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I Giganti di Mont`e Prama

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I Giganti di Mont`e Prama
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Corso di Scienze Applicate ai Beni Culturali AA 2013-2014
Docente Dr. Peana Massimiliano
I Giganti di Mont’e Prama
Marika Masia; matricola n° 30049292; e-mail: [email protected]
RIASSUNTO
Le sculture di Mont'e Prama costituiscono una manifestazione molto significativa
dell'arte antica e della loro conservazione, assieme allo studio e alla divulgazione dei
dati raccolti, sono stati il presupposto del Progetto Prenda 'e Zenia, concepito con
l'obiettivo di facilitare il passaggio da frammenti lapidei a quello di singoli reperti.
Sono frutto di un rinvenimento casuale nel territorio di Cabras nel marzo 1974,
avvenuto durante le operazioni di aratura dei campi.
L'eccezionalità della scoperta è risaltata subito per la singolarità dei frammenti
raffiguranti arcieri, guerrieri, pugilatori e modelli di nuraghe. Fin dall'inizio, infatti, si
erano potuti individuare due tipi di gruppi di sculture: figure umane e modelli di
nuraghe. La tipologia e il numero dei frammenti, 5178, così come lo stato di
conservazione, fanno di questo ritrovamento uno degli eventi culturali più importanti
nell'ambito dell'archeologia. Le statue superano i due metri d'altezza e
rappresentano la manifestazione di una civiltà, che non ha eguali in tutto il bacino del
Mediterraneo, e proiettano una nuova luce sull'arte e sulla scultura delle popolazioni
della Sardegna. Per quanto riguarda la datazione gli studiosi si confrontano su 2
ipotesi cronologiche: una che colloca le statue intorno al VIII a.C. e l'altra tra il X e il IX
sec a.C., ipotesi che potrebbero farne fra le più antiche statue a tutto tondo del
bacino mediterraneo, in quanto antecedenti ai kouroi della Grecia antica, dopo le
sculture egizie.
INTRODUZIONE
Giganti di Mont’e Prama (Fig. 1) sono sculture nuragiche scolpite a tutto tondo, rinvenute in
5178 frammenti. Costituiscono una manifestazione molto significativa dell’arte antica in
quanto testimonianza di una civiltà che non ha eguali in tutto il bacino del mediterraneo.
L’area archeologica di Mont’e Prama (Fig. 2) si trova nel Comune di Cabras, in provincia di
Oristano, in un territorio ricco di insediamenti nuragici, a nord della città fenicia, punica e romana
di Tharros. Nel Marzo 1974, il contadino Sissinnio Poddu, durante le operazioni di aratura, vede
affiorare una testa e altri elementi in pietra.
La segnalazione alle autorità competenti è immediata e seguono interventi di recupero e di
scavo tra il 1975 e il 1979, a cura dell’università degli studi di Cagliari e della Soprintendenza.
I lavori portano alla luce una necropoli con tombe a pozzetto e frammenti di sculture in
biocalcare, rinvenuti accanto e sopra le sculture. Alcuni archeologi ritengono che le sculture siano
in diretta relazione con le
tombe, altri ritengono che
siano frutto di spostamenti
antichi. Per quanto riguarda
la datazione gli studiosi si
confrontano su 2 ipotesi
cronologiche:
una
che
colloca le statue intorno al
VIII a.C. e l'altra tra il X e il IX
sec a.C.
Figura 1. Volto di un Gigante
di Mont'e Prama
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I giganti di Mont’e Prama
Figura 2. Area archeologica di Mont'e Prama
1. Dati
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•
5178 frammenti per un peso complessivo di 9117 Kg,
38 sculture montate su un supporto, risultato di 414 frammenti assemblati,
6 sculture sono un frammento unico,
5 arcieri,
4 guerrieri,
16 pugilatori,
13 modelli di nuraghe.
2. Le sculture
Quando nel 1981 vennero pubblicati per la prima volta i dati dello scavo effettuato, fu
evidenziata sopratutto la presenza di statue in arenaria che riproducevano, in grandezza
superiore al vero, la figura del pugilatore (Fig. 3) e quella del guerriero con arco. Alcune statue
sono sufficientemente complete, tanto da far capire facilmente come doveva essere la figura
intera al momento della realizzazione. In altri casi invece, è la ripetitività delle immagini a farci
capire come doveva essere la composizione. La rappresentazione del volto segue in tutte le
statue uno schema fondamentale comune: il viso è triangolare, I due grandi occhi concentrici
spiccano e la bocca è sintetizzata con una linea sottile incisa. La resa degli occhi è sottolineata
dalla fronte alta e sporgente dalla quale si sviluppa il naso a pilastrino, con narici rappresentate
da incisioni.
I guerrieri con scudo rettangolare, detti pugilatori
per via dei “guantoni”, sono a torso nudo e hanno un
gonnellino che avvolge il bacino con un lembo
allungato. Le braccia sono alzate a sostenere lo scudo
sopra la testa, in atteggiamento di difesa. E' la figura
più riprodotta e il termine pugilatore era già stato
utilizzato per definire il personaggio rappresentato
su un bronzetto rinvenuto nel territorio di Dorgali.
Le raffigurazioni di pugilatori sono ben 16 anche
se non tutte sono in egual stato di conservazione. Le
due meglio conservate hanno consentito di
ricomporre anche la parte superiore con lo scudo
poggiato sulla testa.
Figura 3. Pugilatore
Marika Masia
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Gli arcieri indossano una corta tunica e una protezione sul petto, hanno
lunghe trecce e un elmo a due corna. Il braccio sinistro e la mano sono
protetti da una guaina e un guanto, la figura imbraccia un arco in posizione
di riposo (Fig. 4): il braccio destro è ripiegato e le gambe sono protette da
lunghi schinieri che si allacciano sotto la tunica. Questa figura è
decisamente più articolata, la mano destra è sollevata in segno di saluto
alla divinità.
Figura 4. Dettaglio impugnatura dell’arco
I guerrieri con scudo circolare (Fig. 5) indossano un copri spalla, una pettorina e delle semplici
ghette. Lo scudo circolare è tenuto con entrambe le mani all’altezza del busto.
I modelli di Nuraghe. Nella fase finale dell'età del bronzo , intorno al X sec. a.C., vi è l'esigenza
di rappresentare il nuraghe, che assume così una forte valenza simbolica e può essere considerato
uno strumento politico: il gruppo egemone può avvalersi dell'emblema nuraghe per assicurarsi
consenso e stabilità. I modelli di nuraghe sono di due tipi, tipo semplice e complesso: i primi sono
costituiti da un’unica torre, mentre gli altri da una cortina esterna polilobata, con quattro o otto
torri secondarie, sormontate da un alto mastio centrale (Fig. 6).
Figura 5. Guerriero con scudo circolare
Figura 6. Nuraghe quadrilobato
3. Analisi
Componente preliminare essenziale del progetto di conservazione è lo studio dei materiali
componenti le statue, dei depositi superficiali, naturali e artificiali, delle forme di deterioramento,
così come i materiali utilizzati nei precedenti restauri e quelli che si intendono utilizzare nel corso
del nuovo restauro.
A tale scopo sono state realizzate indagini strumentali di tipo chimico, fisico e petrografiche
finalizzate ad individuare:
•
Litotipi originali utilizzati per la realizzazione delle statue, con confronti con potenziali
luoghi di provenienza del materiale;
•
Caratterizzazione del materiale per l'acquisizione di tutti gli elementi atti ad
interpretarne il
comportamento e a valutarne l’evoluzione nelle differenti condizioni di impiego e
ambientali;
•
Definizione delle caratteristiche fisiche e meccaniche della pietra: porosimetria, durezza,
resistenza al carico;
•
Individuazione delle alterazioni e dei processi di degrado superficiale e profondo;
•
Individuazione di eventuali residui di pigmenti, nello specifico: Analisi riflettografica in
luce UV, Analisi di fluorescenza ai raggi X (XRF), Petrografia in sezione sottile, Analisi
microscopica di preparati schiacciati;
•
Analisi di precedenti interventi di restauro al fine di valutarne l'efficienza e la
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I giganti di Mont’e Prama
•
compatibilità,
sia materiale che estetica con gli interventi progettuali;
Analisi del comportamento del materiale in rapporto ai prodotti previsti per i trattamenti
conservativi e di restauro.
3.1. Materiale
Il materiale costitutivo delle sculture è un biocalcare, di provenienza geografica localizzata
nelle immediate vicinanze del sito di ritrovamento dei frammenti, ove affiorano i calcari micritici
organogeni miocenici, sicuramente oggetto di estrazione in età preromana. Questi materiali sono
caratterizzati dalla presenza nella loro tessitura di microfossili marini riferibili ai foraminiferi (Fig.
7). Le analisi scientifiche confermano la presenza di tracce di un incendio che in antico ha
modificato chimicamente la parte più superficiale della
pietra e ne ha annerito il materiale al di sotto dei depositi
carbonatici terrosi formati durante l'interro (Fig. 8).
Figura 7. Presenza di microfossili all’interno del biocalcare
Figura 8. Tracce dell'incendio antico che ha modificato la
parte superficiale della pietra
3.2. Diagnostica
Le indagini diagnostiche concorrono, nella fase precedente al restauro ad individuare il tipo di
pietra utilizzata, le alterazioni e le trasformazioni nelle superfici e nel corpo litico. Le osservazioni
al microscopio ottico, petrografico e al SEM-EDS, microscopio elettronico a scansione con
microanalisi, hanno evidenziato l’appartenenza della pietra delle sculture alla classe dei bioculari
sedimentari, ricchi di fossili. La porosità del materiale è infatti legata alla presenza di fossili.
Su alcuni reperti sono state individuate tracce molto circoscritte di colorazione rossa e nera.
Lo studio della stratigrafia è stato un utile strumento per l'interpretazione delle vicende
conservative dei manufatti. La calcite secondaria che sigilla lo strato nero indicherebbe una
giacitura in terreno contenente acque carbonatiche.
La patina terrignea conferma un contatto diretto con il terreno mentre la patina nera può
essere attribuita ad un incendio o ad un attacco biologico, ma anche ad una azione combinata dei
due fattori di alterazione.
La valutazione del contesto ha suggerito di non procedere con prelievi e di conservarne la
testimonianza su cui eseguire ulteriori indagini con tecniche non distruttive.
3.3. Datazione
La data di realizzazione delle statue è il principale problema concernente il sito di Mont'e
Prama, ma non meno importanti sono le implicazioni storiche che possono derivare
dall'accertamento sicuro della data di distruzione e abbandono. Le ultime indagini scientifiche
Marika Masia
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risalenti al lontano 1979 non hanno risolto tali problemi.
Essendo ancora imprecisato l'esatto periodo nel quale le scultore vennero create, i fermenti
culturali che portarono all'ideazione delle statue debbono essere inquadrati in un ampio lasso di
tempo compreso tra il X secolo a.C. e l'VIII secolo a.C., ovvero il periodo tra il Bronzo finale e l'Età
del ferro. In ogni caso tali sculture sono ritenute figlie di un'età della trasformazione della civiltà
nuragica con salde radici nell'età del tardo Bronzo o bronzo finale.
In questo periodo l'intero golfo di Oristano fu una importante area economica e commerciale,
come attesta l'alta densità di monumenti nuragici esistenti: sono almeno 106 quelli censiti nella
zona ed appartenenti a tutte le tipologie conosciute, dalle tombe dei giganti ai pozzi sacri, ai
nuraghi.
La data della distruzione (o la data di formazione della discarica) è determinata dalla presenza
di vari frammenti di anfora punica al di sotto di un busto di arciere, e di altri frammenti di statue
nelle parti più profonde della discarica e pertanto più antiche, fatto che esclude una loro
infiltrazione in periodi successivi.
I frammenti punici sono databili con certezza alla fine del IV secolo a.C. o inizi del III secolo
a.C.; il frammento ceramico punico costituisce il limite cronologico ante quem non.
Nei pressi del nuraghe s'Uraki, nel pozzo sacro di Banatou, a Narbolia, fu rinvenuto un
frammento di statua insieme a statue votive puniche e ceramiche miste puniche e nuragiche, ma
purtroppo le difficoltà nelle quali lo scavo si svolse non consentono una datazione affidabile del
reperto.
3.4. Analisi delle tecniche antiche
L’analisi diretta delle superfici ha permesso la raccolta di dati ed informazioni relative alle
tecniche di lavorazione originale, alla strumentalizzazione ed alla metodologia utilizzata.
Attraverso un’attenta lettura eseguita con l’ausilio di luce radente è possibile identificare i segni di
lavorazione e delimitare le aree trattate con lo stesso
strumento ed individuare ogni sovrapposizione ed angolazione
nell'uso dello strumento stesso (Fig. 9).
I segni relativi ai vari strumenti utilizzati sono stati individuati e
associati alle diverse esigenze di lavorazione: sbozzatura,
rifinitura e levigatura.
Figura 9. Particolare della ricca lavorazione di un busto di
arciere
Il degrado superficiale, esteso e profondo, ha impedito la ricostruzione del procedimento
utilizzato per l'esecuzione delle sculture.
L'analisi e lo studio delle rifiniture hanno dimostrato una lavorazione intenzionale a tutto
tondo. L'analisi delle superfici ha evidenziato l'uso di strumenti di metallo, probabilmente in
bronzo:
•
uno scalpello con lama di varie misure,
•
uno strumento simile ad un raschietto utilizzato per levigare la superficie,
•
una punta per incidere linee più sottili,
•
uno strumento per produrre fori, che può essere assimilato ad un trapano,
•
uno strumento simile ad un compasso.
Sulle spalle di dieci statue sono stati individuati dei fori con residui di piombo, potrebbe trattarsi
di materiale utilizzato per ammortizzare il movimento di altri elementi realizzati con altro
materiale.
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I giganti di Mont’e Prama
3.5.Analisi dello stato di conservazione
Analizzando lo stato del materiale lapideo si individuano i vari fenomeni di degrado. Nel
contesto di Mont'e Prama se ne individuano 5 gruppi: stress fisico, erosione, incrostazioni,
alterazioni cromatiche, alterazioni microbiologiche.
Ad altra causa si attribuiscono la perdita di materiale, le abrasioni e i graffi sono dovute
principalmente ad azioni meccaniche volontarie ed involontarie.
3.6.Pulitura
La pulitura (Fig. 10) è finalizzata al ripristino della leggibilità delle superfici lapidee e alla
rimozione delle sostanze potenzialmente dannose per la pietra. Questa avviene attraverso
l'asportazione selettiva dei soli depositi di sporco, è rispettosa delle superfici originali, della
patina di eventuali coloriture e tiene conto dello stato di conservazione del materiale originale e
della peculiare fragilità. Tutti i frammenti delle sculture presentavano in superficie spessi strati di
terra sovrapposta a strati carbonatati fortemente aderenti al materiale originale. La presenza di
inclusi di natura organica e le tracce di incendio sono la causa dell'alterazione cromatica degli
strati, che si presenta di colore bruno e nero.
La pulitura è stata eseguita per fasi progressive, inizialmente sono stati effettuati gli interventi più
blandi fino ad arrivare agli interventi più efficienti, sempre in relazione al deposito da rimuovere.
Perfezionata la tecnica di pulitura più adeguata si è costruito un sistema in grado di dare risultati
omogenei vista la grandezza variabile dei frammenti. E' stata adibita una camera con acqua
atomizzata provvista di ripiani per i frammenti più piccoli, e di rotaie per i frammenti più grandi.
Il sistema di pulitura utilizza una miscela di acqua ed aria: l'acqua viene vaporizzata a bassa
pressione e a bassa concentrazione, in modo da poter controllare la rimozione dei depositi. I cicli
di esposizione a questa pulitura vanno
dalle due alle quattro ore e sono seguite
da spazzolature con strumenti appositi, a
conclusione del processo vi è una lunga
azione meccanica eseguita con bisturi,
specilli in legno e spazzolini. Altre tecniche
di pulitura come ad esempio l'utilizzo di
solventi chimici sono state applicate a casi
specifici che presentavano particolari
depositi.
Figura 10. Operazioni di pulitura e prelievo
di materiale
3.7.Consolidamento
Il consolidamento è limitato ai casi in cui è stato ritenuto necessario. Sono state consolidante
con altri materiali inorganici, acqua di calce e silicato d'etile, le superfici decoese e di giunzione
con il fine di migliorare le caratteristiche di ricomposizione.
3.8.Ricerca degli attacchi
La ricerca degli attacchi originari ha tenuto conto di diversi fattori: inizialmente si sono creati i
vari gruppi di frammenti suddivisi per categorie in modo da visualizzarne le similitudini, in seguito
si sono creati dei sottogruppi secondo le caratteristiche del materiale e del tipo di degrado. I
criteri utilizzati sono molti e prendono in considerazione:
•
le tracce di bruciatura,
•
l'erosione superficiale,
•
il peso e il colore della pietra,
•
le incrostazioni calcaree,
•
il tipo di frattura,
•
le tracce fossili contenute,
•
la decorazione.
Marika Masia
7
Completata questa prima fase si è passati alla successiva: molti frammenti, pure non avendo
punti di contatto, corrispondevano agli stessi criteri ed appartenevano allo stesso insieme.
Seguendo questi criteri sono stati assemblati più di 1200 frammenti, 400 dei quali
costituiscono le strutture montate sui supporti.
3.9.Stuccatura e integrazione
Per la ricomposizione delle sculture, tutti i frammenti sono stati stuccati con una malta a base
di calce, al fine di prevenire i danni meccanici alle superfici e le infiltrazioni d'acqua. Il colore della
calce è stato scelto in modo da avere un colore idoneo e valido per tutte le sculture, lo stesso
impasto è utilizzato per coprire la resina utilizzata per l'adesione dei frammenti.
CONCLUSIONI
Le sculture nuragiche di Mont'e Prama sono la più grande novità dell'archeologia sarda degli
ultimi decenni. Probabilmente avevano funzione rituale, rievocavano grandi personaggi o eroi del
passato, figure mitiche che hanno ripreso vita grazie al progetto Prend'e Zenia. Queste singolari
testimonianze di una civiltà speciale sono diventate uno dei nuovi simboli di un'isola straordinaria
e della sua cultura millenaria.
RIFERIMENTI
[1]
Andreina Costanzi Cobau, progetto Prend'e Zenia: Le sculture di Mont'e Prama viste da
vicino. 2011
[2]
Luisanna Usai, Valentina Leonelli, Carlo Tronchetti. La pietra e gli eroi, Le sculture
restaurate di Mont'e Prama. 2014
[3]
www.monteprama.it
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