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APRILIA CAPONORD RALLY 1200

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APRILIA CAPONORD RALLY 1200
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Numero 189
10 Marzo 2015
91 Pagine
MXGP Thailandia
Le cronache e
i commenti delle gare
vinte da Villopoto
e Cairoli
Periodico elettronico di informazione motociclistica
MotoDays
Le novità e gli eventi
della settima edizione
organizzata alla Fiera
di Roma
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Prove
Kawasaki Versys 650
Agile, accessibile,
comoda e brillante
| PROVA MAXI ENDURO |
APRILIA
CAPONORD
RALLY 1200
da Pag. 2 a Pag. 15
All’Interno
NEWS: Honda SH 300 2015 | M. Clarke L’era dei cilindri in quadrato nei GP | N. Cereghini Se ce l’abbiamo fatta una
volta… | MOTOGP: La Aprilia RS-GP di Melandri e Bautista | DopoGP Test Sepang 2 | SBK: Ancora Bayliss, è giusto?
Aprilia Caponord Rally 1200 PREGI
Sospensioni, motore e comfort
DIFETTI
Frizione e strumentazione
Prezzo 17.050 €
PROVA MAXI ENDURO
APRILIA
CAPONORD
RALLY 1200
La maxi enduro italiana si conferma una moto da
turismo al top grazie all’ottima ciclistica, qui con
l’inedita ruota anteriore da 19”. E’ molto sicura grazie
alle sospensioni attive, all’ABS e al controllo
di trazione. Il motore da 125 cavalli ha tanta potenza e
non scalda, mentre il cambio è rapportato un po’ lungo
di Andrea Perfetti
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Periodico elettronico di informazione motociclistica
Prove
Media
L
a Casa di Noale dà retta alla
clientela e introduce in gamma
la Caponord Rally 1200. Rispetto
alla validissima Caponord 1200
Travel Pack (leggi qui la nostra
recente prova), la Rally non è
un semplice restyling. E’ molto di più. Cambiano infatti le ruote (qui a raggi tubeless con un
brevetto Aprilia del 2001), davanti al posto della
stradalissima da 17” debutta quella da 19” e di
conseguenza variano anche le quote del cannotto di sterzo, i piedini della forcella (qui a perno
avanzato) e il radiatore (ricurvo per ospitare la
ruota più grande). Crescono le dimensioni del
parabrezza (sempre regolabile, con un’escursione di 5 cm), ci sono i fari a LED, le barre di protezione del motore e le borse laterali da 33 litri.
Troviamo confermata la dotazione tecnologica
di prim’ordine della Travel Pack, che comprende
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le sospensioni semi attive ADD, il cruise control,
il controllo di trazione e l’ABS (entrambi facilmente disinseribili). Ci sono i paramani, mentre
sono optional il cavalletto centrale e le manopole
riscaldabili. Il prezzo di listino è da ammiraglia
(17.050 euro), ma in questo segmento la Caponord Rally è tra le più vantaggiose (la BMW
R1200GS, per citarne una, sfiora i 20.000 euro
con la stessa dotazione). Ma non pensiate che un
prezzo più basso corrisponda a finiture scadenti;
la moto italiana è costruita bene, non ci sono dettagli posticci o poco curati.
A Noale lavora infatti un team di ingegneri appassionati e competenti, che non lascia nulla al caso.
Ora facciamo un passo indietro - ma nemmeno
troppo - e ripassiamo la scheda tecnica della Caponord, che vi avevamo presentato nel mese di
agosto del 2014, quando la maxi di Noale fu leggermente rivista.
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Periodico elettronico di informazione motociclistica
vo, infatti non è inclusa la variazione del precarico della molla anche se, a dirla tutta, la Caponord
va oltre e implementa questa funzione sull’ammortizzatore. Il pilota può scegliere un precarico
preciso in base alle condizioni di carico, oppure
lasciare che sia la centralina a leggere la variazione di altezza del posteriore e regolare di conseguenza la risposta della molla. In questo caso
possiamo quindi affermare che la sospensione
posteriore è di tipo attivo.
dischi flottanti da 320 mm e le pinze monoblocco
a 4 pistoncini ad attacco radiale nonché un disco
singolo da 240 mm, tutti gestiti dall’ABS (Continental) a due canali di serie. Il peso a secco è di
238 kg (228 per la Travel Pack) senza benzina,
mentre la sella è a soli 840 mm da terra. Le due
borse laterali di serie hanno una capienza di 33
litri ciascuna e sono apribili per intero o solo dalla
parte superiore; la cover è in alluminio. Il serbatoio contiene 24 litri (5 sono di riserva).
I freni e le ruote: cerchio da 19”
e impianto Brembo con ABS
Continental
La strumentazione
I cerchi sono a raggi e di tipo tubeless, da 19
pollici davanti (con pneumatico 120/70 ma è
omologato anche il 110/90) e 17 dietro (170/60,
in alternativa si può impiegare anche il 150/70).
Aprilia ha scelto le ottime Metzeler Tourance
Next per il primo equipaggiamento.
L’impianto frenante è Brembo, che fornisce i
Il motore: 125 cavalli a
soli 8.000 giri. E tre mappe
Il motore è il bicilindrico a V di 90° di 1.197 cc
con acceleratore ride-by-wire e tre mappature.
Di serie c’è il controllo di trazione impostabile
su tre livelli. Ci sono due iniettori per cilindro, la
doppia accensione e la valvola parzializzatrice a
controllo elettronico con camera di compensazione (introdotta nel 2014 su tutta la gamma). La
Caponord 1200 ha una potenza di 125 cavalli a
soli 8.000 giri, la coppia massima è di 11,7 kgm a
6.800 giri. Il cambio è a sei marce ed è servito da
una frizione a comando idraulico.
La ciclistica: sospensioni
semi attive e telaio a traliccio
Il telaio è un robusto traliccio in tubi di acciaio
con piastre inferiori e forcellone in lega leggera.
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Prove
La strumentazione è chiara e leggibile, ma manca
di qualche info a cui ormai siamo abituati su questo tipo di moto (consumi e temperatura esterna
in particolare). Aprilia viene incontro con l’accessorio AMP (Aprilia Multimedia Platform a 160
euro), che consente di collegare lo smartphone
(Apple o Android) alla moto, ottenendo una serie
innumerevole di info molto utili (compreso il navigatore satellitare e i dati di consumo).
Nell’allestimento Travel Pack e sulla Rally che
stiamo provando ci sono le sospensioni semiattive ADD (Aprilia Dynamic Damping), sviluppate
e brevettate dalla casa di Noale (quattro i brevetti). Il sistema misura l’energia trasmessa al veicolo dalle asperità dell’asfalto, riconosce le fasi
di guida (accelerazione, rilascio del gas, frenata,
gas costante) e adatta la taratura in tempo reale per migliorare il comfort e la stabilità; inoltre
mantiene l’assetto della moto grazie agli algoritmi sky-hook e acceleration driven damping, già
noti nel mondo auto (dove l’indice di difettosità
degli apparati elettronici è prossimo allo zero). Il
pilota non deve impazzire col menù di gestione
a seconda dello stile di guida o del tipo di fondo.
La centralina elettronica varia automaticamente
la risposta idraulica in compressione e ritorno di
forcella e ammortizzatore. Il sistema è semiatti7
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La nostra prova su strada
La Sardegna fa un bel brindisi a ogni nuova Aprilia Caponord. Avevamo provato la prima Caponord (della nuova generazione) nel 2013 sotto
l’acqua e abbiamo fatto amicizia con l’inedita
Rally nel 2015 sotto un nubifragio bestiale che
non ci ha dato tregua. L’asfalto bagnato da un
lato limita la performance su strada, ma dall’altro
fa immediatamente comprendere la bontà ciclistica della moto. Nel caso della Rally possiamo
anche spingerci oltre e sottolineare come in queste condizioni l’Aprilia svetti con una dinamica
di guida e un’efficienza dei controlli elettronici ai
vertici della categoria. Categoria che nel frattempo non è stata certo con le mani in mano. Per la
Rally valgono le impressioni positive riscontrate
sulla Travel Pack. Le vibrazioni sono molto ridotte e l’ergonomia non presta il fianco alle critiche.
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Prove
I vari comandi sono precisi, in particolare il cambio è un burro al pari dell’acceleratore elettronico (privo di giochi nel chiudi-apri). La leva della
frizione richiede uno sforzo sopra la media, ma
ci si fa l’abitudine. La rapportatura delle marce
non cambia e si rivela ancora un po’ troppo lunga (quinta e sesta si usano praticamente solo
sopra i 90 orari), di contro la regolarità del grosso bicilindrico evita gli strappi ai bassi regimi. Il
bicilindrico Aprilia è molto fluido, quasi al livello
dell’ottimo boxer BMW. A 130 km/h indicati,
corrispondenti a 122 effettivi, il motore gira a
soli 4.700 giri in sesta. La gestione dei cavalli per
mezzo dell’acceleratore ride-by-wire è meravigliosa. Delle tre mappature (Touring e Sport da
125 cavalli, Rain da 100) abbiamo usato per lo più
le prime due, mentre la Rain ci è parsa superflua
anche in condizioni di umido. Il motore è infatti
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tanto potente quanto gestibile nello scaricare a
terra la potenza. Nel polso destro il pilota ha la
misura di ogni cavallo della Rally. In più c’è un
controllo di trazione perfettamente tarato. Il twin
italiano riprende con decisione dai 2 ai 4.000 giri,
a 5.000 è già bello sportivo e a 6.000 giri cambia
carattere e si lancia verso il limitatore (a 9.000
giri) con un boato esaltante dallo scarico (di serie). Il calore che sale dal motore è nella media
del segmento e in movimento viene dissipato
correttamente, senza investire le gambe. Con
le sospensioni semi attive non ci sono setting da
impostare o pomelli di precarico da girare. Quando freni forte, la forcella reagisce chiudendo
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Prove
quel che serve l’idraulica in tempo reale e affondando davvero poco. Ma basta rilasciare il freno
e iniziare la curva per percepire nuovamente la
grande scorrevolezza delle sospensioni. La moto
digerisce così allo stesso modo i tratti rovinati
come la guida più decisa, adeguandosi alle situazioni più diverse. La Caponord Rally si conferma
una moto eccellente sia nel turismo in coppia, sia
nella guida sportiva. Con il bagnato non abbiamo
ovviamente esagerato con le pieghe, ma la Rally
col cerchio da 19” ha evidenziato una tenuta di
strada assai simile alla Caponord più stradale.
È veloce nello scendere in piega e molto intuitiva nel mantenere le traiettorie. Aumenta un po’
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l’inerzia nei cambi di direzione a causa del diverso effetto giroscopico della ruota, ma non cala il
piacere di guida.
Risulta più semplice condurre la moto sugli sterrati, dove la diversa geometria della ciclistica dovuta al pneumatico più grande rende la Rally più
stabile e meno incline a chiudere lo sterzo in presenza di fango o sabbia. Non abbiamo calcolato
il consumo della nuova Aprilia, ma vi ricordiamo
che nell’extraurbano la Caponord Travel Pack
percorre in media 17,5 km/l.
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ABBIGLIAMENTO
SCHEDA TECNICA
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Prove
Aprilia Caponord Rally Raid 17.050 euro
Cilindrata 1.197 cc
Tipo motore termico
Tempi 4
Cilindri 2
Configurazione cilindri a V
Disposizione cilindri longitudinale
Inclinazione cilindri n.d.
Inclinazione cilindri a V 90
Raffreddamento a liquido
Avviamento elettrico
Alesaggio 106 mm
Corsa 67,8 mm
Frizione multidisco
Distribuzione bialbero
Ride by Wire Sì
Controllo trazione Sì
Mappe motore 3
Potenza 125 cv - 92 kw - 8.250 rpm
Coppia 12 kgm - 115 nm - 6.800 rpm
Numero marce 6
Capacità serbatoio carburante 24 lt
Capacità riserva carburante 5 lt
Casco Suomy Tourer
Giacca Dainese
Guanti Dainese
Stivali TCX
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Kawasaki Versys 650
PREGI
Comfort e erogazione
DIFETTI
Finiture e potenza alti regimi
Prezzo 7.490 €
PROVA CROSSOVER
KAWASAKI
VERSYS 650
Lifting e un po’ di palestra per la crossover media
Kawasaki. Agile, accessibile, comoda e brillante, trova
gli unici limiti in finiture qualitativamente un po’
eterogenee e nell’uso più sportivo
di Edoardo Licciardello
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Prove
Media
L
a Versys 650 è uno dei modelli
più apprezzati della storia recente di Kawasaki: agile, potente e
ricca di coppia – non per nulla,
del resto, i bicilindrici paralleli
Kawasaki sono stati i riferimenti delle rispettive categorie degli ultimi 25 anni
– ha saputo ritagliarsi un posto nel cuore degli
appassionati e costituisce a tuttora uno dei best
seller della Casa di Akashi. L’occasione del restyling della sorella maggiore era però troppo
ghiotta per non procedere con qualche ritocco
anche alla 650 che non aveva mai potuto godere di una caratterizzazione estetica all’altezza
della sostanza. Detto, fatto: allo scorso Intermot
di Colonia Kawasaki ha pensato bene di far debuttare una vera e propria famiglia Versys, in cui
al di là di una sostanza tecnica giocoforza molto
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differenziata (una proposta sulla base della Z750
avrebbe indubbiamente grande fascino ma anche diversi lati negativi e costi troppo rilevanti) si
identifica facilmente l’intento di creare un forte
family feeling estetico. Operazione riuscita molto
bene, se volete un nostro parere. La nuova caratterizzazione visiva si sposa a meraviglia con
le colorazioni 2015, ben riuscite sia nelle eleganti
versioni a tinta unita quanto nelle più grintose
bicolori.
Riveduta e corretta
Non c’era molto che non andasse nella precedente Versys bicilindrica; la nuova proposta appare
comunque molto più fresca e moderna fin dal
primo sguardo, con un colpo d’occhio dominato
dal nuovo cupolino dai fari a sviluppo orizzontale
come sulla sorella maggiore. Una soluzione più
bella ma anche più efficace da un punto di vista
aerodinamico: migliorano infatti tanto il coefficiente di penetrazione quanto la protezione del
pilota grazie anche alle possibilità di regolazione
(ben 60 mm) offerte dal nuovo plexiglass maggiorato, con una superficie che cresce del 17%.
Il propulsore non cambia troppo nella sostanza,
ma viene rinvigorito un po’ agli alti regimi dove
guadagna qualche cavallo (69 ad 8.500 giri contro i precedenti 64) senza penalizzare però l’erogazione ai bassi e medi regimi (il valore di coppia
massima aumenta fino a 64Nm, pur spostandosi
200 giri più in alto, a 7.900 giri) e migliorando
addirittura per quanto riguarda i consumi dichiarati, che il pilota può genere sotto controllo attraverso la spia Economical Riding Indicator. Nuovi
attacchi al telaio in gomma riducono le vibrazioni
su tutti i punti a contatto con il pilota che vede il
proprio comfort migliorare sensibilmente anche
grazie ad un telaio più snello che riduce lo spazio
fra le ginocchia (e facilita quindi l’appoggio dei
piedi a terra) ma soprattutto a pedane ricollocate più in basso e più avanti che determinano
una posizione in sella più naturale. Diverse le
differenze in termini di dotazione ciclistica che
prendono in parte le mosse dalle operazioni già
svolte sulle cugine ER-6. All’avantreno arriva infatti una nuova forcella Showa da 41 mm con funzioni separate (molla ed idraulica) sui due steli,
regolabile in precarico ed estensione nonché dotata di gambali allungati di 25 mm per migliorare
la rigidità dell’avantreno. Al retrotreno troviamo
un mono Kayaba dotato di registro remoto (con
pomello) per il precarico molla. Per entrambi,
naturalmente, cambiano le tarature rispetto al
modello precedente. Completamente rivisto
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anche l’impianto frenante per aumentare feeling,
potenza e progressività, che ora può contare su
nuove pinze, pastiglie dalla nuova mescola, un
diverso rapporto di torchio idraulico per la pompa ed un disco posteriore da 250 mm, tutti e tre
gestiti dall’ABS Bosch 9.1. I cerchi (irrobustiti)
ora calzano pneumatici dedicati (una variante
dei già noti Dunlop D221, denominati in questo
caso D222) che migliorano grip ed agilità oltre ad
avere una scolpitura dal disegno più sportivo. La
Versys diventa anche più versatile grazie ad un
serbatoio che passa da 19 a 21 litri di capienza,
aumentando quindi l’autonomia anche grazie a
consumi dichiarati ridotti del 2%. Come per la
sorella maggiore, il telaietto reggisella è stato irrobustito consentendo l’uso simultaneo di valige
e bauletto gestiti da una chiave unica. La lista di
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optional è veramente ricca, e comprende diverse
soluzioni per rendere la Versys più confortevole
ed efficace nell’uso turistico: si va dal già citato
set di valige da 28 litri e bauletto V47 alle borse
interne per tutte e tre, proseguendo con paramani, faretti supplementari, presa di corrente
12v all’interno del cupolino ed indicatore della
marcia inserita.
Dal vivo
Diciamocelo: adesso è anche bella. Fin dal primo
sguardo la Versys 650 convince: le linee sono
belle, grintose, quasi taglienti. La qualità delle
plastiche, alla vista e al tatto, è di alto livello, la
vista dal ponte di comando è gratificante e tutti
i comandi sono belli e piacevoli da azionare. Non
manca qualche piccola sbavatura – l’avvisatore
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acustico è bruttino e troppo in vista, e i comandi
supplementari per gli optional (manopole riscaldate e faretti aggiuntivi) sono decisamente posticci – ma l’elenco delle finiture che convincono
e conquistano è molto più lungo. La pompa freno, con il tornito serbatoietto separato, o anche
i paramani in alluminio regolabili sono tocchi che
ci si aspetterebbe su moto di classe superiore.
Le valige sono davvero belle, e il nuovo sistema
di aggancio fa si che smontandole non restino
antiestetici attacchi in bella vista. Non certo nuova ma molto leggibile invece la strumentazione.
Avviando il motore si trova una tonalità di scarico educata ma vivace, merito del nuovo scarico
che – all’apparenza identico – è il responsabile
assieme alle nuove mappature degli incrementi prestazionali e della riduzione dei consumi.
Prove
Il comando del gas è morbido e pastoso, anche
se un po’ troppo lungo nella corsa, e consente di
dosare perfettamente l’apertura per ottenere la
risposta desiderata. Si parte e si prende velocità facilmente grazie ad un cambio irreprensibile
(migliorabile invece la frizione, un po’ legnosa
nel comando) e la Versys mette in mostra subito la caratteristica di tutte le moto ben riuscite:
bastano pochi metri per sentirsi perfettamente
a proprio agio. La Versys si manovra da ferma
con facilità, si gira in un fazzoletto e non mette
mai in crisi anche ad andature pedonali, grazie
ad un equilibrio estremamente riuscito. Il tracciato scelto da Kawasaki per farci assaggiare la
nuova Versys 650 si snoda in Sicilia, fra la costa
di Acireale e le pendici dell’Etna nella zona di
Randazzo facendoci volutamente attraversare
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Prove
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diversi centri urbani con ogni genere di pavimentazione. La taratura scelta dai tecnici di Akashi
per le nuove sospensioni fa sparire magicamente tutte le asperità, comprese quelle del micidiale lastricato sconnesso di pietra lavica che
pavimenta tutte le vie principali dei paesini etnei.
L’agilità della Versys consente di sgusciare con
agio dalla morsa di un traffico imprevedibile (chi
conosce le zone sa di cosa parliamo) ma anche
arrivati al momento della resa poggiare i piedi a
terra è veramente facile anche per chi, come chi
scrive, è piuttosto lontano da stature cestistiche.
Bisogna affrontare asperità davvero enduristiche perché le sollecitazioni infastidiscano pilota
e passeggero; a questo proposito vale la pena di
segnalare come il pomello di registrazione precarico del monoammortizzatore sia realmente
molto accessibile – non si trovasse sul lato destro azzarderemmo addirittura la possibilità di
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agirvi in movimento. Il resto lo fa un’erogazione
praticamente immacolata: basta tenersi sopra i
1500 giri per trovare un motore che gira rotondo,
regolare e senza esitazioni. Certo, non aspettatevi un tiro taurino nei rapporti più lunghi, ma
credeteci: è davvero raro trovare un propulsore
di frazionamento e cubatura analoghi altrettanto
regolare e pulito ai bassi e medi regimi.
Fuori città
Basta uscire dal traffico perché emergano tutte le altre doti di Versys. Iniziamo dal comfort:
la protettività è sicuramente migliorata. Con il
parabrezza in posizione rialzata restano esposti all’aria praticamente solo spalle e gomiti, e
anche il casco dei più alti non viene investito
da vortici o turbolenze aerodinamiche. La sella
è comoda anche dopo una giornata passataci
sopra, e le vibrazioni – uno dei punti deboli del
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Prove
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precedente modello – sono praticamente sparite. Si intuiscono, più che percepirle, e si fanno notare davvero solo in zona sella attorno al regime
di potenza massima. Manubrio, pedane e specchietti ne sono del tutto esenti. Migliorabili invece le manopole riscaldate, che anche alla massima potenza non si rivelano potentissime. Se
si cerca la guida brillante – nonostante il meteo
molto capriccioso abbiamo allungato il percorso
spingendoci su per la Mareneve, la spettacolare
statale che porta agli impianti sciistici dell’Etna
– la Versys continua a divertire. Solo esagerando con le pretese la bicilindrica media Kawasaki
inizia a mostrare qualche limite derivante da una
destinazione d’uso diversa da quella delle pieghe
selvagge: il motore, che offre il meglio di sé fra i 3
e 7.000 giri, va in debito d’ossigeno un po’ in anticipo rispetto alla zona rossa (ad onor del vero
posta a 10.000 giri, 2.500 più in alto del regime
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di potenza massima) e la taratura di serie delle
sospensioni inizia ad imporre qualche limite. In
più, l’agilità di cui si gode sullo stretto e in città
mostra il rovescio della medaglia di un avantreno
un po’ leggero (niente di preoccupante) quando
si inizia a spingere forte. Grazie alla disponibilità
dei tecnici Kawasaki abbiamo fatto un po’ di prove sul precarico di forcella ed ammortizzatore
ottenendo sensibili miglioramenti per entrambi
i problemi, se così possiamo chiamarli. Così la
Versys sostiene bene in frenata e segue perfettamente la traiettoria impostata, chiedendo però
in cambio un certo spirito di sopportazione sulle
asperità.
Tenete comunque presente che i limiti sopra descritti emergono ad un ritmo che probabilmente
non interesserà a buona parte della clientela tipo
di Versys, e che a modo loro confermano la validità di una base tecnica studiata per aumentare
il divertimento: la stiamo valutando con parametri che dovrebbero essere riservati alle sportive.
Il nuovo impianto frenante è davvero efficace e
modulabile; la nuova unità a disco dal diametro
maggiorato al retrotreno si lascia sfruttare con
decisione ed offre un importante contributo alla
frenata.
L’ABS è efficiente e mai invasivo all’avantreno;
al posteriore, complici trasferimenti di carico
importanti con la taratura delle sospensioni di
serie, entra in funzione con un po’ di anticipo. E
chiudiamo con una nota sui consumi: nel corso
della nostra prova il computer di bordo ha restituito una media di 5,2 litri per 100 km nel corso
di un test lungo circa 200 chilometri su terreni e
con ritmi di ogni tipo. Non sarà difficile fare meglio, perché i ritmi sincopati delle presentazioni
stampa mal si conciliano con una guida risparmiosa.
A chi è indirizzata?
Iniziamo parlando di prezzi ed allestimenti. La
Versys 650 è disponibile presso i concessionari
ad un prezzo di 7.490 euro franco concessionario nella versione base, nelle livree Metallic
Spark Black / Flat Ebony, Pearl Stardust White
(quella che vedete nelle foto della nostra prova) e Pearl Shining Yellow. Alla versione base si
affiancano due allestimenti, denominati rispettivamente Tourer+ e Grand Tourer, che consentono sostanziosi risparmi sull’acquisto dei
singoli accessori. Tutte e tre sono disponibili in
versione depotenziata guidabile con patente A2.
L’allestimento Tourer+ comprende il set di valige con borse interne, i paramani neri, i faretti
supplementari, l’indicatore del rapporto inserito e la protezione adesiva sul serbatoio e viene
proposta ad un prezzo di 8.770 Euro, offrendo
un risparmio di 230 euro rispetto all’acquisto
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Casco AGV AX-8 Dual Evo
Giacca Clover Crossover
Pantaloni Clover Voyager WP
Stivali TCX
Guanti Ixon
SCHEDA TECNICA
separato dei singoli accessori. La Grand Tourer
aggiunge a quanto sopra il bauletto V47 con relativa borsa interna e la presa 12v e costerà 9.280
euro, con un risparmio complessivo di 350 euro.
Il rapporto qualità/prezzo, in tutti gli allestimenti, è decisamente elevato. Versys 650 è una proposta sicuramente matura – una moto capace di
assecondarvi nella vita quotidiana, farvi divertire
nella guida brillante ed accompagnarvi nel turismo anche a lungo raggio e pieno carico, anche
se in questo caso dovrete ovviamente accettare
qualche sacrificio in termini prestazionali rispetto a moto di cilindrata superiore. E’ un mezzo
che può piacere a tanti, soprattutto grazie ad
un’estetica ora davvero accattivante e a finiture
di alto livello, sia pure con le poche pecche che
abbiamo evidenziato. La Versys 650 piacerà
senza dubbio a chi viene da uno scooter medio o
maxi, perché la sua accessibilità la rende la porta
d’accesso ideale al mondo delle moto “vere” con
un bagaglio prestazionale che difficilmente stancherà troppo presto.
Piacerà con ottime probabilità anche a chi torna
alla moto dopo una pausa… di riflessione, o magari a chi si è un po’ stufato di masse, consumi
e strapotenze e desidera una moto più facile,
rilassante e giocosa. Non possiamo dire che la
Kawasaki Versys 650 fosse una moto che mancava, perché in effetti gran parte delle sue qualità
erano presenti anche nella versione precedente.
Ma questo modello 2015 è indiscutibilmente più
bello, più guidabile e confortevole – insomma,
migliore sotto tutti gli aspetti.
E tanto se si cerca la guida brillante quanto il turismo a lungo raggio ora è anche un pacchetto che
non ha bisogno di scuse in nessun frangente. E
scusate se è poco.
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ABBIGLIAMENTO
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Prove
Kawasaki Versys 650 ABS 7.490 euro
Cilindrata 649 cc
Tipo motore termico
Tempi 4
Cilindri 2
Configurazione cilindri in linea
Disposizione cilindri trasversale
Inclinazione cilindri n.d.
Inclinazione cilindri a V
Raffreddamento a liquido
Avviamento elettrico
Alesaggio 83 mm
Corsa 60 mm
Frizione multidisco
Distribuzione bialbero
Ride by Wire n.d.
Controllo trazione n.d.
Mappe motore n.d.
Potenza 69 cv - 51 kw - 8.500 rpm
Coppia 7 kgm - 64 nm - 7.000 rpm
Numero marce 6
Capacità serbatoio carburante 21 lt
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Motodays
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MOTODAYS 2015
COSA C’ERA DA VEDERE A ROMA
Per quattro giorni alla kermesse capitolina sono accorsi gli appassionati
di centro e sud Italia per ammirare le novità 2015 e provare alcune di
queste grazie ai test ride. Tutte le novità esposte
C
ome ormai da tradizione consolidata, ha aperto giovedì - 5 marzo
- la settima edizione di Motodays,
rassegna motociclistica romana
che avvicina (colmando una mancanza precedentemente molto sentita) tutte le novità del
mercato agli appassionati del centro e sud Italia.
Forte del successo della scorsa edizione (ben
143.800 visitatori e 435 espositori registrati) anche quest’anno la kermesse capitolina si
presenta forte della presenza ufficiale di molte
Case (BMW, Ducati, Honda, Kawasaki, KTM,
Kymco, Triumph, Suzuki e Yamaha) che, oltre
a permettere ai visitatori di ammirare le novità,
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ne impegnano diverse per i test ride dell’area
esterna.
Anche noi di Moto.it eravamo presenti con uno
stand; per questa edizione era presente inoltre Mercedes-Benz Italia torna a Motodays con
FirstHand il programma di usato selezionato e
certificato della Stella che, in collaborazione con
Mercedes-Benz Roma, presenta una selezione di
ben 90 vetture usate Mercedes-Benz e smart, di
cui la maggior parte garantite fino a quattro anni
e disponibili anche in test drive. Tra i protagonisti
dell’area FirstHand anche la smart ebike, che gli
ospiti del Salone potranno provare su una pista
dedicata.
Le aree tematiche
Motodays non finisce certo qui, grazie a diverse
aree tematiche dedicate ad argomenti che affrontano il mondo del motociclismo a 360°. Si
parte dall’ormai tradizionale Kromature, zona
dedicata al mondo biker e alle custom in ogni
loro declinazione, con tante special e il tradizionale concorso che premia le elaborazioni
più riuscite. Interessantissima anche Motodays
Vintage, realizzata in collaborazione con il moto
club Yesterbike, che oltre ad una mostra mercato quest’anno si dedica agli anni 80 – un periodo
d’oro per il motociclismo che ha dato vita a tantissimi modelli leggendari che a tutt’oggi popolano i sogni degli appassionati meno giovani. Days
on the Road è lo spazio dedicato al turismo, con
un punto d’incontro per conoscere i grandi viaggiatori, scambiarsi informazioni su percorsi ed
itinerari e conoscere meglio grazie all’esposizione le novità in tema di accessori e abbigliamento
specialistici. Immancabile infine l’Area Green,
che mette l’ecologia – e dunque la propulsione
alternativa – al centro dell’interesse.
Test Ride ed esibizioni
Grande spazio, come da tradizione, a spettacoli
e test ride sulle novità 2015. Oltre alle esibizioni
di fuoristrada, velocità e freestyle Motodays prevede un coinvolgimento in prima persona degli
appassionati con giri di prova guidati – della durata di circa 40 minuti – che porteranno i visitatori al di fuori del quartiere fieristico per provare
le novità portate in fiera dalle varie Case.
Le moto esposte
Honda SH 300 2015 - Debutta a Motodays la
nuova versione dello lo scooter Honda a ruote ale
di maggiore cilindrata. l’Honda SH 300i, con ABS
di serie, adesso è Euro 4, ha avviamento keyless,
fari a LED e una nuova estetica tutta italiana per
il trentesimo anniversario del best-seller di casa.
Triumph con moto e demo ride - Triumph gioca
forte a Motodays: la Casa britannica schiera al
proprio stand tutte le novità 2015, Tiger 800 in
testa, le versioni speciali della linea Bonneville e
la Street Triple Rx, cugina ancora più cattiva della
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Suzuki porta le novità e organizza il suo DemoRide - Le novità Suzuki 2015 sono presenti al
Motodays. Grazie alla collaborazione delle concessionarie ufficiali del Lazio, gli appassionati
possono ammirare la rinnovata gamma moto e
scooter e approfittare dello shop dedicato ad abbigliamento e merchandising. Presso il quartiere
fieristico di Roma si svolge inoltre la seconda tappa Suzuki DemoRide.
Kawasaki H2 regina fra le novità, tutta la gamma in demo ride - La Fiera romana ospita tutte
le novità del marchio di Akashi, con l’H2 protagonista principale. Possibilità di provare tutte le
novità, cross comprese.
Honda con SH 300i e la gamma al completo
- Il protagonista è l’SH300i, ma anche la nuova
Street Triple R. Una presenza molto importante
anche sui demo ride: nell’area esterna è possibile
provare la gamma Triumph quasi al completo.
Kymco con la gamma e le offerte - La Casa taiwanese sbarca a Roma con i modelli della gamma
2015 e ai visitatori illustra tutte le offerte in corso.
Yamaha, dalla R1 al Tricity - Presenza in grande
stile quella di Yamaha a Motodays, dove la Casa
di Iwata espone tutta la gamma 2015. La parte
del leone viene naturalmente recitata dalle nuove YZF-R1 ed R1M, ma grandi protagoniste sono
naturalmente anche le altre novità della line-up,
a partire dalla MT-09 Tracer fino alle special Yard
Built.
Il gruppo Piaggio al gran completo - Grande
spazio alla famiglia Vespa e al tre ruote Mp3 per
il Gruppo Piaggio a Mototodays. Ma c’è anche
Aprilia Racing con le novità 2015 e le Superbike
del team Red Devils schierate nel mondiale.
BMW, le moto negli stand e fuori i test ride Tutta la gamma BMW Motorrad è esposta alla
fiera romana, mentre nell’area esterna ci sono i
test ride per le nuove naked F800R ed R1200R e
per la gamma scooter.
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Motodays
Crossrunner e tutto il resto della line-up di Tokyo
sono esposte a Roma. Spazio anche alle moto da
corsa.
Fantic Motor e MASH a Motodays - Tutta la
gamma fuoristrada Fantic Motor e le naked neoretrò del marchio francese Mash sono in mostra
a Roma
Norton in mostra - La Casa britannica alla fiera
romana con tutta la gamma Commando 961, un
parterre composto di tutte le versioni della Commando 961.
La Café Racer, la Sport e la SF, ormai in consegna
più o meno regolare una volta smaltite le “code”
di produzione dovute ai problemi di approvvigionamento che avevano rallentato la produzione
qualche tempo fa.
Ducati, dalla Scrambler alla Multistrada - Tutta
la gamma Ducati presente a Motodays. Torna la
Land of Joy, ampio spazio ai club DOC. La vetrina
della marca bolognese spazia dalla SBK al ritorno
del mito Scrambler.
KTM con tutte le novità - Alla kermesse romana
la line-up di novità della Casa di Mattighofen
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Media
HONDA SH 300 2015
A MOTODAYS 2015
Euro 4, avviamento keyless, fari a LED e una nuova estetica
tutta italiana per il trentesimo anniversario del best-seller Honda
A
rriva abbastanza inatteso questo
nuovo modello dell’Honda SH 300i.
Da diversi anni uno dei più validi cavalli di battaglia Honda, lo scooter
medio a ruote alte della Casa di Tokyo ha fatto
segnare più volte record di vendita confermandosi una delle proposte più apprezzate della
gamma, ma soprattutto uno dei modelli di maggior successo su tutto il panorama nazionale. Nel
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2014 la versione attuale ha conquistato il secondo posto assoluto in termini di vendite sul nostro
mercato, sfiorando le 6.500 unità immatricolate
e risultando quindi di gran lunga il più apprezzato
fra gli scooter medi. Non ci sarebbe quindi certo
stato bisogno di cambiare un modello vincente, ma in Honda, evidentemente, non sono mai
contenti. Ecco quindi l’arrivo - alla vigilia di Motodays 2015 - di una nuova versione, un atto quasi
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Motodays
dovuto per festeggiare i trent’anni di vita della
gamma SH - il primo fifty risale al 1985 - e il milione (e passa) di unità vendute in Europa del ruote
alte della Casa di Tokyo. Il nuovo SH 300i ABS
2015 non cambia la formula dei suoi predecessori: ruote da 16”, grande agilità e pedana piatta
per garantire la massima versatilità. Non cambia
troppo - almeno sulla carta - nemmeno il motore, un monocilindrico da 279 cc ad iniezione elettronica PGM-FI che però risulta profondamente
aggiornato in diversi dettagli, trasmissione compresa, per migliorare l’erogazione ai bassi e medi
regimi e restituire percorrenze chilometriche superiori. Graditissimo corollario di questo aggiornamento è costituito dall’omologazione Euro-4:
l’SH è dunque il primo due ruote motorizzato al
mondo a conseguire tale omologazione, con un
anno d’anticipo sull’entrata in vigore dei limiti di
legge. L’SH cambia anche nel telaio, modificato
per migliorarne il comportamento su strada, ottenendo un calo di peso di 1kg rispetto all’attuale
modello (169 kg il valore in ordine di marcia) e un
diverso assetto per il comparto sospensioni che
migliora il comportamento complessivo di questo nuovo modello, che oltretutto ora è dotato di
serie dell’ ABS a due canali. Nuovo anche il sottosella - precedentemente un punto debole dell’SH
- ora capace di ospitare un casco integrale. L’estetica è stata rivisitata: già al colpo d’occhio la
linea è più slanciata e curata (come di consueto,
il design è stato curato dalla filiale italiana) con
dettagli di classe come i gruppi ottici a LED. Ma
le migliorie si estendono anche nella dotazione, a
partire dalla Smart Key - soluzione peraltro introdotta per prima da Honda con il Forza 250X nel
lontano 2007 - che consente l’avviamento senza
dover inserire la chiave nel blocchetto. Il nuovo
SH300i ABS sarà disponibile a partire da tarda
primavera 2015, in un allestimento che prevede
di serie bauletto, paramani e parabrezza, nei colori Pearl Cool White, Pearl Nightstar Black, Moondust Silver Metallic, Pearl Siena Red. Il prezzo
non è ancora stato definito, ma sarà in linea con
l’attuale modello.
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Motodays
l’operazione. Per tutta la durata della prova ho
dovuto far attenzione alle raffiche di vento che
sul rettilineo rendevano difficile la marcia, facendo piegare la moto. Grazie anche all’incitamento
del pubblico, ho tenuto duro ed alla fine abbiamo
porto in porto il nostro obiettivo». Da stasera,
nella sede dell’FGA Racing Team c’è un nuovo
trofeo: la targa che attesta di essere entrati nel
Guinness World Record, portando a termine
un’impresa davvero speciale e per certi versi incredibile.
MOTODAYS
MARCELLO SARANDREA
NEL GUINNESS DEI PRIMATI
Missione compiuta: durante i Motodays, Marcello Sarandrea batte il
record ed entra nel Guinness World Record, percorrendo ben 222 km
senza toccare il manubrio con le mani o mettere i piedi a terra
R
oma, Motodays ed il team dell’FGA
Racing Team entrano nel Guinness
World Record: nella pista allestita
intorno ai padiglioni di Fiera Roma,
Marcello Sarandea ha percorso in poco più di tre
ore ben 180 giri del circuito lungo 1.234 metri. A
Lorenzo Veltri, il giudice incaricato della Società
GWR di certificare il risultato e volto noto per le
sue apparizioni in televisione, è bastata una semplice operazione per confermare che la distanza
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coperta con la Yamaha Tricker 250 è stata di ben
222 km, che polverizza il precedente primato di
213 km percorsi nel 2001 dal colombiano Manrique Saez Cruz. «E’ andato tutto secondo i piani
– ci ha rivelato Marcello Sarandea appena sceso
dalla moto -: si tratta di un risultato che premia
gli sforzi di tutto il team. I momenti più difficili,
come sapevamo, riguardavano il rifornimento
di benzina, effettuato con una tanica speciale
che ha evitato fuoriuscite di carburante durante
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MOTODAYS
SUCCESSO PER LA SETTIMA EDIZIONE
145.100 visitatori per la settima edizione della rassegna romana.
Ospiti, novità di mercato, show e prove nelle aree esterne
4
41 le aziende presenti, 52.000 i metri
quadri a disposizione di espositori e
visitatori nelle aree interne, all’esterno 30.000 mq dedicati alle prove delle novità, 116 mezzi in prova, di cui buona parte
all’esterno del quartiere, e altri 25.000 mq per
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gli show e le esibizioni. Numeri non banali che,
al netto di qualche problema, testimoniano il
successo della settima edizione di Motodays
«Chiudiamo con soddisfazione la settima edizione di Motodays - sottolinea l’amministratore unico di Fiera Roma Mauro Mannocchi - una
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manifestazione che caratterizza non solo Fiera di Roma ma l’intera città. Anche quest’anno
abbiamo avuto un riscontro importante di visitatori da tutta Italia e, soprattutto, un primo positivo riscontro da parte delle aziende sulle attività
svolte in questi 4 giorni. Tutti i principali leader di
mercato sono stati presenti, forti di una situazione di settore che oggi sembra fare meno paura
di qualche tempo fa. Insomma i nostri Motodays
si affermano sempre più come evento che accende le luci sulla nuova stagione economica del
settore due ruote a motore, ai primi di marzo, e
con la possibilità di provare i mezzi in maniera
pienamente soddisfacente. Certifichiamo quindi
il claim e la sfida con cui abbiamo lanciato il progetto Motodays, un progetto che… mette in moto
il mercato!» I numeri confermano l’impressione:
soprattutto nel weekend i visitatori sono accorsi
numerosi, ammirando le moto in esposizione (diverse le presenze ufficiali dei Costruttori: Honda
ha addirittura scelto Motodays come cornice per
la presentazione della sua novità SH300i) ed affollando le aree esterne dedicate agli spettacoli
e ai demo ride, aspetto fra i più significativi della
fiera romana. Tanti anche gli ospiti presenti, con
Fabrizio Frizzi ed Annalisa Minetti rispettivamente padrino e madrina della fiera, Max Giusti
in veste di pilota ma soprattutto i professionisti
della velocità: dai due “autoctoni” Davide Giugliano e Michel Fabrizio (qui nella nuova veste di
Team Manager) ai nuovi acquisti del team Aprilia
Superbike Leon Haslam e Jordi Torres. Fugace
apparizione per il pilota della MotoGP Andrea
Iannone, che ha siglato tanti autografi ma poi è
scappato via anzitempo, deludendo i fan che lo
attendevano sotto il palco per sentirlo raccontare la sua nuova esperienza da ufficiale Ducati in
un incontro da tempo programmato e annunciato. Protagonista di un “A tu per tu” sul palco centrale di Motodays anche Nicola Dutto, presente
per tre giorni. Il pilota motociclista è divenuto
paraplegico dopo un brutto infortunio in gara nel
2010: soltanto tre anni dopo ha terminato al terzo posto assoluto l’estenuante gara di Baja 1000
Motodays
in Messico, una maratona di circa 30 ore no-stop
nel deserto in sella ad una KTM. Il tradizionale
contest per le special al padiglione Kromature di
Motodays ha incoronata “Regina” di Motodays
2015 la bagger “Adrenaline 26” preparata da
Vallese Garage che avevamo già notato in quel di
EICMA. Successo anche per il tentativo di record
ad opera di Marcello Sarandrea, che con la sua
Yamaha Tricker 250 ha battuto il record di guida
della moto con il solo uso del busto; molto apprezzata, tornando all’interno, l’area “la passione fa 80” dedicata alle moto del decennio 19801990 con il contorno di alcune delle copertine più
significative della rivista “La Moto” di quegli anni
e le strisce del famoso vignettista Stefano Disegni, pubblicate sul mensile e dedicate ai temi più
caldi del periodo. Un’iniziativa che ha voluto rendere omaggio allo storico direttore del periodico
romano, Claudio Porrozzi, scomparso nel 2014.
Forte anche l’accento sulla sicurezza, tematica
costantemente al centro dell’attenzione di Motodays stata sviscerata in varie occasioni: dalle ‘lezioni’ tenute dalla Polizia Stradale ai convegni “I
motociclisti parlano di moto”, ma anche le dimostrazioni dell’airbag organizzate quotidianamente da Dainese. Nei vari padiglioni di Motodays
inoltre Aeronautica Militare, Carabinieri, Guardia
di Finanza, Polizia Penitenziaria e Polizia Stradale hanno presentato nei loro stand le loro attività
a favore dei cittadini. Forte apertura infine verso
le scuole, dove dovrebbero crescere e formarsi
i motociclisti del domani: come da ormai diversi anni Motodays ha organizzato incontri con le
scolaresche: nei giorni di giovedì 5 e venerdì 6
circa 300 ragazzi delle scuole medie e superiori
contattati anche grazie alla collaborazione della
Federazione Motociclistica Italiana sono stati
ospiti del Salone della Moto e dello Scooter, dove
hanno partecipato ad un percorso a loro dedicato. I temi sono stati quelli della Sicurezza con la
Polizia Stradale, Educazione alla Legalità con la
Guardia di Finanza, Problematiche dell’uso degli
stupefacenti e Dimostrazioni con i cani antidroga
con Polizia Penitenziaria.
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invece un anno prima si era registrata una perdita di ben il 23,6%. L’incidenza delle vendite di
febbraio è mediamente il 6% sul totale annuo.
La Top 50 Moto di febbraio 2015
Il primo posto nella classifica mensile è tornato
alla BMW R 1200 GS dopo che la Yamaha MT09 Tracer ne aveva strappato la storica posizione a fine gennaio. Non solo, al secondo posto
BMW piazza anche la GS Adventure. La Yamaha
Tracer arretra quindi al terzo, seguita dalla debuttante Ducati Scrambler che stacca un’altra
Yamaha di successo nel 2014: la bicilindrica
MT-07. Poi un’altra moto che ha venduto molto
bene l’anno scorso, con il secondo posto nella
classifica moto, la crossover Honda NC750X.
La Scrambler è la sola italiana presente nella top
ten, seguita al 15° posto da un’altra Ducati, la
Multistrada 1200.
Attualità
La Top 50 Scooter a febbraio
Nessuna sopresa nella classifica mensile degli scooter oltre 50 cc più venduti. Sul podio ci
sono sempre gli SH Honda, marca che piazza un
altro modello (Integra) al sesto posto. Se oltre a
quest’ultimo si esclude anche lo Yamaha TMax al quarto posto - i modelli preferiti sono sempre
quelli a ruote alte.
La Top 100 assoluta di inizo anno
Passando al risultato che riguarda il primo bimestre, il dato totale (21.771 unità) segna un +0,8%.
Ma se si escludono i cinquantini (nei primi due
mesi registrano 2.674 veicoli con un -17,5%), le
cose vanno decisamente meglio: +4%. Le moto
immatricolate nei primi due mesi sono state
8.571 (+7,5%), mentre gli scooter hanno raggiunto le 5.110 unità, ovvero +1,3%. Anche in
questo caso diamo uno sguardo alla tendenza
MERCATO A FEBBRAIO
POSITIVO GRAZIE ALLE MOTO
CHE SONO A +7,3%
di Maurizio Gissi | A febbraio le vendite hanno premiato le moto,
gli scooter e i 50 hanno invece perso terreno. Il dato complessivo
del bimestre vede l’immatricolato in attivo: +4%
L’
accelerazione delle vendite di fine
2014 (con dicembre a +9% e chiusura
d’anno a +1,4%) e l’inizio ancora positivo di gennaio 2015 (immatricolazioni
a +6,7% rispetto a dodici mesi prima) ha visto
smorzare il suo abbrivio a febbraio di quest’anno . Il secondo mese del 2015 si è infatti chiuso
con 9.864 immatricolazioni, con un incremento
di +1,4% rispetto a un anno prima. A crescere
con un buon risultato sono state le moto: +7,3%
40
grazie a 4.754 nuove immatricolazioni, mentre
gli scooter con 5.110 veicoli venduti hanno perso
il 3,5%. E’ andata peggio, e questa è ormai una
costante, ai cinquantini, le cui registrazioni si
sono fermate a 1.322 unità, con un calo del 16%
rispetto a dodici mesi fa. Il confronto con febbraio 2014 è quindi positivo per quanto riguarda
moto e scooter oltre i 50 cc e va anche osservato
che un anno fa il risultato rispetto al mese di febbraio del 2013 era stato pari a +10,2%, quando
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Attualità
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rispetto a un anno fa: i primi due mesi del 2014
avevano visto le moto a +10,5% rispetto allo
stesso periodo del 2013, mentre gli scooter aveva segnato il dato negativo di -5,4%.
La Top 100 Moto di inizio anno
I primi posti sono monopolizzati dalle enduro
stradali e dalle crossover, in continuità con quanto visto nel recente passato e con l’aggiunta di
modelli nuovi, vedi Yamaha Tracer, o rinnovati
come Honda Crossrunner e Triumph Tiger, alle
sempre presenti BMW GS e Honda NC-X. L’alternativa è rappresentata dalle naked, con la
coppia Yamaha MT-07 e 09 ai primi posti della
categoria. Sono BMW anche la prima turistica
(1200 RTm al 13° posto) e sportiva (S 1000 RR,
al 37° posto) presenti in classifica. E’ una HarleyDavidson la prima custom, al ventisimo posto.
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Le naked continuano a crescere
Se è vero che le enduro stradali restano la tipologia più venduta con 3.099 unità (però in calo del
7%), nel primo bimestre dell’anno sono le naked
a crescere di più e con 2.902 unità segnano un
+46,7%. A seguire le custom con 881 unità e un
+15,2%, seguite dalle moto da turismo con 721
immatricolazioni e un -2,6%. Poi le sportive con
445 vendite e un -10,3%, e infine le supermotard
con sole 251 moto scendono di un -28,3%.
Le vogliamo un po’ meno grosse
Le maxi sono sempre le più vendute, ma calano leggermente. Sempre nel primo bimestre
dell’anno, le moto oltre 1000 cc si fermano infatti a 2.573 unità immatricolate, in leggero calo
con -1,8%. In crescita notevole le moto tra 800
e 1000 con 2.304 unità e un +32,9%. Le medie cilindrate tra 650 e 750, con 1.494 moto,
si portano ad un +17,4%. Nella fascia da 300 fino
a 600 si registrano 1.172 moto in calo del -12,7%.
Solo 450 pezzi e un -8% per le 150-250cc. Sono
infine in ripresa le 125 con 578 moto e un +11,6%.
La Top 100 Scooter di inizio anno
La classifica del primo bimestre non si discosta
molto da quella di febbraio. L’SH 300 (è stata
appena presentata la versione 2015) è al terzo
posto. Andando ad analizzare le diverse fasce di
cilindrata, si conferma l’andamento positivo dei
125 cc con il risultato di 3.489 unità immatricolate che valgono un +7,2%, la fascia da 150 fino a
250 con 2.850 unità arretra del 2,4%. Il segmento centrale (300-500) con 3.119 vendite segna il
passo con un -7,7%. Successo invece per i maxiscooter oltre 500cc con 1.068 unità e un +27,9%
grazie al rinnovato TMax soprattutto.
Guarda tutte le classifiche
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Honda NC700X
Nel 2015 volgiamo lo sguardo al futuro e introduciamo la moderna Honda NC700X. Sarà lei la
base tecnica del contest e dovrà spingere i nostri amici disegnatori a uno sforzo creativo non
indifferente. Il suo moderno telaio e il suo motore
bicilindrico fortemente inclinato in avanti rappresentano un banco di prova molto impegnativo
per qualsiasi designer.
3.0: la moto connessa
Come in passato, vi forniamo le immagini della
moto (spogliata di ogni sovrastruttura) che sarà
la vostra base su cui lavorare per definire la Moto
3.0 Vi invitiamo a studiare un design che integri
soluzioni tecniche innovative, che permettano
alla moto di interagire al meglio con i moderni
device che sono parte della nostra quotidianità.
Iniziative
Smartphone e tablet sono strumenti essenziali
di lavoro e di svago. Ma possono anche divenire
utilissimi accessori al servizio del motociclista
(pensiamo alle funzioni GPS e di localizzazione,
al computer di bordo, al tachimetro e altro ancora). Per questo i disegnatori dovranno escogitare il modo più funzionale e pratico per connetterli
alla nostra Honda. La moto 3.0 grazie al suo telaio basso permette di studiare anche un capiente
vano di carico alle spalle del manubrio (d’altra
parte la NC 700X lo possiede in origine). La vediamo benissimo come urban bike. Essenziale,
moderna, parca nei consumi e capace di dialogare col nostro smartphone o tablet. Il marchio
italiano di abbigliamento OJ sarà ancora nostro
partner in questa iniziativa; il logo della Casa (il
serpente stilizzato) dovrà quindi essere il motivo
grafico del progetto.
OJ DESIGN CONTEST 2015
DISEGNA LA MOTO 3.0 CON MOTO.IT
Tu disegni la special, noi la costruiamo. Moto.it con OJ e OnlyBike
presenta la nuova edizione del contest che in passato ha avuto un
grandissimo successo. La moto sarà esposta a EICMA 2015,
dove premieremo il vincitore
O
J, OnlyBike e Moto.it replicano l’entusiasmante iniziativa del 2013 e invitano nuovamente tutti gli appassionati a disegnare la loro special. A
costruirla penseremo noi.
Questa volta cambiano in modo radicale sia la
moto che la finalità. Due anni fa – grazie al contributo essenziale dell’officina milanese OnlyBike - avevamo messo a disposizione una Honda
44
SLR 650, che si rivelò una base perfetta per una
classica elaborazione in chiave vintage o offroad
(cliccate qui per vedere una a una le 153 elaborazioni inviateci).
Vinse – e venne poi costruita con una fedeltà
assoluta – la creazione di Bouzin che vedete qui
sotto. Oggi si volta pagina per una sfida ancora
più avvincente.
Clicca qui per rivedere i 153 progetti dei lettori
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Iniziative
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Largo ai giovani: l’idea più bella
a EICMA 2015
trasformerà la Honda NC700X in modo radicale,
seguendo le indicazioni contenute nel disegno
prescelto dalla nostra giuria di esperti.
1. Salvate le 4 immagini della Honda NC700X priva di strutture e serbatoio su sfondo bianco e utilizzatele per realizzare il vostro progetto (a matita o con un software di elaborazione grafica).
2. La grafica deve essere ispirata a quella dello
snake, simbolo di OJ (visibile nella gallery a destra vicino ai loghi OJ).
3. La grafica deve essere ispirata a quella dello
snake, simbolo di OJ (visibile nella gallery a destra vicino ai loghi OJ).
4. Le parti che non possono essere modificate
sono i cerchi, i freni, le sospensioni e il motore.
Il telaio può essere modificato nella zona posteriore. Massima libertà su tutto il resto (fari,
La special vincitrice dell’OJ Design Contest sarà
esposta al prossimo EICMA presso gli stand di
Moto.it e di OJ. Il suo autore sarà premiato con
la consegna di un completo OJ, una cena per due
al Dixieland di Milano e due ingressi a EICMA.
Soprattutto vedrà il suo lavoro prendere forma
grazie al contributo di OJ e di OnlyBike, che metteranno a disposizione la moto e la manodopera
necessarie. La premiazione avverrà a novembre presso lo stand OJ con una grande festa a
cui sono invitati tutti i lettori di Moto.it. Potete
inviare i vostri progetti da subito all’indirizzo [email protected] specificando nell’oggetto della
mail “OJ Design Contest 2015”. I lavori dovranno pervenire entro e non oltre il 31 marzo 2015.
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L’elaborato scelto dalla nostra giuria sarà presentato durante la settimana del Salone del Mobile (14/19 aprile) presso il ristorante Dixieland
di piazzale Aquileia a Milano. Immediatamente
dopo partirà la realizzazione della moto, che sarà
costruita tra aprile e ottobre, in tempo quindi per
accendere il motore a EICMA.
Cosa fare
Ci sapete fare con la matita e con i programmi
di grafica o semplicemente amate disegnare?
Non dovete fare altro che armarvi di matita (o di
software) e disegnare la vostra moto, partendo
dalla base che trovate nelle foto di questo articolo. Le idee migliori saranno pubblicate su Moto.it.
Il progetto più bello prenderà invece vita grazie
al lavoro dell’officina OnlyBike di Milano, che
serbatoio, sella, fianchetti, parafanghi, eventuali
carene o cupolini, manubrio, pedane, specchi retrovisori).
5. Inviate il vostro lavoro via e-mail all’indirizzo
[email protected] specificando nell’oggetto
OJ Design Contest (con nome, cognome, numero di telefono) entro il 30 marzo 2015.
Il progetto migliore sarà scelto dalla giuria formata da Massimiliano Merighi (OJ), Roberto
Nava (OnlyBike) e Moto.it
Fotografie in alta risoluzione
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Le Suzuki 500 con quattro cilindri in quadrato sono state a lungo grandi protagoniste del mondiale
e oggi appaiono con frequenza nelle manifestazioni per moto da corsa storiche
TECNICA E STORIA
L’ERA DEI CILINDRI IN QUADRATO NEI GP
di Massimo Clarke | Tra i due tempi da corsa a disco rotante questa
architettura motoristica ha dominato a lungo la scena, dalla Suzuki
RG 500 in poi
L
e uniche moto con ammissione a disco
rotante che hanno conquistato il titolo
mondiale nella classe 500 sono state
le ormai mitiche Suzuki RG che si sono
imposte nel 1976 e 77 con Barry Sheene, nel 1981
con Marco Lucchinelli e l’anno successivo con
Franco Uncini. I loro motori avevano quattro cilindri disposti in quadrato, soluzione lanciata nel
mondo delle competizioni proprio dalla casa di
Hamamatsu alla fine del 1963, con la 250 RZ 63.
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Quando ha fatto la sua comparsa, questa moto
era nettamente la più potente della sua classe;
avrebbe meritato una migliore fortuna, ma non
è riuscita a superare i problemi di trattabilità
e di affidabilità che l’hanno afflitta sin dall’inizio. Il motore aveva una erogazione scorbutica,
la carburazione era di difficile messa a punto e
l’accensione era spesso fonte di guai… La Suzuki però credeva fortemente nelle scelte di base
che avevano portato alla sua realizzazione e per
questo motivo quando ha deciso di tornare alla
attività agonistica in veste ufficiale, nella prima
metà degli anni Settanta, ha scelto questa stessa
architettura per la sua nuova 500. Tale soluzione
consente di disporre i quattro dischi rotanti lateralmente, cosa impossibile con i cilindri in linea, e
di realizzare un motore largo come un bicilindrico (la lunghezza era però ben maggiore…). Responsabile del progetto della moto era Makoto
Hase, che ha adottato un alesaggio di 56 mm e
una corsa di 50,6 mm e dotato il motore non solo
di teste e cilindri “singoli”, ma anche di quattro
alberi a gomiti indipendenti, ognuno dei quali era
dotato di un proprio ingranaggio, in presa con
quello dell’unico albero ausiliario posto inferiormente. Quest’ultimo a sua volta inviava il moto
alla corona solidale con la campana della frizione tramite una terna di ingranaggi. Il cambio era
del consueto tipo in cascata e di conseguenza
i quattro alberi a gomito, ognuno dei quali era
supportato da due cuscinetti a rotolamento e
aveva un proprio disco rotante, giravano in avanti. In pratica si trattava di quattro motori monocilindrici raggruppati in un unico basamento (realizzato in tre parti). I cilindri avevano la canna
riportata in ghisa e i pistoni, in lega di alluminio
ad alto tenore di silicio, erano dotati di due segmenti. La luce di scarico era divisa in due parti da
un traversino centrale. La RG 500 ha esordito nel
1974, con una potenza dell’ordine di una novantina di cavalli.
La Suzuki RG apre la strada
Per la stagione 1976 il motore ha subito una prima rivisitazione, con misure di alesaggio e corsa portate a 54 x 54 mm, e la potenza è salita a
circa 110 cavalli, a un regime di 11.000 giri/min.
Nello stesso anno la Suzuki ha iniziato a produrre
moto destinate ai piloti privati; il loro motore in
pratica era uguale a quello ufficiale della stagione
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Michel Frutschi sulla Sanvenero 500 del 1982
precedente e disponeva di un centinaio di cavalli.
Il successo è stato immediato (le Mk I, costruite
in una cinquantina di esemplari, sono state vendute nel giro di pochi giorni) e le quadricilindriche di Hamamatsu, prodotte di anno in anno in
versioni continuamente migliorate, hanno rapidamente riempito le griglie di partenza. Nel 1978
le moto ufficiali (RGA 500, ovvero XR 22), sono
state oggetto di una accurata riprogettazione.
L’ingranaggio intermedio della trasmissione primaria è stato abolito e gli alberi a gomito, che ora
giravano all’indietro, sono stati uniti a due a due
centralmente (si veniva così ad avere un albero
per ogni coppia di cilindri). Il nuovo basamento,
in due parti, aveva due piani di appoggio differenti per i cilindri anteriori e per quelli posteriori.
La potenza è passata a poco più di 120 cavalli a
11.000 giri/min. L’anno successivo ha visto l’adozione di cilindri con canne integrali dotate di
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Tecnica
La Kawasaki 500 con quattro cilindri in quadrato non ha avuto la fortuna che avrebbe meritato
riporto al nichel-carburo di silicio e di pistoni dotati di un solo segmento. Per quanto riguarda le
moto dei privati (versione Mk IV), le misure caratteristiche sono passate a 54 x 54 mm e la potenza è salita a oltre 110 cavalli. Nel 1981 la XR 35
ufficiale forniva circa 130 cv a un regime leggermente superiore a 11.000 giri/min. Nella stagione seguente le misure caratteristiche sono state
portate nuovamente a 56 x 50,5 mm e la Suzuki 500 con i cilindri in quadrato ha conquistato
il suo ultimo mondiale. Nel 1983 però i risultati
sono stati deludenti. La concorrenza era cresciuta enormemente e ormai era chiaro che il futuro
era di motori più compatti e dotati di ammissione
lamellare. Al termine dell’anno la casa si è ritirata
dalla attività agonistica ufficiale; sarebbe tornata
cinque anni dopo con un quadricilindrico a V nel
quale l’aspirazione era controllata da valvole a lamelle. Le ultime Suzuki 500 a disco rotante sono
state vendute ai piloti privati nel 1984; per altre
tre stagioni sono stati disponibili ricambi via via
aggiornati e migliorati. Nel 1985 ha fatto la sua
comparsa una straordinaria moto stradale, che
sicuramente è stata la 500 di serie più simile a
una moto da Gran Premio ad essere mai prodotta. Si trattava della Suzuki RG 500 Gamma, il cui
motore riprendeva le stesse soluzioni costruttive
precedentemente impiegate sulle moto da competizione, a cominciare dalla architettura con
quattro cilindri in quadrato e dalla ammissione
regolata da dischi rotanti. Le misure caratteristiche erano 56 x 50,5 mm e la potenza era di 95 cv
a 10.000 giri/min. I cilindri avevano la canna in
ghisa e sette travasi.
Gli altri non stanno a guardare
La Suzuki non è stata l’unica casa a disporre in
quadrato i quattro cilindri della propria 500 da
Gran Premio con aspirazione a disco rotante.
I grandi successi ottenuti dalle sue moto nella
seconda metà degli anni Settanta hanno spinto
altri costruttori a realizzare motori simili per i
loro mezzi da competizione. Nel 1979 la Kawasaki ha iniziato a provare la KR 500, ottenuta
in pratica abbinando due dei suoi bicilindrici in
tandem di 250 cm3. Il debutto in gara si è avuto
l’anno successivo. Il motore con misure caratteristiche perfettamente quadre (54 x 54 mm)
erogava oltre 110 cavalli a circa 11.400 giri/min.
Il basamento aveva il piano di appoggio dei cilindri notevolmente inclinato in avanti. La Kawasaki
si è ritirata dalla scena agonistica al termine della
stagione 1982 senza che questa moto abbia ottenuto risultati di rilievo. Nel 1979 anche la Morbidelli ha iniziato a sviluppare una 500 da Gran
Premio con quattro cilindri disposti in quadrato.
La moto, molto interessante anche a livello di
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La Konig 500 era azionata da un motore a quattro cilindri orizzontali contrapposti nato
per impiego motonautico e in seguito adattato per uso motociclistico
parte ciclistica, ha corso senza fortuna fino al
1982 (ultimo anno di attività della casa pesarese nei GP), quando la potenza aveva sensibilmente superato i 120 cavalli. Allorché la Cagiva
ha deciso di impegnarsi in campo agonistico ai
massimi livelli ha scelto la classe 500. La prima
moto da Gran Premio interamente realizzata nel
reparto corse della azienda varesina, nel 1981,
era dotata di un motore a quattro cilindri in linea
nel quale l’ammissione veniva regolata da dischi
rotanti piazzati sul dorso del basamento. Questa soluzione ardita e innovativa non ha fornito
i risultati sperati. Lo sviluppo della moto è stato
così abbandonato e per la nuova 3C2 del 1982
si è passati a un motore con quattro cilindri in
quadrato, realizzato con uno schema analogo
a quello della Suzuki. Questa moto, che forniva
una potenza vicina ai 125 cavalli a un regime di
11.500 giri/min, ha continuato a venire sviluppata fino al 1984, dopo di che la Cagiva è passata
al motore a V con ammissione lamellare. Pure la
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Sanvenero ha realizzato una 500 con motore a
disco rotante avente i cilindri disposti in quadrato, che ha corso nel 1981 e nel 1982. Dal 1976 al
1982 la classe regina ha vissuto della rivalità tra
la Suzuki e la Yamaha. In questo periodo la casa
dei tre diapason ha vinto tre mondiali consecutivi con Kenny Roberts, utilizzando moto azionate
da un quadricilindrico in linea, con aspirazione
controllata dal pistone. Quando è diventato evidente che con tale schema non era possibile ottenere ulteriori incrementi delle prestazioni, la
Yamaha ha rivolto le sue attenzioni alla ammissione a disco rotante, realizzando nel 1981 la OW
54, nella quale i cilindri erano disposti in quadrato. Questa moto si è evoluta nella successiva OW
60, il cui motore aveva una identica architettura.
Non soddisfatti, nel 1982 i tecnici di Iwata hanno sviluppato la OW 61, azionata da un motore
dalla struttura completamente differente. Era
dotato di due alberi a gomiti (uno per ogni coppia
di cilindri) e aveva i cilindri disposti in modo da
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formare una V, al centro della quale erano alloggiati due dischi rotanti che controllavano l’aspirazione, scoprendo o ostruendo i condotti che
dai carburatori andavano direttamente alle quattro camere di manovella. Questa moto disponeva di circa 130 cv a 11.500 giri/min, che sono
passati a quasi 140 nella OW 70, apparsa l’anno
successivo. Nel 1984 con la OW 76 la Yamaha è
tornata alla ammissione a lamelle, che aveva già
impiegato una decina di anni prima, all’inizio del
suo impegno nella classe regina, quando la tecnica di queste valvole unidirezionali era ancora ai
primordi. Questo servizio sui 500 quadricilindrici
con aspirazione controllata da disco rotante non
sarebbe completo senza un doveroso accenno
a un interessante motore nato e sviluppato per
le competizioni motonautiche, il tedesco Konig. In questo caso i cilindri erano orizzontali e
contrapposti. Due erano rivolti in avanti e due
all’indietro. Una trasmissione primaria a catena
inviava il moto a un cambio separato. L’azienda
berlinese ha iniziato a lavorare su di una moto da
Tecnica
competizione nel 1969, ma si è impegnata con
decisione in tale settore solo un paio di anni
dopo, in larga misura grazie al lavoro del tecnico-pilota Kim Newcombe. Il motore era caratterizzato dalla presenza di un solo disco rotante,
piazzato nella parte superiore del basamento e
azionato da una cinghia dentata.
Dopo alcuni risultati molto significativi colti nel
1972 in gare internazionali, la moto, che disponeva di una novantina di cavalli a un regime dell’ordine di 10.000 giri/min, ha ottenuto svariati
ottimi piazzamenti, oltre alla vittoria nel GP di
Iugoslavia, che hanno portato Newcombe a piazzarsi secondo nel mondiale. Un risultato amaro, perché il forte pilota neozelandese è morto
in una gara inglese nell’agosto di quello stesso
anno, con ancora un GP da disputare… A causa
di questa sventura la Konig ha perso interesse
nelle moto da competizione, ma ha continuato a
sviluppare i suoi motori per impiego sui sidecar,
arrivando alla conquista del titolo iridato nel 1975
e nel 1976.
Questo splendido spaccato del motore della RG
500 di serie (seconda metà anni Ottanta) consente di osservare chiaramente la disposizione
e la conformazione degli organi meccanici dello
straordinario quadricilindrico Suzuki
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On the road
LANE SPLITTING
RIVOLUZIONE EPOCALE NEGLI USA?
di Pietro Ambrosioni | Altri importanti passi verso la legalizzazione di un
fenomeno incredibilmente bandito negli USA. Una svolta che potrebbe
cambiare radicalmente la situazione del traffico negli USA
Q
uesta settimana ritorno ad un argomento che mi sta particolarmente
caro, potenzialmente in grado di
cambiare l’intero panorama mo
tociclistico americano. Parlo ovviamente della possibilità di fare lane splitting ovvero di
passare tra le auto in coda, cosa al momento
tollerata solo in California. In una nazione come
gli USA, dove il traffico sta ormai strozzando città grandi e piccole tanto quanto se non peggio
che in Europa, una legislazione a favore del lane
splitting potrebbe generare un rinnovato interesse per le moto. Qui, dove la gente le usa praticamente solo per fare un giro alla domenica, le
due ruote potrebbero diventare il mezzo ideale
per abbattere i tempi di percorrenza dei pendolari e ridurre all’osso il consumo di carburante
e i costi (anche ambientali) associati ad un uso
quotidiano dell’automobile. Diversi Stati dell’Unione hanno recentemente messo in agenda una
discussione sull’attuabilità di una simile rivoluzione: una cosa che a noi europei sembra ovvia
e scontata, qui e considerata una vera e propria
patata bollente, una questione su cui si potrebbe
arrivare a disaccordi anche laceranti.
Uno degli Stati in prima linea nello spingere il
lane splitting è il Tennessee, il cui governatore Bill Haslam è un accanito motociclista, ma a
breve anche il parlamento del Texas aprirà una
discussione sulla possibilità di permettere questa pratica. La AMA (American Motorcyclists Association) recentemente sta spingendo perché il
lane splitting venga permesso anche negli stati
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di Oregon e Washington, dove alcune proposte di
legge sono già in fase avanzata di discussione. In
Oregon sono due le leggi prese in considerazione al momento: la S. 172 (proposta dal senatore
Boquist), prevede il lane splitting nel caso in cui
le file di auto siano ferme o procedano al di sotto
delle 10 mph e la moto o lo scooter passino ad
una velocità massima di 20 mph. La seconda è
la S. 420 (introdotta dal senatore Kruse) e permetterebbe la stessa cosa ma con i limiti posti
rispettivamente a 25 mph e 35 mph.
Nello stato di Washington la proposta di legge
SB. 5623 è bipartisan e prevede il lane splitting
con auto ferme o ad una velocità massima di 25
mph e moto o scooter che procedono al massimo a 10 mph in più. Attenzione, il “trucco” qui
è che se le auto procedessero per esempio a 10
mph, le moto potrebbero sorpassare al massimo
a 20 mph…
Lo stato di Washington, dove si trova la liberalissima città di Seattle, è da sempre uno stato
chiave nell’adozione delle nuove leggi: molti addetti ai lavori sono convinti che l’adozione del
lane splitting lassù farebbe da catalizzatore e nel
giro di pochi mesi la legge diventerebbe federale
e dunque si estenderebbe a tutti gli Stati Uniti,
visto che il governo centrale prevale su quelli statali. Quel che è certo è che la legge federale stabilirebbe anche una regola valida per tutti e non ci
si dovrebbe ricordare di tutti i limiti ed eccezioni
a seconda dello stato dove si sta guidando.
Ripeto: se gli USA dovessero permettere il lane
splitting potrebbe essere davvero un rivoluzione
per il mercato e tante Case europee (e produttori di abbigliamento ed accessori) potrebbero
improvvisamente vedere un enorme mercato
aprirsi davanti ai loro occhi.
A quel punto mancherebbero solo i parcheggi
dedicati: ve lo avevo detto che nella maggior parte degli Stati americani non si possono parcheggiare le moto nei mutipiano perché dicono che
potrebbero creare incendi?!?!?
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NICO CEREGHINI
SE CE L’ABBIAMO
FATTA UNA VOLTA…
Dalla crisi usciremo. Già negli anni
Settanta e Ottanta rischiammo
parecchio, tutta la nostra
industria della moto stava per
sparire. Eppure siamo ancora qui
Media
C
iao a tutti!
Un amico
francese
mi chiede
di raccontare
ciò
che ricordo della Laverda V6 e
del Bol d’Or 1978 che disputai
con quella moto e con Carlo
Perugini, bel pilota e grande
amico marchigiano. Il francese è appassionato del marchio
di Breganze, sta scrivendo un
libro sulla sei cilindri 1000, ed
ecco che i fili della mia memoria, che dovevano stare, aggrovigliati, in qualche angolo buio,
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progressivamente si sciolgono e diventano storie e personaggi. Non voglio annoiarvi
con fatti privati di quarant’anni
fa, quando il libro uscirà lo segnalerò agli interessati. Voglio
soltanto collegare quell’epoca
alla nostra. La Guzzi navigava
a vista. Il discutibile De Tomaso, proprietario dal ’73, era impegnato a copiare le Honda a
quattro e sei cilindri sulle linee
Benelli e per fortuna c’era un
tecnico come Lino Tonti e non
furono abbandonate le bicilindriche a V; la Le Mans fu un
successo, la California quasi,
ma le piccole V35 e V50 davano un mucchio di problemi, i
concessionari erano disperati
e solo i più tenaci resistettero,
la leggendaria aquila rischiò
di inabissarsi nel lago ad ali
aperte. E la Ducati? Ammiravo
l’ingegner Fabio Taglioni, ma
il genio non basta se la gestione dei manager è disastrosa.
A metà anni Settanta Borgo
Panigale finì nell’orbita dello
Stato, Efim e Finmeccanica, e
quando arrivarono finalmente
i fratelli Castiglioni a salvarla,
nei primi Ottanta, la produzione delle moto era calata fino a
duemila pezzi. Le corse? Per i
vertici erano soldi buttati, e se
non ci fossero stati quelli della
NCR e un eroico Franco Farnè,
anche la più leggera e potente
delle bicilindriche italiane, la
750 nata nel ’73 dopo la 200
Miglia di Imola, sarebbe finita in
niente. Senza i Castiglioni, oggi
la Ducati neanche esisterebbe.
Purtroppo, proprio la mia Laverda è sparita. In quel lontano
’78 guidavo al Castellet la velocissima V6 1000 e però già si
sapeva che difficilmente quel
progetto modulare sarebbe diventato realtà. Massimo Laverda sognava nuove bicilindriche
compatte e leggere, quattro cilindri potenti e raffinate, sei cilindri da sogno; ma la crisi mordeva e la proprietà era troppo
frazionata e incerta.
Purtroppo, Massimo se n’è
andato nell’85 a soli quarantasette anni e il suo marchio,
dopo tante vicissitudini, è finito
all’Aprilia, alla Piaggio e poi nel
dimenticatoio. Anche la Guzzi
dopo mille peripezie finì nelle mani di Beggio e quindi alla
Piaggio.
Oggi, benché piccola, è viva e
si difende. Mentre la Ducati,
nel gruppo tedesco VW, è viva
più che mai e lavora forte. Nonostante i rimpianti di molti
anzianotti, insomma, negli anni
Settanta e Ottanta l’industria
italiana della moto era in una
profonda depressione e stava
andando a fondo. Se ce l’abbiamo fatta allora –mi dico possiamo farcela anche questa
volta.
Editoriale
NEGLI ANNI SETTANTA E
OTTANTA L’INDUSTRIA ITALIANA
DELLA MOTO ERA IN UNA
PROFONDA DEPRESSIONE E
STAVA ANDANDO A FONDO. SE
CE L’ABBIAMO FATTA ALLORA –MI
DICO- POSSIAMO FARCELA
ANCHE QUESTA VOLTA
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MotoGP
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Media
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APRILIA HA SVELATO LA RS-GP
DI MELANDRI E BAUTISTA
di Thomas Bressani | La casa di Noale ha svelato la nuova RS-GP da
MotoGP. Una sfida descritta da Roberto Colaninno e Romano
Albesiano. E commentata dai piloti Marco Melandri, Alvaro Bautista
e dal team manager Gresini
L
a casa di Noale ha presentato, all’interno degli studi di SKY, la nuova
Aprilia MotoGP che vedremo in pista
quest’anno con i piloti Marco Melandri e Alvaro Bautista. La voglia di vedere questo
nuovo progetto crescere e conquistare risultati è tanta, soprattutto dopo anni di assenza
dal motomondiale. La casa di Noale ha saputo
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collezionare numerosi successi, ultimo quello
raggiunto in SBK con il pilota Sylvain Guintoli,
laureatosi Campione del Mondo SBK 2014 con
l’Aprilia RSV4. Quando si parla di Aprilia, si parla
di sport. Non a caso è uno dei marchi con più vittorie nella velcoità, con 54 titoli mondiali, conquistati dal 1992 a oggi. In casa Aprilia non si aspettano di certo di essere competitivi sin da subito
- tantro più che il ritorno in MotoGP è stato anticipato di un anno - , ma sarà invece una stagione
di collaudo per sviluppare la nuova RS-GP, riducendo il gap che la separa dalle moto di testa. La
presentazione, tenuta da Guido Meda, ha visto
salire sul palco anche il presidente del Gruppo
Piaggio Roberto Colaninno che ha illustrato idee
e progetti futuri per far crescere al meglio l’azienda. Piaggio ha iniziato una stretta collaborazione
con il gruppo Sap SRM, così Roberto Colaninno
ha raccontato questa nuova avventura: «Si tratta di una spinta tecnologica dell’intero Gruppo
Piaggio, in sintesi sta tutto nell’avere una grandissima moto, come la RS-GP, grandissimi piloti
come quelli che abbiamo, grandi performance,
ma prima di tutti gli altri stiamo pensando a una
cosa che si aggiunge a tutto questo e che oggi
non c’è ancora. Una tecnologia che deriva da un
altro mondo estremamente sofisticato e che con
le moto fino ad oggi ha avuto poco a che fare».
«Vedere gli altri che leggono la targa - ha continuato Roberto Colaninno - che vedono il tubo di
scappamento, per me e una grandissima soddisfazione. Da oggi abbiamo l’opportunità di collaborare con questa grande società per cercare
di individuare e di concretizzare quel qualcosa
che si trova nel nostro DNA e quando riusciremo
ad individuarlo, costruirlo e a offrirlo creerà un
grande momento di soddisfazione e entusiasmo.
In sostanza si tratta di un fatto di alta tecnologia
che si aggiungerà a quella che abbiamo già con
Aprilia.» Colaninno rimane comunque con i piedi
per terra, sapendo benissimo che questa avventura di Aprilia in MotoGP non sarà facile. «Entriamo in un mondo difficile e ne siamo coscenti,
occorrerà avere molta passione e pazienza. Noi
non pensiamo di arrivare primi quest’anno, ma
sappiamo che l’evoluzione dell’Aprila è un qualcosa che va in crescendo e che si andrà a misurare in ambienti sempre più difficili». Aprilia e il
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Gruppo Piaggio hanno deciso di anticipare di un
anno il loro rientro in MotoGP, consapevoli della
scelta coraggiosa. Il 2015 sarà dedicato allo sviluppo della RS-GP, prima del debutto, nel 2016,
di una moto prototipo in configurazione Full Factory. Romano Albesiano, Responsabile di Aprilia Racing, ha così commentato: «Dopo essere
passati dalla SBK, alla CRT, ora siamo arrivati
al top con la nostra prima MotoGP. L’evoluzione di questa nuova moto parte dall’esperienza
fatta l’anno scorso nella categoria CRT. «Il futuro di Aprilia va ormai verso la MotoGP e sappiamo bene che si tratta di un percorso lungo,
complesso e faticoso. Partire prima di quanto
fosse stato deciso ci consentirà di arrivare prima
all’obiettivo che noi riteniamo essere necessario.
Quest’anno faremo fatica e al momento stiamo
avendo tanti problemi, ma al tempo stesso stiamo imparando tante cose. Sono estremamente
soddisfatto della scelta, anche se capisco che
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Ad affrontare questa lunga sfida, in pista con la
RS-GP, saranno i piloti Marco Melandri, Campione del Mondo con Aprilia 250 nel 2002, e Alvaro
Bautista iridato nel 2006 in 250, sempre con una
moto di Noale. Marco Melandri, sul palco della presentazione dell’Aprilia MotoGP, racconta
come sono andati i test a Sepang e le sue sensazioni in sella alla RS-GP: «Per me è stato un
inizio davvero difficile - ha detto Melandri -, noi
abbiamo anticipato i tempi iniziando con un anno
di anticipo. Questa sarà una stagione di collaudo,
durante i test bisognava non commettere errori,
l’importante per me era fare dieci giri più piano
piuttosto che qualche caduta in più. Non so se
sia un pregio o un difetto, ma sono un pilota che
se non sente la moto fare quello che voglio, o che
non mi da la fiducia necessaria, non riesco a guidare nemmeno all’80% delle mie potenzialità.
Ho faticato tanto, provando anche a cambiare
modo di guidare ma non riuscivo proprio a trovare la fiducia necessaria. «La mia difficoltà più
grande sta attualmente nella gestione dell’avantreno: non riesco ad essere aggressivo e inserire
MotoGP
la moto in curva con i freni tirati, perchè non la
sento assorbire le buche, ma la sento soltanto
spingere con la ruota davanti, non riuscendo a
chiudere le linee e lo stesso accade anche a centro curva. Credo che la mia sia più una difficoltà
di sensazione più che di adattamento alla moto,
non ho quella confidenza per fare quello che vorrei, anche provando gomme diverse lo stesso
giorno le cose non sono cambiate».
A concludere la giornata di presentazione tocca
ad Alvaro Bautista, andato meglio negli ultimi
test MotoGP rispetto al suo compagno di squadra: «Come con Marco anche io non sento l’anteriore al 100%. La base di questa moto non è
male, ci mancano per il momento dei piccoli dettagli che sono quelli che fanno la differenza e che
ci farebbero andare più veloci nei tempi. Dobbiamo decisamente miglirare l’anteriore, perchè
non mi sento tanto a posto in ingresso curva. Il
posteriore, l’elettronica e il motore hanno bisogno ancora di essere sistemati. In sostanza la
moto ha una buona base, ma dobbiamo migliorare in tutti gli aspetti».
per molti possa sembrare una decisione azzardata». Questa nuova sfida, da parte di Aprilia,
vedrà anche una partnership con Gresini Racing,
guidata dal due volte Campione del Mondo Fausto Gresini, anche lui pilota Aprilia per un anno.
«Per me è un grande onore fare parte oggi di
questo gruppo - ha commentato Gresini, il Team
Manager - e di rappresentare una casa italiana,
cosa avvenuta per un anno come pilota Aprilia.
Trasformarsi da un Team satellite ad uno factory
mi riempie di orgoglio e di grande responsabilità.
«La sfida di Aprilia in MotoGP è una sfida molto
importante. Sappiamo dove dobbiamo lavorare
e lavoriamo con la consapevolezza delle difficoltà che ci saranno, ma anche con la certezza
che miglioreremo. La MotoGP di oggi è una categoria molto competitiva, qui c’è un progetto di
sviluppo e come tutte le cose serve anche tempo per crescere e voglio dare il mio contributo
per far si che avvenga il più in fretta possibile».
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MARCO MELANDRI
“DOBBIAMO ESSERE PRONTI
PER LA MOTOGP DEL 2016”
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MotoGP
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di Thomas Bressani | Marco Melandri quest’anno affronterà una
nuova sfida in MotoGP. Lo abbiamo intervistato durante la
presentazione dell’Aprilia RS-GP, ci ha spiegato i suoi obiettivi
per questa stagione e delle prime sensazioni in sella alla nuova
moto di Noale
M
arco Melandri quest’anno affronterà una nuova sfida in MotoGP. Lo
abbiamo intervistato durante la
presentazione dell’Aprilia RS-GP
dove ci ha spiegato i suoi obiettivi per questa stagione e delle prime sensazioni in sella alla nuova
moto di Noale.
Hai la possibilità di cucirti addosso una moto
tutta nuova, pensi che questa Aprilia sia abbastanza modellabile per il tuo stile di guida o
dovrai essere tu ad adattarti a lei?
«Sicuramente dovrò cambiare stile di guida, perchè passando dalla Superbike alla MotoGP, con
gomme e cerchi diversi, cambia veramente molto il modo di stare in sella. D’altra parte per noi
la moto è completamente nuova e ha bisogno di
macinare chilometri e di cambiare tanto durante la stagione. Sono un pilota che fondalmentalmente ha bisogno di avere tanta confidenza dalla
moto per riuscire ad adeguarsi e cambiare stile di
guida. Questo sarà il mio primo obiettivo. Siamo
entrati così rapidamente in MotoGP e sarà una
stagione di test anche durante le gare».
Da quando pensi di poter essere competitivo
durante la stagione?
«Non lo so sinceramente, il mio obiettivo adesso non è quello di fare il risultato, ma di fare da
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collaudatore per questa stagione. Dobbiamo raccogliere informazioni e essere più pronti possibili
per la moto 2016, che sarà una vera MotoGP».
Durante i test di Sepang hai provato una SBK
adattata per montare le gomme Bridgestone
per farti riprendere confidenza con questo tipo
di gomme, questa scelta ti è servita?
«Ho fatto poche uscite e forse è stata più confusionale che utile come scelta. Avevo bisogno di
capire determinate cose e punti negativi e positivi della Superbike cambiando le gomme. Qualche
cosa di buono c’è stato, avrei voluto portare un
po’ più avanti il test per avere maggiori informazioni da trasferire sulla MotoGP ma il tempo a nostra disposizione non era molto».
Se potessi scegliere ora, ti piacerebbe essere
tra due settimane in Thailandia per la prima
gara dell’anno della SBK?
«A te cosa ti piacerebbe fare? Mettiti nei miei
panni».
Pensi, per quando sarai competitivo, di riuscire
a fare quella pole che ti manca in MotoGP?
«E’ vero in MotoGP non ho mai fatto pole, però
sono più contento di non aver mai fatto pole ma
di avere vinto cinque gare, che aver fatto un sacco di pole e non avere vinto niente».
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MotoGP
ALVARO BAUTISTA
“NON PUNTIAMO AL RISULTATO,
MA A MIGLIORARE LA MOTO”
di Thomas Bressani | Negli ultimi test di Sepang Alvaro Bautista,
sembra essersi trovato meglio del suo compagno di squadra
in sella alla RS-GP Aprilia. Lo abbiamo intervistato in occasione
della presentazione ufficiale della moto 2015
N
egli ultimi test di Sepang, Alvaro
Bautista sembra essersi trovato
meglio, del suo compagno di squadra, in sella alla RS-GP Aprilia. Lo
abbiamo intervistato in occasione della presentazione ufficiale della moto 2015. L’obiettivo
principale rimane anche per lui lo sviluppo della
moto in vista della vera MotoGP del 2016.
Quest’anno affronterai una bella sfida in sella
ad una moto tutta nuova della casa di Noale,
quali saranno i tuoi obiettivi?
«Penso che per quest’anno l’obiettivo sarà quello di sviluppare una moto nuova, manca ancora
molto per arrivare alle moto top e punteremo di
più a ridurre il distacco rispetto ai primi. Un anno
di lavoro dove dobbiamo stare molto concentrati, cercando di prendere la strada giusta per lo
sviluppo, senza puntare ad un risultato finale».
A Sepang hai provato due moto differenti, la
201501 e la 201502, con quale delle due ti sei
trovato meglio?
«Sicuramente con la 01, la 201502 ci ha portato
un po’ fuori strada, mentra la 201501 era più neutrale e abbiamo deciso di continuare lo sviluppo
con questa moto».
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Durante i test sei riuscito ad andare meglio del
tuo compagno di squadra Melandri, piazzandoti l’ultimo giorno diciannovesimo. Pensi di
riuscire ad arrivare nelle prime dieci posizioni
durante la stagione?
«Ci saranno giorni in cui avremo molti problemi e
alcune cose che non funzioneranno o invece altri
giorni che saranno più facili e in cui saremo più
competitivi.
Per adesso non puntiamo al risultato, ma cercheremo di stare più attenti alle perfomance della moto migliorando ogni volta».
Come mai, secondo te, sei riuscito ad andare
meglio nei test rispetto a Melandri?
«Abbiamo due situazioni diverse, io vengo ormai da tanti anni di MotoGP, con questo tipo di
gomma e freni, invece Marco sono un po’ di anni
che sta in Superbike con moto e gomme diverse. Lui sta facendo più fatica nell’adattarsi alle
sensazioni che da una moto da MotoGP, perchè
da quando lui correva nel Motomondiale le cose
sono cambiate molto e deve solo riabituarsi. I
tempi comunque si avvicineranno e alla fine saremo tutti e due molto vicini».
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vicini al fenomeno di Tavullia, NDA), io cerco solo
di dare un aiuto tecnico ai piloti, anche se a Fenati c’è poco da insegnare. Ai GP, seguo la partenza
e la gara della Moto3 sempre dallo stesso posto:
è un bel modo per rilassarsi, ma anche per entrare nel clima della MotoGP».
Una bella squadra
Con un proprietario tanto “ingombrante”, è
chiaro che tutto il resto passa un po’ in secondo
piano, ma il team VR46, con l’appoggio di Sky,
è davvero una bella squadra: non manca niente
per puntare al massimo obiettivo, anche se non
si parla apertamente di titolo mondiale. Ma per
Fenati, è ovvio, non può essere che quello l’obiettivo, considerando anche che Romano è alla
sua quarta stagione in Moto3. «La moto – spiega
Romano – non è tanto diversa da quella dell’anno scorso, anche se è cambiata in tanti aspetti:
MotoGP
abbiamo migliorato in accelerazione, il motore è
più competitivo, ma abbiamo peggiorato in staccata: dobbiamo sistemare meglio la ciclistica.
Per ora, né io (Romano è reduce da un infortunio alla clavicola sinistra, rotta quest’inverno durante gli allenamenti, NDA) né la moto siamo al
100%, ma c’è margine di miglioramento: in Qatar saremo al 100%. L’obiettivo è essere più costanti e per riuscirci ci vuole anche un po’ di fortuna, perché nel 2014 sono stato penalizzato da
rotture e sono stato coinvolti in incidenti senza
colpe». Ovviamente diversi gli obiettivi di Andrea
Migno, 18 anni, gran bel personaggio, al debutto
a tempo pieno nel mondiale. «Sarebbe fantastico
arrivare nei primi dieci alla fine del mondiale: del
resto, anche Valentino, nel 1996, fece nono».
A completare una squadra più da MotoGP che da
Moto3, ecco l’inno scritto da Cesare Cremonini,
da tempo amico di Valentino.
TEAM VR46
UNA SQUADRA DI ALTISSIMO LIVELLO
di Giovanni Zamagni | Valentino Rossi come proprietario, due piloti
di grandi ambizioni, una moto competitiva, Sky come supporto: non
manca nulla per puntare a traguardi prestigiosi. Fenati: “Devo essere
più costante”. Migno: “Obiettivo: nei 10 a fine campionato”
E’
un team di Moto3 atipico e non potrebbe essere altrimenti, dato che
il proprietario è un certo Valentino
Rossi. «Nel 2014 – racconta il nove
volte iridato – questa squadra è nata quasi per
gioco, ma è un impegno molto importante: diamo la possibilità ai piloti italiani di correre al
massimo livello. L’anno scorso, all’inizio, Romano Fenati ci ha fatto veramente godere, vincendo tre delle prime sei gare. Poi, purtroppo nella
seconda parte del campionato ci sono stati dei
66
problemi, con Romano capace di conquistare
solo un’altra gara: poco per il suo enorme talento. Quest’anno dovrà essere più regolare: abbiamo fatto delle modifiche al team (sono cambiati, tra gli altri, entrambi i capo tecnici, NDA) per
farlo funzionare meglio. Per quanto riguarda Andrea Migno, gli auguro di arrivare a fine campionato nei dieci come avevo fatto io al debutto nel
1996: io però vinsi anche una gara… Per quanto
riguarda il team, tutte le cose difficili le fanno altri (Alberto Tebaldi e Alessio Salucci, da sempre
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MotoGP
MOTOGP
PRESENTATO IL TEAM SUZUKI ECSTAR
Svelata la livrea definitiva delle Suzuki di Espargaro e
Vinales. Main sponsor sarà il marchio di olio motore Ecstar
S
uzuki Motor Corporation ha presentato ufficialmente il nome del
team MotoGP, svelando quindi il
main sponsor della stagione 2015:
ECSTAR. La Casa giapponese torna alle competizioni in sella alla debuttante GSX-RR spinta
dal nuovo motore quattro cilindri in linea. I piloti, entrambi spagnoli, che la porteranno in pista
sono Aleix Espargaró (classificato 7° la scorsa
stagione) e Maverick Viñales, proveniente dalla
Moto2. Eiji Mochizuki (Executive General Manager moto) ha dichiarato: «Suzuki torna in MotoGP, la massima categoria del motociclismo
mondiale. Competere con i rivali di più alto livello
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ci permetterà di affinare le nostre tecnologie, che
poi si riverseranno nei modelli della produzione
destinati ai nostri clienti».
ECSTAR
Lo sponsor ECSTAR è il marchio di olio motore
ad alte prestazioni prodotto da Suzuki e che è in
vendita dal 1984.
Il bacino di distribuzione fino ad oggi è stato
principalmente quello del Giappone, ma, in occasione del 30 ° anniversario del marchio ECSTAR
e con la partecipazione di Suzuki in MotoGP, la
Casa di Hamamatsu cercherà di aumentare la
riconoscibilità globale del marchio.
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DOPOGP CON NICO E ZAM
PUNTATA SPECIALE, TEST SEPANG 2
Ducati debutta con la GP15 e Yamaha con il nuovo cambio seamless
anche in scalata, tante le novità. Facciamo il punto sui valori in pista
S
econda sessione di test a Sepang.
Nella tre giorni malese l’attesa era
soprattutto per il debutto della nuova Ducati GP15. Il prototipo di Borgo
Panigale è stato promosso a pieni voti da Andrea
Dovizioso e Andrea Iannone: la moto finalmente “chiude” le curve e i problemi di controllo in
frenata sono risolvibili con il giusto setting. Attesissimo anche il cambio seamless in scalata
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di Yamaha che, seppur non portando benefici
cronometrici, avvicina di un passo la casa dei
tre diapason a Honda. HRC, apparsa già pronta
fin dal primo test, ha lavorato sul passo gara e
Marquez si conferma il più veloce. Tanti gli argomenti di tecnica da approfondire insieme all’Ing.
Bernardelle che con Giovanni Zamagni analizza
anche la prima presa di contatto dei piloti ufficiali
con i nuovi pneumatici Michelin.
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Superbike
ANCORA BAYLISS
MA IL PASSATO NON RITORNA
di Carlo Baldi | Dopo la bella pagina di Phillip Island ha senso
riconfermare Bayliss in sella alla moto di Giugliano? Non si rischia
di intaccare un mito?
A
nche in Tailandia sarà Troy Bayliss a
sostituire l’infortunato Davide Giugliano nel L’Aruba.it Racing – Ducati Superbike Team. Come sappiamo
il tre volte campione del mondo era tornato alla
guida della Panigale nel primo round del mondiale Superbike disputatosi in Australia, scatenando
l’interesse dei media e dei tanti tifosi che ricordano le sue imprese. Ritornare nel mondiale dopo
sei anni sulla sua pista di casa, davanti ai propri
tifosi e con una Ducati, era un sogno che Troy
non vedeva l’ora di realizzare. Il suo obiettivo era
quello di entrare nella top ten, ma il poco tempo a sua disposizione ed lo scarso affiatamento
con la Panigale in versione 2015, gli avevano impedito di trovare un set up che gli consentisse di
sfruttare adeguatamente le gomme, per tutto
l’arco della gara. Nella prima manche Troy è partito come un missile dalla dodicesima posizione
(quarta fila). Al primi giro era ottavo per poi risalire al settimo posto. L’usura degli pneumatici è arrivata attorno al tredicesimo giro e lo ha
fatto scivolare in classifica sino al tredicesimo
posto finale. E’ andata peggio in gara due. Dopo
la solita partenza a cannone, Bayliss è riuscito
a percorrere tre giri in settima posizione ma nel
corso della quattordicesima tornata, ha dovuto
far rientro al box per sostituire le gomme ormai
alla frutta. Rientrato per onor di firma, ha chiuso
sedicesimo, rischiando di essere doppiato dal
gruppo dei primi. Un gradito ritorno con il quale
tutto il mondo della Superbike aveva celebrato
uno dei suoi indimenticati campioni del passato. Ma che senso ha ripeterlo? Facciamo fatica a
72
comprendere perché l’Aruba.it Racing – Ducati
Superbike Team abbia deciso di far correre Bayliss anche in Tailandia. Una decisione nella quale
riteniamo che sponsor e media abbiano certamente avuto un peso determinante, ma che stride con la realtà della Superbike, un campionato
che deve pensare e programmare il proprio futuro, più che rigirarsi a guardare un glorioso passato. Le due gare di Phillip Island non hanno solo
celebrato Bayliss, ma hanno messo in mostra
due giovani di talento come VD Mark e Torres.
Entrambe le manches sono state appassionanti
e si sono decise in volata, tenendo tutti con il fiato sospeso sino alla bandiera a scacchi. Questa
è la Superbike, un mondiale che da sempre crea
i propri eroi ed i propri personaggi e che fa dello
spettacolo in pista il suo punto di forza. Bayliss
è un personaggio eccezionale, un grande pilota
che è stato tre volte campione del mondo, ma
rappresenta il passato. E’ stato bello rivederlo nel
paddock di Phillip Island, ma che senso ha rimetterlo sulla moto di Giugliano anche in Tailandia?
Non si può nemmeno dire che Ducati abbai pensato a lui per sviluppare la propria Superbike perché si è visto in Australia come Troy non conosca
ancora la Panigale in versione 2015. Forse avrebbe avuto più senso dare una possibilità ad un giovane di mettersi in mostra, di mostrare il proprio
valore. Chiusa in Australia la parentesi Bayliss, la
casa di Borgo Panigale avrebbe potuto scegliere un pilota in attività al quale affidare lo sviluppo della Panigale 2015 nelle tre gare (Tailandia,
Aragon ed Assen) alle quali purtroppo Giugliano
non potrà partecipare. Sarebbe stata una scelta
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Superbike
aaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaa
bbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbb
bbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbb
bbbbbbbbbbbbbbb
più logica e pratica. Come sarebbe stato probabilmente più logico e pratico dare una possibilità ad un pilota che non ha ancora trenta anni e
che potrebbe ancora dare tanto, ma che attualmente sembra sia stato dimenticato dal mondo
della Superbike: Michel Fabrizio. Sia chiaro che
sarà ancora un piacere rivedere in pista Bayliss e
siamo certi che Troy farà senza dubbio meglio di
quanto non abbia potuto fare a Phillip Island, ma
forse a molti avrebbe fatto piacere ricordarlo vincitore. Pensare a Bayliss e rivederlo festeggiare
il suo terzo titolo mondiale a Portimao nel 2008,
quando salutò tutti da campione del mondo. Una
decisione che contribuì a creare il suo mito. Cosa
porteranno al mito di Bayliss le gare di Phillip
Island e del Chang International Circuit ?
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Superbike
DAVIDE GIUGLIANO
“VEDERE TROY BAYLISS SULLA
MIA MOTO È UN ONORE”
Il pilota Ducati racconta il suo incidente e fa il punto sulla
sua condizione clinica. Su Bayliss: “E’ il mio mito vivente”
A
A poco più di due settimane dal brutto highside
nei test ufficiali di Phillip Island, che gli ha provocato la frattura di tre vertebre, Davide Giugliano
(Aruba.it Racing – Ducati Superbike Team) ha
fatto il punto della situazione in un’intervista rilasciata a WorldSBK.com.
Come stai?
«Sto bene, mi sto riprendendo. Certo, non è una
passeggiata recuperare da un infortunio di tipo
vertebrale, però devo dire che in questi giorni
sto sentendo i primi miglioramenti. In questo
momento le uniche ‘terapie’ sono il riposo e la
magneto-terapia, tra una decina di giorni invece
mi sottoporrò ad altri esami per valutare la situazione e per, eventualmente, iniziare il recupero
vero e proprio e la fisioterapia».
Ti eri già accorto durante la caduta, e/o nei
momenti successivi alla stessa, dell’entità
dell’infortunio?
«Durante la caduta stessa avevo già capito di
essermi fatto male. Lì per lì l’adrenalina e la paura di una frattura alla schiena hanno fatto sì che
mi rialzassi in piedi. Ovviamente l’esser riuscito
a camminare mi ha tolto le paure maggiori di
dosso. Ho pensato ‘OK, mi sono rotto di sicuro
qualcosa’, visto che il dolore era tanto, però il
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solo fatto di potermi muovere mi ha rincuorato
non poco ed ero convinto che la partecipazione
alla gara non fosse quindi a rischio. Poi invece
è arrivata la doccia fredda con la diagnosi delle
fratture vertebrali, con le quali sarebbe stato da
pazzi correre. Ovviamente la frustrazione è poi
cresciuta ulteriormente con la notizia che avrei
dovuto saltare ben più di due gare. Dopo ulteriori analisi a Roma, tra l’altro, ho scoperto che
le fratture erano tre, non due: oltre alle vertebre
L1 e L2, infatti, mi sono fratturato anche l’ultima
delle dorsali, la D12. Vista la caduta e le possibili
conseguenze, comunque, mi ritengo fortunato
di esserne uscito con delle fratture ‘belle’. Sarebbe potuta andare molto peggio, in quanto ho
sbattuto un po’ ovunque e l’airbag della tuta ha
sicuramente aiutato a prevenire ulteriori fratture
vertebrali».
Riesci a descrivere la caduta?
«È stato un highside alla curva 11 in uscita, molto
molto violento. È un punto della pista che ha provocato molte cadute in passato e in diversi casi
qualche infortunio. Quando si è innescato l’highside sono stato letteralmente lanciato in aria
e credo che una vertebra si sia fratturata proprio
per torsione in quel momento, in quanto ho sentito il primo ‘crack’».
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restare a casa a guardare gli altri correre, però di
sicuro vedere Troy sulla mia moto è un onore».
Visto con gli occhi di un pilota, come l’hai visto
in pista a Phillip Island?
«Troy è un pilota che dà comunque tanto gas a
prescindere, è un pilota vecchia scuola, un po’
come mi reputo anche io, in un certo senso. Questo è ciò che ha fatto a Phillip Island, a prescindere dalla familiarità con la moto, della forma
fisica e dalle difficoltà di tornare alle corse. Alla
fine in gara non ha girato affatto male, si vedeva
che aveva voglia di far bene ed ha dimostrato che
un campione non dimentica come si fa ad andare
forte».
Purtroppo sei dovuto restare a guardare il primo round da spettatore. Come ti è sembrato
a livello di avversari, competitività, performance?
«È stato un bel round. In entrambe le gare sono
stati tre i piloti a un po’ la differenza, ma comunque gli altri non erano assolutamente lontani.
Phillip Island è sempre una trasferta particolare
in quanto non dà un’idea realmente chiara sui
reali valori in campo, in questo senso le prossime gare ci diranno di più. Ovviamente Jonathan
(Rea) è stata una sorpresa fino ad un certo punto, lo dicevo già da tempo che avrebbe fatto bene
sin da subito. È stato bello rivedere Haslam davanti, è un pilota tosto che dà sempre spettacolo. Chaz inoltre è andato molto forte ed ha fatto
due belle gare, su una pista che in passato non gli
78
Superbike
Rientrerai ad Imola quindi?
«Spero anche prima! A parte gli scherzi, orientativamente dovrei tornare per Imola. Se dovessi
farcela prima sarebbe tutto più bello, però è difficile velocizzare il recupero dalle fratture vertebrali. I tempi sono quelli.
Ne sapremo di più tra una decina di giorni dopo
gli esami».
In attesa del rientro in pista, i fan del pilota romano potranno incontrarlo domani, sabato 6 marzo, alla fiera motociclistica Motodays di Roma.
Alle ore 14 infatti, Giugliano sarà presente presso
lo stand Ducati ma, come da sua stessa ammissione, non potrà trattenersi a lungo viste le sue
difficoltà nello stare in piedi.
ha regalato grosse soddisfazioni. La sua prestazione testimonia l’ottimo lavoro fatto da Ducati
e dalla squadra durante l’inverno, la moto è cresciuta davvero tanto».
Cosa ne pensi del pilota che ti ha sostituito a
Phillip Island e che farà lo stesso in Thailandia?
«Un pilota generalmente non è mai felice di essere sostituito, un po’ per la frustrazione di non
poter scendere in pista, un po’ per una sorta di
‘gelosia’ nei confronti della propria moto. Ovvio
che essere sostituito da uno come Troy (Bayliss) non è male, dato che non si tratta di un pilota qualsiasi. Lui è un mito vivente per il Mondiale Superbike e per i ducatisti ed il suo ritorno
alle corse, sebbene per due round, è un evento
davvero incredibile. Ovviamente non fa piacere
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SPECIALE MOTOCROSS
GRAN PREMIO
DELLA
THAILANDIA
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GP THAILANDIA
VILLOPOTO VINCE MA CAIROLI È 3°
di Massimo Zanzani | La pista ma soprattutto la partenza hanno fatto
la differenza in quella che a causa del caldo soffocante è stato uno dei
GP più duro degli ultimi anni; una manche a testa per i due fuoriclasse,
ma il leader MXGP ora è Desalle; doppietta di Herlings nella MX2 e della
Fontanesi nella WMX
M
anche accorciata di cinque minuti, piloti che non hanno corso
la seconda manche a causa dello
stress fisico: il GP della Thailandia
quest’anno lo si ricorderà per bel pezzo a causa della torrida temperatura che ha messo KO
moltissimi piloti che addirittura non sono partiti
nella seconda manche come Jordi Tixier e Tim
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Gajser o come Jeremy Van Horebeek che ha dovuto abbandonare prima del tempo nonostante
si trovasse in quinta posizione a pochi giri dal
traguardo. Dalla dura selezione, sulla pista dalla connotazione in stile supercross sono emersi
gli autentici fuoriclasse, ad iniziare dai tre mattatori del podio MXGP Ryan Villopoto, Clement
Desalle e Tony Cairoli. L’ufficiale Kawasaki si è
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aggiudicato la sua prima vittoria stagionale con
una magnifica prima manche in cui ha rispolverato le sue credenziali sulle piste artificiali: partenza in testa, subito allungo e un pressing costante con tanto di guida accattivante che lo ha
portato a tagliare la bandiera a scacchi con dieci
secondi di vantaggio su Clement Desalle. Nella
seconda da quarto dopo un paio di giri si è portato in terza posizione, ma questa volta non è stato
capace di azzerare il distacco che lo separava dai
piloti di testa. «La prima manche è andata molto bene - ha commentato lo statunitense - sono
partito bene e ho mantenuto un ritmo molto alto
sino alla fine, nell’altra invece ho avuto una partenza solo decente e sia Desalle che Cairoli sono
andati decisamente forte per cui non sono riuscito ad avvicinarli anche perché ho cercato di
usare la testa in quanto siamo solo alla seconda
Motocross
gara e non valeva la pena prendere dei rischi. Comunque ho imparato molto in questo GP, anche
se è stato uno shock correre con un caldo così
dopo aver passato questi ultimi mesi al freddo.
D’altronde per me è tutto nuovo, e anche solo il
fatto di correre sia il sabato che la domenica è
una formula di gara che sia io che il mio corpo
dobbiamo ancora assimilare». Con due misuratissime seconde posizioni Desalle si è assicurato
il posto d’onore assoluto, ma soprattutto la tabella rossa di leader del campionato con nove
punti di vantaggio su Cairoli. Fin dalla vigilia Tonino non ha gradito il circuito artificiale, ma nonostante ciò nella prima manche è stato capace di
rimontare dalla decima alla quinta piazza, ma in
quella successiva ha fatto ancora meglio: si è aggiudicato la manche con una determinazione da
otto volte campione del mondo con cui ha voluto
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fare vedere ai suoi avversari, ed ad uno in modo
particolare, che non c’è pista o caldo che possano trattenere la sua classe e che quindi non devono farsi troppe illusioni. Ottima la gara di Romain Febvre, quarto assoluto grazie con un terzo
e quarto di manche, che a questo punto si può
considerare come la rivelazione di questa stagione. Alle sue spalle l’inossidabile Kevin Strijbos,
che nonostante i problemi fisici di inizio stagione ha fatto vedere di essere ancora della partita,
Gautier Paulin rallentato da cadute, e Max Nagl
che a causa delle condizioni climatiche e di una
pista considerata da lui troppo rischiosa si è accontentato di un 4° ed un 11°. 10° assoluto invece
David Philippaerts, chiuso da un avversario alla
partenza della prima manche che gli ha fatto
spegnere la moto, e da ultimo ha rimontato sino
a 12°, mentre in quella di chiusura ha preso presto il ritmo solo dopo una decina di minuti ed è
comunque finito 10° dopo aver scavalcato alcuni
avversari. 15° Davide Guarneri, mentre Tommy
Searle è caduto nella prima manche in un doppio
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Motocross
ed è stato ricoverato in ospedale per la sospetta frattura di una o più costole. Senza storia la
MX2 grazie alla seconda doppietta stagionale di
Jeffrey Herlings che come l’anno scorso fino a
prima del suo infortunio ha dimostrato di avere
una marcia più degli altri. Ha ben impressionato
però la prestazione del neo acquisto KTM Paul
Jonass, che sta cominciando a mettere a frutto l’intenso lavoro e gli insegnamenti di Stefan
Everts di questo inverno; il lettone ha capitalizzato un quarto ed un secondo posto che gli hanno
permesso di chiudere il GP dietro al compagno
di squadra olandese e davanti a Dylan Ferrandis
Thomas Covington. Buona anche la prova, ma
solo a metà, del protagonista del Qatar Julien
Lieber, ritirato nella prima manche dopo una
spettacolare caduta ma poi terzo nella frazione
successiva. Grande soddisfazione anche per Kiara Fontanesi, che ha centrato una meritatissima
doppia affermazione che l’ha portata in testa al
campionato a pari punti con la francese Livia
Lancelot; 4ª assoluta Francesca Nocera.
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Motocross
manche, che mi ha fatto lavorare più del solito.
Sapevo che era importante fare una buona partenza per stare lì davanti; la seconda manche è
andata bene e abbiamo portato a casa un podio». Nonostante una pista molto simile a quelle del Supercross, sei partito davanti e non c’è
stato un solo pilota che sia stato in grado di passarti. «Si, è stata una bella gara. Ovviamente non
siamo ancora al top, però non lo sono neanche
gli altri. Piano piano cresceremo e arriveremo
ad avere partenze sempre lì davanti – questo è il
mio obiettivo, stare almeno nei primi cinque per
poter dare battaglia a tutti».
TONY CAIROLI
“NON SIAMO ANCORA AL TOP, MA NON
LO SONO NEANCHE GLI ALTRI”
di Massimo Zanzani | Il Campione del Mondo analizza la gara
thailandese. Tanta fatica, una partenza sbagliata, ma anche la
soddisfazione della vittoria nella seconda manche
E’
un Tony Cairoli provato quello che si
ferma per l’intervista. Il caldo, una pista molto stretta che ha imposto un
ritmo davvero serrato non hanno comunque impensierito più di tanto il Campione del
Mondo, dimostratosi tanto sul piano della guida
che su quello fisico perfettamente all’altezza
della situazione. Dopo una prima manche un po’
inferiore alle aspettative causa una partenza da
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dimenticare, nella seconda frazione Antonio si
è riscattato con una vittoria netta. «E’ stato un
weekend davvero difficile, veramente caldo qui,
e una pista… così così – non delle mie preferite,
molto stretta, un po’ da Supercross. Era difficile
trovare il ritmo e restare concentrati senza sbagliare nulla su queste sezioni ritmiche».
«Comunque sono contento, a parte la partenza
sbagliata sia ieri in qualifica che oggi in prima
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Supercross
ad un inedito Blake Baggett, al primo podio della
carriera. Anche la 250 Costa est è decisamente
sbilanciata verso un pilota – in questo caso Marvin Musquin – che sta monopolizzando il gradino
più alto del podio. Non fosse per un sistema di
punteggio che non premia la vittoria, e per avversari di grande regolarità come il campione in carica Bogle e Jeremy Martin, il francese avrebbe
da tempo preso il largo in classifica generale. A
Daytona Musquin ha dominato tenendo la testa
della gara dall’inizio alla fine, fiaccando la resistenza di Bogle. Avrebbe forse potuto dire la sua
Martin, protagonista di una splendida rimonta,
ma la partenza lo ha penalizzato; il vantaggio di
Musquin ora si attesta a 12 punti
AMA SUPERCROSS
ROUND 10, DAYTONA
Dungey conquista la quarta vittoria, Tomac secondo
davanti a Baggett. 250 East ancora a Musquin
R
yan Dungey sembra decisamente avviato alla conquista del primo titolo
Supercross per KTM nella 450. Con
quattro vittorie, ma soprattutto una
regolarità micidiale, il pilota della Casa di Mattighofen sta macinando gli avversari, allungando
senza tregua rispetto ad una muta di inseguitori
il cui leader cambia settimana dopo settimana.
Con 40 punti di vantaggio sul primo degli inseguitori – Trey Canard, qui a Daytona solo sesto
– Dungey può affrontare il resto del campionato
con una certa serenità. E’ sicuramente presto per
eleggere il successore di Villopoto, certo è che
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l’assenza del campione in carica (e, diciamolo, di
Stewart) sembra aver messo in luce il solo Dungey anche perché, con un secondo infortunio al
piede, la stagione di Ken Roczen è da considerarsi ormai definitivamente compromessa. Anche a
Daytona lo scatto di Short, autore dell’Holeshot,
e l’allungo di Peick non sono serviti a molto: Dungey ha preso rapidamente la testa della gara, assicurandosi il vantaggio sufficiente a mettersi al
riparo dalla rimonta di Tomac e Reed. Quest’ultimo sarà poi protagonista di un errore che lo
costringerà ad un bel recupero, mentre Tomac
riuscirà ad assicurarsi il posto d’onore davanti
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RESPONSABILE EDITORIALE
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CAPO REDATTORE
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REDAZIONE
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Maurizio Tanca
Cristina Bacchetti
Marco Berti
Francesco Paolillo
Aimone dal Pozzo
Edoardo Licciardello
GRAFICA
Thomas Bressani
COLLABORATORI
Nico Cereghini
Massimo Clarke
Giovanni Zamagni
Carlo Baldi
Massimo Zanzani
Enrico De Vita
Ottorino Piccinato
Antonio Privitera
Antonio Gola
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