangelo Pistoletto, che nel suo recente progetto de “Il terzo paradiso” tenta di coniugare un primo paradiso, quello che precede il morso della mela, in cui tutto è regolato con l’intelligenza naturale, con un secondo paradiso artificiale, in cui prevale ogni forma di artificio e tutto si deteriora creando il pericolo di una collisione. “Il progetto globale chiamato ‘Terzo paradiso’ non può che realizzarsi attraverso un passaggio evolutivo nel quale l’intelligenza umana trova i modi per convivere con l’intelligenza della natura. Il riferimento biblico non ha finalità religiose ma è assunto come messaggio per dare senso e forza al concetto di trasformazione sociale responsabile a motivare un grande ideale che unisce in un solo impegno l’arte, la scienza, l’economia, la spiritualità e la politica”. La speranza e l’esigenza stessa di “un nuovo cielo e una nuova terra” costituiscono non solo aspettative legittime e da perseguirsi, ma una prospettiva per la loro realizzazione in una dimensione autenticamente “apocalittica”. Prima ancora che nell’arte, l’attesa dell’Apocalisse si manifesta in tv, sui giornali, nella rete, nelle notizie false che non consentono un’opinione obiettiva sul mondo, nei filmati dei morti di guerra, nella lotta per le riserve energetiche, nella sovrapposizione di immagini pubblicitarie, nelle diatribe sulla ricerca scientifica. Manifestando l’attesa dell’Apocalisse, l’arte riflette una tensione già presente nella società. Il problema allora sta solamente nella modalità della sua realizzazione. Non bisogna infatti dimenticare che nella dottrina cattolica è scritto che la Gerusalemme Celeste, simbolo principale del mondo trasfigurato, lungi dall’essere conseguenza di una fondazione umana più o meno progettuale, è invece “descendentem de coelo a Deo” e quindi, da questo punto di vista, un adeguamento dell’uomo alla realtà e non viceversa. Ma allora tutti i tentativi umani di alterare questa prospettiva saranno destinati a rivelarsi, in ultima analisi, simili alla nefasta edificazione ascensionale della Torre di Babele, vera e propria immagine rovesciata della discesa della Città Celeste? O in questa parodia del villaggio globale, pervaso da manifestazioni religiose “fondamentaliste” e dalla concentrazione di poteri capitalistico-mediatici, si sarà in grado di ricomporre la dispersione delle genti e la confusione delle lingue, salvaguardando le diversità culturali e spirituali dei popoli? Agli… artisti l’ardua sentenza. The Unbearable Lightness of Paradise Domenico Lucchini T “ A waiting paradise, to kill time, man invented art, the noblest of human pleasures” Osvaldo Licini “the sudden agile leap of the poet-philosopher who raises himself above the weight of the world, demonstrating that gravity contains the secret of lightness” Italo Calvino he term “vision” covers a field of meanings involving both the subject and the object of the act of seeing, as well as the functioning of the perceptive faculties of the human eye, and the forms in which the world presents itself to our gaze (and the gaze formulates the image of the world). The ambiguity and versatility of the term are simply the result of the ambiguous status of vision in western culture. Vision, in the sense of the act of seeing, involves the faculties of observation, verification, certification. But at the same time it involves the unknown quantities of illusion and deception, charm and wonder. This is precisely what Visions of Paradise attempts to develop, along a path that characterizes the contemporary visual arts. Vision as an act of perception and representation, a system of knowledge of an everyday dimension with which Swiss and Italian artists come to terms using the tools of painting, sculpture, photography, video and installation. The artists were asked to approach the theme of paradise, a leitmotiv of a research that in the time and space of the exhibition takes on different physiognomies and configurations. The selected theme is universal in character, open to a wide range of interpretations, with the great advantage of having a positive connotation. Though there were also negative visions, the theme has functioned well as a reference point, a parameter. Paradise, a term of Persian origin, from “pairidaeza”, compound of “pairi-” “around” and “diz” “to make, form (a wall)”, originally indicating a garden or enclosure, in common Christian usage has come to mean the place of perfect happiness where the just go after death as a reward for upright behavior. In parallel to the evolution of the concept of heavenly Paradise, its representation has developed, structured in different typologies that symbolically aimed at depicting both the place and the state of bliss. The oldest images of heavenly paradise are closely linked to the idea of earthly paradise. Some of these portrayals – Eden, the symbolism of Adam and Eve, the apple, the serpent – have resurfaced in updated, recontextualized form in the exhibition. The artist invited to create a “paradisiac” experience were asked to reflect on the widest range of aspects, while focusing on the starting point supplied by the title: a particular condition of vision, capable of observing the horizon (the paradise) in external reality and through the inner gaze, in all its marvelous restlessness. Not an aesthetic or ecstatic gaze, but a continuing research, both tenacious and effective. Some of the 38 artists invited to participate supplied a work, often a recent one, which in their personal paths represents a reflection or a fragment of sensations on paradise. Others created new works specifically for the available spaces. The idea of paradise of which art, perhaps, with its prophesies that take on concrete form in the everyday world, is the projection in reality, has particular significance. In times of uncertainty about the future visual art has a stronger sense of the importance of rethinking the big issues of life, of reflecting on ethics, on emotions induced by behavior. Every artist, through an environment and a way of addressing a theme, asks us (and himself) questions, often without offering answers. Paradisiac sentiments, but also “infernal” states of mind, are often depicted with sarcasm and irony, almost like a playful revenge for the loss of the golden age. With this exhibition the Swiss Institute, which aims to become more and more open to society, has confronted a vast theme, recognizing art’s claim to a specific language, but also the possibility, even the necessity, of breaking the rules, of using media to talk about complexity and, in particular, about that whole that concerns us most closely. The curatorial direction, mine and that of Karin Frei, is present but not invasive, leaving both artists and viewers with ample room for maneuver. Furthermore, the exhibition presents a selection of artists that is not based on market trends and has nothing dogmatic about it. This reflects the flexibility of the institution: emerging young artists and the more highly renowned, Swiss and Italian, promising talents 9 “Cadute dal cielo”, 2006 bocce di vetro argentate / silver-plated glass spheres ! cm 10,5 10 Visioni del Paradiso and international figures are mixed, without hierarchies. The various exhibition sites, the historic villa, the park and the new structure, establish a dialogue with one another. So the experience lends itself to many levels of interpretation, many itineraries, from a focus on individual works to an overall view of the place. A voyage/vision, from mythology to current events, entrusted to works and to this catalogue that accompanies and interprets the show. Precisely: interpretation. Contemporary art is so rich, ample, varied that instead of talking about the death of art, as even important art historians have been known to do, it might be more interesting to interpret art from a position more in tune with its complexity. A different kind of criticism, then, not one of contemplation but one of interpretation. Art is seen as a mirror of society. But for some time now the most astute historians (and the artists themselves, obviously) have demonstrated that art is not a mirror, but an interpretation of society. In general terms, adherence to a thing – to reality, in our case – means erasing the distance that separates us from it; in other words, it means losing the detachment that allows us to evaluate its appearance, to appreciate it, to gauge its size. Precisely with an eye on re-evaluating and overturning these implications, Italo Calvino wrote the first of his “Six Memos for the Next Millennium”: “In the moments when it seems the kingdom of man is doomed to heaviness, I think I should fly, like Perseus, in another space. I am not talking about an escape into dreams or the irrational. I mean that I must change my approach, I have to look at the world with another perspective, another logic, other methods of knowledge and verification. The images of lightness I seek should not let themselves be dissolved, like a dream, by the reality of the present and the future…”. In this world that oppresses us with its heaviness and drama, for which no-one seems to be able to propose credible alternatives, it seems logical to welcome with open arms the glimpses of light, though they may border on the absurd, produced by contemporary artists with their works that are often the result of lengthy, though apparently utopian, reflection. To find the question mark of art today (poetic, polemical, political, ironic) we need to look elsewhere. Toward paradise, for example. We can reject the idea of heaven but respect what it represents. And we can enjoy its visions, passed down to us by art and literature and reinterpreted by us today. The Way to Paradise is the title of the recent novel by Mario Vargas Llosa, the Peruvian author who in this work masterfully narrates the tale of the painter Paul Gauguin, a free being, passionate and profoundly human, obsessed by a pursuit of the absolute that gives him a tragic dimension. A pursuit and a dimension that also involve another great contemporary artist we would have like to include in this show, Michelangelo Pistoletto, who in his recent project “The Third Paradise” attempts to combine a first paradise, the one before the bite of the apple, in which everything is regulated with natural intelligence, with a second, manmade paradise, in which every form of artifice prevails and everything deteriorates, creating the danger of a collision. “The global project I call the Third Paradise […] can only be realized through the search for harmony between artifice and nature. This requires an evolutionary step whereby human intelligence finds ways to coexist with the intelligence of nature. The biblical reference has no religious purpose but has been adopted as a message to give sense and strength to the concept of responsible social transformation, and to motivate a great ideal that brings together art, science, economics, spirituality and politics in a single commitment.” The hope and the very need for a “new heaven and new earth” constitute not only legitimate expectations that should be pursued, but also a perspective for their realization in an authentically “apocalyptic” dimension. Even prior to art, the foreboding of the Apocalypse can be seen on TV, in newspapers, in the web, in the false news that prevents the formulation of an objective opinion about the world, in the footage of war casualties, the battle for energy reserves, the overlapping of advertising imagery, the diatribes on scientific research. Manifesting the foreboding of the Apocalypse, art reflects a tension that is already present in the society. So the problem lies only in the mode of its realization. We should not forget that in Catholic doctrine it is written that Celestial Jerusalem, the main symbol of the transfigured world, far from being the result of more or less planned human foundation, is instead “descendentem de coelo a Deo” and therefore, from this point of view, an adaptation of man to reality, not vice versa. So are all human attempts to alter this prospect destined to turn out, in the final analysis, like the unfortunate ascending edification of the Tower of Babel, a veritable reverse image of the descent of the Celestial City? Or in this parody of the global village, pervaded by “fundamentalist” religious manifestations and the concentration of capitalistmedia power, will it be possible to remedy the scattering of the peoples, the confusion of tongues, while safeguarding cultural and spiritual diversity? Perhaps the artists can respond. trampin’... Karin Frei “ I’m trampin’, trampin’ Try’n-a make heaven my home (…) I’ve never been to heaven But I’ve been told Try’n-a make heaven my home That the streets up there Are paved with gold Try’n-a make heaven my home I’m trampin’, trampin’ Try’n-a make heaven my home” A Negro Spiritual Arranged by Edward Boatner Performed by Patti Smith “Sto vagando Cercando il mio posto in paradiso (...) In paradiso non sono mai stata Ma ho sentito dire (Cercando il mio posto in paradiso) Che lassù le strade Son lastricate d’oro (Cercando il mio posto in paradiso) Sto vagando Cercando il mio posto in paradiso” All’inizio fu il Paradiso … e poi venne la cacciata. Da allora tutti vogliamo “ritornare”. Back to the roots. Back to the womb. “Tornare” sul luogo del delitto. Ognuno a modo suo, con le sue priorità e le sue idee. Come un tramper, sempre irrequieto, sempre alla ricerca della perfezione, di ciò che rende felici. Di utopie e fantasie del paradiso se ne descrivono e visualizzano da 2000 anni. Non sempre sono state “soltanto” un mondo parallelo. Dal Seicento, quando, in un dipinto, il Guercino pose sotto un teschio la scritta “et in Arcadia ego” e la Vanitas fece quindi il suo ingresso anche in Arcadia, le fantasie del paradiso si sono inserite in un rapporto di interdipendenza con la nostra realtà. “Visioni del Paradiso” è un tentativo di mostrare una gamma di idee del paradiso di artisti del nostro tempo. Il risultato è molto vario e si legge come specchio azzeccato del nostro presente. A differenza dell’Ottocento, quando il bene e il male dividevano il mondo dicotomicamente, oggi noi abbiamo a che fare con una grande ricchezza di progetti di vita possibili o fittizi. Azzardiamo un breve excursus nel tempo del mondo diviso in due: da un lato, a grandi linee, c’erano i rivoluzionari con le loro utopie socialiste, i sostenitori di un’appropriazione attiva del mondo, dall’altro i conservatori, che si immaginavano il paradiso come un luogo della memoria di precedenti condizioni dell’umanità ed ambivano al “dolce far niente” come esclusività aristocratica. Nonostante tutte le posizioni contrastanti, utopisti e conservatori erano molto simili fra loro: nelle loro idee di un paradiso terrestre tutti gli uomini erano fratelli e sorelle, avevano in abbondanza da mangiare, erano nudi e liberi. L’uomo del diciannovesimo secolo aveva bisogno della “fata morgana del paradiso terrestre”1 per potere resistere alle brutture del mondo. Se fino allora gli uomini avevano esaltato dei ed eroi come portatori della speranza di una “vita migliore”, 1 W. Hofmann: “Das Irdische Paradies”, München, 1991, p. 234. nell’Ottocento passa in primo piano l’apoteosi dell’uomo. Le esposizioni mondiali e le città giardino sono esempi di come allora gli uomini avevano dato forma, nella materia e nella realtà, alle loro idee del paradiso. Nell’Ottocento il paradiso (come peraltro l’inferno) non era più un’idea assoluta di aldilà. La speranza in un paradiso terrestre – qui ed ora – aiutava a vincere la paura della mancanza di senso dell’esistenza e l’horror vacui. Dalle colonie si portavano testimonianze esotiche per i giardini di casa propria, per godersi un pezzetto di giardino dell’Eden, per concedersi la meraviglia e il divertimento, ma anche e soprattutto per accertarsi che il proprio stadio evolutivo fosse più elevato, più nobile e certamente più vicino al paradiso. … e continuiamo a cercarlo Molti artisti alla fine dell’Ottocento si sono spinti per il mondo per trovare il loro paradiso e la salvezza della loro anima. Paul Gauguin è riuscito a dare voce al quesito centrale del diciannovesimo secolo europeo: “Da dove veniamo, cosa siamo, dove andiamo?”. Questi interrogativi da allora non sono mutati in modo sostanziale. Siamo sempre alla ricerca delle nostre radici e di nuove definizioni di noi stessi. E ancora oggi continuiamo a interrogarci sulla nostra meta. Anche nel ventesimo secolo la vita è stata fortemente improntata alla ricerca di una vita migliore – come lo è anche oggi. Lo testimoniano i “ruggenti anni venti”, ma anche gli anni trenta, in cui la critica di Musil nei confronti della realtà si è evoluta nel tentativo di immaginare una vita migliore possibile. Anche se nel 1943 Sartre aveva sostenuto acutamente “l’enfer c’est les autres”, il desiderio del paradiso ha continuato ad essere vivo in tutte le epoche, nei dorati anni cinquanta, al tempo degli hippy, e fino all’ultimo “fin de siècle” avulso dal corpo e digitalizzato. Oggi si potrebbe dire: “le paradis c’est les autres”, nel senso che senza gli altri nessuno sarebbe in grado di muoversi in direzione del paradiso. Ma noi, persone acculturate, cosa intendiamo oggi per paradiso? 11 Sentendo questa parola, di solito non ci appaiono davanti agli occhi immagini concrete. Ci coglie piuttosto un’intuizione indistinta di ciò che provoca sentimenti di felicità, a volte anche un’immaginazione precisa di ciò che potrebbe migliorare il mondo – nel piccolo, come nel grande. Il “paradiso” è lo schermo su cui proiettare desideri e aneliti non realizzati, la categoria che riunisce molte idee di miglioramento del mondo e della vita. C’è chi per “paradiso” intende l’essere uno con l’universo, chi lo incontra in terra. Altri rientrano in se stessi per trovare la pace dell’anima. Non ultimo, continuamente incontriamo questa parola nella pubblicità, dove serve per aumentare il fatturato. Ma, qualunque sia l’uso di questa parola, vi è sempre una caratteristica comune: è una parola, con fortissime connotazioni individuali e culturali, e sta per una gamma infinita di desideri di un mondo migliore. Di qualsiasi genere. La grande nostalgia Nell’arte del ventesimo secolo la rappresentazione del paradiso desiderato ha lasciato il posto alla decostruzione dello stesso, implicando spesso un approccio ironico, critico al tema. Si sono sviluppate nuove strategie artistiche che hanno posto al centro la quotidianità, sogni, ossessioni, desideri di migliorare il mondo: strategie che prima del novecento sarebbero state impensabili. Nonostante tutte queste possibilità di immaginare in termini artistici una vita migliore, complessivamente per l’arte il motore è rimasto quello di tutte le epoche precedenti: l’uomo è spinto da una grande nostalgia, nostalgia di essere una cosa unica con il cosmo, nostalgia di sentirsi immerso e protetto in un tutto più grande. Proprio questo desiderio sembra essere da generazioni uno dei motori della creazione artistica, per quanto l’arte possa manifestarsi poi con modalità differenti. Più si espande la gamma delle possibilità di comunicare nel nostro mondo globalizzato, più si intensificano gli sforzi di aumentarne l’efficienza, di controllarlo. In questa spirale di sviluppo l’uomo, la sua morale e la sua etica, faticano a tenere il passo. All’individuo la società individua“Cadute dal cielo”, 2006 lista chiede tutto: energia, dispobocce di vetro argentate / silver-plated glass spheres nibilità, impegno, esperienza… ! cm 10,5 12 Visioni del Paradiso non gli sono più concesse pause di riposo. Non sorprende quindi che possa crescere il desiderio di un mondo in cui il singolo si senta sicuro e protetto. … di un altro mondo Gli artisti invitati a partecipare a “Visioni del Paradiso” lavorano con strategie differenti. Alcuni presentano la loro immaginazione di un altro “mondo” nel senso di un mondo parallelo, che ha le sue radici nella finzione, nella memoria o nella fiaba. È la capacità di fluttuare fra immaginazione e realtà, senza porre l’una a un livello superiore all’altra, come in Cascio e Cuglia, Fruttiger, Galvani, Losvizzero, Rossi e Steiner & Lenzlinger. Un rapporto con un altro mondo, nel senso di una visione del futuro, come quella che Le Corbusier aveva già descritto nel 1922 nel suo “Piano di una città per 2 milioni di abitanti” e che aveva iniziato a realizzare con le sue “Unités d’habitation“, lo instaura Sonja Feldmeier con la sua installazione “Neverending”. Nel loop senza fine del video si trasmette la situazione virtuale di una città verticale, in cui all’osservatore si schiudono molteplici possibilità virtuali di fare un’esperienza e in cui un abitante fittizio potrebbe vivere dalla nascita alla morte senza mai doverne uscire. Il desiderio di immergersi in un “altro mondo”, in un’atmosfera, un qualcosa di non esattamente definibile, porta all’idea di impregnare contemporaneamente il mondo che ci circonda. “Paradise now!” è un progetto spaziale di Philippe Rahm, che sfida l’olfatto ed indica proprio questo qualcosa, che è inesprimibile. Un profumo, null’altro che il profumo riempie questo spazio. Che in certe circostanze questo immergersi non sia così facile è l’idea di base dei “Monologue Patterns” di Loris Cecchini. La seduzione come gioco con i limiti della nostra realtà rispetto ad altri “mondi” è un tema che, implicito o esplicito, ricorre in molti lavori. Infatti il serpente e la mela, che hanno vanificato la nostra esistenza paradisiaca, compaiono come simboli in molti lavori e svelano la seducibilità dell’uomo edonista e la sua corrompibilità (Victorine Müller, Muriel Olesen, Flor Garduño). La seduzione, intesa come gioco, con tutte le sue implicazioni, è un motivo centrale anche nei lavori del Designer Kollektiv Atelier Oï. Paradiso in vista L’arte è uno strumento accurato per canalizzare la percezione. Funziona per mondi paralleli fittizi e virtuali come quelli descritti precedentemente, ma anche per i lavori che operano con il qui ed ora nel qui ed ora. Se gli abitanti dell’Istituto Svizzero di Roma (ISR) si siedono sopra la tribuna “Mindspace 3” di Kerim Seiler, che l’artista ha installato sulla terrazza del nuovo edificio, dimostrano quanto l’arte entri nella vita quotidiana in modo suggestivo e nel contempo dominante e quanto facilmente possa spostare i parametri. La tribuna non serve al suo scopo genuino per gli spettatori di uno spettacolo teatrale, un film o un concerto, ma è oggetto in esposizione e zona di riposo e, nel contesto del titolo della mostra “Visioni del Paradiso”, diventa una piattaforma per la creazione intellettuale di “visioni” individuali sul paradiso. Significativamente nel prolungamento delle linee della tribuna si trova la chiesa di Sant’Isidoro. Alcuni artisti hanno preso in considerazione il cielo come sinonimo del paradisiaco, forse anche come surrogato dell’eterno ed ineffabile. Chris Murner, con “Eco’ Transats” mette a disposizione lo strumento con cui vedere in modo nuovo, sotto l’aspetto della tutela ambientale, ciò che sempre consiste: l’universo. Ma anche per indulgere nel “dolce far niente” come condizione paradisiaca. Il paradiso tuttavia non può mai essere condizione stabile. Ciò che si brama, si trova sempre dove noi non siamo. Non arriviamo mai, cerchiamo e cerchiamo in permanenza. Fino alla fine dei nostri giorni. E forse anche oltre… Il cielo assume un ruolo un po’ differente nel lavoro di Norma Jeane. Con il titolo “Heaven Can Wait” l’artista suggerisce implicitamente l’inserimento dell’uomo nell’ambito terreno, nella città di Roma e nella sua storia, nel cosmo, ma anche in una vita di piaceri e si ricollega quindi a una definizione dello scopo della vita, come quella descritta da Théophile Gauthier alla metà dell’Ottocento: “… perché il piacere mi sembra lo scopo della vita e l’unica cosa utile dell’essere su questa terra”2. Devozione L’essere uno con il mondo e con l’universo si percepisce come nostalgia in quasi tutti i lavori di “Visioni del Paradiso”. Alcuni si confrontano, per lo più implicitamente, con l’abbandono, che è alla base di questo essere uno. Trance ed estasi sono prevalentemente estremizzazioni religiose dell’abbandonarsi, dell’unità con il cosmo o con la divinità che promette la felicità. In molte religioni trance ed estasi sono considerati strumenti con cui entrare in contatto con il mondo dello spirito, spesso con la perdita temporanea del controllo sull’io. Con “Heroine of the People” Mai-Thu Perret si rifà a questo tema dell’abbandono, con la differenza che non è l’ego a dissolversi, bensì In questa introduzione non si presentano tutti i lavori in esposizione. Maggiori informazioni sono disponibili nei capitoli dedicati ai singoli artisti, presentati in ordine alfabetico. 2 un buddha, che con i ripetuti gesti della devozione si erode fino ad assumere una forma indefinibile. La perdita dell’io nell’ebbrezza consumista, come ulteriore forma contemporanea del lasciarsi andare, si ritrova nell’ambiguo “Yes to All” di Sylvie Fleury – invito ad abbandonarsi completamente ai consumi, in cui tuttavia risuonano anche note intermedie, che criticano proprio questo atteggiamento di evasione. “Yes to All” è un comando del computer, con cui copiare o cancellare file in modo irrevocabile. La vita non offre questa possibilità. Nella vita si tratta di abbandonarsi, di accettare e di assumersi la responsabilità. Nel nostro ambiente culturale il desiderio di sottrarsi a determinati aspetti della vita è molto diffuso. La malattia, la morte, ma anche la depressione e l’alienazione sono aspetti della vita che preferiamo non guardare in faccia. L’anonimità nelle grandi città, per esempio, esercita un fascino, ma può anche generare angoscia. Evadere nel sonno può essere un modo di reagire, come testimoniano i lavori “Level 49/2” e “Die Schlafende” di Zilla Leutenegger. I due lavori ruotano intorno alla disparità del rapporto di forza fra organismo urbano e organismo umano, mediano tuttavia anche l’esperienza dell’essere gettati nel mondo, e quello di essere avvolti da un cosmo affascinante per la sua estraneità. L’abbandonarsi, come perdita temporanea dell’io nella massa, oppure come identificazione con una star, lo troviamo nel calcio, lo sport che maggiormente è in grado di livellare gli strati sociali e di unire culture diverse. Ciò che per il calcio è il dissolversi dell’ego nella massa, è per l’amante la fusione con la sua amata. Daniele Buetti con “Be my perfect guide” ha espresso entrambi i modi dell’abbandono: in senso ludico e nella sua variazione sofferta. Abbandono significa anche che il nostro essere gettati nel mondo richiede una condivisione di responsabilità per questo pianeta. Per questo non sorprende che l’arte possa diventare un metro di misura dell’equilibrio fra umanità e ambiente. L’artista italiana Paola Di Bello cerca quindi nella natura la rivelazione della creazione e della distruzione, senza collocarle gerarchicamente. Not Vital, a sua volta, supera l’impotenza rispetto alle ingiustizie del mondo investendo il ricavato della vendita delle sue “cacche di mucca” – fusioni in bronzo ed escrementali testimonianze di un’arcadia passata – nella costruzione di un ospedale per le vittime delle ustioni in Nepal. “One big world” Il “Grosse Ganze” – il grande tutto – si riferisce chiaramente all’accezione di un mondo in cui tutti vivono in 13 armonia e in pace, in cui non regnano soltanto il bianco e il nero, ma hanno voce in capitolo anche le tante sfumature. Il “Grosse Ganze”, inteso come un mondo in cui le contraddizioni non sono escluse, ma vengono utilizzate anche in modo creativo. Questo “Grosse Ganze” addita soprattutto il mondo come parte del cosmo, che cambia continuamente ed è la superficie su cui proiettare i nostri desideri. Il video di Bianco-Valente suggerisce un cielo stellato, in cui i singoli punti sempre in movimento, non identificabili, diventano una sorta di simbolo: ciò che non riesce al corpo, con il suo vincolo terreno, è facile per lo spirito. Che supera ogni ostacolo ed è fonte di utopie. Questa nostalgia è particolarmente intensa nel “Paradiso pegado” di Nic Hess. Gli sticker ripresi dall’estetica formale dei bambini, sono per Hess il mezzo con cui avvicinarsi, di adesivo in adesivo, ad un paradiso che egli immagina nell’infanzia. La mappa del mondo, come supporto della sua idea di paradiso, esprime la nostalgia di “one big world”, che scaturisce dall’esigenza di essere parte di questo cosmo. Peace and happiness? Che il desiderio di una vita migliore, di uno stato perfetto, non debba nascondere un atteggiamento critico, è ovvio. Un atteggiamento critico nei confronti delle strategie trasfiguranti della nostalgia, rispetto alle immagini di un mondo migliore eccessivamente riferite all’aldilà, è insito nella maggior parte dei lavori. Il lavoro di Emmanuelle Antille mostra nel modo più suggestivo che non può esservi un paradiso senza che vi sia un polo opposto, senza contrasto e soprattutto in modo isolato: il binomio concettuale di “Dear friend, dear enemy” diventa il gemello di “le paradis, l’enfer”. La battaglia di Don Chisciotte per un regno dell’immaginazione sembra corrispondere, per Mimmo Paladino, a una ricerca del paradiso. L’insegna come allegoria di “miracoli immaginari” non è soltanto protezione dal mondo ma anche e soprattutto simbolo del fatto che senza attrito quei “miracoli” non esistono. L’omino nel “Picasso gelato” di Enzo Cucchi ha già alle spalle “Cadute dal cielo”, 2006 un lungo percorso di confronto con bocce di vetro argentate / silver-plated glass spheres il suo padre ideale, come ci rivela la ! cm 10,5, particolare / detail 14 Visioni del Paradiso striscia bianca nel quadro. Eppure l’immagine di Picasso è sempre dirompentemente grande. Gérald Minkoff lavora partendo dalla coscienza dei contrasti e delle contraddizioni. I suoi lavori sono importazioni mirate, di provenienza critica, nel mondo intatto della borghesia – così la scritta “Ne désir, ris Eden!” è stampata nei colori dell’anarchia e il “Paradiso offshore” allude inequivocabilmente alla piazza finanziaria svizzera. Logicamente nella fase preparatoria di “Visioni del Paradiso” non sono mancati gli attriti. La bandiera di Costa Vece “Made in Anarchy” non si è potuta collocare sulla torre, come previsto dall’artista, perché la direzione dell’ISR percepiva la A degli anarchici come un simbolo che provoca caos e violenza. Il lavoro, esposto come se emergesse, crescendo, dal cartone per il trasporto e corredato di una documentazione sulla storia della mostra3, ora ha un titolo diverso: “Trouble in Paradise” e non riflette più “soltanto” anarchia, come un’utopia originariamente sociale, ma ora – sottile ironia della storia – è anche piattaforma per riflessioni su “libertà artistica e paradiso”. Con la documentazione e le citazioni4 in questo catalogo, l’artista si dichiara esplicitamente contro una falsa armonia e a favore di confrontazione politica e sociale, contro le situazioni sclerotizzate e per la libertà. I desideri sono molteplici. I supporti del desiderio multiformi. L’anelito archetipico di libertà trova un equivalente visivo nel volo, come accennano gli uccelli di Lutz & Guggisberg, che però sono bruciati e non possono più librarsi nei cieli. Contemporaneamente gli oggetti esposti sono semplicemente legno, formato per avere un contenuto, legno che diventa fonte di possibilità. Una di queste possibilità sono gli uccelli: sanno aspettare, sfidano il clima e sono il segno dei nostri desideri, spesso non riscattati, e che nel contempo si sgretolano o bruciano lentamente. Anche se siamo dominati dai nostri desideri – e il mondo fiorente della pubblicità lo dimostra ampiamente – l’arte indica che esiste una tendenza ad appropriarsi attivamente del mondo. Gli artisti non si abbandonano semplicemente ai loro desideri, ma prendono in mano le loro visioni, le formano nella materia o lasciano che la materia diventi visione. Per noi “Visioni del Paradiso” è segno del non lasciare erodere i nostri desideri, del considerare l’indicibile, di coltivarlo e del non perdere la tenacia, anche se la ricerca di ciò che rende felici induce a pensare a Sisifo. Trampin’… 3 La documentazione comprende due simulazioni in photoshop della collocazione della mostra progettata originariamente, nonché una lettera inviata da ISR a Costa Vece, con la motivazione della decisione di non appendere la bandiera. 4 Cfr. p. 136. trampin’... Karin Frei “ I’m trampin’, trampin’ Try’n-a make heaven my home (…) I’ve never been to heaven But I’ve been told Try’n-a make heaven my home That the streets up there Are paved with gold Try’n-a make heaven my home I’m trampin’, trampin’ Try’n-a make heaven my home” A Negro Spiritual Arranged by Edward Boatner Performed by Patti Smith In the Beginning was Paradise … and then the banishment. Ever since, we all want to “return”. Back to the roots. Back to the womb. To “return” to the scene of the crime. Each with his own way, priorities, ideas. Like a tramper, restless, always seeking perfection, the stuff of happiness. For 2000 years people have described and visualized utopias and fantasies of paradise. They are not always “just” parallel worlds. Since the 1600s, when in a painting Guercino put the message et in Arcadia ego under a skull, and Vanitas thus made its entry in Arcadia, fantasies of paradise have been inserted in a relationship of interdependency with our reality. Visions of Paradise is an attempt to show a range of ideas about heaven by artists of our time. The widely varied result can be seen as a pertinent reflection of our present. Unlike the 1800s, when good and evil split the world into two clear parts, today we are faced with a great wealth of possible – or illusory – life projects. Let’s attempt a short digression in the time of the world divided in two: there were the revolutionaries with their socialist utopias, champions of an active appropriation of the world; and there were the conservatives, who imagined paradise as a place of memory of earlier conditions of humanity, with the goal of “sweet idleness” as an exclusive aristocratic privilege. In spite of their many contrasts, utopians and conservatives had many similarities: in their ideas of an earthly paradise all men were brothers and sisters, they had plenty to eat, could do without clothing and were free. 19th-century man needed the “mirage of earthly paradise”2 to put up with the repulsive aspects of the world. Until then men had looked to gods and heroes to offer hope of a “better life”, but in the 1800s the apotheosis of man came to the fore. The universal expositions and garden cities are examples of attempts to give concrete form to ideas of paradise. In the 1800s paradise (like hell) was 1 W. Hofmann: “Das Irdische Paradies”, München, 1991, p. 234. no longer an absolute notion of the beyond. The hope of an earthly paradise – here and now – helped to overcome the fear of the lack of meaning of life, the horror vacui. From the colonies exotic specimens arrived to adorn gardens at home, to enjoy a little piece of Eden, a diverting marvel, but above all to emphasize a higher, more noble stage of evolution, undoubtedly closer to heaven. … and we continue to seek it Many artists, toward the end of the 1800s, traveled to find paradise and salvation. Paul Gauguin expressed this central query of the European 19th century: “where do we come from, what are we, where are we going?”. These questions haven’t changed, substantially, since then. We are still looking for our roots and for new definitions of ourselves. We still wonder about our destination. Even today. The 20th century was also a moment of strenuous pursuit of a better life – as is the present. This can be seen in the “roaring Twenties”, but also the Thirties, in which Musil’s critique of reality evolved into an attempt to imagine possible improvement. Though in 1943 Sartre acutely stated that “l’enfer c’est les autres”, the desire for paradise has continued to thrive in all periods, from the golden Fifties to the flower children, to the latest “fin de siècle” with its drive for digital freedom from bodily limits. Today we might say: “le paradis c’est les autres”, in the sense that without others no-one would be able to move in the direction of heaven. But just what do we mean by heaven today? When we hear the word paradise, concrete images usually do not appear before our eyes. Instead, we have an indistinct intuition of something that provokes feelings of happiness, or at times a precise vision of what might improve the world – on a small or large scale. “Paradise” is the screen on which to project unfulfilled desires and yearnings, the category that combines many ideas for improvement of the world and life. Some see it as being at one with the universe, others encounter it on earth. Others delve into themselves to find the peace of the soul. Last but 15 not least, we continuously find the word in advertising, where it functions to boost sales. But however it is used, there is always a shared characteristic: it is a word with very strong individual and cultural connotations, standing for an infinite range of desires for a better world, of all kinds. The great nostalgia In the art of the 20th century the representation of desired paradise has been replaced by its deconstruction, often implying an ironic, critical approach to the theme. New artistic strategies have been developed that focus on everyday life, dreams, obsessions, desires to improve the world: strategies that would have been unthinkable before the 20th century. In spite of all these possibilities of imagining a better life in artistic terms, on the whole the driving force for art has remained the same as in all previous eras: man is driven by a great nostalgia, the desire to be as one with the cosmos, to feel immersed and protected in a larger whole. Precisely this desire seems, for generations, to have been one of the motors of artistic creation, though art can manifest itself in different ways. The more the range of communication expands in our globalized world, the more the efforts intensify to increase the world’s efficiency, to control it. In this spiral of development man, his morals and ethics, are struggling to keep pace. The individualistic society demands everything of the individual: energy, availability, commitment, experience… no moments of rest are permitted. So it is not surprising that there is a growing desire for a world in which the individual feels safe and protected. … of another world The artists invited to participate in Visions of Paradise work with different strategies. Some present their imaginings of “another world” in the sense of a parallel world, which has roots in fiction, memory and fable. The capacity to float between imagination and reality, without placing one above the other, as in the cases of Cascio and Cuglia, Fruttiger, Galvani, Losvizzero, Rossi e Steiner & Lenzlinger. A relationship with another world, in the sense of a vision of the future, like the one described by Le Corbusier in 1922 in his “Plan for 16 Visioni del Paradiso a city of 2 million inhabitants”, which he had begun to put into practice with his “Unités d’habitation”, is established by Sonja Feldmeier in her Neverending installation. In the video loop we see the virtual situation of a vertical city, offering glimpses of multiple possibilities of experience. A place where a fictional inhabitant could live, from birth to death, without ever having to emerge from the place. The desire for immersion in “another world”, an atmosphere, something not exactly definable, leads to the idea of simultaneously impregnating the world around us. Paradise now! is a spatial project by Philippe Rahm that challenges the sense of smell and indicates this inexpressible something. Nothing more than a fragrance that fills space. The fact that in certain circumstances this immersion is not so easy is the basic idea behind the Monologue Patterns of Loris Cecchini. Seduction as playing with the limits of our reality with respect to other “worlds” is a theme that recurs, implicit or explicit, in many works. The serpent and the apple that ruined our earthly paradise appear as symbols in many pieces, pointing out how easy it is to seduce and corrupt man the hedonist (Victorine Müller, Muriel Olesen, Flor Garduño). Seduction, seen as a game, with all its implications, is also a central motif in the works of Designer Kollektiv Atelier Oï. Paradise sighted Art is an accurate tool for channeling perception. It functions with parallel, staged worlds like those described above, but also in works that operate with and in the here and now. If the inhabitants of the Swiss Institute in Rome (ISR) relax on Mindspace 3 by Kerim Seiler, which the artist has installed on the terrace, they prove that art can enter everyday life in an intriguing, dominant way, easily shifting parameters. The stands do not serve their normal purpose as seating for a spectacle; they are an object on display, a zone of rest, and in the context of an exhibition entitled Visions of Paradise they become a platform for the intellectual creation of individual “visions”. Significantly, if we extend the lines of the structure, we see the church of Sant’Isidoro. Some artists have thought about the sky as a synonym of heaven, or perhaps as a surrogate for the eternal and ineffable. Chris Murner, with Eco’ Transats, offers an instrument with which to see the universe in a new way, in terms of environmental protection. But also to indulge in “sweet idleness” as a heavenly condition. But paradise can never be a stable condition. What we yearn for is always found somewhere we’re not. We never reach it, but permanently search and search. Until the end of our days. And maybe beyond… The sky plays a rather different role in the work of Norma Jeane. With the title Heaven Can Wait the artist implicitly suggests the insertion of man in the earthly context, in the city of Rome and its history, in the cosmos, but also in a life of pleasures. Thus she reconnects to a definition of the purpose of life, such as that described by Théophile Gautier halfway through the 1800s: “… because pleasure seems to me to be the purpose of life and the only useful thing about being on this earth”2. Devotion Being as one with the world and universe is perceptible as a yearning in nearly all the works included in the show. Some explicitly deal with abandon, which forms the basis of this oneness. Trances and ecstasy are religious extremes of abandon, unity with the cosmos or the divinity, promising happiness. In many religions they are considered ways of coming into contact with the world of the spirit, often with a temporary loss of control of the self. With Heroine of the People Mai-Thu Perret addresses this theme, with the difference that what is dissolved is not the ego but a Buddha, which repeated gestures of devotion reduce to an unrecognizable form. The loss of self in the inebriation of consumption, as another contemporary form of abandon, is seen in the ambiguous Yes to All of Sylvie Fleury, an invitation to let ourselves be absorbed completely by consuming, but with intermediate notes of critique of this escapist In this introduction not all the works in the exhibition are discussed. More information is available in the chapters on the individual artists, presented in alphabetical order. 2 path. Yes to All is also a computer instruction with which to copy or permanently erase files. Life doesn’t offer such options. In life self-abandon can also have repercussions, meaning we have to accept and assume responsibility. In our cultural milieu the desire to avoid certain aspects of life is very widespread. Sickness, death, but also depression and alienation are aspects of life we prefer not to look at. The anonymity of the big city, for example, has its charm, but it can also generate anguish. Escape in slumber can be a way of reacting, as seen in the works Level 49/2 and Die Schlafende by Zilla Leutenegger. The two works move around the disparity of force between the urban and human organisms, but they also address the experience of being thrown into the world, of being enveloped by a cosmos of fascinating extraneousness. To let oneself go, as a temporary loss of the ego in the mass, or as identification with a star, is also found in soccer, the sport most capable of social leveling and uniting of different cultures. The dissolving of the ego in the crowd of soccer is like the lover’s fusion with the beloved. Daniele Buetti, with Be my perfect guide, expresses both modes of abandon: the playful sense and the arduous variation. Abandon also means that our being thrown into the world requires a sharing of responsibility for the planet. So it is not surprising that art can become a way of measuring the balance between humankind and the environment. The Italian artist Paola Di Bello seeks the revelation of creation and destruction in nature, without ranking the two. Not Vital, in turn, overcomes impotence with respect to the injustices of the world, investing the proceeds from the sale of its “cow pies” – bronze castings of excremental evidence of a bygone Arcadia – in the construction of a hospital for burn victims in Nepal. “One big world” The “Grosse Ganze” – the big whole – clearly refers to a world in which everyone lives in peace and harmony; not just black and white, but also all the shades in between. A world where contradictions are not excluded, but utilized in a creative way. The world is seen as part of the cosmos, continuously changing. It is the surface on which to project our desires. The video by BiancoValente suggests a starry sky in which the individual points, always in movement, impossible to identify, become a sort of symbol: what the body is prevented from doing, by its earthly constraints, is easy for the spirit, which overcomes any obstacle and is the source of utopia. This nostalgia is particularly intense in the Paradiso pegado of Nic Hess. Stickers, taken from the formal aesthetic of children, become a means of approaching, sticker by sticker, a paradise he imagines in childhood. The map of the world, as the support for his idea of paradise, expresses the desire for “one big world” based on the need to be part of this cosmos. Peace and happiness? Clearly the desire for a better life, a perfect state, should not conceal a critical stance, evident in most of the works, regarding the transfiguring strategies of nostalgia with respect to images of a better world excessively focused on some afterlife. The work of Emmanuelle Antille demonstrates, in the most evocative way, that there can be no paradise without its opposite, without contrast and, above all, in isolation: the conceptual pairing of dear friend, dear enemy becomes the twin of “le paradis”, “l’enfer”. The battle of Don Quixote for a kingdom of the imagination seems to correspond, for Mimmo Paladino, to a search for paradise. The insignia as allegory of “imaginary miracles” is not just protection from the world, but also and above all a symbol of the fact that without friction those “miracles” cannot exist. The little man in the Picasso gelato by Enzo Cucchi has a long path behind him already, of confrontation with his ideal father, as the white strip in the painting reveals. Yet the image of Picasso is always disruptively great. Gérald Minkoff works by starting with awareness of contrasts and contradictions. His works are strategic imports, of critical origin, in the intact world of the bourgeoisie. Thus the inscription Ne désir, ris Eden! is printed in the colors of anarchy, and the Paradiso Offshore makes clear reference to the world of Swiss finance. Logically enough, in the preparation phase of Visions of Paradise there were some conflicts. The flag of Costa Vece Made in Anarchy could not be placed on the tower, as the artist had planned, because the ISR saw the A of the anarchists as a symbol that provokes chaos and violence. The work, shown as if it were growing out of a packing crate and accompanied by documentation of the controversy3, now has a different title, Trouble in Paradise, and no longer “just” reflects anarchy, as an originally social utopia, but also – subtle irony of history – becomes a platform for reflection on “artistic freedom and paradise”. With the documentation and the quotations4 included in this catalogue, the artist explicitly opposes false harmony and supports political and social confrontation: against atrophy, pro liberty. The desires are multiple. Their supports have many forms. The archetypal yearning for freedom finds its visual equivalent in flight, as indicated by the birds of Lutz & Guggisberg. But the birds are burnt and can no longer soar through the sky. At the same time, the objects exhibited are simply wood, shaped to have a content, wood that becomes a source of possibilities. One of these possibilities is birds: they know how to wait, the defy the climate and are the sign of our desires, often unfulfilled, that at the same time slowly crumble and burn. Though we are driven by our desires – as the world of advertising so fully demonstrates – art proves that a trend exists toward active appropriation of the world. Artists do not simply abandon themselves to their desires, but take their visions in hand, shaping them in material or allowing the material to become vision. For us, Visions of Paradise is a sign of a way to elude letting our desires erode, a way of thinking about what cannot be said, of cultivating it and not losing our tenacity, although the pursuit of what brings happiness does bring Sisyphus to mind. Trampin’… 3 The documentation includes two computer simulations of the installation as originally planned, as well as a letter sent by the ISR to Costa Vece, explaining the decision not to display the flag. 4 Cfr. p. 136. 17 Un fanciullino nell’Eden Pietro Bellasi F “ Poiché il nostro proposito è descrivere in questo libro tutto il cerchio della terra, il suo aspetto fisico come le regioni abitate e, dato che il paradiso è un luogo ben determinato di questa stessa terra, non è senza ragione che all’inizio dell’opera se ne faccia menzione per chiederci dove mai si trovasse questo giardino delle delizie al tempo dei nostri primi genitori e se esso esista ancora nel mondo attuale.” Sebastian Münster, “Cosmografia universale”, 1559 18 Visioni del Paradiso orse nessun’altra visione, fantasia, nessun altro sogno come il Paradiso ha rapito e rapisce (ancora) l’immaginario in una selva di ambiguità, di contraddizioni, anzi di ossimori e di paradossi insolubili. Lo ghermisce e lo strappa al presente, seducendolo alla nostalgia contemporaneamente di un passato e di un futuro remoti. In effetti l’intero viaggio, tutta l’esplorazione umana dell’esistenza può essere sintetizzata nel faticoso e dolorosissimo ritorno alla Sacra Montagna delle origini, proiettata nell’avvenire della fine dei tempi. Ecco! Il Paradiso è anzitutto exitus/reditus: uscita, abbandono, cacciata / rientro, ritorno, accoglienza. Anche se, per antonomasia, il Paradiso è perduto e questa perdita è la sola certezza, simile a quella della morte, di fronte alla vita nell’eternità: “Si tratta dell’antichissimo sogno archetipo di una Età dell’Oro (o Paradiso), dove ci sarà abbondanza di tutto per tutti e grandi, giuste e sagge leggi a regolare una specie di giardino d’infanzia del genere umano. Questo potente archetipo […] non scomparirà mai dal mondo alla semplice vista della nostra superiore civiltà. […] Anche noi crediamo in una società del benessere, nella pace universale, nell’uguaglianza degli uomini, nei suoi eterni diritti umani, nella giustizia, nella verità e (ma non diciamolo troppo ad alta voce) nel regno di Dio sulla terra”. Così Carl G. Jung nel volume da lui curato, “L’uomo e i suoi simboli” (ed. it. Cortina, Milano, 1983). In due pagine di questo stesso libro alcune illustrazioni riproducono iconografie diverse, anzi del tutto eterogenee di Paradisi (perduti appunto o da venire) che evidenziano inequivocabilmente l’intrico di aporie evocate da questo grandioso e longevo sogno ad occhi aperti. Bufali, tigri e leoni (?), mucche, orsi, capre, lupi e pecore dormicchiano o giocherellano assembrandosi su un praticello ai limiti del bosco, fraternamente ammansiti e con l’aria un po’ sbalordita, mescolati ad alcuni paffuti e biondi bimbi bianchi, mentre sullo sfondo di un azzurro specchio d’acqua (tutto ricorda l’artefatta, sofi- sticata naturalità di un parco inglese) in una idilliaca e fantasiosa Pennsylvania il quacchero William Penn patteggia (nel 1682) un trattato di pace e di collaborazione con le tribù indiane. L’illustrazione riproduce un dipinto naïf dell’800 americano e si affianca nella pagina ad un’altra descrizione immaginaria del Paradiso delle nostre origini: un vero e proprio utero mistico quel recinto circolare pieno di verde e di frescura, dominato dal gotico estremo della fonte della vita e della porta della cacciata, così rappresentato nelle “Très Riches Heures du duc de Berry” (Museo Condé di Chantilly, XV secolo). Lo stile miniaturistico, con quella brillantezza di colori, conferisce alle scene di vita beata e poi di condanna e di abbandono un che di arcane voci lontane, il bisbiglio dell’irrimediabilmente perduto con quei suoi personaggi minuscoli, al limite del visibile: Adamo, Eva, Dio, l’Angelo e naturalmente il serpente (già, ma che ci faceva il Maligno, questo “clandestino”, in Paradiso?) Nella pagina illustrata del volume curato da Carl G. Jung irrompe adesso il kitsch dell’ideologia totalitaria con un colossale pannello dipinto, appeso in un parco della Mosca sovietica: un Lenin tutto bianco, a metà strada tra la foto e la scultura in marmo, cioè tra la vita e l’eternità; la “Pravda” arrotolata in una mano, indica col braccio destro teso la retta via per la costruzione e la conquista del Paradiso proletario: un esempio preclaro di quell’“arte segnaletica” in cui la perentorietà stentorea del messaggio esorcizzava ogni margine di interpretazione per realizzare l’illustrazione di pura propaganda. Ai suoi piedi, dipinti sul pannello, con lo sfondo fiammeggiante di bandiere rosse, i compagni mitizzati, bloccati dall’incantesimo dei futuribili in una giovinezza senza fine vestita di tute, di costumi etnici e di uniformi. Ai suoi piedi, nell’istantanea dal vero, i compagni “reali”: un gruppo di anziane con vecchi vestiti, la stanchezza di un operaio accasciato su una panchina sotto il suo berretto a visiera color grasso di macchine, una giovane mamma con il bimbo sulla carrozzella sgangherata, una bambina che posa divertita in primo piano di fronte all’obiettivo. Atteggiamenti e gesti immersi in una triviale, tenera, lenta, implacabile quotidianità di un presente che ristagna sulla propria inerzia e indifferenza a grandi nostalgie e utopie: paradiso, inferno o limbo? Dunque il tema del Paradiso era sicuramente quanto di più contraddittorio, ambivalente, enigmaticamente equivoco, remoto e arcano potesse essere proposto alla riflessione e al dialogo desiderato tra artisti italiani e svizzeri, già affermati o ad ogni modo di sicuro talento. Proprio perché le caratteristiche di questo argomento aprivano strade e sentieri di ricerca diversissimi, una illimitata libertà di interpretazione, evitando però dispersioni e incongruenze. E ciò dato che la metaforaParadiso, a ben vedere, indica all’immaginazione un doppio incrocio nevralgico, definito e drammatico, tra le coordinate temporali del passato (nostalgia), del futuro (nostalgia della nostalgia) e quelle della immanenza (Gerusalemme terrestre-utopia sociale) e della trascendenza (Gerusalemme celeste-escatologia ultraterrena) cosicché poteva realizzarsi quanto John Ruskin (“Pittori moderni”) pensava fosse la strada più fertile alla creatività artistica impegnata ad esplorare le ricchezze della memoria e della libera fantasia: “L’immaginazione riflette e spazia su tutto questo enorme tesoro, incommensurabile e non inventariato, guidata però dal sogno, e riesce a raccogliere in ogni momento i gruppi di idee che meglio si associano gli uni con gli altri.” D’altra parte le potenzialità interpretative incrementate dal mescolarsi e ibridarsi dei vari generi, pittura, scultura, installazioni, fotografia, video, potevano esplicarsi in una situazione ambientale, topografica che rappresentava, essa stessa, una metafora, anzi una sorta di sorprendente “plastico”, di icona tridimensionale del Paradiso: la Montagna e il Giardino insorgenti quasi misteriosamente in una delle zone più caotiche e rumorose della capitale, però anche una delle più cariche di leggende e di miti della contemporaneità a cominciare da Via Veneto e dalla Dolce vita. E poi, bisogna pure sottoli“Cadute dal cielo”, 2006 nearlo, la metropoli è Roma, che bocce di vetro argentate / silver-plated glass spheres nell’antica iconografia del Para! cm 10,5, particolare / detail diso poco a poco si affianca a Gerusalemme, completando così il cammino della salvezza. Essa è l’hic di questo iter di salvazione: il Paradiso terrestre, testimone della caduta di Adamo ed Eva, la Gerusalemme dell’Antico Testamento depositaria delle promesse e dell’alleanza, Roma, la città santa della chiesa di Cristo come centro dell’alleanza nuova e la Gerusalemme celeste come compimento della salvezza nella fine dei tempi. Vorrei aggiungere, concludendo, che gli ospitanti, cioè gli svizzeri, posseggono pure loro una notevole e singolare esperienza di Paradiso o, meglio, di Paradisi; questo, se vogliamo seguire la ricerca affascinante che il regista Daniel Schmid (con Peter Bener) illustrava qualche anno fa in un libro originale e molto curioso, concepito e montato proprio come un film. Il titolo è appunto “Die Erfindung vom Paradies” (“L’invenzione del Paradiso”, 1983): cioè l’invenzione di quella “Svizzera pittoresca” che richiamò nella sua riserva di natura incontaminata e di popolazioni genuine, rozze e ingenuamente felici, l’ultima aristocrazia e la grande borghesia europee prima delle immani catastrofi belliche, e li ospitò nei grandi alberghi, quelle cattedrali dell’art nouveau, quelle cittadelle di vita metropolitana che erano incistate nel bel mezzo del selvaggio meteorite alpino; e di cui un esemplare, posseduto e gestito dai genitori di Daniel Schmid, aveva costituito il suo favoloso, improbabile universo infantile. Certo! Non a caso, quando si parla del Paradiso e se ne evocano delle Visioni, emerge da qualche parte la memoria dell’infanzia, Paradiso perduto di tutti noi. E viene magari anche in mente la “Berliner Kindheit” di Walter Benjamin, la Berlino-Paradiso d’anteguerra: con lo schiocco dei suoi lampioni a gas, il cestino delle chiavi di casa, il magico Kaiserpanorama nel parco; un Eden sospeso sull’Inferno della propria catastrofe prossima ventura. L’infanzia, il “fanciullino” pascoliano rapito e incantato dalle scoperte quotidiane: sono convinto che il grande fascino di questa mostra dell’Istituto Svizzero di Roma consista pure nell’aver chiamato il pubblico a un viaggio avventuroso, ad una esplorazione anche interiore e a un seguito di sorprendenti scoperte in un clima di rinnovata e temporanea infanzia; cioè di un Paradiso che ognuno possiede ancora, più o meno segretamente, e che è in grado di riconquistare, direi soprattutto grazie all’arte; anche se per poco, nel più profondo della memoria della propria esistenza. 19 A little boy in Eden Pietro Bellasi P “ As our purpose in this book is to describe the entire circle of the earth, its physical appearance and inhabited regions, and given the fact that paradise is a clearly determined place of this very earth, it is not unreasonable that at the beginning of the work we should make mention of it, to ask ourselves where this garden of delights might have been located at the time of our first forebears, and if it yet exists in the present world.” Sebastian Münster, Cosmographia universalis, 1559 20 Visioni del Paradiso erhaps no other vision or fantasy, no other dream so much as Paradise has captured and (still) captures the imagination in a forest of ambiguity, contradictions, or even impossible paradoxes and oxymorons. It is seized and removed from the present, seduced by a simultaneous yearning for past and future, both distant. In effect the entire voyage, all human exploration of existence, can be summed up in the arduous, painful return to the Holy Mount of the origins, projected into the future, the end of time. Yes! Paradise is, first of all, exitus/reditus: exit, abandon, banishment / re-entry, return, welcome. Although by definition Paradise is lost and this loss is the only certainty, similar to that of death, in the face of life in eternity: “This is the very ancient archetypal dream of a Golden Age (or Paradise), where there shall be abundance of everything for everyone and great, just, wise laws regulate a sort of kindergarten of the human race. This powerful archetype […] will never vanish from the world simply because it has seen our superior civilization. […] We too believe in a society of wellbeing, in universal peace, the equality of men, eternal human rights, justice, truth and (but let’s not say it too loudly) in the kingdom of God on earth”. So wrote Carl G. Jung in the book he edited, Man and His Symbols (Eng. reprint edition Doubleday Books, New York, 1969). In two pages of the same book, illustrations show different, even completely heterogeneous iconographic interpretations of Paradises (lost or yet to come) that clearly bring out the in-trigue of aporias evoked by this grand, lasting daydream of man. Buffalo, tigers and lions (?), cows, bears, goats, wolves and sheep sleep or play, gathered in a field near a wood, fraternally placid, with a rather dazed look, mingling with a few chubby, blond white children, while against the backdrop of a blue lake (everything evokes the artificial, sophisticated natural image of an English park), in an idyllic and fantastic Pennsylvania, the Quaker William Penn negotiates (in 1682) a treaty of peace and cooperation with the Indian tribes. The illustration shows an American 19th-century naïf painting and is accompanied, on the same page, by another imaginary description of the Paradise of our origins: a veritable mystical uterus, a circular enclosure full of greenery and cool shade, dominated by the extreme gothic of the spring of life and the gate of banishment, as represented in Les Très Riches Heures du Duc de Berry (Musée Condé, Chantilly, 15th century). The style of the illuminated manuscript, with its bright colors, gives the scenes of blissful life followed by punishment and abandon the arcane tone of distant voices, the murmur of what has been forever lost with those tiny, almost invisible characters: Adam, Eve, God, the Angel and, of course, the serpent. (By the way, what was the Evil One, this “illegal alien”, doing in Paradise?) In the illustrated page of the volume edited by Carl G. Jung, at this point, the kitsch of totalitarian ideology bursts in, with a colossal painted panel hung in a park in Soviet Moscow: a completely white Lenin, halfway between a photograph and a marble sculpture, or between life and eternity, holds a rolled-up copy of Pravda in one hand. His right arm is extended to indicate the correct path for the construction and conquest of the proletarian Paradise: an illustrious example of that “signage art” in which the imperious vigor of the message erased any leeway of interpretation, generating pure propaganda. At his feet, painted on the panel, against a blazing backdrop of red flags, we see the legendary comrades, frozen in a state of endless youth by the spell of future memory, clad in overalls, ethnic costumes, uniforms. In the photograph, the “real” comrades are seen at his feet: a group of elderly women with old clothes, the fatigue of a worker slumped on a bench, his cap smeared with the grease from machinery, a young mother with child in a ramshackle baby-carriage, a little girl posing playfully for the camera. Attitudes and gestures immersed in a trivial, tender, slow, implacable everyday dimension, a present that languishes in its inertia and indifference to grand yearnings and utopias: heaven, hell or limbo? So Paradise was undoubtedly the most contradictory, ambivalent, enigmatically equivocal, remote and arcane theme possible to propose for reflection and dialogue among Italian and Swiss artists, both widely acclaimed and emerging talents. Precisely because the characteristics of this subject opened very different paths of research, unlimited freedom of interpretation, while avoiding an incongruent scattering of energies. This is due to the fact that the Paradise metaphor, upon close examination, indicates a dual neuralgic crossroads, definite and dramatic, to the imagination, between the temporal coordinates of past (nostalgia) and future (nostalgia of nostalgia), immanence (earthly Jerusalem-social utopia) and transcendence (celestial Jerusalem-eschatological afterlife), facilitating the realization of what John Ruskin (Modern Painters) saw as the most fertile path for artistic creativity committed to exploration of the richness of memory and free fantasy: “The imagination reflects and roams through this enormous, boundless treasure not yet inventoried, but it is guided by dreams, and manages to grasp, in each moment, the groups of ideas that associate best with one another.” On the other hand, the potential for interpretation increased by the mixing and mingling of different genres, painting, sculpture, installations, photography, video, could emerge in an environmental and topographical context that itself represented a metaphor or even a sort of surprising “model”, a three-dimensional icon of Paradise: the Mount and the Garden standing almost mysteriously in one of the most chaotic, noisy zones of the capital, but also in one of those most laden with the legends and myths of the contemporary, first of all Via Veneto and the dolce vita. Yet we should also emphasize that the metropolis in question is Rome, which in the an-cient imagery of Paradise gradually joined Jerusalem, thus completing the path of salvation. It is the hic of this redeeming itinerary: the earthly Paradise, witness to the fall of Adam and Eve, the Jerusalem of the Old Testament, repository of promises and alliance; Rome, the holy city of the church of Christ, as center of the new alliance, and the celestial Jerusalem as fulfillment of salvation at the end of time. “Cadute dal cielo”, 2006 In conclusion, I would like to bocce di vetro argentate / silver-plated glass spheres add that the guests, namely the ! cm 10,5, particolare / detail Swiss, have their own noteworthy, unique experience of Paradise or, more precisely, Paradises. We can see this if we look into the fascinating research the director Daniel Schmid (with Peter Bener) illustrated some years ago in an original, very curious book conceived and assembled like a film. The title is Die Erfindung vom Paradies (The Invention of Paradise, 1983): in other words, the invention of that “picturesque Switzerland” that appealed – with its uncontaminated nature and authentic, rugged, falsely cheerful populations – to the greater European bourgeoisie before the enormous catastrophes of war, and welcomed them to large hotels, those Art Nouveau cathedrals, citadels of metropolitan life inserted like cysts on the wild Alpine meteorite. One such hotel, owned and run by Daniel Schmid’s parents, was the fantastic, improbable universe of his childhood. Of course! It is no coincidence, when we talk about Paradise and evoke its Visions, that from someplace the memory of childhood emerges, that Paradise lost we all have in common. And perhaps we are reminded of the Berliner Kindheit of Walter Benjamin, his prewar BerlinParadise: with the sputtering of gaslights, the basket with the house keys, the magical Kaiserpanorama; an Eden suspended over the Hell of impending disaster. Childhood, the Pascoli’s “little boy” enthralled and enchanted by everyday discoveries: I am convinced that the great charm of this exhibition at the Swiss Institute of Rome also lies in the fact that it encourages the visitor to take an adventurous journey, an exploration that is also introspective, based on surprising discoveries in a temporary atmosphere of renewed childhood. Discoveries of a Paradise each of us still possesses, more or less secretly. We are capable of reclaiming it, above all thanks to art, I’d say; though only for a little while, in the depths of memory of our own existence. 21 La mostra 22 Visioni del Paradiso > the show Gérald Minkoff, 2006, “Ne désir, ris Eden!”, palindromo su striscione / palindrome on banner, 100 × 650 cm; Victorine Müller, “Serpente”, 2006 installazione / installation, PVC, 2900 cm 23 Emmanuelle Antille > Kill me twice dear friend, dear enemy Q uesta installazione mette in scena le peripezie di due adolescenti di 17 anni – amici partiti per una scampagnata senza meta – tracciandone un loro ritratto, la potenza della loro relazione che li unisce attraverso i loro rituali e le loro attese. Montata secondo un sistema a spirale e situata attorno a un perno centrale rappresentato dall’immagine di un tornado, l’installazione pone lo spettatore al centro di questo legame d’amicizia, nel momento preciso in cui tra loro tutto precipiterà. 24 Visioni del Paradiso > Emmanuelle Antille T his installation tracks the misadventures of two 17-year-olds, friends on an aimless jaunt in the country. The portrait of the pair reveals the power of the relationship that unites them, through their rituals and expectations. Assembled in a spiral organized around a central pivot represented by the image of a tornado, the installation puts the viewer at the center of this bond of friendship, in the precise moment in which everything breaks down. “The Fall”, 2005 ilfochrome su alluminio / on aluminium 155 × 125 cm (courtesy Galerie Eva Presenhuber AG Zürich) 25 “Kill me twice dear friend, dear enemy”, 2005, installazione video sonora con due proiezioni / video-sound installation with two projections, DVD, 15’ 26 Visioni del Paradiso > Emmanuelle Antille “Kill me twice dear friend, dear enemy”, 2005, video stills 27 Atelier Oï > A composition for cords L ’Atelier Oï di La Neuveville è stato fondato nel 1991 dai designer Aurel Aebi (1966), Armand Louis (1966) e Patrick Reymond (1962). Architettura, design e scenografia sono i linguaggi attraverso cui l’Atelier ha creato la sua filosofia, fondata su una loro interazione pluridisciplinare che però non trascura mai di valorizzare il rapporto diretto con la materia. Su invito dell’Istituto Svizzero l’Atelier Oï ha presentato una ricerca attorno alla corda. Dalla corda flessibile a quella rigida, passando per il principio dell’avvolgimento, questo semplice filo diventa materia da comporre. Grazie allo sfruttamento di questa idea, una serie di mobili e lampade è stata realizzata e messa in scena in un paesaggio immaginario, costruito e sonoro. 28 Visioni del Paradiso > Atelier Oï A telier Oï of La Neuveville was founded in 1991 by the designers Aurel Aebi (1966), Armand Louis (1966) and Patrick Reymond (1962). Architecture, design and set design are the languages through which the Atelier has created its philosophy based on multidisciplinary interaction that never overlooks its focus on the direct relationship with the material. By request of the Swiss Institute, Atelier Oï has presented a research on the theme of the cord. From flexible to rigid cord, employing the principle of winding, this simple line becomes compositional material. Utilizing this idea, a series of furniture and lamps has been made and staged in an imaginary constructed and sonic landscape. “A composition for cords”, 2006 installazione scenografica, corde, alluminio, cartone / set installation, cords, aluminium, cardboard dimensione ambiente / size to match space 29 “A composition for cords”, 2006, installazione scenografica, corde, alluminio, cartone / set installation, cords, aluminium, cardboard dimensione ambiente / size to match space, particolare / detail 30 Visioni del Paradiso > Atelier Oï “A composition for cords”, 2006, installazione scenografica, corde, alluminio / set installation, cords, aluminium dimensione ambiente / size to match space 31 Bianco-Valente > Relational Domain “ ‘Relational Domain’, oltre che rappresentare una sorta di lenta navigazione attraverso una struttura mentale immaginaria, rappresenta anche le dinamiche complesse attuate dalla natura, dove ogni elemento è legato a tutti gli altri mediante una fittissima rete connettiva, e dove il più piccolo cambiamento provoca, grazie ad un meccanismo di causa/effetto, un cambiamento più o meno importante di tutta la struttura. L’esistente è in continua evoluzione e quindi la sua rappresentazione non può che essere dinamica. Questo può essere vero per la rappresentazione della realtà che manteniamo viva nel cervello e che ci aiuta ad interagire con essa, ma va bene anche per rappresentare un modello plausibile delle dinamiche evolutive in natura.” (Bianco-Valente) 32 Visioni del Paradiso > Bianco-Valente “ Relational Domain, while it represents a sort of slow navigation through an imaginary mental structure, also represents the complex dynamics activated by nature, where every element is connected to all the others by a dense network, and where the smallest change provokes, thanks to a cause-effect mechanism, a more or less important change in the whole structure. The extant is in continuous evolution, and therefore its representation cannot help but be dynamic. This may be true of the representation of reality we keep alive in our brain, which helps us to interact with that reality, but it also applies to representation of a plausible model of the evolutionary dynamics of nature.” (Bianco-Valente) “Relational Domain”, 2005, installazione video DVD-PAL / video DVD-PAL installation, endless loop (courtesy Galleria VM21 artecontemporanea, Roma) 33 Daniele Buetti > Be my perfect guide “ “ Volevo combinare due delle ossessioni più forti dell’uomo: il sesso e il calcio. Il sesso, spesso inteso come riduzione della donna a semplice oggetto di desiderio; il calcio come attività religiosa”. (Daniele Buetti) Si tratta qui di una doppia proiezione video. Nel primo video, in primo piano, si vede un uomo che indossa una maglietta con l’immagine di Maradona mentre, tra nuca e testa, palleggia il pallone. Nel secondo, una grande foto di donna, tratta da una rivista di moda, sta per essere sfilata dal rotolamento maldestro di una palla che finisce per stracciare la foto, quasi fosse un ‘abuso sessuale’”. (Hildegund Amanshauser) 34 Visioni del Paradiso > Daniele Buetti “ “ I wanted to combine the two strongest obsessions of man: sex and soccer. Sex, often seen as the reduction of women to mere objects of desire; soccer as a religious activity.” (Daniele Buetti) This is a double video projection. In the first video, the foreground shows a man wearing a T-shirt with an image of Maradona, bouncing a soccer ball on his head. In the second a large photo of a woman, from a fashion magazine, is about to ruined by the clumsy rolling of a ball that tears the photo, almost like a case of ‘sexual abuse’”. (Hildegund Amanshauser) “Be my perfect guide, versione romana”, 2006, installazione video con due proiezioni, tecnica mista / mixed media and video installation with two projections, 200 × 270 × 170 cm, 2 DVD, endless loop: 3’ 40’’; 1’ 30’’ 35 “Be my perfect guide, versione romana”, 2006, video stills 36 Visioni del Paradiso > Daniele Buetti “Be my perfect guide, versione romana”, 2006, video stills 37 Davide Cascio e Linda Cuglia > Visione da nord-est “ La loggia è parte di un annesso architettonico che funziona da accesso a Villa Maraini, è un padiglione aperto sui tre lati che diviene un’architettura da giardino. In questo spazio è inserita l’installazione. Si tratta di un castello immaginario, un volume puro, un’evocazione visiva che ci aiuta a sognare qualcosa di universale e vicino al mito, il presagio di un possibile paradiso perduto. I video proiettati all’interno dell’ambiente raccontano di un angelo che disceso sulla terra viene rapito e sedotto dal diavolo”. (Davide Cascio e Linda Cuglia) 38 Visioni del Paradiso > Davide Cascio e Linda Cuglia “ The loggia is part of an annex that functions as the entrance to Villa Maraini. It is a pavilion open on three sides that becomes a piece of garden architecture. The installation is inserted in this space; an imaginary castle, a pure volume, a visual suggestion that helps us to dream of something universal, close to myth, a glimpse of a possible paradise lost. The videos projected inside the space tell the story of an angel who comes down to earth and is kidnapped and seduced by the devil. (Davide Cascio and Linda Cuglia) “Visione da nord-est”, installazione, tecnica mista / installation, mixed media; monitor 2’ 28”; proiezione / projection 5’’, endless loop, 298 × 200 × 160 cm 39 “Visione da nord-est”, installazione video, tecnica mista / video installation, mixed media, particolare / detail 40 Visioni del Paradiso > Davide Cascio e Linda Cuglia Video stills a destra: particolare / right: detail Loris Cecchini > Monologue patterns S orta di “organismo abitativo”, la roulotte di Cecchini è spazio autonomo e mobile, nuvola galleggiante, isolata dall’ambiente e permeabile all’esterno. Le roulotte, come fossero delle piccole celle fluide d’isolamento o di meditazione che l’artista disperde negli spazi, sembrano rispondere ai suoi desideri: “ Vorrei che lo spazio dell’opera continuasse a essere l’istante del miraggio, da qualche parte tra delirio e realtà, tra costruzione e utilità, tra sospensione e materialità”. (Loris Cecchini) 42 Visioni del Paradiso > Loris Cecchini A sort of “habitat organism”, Cecchini’s trailer is an autonomous, mobile space, a floating cloud, isolated from the environment yet permeable on the outside. Trailers, as if they were little fluid cells of isolation or meditation the artist scatters in spaces, seem to respond to his desires: “ I would like the space of the work to continue to be the instant of the mirage, someplace between delirium and reality, construction and usefulness, suspension and material”. (Loris Cecchini) “Monologue patterns, 2005 (incident waves numbers in vacuum bed version)” acciaio, alluminio, PET trasparente termomodellato / steel, aluminium, transparent heat-moulded PET 240 × 350 × 230 cm (courtesy Galleria Continua San Gimignano - Beijing) 43 “Monologue patterns, 2005 (incident waves numbers in vacuum - bed version)”, acciaio, alluminio, PET trasparente termomodellato / steel, aluminium, transparent heat-moulded PET, 240 × 350 × 230 cm (courtesy Galleria Continua, San Gimignano - Beijing) 44 Visioni del Paradiso > Loris Cecchini particolare / detail 45 Enzo Cucchi > Picasso gelato I n “Picasso gelato” l’artista, facendo propri i motivi della figurazione che sono ormai il suo tratto distintivo, effigia un grande ritratto bianco di Picasso spinto da un piccolo uomo, novello Sisifo, rappresentante della nostra congerie culturale verso i bordi della lunga tela quasi a sbarazzarsi di un mito e d’una presenza ieratica ancora ingombrante. La sua opera, dislocata all’entrata dell’Istituto Svizzero, è stata appositamente pensata e realizzata “site-specific”. 46 Visioni del Paradiso > Enzo Cucchi I n Picasso gelato the artist, adopting the figurative motifs that are by now his trademark, creates a large white portrait of Picasso pushed by a little man, a contemporary Sisyphus, representative of our cultural congeries, toward the edge of the long canvas, almost as if to dispose of a myth, an aloof, still cumbersome presence. The work, positioned at the entrance to the Swiss Institute, has been created precisely for this site. “Picasso gelato”, 2006 olio su tela / oil on canvas 160 × 1000 cm 47 “Picasso gelato”, 2006 olio su tela / oil on canvas 160 × 1000 cm particolare / detail 48 Visioni del Paradiso > Enzo Cucchi 49 Paola Di Bello > Natural-mente N I “ I hope the creative and destructive character of nature emerges from these pictures, without prevalence of either aspect” (Paola Di Bello) el suo recente lavoro Paola Di Bello presenta una serie di fotografie a colori che raffigura un parco vergine dell’Engadina; un bosco inviolato dall’uomo e lasciato libero di crescere secondo natura. Una natura, un eden inimmaginabile per l’uomo contemporaneo che conosce solo l’immagine antropomorfizzata e addomesticata del mondo: Vorrei che in queste mie foto emergesse il carattere creativo e distruttivo della natura, senza che l’uno prevalga sull’altro” (Paola Di Bello) 50 Visioni del Paradiso > Paola Di Bello n her recent work Paola Di Bello presents a series of color photographs of a park in the Engadine; a virgin forest, untouched by man and left to grow freely. Nature, an Eden unimaginable for contemporary man, familiar only with the tamed, anthropomorphized image of the world: “ “Natural-mente #5”, 2006 c-print sotto plexiglas / under plexiglas 158 × 123 cm (courtesy Galleria Studio G7, Bologna) 51 “Natural-mente #6”, 2006 c-print sotto plexiglas / under plexiglas 125 × 158 cm (courtesy Galleria Studio G7, Bologna) 52 Visioni del Paradiso > Paola Di Bello “Natural-mente #7”, 2006 c-print sotto plexiglas / under plexiglas 125 × 158 cm (courtesy Galleria Studio G7, Bologna) 53 Sonja Feldmeier > Neverending “ Una cabina video è trasformata in un montacarichi, sulla cui parete di fondo è proiettata una porta che si apre e si chiude in continuazione lasciando intravedere, su piani diversi, una palestra, un pianista, un ricovero per animali domestici, un corridoio con diversi ascensori che si aprono, un allevamento di polli o una cabina di pilotaggio di un grosso aereo. Il loop del lavoro video veicola la finzione di un’architettura infinita e di una città verticale.” (Sonja Feldmeier) 54 Visioni del Paradiso > Sonja Feldmeier “ A video booth is transformed into an elevator. On the back wall, a door is projected that continuously opens and closes, offering glimpses on the different floors of a gym, pianist, a pet shelter, a corridor with elevators that open, a poultry farm, the cockpit of a large airplane. The video loop conveys the sensation of an infinite architecture and a vertical city.” (Sonja Feldmeier) “Neverending”, 2005, videoinstallazione sonora, scorrimano, pannelli rivestiti con carta argentea, transpallet / video-sound installation, handrail, panels covered with silver paper, transpallet, DVD, 58’, endless loop, 250 × 318 × 442 cm 55 “Neverending”, 2005, videoinstallazione sonora, scorrimano, pannelli rivestiti con carta argentea, transpallet / video-sound installation, handrail, panels covered with silver paper, transpallet, DVD, 58’, endless loop, 250 × 318 × 442 cm 56 Visioni del Paradiso > Sonja Feldmeier Diversi momenti della proiezione con la porta dell’ascensore aperta / different moments of the projection with elevator doors open 57 Sylvie Fleury > Yes to All V i sono diverse interpretazioni del significato di “Yes to All” di Sylvie Fleury. Da un a parte “Yes to All” esiste in tutte le applicazioni di Microsoft, veicola il senso di “cancella tutto”: un atto che è possibile solo nella realtà digitale. Nella realtà della vita, nella quale ognuno deve assumersi la responsabilità delle proprie azioni, non vi è nessuna possibilità di ritorno. Da un altro punto di vista “Yes to All” va considerato soprattutto un invito a ponderare tutta l’acquiscenza della nostra società consumistica senza, però, volerne formulare una critica diretta. 58 Visioni del Paradiso > Sylvie Fleury T here are various interpretations of the meaning of Yes to All by Sylvie Fleury. On the one hand, Yes to All exists in all Microsoft applications, conveying the sense of “erase everything”: an act possible only in digital reality. In the reality of life, where everyone must take responsibility for his or her actions, there is no turning back. From another point of view, Yes to All can be considered above all as an invitation to think about all the acquiescence of our consumer society, though without the intention of a direct critique. “Yes to All”, 2006, installazione neon / neon-installation, 62 × 420 cm (courtesy Galerie Thaddaeus Ropac, Salzburg) 59 Mirjam Fruttiger > Le voyage d’Alice L ’installazione, costituita da un vestito bianco di 2 m e 60 cm sospeso a una struttura metallica, rinvia al personaggio di Lewis Carroll e alle numerose sue reinterpretazioni visive e cinematografiche. Un sistema di fili e di perni collegano il vestito a un motore che, generando un movimento lento e continuo, dispiega e ripiega il vestito che diventa in un ciclo perpetuo superficie e indumento. “Le voyage d’Alice” fa parte di un progetto più ampio intitolato “L’Entre-deux” in cui l’artista esplora un insieme di relazioni tra corpo e spazio, tra materiali visivi, sonori, tattili e il tempo reale o virtuale. 60 Visioni del Paradiso > Mirjam Fruttiger T he installation, composed of a white dress 2.60 m long and suspended on a metal structure, makes reference to the character created by Lewis Carroll and its many visual and film reinterpretations. A system of lines and pins connects the dress to a motor that generates a slow, continuous movement, folding and unfolding the dress, which becomes both surface and garment in a perpetual cycle. Le voyage d’Alice is part of a larger project entitled L’Entre-deux in which the artist explores the relations between body and space, visual, aural, tactile materials and real or virtual time. “Le voyage d’Alice”, 2005, installazione in movimento, tessuto di taffetà, struttura metallica e motore / installation in movement, taffeta fabric, metal structure and motor, 460 × 410 × 100 cm 61 “Le voyage d’Alice”, 2005, installazione in movimento, tessuto di taffetà, struttura metallica e motore / installation in movement, taffeta fabric, metal structure and motor, 460 × 410 × 100 cm 62 Visioni del Paradiso > Mirjam Fruttiger Durante il montaggio / during assembly 63 Andrea Galvani > La morte di un’immagine “ Nelle fotografie di Galvani non c’è eccesso di realismo né mera speculazione estetica. È presente invece la ricerca di quello spazio dell’energia e della materia che si antropomorfizza secondo i modelli e le logiche del cosmo, organici, seriali, strutturali… La posa da statuaria classica del cavallo restituisce un’immagine aulica dell’animale, ma i palloncini ne censurano in parte l’iconografia decontestualizzandola completamente dal flusso circostante dell’ambiente. Così, in “La morte di un’immagine #2”, gli stessi palloncini si agglomerano come cellule e si espandono nello spazio come pianeti.” (Marinella Paterni) 64 Visioni del Paradiso > Andrea Galvani “ In the photographs of Galvani there is no excess of realism, no mere aesthetic speculation. Instead, there is the pursuit of that space of energy and matter that takes on anthropomorphic impact in keeping with the organic, serial, structural models and logics of the cosmos. The classic statuesque pose of the horse evokes a lofty image of the animal, but the balloons partially rebuke the iconography, completely decontextualizing it from the surrounding environmental flow. Thus, in La morte di un’immagine #2, the same balloons cluster like cells and expand into space like planets.” (Marinella Paterni) “La morte di un’immagine #2”, 2005, stampa fotografica su alluminio / photographic print on aluminium, 97 × 136 cm (courtesy Galleria Arte Ricambi, Verona) 65 “La morte di un’immagine #5”, 2005 stampa fotografica su alluminio / photographic print on aluminium 141 × 167 cm (courtesy Galleria Arte Ricambi, Verona) 66 Visioni del Paradiso > Andrea Galvani Flor Garduño > Peccato originale, Eden “ La costante ricerca porta gradualmente Garduño a quella che si potrebbe definire “fotografia metafisica”. Nei suoi vari lavori Flor non teme un pathos quasi eccessivo nel narrare la bellezza, ad esempio dei frutti o dei corpi femminili, né i grandi gesti simbolici: in effetti si tratta di ‘nature morte’”. (David Streiff) 68 Visioni del Paradiso > Flor Garduño “ Constant research has gradually led Garduño to what might be defined as “metaphysical photography”. In her various works Flor does not shy away from an almost excessive pathos in the narration of beauty, for example of fruit or female bodies. Nor does she avoid grand symbolic gestures: in effect, these works are ‘Still Lifes’”. (David Streiff) “Eden”, 2001 carbone (fotografia) charcoal (photograph) 130 × 100 cm 69 “Peccato originale”, 1999 carbone (fotografia) charcoal (photograph) 66 × 140 cm 70 Visioni del Paradiso > Flor Garduño 71 Piero Gilardi > Papaveri e grano, mele, granoturco e prugne I n mostra sono presentate quattro opere della longeva e fortunata serie dei tappeti-natura di Gilardi. La loro messa in forma avviene per intaglio, quindi con impregnatura di pigmento sintetico sciolto in resina vinilica. I soggetti della natura, che a prima vista appaiono come vere e proprie forme naturali tanto da sembrare più realistiche di ciò che imitano, sono oggetti sostitutivi, pensati dall’artista per essere usati come veri tappeti, specchi artificiali dei bisogni primari dell’uomo, in cui simbolicamente si perpetua il moderno conflitto tra natura e cultura. 72 Visioni del Paradiso > Piero Gilardi T he show includes four works from Gilardi’s long-lived and successful series of Nature Carpets. They are carved into form, then impregnated with synthetic pigment dissolved in vinyl resin. The natural subjects, which at first glance look like true natural forms, more realistic than what they imitate, are ersatz objects conceived for use as true carpets, artificial mirrors of the basic needs of man, in which the modern conflict between nature and culture is symbolically perpetuated. “Mele cadute”, 1999, 90 × 130 cm, “Papaveri e grano”, 2004, 150 × 150 cm, poliuretano espanso / expanded polyurethane (courtesy Galleria Patrizia Poggi Ravenna) 73 “Papaveri e grano”, 2004, poliuretano espanso / expanded polyurethane, 150 × 150 cm, particolare / detail (courtesy Galleria Patrizia Poggi, Ravenna) 74 Visioni del Paradiso > Piero Gilardi “Granoturco e prugne”, 2004, poliuretano espanso / expanded polyurethane, 30 × 30 cm (courtesy Galleria Patrizia Poggi, Ravenna) 75 Nic Hess > Paradiso pegado U na mappa del mondo composta, in modo associativo e di getto, da migliaia di adesivi per bambini. L’Africa è marrone scuro, l’America del Sud è coperta da palloni di calcio ecc. Un’asta orizzontale in “plexi” si alza al di sopra dell’Australia. Dal cielo cadono nastri cartacei, a loro volta coperti da adesivi. Un’installazione che spazia dalla metafisica alla realtà fisica che è, allo stesso tempo, una sorta di “arazzo” messo in relazione ai quadri storici appesi accanto. Dove il bambino di una delle tele sembra scrutare la mappa del mondo. 76 Visioni del Paradiso > Nic Hess A map of the world composed, by spontaneous association, of children’s stickers. Africa is dark brown, South America is covered with soccer balls, etc. A horizontal “plexi” pole rises over Australia. Paper ribbons – also covered with stickers fall from the sky. An installation on the metaphysics of physical reality, and at the same time a sort of “tapestry” placed in relation to the nearby historical paintings. From which a child, in one of the works, seems to gaze at the map. “Paradiso pegado”, 2006, installazione con nastro adesivo / installation with adhesive tape, 205 × 250 cm, durante il montaggio / during assembly 77 “Paradiso pegado”, 2006, installazione con nastro adesivo / installation with adhesive tape, 205 × 250 cm 78 Visioni del Paradiso > Nic Hess particolare / detail 79 Norma Jeane > Heaven can wait “ L’installazione “Heaven can wait” è stata situata nella torretta di Villa Maraini, il punto più elevato della villa e, forse, di tutta Roma: una posizione unica con una vista mozzafiato. Con la città in basso suscita una curiosa sensazione d’intimità e isolamento; è un luogo astratto dove nessuno ci può vedere. Così che, proprio come in paradiso, ci si può abbandonare all’estasi: fare corpo unico con il cielo che solo ci sovrasta e ci avvolge. L’opera – composta da un letto circolare con lenzuola sempre fresche di bucato, un grande ombrellone e pochi altri accessori tutti di colore bianco – per un paio d'ore, per chi si prenoterà, diventerà un luogo completamente privato.” (Norma Jeane) 80 Visioni del Paradiso > Norma Jeane “ The installation Heaven can wait was placed in the tower of Villa Maraini, the highest point of the complex and, perhaps, the highest point in all of Rome: a unique position with a breathtaking view. With the city below, the work generates a curious sensation of intimacy and isolation, an abstract place where no one can see us. Just as in heaven, we can abandon ourselves to ecstasy: to become one with the sky above us and around us. The work – composed of a circular bed with freshly laundered sheets, a large umbrella and a few other accessories, all in white – can become a completely private place, for a couple of hours, for those who make reservations.” (Norma Jeane) “Heaven can wait”, 2006, vista dall’installazione praticabile / view from inside the installation 81 “Heaven can wait”, 2006 installazione praticabile / environment-installation letto e lenzuola / bed and sheet ! 208 cm 82 Visioni del Paradiso > Norma Jeane Zilla Leutenegger > Die Schlafende, Level 49/2 “ Lo sguardo si getta da un’altezza vertiginosa su una rete di autostrade urbane. Le strade che si incrociano producono una profondità che prosegue nello spazio. Gli elementi scultorei della parete corrispondono alla rete stradale rappresentata. Le immagini mute del flusso di traffico risultano lontane ed estranee, come filtrate attraverso un stato onirico. Il paesaggio urbano diventa specchio di un sentimento di estraniazione e di alienamento rispetto al mondo circostante. Queste associazioni sono veicolate anche dal lavoro Die Schlafende (la dormiente), presentato da un monitor, in cui si vede l’artista mentre dorme, sola in una stanza, in una città sconosciuta in perpetuo movimento.” (Zilla Leutenegger) 84 Visioni del Paradiso > Zilla Leutenegger “ The gaze plunges from a dizzying height toward a network of urban highways. The streets cross one another, producing a depth that continues in space. The sculptural elements of the wall correspond to the represented street network. The mute images of the flow of traffic are distant, extraneous, as if filtered by a dream state. The cityscape becomes a mirror for an emotion of alienation from the surrounding world. These associations are also conveyed by the work Die Schlafende (the sleeper), seen on a monitor, in which we see the artist sleeping, alone in a room, in a perpetually moving unknown city.” (Zilla Leutenegger) “Die Schlafende”, 2006, videoinstallazione / video installation, painted monitor, DVD, senza suono / no sound, loop (courtesy Galerie Peter Kilchmann, Zürich) 85 “Level 49/2”, 2006 videoinstallazione / video installation DVD, senza suono / no sound, loop (courtesy Galerie Peter Kilchmann, Zürich) 86 Visioni del Paradiso > Zilla Leutenegger Franco Losvizzero > Giga, Angelo Bianco, Angelo Rosso “ Giga Robot The wife of Gigo is uniquely cheerful, given the fact that she as tall as a statue and dances like a little girl. In the garden she gets emotional about a butterfly and then she never feels tired. Dance, Giga, dance, the children of God are happy. Angelo Rosso Un angelo, caduto, rosso infuocato. Meccanico, si illumina come una lucciola in fin di vita, richiuso in un bicchiere rovesciato, una teca da santi. Scultura cinetica e fibra ottica che si muove come a cercar di uscire per impedire. Angelo Rosso A fallen angel, fire red. Mechanical, lighting up like a dying firefly trapped in an overturned glass, a saint’s display case. Kinetic sculpture and fiber optics, moving as if to try to exit, to prevent. Angelo Bianco Puro come una deformità. Mostra la sua luce e canta ma non è udibile. Il mondo a cui aspira non gli è permesso. Che strano animale visto da lontano sembra un angelo. Si muove come tale. Ma non sa neanche cantare, forse, volare.” (Franco Losvizzero) 88 “ Giga Robot La moglie di Gigo ha una allegria tutta sua visto che è alta come una statua e danza come una bambina. Nel giardino si commuove per una farfalla e poi non si stanca mai. Balla, balla Giga, i figli di Dio sono felici. Visioni del Paradiso > Franco Losvizzero Angelo Bianco Pure as a deformity. He shows his light and sings but cannot be heard. The world to which he aspires is forbidden him. Seen from afar, an angel seems like such a strange animal. That’s how he moves. But he doesn’t even know how to sing. Maybe he knows how to fly.” (Franco Losvizzero) “Giga”, 2006 installazione scultorea, robotica, cinetica; materiale plastico ceroso / sculptural, robotic, kinetic installation; plastic and papier maché 180 × 100 × 100 cm (courtesy Galleria Altri Lavori in Corso, Roma) 89 “Angelo Bianco”, 2006 installazione scultorea, robotica, cinetica, luminosa / sculptural, robotic, kinetic, light installation materiale plastico ceroso fibra ottica / plastic and optical fibers ! 40, h 65 cm (courtesy Galleria Altri Lavori in Corso, Roma) 90 Visioni del Paradiso > Franco Losvizzero “Angelo Rosso”, 2006 installazione scultorea, robotica, cinetica, luminosa / sculptural, robotic, kinetic, light installation materiale plastico ceroso fibra ottica / plastic and optical fibers ! 40, h 65 cm (courtesy Galleria Altri Lavori in Corso, Roma) 91 Lutz & Guggisberg > Die Pilger L a libertà degli uccelli, spesso considerata modello da emulare, è opinabile. Gli uccelli di questa opera non sanno più volare, tuttavia resistono con perduranza agli umori del tempo e pertanto rappresentano ancora le nostre aspirazioni e desideri che spesso non sono più soddisfatti. Nell’installazione per l’Istituto un esercito composto da 120 uccelli, realizzati con pezzi di legno semicarbonizzato, marcia allegramente verso la distruzione bruciandosi sempre più in prossimità della meta. 92 Visioni del Paradiso > Lutz & Guggisberg T he freedom of birds, often considered a model to emulate, is dubious. The birds in this work no longer know how to fly, yet they stubbornly resist the moods of the time, and therefore still represent our aspirations and desires that often remain unfulfilled. In the installation for the Institute, an army of 120 birds, made with pieces of semiburnt wood, blithely marches toward destruction, increasingly consumed by fire as it approaches its destination. “Die Pilger” (i pellegrini / the pilgrims), 2006, 120 pezzi di legno semicarbonizzato / 120 pieces of partially burnt wood dimensione ambiente / size to match space, particolare / detail 93 “Die Pilger” (i pellegrini / the pilgrims), 2006, 120 pezzi di legno semicarbonizzato / 120 pieces of partially burnt wood, dimensione ambiente / size to match space 94 Visioni del Paradiso > Lutz & Guggisberg particolare / detail 95 Gérald Minkoff & Muriel Olesen > Feedback Temptation, Paradiso offshore Feedback Temptation “Un polittico di quattro grandi fotografie a colori su un rapporto a tre: la coppia, il frutto e il serpente. Storie di tentazioni e di peripezia di una coppia messa a nudo attraverso la sua stessa specularità”. (Muriel Olesen) Paradiso pezzo a pezzo “Un puzzle fotografico di frammenti di marmi antichi integrati nei muri della Villa Maraini”. Paradiso offshore “Nella finanza internazionale un paradiso offshore è un luogo che sfugge agli obblighi fiscali. Per estensione si può definire un paradiso offshore come una situazione al di là delle frontiere e dei limiti fisici o virtuali. Il remo ornato con un foglio dorato funziona come un’insegna (o come specchio per le allodole) i cui effetti sono moltiplicati grazie ai DVD – specchi che contengono tutte le informazioni sul paradiso”. (Gérald Minkoff) Sida rape paradis “Lo striscione teso tra gli alberi del giardino, traducibile come “l’Aids grattugia il paradiso”, è un mordace palindromo che agisce come perpetuum mobile nella misura in cui viene letto almeno due volte”. (Gérald Minkoff) 96 Visioni del Paradiso > Gérald Minkoff & Muriel Olesen Feedback Temptation “A polyptych of four large color photographs about a triangular relationship: the couple, the fruit and the serpent. Stories of temptations and misadventure of a couple laid bare through its specular nature”. (Muriel Olesen) Paradiso pezzo a pezzo “A photographic puzzle of fragments of antique marble inserted in the walls of Villa Maraini”. Paradiso offshore “In international finance, an offshore paradise is a tax haven. By extension, any situation beyond borders, beyond physical and virtual limits, can be called an offshore paradise. The oar adorned with gold leaf functions as a sign (or a mirror-trap) whose effects are multiplied thanks to the DVDs – mirrors that contain all the information on the paradise”. (Gérald Minkoff) Sida rape paradis “The banner stretched between two trees in the garden bears a biting palindrome that acts as a perpetuum mobile when it is read at least twice”. (Gérald Minkoff) Gérald Minkoff, “Paradiso offshore”, 2006 installazione, remo e CD / installation, oar and CD, dimensione ambiente / size to match space 97 Gérald Minkoff, “Sida rape paradis”, 2006, palindromo su striscione / palindrome on banner, 100 × 800 cm 98 Visioni del Paradiso > Gérald Minkoff & Muriel Olesen Muriel Olesen, “Feedback Temptation”, 2005/2006, fotocolors / color photographs, 154 × 106 cm Gérald Minkoff & Muriel Olesen “Paradiso pezzo a pezzo”, 2006 puzzle fotografico / photographic puzzle 70 × 50 cm, particolare / detail 99 Victorine Müller > Serpente V ictorine Müller lavora alla frontiera delle arti visive e di quelle sceniche. Il corpo, l’acqua, la luce, i colori, l’aria, il latex e il PVC sono gli elementi centrali delle sue installazioni-performance. Spesso notturne, a volte immobili o quasi rituali, esse si propongono come un tramite di meditazione per lo spettatore. Tra astrazione e realtà , magia e sculture viventi, le opere di Victorine ci intrigano rinviandoci alle nostre esperienze oniriche. Come con il serpente tentatore, lungo 29 metri, creato appositamente per la mostra “Visioni del Paradiso”. 100 Visioni del Paradiso > Victorine Müller V ictorine Müller works on the border between the visual and theater arts. The body, water, light, colors, air, latex and PVC are the central elements of her installation-performances. Often held at night, at times immobile or almost ritual in nature, they act as a medium of meditation for the viewer. Between abstraction and reality, magic and living sculpture, the works of Victorine engage us, reminding us of our own dream experiences. Like the tempter serpent, 29 meters long, specially created for the exhibition Visions of Paradise. “Serpente”, 2006, installazione / installation, PVC, 2900 cm, particolare / detail 101 “Serpente”, 2006, installazione / installation, PVC, 2900 cm, particolari / details 102 Visioni del Paradiso > Victorine Müller 103 Chris Murner > Les Eco’ Transats S ensibile al sistema consumistico della nostra società, l’artista si è investita artisticamente nella grande campagna di sensibilizzazione al riciclaggio in Svizzera, in modo indiretto e ludico superando le frontiere del linguaggio visivo. La collezione delle sdraio, qui presentata, è ispirata alla campagna di riciclaggio del Canton Ginevra e presenta i pittogrammi ufficiali di 400 m2 di tele recuperate dall’esposizione nazionale svizzera Expo 02. 104 Visioni del Paradiso > Chris Murner A ware of the foibles of our consumer society, the artist gets involved in the awareness campaign on recycling in Switzerland, in an indirect, playful way, going beyond the boundaries of visual language. The collection of lounge chairs is based on the recycling campaign of the Canton of Geneva, with the official pictograms placed on 400 m2 of canvas recovered from the Swiss National Expo 02. “Les Eco’ Transats”, 2004/2005 sdraio realizzate con materiali riciclati / lounge chairs made with recycled materials 100 × 51 × 91 cm ciascuna 105 “Les Eco’ Transats”, 2004/2005 sdraio realizzate con materiali riciclati / lounge chairs made with recycled materials 95 × 110 × 107 cm 106 Visioni del Paradiso > Chris Murner particolare / detail 107 Mimmo Paladino > Senza titolo N ell’opera di Paladino ricorrono immagini che rimandano a un universo arcaico e primitivo, dove le forme sono tradotte in segni eleganti e semplificati. I riferimenti poetici di Paladino riguardano la riscoperta della memoria “profonda”, quella dove, con spirito quasi metafisico, le forme restano fisse in istanti senza tempo. Ciò è riscontrabile anche nello scudo donchisciottiano in mostra. Come Don Chisciotte, Paladino si abbandona alla sua fervida immaginazione. Innestati sullo scudo di terracotta vediamo, tra le altre cose, cappelli da cowboy, ricordi di epopee trasfigurati attraverso oggetti quotidiani: cose e oggetti ordinari che, nel flusso della metamorfosi artistica, assumono una dimensione libera e trasognata. Lo scudo diviene allora allegoria del potere immaginativo-suggestivo delle cose comuni, emblema di miracoli immaginari. 108 Visioni del Paradiso > Mimmo Paladino P aladino’s work features recurring images connected with an archaic, primitive universe where forms are translated into elegant simplified signs. His poetic references have to do with rediscovery of “deep” memory, in which forms remain fixed in timeless instants, almost with a metaphysical spirit. All this can be clearly seen in the Quixotic shield included in this exhibition. Like Don Quixote, Paladino lets himself be transported by his fervid imagination. Grafted onto the terracotta shield we see, among other things, cowboy hats, epic memories transfigured through everyday objects: ordinary things that take on a free, dreamy dimension in the flow of artistic metamorphosis. The shield thus becomes the allegory of the imaginative-suggestive power of ordinary things, emblems of imaginary miracles. “Senza titolo”, 2005, terracotta e ferro / terracotta and iron, ! 500 cm 109 “Senza titolo”, 2005 terracotta e ferro / terracotta and iron ! 500 cm particolare / detail 110 Visioni del Paradiso > Mimmo Paladino Mai-Thu Perret > Heroine of the People (Big Golden Rock) L ’artista racconta che in Birmania i fedeli ricoprono d’oro delle statue del Budda come gesto d’offerta. Negli anni queste perdono di significato fino a non rassomigliare più a nulla. L’opera “Heroine of the People” allude a questo rito. L’artista rivela così aspetti storici e formali interrogandoli attraverso la materia. 112 Visioni del Paradiso > Mai-Thu Perret T he artist narrates that in Burma the faithful cover statues of the Buddha in gold, as an offering. Over the years the statues lose their features, to the point of no longer resembling anything. The work Heroine of the People alludes to this ritual. The artist reveals the historical and formal aspects, investigating them through material. “Heroine of the People (Big Golden Rock)”, 2005, fogli dorati su intelaiatura metallica e cartapesta / gold leaf on metal and papier maché framework, 167 × 110 × 110 cm (courtesy Galerie Francesca Pia, Bern) particolare / detail 113 Piero Pizzi Cannella > La porta stretta I l titolo “La porta stretta” è un omaggio ad André Gide. Ma “La porta stretta” è anche la porta del paradiso: ”Sforzatevi di entrare per la porta stretta” (Luca, XIII, 24). Pizzi Cannella inventa una pittura che muove da spessori di pigmento, da una dilatazione intensa della materia per farne emergere allusioni visionarie che privilegiano il tema del corpo umano. Ciò che concorre a conferire un’aura di vago simbolismo ai quadri (spesso di grandi dimensioni) in cui l’immagine appare e si disfa in vibrazioni gialle, rosse, ocra contro profondi neri. 114 Visioni del Paradiso > Piero Pizzi Cannella T he title La porta stretta (The strait gate) is a tribute to André Gide. But the narrow gate is also the gate of heaven: “Strive to enter in at the strait gate” (Luke, XIII, 24). Pizzi Cannella invents a painting based on thickness of pigment, an intense dilation of material to bring out visionary allusions that focus on the theme of the human body. This gives the paintings (often in large formats) a vaguely symbolic aura, in which the image appears and breaks down into vibrations of yellow, red, ochre against deep black. “La porta stretta”, 1985 olio su tela / oil on canvas 247 × 178 cm 115 “La porta stretta”, 1985 olio su tela / oil on canvas 247 × 178 cm 116 Visioni del Paradiso > Piero Pizzi Cannella 117 Philippe Rahm > Paradise now! Air d’artifice, vers. 4.0 “ ‘Paradise now!’ è un progetto di una spazialità contemporanea dell’ineffabile. Senza materia né limiti fisici altri che l’olfatto, l’opera si sviluppa nello spazio per prendere forma sulle proteine della membrana ciliare, nell’astrazione del sistema nervoso. Muschio, aloe, rayhan, latte, miele, vino come fragranze del paradiso dell’Islam con qualche tocco di paradiso cristiano, incenso, balsamo di Giudea”. (Philippe Rahm) “ Paradise now! is a project of contemporary ineffable space. Without matter or physical limits beyond the sense of smell, the work develops in space, taking form on the proteins of the ciliary membrane, in the abstraction of the nervous system. Musk, aloe, rayhan, milk, honey, wine as fragrances of the paradise of Islam, with touches of Christian heaven: incense, Judea balsam”. (Philippe Rahm) Scientific collaborations: Imam El-Rifai Mouwaffak, Lausanne; Prof. Jean-Pierre Albert, Paris; Christopher Sheldrake with the participation of Christine Nagel (Quest International), Paris. “Paradise now!” vers. 1.0 was initially produced with Jean-Gilles Décosterd in 2003 118 Visioni del Paradiso > Philippe Rahm “Paradise now! Air d’artifice, vers. 4.0”, 2006, installazione, tecnica mista / mixed media installation, dimensione ambiente / size to match space 119 Sara Rossi > Radar, Acqua di luna L ’opera della giovane artista italiana Sara Rossi si situa tra immaginazione e realtà, tra vita reale e poesia. Il suo lavoro è caratterizzato da un continuo temporale piuttosto fluido, segnato da qualità come l’effimero, lo storico ma anche il durevole. Le sue immagini evocano sia favole sia ricordi di eventi storici o epocali del nostro passato collettivo. La figura atemporale di “Pulcinella” funge da connettore tra i tempi. L’universo della serie “Pulcinella” di Sara Rossi è dominato dalla malinconia; la voglia di viaggiare e lo spirito da esploratore spingono l’alchimista sulla luna alla ricerca dell’elisir della salvezza: l’acqua della luna. 120 Visioni del Paradiso > Sara Rossi T he work of the young Italian artist Sara Rossi is situated between imagination and reality, everyday life and poetry. Her work is characterized by a rather fluid temporal continuum, marked by qualities like the ephemeral, the historical, but also the durable. Her images evoke both fairytales and the historical, epochal events of our collective past. The timeless figure of “Pulcinella” (Punch) functions as a connector between different eras. The universe of the “Pulcinella” series by Sara Rossi is dominated by melancholy; the desire to travel and the spirit of exploration send the alchemist to the moon in search of the elixir of salvation: the water of the moon. “Radar”, 2005, video installazione / video installation, slitta moldava, vela su struttura, ventaglio e video proiezione / Moldovan sled, sail on structure, fan and video projection, DVD, 7’, endless loop, 200 × 150 × 257 cm (courtesy Rosa e Gilberto Sandretto) 121 “Radar”, 2005, video stills 122 Visioni del Paradiso > Sara Rossi A destra / right Acqua di luna “Acqua di luna”, 2005 stampa fotografica / photographic print 100 × 100 cm (courtesy Galleria Enrico Fornello, Prato) Kerim Seiler > Mindspace 3 – Roma C on la scultura “Mindspace 3 – Roma” Seiler realizza l’opera più radicale nella serie dello strutturalismo teatrale. Mentre inizialmente la scultura “Mindspace” si presentava come tribuna monumentale posta davanti a un palco vuoto nel White Cube al Musée PasquArt a Bienne, l’interesse si spostava, per la Galerie Ruzicscka/Weiss di Düsseldorf, all’immagine, all’oggetto scultoreo in scala ridotta (2/3) senza, però, rinunciare alla funzionalità reale. A Roma ora la scultura praticabile per la prima volta si libera nello spazio esterno. Come sotteso dal titolo, il presunto significato di ciò che sta di fronte a questa tribuna può essere vissuto solo nello spazio mentale dello spettatore. 124 Visioni del Paradiso > Kerim Seiler W ith the sculpture Mindspace 3 – Roma Seiler has produced the most radical work in the theatrical structuralism series. While initially the sculpture Mindspace appeared as a monumental tribune placed in front of an empty stage in the White Cube at the Centre PasquArt in Bienne, the focus shifted, for Galerie Ruzicscka/ Weiss in Düsseldorf, to the image, the sculptural object on a reduced scale (2/3), but without sacrificing real functional potential. In Rome the sculpture, which can be entered for the first time, is freed in outdoor space. As the title indicates, the presumed significance of what happens in front of this seating can only be experienced in the mental space of the viewer. “Mindspace 3 – Roma”, 2006, installazione, legno / wooden installation, 295 × 525 × 394 cm 125 “Mindspace 3 – Roma”, 2006, installazione, legno / wooden installation, 295 × 525 × 394 cm 126 Visioni del Paradiso > Kerim Seiler particolare / detail 127 Gerda Steiner & Jörg Lenzlinger > Grottenbilder S teiner & Lenzlinger hanno elaborato insieme installazioni composite, piccoli paesi delle meraviglie che narrano le loro storie con fascino giocoso e ironico ammiccamento. Le loro installazioni immergono lo spettatore in un’atmosfera meditativa di meraviglia e fascino. Nella fattispecie sembrano sospendere la loro opera nel tempo, ricavando, dall’immenso plico di fotografie delle proprie creazioni, numerose grotte sotto forma di immagini fissate su alluminio. Non senza ammiccare alle grotte di Platone. 128 Visioni del Paradiso > Gerda Steiner & Jörg Lenzlinger S teiner & Lenzlinger have created composite installations, little towns of marvels that narrate their stories with playful charm and irony. Their installations immerse the viewer in a meditative atmosphere of wonder and appeal. In this case their work seems to be suspended in time, extracting many caverns in the form of images on aluminium from the immense package of photographs of their creations. Not without making sly reference to Plato’s cave. “Toteninselgrotte,” 2005, stampa fotografica (da una serie di 30 immagini) / photographic print (from a series of 30 images), 42 × 56 cm 129 “Chrottenliliengrotte,” 2005, stampa fotografica (da una serie di 30 immagini) / photographic print (from a series of 30 images), 42 × 56 cm 130 Visioni del Paradiso > Gerda Steiner & Jörg Lenzlinger “Plastikgrotte,” 2005, stampa fotografica (da una serie di 30 immagini) / photographic print (from a series of 30 images), 42 × 56 cm 131 Costa Vece > Trouble in Paradise “ “ Blessed are the poor in spirit, for theirs is the kingdom of heaven; my God, if this phrase is true, we are already living in Paradise.” (Millôr Fernandes) Il posto più bollente dell’inferno è riservato a coloro che rimangono neutrali in tempo di crisi morale.” (Dante Alighieri) The hottest places in Hell are reserved for those who, in times of great moral crisis, maintain their neutrality.” (Dante Alighieri) Nota del co-curatore Domenico Lucchini La direzione dell’ISR non ha reputato opportuno posizionare l’opera/bandiera “Made in Anarchy” sulla torretta dell’istituto, per diverse ragioni che sono state comunicate all’artista in una lettera del direttore artistico. Essenzialmente: l’opera affissa sulla torretta, il secondo punto più alto di Roma, visibile solo dall’esterno dell’Istituto, avrebbe indotto fraintendimenti e potuto essere letta come una provocazione. L’operazione avrebbe richiesto un permesso della Questura e della Soprintendenza ai Beni Culturali, che impedisce ogni tipologia di affissione sulla facciata di edifici di pregio del centro storico. L’opera, nella sua ostentazione, avrebbe prevaricato quella di altri artisti e non sarebbe stata rappresentativa dello spirito della mostra. All’artista è stata offerta la possibilità di esporre l’opera in altri spazi dell’istituto, sia all’interno che all’esterno. Non essendo egli d’accordo con questa soluzione, ha optato di presentare l’opera sotto altro titolo, “Trouble in Paradise”, nelle modalità illustrate in catalogo. La direzione artistica ha dialetticamente accettato che sulla scatola dell’opera venissero apposti i documenti della controversia. 132 “ “ Beati i poveri di spirito, perché di essi è il regno dei cieli, mio Dio, ma se questa frase è vera, in Paradiso ci viviamo già.” (Millôr Fernandes) Visioni del Paradiso > Costa Vece Note from the co-curator Domenico Lucchini The directors of ISR felt it was not appropriate to place the artwork/flag Made in Anarchy on the tower of the institute for a variety of reasons that were communicated to the artist in a letter by the artistic director. Essentially: the work displayed from the tower, the second highest viewing point in Rome and visible only from outside the Institute, would have led to misunderstandings, and could have been interpreted as an intent to cause controversy. The operation would have required special permits from the police and the Office of Cultural Resources, as there are regulations barring any type of signs or attachments to noteworthy buildings in the historical center. The work thus displayed would also have gained more attention than those of the other artists, and would not have been in keeping with the spirit of the exhibition. The artist was offered the opportunity to show the same work in other spaces, both inside and outside the institute. As the artist did not agree with this solution, he chose to present the work under another title, Trouble in Paradise, as illustrated in the catalogue. The institute and curators agreed that documentation of the controversy would be displayed on the box containing the work. “Trouble in Paradise”, 2006, scatola di cartone / cardboard box, 40 × 59 × 39 cm, 2 inkjet prints, lettera / letter, con bandiera dell’anarchia / with anarchist flag: “Made in Anarchy”, 2006, abiti usati rossi e neri, spille di sicurezza, filo, ganci / red and black used clothes, safety pins, thread, hooks, 450 × 345 cm 133 “Trouble in Paradise”, 2006, scatola di cartone / cardboard box, 40 × 59 × 39 cm, 2 inkjet prints, lettera del direttore artistico con le motivazioni del diniego per l’esposizione dell’opera, bandiera “Made in Anarchy”, sulla torretta dell’ISR / letter from the Artistic Director explaining the motives behind the refusal to show the work-flag “Made in Anarchy” on the tower of the ISR; con bandiera dell’anarchia / with anarchist flag: “Made in Anarchy”, 2006, abiti usati rossi e neri, spille di sicurezza, filo, ganci / red and black used clothes, safety pins, thread, hooks, 450 × 345 cm 134 Visioni del Paradiso > Costa Vece particolare con la simulazione della collocazione prevista dall’artista / detail with simulation of the positioning planned by the artist 135 Not Vital > Cacche di mucca N el 1992, Not Vital ha intrapreso la fusione di 1000 cacche di mucca che servivano a stabilire un legame culturale ed economico tra due società: raccolti nei pascoli svizzeri, gli sterchi sono fusi in bronzo, convertendosi quindi in oggetti-sculture. Il ricavato della vendita di queste opere è stato destinato alla costruzione di un ospedale per bambini in Nepal. Si produce quindi una mutazione culturale, una trasformazione primaria della materia e poi del significato che conferisce all’oggetto una valenza simbolica. “ Dai diamanti non nasce niente, dal letame nascono i fior” (Fabrizio de André) 136 Visioni del Paradiso > Not Vital I n 1992 Not Vital did castings of 1000 pieces of cow excrement, establishing a cultural and economic link between two societies: gathered in Swiss pastures, the “cowpies” were cast in bronze and thus converted into object-sculptures. Proceeds from the sale of these works are used for the construction of a children’s hospital in Nepal. The result is a cultural mutation, a primary transformation of material and then of meaning which gives the object a symbolic value. “ Nothing is born of diamonds, but from sewage flowers grow” (Fabrizio de André) “Senza titolo (cacche di mucca)”, 1996 bronzo / bronze ! 21, ! 32 cm (courtesy Collezione Gian Enzo Sperone, New York) 137 “Senza titolo (cacche di mucca)”, 1996 bronzo / bronze ! 32 cm particolare / detail (courtesy Collezione Gian Enzo Sperone, New York) 138 Visioni del Paradiso > Not Vital Gli eventi collaterali > the events Organizzazione / organisation: Gábor Simon Giorgio Rossi Performance per l’inaugurazione della mostra nei giardini dell’ISR, 17.05.06 G iorgio Rossi reinterpreta lo spazio e gli accadimenti che lo abitano. La sua danza tocca sentimenti come l’amore e la solitudine, la sensazione della morte e la visione del possibile. Sono questi i temi del suo ultimo assolo “Alma” da cui si origina questa performance, in cui c’è l’accettazione del senso della vita e della sua caducità, ma anche un’ironia verso il mondo di apparenze che ci governa. Una danza dell’anima e del corpo. Un’invasione angelica nel quotidiano che ci sollecita ad avere un diverso sguardo nei confronti dell’esistente e una diversa visione del paradiso… Laurence Revey “Solo in Silence”, concerto nella chiesa di S. Isidoro, Roma, 22.06.06 “ Solo in Silence” è un progetto del 2005 creato attorno a un repertorio di canti sacri della mistica cattolica. Costituisce una comunione originale dalla densità emotiva, dove il silenzio si sposa con l’ancestrale per un viaggio fuori dal tempo e dai generi. Le canzoni originali di Laurence Revey nascono dal lavoro sulla propria voce, unica per il colore e il timbro. Legata alla terra natìa, la cantautrice-fata vallesana attinge alla tradizione musicale locale, arricchendola con effetti sonori moderni dalle risultanti mistico-poetiche. Anna Huber & Fritz Hauser “umwege”, performance di danza & musica nel cortile della dipendenza dell’ISR, 07.06.06 I n “umwege”, progetto per architetture specifiche, la coreografa Anna Huber e il batterista Fritz Hauser sviluppano movimenti e suoni per spazi straordinari, relazionando l’architettura corporea alla struttura e al materiale dello spazio. La danza e la musica sondano il contesto architettonico per creare prospettive immaginarie in movimento, attingendo a contrasti quali movimento-staticità, organico-geometrico, interior-esteriore, labile-stabile. Anna Huber diventa scultura effimera in movimento nello spazio durevole, trasformando le superfici in specchi, rovesciando le prospettive per annullare apparentemente la legge di gravità. Produzione: annahuber.compagnie, con il sostegno di Senatsverwaltung für Wissenschaft, Forschung und Kultur Berlin, in collaborazione con Theater am Halleschen Ufer e Tanzfabrik Berlin. 140 Visioni del Paradiso > Gli eventi collaterali Giorgio Rossi Performance for the opening of the exhibition in the garden of ISR, 17.05.06 G iorgio Rossi reinterprets the space and the events that inhabit it. His dance addresses emotions like love and solitude, the sensation of death and a vision of possibilities. These are the themes of his latest solo piece Alma, which forms the basis for this performance in which there is acceptance of the sense of life and its fragility, but also irony regarding the world of appearances that governs us. A dance of the soul and the body. An angelic invasion of everyday life that prompts us to take a different look at what exists and form a different vision of paradise… Laurence Revey Solo in Silence, concert in the church of Sant’Isidoro, Rome, 22.06.06 S olo in Silence is a project from 2005 created around a repertoire of music of Catholic mysticism. It represents an original communion of emotional density, where silence encounters the ancestral for a voyage outside time and genres. The original songs of Laurence Revey spring from her voice, unique in its color and timbre. Linked to her native land, the chanteuse valaisanne draws on the local musical tradition, enriching it with modern effects to achieve mystical-poetic results. Anna Huber & Fritz Hauser umwege, dance and music performance in the courtyard of the annex of the ISR, 07.06.06 I n umwege, a project for specific architectural contexts, choreographer Anna Huber and drummer Fritz Hauser develop movements and sounds for extraordinary spaces, relating the architectural of the human body to the structure and material of space. Dance and music probe the architectural context to create imaginary perspectives in motion, utilizing contrasts like movement-stillness, organic-geometric, inner-outer, change-stability. Anna Huber becomes ephemeral sculpture in movement in durable space, transforming surfaces into mirrors, overturning perspectives to apparently annul the law of gravity. Production: annahuber.compagnie, with the support of Senatsverwaltung für Wissenschaft, Forschung und Kultur Berlin, in collaboration with Theater am Halleschen Ufer and Tanzfabrik Berlin. Giorgio Rossi durante la sua performance all’inaugurazione / during his performance at the opening. A destra con / on the right, with “cacca di mucca” (Not Vital) 141 Laurence Revey, “Le Creux des Fées”, Forest, Apple, 1999 142 Visioni del Paradiso > Gli eventi collaterali Anna Huber, in “umwege” all’Istituto Svizzero di Roma / at the Swiss Institute in Rome (ISR) 143 Emmanuelle Antille (Lausanne 1972) vive / lives in Lausanne Mostre selezionate / Selected exhibitions personali / solo 2006: Galerie Eva Presenhuber, Zürich; 2005: Art Unlimited, Basel; 2004: CCA, Glasgow; Sammlung Goetz, München; 2003: The Renaissance Society, Chicago; 50ª Biennale di Venezia, Padiglione svizzero collettive / group 2006: Espace des arts plastiques, Saint-Dié-des-Vosges; 1ère Biennale du Havre; 2004: Fries Museum, Leeuwarden; Kunsthaus, Dresden; Musée du Jeu de Paume, Paris; Phoenix Art, Hamburg; 2003: Migros Museum, Zürich; 2002: Media Art / Sammlung Goetz, ZKM, Karlsruhe; 2001: Kunstverein, Frankfurt; 2000: Fondazione Teseco, Pisa; “Anteprima Bovisa”, PAC, Triennale, Milano Atelier Oï: Aurel Aebi (Oberdiesbach 1966), Armand Louis (Bienne 1966), Patrick Reymond (Bienne 1962) lavorano / work in La Neuveville Mostre selezionate / Selected exhibitions personali / solo 2006: Centro Culturale Svizzero, (CCS) Milano collettive / group 2005: “Criss & Cross”, Junior High School, Akihara, Tokyo; “Design Now”, Museum of Contemporary Art (MoCA), Shanghai; Neue Räume, Gastraum, Internationale Wohn- und Möbelausstellung, Zürich; 2004: Biennale de St. Etienne; Fiera Internazionale del Mobile, Milano; 2003: “Criss & Cross”, 5ª Biennale di Architettura, São Paulo; “Swiss Design – Traditionally Progressive”, Totem Design, New York; 2002: “Botte-Cul”, Fiera Internazionale del Mobile, Milano (itinerante: London, New York, San Francisco, Rotterdam); 1994: Musée des Arts Décoratifs, Lausanne borse di studio / grants 2000: Bourse Fédérale des Arts Appliqués, Suisse Bianco-Valente (Giovanna Bianco 1962), (Pino Valente 1967) vivono / live in Napoli Mostre selezionate / Selected exhibitions personali / solo 2005: Galleria VM21 artecontemporanea, Roma; 2003: Galleria Artiaco, Napoli; 2002: Galleria Artiaco, Pozzuoli; 2001: Galleria Antonella Nicola, Torino collettive / group 2006: Triennale di Milano; Central Academy of Fine Arts, Beijing; Guangdong Museum of Art, Canton; 2005: Palazzo delle Papesse, Siena; Trinitatiskirche, Köln; Fondazione Bevilacqua La Masa, Venezia; Palacio de Sástago, Zaragoza; Palazzo delle Arti, Napoli; 2004: Biennale d’Architettura di Venezia, 48º Festival di Musica Contemporanea; Museo Reina Sofía, Madrid; MACBA, Barcelona; Palazzo Te, Mantova; Galleria d’Arte Contemporanea Monfalcone; 2003: Kunsthaus Hamburg; Auditorium Parco della musica, Roma; MACRO Museum, Roma Daniele Buetti (Fribourg 1956) vive / lives in Zürich Mostre selezionate / Selected exhibitions personali / solo 2006: Aeroplastics Contemporary, Bruxelles; 2005: Kunstraum, Innsbruck; 2004: Henie- 144 Visioni del Paradiso Onstad Kunstsenter, Oslo; 2003: FRAC, Marseille; 1999: Museo Nacional Centro de Arte Reina Sofía, Madrid; 1998: Maison Européenne de la Photographie, Paris collettive / group 2006: Schirn Kunsthalle, Frankfurt; 2005: Museum der Moderne, Salzburg; 2004: Hayward Gallery, London; 2003: Kunsthalle Nürnberg; 2002: Berliner Kunstverein (itinerante: Hallescher Kunstverein, Museum Bochum); 2001: Kunstverein Hannover; 2000: Kunsthalle Nürnberg Davide Cascio (Lugano 1976) vive / lives in Lugano and Roma Mostre selezionate / Selected exhibitions personali / solo 2005: Borgovico 33, Como; Rialtosantambrogio, Roma; 2003: Artelier, Lugano collettive / group 2005: Accademia di Romania, Roma; Galerie AP4-Art, Genève; Seedamm-Kulturzentrum, Pfäffikon; 2004: Concorso Federale d’Arte, Basel; 2003: Museo Cantonale d’Arte, Lugano borse di studio / grants 2004-2006: Istituto Svizzero di Roma; 2005: Kunststipendium Vordemberge-Gildewart 1995: Galerie Raab, Berlin; Palazzo dell’Arengario, Milano; 1994: Ernst Muzeum, Budapest; 1991: Kunsthalle Hamburg; Fundacio Joan Miró, Barcelona; 1990: Galleria Civica, Modena; 1989: Centro per l’Arte Contemporanea Luigi Pecci, Prato; 1988: Kunsthaus, Zürich; Wiener Secession; Marlborough Gallery, New York; 1987: Lenbachhaus, München; 1986: Solomon R. Guggenheim Museum, New York; Centre Georges Pompidou, Paris; 1982: Kunsthaus, Zürich collettive / group 2003: DARC, Roma; 1996: XXIII Bienal Internacional de São Paulo; 1994: Museo Cantonale d’Arte, Lugano; Kunsthaus, Zürich; 1993: 45ª Biennale di Venezia; 1992: XII Quadriennale, Roma; 1989: Royal Academy, London; Centre Georges Pompidou, Paris; 1988: Haus der Kunst, München; 1987: Documenta 8, Kassel; 1986: Schirn Kunsthalle, Frankfurt; 1985: Art Gallery of Ontario, Toronto; XVIII Bienal International, São Paulo; 1984: Museum of Modern Art, New York; Stedelijk Museum, Amsterdam; 1983: Tate Gallery, London; 1982: IV Sidney Biennale; Documenta 7, Kassel; Zeitgeist, Berlin; 1980: 39ª Biennale di Venezia; XI Biennale de Paris; Kunsthalle Basel Linda Cuglia (Taranto 1975) vive a / lives in Roma Mostre selezionate / Selected exhibitions personali / solo 2005: Studio d’Arte Contemporanea il Poliedro, Taranto; 2002: Installazione temporanea, l’Isola del Cinema, Roma; 2001: Atelier dell’artista, il Cairo collettive / group 2006: Rialtosantambrogio, Roma; Trillino World, Roma; 2005: Spazio Wa BE 190 ZA, Roma; 2001: Golden Five Theater, Urgada (Egypt) Loris Cecchini (Milano 1969) vive / lives in Milano and Prato Mostre selezionate / Selected exhibitions personali / solo 2005: Photology, Milano; Galleria Max Estrella, Madrid; 2004: Palais de Tokyo, Paris; 2003: Galleria Continua, San Gimignano; Galleria Civica, Trento; 2001: Heidelberger Kunstverein; 1999: Galleria Claudia Gian Ferrari Arte Contemporanea, Milano; 1998: Palazzo delle Papesse, Siena Collettive / group 2005: Galleria Continua, San Gimignano & Beijing; 51ª Biennale di Venezia (Premio per la giovane arte italiana 2004-2005); Musée d’Art Moderne St. Etienne Métropole; 2004: PAC, Milano; Centro per l’Arte Contemporanea Luigi Pecci, Prato; Palazzo Te, Mantova; Angel Row Gallery, Nottingham; 2003: Friedrich Petzel Gallery, New York; Finesilver Gallery, San Antonio, Texas; Galerie Georges-Philippe & Nathalie Vallois, Paris; Museion, Bolzano; 2002: Galleria Civica di Arte Contemporanea e MART, Palazzo delle Albere, Trento; 2001: Lenbachhaus-Kunstbau, München; Gana Art Center, Seoul; 49ª Biennale di Venezia; Biennale di Valencia; Lombard-Freid Fine Arts, New York; Galleria Civica, Bolzano; 2000: Biennale di Taiwan, Taipei; De Chiara / Stuart Gallery, New York; Fondazione Bevilaqua La Masa, Venezia; 1999: Fondazione Michetti, Pescara; Galleria Civica, Bolzano; Ludwig Museum, Köln; XIII Quadriennale, Roma; Fondazione Adriano Olivetti, Roma; 1998: Galleria Ciocca, Milano; 1997: Triennale, Milano; 1995: Openspace, Milano Paola Di Bello (Napoli 1961) vive / lives in Milano Mostre selezionate / Selected exhibitions personali / solo 2006: Studio G7, Bologna; 2004: The Agency Gallery, London; Fondazione Sandretto Re Rebaudengo, Torino; 2003: Galleria Artopia, Milano; 2002: Cortile di Palazzo Brera, Milano; 1999: Galleria Luciano Inga-Pin, Milano; 1997: Care of, Cusano Milanino collettive / group 2006: Isola Art Center, Milano; 2005: Hangar Bicocca, Milano; Palazzo Strozzi, Firenze; Villa Manin, Passariano; Stadio di San Siro, Milano; 2004: Le Magasin, Grenoble; Museo d’arte contemporanea di Villa Croce, Genova; La Manufacture des Oeillets, Ivry-sur-Seine; 2003: 50ª Biennale di Venezia; Palazzo Bricherasio, Torino; Cinéma l’Arlequin, Paris; Podewil Art Center, Berlin; 2002: Fondazione Sandretto Re Rebaudengo, Torino; Madga Denisz Galerie, Paris; Iraqi Union Photography, Baghdad; 2001: SESC Pompeia, São Paulo; Künstlerhaus, Dortmund; Centrum Beeldende Kunst, Rotterdam; 2000: Shedhalle, Zürich; 1999: Melbourne International Biennial Enzo Cucchi (Morro d’Alba 1949) vive a / lives in Roma and Ancona Mostre selezionate / Selected exhibitions personali / solo 1998: Galleria Nazionale d’Arte Moderna, Roma; 1999: Deichtorhallen, Hamburg; Tel Aviv Museum of Art; 1997: Galleria d’Arte Moderna, Bologna; Sonja Feldmeier (Rosenheim 1965), vive a / lives in Basel Mostre selezionate / Selected exhibitions personali / solo 2006: Centro Culturale La Rada, Locarno; Ruzicska/Weiss, Galerie für zeitgenössische Kunst, Düsseldorf; 2005: o.T. Raum für aktuelle Kunst, Luzern; Galerie Parisa Kind, Frankfurt; 2003: Wrong Gallery, New York (con / with Christoph Büchel); 2001: Kunsthaus Aarau collettive / group 2006: Apexart, New York; Galerie Kugler, Innsbruck; 2004: Goliath Visual Space, Brooklyn; White Space, Zürich; 2003: “Art en plein air”, Môtiers; 2002: Villa Elisabeth / Lisa Lounge, Berlin; Kunsthaus Palazzo, Liestal; Z 33, Hasselt; 2001: Luckman Gallery, Los Angeles; P.S.1 Clocktower Gallery, New York (con / with Christoph Büchel); 2000: Contemporary Art Center, Vilnius; Kunsthaus Baselland, Muttenz; Akademie der Künste, Berlin Sylvie Fleury (Genève 1961) vive / lives in Genève Mostre selezionate / Selected exhibitions personali / solo 2004: Galerie Eva Presenhuber, Zürich; 2003: Galerie Chouakri Brahms, Berlin; 2002: Thaddaeus Ropac, Paris; 2001: Le Magasin, Grenoble; ZKM, Museum für Neue Kunst, Karlsruhe; 2000: Galerie Hauser & Wirth & Presenhuber, Zürich; Elisabeth Cherry Contemporary Art, Tuscon; 1999: Museion, Bolzano; 1998: Migros Museum für Gegenwartskunst, Zürich; 1996: Le Case d’Arte, Milano; 1995: Galerie Art & Public, Genève; Museum of Contemporary Art, Chicago; Galerie Gilbert Brownstone & Cie, Paris; 1993: Guggenheim Museum Soho, New York; Galerie Bob van Orsouw, Zürich; Neue Galerie am Landesmuseum Joanneum, Graz; Galleria Davide Paludetto, Torino; 1992: Galerie Porte-Avion, Marseille collettive / group 1998: Kunsthaus Zürich; Schirn Kunsthalle, Frankfurt; Triennale, Milano; Kunsthaus Bregenz; Centre Georges Pompidou, Paris; Migros Museum für Gegenwartskunst, Zürich; XXIV Bienal Internacional de São Paulo; 1997: Künstlerhaus Bremen; Deichtorhallen, Hamburg; Le Magasin, Grenoble; Fri-Art, Fribourg; CAN, Centre d’Art Contemporain, Neuchâtel; Museum für Gegenwartskunst, Basel; 1996: Gian Ferrari Arte Contemporanea, Milano; Kunsthalle Bern; Centre d’Art Contemporain, Genève; Kunsthalle Kiel; Helmhaus Zürich; 1995: MAMCO, Genève; Palais des Beaux-Arts, Bruxelles; Centre Georges-Pompidou, Paris; Haus der Kunst, München; 1994: Centre PasquArt, Biel; Kunsthalle Palazzo, Liestal; Museo Nacional Reina Sofia, Madrid; Steirischer Herbst, Graz; Deichtorhallen, Hamburg; In Vitro, Genève; 1993: Castello di Rivoli; Schirn Kunsthalle, Frankfurt; 45ª Biennale di Venezia; Galleria Massimo Minini, Brescia; Peggy Guggenheim Collection, Venezia; Guggenheim Museum Soho, New York; 1992: Galerie Gilbert Brownstone, Paris; Shedhalle, Zürich; Museo d’Arte Contemporanea, Prato; Kunsthalle Düsseldorf; Museo d’Arte Contemporanea, Prato; Castello di Rivoli; 1991: Villa Arson, Nice Mirjam Fruttiger (Uster 1970) vive / lives in Paris Mostre selezionate / Selected exhibitions 2006: Galerie Artcore, Paris; Castel Nuovo di Farfa, “Le Vivat”, scène conventionnée de danse et de théâtre, Armentières; 2005: Villa Medici, Roma; Central Saint Martins, London; Galerie Gauche, Ecole des Beaux Arts, Paris Performances 2005: Centre Chorégraphique National de Rennes et de Bretagne; Centre National de la Danse, Paris borse di studio / grants 2005-2006: Villa Medici, Roma Andrea Galvani (Verona 1973) vive / lives in Milano and Bologna Mostre selezionate / Selected exhibitions personali / solo 2005: Artopia, Milano; 2004/2002: Galleria Arte Ricambi, Verona; 2001: Studio Ercolani, Bologna; 1999: The Image, Bilbao; Galeria Sala Araba, Vitoria collettive/ group 2006: The Flat, Villa Noris, Villafontana di Bovolone; G.A.M, Galleria Comunale, Castel S. Pietro Terme; Pinacoteca Comunale, Imola; Galleria Arte Ricambi; Galleria Biagiotti, Bologna; Careof, Milano; 2005: Istituto di Cultura Casa Giorgio Cini, Ferrara e Villa delle Rose, Bologna; Viafarini, Milano; 2004: Biagiotti Progetto Arte, Firenze; Galleria Arte Ricambi, Torino; Galleria Civica, Valdagno; “On Air”, itinerante: Kunst Meran, Haus der Sparkasse, Merano, Fortino Sant’Andrea, Bari, Centro d’Arte Contemporanea Luigi Pecci, Prato, MACRO, Roma, Galleria Comunale d’Arte Contemporanea, Monfalcone; 2003: Galleria Comunale d’Arte Contemporanea, Monfalcone; 2002: Centro d’Arte Contemporanea Bellinzona; Museo Provinciale, Potenza; 2001: Chiostro di S. Pietro, Reggio Emilia; 1998: Art Studio EM, Ravenna; 1997: Museo Casa Oriani, Casolavalsenio; Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea Palazzo Forti, Verona Flor Garduño (Città del Messico 1957) vive / lives in Stabio Mostre selezionate / Selected exhibitions personali / solo 2006: Scottsdale Museum of Contemporary Art; 2005: Mai Manó, Hungarian House of Photography, Budapest; Centre for Contemporary Art, Ujazdowski Castle, Warsaw; 2004: Mois de la Photographie, Paris; 2003: Centro Culturale Svizzero, Milano; Museo Comunale d’Arte Moderna, Ascona; GAM, Bologna, 2001: Throckmorton Gallery, New York; 2000: Museum of Contemporary Photography, Chicago; 1999: Museo Municipal de Bellas Artes, Montevideo; Centro Ceremoniál de America Latina, São Paulo; 1998: Museo de Bellas Artes, Buenos Aires; Museo Nacional de Bellas Artes, Santiago de Chile; 1997: Museo de Bellas Artes, Caracas; Museo Nacional de Colombia, Bogotà; 1994: Meadows Museum of Art, Dallas; 1993: Fotofest Houston; Musée des Elysées, Lausanne; Center of Creative Photography, Tucson; 1986: Mois de la Photographie, Paris; 1985: Galería de Arte Contemporaneo, Ciudad de Mexico; 1982: Galería José Clemente Orozco, Ciudad de Mexico collettive / group 2006: VISARTE, Spazio Officina, Chiasso; 2005: Musée de l’Élysée, Lausanne; 2004: Philadelphia Museum of Art; 2003: Sotheby’s, New York; 2002: Galerie Camera Work, Berlin; 2001: GAM, Bologna; 1999: IVAM Valencia; 1997: Kunsthaus, Zürich; Brooklyn Museum of Art, New York; 1996: Art Gallery of the University of Scranton, Pennsylvania; 1995: Fuller Museum of Art, Brockton; 1993: Eugene W. Smith Memorial Fund Inc., New York; 1992: Casa de las Americas, Madrid; 1991: Rencontres Internationales de la Photographie, Arles; 1990: Fotofest, Houston; 1989: Museo de Arte Moderno, Ciudad de Mexico; 1988: Month of International Art in Chicago; 1987: Centro Bellas Artes Mexicanas, Chicago; 1986: Galerie du Musée de la Photographie, Charleroi Piero Gilardi (Torino 1942) vive /lives in Torino Mostre selezionate / Selected exhibitions personali / solo 2006: Galleria Civica d’Arte Moderna, Modena; 2005: Galleria Centro Steccata, Parma; 2004: Galleria Patrizia Poggi, Ravenna; 2003: Galleria Biasutti & Biasutti, Torino; 1998: Galleria Minini, Brescia; 1994: Galerie Di Meo, Paris; 1991: Sperone Westwater Gallery, New York; 1990: Galleria Civica di Arte Contemporanea di Trento; 1989: Musée des Arts Décoratifs, Paris; 1984: Galleria Toselli, Milano; 1967: Ileana Sonnabend Galerie, Paris; 1966: Galleria Sperone, Torino collettive/ group 2006: Galleria Civica d’Arte Moderna e Contemporanea, San Donà di Piave; Museum in Motion, San Pietro in Cerro; Museo della Permanente, Milano; 2005: Centro Internazionale per l’Arte Contemporanea, Genazzano; Castello Sforzesco, Milano; 2003: Musée d’Art Moderne, Lille; Biennale d’Art Contemporain de Lyon; MAMCO, Genève; 2002: Spazio Oberdan, Milano; Tate Modern, London; Hirshhorn Museum and Sculpture Garden, Washington; 2001: Palazzo delle Esposizioni, Roma; Galleria Comunale d’Arte Moderna, Roma; 2000: Le Consortium, Dijon; 1999: XIII Quadriennale, Roma (2º Premio); 1995: Multimediale 4, ZKM, Karlsruhe; 1993: 45ª Biennale di Venezia; 1992: Centro di Video Arte, Ferrara; 1990: Castello di Volpaia; 1990: “La otra escultura”, Madrid, Barcelona, Darmstadt; 1968: Walker Art Center, Minneapolis Nic Hess (Zürich 1968) vive / lives in Zürich Mostre selezionate / Selected exhibitions personali / solo 2005: The Project, Los Angeles; 2004: Haus der Kunst, München; 2003: Viafarini, Milano; Kunsthaus Baselland; Swiss Institute, New York; 2002: Kunstmuseum Winterthur; 2001: The Fruitmarket Gallery, Edinburgh; Serge Ziegler Galerie, Zürich; The Project, New York; 2000: Kunst-Werke Berlin; Queen’s Museum, New York; The Drawing Center’s Drawing Room, New York; 1998: Walcheturm, Zürich collettive / group 2004: Staatliche Kunsthalle BadenBaden; 2003: Walker Art Center, Minneapolis; Museo de Arte Moderno, Buenos Aires; 2002: Kunstmuseum Bern; Busan Biennial, Korea; P.S.1, New York Norma Jeane (Los Angeles 1962) Mostre selezionate / Selected exhibitions personali / solo 2005: Kunstverein, Freiburg; Swiss Institute, New York; 2004: Helmhaus, Zürich collettive / group 2006: Galleria Continua, Beijing; 2005: Martin-Gropius Bau, Berlin; GCAC Trento; 2003: Fondazione Ambrosetti, Palazzolo sull’Oglio 2002: 145 MoMA Queens, New York; 2001: P.S.1 Clocktower Gallery, New York; Italian Studio Program 2000-2002, Palazzo delle Esposizioni, Roma Zilla Leutenegger (Zürich 1968) vive /lives in Zürich Mostre selezionate / Selected exhibitions personali / solo 2006: Galerie Peter Kilchmann, Zürich; Kunsthalle Wien; ZKM, Karlsruhe; Saarlandmuseum, Saarbrücken; Galerie Joanna Kamm, Berlin; 2005: Centro Galego de Arte Contemporánea, Santiago de Compostela; Spencer Brownstone Gallery, New York; 2004: Fundació “La Caixa”, Barcelona; Galería Vacio 9, Madrid; Bündner Kunstmuseum, Chur; Galerie Peter Kilchmann, Zürich; 2003: Halle für Kunst, Lüneburg; Galerie Stampa, Basel; Galerie Joanna Kamm, Berlin; FACT, Centre Gallery Two, Liverpool; Spencer Brownstone Gallery, New York; Emanuel Tschumi, Basel collettive / group 2006: SESC Avenida Paulista, São Paulo; Caixa Forum, Barcelona; Haus der Kunst, München; Galerie Kamm, Berlin; 2005: Kunstverein Nürnberg; Kunsthalle Zürich; 11e Biennale de l’image en mouvement, MAMCO, Genève; Palazzo delle Papesse, Siena; Palazzo Strozzi, Firenze; Centre d’Art Contemporain, Genève; Fri-Art, Fribourg; Cabaret Voltaire, Zürich; Yokohama Museum of Art; 21 Century Museum of Contemporary Art, Kanazawa; Zendai Museum of Modern Art, Shanghai; Aichi Arts Center, Nagoya; Museion, Bolzano; Tate Modern, London; World Expo 2005, Swiss Pavilion, Aichi; Cobra Museum, Amsterdam; Musée de Carouge, Genève; Spencer Brownstone Gallery, New York; 2004: Kunsthalle Fridericianum, Kassel; Gwangju Biennial, Gwangju; Helmhaus, Zürich; Aargauer Kunsthaus, Aarau; FRAC Champagne-Ardenne, Reims; Museum am Ostwall, Dortmund; Contemporary Art Centre, Vilnius; Galerie Stampa, Basel; Kunstmuseum Solothurn; Galerie Museum, Bolzano Franco Losvizzero (Roma 1973) vive / lives in Roma Mostre selezionate / Selected exhibitions personali / solo 2005: Galleria Altri Lavori In Corso, Roma collettive / group 2006: ISA Istituto Antincendi, Roma; Palazzo Pretorio, Certaldo; 2005: La Casa Del Cinema, Roma; “L’arte riparte”, Roma; Comune di Casalecchio, Bologna; Palazzo della Ragione, Milano; Galleria Sergio Tossi Arte Contemporanea, Firenze; Flash Art Show, Milano; “L’arte riparte”, Napoli; Galleria Altri Lavori In Corso, Roma; 2004: “L’arte riparte”, Roma borse di studio / grants 2000: Atlantic Center for the Arts, New Smyrna Beach, Florida Lutz & Guggisberg, Andres Lutz (Wettingen 1968), Anders Guggisberg (Biel 1966) vivono / live in Zürich Mostre selezionate / Selected exhibitions personali / solo 2006: Galleria Monica De Cardenas, Milano; Galerie Friedrich, Basel; 2005: Anna Helwing Gallery, Los Angeles; Institut für moderne Kunst, Nürnberg; 2004: Kunsthalle Zürich; Galerie Friedrich, Basel; Attitudes, Genève; 2003: Anna Helwing Gallery, Los 146 Visioni del Paradiso Angeles; Villa Merkel, Galerien der Stadt Esslingen am Neckar; 2002: Kunstmuseum Thun; Kunstmuseum St. Gallen; 2001: Hotcocolab, Los Angeles; 2000: Raum für aktuelle Kunst, Luzern; Kleines Helmhaus, Zürich; 1997: Message Salon, Zürich collettive / group 2006: Kunstmuseum St. Gallen; Musée CoCo, Kunstmuseum Thun; Bergen Kunsthall; 2005: Krinzinger Projekte, Wien; Migros Museum für Gegenwartskunst, Zürich; Gesellschaft für aktuelle Kunst, Bremen; Kunstmuseum Thun; 2004: Filiale Basel; 2003: Museo de Arte Moderno, Buenos Aires; Galerie Bob van Orsouw, Zürich; Museum für Gestaltung, Zürich; Môtiers 2003; Centre PasquArt, Biel; 2002: Helmhaus Zürich; Museum für Kommunikation, Bern; Musée de Design et d’Arts Appliqués contemporains, Lausanne; 2001: Kunstraum Walcheturm, Zürich; Centraal Museum, Utrecht; Forum Claque, Baden; Glassbox, Paris; 2000: Kunsthalle St. Gallen; Fri-Art, Fribourg; 1998: Kunsthaus Zürich; Schirn Kunsthalle, Frankfurt borse di studio / grants 2005: Prix Meuly Thun; 2002, 2001, 1999: Eidgenössischer Preis für freie Kunst; 2001, 2000, 1999: Kunststipendium der Stadt Zürich; 2002: Manor-Kunstpreis St. Gallen Gérald Minkoff (Genève 1937) & Muriel Olesen (Genève 1948) vivono / live in Genève and l’Abocet Mostre selezionate / Selected exhibitions 2006: “Photo Suisse”, Museo comunale di arte moderna, Ascona, Casa Rusca, Locarno; Biennale d’Art Contemporain, Le Havre; Seedamm Kulturzentrum, Pfäffikon; 2003: Galerie Focale, Nyon; 2002: PAC, Milano; Musée des Ursulines, Mâcon; 2001: Bibliothèque de la Ville, Bordeaux; Museum of Fine Art and Mediatheque, Sendai; Musée d’Ethnographie, Genève; 2000: Musée d’Art et d’Histoire, Belfort; 1996: The Albuquerque Museum of Art, New Mexico; 1991: Musée de l’Elysée, Lausanne; 1986: Centre International d’Art Contemporain, Montréal Victorine Müller (Grenchen 1961) vive a / lives in Zürich Mostre e performance selezionate / Selected exhibitions and performances 2006: Jil Project, Lausanne; 2005: Kunstmuseum Luzern; Théâtre Arsenic, Lausanne; 2004: Kunstmuseum Solothurn; Künstlerhaus Bethanien, Berlin; 2003: Centre Culturel Suisse, Paris; Centre PasquArt, Biel; 2002: Hamburger Kunsthalle; Museum Bellerive, Zürich; High Calibre Performance-Festival, Berlin; Kunstmuseum, Bern; 2001: Bunkier Sztuki Kraków; Museum Belvedere, Wien; Musée d’Art et d’Histoire, Fribourg; 2000: ICA, London; Kunsthaus Grenchen; L’Usine, Genève; 1999: Kunstmuseum Basel; Location One, New York; 1998: Künstlerhaus Mousonturm, Frankfurt; Kunsthaus, Zürich; 1997: Shedhalle, Zürich; Jüdisches Museum, Hohenems; 1994: Steirischer Herbst, Graz borse di studio / grants 2005: Preis für Performance, Kanton Solothurn; 2004: Kunstpreis Walter-BorrerStiftung; 2003: Werksemester Stiftung Landis & Gyr, London; 2002: Alexander Clavel Förderpreis; 2001: Atelier “Stiftung die Höge”, Bremen; Stipendium Künstlerhaus Bethanien Berlin; 2000: Kunststipendium der Stadt Zürich; Eidgenössischer Preis für freie Kunst; Preis Kultur- und Sportfonds Regiobank Solothurn; 1998: Istituto Svizzero di Roma Chris Murner (Genève 1962) vive a / lives in Carouge Mostre selezionate / Selected exhibitions personali / solo 2003/1996/1993: YvArt, Yverdonles-Bains; 1995: Centre d’Arts appliqués, Genève collettive / group 2006: Musée de l’Hôtel de Ville d’Yverdon; Halles de la Fonderie, Carouge; Palais du Devenir, Meyrin; 2005: SEMA, Paris; Centro Culturale Svizzero, Milano; 2004: Halles de la Fonderie, Carouge 2000: YvArt, Yverdon-les-Bains; 1997: Musée des Arts Décoratifs, Lausanne borse di studio / grants 2003: Prix de l’Artisanat Genevois; 1991: Prix Micheline Brunschwig pour les arts appliqués, Genève Mimmo Paladino (Paduli 1948) vive / lives in Paduli and Roma Mostre selezionate / Selected exhibitions personali / solo 2003: Galleria Stein, Milano; 2002: Galerie Thaddaeus Ropac, Paris; Centro per l’Arte Contemporanea Luigi Pecci, Prato; 2001: Boca Raton Museum of Art, Florida; 2000: Artiscope II, Bruxelles; 1999: MAM Museum of Modern Art, Rio de Janeiro; South London Gallery; 1998: DuMont Kunsthalle, Köln; 1997: Fondazione Stelline, Milano; 1996: Les Musées de la Ville, Strasbourg; 1994: Galerie Daniel Templon, Paris; National Gallery of Fine Arts, Beijing; 1992: Galleria Civica di Arte Contemporanea, Trento; 1990: Galleria Comunale d’Arte Moderna, Bologna; Palais des Beaux-Arts, Charleroi; 1988: Galleria Gian Enzo Sperone, Roma; Galleri Wallner, Malmö; 1986: Institute of Contemporary Art, Boston; 1985: Städtische Galerie im Lenbachhaus, München; 1982: Louisiana Museum of Modern Art, Humlebæk; Museumsverein, Wuppertal; 1981: Kunsthalle Basel; Stedelijk Museum, Amsterdam; 1979: Centre d’Art Contemporain, Genève; 1976: Nuovi Strumenti, Brescia collettive / group 2000: Galerie Jamileh Weber, Zürich; 1999: Tel Aviv Museum, Tel Aviv; 1995: “Fuori uso”, Pescara; 1994: The Irish Museum of Modern Art, Dublin; Trevi Flash Art Museum; 1993: Salzburger Festspiele; 1991: Gian Ferrari Arte Contemporanea, Milano; Studio d’Arte Cannaviello, Milano; Musée d’Art Contemporain, Pully, Lausanne; 1990: Martin Gropius-Bau, Berlin; Sperone Westwater, New York; 1989: Museum des 20. Jahrunderts, Wien; Royal Academy of Arts, London; 1988: Centro per l’Arte Contemporanea Luigi Pecci, Prato; 43ª Biennale di Venezia; Haus der Kunst, München; 1986: Städtische Galerie im Lenbachhaus, München; Frankfurter Kunstverein; 1985: Palazzo della Permanente, Milano; Institute of Contemporary Art, Philadelphia; Hirshhorn Museum and Sculpture Garden, Washington; XXXIX Bienal de São Paulo; 1984: MoMA, New York; MoMA, San Francisco; Walker Art Center, Minneapolis; 1983: Fundacio Joan Miró, Barcelona; Bonner Kunstverein; Palazzo Reale, Milano; Galerie Beyeler, Basel; Tate Gallery, London; 1982: Documenta 7, Kassel; Rotonda di via Besana, Milano; MartinGropius Bau, Berlin; 1980: Stedelijk Museum, Amsterdam; 24ª Biennale di Venezia Mai-Thu Perret (Genève 1976) vive / lives in Genève Mostre selezionate / Selected exhibitions personali / solo 2006: The Renaissance Society, Chicago; Chisenhale Gallery, London; Galerie Barbara Weiss, Berlin; 2005: Galerie Praz-Delavallade, Paris; Centre d’Art Contemporain, Genève; 2003: Galerie Francesca Pia, Bern; 2002: The Modern Institute, Glasgow; Glassbox, Paris; 2001: Le Studio, Neuchâtel. collettive / group 2006: Neue Kunsthalle, St. Gallen; Wexner Center for the Arts, Colombus, Ohio; Elizabeth Dee Gallery and QUED, New York, Los Angeles; West London Projects; Galerie Edouard Manet, Gennevilliers; Royal College of Art, London; La Générale, Paris; Usine, Genève; Centre d’art Mira Phalaina, Maison Populaire, Montreuil; Grazer Kunstverein, Graz; Centre PasquArt, Bienne; 2005: Centre d’Art Contemporain, Genève; CCA, Glasgow; Frankfurter Kunstverein; National Arts Center, Tbilissi; Air de Paris; Artist Space, New York; New Langton Arts Center, San Francisco; 2004: Swiss Institute, New York; Galerie Peter Kilchmann, Zürich; Karvasla, Tbilissi; Helmhaus, Zürich; Champion Fine Arts, Brooklyn, New York; 2003: Secession, Vienna; Fia Backström Productions, Brooklyn; Kunsthaus Glarus; Künstlerhaus Thurn und Taxis, Bregenz; 2002: Historisches Museum Murten, (Expo 02); 2001: Galerie Francesca Pia, Bern; Musée des Beaux-Arts de Lausanne, Espace Arlaud, Lausanne; Alimentation Générale Art Contemporain, Luxembourg; Galeria Javier Lopez, Madrid; 2000: Air de Paris; Fri-Art, Preview for Museum of Contemporary Art Tucson, Fribourg borsa di studio / grant 2004: Federal Award of Art, Switzerland Piero Pizzi Cannella (Rocca di Papa 1955) vive / lives in Roma Mostre selezionate / Selected exhibitions personali / solo 2004: Teatro India, Roma; Hôtel des Arts, Centre Méditerranéen d’Art, Conseil Général du Var, Toulon; 2002: Castello Colonna, Centro Internazionale d’Arte Contemporanea, Genazzano; 2001: Museo Archeologico Regionale, Aosta; 1997: Complesso museale Spedale di Santa Maria della Scala, Siena; 1991: Museo Civico di Gibellina, Case di Santo Stefano; 1989: Moderna Galerija, Mala Galerija, Ljubljana; 1987: Galerie Triebold, Basel; 1985: Annina Nosei Gallery, New York; 1977: Galleria La Stanza, Roma. collettive / group 2005: Kunsthalle Göppingen; 2003: Beijing International Art Biennial; 2001: Palazzo della Farnesina, Roma; 1996: XII Quadriennale, Roma; 1989: Académie de France, Villa Medici, Roma; 1988: Mathildenhöhe, Darmstadt; 1987: International Biennial Print Exhibit, Taipei; 1985: Nouvelle Biennale de Paris; Museu de Arte de São Paulo; 1988: 43ª Biennale di Venezia Philippe Rahm (Pully 1967) vive / lives in Paris Mostre selezionate / Selected exhibitions personali / solo 2006: Canadian Centre for Architecture, Montréal, Canada; 2005: Centre Culturel Suisse, Paris; FRAC Centre, Orléans; 2004: CCA, Kitakyushu; 2002: 8ª Biennale d’Architettura di Venezia collettive / group 2005: Centre Georges Pompidou, Paris; AA School, London; Mori Art Museum, Tokyo; 2003-2004: Centre Georges Pompidou, Paris; 2002: Biennal de Valencia; 2001: Musée d’Art Moderne de la Ville de Paris; 010101 Art in Technological Times, MoMA, San Francisco; 2000: Archilab, Orléans Sara Rossi (Milano 1970) vive a / lives in Milano Mostre selezionate / Selected exhibitions personali / solo 2005: Galleria Nicola Fornello, Prato; 2003: Italian Academy, Columbia University, New York; 2001: Galleria Antonella Nicola, Torino; Galleria Zero, Piacenza; 1999: Galleria Le Case d’Arte, Milano; Facsimile, Milano collettive / group 2006: GAM, Bologna; Raccolte Fotografiche Modenesi, Modena; 2005: Castello di Linari, Siena; Galerie d’Exposition du Théâtre de Privas; Ex stabilimento Gea, Milano; 2004: Palazzo Te, Mantova; 2003: Collezione permanente MAXXI - DARC Roma; 50ª Biennale di Venezia; 7ª Biennale de Lyon; Gallerie Anne de Villepoix, Paris; Ecomuseo di Rorà, Villar Pellice; 2002: Fondazione Sandretto Re Rebaudengo, Torino; Galleria Civica di Monfalcone; Galleria Civica Arte Contemporanea Montevergini, Siracusa; Galleria d’Arte Moderna, Torino; Openspace, Milano borse di studio / grants 2003: Premio del Pubblico, “Premio Giovane Arte Italiana”, Padiglione Venezia, 50ª Biennale di Venezia; 2002/2003: Premio Giovane Arte Italiana, Collezione MAXXI Roma (finalista); 2002: Premio New York, Italian Academy, Columbia University, New York, Ministero degli Affari Esteri, Roma Kerim Seiler (Bern 1974) vive / lives in Zürich Mostre selezionate / Selected exhibitions personali / solo 2005: Weiss Galerie für zeitgenössische Kunst, Düsseldorf; 2004: Galerie Susanna Kulli, Zürich collettive / group 2005: Migros Museum für Gegenwartskunst, Zürich; Neue Kunsthalle, St. Gallen; 2002: Kunsthalle, Zürich; 2001: Migros Museum für Gegenwartskunst, Zürich; Kunsthalle, Zürich; 1999: Neue Kunsthalle St. Gallen; 1998: Kunsthaus, Zürich Gerda Steiner (Ettiswil 1967) & Jörg Lenzlinger (Uster 1964) vivono / live in Uster Mostre selezionate / Selected exhibitions 2006: Artium, Fukuoka; 2005: Maison Rouge, Paris; Stiftsbibliothek St. Gallen; 2004: Watari Museum of Contemporary Art, Tokyo; 21st Century Museum of Contemporary Art, Kanazawa; 2003: La Casa Encendida, Madrid; 50ª Biennale di Venezia; 2002: Galerie Stampa, Basel, Art Unlimited 33/2002; Heimatfabrik Murten, Expo 02; 2001: Kunstraum Walcheturm, Zürich; The Contemporary Arts Center, Cincinnati Costa Vece (Herisau, 1969) vive a / lives in Zürich and Berlin Mostre selezionate / Selected exhibitions personali / solo 2006: Kunstmuseum, Solothurn; Box, Wien; 2005: Galleria Franco Noero, Torino; Attitudes, Genève; 2004: Kunsthalle Schirn, Frankfurt; Centre d’Art Santa Monica, Barcelona; 2003: Galerie Peter Kilchmann, Zürich; 2001: Migros Museum für Gegenwartskunst, Zürich collettive / group 2006: “Paradossi dell’amicizia”, O’Artoteca, Milano; XIII Rohkunstbau, Gross Leuthen; 2005: Martin Gropius Bau, Berlin; “Sense and Sensibility”, São Paulo; Museum Amstelven, Amsterdam; 2003: Museion, Bolzano; Migros Museum für Gegenwartskunst, Zürich; Alcalá 31, Contemporary Art Center, Madrid; 2002: Ormeau Baths Gallery, Belfast; 1999: 48ª Biennale di Venezia Not Vital (Sent 1948) vive / lives in Sent, Lucca, New York, Agadez Mostre selezionate / Selected exhibitions personali / solo 2005: Galerie Thaddaeus Ropac, Paris; 2004: Caratsch de Pury & Luxembourg, Zürich; 2003: Museo Cantonale d’Arte, Lugano; 2002: Museum zu Allerheiligen, Schaffhausen; Galerie Guy Bärtschi, Genève; 2000: Nils Staerk Galerie, Copenhagen; Galerie Luciano Fasciati, Chur; 1999: Baron/Boisanté Gallery, New York; 1997: Konsthall Malmö; Kunsthalle Bielefeld; 1995: Galleria Gian Enzo Sperone, Roma; 1994: Kunsthalle, Basel; 1992: Studio Guenzani, Milano; Viafarini, Milano; 1991: Bündner Kunstmuseum, Chur; 1990: Musée Rath, Genève; 1989: Akhnaton, il Cairo; Centre Culturel Suisse, Paris; 1988: Kunstmuseum, Luzern; Swiss Institute, New York; 1987: Galerie Rudolf Zwirner, Köln; 1985: Galerie Barbara Farber, Amsterdam; 1982: Gimpel-Hanover & André Emmerich Galerien, Zürich; Kunsthaus Glarus; 1981: Albert White Gallery, Toronto; 1972: Galleria Diagramma, Milano collettive / group 2004: Bündner Kunstmuseum, Chur; Cleveland Museum of Art; 2002: Heidelberger Kunstverein; 2001: 49ª Biennale di Venezia; Galerie Guy Bärtschi, Genève; 2000: Sperone Westwater, New York; Baron/Boisanté Gallery, New York; 1999: Kunstmuseum Thun; 1996: MoMA, New York; Guggenheim Museum, New York; 1991: Galerie Thaddaeus Ropac, Salzburg; 1989: National Gallery of Art, Washington; Brooke Alexander Editions, New York; Brooklyn Museum, New York; Centre Culturel Suisse, Paris; 1988: Metropolitan Museum of Art, New York; 1987: Städtische Kunsthalle, Düsseldorf; Leo Castelli Gallery, New York; Sonnabend Gallery, New York; 1984: Margo Leavin Gallery, Los Angeles; 1983: Nature Morte Gallery, New York; 1977: Städtische Galerie zum Strauhof, Zürich 147 Questo volume è stato stampato per conto di Mondadori Electa S.p.A. presso lo stabilimento Mondadori Printing S.p.A., Verona, nell’anno 2006.