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Il Bill Gates di Piacenza
Il Bill Gates di Piacenza, la showgirl e il broker con il vizio del gol Così in mezzo alla crisi crescono truffatori, millantatori e altri fantasiosi pescecani Si presentava bene. Distinto, elegante, sempre giacca e cravatta, sobrio, convincente ma non invadente, soprattutto molto competente, gentile, disponibile, andava a casa dei clienti. E sul biglietto da visita mostrava un nome molto conosciuto in tutto il Nordest, quello della Hypo Alpe Adria Bank. Perché non fidarsi allora? Tutti gli consegnavano i loro denari: pensionati, commercianti, impiegati, operai, persino disoccupati. Una ragazza senza lavoro gli aveva dato 10.000 euro: era l’unica sua speranza di guadagno. Una coppia di coniugi gli aveva affidato i risparmi di una vita: 650.000 euro. «Li farò fruttare» assicurava lui. E, in effetti, a suo modo li ha fatti fruttare davvero: la sua squadra di calcio a 5, la New Team di San Vito al Tagliamento, è fruttuosamente passata dalla serie C regionale alla serie A proprio grazie ai contributi generosi (e involontari) dei clienti. I quali, però, a un certo punto hanno cominciato a rivolere indietro i loro soldi. E lui, a questo punto, ha dovuto comunicare l’amara verità: «Spiacente, i soldi non ci sono più. Non potreste accontentarvi dei gol?». Pierpaolo Visintin, 45 anni, di Sagrado d’Isonzo, aveva una vera passione per il calcio a 5. Aveva fondato la società, ne era diventato presidente, aveva fissato la sede nella casa dei suoi genitori, quasi fosse cosa di famiglia. E non mancava un appuntamento, una partita, una trasferta, seguiva persino gli allenamenti. Una passione che l’ha divorato. Completamente. Pensare che era bravo come broker. Per diversi anni aveva fatto rendere al meglio i risparmi dei suoi clienti: per questo tutti lo stimavano, e per questo molti l’avevano seguito quando nel 2013 aveva lasciato la Hypo Bank e si era messo in proprio. Ma poi sono subentrati la crisi economica e il successo sportivo, la depressione finanziaria e l’entusiasmo calcistico. Anziché le azioni di Borsa, sono cresciute le azioni da gol. Meno utili, più bomber. C’est plus facile. L’hanno arrestato nell’estate 2014, due giorni prima di Ferragosto. Hanno scoperto che le persone truffate erano almeno una quarantina, per un totale di 4 milioni di euro spariti. La maggior parte di quei soldi era stata utilizzata per finanziare proprio la sua squadra di football. Ma già che c’era, Visintin ne aveva approfittato per pagarsi anche qualche altra spesuccia: il conto del concessionario d’auto e di alcuni negozi, in particolare di abiti, nonché l’arredamento per la sua bella villa di Sesto al Reghena. Come aveva fatto? Semplice. Ai risparmiatori non consegnava mai nessuna ricevuta: prendeva i soldi brevi manu e li faceva sparire. Simsalabim. Quando qualcuno chiedeva informazioni, mostrava degli estratti conto molto rasserenanti. Troppo rasserenanti. E, soprattutto, falsi. Visintin, che aveva anche tentato la carriera politica, presentandosi senza successo alle elezioni per diventare sindaco del suo paese, ora è accusato di truffa e appropriazione indebita. Poche settimane prima di finire in cella, aveva postato su Facebook un messaggio con parole durissime contro i politici: «Pensano alle poltrone anziché ai giovani senza lavoro e ai pensionati che non arrivano alla fine del mese» scriveva. «Da cittadino sono sempre più schifato. La politica dovrebbe essere dovere civico.» Per la cronaca: la New Team non ha potuto iscriversi alla nuova stagione sportiva. Non aveva i soldi, essendo venuti a mancare i contributi dei clienti di Visintin, tutti sponsor, a loro insaputa, della squadra. Compresi i giovani senza lavoro e i pensionati, che si erano fidati di lui e sono rimasti truffati. Del resto, è la politica che deve avere senso civico, no? Mica quelli che fanno i broker o i presidenti di calcio a 5… Ci avete fatto caso? Negli ultimi tempi è tutto un fiorire di truffatori, millantatori, piccoli pescecani di assoluta fantasia. Sarà che la crisi mette alle strette, sarà che le necessità stuzzicano l’ingegno, ma la creatività italica è tornata a dare il peggio. E a produrre effetti surreali. Nell’ottobre 2014, per esempio, davanti all’azienda Tuttopellet di via Genova, in zona Lingotto, a Torino, si è radunata una folla inferocita. Tutte persone che, fattura alla mano, avevano comprato più o meno abbondanti forniture di pellet, il composto di legno usato come combustibile per stufe e caldaie. Comprato sulla carta, per la verità: perché di fatto avevano solo pagato lauti anticipi, senza però ricevere in cambio nemmeno un truciolo. Niente di niente. Solo il silenzio. Un negozio vuoto. E il commerciante sparito nel nulla. Il commerciante è Fabio Ballerino, 24 anni, originario di Cosenza ma residente a Torino, casa a due passi dall’azienda, ancora giovanissimo eppure già decisamente spudorato. Fino a qualche giorno prima l’avevano visto aggirarsi sotto la Mole come un re, a bordo della sua Mercedes 250, che è un bel lusso per un ventiquattrenne. Comprava pubblicità a non finire, aveva organizzato una campagna martellante su radio e giornali, invadeva con i suoi messaggi anche ospedali e caserme. Faccia perbene, eloquio convincente, proponeva un affare imperdibile: pellet a basso costo per tutti. Unico inconveniente: piccolo pagamento anticipato. «Se non do subito i soldi, l’occasione mi sfugge» diceva, con toni persuasivi. In 1400 sono cascati nella trappola, qualcuno gli ha lasciato 500 euro, qualcuno addirittura 7000. In tutto lui ha incassato 1 milione. Poi non s’è fatto più trovare. Nell’azienda sono entrati i carabinieri, forzando la porta: c’erano solo due sacchi mezzi vuoti e una scatola di cartone. Di tutto il pellet promesso, neppure l’ombra. Pare che nemmeno le pubblicità siano state pagate. Ballerino l’hanno ritrovato un mese dopo nella sua Cosenza. L’hanno denunciato per truffa. Ora gira libero e posta su Internet delle belle foto di Rio de Janeiro. A volte i pescecani si nascondono dietro ragazzi ventenni. A volte dietro persone insospettabili. Come il funzionario della Banca d’Italia, sede di Modena, che sottraeva i soldi diretti a Roma, in Via Nazionale, girandoli sui conti suoi e dei suoi familiari. Semplice, no? Era il responsabile della Tesoreria, quindi sotto il suo controllo passavano tutti i fondi pubblici della Provincia. Perché non approfittarne? Il denaro pubblico non rischia forse di finire sprecato? E allora avanti: prima ha cominciato a prendere piccole somme, intorno ai 10.000 euro. Poi sempre di più, sempre di più, fino ad arrivare a giroconti di 400.000 euro in un colpo solo. Così l’hanno beccato. Quando gli hanno chiesto perché lo facesse, questo Arsenio Lupin in versione tortellini&caveau ha dato la risposta più sincera: «Volevo fare la bella vita» ha detto. Gli hanno sequestrato tre auto, quote di immobili, orologi di pregio e conti correnti ben forniti. Chissà se anche lui, quando andava al bar, se la prendeva con i politici ladri… Ad Asti ha compiuto più o meno la stessa operazione, per una decina d’anni, il direttore generale dell’Atc, l’agenzia territoriale che gestisce le case popolari. Grazie all’uso personale delle carte di credito dell’ente, l’insospettabile PierinoSantoro, 67 anni, è riuscito a portarsi via 8,5 milioni di euro. Quando l’hanno scoperto ne ha restituiti 800.000, un decimo. E nel novembre 2014 ha patteggiato la pena. Essendo molto depresso, però, non è andato in carcere ma in una casa di cura di Bra da dove, scrive «il Fatto Quotidiano», «in modo lucido e scrupoloso gestisce le sue proprietà, contatta le dipendenti di un ufficio postale, delle banche e i familiari per nascondere i conti, e fa lo stesso con le agenzie immobiliari e con le concessionarie dove ha comprato auto e moto». All’avvocato racconta di aver gettato un sacchetto con 500.000 euro e carte di credito nel Tanaro… A Siena, invece, l’insospettabile era un enologo di fama, tale Alessandro Lorenzetti, uomo molto conosciuto e stimato in zona, consulente di decine di aziende produttrici di Brunello. E per contraccambiare tanta fiducia, sapete lui che ha fatto? Ha preso del vinaccio qualunque e l’ha spacciato per vino di pregio, Montalcino doc. E mica poco: si parla di 160.000 litri, equivalente all’incirca a 220.000 bottiglie, distribuite in tutto il mondo, per un valore totale di 5 milioni di euro. Alla faccia del buon nome dell’Italia, alla faccia dell’enogastronomia vera ricchezza nazionale. Per confezionare al meglio la truffa, l’enologo era anche entrato via computer nella contabilità delle aziende e nel sistema della Regione Toscana, e si era impadronito dei documenti e dei bolli necessari a coprire le sue nefandezze. Già che c’era, poi, aveva anche provato a sottrarre un po’ di denaro direttamente dai conti correnti dei soci delle cantine. Enologo sì, ma anche hacker. Più bravo con il mouse che con il taste-vin, a quanto pare… A Piacenza, invece, il personaggio insospettabile piomba dal cielo svizzero nel giugno del 2014. La società di pallavolo locale, gloria tricolore e orgoglio cittadino, già campione d’Italia e protagonista in Europa, in quei giorni è in grave difficoltà. La crisi, ancora la crisi, ha colpito duro, mancano i soldi, si rischia il fallimento, c’è il pericolo di dire per sempre addio alla serie A. Ed ecco che compare sulla scena il salvatore della patria Dario Ruggieri, un «illuminato imprenditore svizzero di origini piacentine», che si dice disposto a intervenire senza badare a spese per rilevare tutto. A presentarlo, in modo piuttosto singolare, è un sedicente giornalista radiofonico svizzero che scrive una mail in Comune, parlando di lui come di un uomo con un portafoglio di «oltre 90 miliardi di franchi» («Sui patrimoni aziendali e personali non posso essere preciso perché in Svizzera queste persone, che pagano tante tasse, sono tutelate dalla segretezza»), che aveva in precedenza già provato a comprare il Milan con un’offerta di 650 milioni di franchi, rifiutata da Berlusconi. Un «inarrivabile», insomma, ma disposto a scendere dall’Olimpo del denaro per amore del volley. In effetti, Ruggieri sbarca davvero a Piacenza. E viene accolto come un messia. Quasi lo portano in trionfo alla sua prima uscita pubblica. Nelle settimane d’esordio è tutto un crescendo di feste, ringraziamenti, conferenze stampa, promesse roboanti («Voglio vincere tutto»). Il neopresidente annuncia l’acquisto di giocatori importanti («Non interessa quanto costano»), poi promette di costruire un nuovo palazzetto e anche di comprare tre ambulanze nuove per il 118, già che ci siamo. È un diluvio di proclami, applausi, paginate di giornali, ringraziamenti. Lui non si risparmia una partita, un raduno, si fa vedere agli allenamenti, pacche sulle spalle e incoraggiamenti, mostra ottimismo ed entusiasmo. L’unica cosa che non mostra, però, sono i soldi. L’illuminato imprenditore svizzero, infatti, prende le cariche ma rimanda i pagamenti delle sue quote. Prima adduce normali ritardi bancari. Poi comincia a inventarsi scuse un po’ più improbabili, dalla grave situazione determinata dall’ebola al blocco degli F35. Come no? Ci manca solo il trigono di Giove in Saturno… In un videomessaggio postato su Internet nell’autunno 2014 dice, un po’ più seriamente, di non aver pagato perché non aveva la disponibilità dei conti correnti della società, quelli cioè su cui sarebbero finiti i suoi soldi. Ma i dubbi rimangono: se uno diventa presidente, non può gestire i conti come meglio crede? Non può, se vuole, modificarli o cambiarli a sua discrezione? Non sarà, invece, anche questo, l’ennesimo pretesto per non mettere mano al portafoglio? A Piacenza si comincia ad avere qualche dubbio sulla reale consistenza economica di quest’uomo. Chi è davvero Ruggieri? Un passato da militare, residenza a Casalmaggiore in provincia di Cremona, figura come proprietario della Ruggieri D. & Associati, una società che si occuperebbe – stando al suo sito Internet – un po’ di tutto, dalla farmaceutica alle costruzioni, dal petrolio ai servizi bancari. Ma alla Camera di Commercio italiana non risulta, di bilanci non se ne vedono. E un bravo giornalista locale, Marcello Pollastri, scrive che della società «si fatica a trovare riscontro nelle sedi dichiarate di Londra e Zurigo». Per gestire il neonato business sportivo, poi, Ruggieri ha costituito una nuova società, la finanziaria Ardelia: «Ha fatturato 5,1 miliardi in un quadrimestre, con un utile di 4,3 miliardi» dichiara l’imprenditore illuminato con un tweet trionfante. Boom. 5,1 miliardi è il fatturato di un anno di tutta la Fininvest (Mediaset, Mondadori, ecc.). Possibile che sia in grado di realizzarlo in un solo quadrimestre una neonata società che si occupa esclusivamente di diritti sportivi? E 4,3 miliardi di utile in un quadrimestre sono più o meno quelli che fa la Apple: abbiamo il nuovo Steve Jobs e non ce n’eravamo accorti? Sul Po è calato Bill Gates e nessuno lo riconosce? Ma soprattutto: come mai questo Bill Gates, al di là dei proclami, non tira fuori un euro? Nel novembre 2014 l’avventura di Ruggieri nella pallavolo di Piacenza finisce. Male. Viene estromesso dalla società, i giocatori gli scrivono una lettera aperta sconsolata: «Anche noi l’avevamo applaudita come il salvatore della patria…». La città si sente presa in giro. E la Procura apre un’inchiesta per capire che cosa si nasconde dietro questa apparizione dal nulla, questo imprenditore illuminato calato dal cielo, che ha indossato i panni del messia per un’estate, entrando e uscendo da palazzi e palazzetti, moltiplicando proclami e promesse, occupando la ribalta di giornali e Tv. E soprattutto per capire chi ha tratto vantaggio da questi quattro mesi di incredibile e gratuita popolarità. La popolarità, in effetti, è un’arma che viene spesso usata dai piccoli pescecani per ingannare il prossimo. Uno dei casi più noti è quello di Edoardo Costa, l’attore di «Un posto al sole» e «Vivere»: come ricorderete organizzava serate a favore dei bambini dell’Africa, raccoglieva fondi e poi se li metteva in tasca. È stato condannato nel luglio 2012 a 3 anni di reclusione con l’accusa di truffa. L’ex giocatore della Juve Bruno Limido, uno che ha calcato le scene bianconere ai tempi di Boniek, Scirea e Platini, invece è stato arrestato nell’ottobre 2014 perché faceva da mediatore cercando clienti per un’associazione di truffatori (fra i quali anche l’ex presidente del Varese Calcio, per restare nell’ambiente). Ma la più determinata di tutti è la showgirl Sylvie Lubamba, ex valletta di Chiambretti, già protagonista di reality show e di concorsi da miss, che per anni ha spogliato, in tutti i sensi, i suoi amici facoltosi: loro si prendevano il suo corpo, lei si prendeva i codici delle carte di credito. E con quelli pagava viaggi, hotel, cene, ristoranti, terme, vacanze lussuose per sé, per sua sorella e per sua mamma. Fra le vittime, l’imprenditore Andrea Zanussi, un ex onorevole e altri anziani con il portafoglio pieno e la carne debole. Nell’estate 2014 Sylvie è stata arrestata ed è finita a Rebibbia, ma su Internet in molti l’hanno difesa. Hanno pure cercato di riabilitarla con un paragone eccellente: in fondo, hanno scritto, rubava ai ricchi per sostenere i poveri, cioè la sua famiglia congolese. Dunque è come Robin Hood. Arco e tette nella foresta di Sylvie-Sherwood.