8.4 Esplosione di una fabbrica di fuochi di artificio
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8.4 Esplosione di una fabbrica di fuochi di artificio
ESPLOSIONE IN UNA FABBRICA DI FUOCHI DI ARTIFICIO NEL NAPOLETANO L’ennesimo incidente sul lavoro che si poteva evitare o la conseguenza di un’autocombustione? I risultati di una perizia tecnica Dott. Ing. Michele Maria La Veglia - Comando Provinciale VV.F. Napoli Pubblichiamo la perizia tecni ca redatta dall’Ispettore del Co mando VV.F. di Napoli, ingegner La Veglia, riguardante l’esplosione del laboratorio di una fabbrica di fuo chi pirici. L’incidente ha provocato due vittime a seguito delle ustioni riportate. Nella perizia viene de scritta in maniera didattica l’attività di realizzazione dei fuochi d’artifi cio, la strutturazione di una fabbri ca con annesso deposito di pro dotti finiti e sono riportati tutti i ri ferimenti normativi relativi alla si curezza e all’igiene degli addetti alle lavorazioni. A seguito di so pralluoghi opportunamente docu mentati con foto e disegni, viene ricostruita la dinamica dell’evento e l’analisi delle possibili ipotesi in cidentali. L’ESPLOSIONE Alle ore 15.15 circa del 24 settembre 1997 in una fabbrica di fuochi di artificio nella zona vesuviana avveniva un’esplosione che coinvolgeva quattro persone addette alle lavorazioni. Tre di essi vengono feriti in maniera grave ed il quarto subisce solo delle escoriazioni. I quattro vengono prontamente soccorsi e trasportati all’ospedale. Dopo alcuni minuti giungono sul posto i Vigili del Fuoco e i Carabinieri del Nucleo Artificieri. I primi soccorritori provano a domare l’incendio sviluppatosi nei resti del laboratorio con gli estintori a polvere presenti, e quindi i Vigili del Fuoco effettuano con acqua il minuto spegnimento delle strutture in legno e dei materiali ancora in fiamme. Due dei feriti decedono nei giorni successivi a causa delle gravissime ustioni riportate. DESCRIZIONE DEI LUOGHI PRIMA DELL’EVENTO Il laboratorio teatro dell’incidente (foto 1), è parte di una fabbrica di esplosivi della cosiddetta “quarta categoria (fuochi artificiali ed artifici vari)” realizzata in posizione isolata rispetto al centro abitato della cittadina vesuviana. Si tratta di una fabbrica per la produzione di fuochi pirotecnici e relativi depositi a servizio. Per una migliore comprensione di quanto verrà di seguito esposto si accenna al fatto che ogni pezzo ANTINCENDIO febbraio 1999 d’artificio che viene assemblato comprende, di solito: un involucro (di materiale plastico o di cartone), un mezzo d’accensione, un propellente - ovvero polvere pirica per il lancio in aria, una spoletta e formazioni per realizzare i colori. La fabbrica in esame comprendeva uno specifico locale per ognuna delle varie fasi di lavorazione, e uno per la custodia dei vari elementi costituenti il prodotto finito. La materia trova disciplina nel Regolamento di Pubblica Sicurezza all’allegato B capitolo II “Norme per l’impianto di fabbriche di materie esplosive della 4. categoria (artifici)” con riferimento agli adempimenti per potenzialità del deposito non maggiore di 100 kg di polvere. Gli esplosivi ai fini del Regolamento di P.S. vengono infatti classificati: - Esplosivi di 1. categoria, quelli deflagranti, sul tipo della polvere nera. - Esplosivi di 2. categoria o detonanti da mina, sul tipo della dinamite. - Esplosivi di 3. categoria che sono gli esplosivi detonanti sensibili da innesco. - Esplosivi di 4. categoria, artifici e prodotti affini negli effetti esplodenti. Esempio fuochi pirotecnici, artifici per segnalazione. - Esplosivi di 5. categoria.Esplosivi di sicurezza e giocattoli pi63 ESPLOSIONE IN UNA FABBRICA rici. Descrizione terreno ed edifici dei luoghi non è mutato. Per entrare quindi in argomento si accenna al tipo di attività in esame, per meglio chiarire alcuni particolari sulle lavorazioni, e sulle loro pericolosità, che verranno illustrate successivamente. I materiali per la confezione dei fuochi sono di 6 ordini: 1. Avvolgenti. In particolare vi sono i vari tipi di carta (tedesca etc) e lo spago. 2. Combustibili. Sono quei corpi che bruciando producono luce, gas e calore. I principali usati in pirotecnica sono lo zolfo, l’alluminio, l’antimonio, il manganese, i clorati. 3. Comburenti. Sono corpi che forniscono ossigeno, atti ad aiutare la combustione. L’accoppiamento del combustibile con un comburente produce effetti diversi a seconda della gradazione. I principali comburenti sono: i nitrati, il carbone, il nerofumo. 4. Coloranti delle fiamme. Costituiti generalmente da sali vengono usati per i vari colori come il carbonato di rame (violetto), il carbonato di soda (giallo), l’ossicloruro di rame (azzurro). 5. Agglutinanti.Servono a far presa e tra essi vi è la creta. 6. Isolanti. Quelli maggiormente usati sono il terreno stacciato e la segatura. La fabbrica in questione ricade in aperta campagna e le costruzioni più vicine sono situate a distanze maggiori di cento metri, misurando questi dal perimetro del terreno asservito alla fabbrica stessa (disegno n. 1). L’appezzamento è totalmente recintato con rete metallica. La fabbrica di fuochi è articolata in diversi caselli di lavorazione e depositi vari per un totale di 4 piccoli fabbricati “a rischio” più altri 9 locali, tra cui quelli adibiti anche a ricovero attrezzi, bagno e refettorio. In particolare, con riferimento alla legenda del disegno n. 2, si evidenziano i seguenti elementi: 1 deposito polvere e deposito clorato 2 miscela 3 laboratorio 4 deposito prodotto finito 5 deposito carta e cartone 6 deposito residui della lavorazione 7 molazza macina carbone e bilancino 8 motore antideflagrante 9 trasformatore c.e. 10 deposito attrezzi 11 bagno 12 cabina per contatore c.e. 13 refettorio I dati di seguito illustrati derivano per la massima parte da ispezioni visive e solo per alcuni si è fatto ricorso alla documentazione tecnica acquisita durante le indagini. Dei suddetti prodotti quelli che costituiscono pericolo in termini di sicurezza sono i combustibili, i comburenti e i coloranti. Vengono di eseguito descritti i casotti componenti la fabbrica in esame, precisando che oltre al laboratorio (edificio n. 3) nessuno di essi è stato coinvolto dagli effetti dell’esplosione dello stesso; pertanto per i restanti casotti lo stato 64 I locali ANTINCENDIO febbraio 1999 Edificio n. 1 - Deposito polvere nera Il locale ha dimensione 3.40 m x 3.40 m e risulta diviso in due da un muro cosiddetto “tagliafuoco” così da creare due ambienti, uno risultato essere il deposito della polvere pirica e l’altro destinato a contenere i clorati, attualmente vuoto. Entrambi sono dotati di porta che si apre verso l’esterno e finestrino. Il deposito risulta inoltre recintato e dotato di protezione reticolare contro le scariche atmosferiche. In questo casotto vengono preparate le miscele coloranti, i bengala e simili. Il locale ha dimensioni 3,33 m x 3,33 m. Edificio n. 3 - Laboratorio E’ l’edificio più grande della fabbrica e al suo interno avveniva la confezione vera e propria dei fuochi. Di dimensioni 12,60 m x 4,40 m, era dotato di n. 4 porte, da lasciare aperte durante la lavorazione, e n. 4 finestrini. Esso è situato in posizione quasi baricentrica rispetto agli altri. Edificio n. 4 - Deposito di fabbrica Per deposito di fabbrica si intende quel locale destinato a contenere i fuochi confezionati e destinati alla vendita.Ha dimensioni 5,80 m x 4,60 m. ESPLOSIONE IN UNA FABBRICA Edificio n. 7 - Molazza macina carbone e bilancino In questo casotto, più precisamente una tettoia, viene macinata la carbonella in modo da ridurla a grana fine per essere utilizzata come componente nelle va ri e miscele pirotecniche. Possono comunque essere macinati anche inerti. Essendo comunque la carbonella un prodotto infiammabile devono essere rispettate le distanze e le specifiche relative ai prodotti infiammabili. In tale casotto il bilancino viene utilizzato per la pressatura della forma di carta e cartone, e dei cosiddetti ‘culacci’ di argilla necessari per alcune lavorazioni. Questa attività rientra fra quelle di lavorazioni inerti. Le norme prescrivono per questi locali le caratteristiche costruttive, i tipi di impianti elettrici consentiti, le distanze di sicurezza dal confine, da fabbricati esterni e le mutue distanze tra i vari elementi. Vi sono inoltre una serie di obblighi e divieti da osservare nella gestione dell’attività. Tali prescrizioni tendono da una parte a prevenire l’insorgenza dell’incendio e/o dell’esplosione, dall’altra a rendere minima la gravità delle conseguenze di un tale evento. Dotazioni impiantistiche: impianto elettrico e di messa a terra Un’attività del tipo della fabbrica in esame possiede attrezzature ed impianti in misura assai limitata, in quanto la gran parte delle lavorazioni è manuale. Gli impian- ti presenti (molazza, etc) sono esterni all’impianto, e quindi non immediatamente attinenti all’evento in questione. Anche l’impianto elettrico è ridotto e non diffuso a tutte le strutture. L’impianto di messa a terra invece copre la quasi totalità degli edifici. I casotti sono infatti dotati di un reticolo metallico che li protegge dalle scariche atmosferiche. L’impianto elettrico consisteva in: 1. illuminazione esterna con proiettori; 2. illuminazione e prese a spina nel casotto mensa e servizi; 3. alimentazione elettrica del motore per il movimento della molazza; 4. illuminazione interna del laboratorio. In accordo con quanto detto in precedenza si afferma che per tutti i locali la situazione impianti non è mutata con il verificarsi dell’evento, eccetto ovviamente che per il locale laboratorio. Per quest’ultimo la situazione ‘ante’è stata desunta dagli Atti e verificata dopo i sopralluoghi in sito. I casotti n.1, 3, 4 sono dotati di impianto antifulmine, cioè l’attività è risultata munita di protezione contro le scariche elettriche atmosferiche mediante l’installazione di una gabbia a schermo reticolare detta “gabbia di Faraday”. Tale impianto era quindi presente anche a protezione dell’edificio andato distrutto. La legge n.186 del 1.03.1968 afferma che gli impianti e le installazioni e gli apparecchi elettrici siano realizzati a regola d’arte e secondo le norme C.E.I. (Comitato Elettrotecnico Italiano). A tale normativa, tuttora vigente, ha fatto seguito ANTINCENDIO febbraio 1999 la legge n. 46 del 5.3.1990 e il susseguente regolamento di attuazione (D.P.R. 447/91) che ha confermato il precedente asserto introducendo il rilascio della dichiarazione di conformità degli impianti da parte della ditta installatrice. Affinché un impianto elettrico non sia causa di incendio o di esplosione è necessario che sia realizzato con determinati accorgimenti tecnici per cui gli impianti devono essere conformi tra l’altro a: - alle norme C.E.I. 64.8 - al DPR 547/55 (art. 329 e 330) - al DPR 302/56 - al D.Lgs. 626/96. L’impianto antincendio: mezzi mobili e fissi di estinzione esistenti Di seguito vengono descritti gli impianti antincendio esistenti nella fabbrica al momento dell’evento. L’attività è dotata di n. 6 estintori portatili a polvere da kg 6 cadauno oltre ad un estintore carrellato da 20 kg, dislocati in prossimità di ogni edificio a rischio. Tali estintori risultano revisionati nei mesi precedenti nei termini di legge. In relazione ai mezzi mobili di estinzione va notato che gli stessi sono stati usati dai primi soccorritori per spegnere i piccoli fuochi sviluppatisi a seguito dell’esplosione (foto n.2). L’impianto fisso di estinzione risulta infine costituito dalla riserva idrica di 12 mc senza altri dispositivi. 65 ESPLOSIONE IN UNA FABBRICA NORMATIVA DI RIFERIMENTO E REGIME AUTORIZZATIVO DELLA FABBRICA Normativa La legislazione da analizzare comprende Leggi, Decreti e Circolari ministeriali di cui di seguito vengono riportati gli estremi. A. Le fabbriche di fuochi pirotec nici ● Regio Decreto 18.06.1931 n. 773, Testo Unico delle leggi di P.S. (artt. 46-59) ● Regio Decreto 6.5.1940 n. 635, Regolam. per l’esecuzione del T.U. n.773 (artt.82-110;all. B,C, D) ● D.P.R. 19.3.1956 n. 302, Norme di prevenzione degli infortuni sul lavoro integrative del DPR 547/55 ● D.M. 04.04.1973, Modifiche all’allegato A al regolamento n. 635/1940 ● D.M. 18.10.1973, Modifiche all’allegato B al regolamento n. 635/1940 ● Legge 18.04.1975 n. 110, Norme integrative sul controllo di armi, munizioni ed esplosivi ● D.M. 18.09.1975, Disposizioni integrative al D.M. 18.10.73 ● Circolare del Ministero dell’Interno n. 10.01901 del 10.10.1967 ● Lettera circolare M.I. - D.G.P.C. e S.A. n. 28813/4179 del 19.01.1976 ● Lettera circolare M.I. - D.G.P.S. n. 14397/4179 del 10.06.1976 ● Circolare M.I. - D.G.P.S. n. 2452/4179 del 13.05.1976 ● Lettera circolare M.I. - D.G.P.C. e S.A. n. P2222/4179 del 12.01.1996 66 B. La legislazione sulla salute e la sicurezza nei luoghi di lavoro ● D.P.R. 27.05.1955 n. 547, Norme di prevenzione degli infortuni sul lavoro ● D.P.R. 19.3.1956 n. 303, Norme di prevenzione degli infortuni sul lavoro ● D.Lgs. 626 del 19.09.94 come modificato dal D.Lgs. 242 del 19.03.96 Si riportano di seguito le norme essenziali di riferimento per quanto verrà di seguito esposto. L’area destinata alla fabbrica e le strutture dei locali bile all’azione dirompente; 2 .l a resistenza alla ricaduta di materiali e frammenti dovuti ad una esplosione in un altro casotto; 3. la salvaguardia da ricaduta di frammenti incendiati che producano un effetto a catena con l’esplosione via via propagata a tutti i casotti. e. Le finestre devono essere munite di inferriate nonché di reticolato a piccole maglie in modo da impedire l’introduzione di corpi od oggetti all’interno. f. Le porte devono aprirsi verso l’esterno e devono essere montate su cardini di metallo antiscintilla e dotate di serrature dello stesso metallo. Distanze di sicurezza interne ed esterne L’area a. Le fabbriche devono sorgere in luogo isolato e lontano almeno 100 m da strade pubbliche e case abitate. b. Vi devono essere almeno 5 locali distinti: per il confezionamento delle bombe; per la preparazione delle miscele e coloranti; per il deposito polvere nera; per il deposito dei fuochi finiti; locale guardiano. c. I locali deposito fuochi e deposito polvere devono essere dotati di recinzione interna, e tutta l’area della fabbrica va a sua volta recintata. Caratteristiche comuni ai locali d. I tetti dei locali devono essere realizzati in materiali leggeri ed infrangibili allo stesso tempo. Questo in modo che il tetto offra: 1. il minimo ostacolo possiANTINCENDIO febbraio 1999 g. Il laboratorio, il locale miscela e il deposito fuochi devono essere dislocati almeno 20 m l’uno dall’altro e 40 m dal confine; il deposito polvere ad almeno 30 m dagli altri locali. Dette distanze sono riducibili alla metà in presenza di terrapieno o muro tagliafuoco (muratura continua dello spessore non inferiore a 40 cm). Doveri del pirotecnico - Igiene e sicurezza degli operai All’interno della fabbrica devono osservarsi le norme seguenti di esercizio: a. Gli operai addetti al maneggio degli esplosivi devono avere (T.U.L.P.S. cap X): indumenti da lavoro completi, il cui lavaggio e rinnovo venga effettuato a cura della Direzione, calzature ESPLOSIONE IN UNA FABBRICA b. c. d. e. f. g. non chiodate, maschere, guanti, occhiali protettivi e lavatoi a disposizione. Nel locale laboratorio (art. 1 punto 3 del D.M. 18.10.1973) il materiale necessario per il confezionamento del quantitativo giornaliero consentito deve essere portato nel locale nel quantitativo consentito per ogni operazione soltanto prima dell’inizio di ciascuna di esse; alla fine di ogni operazione le cartucce prodotte devono essere allontanate dal locale. I locali devono essere puliti giornalmente e i residui devono essere portati in località distante e poi bruciati. Il riscaldamento degli essiccatoi deve avvenire esclusivamente a vapore. Nei locali destinati alla fabbricazione deve essere proibito al personale di fumare e tenere fiammiferi. L’apertura di casse, botti o altri recipienti va effettuata con utensili di materiale antiscintilla (legno, ottone, rame). La fabbrica deve essere dotata di registro di carico e scarico degli esplosivi. Le verifiche effettuate in sito Nonostante che le misure di sicurezza siano state controllate nel corso di sopralluoghi, anche recenti, da parte degli Enti preposti, lo scrivente ha effettuato una verifica della sussistenza di tutte le misure di sicurezza. In questo caso si è provveduto alla misurazione in campo di tutte le distanze di sicurezza interne ed e s t e rn e, riportandone gli esiti in grafico (v. disegno n. 3). I casotti indicati con i n. 1, 2, 3 e 4 distano dalla rete di recinzione e tra di essi almeno 20 metri. I casotti n. 2, 3 e 4 distano almeno 20 metri anche dai casotti n. 5, 7, 8, 9, 10, 11, 13. Il solo casotto n. 1 deposito polvere (vedi foto 3) dista m. 17.40 dal casotto n. 5 (deposito scarti), ed è per questo motivo che tra le due costruzioni è stato interposto un muro cosiddetto ‘tagliafuoco’ dello spessore di 40 cm. I casotti n. 1 e n. 4 sono contornati alla distanza di m. 3 da rete metallica dell’altezza di m 2.50 sostenuta da paletti di legno. L’intera area è recintata per un’altezza di 3.50 m. Da quanto sopra si deduce che erano rispettate le distanze di sicurezza citate in precedenza. Gli adempimenti tecnico-amministrativi Le autorizzazioni La Ditta è deputata alla “fabbricazione di fuochi artificiali di IV categoria” e relativa vendita per kg 800 di fuochi da conservarsi nel deposito di fabbrica. Il Legale Rappresentante dell’attività in esame è tenuto ai fini del rilascio della Licenza Prefettizia a: a. richiedere il rilascio del certificato di idoneità; l’idoneità potrà essere dimostrata con qualsiasi mezzo ritenuto sufficiente a giudizio della Commissione Tecnica Provinciale di cui all’art. 89 del R.D. n. 635/40 (art. 102 del R.D. n. 635/40); b. richiedere il rilascio della Licenza Prefettizia per la minuta ANTINCENDIO febbraio 1999 vendita delle materie esplosive della I, IV e V categoria (art .4 7 T.U.L.P.S.); c. richiedere I’esame del progetto dell’attività alla Commissione Tecnica Provinciale, corredato della documentazione tecnica di cui all’art. 92 del R.D. n. 635/40; d. richiedere il sopralluogo della Commissione Tecnica Provinciale, di verifica delle prescrizioni impartite in sede di esame del progetto (art. 49 T.U.L.P.S.). e. Munirsi di assicurazione obbligatoria individuale o collettiva, contro gli infortuni (art. 103 del R.D. n. 635/40). Come risulta dagli Atti rilasciati dalla Prefettura, si è accertato che la documentazione amministrativa era idonea. Normativa antincendio Dal punto di vista strettamente antincendio l’attività in esame rientra tra quelle elencate nel DPR 577/82 come “Stabilimenti ed impianti ove si producono impiegano o detengono sostanze esplodenti classificate come tali dal regolamento di esecuzione del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza approvato con Regio Decreto 6 maggio 1940 n. 635 e successive modificazioni ed integrazioni, nonché perossidi organici (attività n. 24)”. Pertanto deve essere dotata di Certificato di Prevenzione Incendi (più avanti anche C.P.I.). Il Titolare dell’attività è tenuto attualmente (D.M. 16.02.82) a: a. richiedere il parere di conformità del progetto (D.P.R. 69 ESPLOSIONE IN UNA FABBRICA 13.1.98); b. richiedere il sopralluogo di verifica delle prescrizioni eventualmente impartite in quella sede (idem); c. richiedere il rinnovo del Certificato di Prevenzione Incendi alla scadenza dello stesso, 3 anni (idem). Le fabbriche di fuochi d’artificio devono possedere i requisiti di prevenzione incendi riportati nel D.P.R. 547/55 nel T.U.L.P.S. al cap X, nonché riportati nel D.M. 8.03.1985 relativo alle misure più urgenti ed essenziali di prevenzione incendi. Le misure antincendi che tali attività devono possedere sono: a. Impianti fissi di estinzione correttamente corredati che per numero ed ubicazione consentano l’intervento in tutte le aree della attività. b. Ubicazione di estintori in numero e posizione idonei. c. Impianti elettrici nel rispetto delle norme C.E.I. d. I depositi devono essere separati dai locali vendita mediante strutture murarie del tipo tagliafuoco. e. Idonea aerazione. f. Uscite di sicurezza in numero ed ampiezza tale da permettere una rapida evacuazione degli occupanti. g. Rispetto delle vigenti disposizioni sulla segnaletica di sicurezza. h. Ubicazione di vasche e docce per facilitare eventuale spegnimento incendio abiti. L’attività in oggetto risultava in regola per quanto riguarda l’osservanza formale, poiché è dotata di pareri favorevoli all’attività da parte della C.T.P.E. e munita di C.P.I. rilasciato dal Comando dei Vigili del Fuoco competente per territorio. Il Titolare è inoltre munito delle licenze rilasciate dalla Prefettura, sebbene non in possesso del Registro (obbligatorio secondo l’art. 59 del T.U.L.P.S.) relativo al carico e allo scarico nonché alle operazioni giornaliere. Il Titolare dichiarava che lo stesso era andato distrutto nell’incendio. Tale circostanza appare abbastanza inverosimile, ed è lecito supporre che tale documento non fosse in uso. DESCRIZIONE DELL’EVENTO Descrizione dello stato dei luoghi dopo l’evento L’area L’esplosione ha distrutto il laboratorio e ne ha sparso i resti per un raggio di circa 15-18 metri tutto intorno. Nessuno dei frammenti proiettati né dei resti ardenti ha raggiunto i casotti circostanti, confermando la validità delle distanze di sicurezza (almeno 20 m) imposte dalle Norme e in questo caso correttamente applicate. Dalle conseguenze dell’esplosione rimaneva coinvolta anche un’autovettura che riportava la rottura del lunotto posteriore. Nei pressi del laboratorio si vedono gli estintori usati dai primi soccorritori. Tutt’intorno si rilevano tracce di materiale pirotecnico incombusto, proiettato via prima dell’incendio. Il laboratorio Foto 3 - Particolare del locale deposito polvere e clorato. Si nota il muro tagliafuoco (a destra) e il setto separatore che divide il casotto in due. 70 ANTINCENDIO febbraio 1999 La struttura in muratura del laboratorio si presenta completa- ESPLOSIONE IN UNA FABBRICA ente sbriciolata e i resti sono diosti intorno al perimetro del paimento. Della struttura sono ricoscibili alcune parti della coperura in Eternit e alcune travi in leo semi carbonizzate. I restanti occhi di cemento sono disposti in ’area, come detto, concentrica. Il pavimento è per lo più inteo salvo tre depressioni di noteli dimensioni. I tre crateri geneti dall’esplosione di manufatti pii sono localizzati nell’area adibita al confezionamento e laboraorio, ove è stato coinvolta una dele vittime. Essi (posizionati come indicanel disegno allegato n. 4) hanuna forma quasi circolare con seguenti dimensioni e profondità: posto nell’angolo direzione nord-est, ha diametro 70 cm e profondità massima di 3 cm; posto nell’angolo nord ha diametro 60 cm e profondità 7 cm; posto lungo l’asse del secondo cratere, a una distanza di 2,0 m dalla parete di lunghezza minore ha 85 cm di diametro ed una profondità massima di 10 cm. Inoltre sono visibilissimi sul pamento alcuni segni di forma cirlare più piccoli. Questi possono sere identificati come generati lla combustione delle basi del volo o banco da lavoro in legno presente nel laboratorio. I tre crateri stanno ad indicare e diverse cataste di manufatti e/o materiale pirico in via di lavorazione o già lavorato. Individuazione dei materiali esplosivi stoccati Dislocazione nel laboratorio Agli atti precedenti non è stato possibile reperire, come già dett o, il registro di cui all’art . 5 5 T.U.L.P.S. da cui risulti la giacenza dei materiali, dei prodotti in lavo razione e dei prodotti finiti. I n particolare riveste fondamentale importanza l’entità dei materiali presenti nel labora t o rio al momento dell’evento. Da quanto detto al paragrafo 4.3 il materiale depositato temporaneamente nel laboratorio era concentrato nel lato nord-est, presumibilmente in tre agglomerati. Tra i resti del laboratorio vi sono numerosi componenti di manufatti pirici del calibro 8, 9 e 10. E’ stato comunque oggetto di indagine anche il materiale presente nel deposito prodotti finiti, ai fini di risalire alle tipologie di fuochi in lavorazione e di accertare se fossero presenti prodotti “proibiti”. In tal caso detti prodotti sarebbero stati con molta probabilità anche tra quelli in lavorazione al momento dell’incidente. - 56 bombe di finale cal. 9 300 bombe di finale cal. 8 70 spacco a colore cal. 8 kg. 150 di colori vari 5 confezioni di bengala. Tutti i prodotti sono, per tipologie e quantità, tra quelli autorizzati, compresa la sfera di dimensioni calibro 21 che è stata oggetto di particolari cautele. Anche in questo caso non si tratta di prodotto per così dire “illegale”. Infatti, come indicato dalla Commissione Consultiva Centrale per il Controllo delle Armi del Ministero dell’Interno nella seduta del 14.5.97, “gli artifici a forma sferica di diametro superiore a 17 cm ma inferiore a 40 cm possono essere impiegati a condizione che la distanza di sicurezza tra la zona tiro e il pubblico non sia inferiore a metri duecento” (Cfr. Circolare del Capo della Polizia del 3.9.97). RICOSTRUZIONE DELLA DINAMICA DELL’EVENTO Premessa Dislocazione nel deposito prodotti finiti Il resoconto dei prodotti individuati nel deposito, contrassegnato con il numero 4, è di seguito riportato: - 1 sfera cilindrica calibro 21 - 100 bombe di giorno cal. 8 - 110 bombe di notte cal. 8 - 40 bombe di notte cal. 9 - 500 colpetti da finale da 2 cm - 300 colpi a titanio cal. 8 - 15 spacco di tronetti cal. 10 ANTINCENDIO febbraio 1999 Dagli effetti globali e locali sulla struttura, nonché da piccole quantità di materiale incombusto rinvenuto si possono trarre alcune considerazioni. Si premette che l’esplosione per verificarsi ha bisogno di: - combustibile solido (o vapori di combustibile gassoso); - comburente; - innesco (una scintilla, uno sfregamento, un’accumulo di elettricità statica, una piccola quantità di energia). 71 ESPLOSIONE IN UNA FABBRICA zione degli esplosivi”. La letteratura tecnica specializzata definisce il caso in esame come un’esplosione del tipo “seated explosion” in cui la ‘sedia’dell’esplosione è individuata nel cratere (o area dei danni maggiori) localizzato nel punto di origine del fenomeno. La presenza di un cratere mostra come l’esplosione di una sorgente di combustibile sia lì concentrata o nelle immediate vicinanze della ‘sedia’(cfr. le Norme Tecniche Americane della National Fire Protection Association 921 “Fire and explosion investigations” 1996). E ’a c c e rtato che in questi casi la velocità dell’esplosione supera la velocità del suono e si parla di detonazione. Gli effetti A seguito dell’esplosione gli effetti principali sono stati quelli: 1. di aver causato la scottatura dell’intera superficie corporea delle persone esposte - poi decedute - in conseguenza delle elevate temperature raggiunte; 2. di aver demolito l’intero manufatto in mu ra t u ra, in conseguenza della sovrappressione connessa all’evento, con proiezione di frammenti fino a 18 metri di distanza. Per risalire al quantitativo di polvere coinvolta si può applicare la formula citata proprio nelle Norme, al capitolo IV e VIII dell’allegato B al R.D. n. 635. Tale formula viene applicata per “determinare il quantitativo massimo di esplosivo che può alloggiare in depositi già esistenti e di adottare la più conveniente distribu72 La formula d = K √ C dove - ‘d’ è la distanza di sicurezza minima, espressa in metri, fra il locale e la posizione dell’elemento proiettato dall’esplosione; - ‘K’ è un coefficiente numerico che dipende dalla natura e dal confezionamento dell’esplosivo; - ‘C’ è il quantitativo di esplosivo, espresso in kg, presente nel locale. permette di determinare la distanza di sicurezza per evitare che l’esplosione che avvenisse in un locale possa propagarsi per influenza ad altri locali. Nel caso in esame posto: K = 3 per la polvere nera d = 18 m, la massima distanza alla quale lo scrivente ha rinvenuto frammenti proiettati (Cfr. par. 4.3) si ha C = (d / K)2 = 36 kg di polvere. La proporzione con cui si passa dal quantitativo in peso di esplosivo di 1a categoria a quello in peso di 4 categoria è indicata nel D.M. 18.10.1973 per cui “un chilogrammo lordo di artifici della 4a categoria è considerato equivalente a 0,8 kg netti di polveri della 1a cat e g o ri a ” . Ciò significa che 36 kg corrispondono a 45 kg di fuochi artificiali. In particolare, per un peso medio di 500 grammi, si può ipotizzare la presenza contemporanea di circa 90 fuochi, confezionati o da confezionare. Analizzando ogni possibile ipotesi una siffatta energia liberata quindi può essere stata originata ANTINCENDIO febbraio 1999 da: - materiali dall’effetto detonante (dinamite); - fuochi artificiali in grandi quantità in lavorazione e/o confezionati. Lo scrivente propende per il secondo caso in quanto: 1. dalle ispezioni non si sono trovati nei depositi materiali “illegali” né come materie prime né confezionati; 2. dagli incombusti ritrovati si può affermare che l’entità dell’evento è dovuta alle grandi quantità di fuochi stimati essere presenti. L’innesco Analisi delle possibili ipotesi incidentali Le verifiche sono state effettuate alla ricerca delle cause che avrebbero potuto determinare l’esplosione. Si è proceduto quindi per esclusione, controllando tutte le possibili fonti di innesco e via via accertando la reale possibilità di coinvolgimento. L’innesco in teoria può avvenire per: - cause accidentali; - cause naturali, temporali, lampi; - cause incendiarie esterne; - cause elettriche; - sigarette. - Si escludono in questa sede: la causa incendiaria esterna: è impossibile che qualcuno abbia lanciato dall’esterno del materiale incendiario tenuto conto che la fabbrica era presidia- ESPLOSIONE IN UNA FABBRICA - ta da almeno quattro persone ed è presente una rete antintrusione alta ben 3,50 m la causa naturale: non vi era nessun fenomeno meteorologico di rilievo in atto. E’ da escludere che un fulmine abbia colpito il labora t o ri o, che comunque era dotato di gabbia di Faraday di protezione. La causa accidentale L’innesco potrebbe essere stato causato da qualche attrezzo o da qualche operazione degli addetti in quel momento. Si è accertato che gli strumenti utilizzati erano essenzialmente di legno o antiscintilla. Non si può escludere che lo stesso attrezzo (bacchetta per casse o cartocci, un mattarello o un magliolo) utilizzato per comprimere le sferette piriche ad esempio ne abbia provocato uno sfregamento più violento del normale. Come parimenti non può escludersi lo sfregamento su qualche chiodo affiorante dal legno. L’innesco elettrico Un evento di questo tipo si può generare per effetto di una scarica atmosferica per accumulo di carica elettrostatica, per malfunzionamento dell’impianto elettrico o per errata realizzazione dello stesso. Si premette che tali controlli sono i primi che vengono effettuati sia dal gestore dell’attività (per la propria salvaguardia) e sia da parte di tutti gli Organi di controllo competenti in materia. Per la verifica della congruità degli impianti sono state condotte, come visto nei capitoli precedenti due tipologie di indagini: - accertamenti in sito per verificare la presenza effettiva dell’impianto e valutarne la presunta efficienza; - accertamenti “indiretti” mediante certificazioni, dichiarazioni di conformità o qualsiasi documentazione tecnica rilasciata da tecnici o scaturita da verbali di ispezione di Organi di Controllo. Gli accertamenti in sito e le verifiche di quanto emerge dagli atti tecnici hanno fornito risultati non contraddittori. Le sigarette Le Norme richiamate e il comune buonsenso escludono che gli addetti a tali lavorazioni possano fumare e tenere fiammiferi.Ciononostante il pacchetto di sigarette ritrovato all’interno del laboratorio durante il sopralluogo fa pensare che qualcuno degli addetti fosse un fumatore. Possono quindi ipotizzarsi due circostanze: - che il fumatore (una delle vittime) non fumasse all’interno, e ciò sarebbe provato dal fatto che il pacchetto era ancora intatto. In ogni caso un fumatore porta con sé cerini o accendini ed è verosimile che costui, al pari del pacchetto di sigarette li indossasse. I fiammiferi possono aver provocato l’innesco per sfregamento; - che il fumatore fumasse durante la lavorazione. Anche se appare estremamente improbabile, non è raro trovare fochini che fumano, soprattutto per la grande dimestichezza ANTINCENDIO febbraio 1999 che questi hanno con le lavorazioni e che tende loro a trascurare le più normali regolare di sicurezza Tale causa resta probabile. L’autocombustione Con alcuni di questi materiali (polveri piriche, clorati etc) l’innesco può verificarsi anche a seguito di una reazione di tipo chimico, per esempio: - combinando due materiali “incompatibili”; - variando le condizioni igrometriche, quindi il tasso di umidità e facendo avvenire una reazione chimica dell’esplosivo con le polveri (autocombustione). Secondo quanto dichiarato da uno degli operai sopravvissuti sarebbe avvenuta l’esplosione a seguito di un fenomeno simile, a causa dei colori messi ad asciugare su di un telaio. Anche tale possibilità è verosimile. La dinamica Da quanto esposto finora, è convincimento che l’esplosione aveva buone probabilità di verificarsi e di provocare molti danni in quanto appaiono evidenti le seguenti circostanze: 1. era in corso una lavorazione; 2. si trovava nel laboratorio un grosso quantitativo di fuochi; 3. si è verificato l’innesco per cause interne al laboratorio. 1. Appare quindi abbastanza cer 73 ESPLOSIONE IN UNA FABBRICA to che vi fosse in atto, e da di verse ore, una lavorazione. In particolare si trattava con molta probabilità di confezionamento di manufatti pirici del calibro 8, 9 e 10. Il tipo di lavorazione e le sue modalità, che può essere desunta dal prodotto finito e da quello che rimane dei prodotti ancora da confezionare e rimasti incombusti ed inesplosi, saranno approfondite al cap. 6. In realtà non è realizzabile la ricostruzione esatta in ordine alla ubicazione dei materiali né quella relativa alle quantità dei medesimi a causa delle conseguenze dell’esplosione e dell’incendio sugli stessi nonché agli effetti dei mezzi estinguenti usati dai primi soccorritori e poi dai Vigili del Fuoco. Inoltre non vi è il registro delle operazioni. 2. E’ probabile che alcune decine di manufatti in via di confezio namento o già confezionati gia cessero sul tavolo o sul pavi mento all’interno del laborato rio, accatastati in corrispondenza dei punti ove adesso vi sono i tre crateri. Da quanto sopra è stato possibile anche risalire alla posizione occupata dall’addetto vittima dell’esplosione. Egli presumibilmente si trovava intento alla lavorazione, in prossimità del punto in cui ora vi è il cratere n. 1. In questo punto sono visibili alcuni segni identificabili come le impronte dei piedi del malcapitato investito dalla fiammata. Il cratere n. 1 è quello che ha le dimensioni minori e quindi è quello coinvolto in misura minore dall’esplosione in termini di danni. Quindi è lecito pensare che i fuo74 chi in quel punto fossero di meno, più lontani dal pavimento (sul banco) e non confezionati (in lavorazione). Gli altri due crateri possono essere stati generati dall’esplosione di due grossi accatastamenti di fuochi confezionati investiti dalla fiammata generata dall’accensione del materiale pirico sul tavolo. In totale, come visto, sembrerebbe trattarsi di circa 90 fuochi. 3. L’innesco è avvenuto all’inter no e da ricondursi a causa accidentale, di malfunzionamento di un interruttore, sigarette o autocombustione. Non si può escludere nessuna di queste ipotesi. Si riepiloga pertanto la presunta dinamica: 1. per qualche causa ancora incerta avviene l’innesco; 2. viene provocata l’accensione di materiale pirico, il cui effetto non è l’esplosione ma una prima ‘fiammata’ (la vampata vista) con coinvolgimento dei materiali vicini e con effetti in termini di: - - onda d’urto che provoca lo spostamento del tavolo verso il basso; sono evidenti i segni circolari delle basi del banco da lavoro sul pavimento; irraggiamento con l’ustione principale all’addetto che si trovava all’interno (con l’accensione anche di parte della superficie corporea e segno dei piedi sul pavimento); 3. la fiammata raggiunge in temANTINCENDIO febbraio 1999 pi rapidissimi le due cataste di fuochi, ubicati in corrispondenza dei crateri n.2 e n.3; 4. avviene l’esplosione (il boato avvertito) con gli effetti più volte richiamati. PRESUNTE LAVORAZIONI IN CORSO Modalità presunte di confezionamento Ricostruzione fotografica Si illustra di seguito una delle tipologie di confezionamento di fuochi analoghi a quelli di cui si sono ritrovati i resti tra le macerie del laboratorio. I manufatti sopra descritti, del calibro 8, 9 e 10, sono composti da cartoncino duro a forma cilindrica chiusa ad una estremità, ed al centro è già inserita la spoletta e la carica cosiddetta di spacco. Tale carica esplosiva è deputata ad accendere i colori, i petardi e ad aprire il contenitore, per proiettare a raggiera il citato materiale e produrre un effetto luminoso e sonoro. Essa è molto sensibile e potente. La sequenza di confezionamento di tali prodotti viene illustrata con l’ausilio delle fotografie di seguito (sequenza fotografica da 7.1 a 7.7) riportate. 1. L’operatore dispone gli attrezzi e i componenti davanti a se. Si tratta di un contenitore cilindrico di cartone, della carica esplosiva, del ‘tappo’ di plastica. 2. La spoletta viene collocata nel tappo. 3. Il tappo di plastica viene posi- ESPLOSIONE IN UNA FABBRICA 4. 5. 6. 7. zionato sul cilindro di cartone. Questo viene da qui in poi capovolto. Comincia il caricamento del cilindro con le sferette. Le sferette sono composte da una miscela di polveri diverse per dare i differenti colori. Si posizionano i “dentini” cioè i petardi a corona. Si completa il riempimento con i colori. Si appone il tappo superiore. Nella fase compresa tra il 6. e il 7. vi è il momento della ‘compressione’ del materiale pirico all’interno del cartoncino. Per effettuare l’inserimento delle sfere piriche (che producono i colori) nel contenitore cilindrico, come già detto completo di spoletta e spacco, l’operatore si avvale di un attrezzo per comprimere e dare in tal modo intasamento e coesione fra loro. Le sferette sono posizionate intorno allo ‘spacco’, che è molto sensibile; inoltre le sfere piriche del tipo di quelle presumibilmente in lavorazione di colore giallo tremolante composte di polvere pirica e ossalato di sodio, irrorate sulla superficie da una leggera patina di altra polvere pirica per dare migliore innesco - sono anch’esse molto sensibili. Può verosimilmente verificarsi un’accensione a seguito di attrito provocato durante l’operazione di intasamento mediante battitura delle stesse. Con gli operatori disposti in formazione di catena di montaggio la produzione di questi colpi si aggira almeno sull’ordine di un centinaio all’ora. Come ordine di grandezza delle polveri in gioco si tenga presente che un colpo del calibro 8 pe- sa circa 400 g, del calibro 9 circa 500 g, e del calibro 10 circa 600 g. In media quindi con un peso di circa 500 grammi si può ipotizzare la presenza contemporanea di circa 90 fuochi, corrispondenti ad un tempo di lavorazione tra un’ora e le tre ore, a seconda del numero contemporaneo di addetti presenti. In questo intervallo di tempo verosimilmente nessuno degli addetti ha ricoverato al deposito i fuochi prodotti. La maggior parte dei fuochi in questione era già confezionata o in via di ultimazione, ed era collocata nei pressi dei crateri n. 2 e n. 3 . E’possibile affermare che esistono diverse modalità di confezionamento per ciascun prodotto p i ri c o, e per nessuna di esse si può dire se tale operazione sia completamente ‘sicura’. L’operazione di confezionamento dei colpi descritta, rispetto ad altre, può comportare l’accidentale accensione per attrito durante una battitura delle sfere. Si ribadisce che la fabbricazione di fuochi artificiali è comunque un’attività a rischio e, in qualsiasi modo si operi, tale rischio può essere minimizzato ma mai azzerato completamente. CONCLUSIONI Rispetto delle norme di sicurezza L’osservanza delle Norme di sicurezza comprende: 1. l’osservanza formale al regime autorizzativo; 2. la corrispondenza di mezzi, impianti e strutture alle Norme stesse e alle ulteriori prescriANTINCENDIO febbraio 1999 zioni imposte dagli Organi di vigilanza; 3. l’osservanza delle corrette norme di gestione. Pertanto si ribadisce quanto segue. 1. La fabbrica osservava in maniera formale gli adempimenti tecnico-amministrativi. Le ispezioni compiute dagli Organi di Vigilanza non hanno mai riscontrato difformità tali da dover imporre provvedimenti restrittivi. 2. Le strutture, gli impianti e i mezzi sono per la quasi totalità rispondenti a quanto prescritto, e per essi si è verificata l’efficienza. In particolare: - l’impianto elettrico è realizzato con materiale antideflagrante; - l’impianto di messa a terra è correttamente installato; - i mezzi di estinzione mobili sono risultati efficienti. 3. Si è riscontrata più di una difformità riguardante le norme di gestione. E’ chiaro che a supporto di tale affermazione non si ha una testimonianza diretta ed oggettiva. Pertanto a giudicare dagli effetti e da quanto indagato: a. gli operai addetti oltre al titolare(T.U.L.P.S. all. B cap. 5) non erano dotati di dispositivi di protezione individuali; b. nel locale laboratorio (art. 1 punto 3 del D.M. 18.10.1973) il materiale per il confezionamento del quantitativo giornaliero era presente nel locale in quantità superiori a quello necessario per le operazioni in corso. I fuochi confezionati de75 ESPLOSIONE IN UNA FABBRICA vono essere portati a deposito via via che si fabbricano; c. l’operazione di essiccamento dei colori, seppure fosse stata in atto come dichiarato, non veniva condotta con la dovuta perizia; d. nei locali destinati alla fabbricazione dove è proibito al personale di fumare e tenere fiammiferi è stato rinvenuto un pacchetto di sigarette; e. non risulta agli Atti il Registro (obbligatorio secondo l’art. 59 del T.U.L.P.S.) relativo al carico e allo scarico nonché alle operazioni giornaliere. E’ lecito supporre che tale documento non fosse in uso. In definitiva, con riferimento alle conseguenze registrate, può affermarsi che nella Fabbrica non erano rispettate in maniera rigorosa le norme di igiene e di gestione. In particolare l’inosservanza del massimo quantitativo in lavorazione ha determinato la contemporanea presenza di una grande quantità di fuochi. L’operazione di essiccamento dei colori, non condotta con perizia mediante essiccatoi a vapore può essere stata una delle cause dell’innesco. Le cause dell’esplosione della fabbrica L’esplosione in oggetto si è verificata con tragiche conseguenze su due vite umane ed effetti devastanti sulle cose, per il combinarsi di due fattori: 1. per il verificarsi di un innesco, la cui causa non è stata determinata in questa sede con certezza. Essa può essere impu76 tata a: a. Causa accidentale. L’innesco potrebbe essere stato causato da qualche attrezzo o da qualche operazione degli addetti in quel momento, ad esempio il confezionamento dei fuochi per cui l’attrezzo, seppure in legno, utilizzato per comprimere le sferette piriche ne ha provocato uno sfregamento più violento del normale. b. La causa elettrica. Non si può escludere una variazione all’impianto elettrico di illuminazione del locale laboratorio avvenuta dopo la visita della Commissione e mai collaudata da personale qualificato. c. Le sigarette. E’ plausibile che il fumatore del pacchetto di sigarette ritrovato all’interno del laboratorio portasse con sé cerini o accendini ed è verosimile che costui, al pari del pacchetto di sigarette li indossasse. I fiammiferi possono aver provocato l’innesco per sfregamento. d. L’autocombustione dei colori. Secondo quanto dichiarato da uno degli operai sopravvissuti vi erano dei colori (perclorato di Alluminio) messi ad asciugare su di un telaio. La va ri azione di umidità avvenuta in maniera non controllata può aver innescato l’esplosione. 2. Per la contemporanea presenza di un notevole quantitativo di fuochi che hanno costituito il “detonante”. Nella presente relazione si è stimato in circa 90 il numero dei colpi in lavo ra z i o n e, quindi giacenti contemporaneamente in laboratorio e non portati con solerANTINCENDIO febbraio 1999 zia al deposito. Essi si trovavano accatastati principalmente in due punti, quelli ove ora si trovano i crateri n. 2 e n. 3. Tale quantitativo è esploso appena raggiunto dalla fiammata liberatasi con l’innesco. Con riferimento anche alla sequenza fotografica si può dire che, per quanto si cerchi di farlo, la fabbricazione dei fuochi d’artificio è quasi impossibile da codificare (*). (*) Il Nicassio nel suo saggio (Fuochi Pirotecnici - Levante Editore, 1990) la definisce così: “Nobile, rischiosa e aristocratica, l’arte del fuoco è la più ammirata e la meno conosciuta. Le grandi gare pirotecniche non hanno storia, solo amatori e sparafuochi, la cui arte, segreti, teorie, regole e mestiere sono nella cinta della fabbrica, inaccessibili, anche ai controlli di legge. (...). Lo sparafuoco è figlio d’arte, ladro di fuoco. I segreti del suo mestiere sono nel recinto della fabbrica, sul banco di lavoro, nella mente, tramandati di padre in figlio. Lo sparafuoco è un aristocratico, progettista esecutore e fochino, a volte anche di se stesso”.