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Fuochi d`artificio sul traffico Fuochi d`artificio sul traffico

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Fuochi d`artificio sul traffico Fuochi d`artificio sul traffico
www.acitorino.it
Ac news
1,00 euro
Ottobre 2004 - n. 4
Poste Italiane - Spedizione in a.p.- 45% - Art. 2 comma 20/B legge 662/96 - D.C./D.C.I. Torino
Fuochi d’artificio
sul traffico
Centro revisioni: anche la sostituzione olio, filtri e pastiglie dei freni Torino: la mappa delle nuove case sulla Spina
Motori: quattro ruote motrici per l’inverno Formula 1: ecco la Ferrari del 2005
Torino da scoprire: la Mole, il cinema e la televisione
ADALBERTO LUCCA, DIRETTORE RESPONSABILE
PIERO SORIA, IDEAZIONE E COORDINAMENTO
www.acitorino.it
Ac news
1,00 euro
NOTIZIARIO PER I SOCI dell’Automobile Club di Torino (autorizzazione del tribunale di Torino 3592 del 2/12/1985).
Pubblicazione di informazione. Abbonamento riservato ai Soci. Editrice: Edit-Data S. Francesco s.r.l., via Giolitti 15 tel. 57.79.288/9 - Direzione, Redazione: via Giolitti 15 - tel. 57.79.213 - Composizione, Stampa:
G. Canale & C. S.p.A. - Torino - Pubblicità: All-Media, corso Siracusa 152 - tel. (011) 311.90.90.
Ottobre 2004 - n. 4
In questo numero
3
PIERGIORGIO RE
20
• È il momento
del buon senso
4
ADALBERTO LUCCA
ROBERTO VALENTINI
26
NOTIZIE ACI
CRISTIANO CHIAVEGATO
30
EDOARDO MASSUCCI
NOTIZIE ACI
RENATO SCAGLIOLA
• Da Raffaello
a Goya
16
LUCIANO BORGHESAN
ANNA MASERA
• Non soltanto
Olimpiadi
MAURIZIO TERNAVASIO
• L’estate
non sta finendo
53
ALESSANDRA COMAZZI
• Ciak,
neve su Torino
56
• Il costruttore
di ghironde
39
• Tutte le Spine
di Torino
18
50
• I meravigliosi
giocattoli Cardini
34
GIORGIO RICATTO
MARGHERITA OGGERO
• Doveva essere
una sinagoga
PIERO ZANOTTO
• I segreti
delle dive
59
• Là dove nacque
Afrodite
44
ANGELO CAROLI
• Grande cuore
granata
• La Ferrari
prossima ventura
• Convenzioni
per i Soci
15
47
• A tutto
diesel
28
BRUNO QUARANTA
• Quel grattacielo
fatto a fiasco
GIANNI ROGLIATTI
• Traffico:
che cosa ne pensano i torinesi
12
46
• Le quattro ruote motrici
torinesi
• Le nostre
proposte
6
PIERO BIANCO
EDOARDO ARPAIA
• Le ultime
megapixel
62
EDOARDO BALLONE
• Di Freisa
in Freisa
L’opinione del Presidente
Uno scotto inevitabile da pagare per
presentarci all’appuntamento olimpico con una Torino-salotto, ma adesso…
È il momento
del buon senso
È
vero che le occasioni si devono prendere al volo – la concomitanza dei Giochi Olimpici Invernali ha creato afflusso di denaro e stimolato la
voglia di agire di tutta la città – ma è pur vero che
troppe occasioni nello stesso momento sovente creano confusione. Con tanti cantieri aperti contemporaneamente, infatti, il nostro già asfittico traffico è
piombato nel caos. E chi circola le studia tutte pur di
togliersi dagli ingorghi. Se ne vedono veramente di
tutti i colori: svolte vietate, pasdi
saggio con semafori rossi, tratPiergiorgio
ti percorsi in controsenso, insomma tutte le trasgressioni
Re
all’insegna del “si salvi chi
può”. Era l’inevitabile scotto
da pagare per presentarci
all’appuntamento olimpico
con una Torino-salotto.
È indubbio che la futura viabilità torinese ne trarrà sicuri
benefici; insomma il boccone è
amaro ma è necessario trangugiarlo. Bisogna però che tutti
indistintamente – automobilisti, motociclisti, scooteristi, ciclisti e anche gli stessi pedoni –
entrino nell’ordine di idee di attingere copiosamente alla loro
riserva di pazienza e, soprattutto, si mettano in testa che, comunque stiano andando le cose, occorre rispettare al massimo il codice stradale (magari
mettendosi per strada con largo anticipo per eliminare la
fretta): gli automobilisti si risparmieranno le svolte dai centro strada quando vietato, rispettando i semafori e le corsie
preferenziali.
3
È molto aumentato il traffico su due ruote, perciò motociclisti e scooteristi eviteranno sia gli slalom ad alta
velocità tra i veicoli fermi (in
particolare i “guizzanti”
scooteristi vedano di allacciarsi il casco, diversamente
è come non averlo e ben venga una giusta severità dei vigili urbani), sia i controsensi,
infrazione, quest’ultima, nella quale si cimentano sovente
anche i ciclisti (purtroppo
non esiste da noi una cultura
della bicicletta come in alcuni paesi europei, ad esempio
Olanda e Danimarca), i quali,
tra l’altro, si stanno appropriando sempre più dei marciapiedi, con gravi rischi per
sé stessi e per i pedoni (specie per quelli che escono da
un negozio o portone). Anche
i pedoni si assumano le proprie responsabilità: esiste un
codice comportamentale che
devono seguire, pur credendo
di avere immunità e impunità
assolute. Non si buttino ad attraversare all’ultimo momento, sbucando anche – pericolosissimo! – davanti ad un bus
alla fermata, e si affrettino a
raggiungere il lato opposto
della strada; così contribuiranno a sveltire il traffico.
Nei momenti di difficoltà è
più utile collaborare rispettando la regola, piuttosto che
protestare e comportarsi in
modo irresponsabile causando, generalmente, danni a
terzi.
In questa situazione, com’è doveroso chiedere tolleranza e rispetto delle regole
ai cittadini, è altrettanto indispensabile che chi è preposto al controllo dimostri buon
senso, rendendosi conto della particolarità della situazione.
■
Le proposte dell’AC Torino Aprire via XX Settembre e via Arsenale - Doppio
È anche necessaria una attenta revisione delle soste (vie Giolitti, Alfieri,
o
P
arlare del traffico e delle problematiche che
ne discendono è attualmente l’argomento più
diffuso a Torino; ognuno ha la sua ricetta, le
sue critiche, e tutti tanti motivi per lamentarsi.
Volendo fare un po’ di ordine, dobbiamo innanzitutto ricordare a noi stessi ciò che tutti sappiamo, e cioè la particolare situazione che la nostra città deve affrontare in questi anni: la me-
di
Adalberto
Lucca
4
sen
Cav
oppio
fieri,
senso in via Rossini
Cavour, S. Massimo)
tropolitana, la sistemazione
della Spina, le Olimpiadi, oltre alla normale realizzazione di opere stradali, parcheggi, stesura cavi, teleriscaldamento, e così via, un insieme
incredibile di opere la cui
realizzazione congiunta met-
terebbe in ginocchio qualunque città.
In quest’ottica credo che
si possa dire onestamente
che, in linea di massima, i
provvedimenti adottati
dall’Amministrazione nei
singoli casi specifici siano
stati adeguati alle situazioni, così come bisogna dare
atto agli automobilisti torinesi di una buona dose di pazienza e di adeguamento alle criticità da affrontare. Diciamo questo perché ove si
volessero dare dei suggerimenti all’Amministrazione
ci si accorgerebbe forse che
non sono tante le cose da
proporre, anche se interventi significativi possono essere attuati.
Certo ciò non toglie che bisognerebbe verificare a monte se la realizzazione di tutte
queste opere non avrebbe potuto in qualche modo essere
diluita nel tempo, ma tant’è.
Abbiamo comunque cercato di approfondire la situazione nella zona centrale della città, dove però non ci troviamo di fronte ad una situazione di emergenza, bensì ad
una viabilità quasi definitiva, tenuto conto della pedonalizzazione di piazza San
Carlo; quindi le criticità riscontrate al rientro dalle vacanze dovranno comunque
essere superate, con l’adozione di misure che possano
anche tener conto di alcune
nostre proposte:
• Apertura al traffico privato di via XX Settembre e
via dell’Arsenale, consentendo anche il traffico in via
San Quintino, onde realizzare un ulteriore diretto accesso a via San Secondo, che ormai costituisce interamente
la direttrice nord-sud, prima
rappresentata anche da via
Sacchi.
• Revisione della canalizzazione in piazza Solferino
5
del traffico proveniente da
via Alfieri, sacrificato dalla
nuova sistemazione della
piazza dopo l’apertura di
Atrium.
• Limitazione della sosta
ad un solo lato sulle vie
Giolitti, Alfieri, e Cavour,
ripristinando così la situazione esistente prima
dell’inizio dei lavori in
piazza Valdo Fusi, che consentiva uno scorrimento più
veloce.
La situazione creatasi in
queste vie è una delle cause
principali delle code nell’area centrale, infatti è sufficiente la presenza di un
ciclista o l’apertura dello
sportello di un’auto in sosta
che tutto si ferma con effetti micidiali sulla circolazione.
Per quanto attiene l’inquinamento in particolare è
utile ricordare come la sosta
ad un semaforo moltiplichi,
con la ripartenza del veicolo, l’effetto inquinante; ora
nelle vie in questione ogni
apertura di sportello crea un
“effetto semaforo”, con una
moltiplicazione per migliaia di volte al giorno.
• Riduzione della sosta ad
un solo lato nell’ultimo tratto di via San Massimo, al fine di consentire una più veloce e funzionale canalizzazione per l’immissione in
via Po.
• Abilitazione al doppio
senso di marcia in via Rossini.
Una serie di interventi
quindi che potrebbero dare
un contributo ad una velocizzazione del traffico
nell’area centrale, che comunque tra breve si potrà
giovare della riapertura di
via Accademia Albertina, e
speriamo quanto prima anche di via San Francesco da
Paola, interrotta da oltre tre
anni.
■
Una
dozzina
di
suggerimenti
di facile
attuazione
Opionioni a confronto
C’è chi addirittura chiede di eliminare la
stesso biglietto del mezzo pubblico. Chi punta il dito sull’indisciplina degli au
Arianna Piola e Aldo Astrua - Sotto: Lorenzo Marandola e Marco Patrone.
Traffico: che cosa ne pensano i torinesi
A
llargamento della Ztl, cantieri, “rivoluzione”
della circolazione nelle centrali Via Carlo Alberto e Lagrange: mai come quest’anno l’autunno torinese è stato così caldo per gli automobilisti. Un insieme di difficoltà incombe infatti su chi
deve recarsi in centro con la propria vettura. Alle già
pesanti difficoltà dovute ai cantieri della metropolitana e per le strutture olimpiche si sono aggiunte inoltre anche quelle create dai costruendi parcheggi in
Piazza San Carlo e Piazza Vittorio.
I primi ad essere interessati
Interviste
dai prossimi cambiamenti sono
i commercianti, che si preoccudi
pano soprattutto delle ripercusRoberto
sioni delle scelte dell’assessoValentini
re al Traffico Maria Grazia Sestero sull’afflusso di clienti nei
propri negozi. Dice Lorenzo
Marandola, titolare di un negozio di fotografie in Via XX Settembre: “Va bene aumentare le
aree pedonali e ampliare la zona a traffico limitato, ma occorre anche creare dei parcheggi dove chi viene in centro
può lasciare la vettura. A chi
usufruisce di questi parcheggi
si dovrebbe dare la possibilità
di utilizzare dei mezzi pubblici
con lo stesso documento-biglietto rilasciato dal parcheggio. Si deve aumentare la facilità di accesso al centro, messa
a dura prova dai cantieri e dalle crescenti limitazioni alla cir-
6
colazione”. Chi invece è scettico sui futuri cambiamenti è
Marco Patrone, edicolante di
Via Cavour “Il traffico è molto
pesante, occorrerebbe elimanare anche la Ztl. L’unica nota
positiva viene dai parcheggi: io
vengo a lavorare in auto e trovo sempre posto”.
Fiduciosa è invece Arianna
Piola, del negozio N.Y Company di Via Lagrange: “penso
che il traffico diventerà molto
più scorrevole introducendo il
senso di circolazione unico.
Spero che questa soluzione faccia diminuire anche l’inquinamento che alcune volte è in-
Ztl, c
tomo
are la
gli au
si
3404313134
Ztl, chi invece chiede parcheggi pagati con lo
tomobilisti, chi vuole più strade d’accesso
sopportabile. Riguardo alla Ztl
e alle aree pedonali sono incerta. Da cittadina penso che queste soluzioni facciano aumentare la vivibilità della città: le
splendide architetture dei bellissimi palazzi del centro storico si apprezzano molto di più
senza auto intorno. Da commerciante penso che tutte le limitazioni alla circolazione rischiano di far diminuire la mia
clientela”.
Per Federica Spiez, della libreria “Zero in condotta” di Via
Po, il traffico è molto caotico.
“Anche se – precisa la commerciante – penso sia dovuto
alla scarsa discliplina degli automobilisti più che ai cantieri.
Ci vorrebbe più controllo. Tutte le altre novità, come la costruzione dei parcheggi e l’allargamento della Ztl le giudico
favorevolmente, così come le
domeniche a piedi”.
Numerose le sedi di istituti
bancari interessate dai cantieri.
“Personalmente uso il treno
per venire a Torino – spiega Livio Racca della Cassa di Risparmio di Parma e Piacenza,
con sede in via Giolitti 1 – e, a
parte il silenzio irreale di piazza San Carlo, dal mio punto di
vista non è cambiato nulla. È
invece cambiata l’attività della
banca. Molti nostri clienti non
vengono agli sportelli della sede centrale, preferendo operare nelle filiali periferiche, che
ci fanno giungere le pratiche attraverso il nostro servizio di posta interna. La principale difficoltà che lamentano è quella di
riuscire a raggiungerci attraverso le strade di accesso e, soprattutto, di non poter parcheggiare nella piazza”.
Per chi viene da fuori città,
Torino sta diventando sempre
più una meta poco ambita.
“Cerco di venire in centro il
meno possibile – spiega Aldo
Astrua, imprenditore in pensione – e, se proprio non posso
farne a meno, parcheggio l’auto fuori dal centro, in precollina, e prendo un mezzo pubblico. Anche se, soprattutto adesso, anche gli autobus e i tram
viaggiano a rilento”.
Giacomo Soffiantino, famoso pittore torinese si lamenta
anche della chiusura al traffico
della domenica. “In questi momenti – spiega – si potrebbe almeno ricorrere alle alternanze:
una domenica sì, una domenica no, per poi tornare ai veti totali quando i cantieri saranno
chiusi. Domenica scorsa, da
dove abito io, alla Gran Madre,
ho impiegato più di un’ora per
andare a trovare un amico indisposto all’inizio di corso Galileo Ferraris. Non si capisce che
sono proprio gli ingorghi a far
alzare il tasso d’inquinamento
e si pensa che il medesimo,
creato dai grandi ‘tappi’ sul perimetro della ‘zona proibita’,
non coinvolga il centro. Pura illusione”.
Per chi abita appena fuori
città i disagi maggiori.
“I tempi di percorrenza si sono decisamente allungati –
spiega Franco Gemello, funzionario che abita a Grugliasco
e lavora in via Santa Teresa – e
il gran numero di cantieri rende sempre più pericoloso circolare in motocicletta. Ho rinunciato ad utilizzare la due
ruote dopo aver rischiato incidenti a causa del fondo stradale e del continuo slalom che si
deve fare. In auto, o si parte
molto presto al mattino, oppure è impossibile arrivare in tempo. L’unica consolazione è che
i cantieri che devo superare riguardano la metropolitana, che
spero entri presto in funzione.
Per me sarebbe l’ideale”. ■
7
Mandateci
un Sms
per dire
la vostra
C
antieri e lavori stradali, traffico, tangenziale , semafori e divieti: negli ultimi tempi gli
automobilisti in Città sono alle prese con
la difficoltà di circolazione.
L’Automobile Club Torino vuole sentire la
Voce di chi guida e soprattutto i suggerimenti
che ognuno ha da fare per rendere meno difficoltosi gli spostamenti in città.
Se volete dire la vostra, AC Torino è a disposizione per raccogliere i suggerimenti dei
Soci al fine di migliorare la situazione del traffico, soprattutto in centro dove più si concentrano le difficoltà legate all’avanzamento dei
numerosi lavori per la metropolitana ed i parcheggi.
Per essere contattati dall’AC Torino sarà sufficiente inviare con il proprio telefono cellulare un messaggio (SMS) con la parola: TRAFFICO al Numero 3404313134.
Riceverete immediatamente un messaggio di
conferma. Nei giorni successivi verrete richiamati da un nostro operatore che raccoglierà i suggerimenti e li girerà direttamente al Comune.
I Soci Aci saranno così propositivi nei confronti di un problema che spesso genera la■
mentela ma poche proposte costruttive.
Con un Sms le informazioni
sono a portata di mano
Informa
D
opo l’annuncio dell’attivazione del servizio sul numero di Aprile di ACI News, Automobile Club Torino ha reso disponibili molte altre informazioni tramite SMS.
Le informazioni che normalmente si richiedono tele-
fonicamente o di persona possono essere anche ottenute sul proprio cellulare inviando un messaggio
all’A.C. Torino.
Presentiamo una nuova funzione che renderà l’Automobile Club Torino sempre di più al fianco dei Soci.
PAROLA
DA INVIARE
PARK
CINEMA
INFORMAZIONE
Dove parcheggiare con ACI in Centro a Torino
Per andare al Cinema a tariffe scontatissime
CHECKUP
Un check up per avere il veicolo sotto controllo prima di partire
REVISIONE
Quali mezzi devono effettuare la revisione nel 2004?
REVISIONE2
Quanto costa la revisione con l’Automobile Club Torino?
BOLLINO
Quali veicoli devono effettuare i controlli dei gas di scarico e quando?
BOLLINO2
Quanto costa effettuare il controllo dei gas di scarico con l’Automobile Club Torino?
RICARICA
Cosa offre il mio Club per controllare e ricaricare il condizionatore del mio veicolo?
ACCESSORI
Quali accessori per la mia auto posso acquistare presso il Centro Revisioni Auto & Moto
Aci di Torino?
PATENTE
Quando rinnovare la patente?
PATENTE2
Dove rinnovare la patente? Cosa offrono gli uffici A.C. Torino?
PATENTE3
Quando la patente è deteriorata? Cosa fare?
PATENTE4
Cosa fare quando si subisce il furto della patente di guida?
PATENTE5
Cosa fare quando si smarrisce la patente di guida?
TASSE
Dove pagare la tassa di proprietà del proprio veicolo con A.C. Torino?
TASSE2
Come calcolare l’importo della tassa di proprietà quando è espressa in kilowatt?
TASSE3
Come calcolare l’importo della tassa di proprietà quando è espressa in CV?
TASSE4
Le auto immatricolate da più di trent’anni pagano la tassa di proprietà?
TASSE5
Quanto e quando pagano la tassa di circolazione i ciclomotori?
TASSE6
Come si calcola la tassa di proprietà per i motoveicoli?
NOLEGGIO
INDICE
Si può noleggiare un’auto o un veicolo commerciale con AC Torino?
L’elenco delle informazioni via SMS di AC Torino Informa
8
■
Novità
al Centro Revisioni
Ricarica Condizionatore
Soci Aci
45,00 €
Non Soci
60,00 €
I (angolo Via Filadelfia) arricchisce la proposta di servizi
l centro revisioni di Piazzale S. Gabriele da Gorizia 210
per gli automobilisti e Soci ACI.
È possibile, dal mese di settembre 2004, effettuare presso il
Centro Revisioni anche il cambio olio al proprio veicolo.
Aumenta così la disponibilità di operazioni che si possono effettuare nel Centro Tecnico.
1. Associazioni
2. Revisione
3. Prerevisione
4. Bollino Blu
5. Check up
6. Ricarica condizionatore
7. Sostituzione filtri abitacolo
8. Sostituzione spazzole tergicristallo
9. Sostituzione Batteria
10. Sostituzione filtro aria
11. Vendita Accessori di sicurezza
12. Sostituzione pastiglie freno
13. Sostituzione olio e filtro olio
Revisione
Soci Aci
Non Soci
37,14 € prerevisione Gratuita
37,14 € prerevisione 20,66 €
Check up
Soci Aci
Non Soci
10,50 €
13,50 €
Il Centro Revisioni Aci è sempre in evoluzione per garantire ai Soci un servizio tecnico efficiente e conveniente.
Molti servizi in un solo luogo sono utili per far risparmiare tempo prezioso ai Soci, le tariffe riservate costituiscono un altro vantaggio esclusivo.
Questi servizi uniti ad altri quali gli avvisi di scadenza
revisione o le chiamate telefoniche per rammentare la prossima scadenza del bollino Blu, rendono i clienti del Centro revisioni automobilisti speciali.
■
Come di consueto i Soci hanno un vantaggio su tutte
le operazioni:
Il Centro revisioni su ogni operazione ha riservato
Prezzi scontatissimi ai Soci ACI.
Ora
anche
Alcuni Esempi:
Sostituzione Olio e filtro Olio (fino a 4 kg di lubrificante)
Soci Aci
Non Soci
54,00 €
64,00 €
Bollino Blu
Soci Aci
Non Soci
8,65 €
11,50 €
il cambio
olio e filtro
a soli € 54,00
per i Soci
9
I vantaggi per i Soci:
Le pratiche automobilistiche
L’
Automobile Club Torino mette a disposizione
dei Soci la propria esperienza nel campo delle
pratiche automobilistiche con una capillarità
estesa sia in Città sia in Provincia, in qualsiasi luogo
troviamo nelle vicinanze un ufficio ACI pronto ad occuparsi
delle pratiche necessarie alla
mobilità degli automobilisti.
13 Uffici in Città
Sede centrale
Delegazione 2
Delegazione 3
Delegazione 4
Delegazione 5
Delegazione 6
Delegazione 7
Delegazione 9
Delegazione 10
Delegazione 11
Delegazione 13
Delegazione 14
Delegazione 15
Via Giolitti, 15
C.so Dante, 45
C.so Francia, 66
C.so Novara, 20/H
C.so Trapani, 115
C.so Duca D. Abruzzi,79
C.so Valdocco, 3
Via Piobesi, 2/B
Via Casteldelfino, 8
Via Valdellatorre, 188
Via Dandolo, 2/B
Via Pergolesi, 3
Via Fidia, 14
14 Uffici in provincia
Carmagnola
Chieri
Chivasso
Ciriè
Collegno
Moncalieri
Nichelino
Orbassano
Pinerolo
Piossasco
10
P.zza Manzoni, 11
Via Vittorio Emanuele, 14
Via Bonacini, 18 Bis
Via San Maurizio, 15
C.so Francia 111/B
C.so Savona, 4
Via Torino, 85
P.zza Umberto I, 10
C.so Torino, 168
Via Pinerolo 41
Quali pratiche?
1) Tasse automobilistiche
Tutti gli uffici offrono al
pubblico ed ai Soci la possibilità di effettuare il pagamento
delle tasse automobilistiche,
presentando la copia del libretto di circolazione ed il codice fiscale dell’intestatario,
gli addetti effettueranno il calcolo esatto dell’importo dovuto e procederanno all’esazione
rilasciando la ricevuta di pagamento.
La richiesta del documento
di circolazione avviene per
una più attenta verifica dei dati con conseguente precisione
dell’esazione, si eviteranno
così errori che potrebbero causare future sanzioni.
2) Patente di Guida
Presso gli uffici e le delegazioni dell’A.C. Torino si effettuano in un’unica soluzione
tutte le operazioni richieste per
il rinnovo della patente di
guida:
– Visita Medica
– Versamenti su bollettino di
pagamento
– Invio della documentazione
agli uffici competenti
Normalmente si dovrebbero effettuare queste operazioni in tre uffici diversi, con
l’A.C. Torino una sola visita
agli uffici risolve il problema.
Anche nel caso di smarrimento o deterioramento del
documento di guida, qualora
gli uffici delle forze dell’ordine a cui ci si è rivolti per la denuncia, non siano in grado di
duplicare d’ufficio la patente
gli uffici dell’A.C. Torino
provvederanno a sbrigare la
pratica. Anche in questo caso
tutto verrà risolto in pochi mi-
nuti, rilasciando un documento che permetta la circolazione
in attesa che il il duplicato della patente venga elaborato e
consegnato all’ufficio ACI
dalla Motorizzazione Civile.
Documenti necessari:
– Patente di guida / denuncia di
furto o smarrimento
– Carta di identità e codice fiscale
– In caso di duplicato: tre fotografie formato tessera di cui
una autenticata.
3) Passaggi di
proprietà
Tutto in una volta: Atto di
Vendita con il Notaio, Pratica
di Voltura e rilascio dei documenti di viaggio provvisori e
definitivi dopo pochi giorni
grazie alle nuove procedure telematiche che permettono la
stampa del libretto di circolazione e del Certificato di proprietà entro pochissimo tempo
dalla richiesta.
Tutti gli uffici e le delegazioni dell’A.C. Torino si avvalgono presso la loro sede della collaborazione di un Notaio
e si faranno carico di tutte le necessarie operazioni per portare
a buon fine il passaggio di proprietà.
Documenti necessari:
– Libretto di circolazione
– Certificato di Proprietà
– Carta di identità e codice fiscale di venditore ed acquirente.
4) Visure ed estratti
cronologici
Può essere necessario conoscere o ricostruire la storia di
un veicolo, conoscendone la
targa presso tutti gli uffici e de-
11
legazioni dell’A.C. Torino si
otterranno in breve tempo le
informazioni richieste.
Inoltre è possibile ottenere:
Successioni - Immatricolazioni - Reimmatricolazioni Procure Notarili - Perdite di
possesso - Radiazioni - Conversione della patente Estera
o Militare - Patente internazionale - Contrassegno per
ciclomotori (targa) - Prenotazioni per revisione e bollino blu.
In poche parole i soci hanno
a disposizione su tutto il territorio di Torino e provincia un
ufficio di consulenza che si
prenderà cura delle pratiche affidategli con un notevole risparmio di tempo e come al solito di denaro.
Risparmio perché?
Tutte le pratiche che i Soci affideranno agli uffici e delegazioni dell’A.C. Torino godranno di un trattamento
particolare: LO SCONTO
RISERVATO AI SOCI.
Tutti i soci hanno diritto al
20% di sconto sui diritti di
agenzia.
Gran parte della quota associativa viene così restituita sotto forma di sconto.
Come al solito per ottenere i
benefici basterà presentare la
propria tessera associativa in
corso di validità.
Presso la sede di via Giolitti 15, per chi non avesse
tempo di tornare per il ritiro
è possibile richiedere l’invio
dei documenti al proprio domicilio tramite posta. Un altro piccolo vantaggio a di■
sposizione.
803.116
NUMERO
VERDE
PER
I SOCI
Soccorso stradale Assistenza medica Assistenza
all’abitazione Informazioni Servizi turistici
Automobile Club
Torino – Uffici: via
Giolitti, 15, Tel.
011/57.791, Fax
011/57.79.286,
Orario al pubblico:
8.30-13.00 / 14.0017.00 dal lunedì al
venerdì - Sito Internet: www.acitorino.it - Indirizzo
posta elettronica:
[email protected]
Ufficio sportivo:
Lunedì-Venerdì
8.30-12.30
Soccorso stradale
nazionale: 803116 Noleggio autovetture e parcheggi
ACI: via S. Francesco da Paola, 20,
tel. 011/562.35.14 Centro Lavaggio
Racconigi: largo
Racconigi 191, tel.
011/377995 - Centro Tecnico (Revisioni Auto, Bollino
Blu, batterie, pastiglie freno, olio e
filtro olio, check
up): piazzale San
Gabriele da Gorizia, 210, Tel.
011/30.40.748 Autoscuola Club:
via Giolitti 15, Tel.
011/57.79.246, c.so
Moncalieri, 215,
Tel. 011/66.12.623
- Autoscuola Eureka: c.so Tassoni,
57, Tel. 011/
74.79.71.
■
Le convenzioni dell’A.C. Torino
per i Soci ACI
P
resentando la propria tessera ACI
in regolare corso di validità, è possibile godere delle seguenti agevolazioni:
CULTURA E TEMPO LIBERO
• Palazzo Bricherasio, via T. Rossi
(angolo via Lagrange), Torino – tel.
011/5711811 - www.palazzobricherasio.it. “Da Raffaello a Goya. Ritratti dal Museo di Belle Arti di Budapest”. Sconto 15% sul biglietto
d’ingresso alle mostre, per il socio e
per un accompagnatore. (Il parcheggio sotterraneo ACI di via Roma ha
uno dei suoi ingressi davanti al Palazzo: i soci godono di tariffa di sosta oraria ridotta).
• Museo Nazionale del Cinema - Mole Antonelliana, via Montebello 210,
Torino – tel. 011/8125658 - www.museonazionaledelcinema.org. Sconto
20% sul biglietto d’ingresso, per il socio e per un accompagnatore.
• “Sala 3” Multisala Cinema Massimo, via Verdi 18, Torino - tel.
011/8125606. Sconto 30% sul biglietto d’ingresso agli spettacoli, per il
socio e per un accompagnatore.
• Teatro Regio di Torino, piazza Castello 215, Torino - tel. 011/88151 www.teatroregio.torino.it. Sconto
10% sui biglietti degli spettacoli prodotti dal Teatro (ad eccezione delle recite abbinate ai turni di abbonamento
Pomeridiano 1 e 2).
• Fondazione Italiana per la Fotografia, via Avogadro 4, Torino - tel.
011/544132 - www.fif.arte2000.net.
Sconto 25% sul biglietto d’ingresso
alle esposizioni; sconto 20% sui libri
editi dalla Fondazione.
• Museo di Arti Decorative Fondazione Accorsi, via Po 55, Torino - tel.
011/8129116 - www.fondazioneaccorsi.it. Sconto 15% sul biglietto d’ingresso alle mostre temporanee ed alla
collezione permanente; sconto 20%
sul biglietto cumulativo per entrambe
le esposizioni.
• Safari Park, Pombia (NO), tel.
0321/95.64.31 - www.safaripark.it.
Sconto € 3,00 per gli adulti, € 2,00
per i bambini, sul biglietto d’ingresso.
• “Family Fun Card” + Guida al Tempo libero, circuito Viviparchi, tel.
035/362798 - www.viviparchi.it.
Sconto € 3,00.
• Teatro Stabile di Torino, tel.
011/5176246, Numero Verde
800.235.333 - www.teatrostabiletorino.it. Sconto € 21,00 sugli abbonamenti della stagione teatrale 20042005.
• Balletto Teatro di Torino, via Principessa Clotilde 3, Torino - tel.
011/4730189 - www.ballettoteatrotorino.it. Sconto 20% sul biglietto d’ingresso, per il socio e per un accompagnatore.
• Warner Village Cinemas Le Fornaci, via G. Falcone, Beinasco (TO) - tel.
011/3611225. Dal lunedì al venerdì,
esclusi i festivi e le altre limitazioni comunicate presso le casse del cinema.
Sconto € 1,50 sul prezzo del biglietto
intero.
• Golf Club Stupinigi, corso Unione
Sovietica 506/A, Torino - tel.
011/3472640. Sconto 10% sui corsi principianti, sull’ingresso al campo pratica, sul percorso 18 buche
(con handicap e tessera FIG).
• Golf Club Moncalieri, Reg. Vallere 20, Moncalieri - tel. 011/6479918
- www.moncalierigolfclub.com.
Sconto 10% sui corsi per “under 18”
e principianti. Sconto 10% su green
fee campo pratica. Solo nei giorni
feriali, sconto 10% su green fee
9/18 buche, se in possesso tessera
FIG.
• Golf Club Grugliasco, Strada Provinciale Gerbido 97, Grugliasco tel. 011/4081220 - e-mail [email protected]. Sconto 20%
su corsi per principianti (5 lezioni).
Sconto 50% green fee campo pratica.
VIAGGI E VACANZE
COMMERCIO E SERVIZI
• Agenzia Viaggi “Pianeta Gaia” (Fiduciaria A.C. Torino), via Giolitti 15,
Torino - tel. 011/546385 - www.pianetagaia.it - Sconto 5% su tutti i tour
operators. Servizio biglietteria Formula 1.
ISTRUZIONE
• Autoscuola Club (Fiduciaria ACI),
via Giolitti 15, Torino - tel
011/5779246; corso Moncalieri 215,
Torino - tel. 011/661263. Sconto 10%
sulle lezioni di teoria.
• Academy International, centri a Torino, Carmagnola, Venaria - tel.
011/6645315. Sconti dal 10% al
30% su corsi di lingue straniere ed
informatica, per il socio e per i suoi
familiari.
SPORT
• Speed Kart, Settimo Torinese (km 0,5
Autostrada TO-MI) - tel. 011/
2222904. Sconto 10% sulle tariffe
orarie.
• Scuola Sci Olimpionica Sestriere,
via Pinerolo 17 - Sestriere - tel. 0122/
76116 - www.scuolasciolimpionica.it. Sconto 15% sulle lezioni individuali; 20% sulle lezioni collettive
(per il socio, il coniuge ed i figli fino
a 26 anni di età).
• Car City Club, servizio di car sharing, corso Cairoli 32, Torino - tel.
011/57641 - www.carcityclub.it.
Sconto 10% sulle tariffe orarie (nella fascia che va dalle ore 8.00 alle
ore 21.00) e sulle tariffe chilometriche (nella fascia sino a km 180); canone di attivazione ridotto.
• Griffes Diffusion REVEDI, corso
Emilia 8, Torino - tel. 011/2399839.
Sconto 10% su abbigliamento e accessori uomo/donna (occorre esibire anche la tessera in distribuzione
presso gli Uffici dell’A.C. Torino).
Numerosi punti vendita nel CentroNord Italia.
• Norauto, corso Romania 460 (c/o
Centro commerciale Auchan) - Torino, via Monginevro 162 - Torino,
via Cesana 2 (c/o Centro commerciale Continente) - Nichelino. Sconto 5% sui prezzi di listino di dischi,
pastiglie per i freni e ammortizzatori; sconto 10% sui prezzi di listino
delle marmitte (la riduzione non riguarda il costo della eventuale manodopera e non è cumulabile con altre eventuali promozioni).
Per maggiori informazioni, contattare i numeri telefonici o consultare i siti Internet sopra riportati.
■
1. Amministrazione appaltante: Automobile Club
Torino via Giolitti, 15, 10123 Torino. Tel. 011
5779213, fax 011 5779268.
2. Locali: appartamento occupato di circa 180 mq
con cantina e soffitta sito al 5° piano fuori terra
in Torino, via San Francesco da Paola 22.
3. Criterio di aggiudicazione: offerte segrete da
confrontarsi con il prezzo base. L’aggiudicazione definitiva avverrà a favore del concorrente la
cui offerta sia pari o maggiore rispetto al prezzo
base.
4. Importo a base d’asta: € 450.000,00.
Le offerte dovranno pervenire entro le ore 12 del 24
novembre 2004 presso lo studio del Notaio De Lorenzo in via Santa Teresa n. 15, Torino, e l’asta si
svolgerà alle ore 11 del 25 novembre presso lo stesso studio.
Il bando integrale è pubblicato sul sito internet:
www.acitorino.it. Informazioni: Segreteria Direzione
011 5779213.
■
Estratto avviso d’asta
per vendita immobile
di proprietà
Automobile Club Torino
Da Raffaello a Goya
Ritratti dal Museo di Belle Arti
di Budapest
B
en 82 opere, scelte nel vastissimo corpus di
una delle più importanti collezioni di pittura
del mondo, saranno esposte a Palazzo Bricherasio, dal 1° ottobre 2004 al 23 gennaio 2005,
nella mostra “Da Raffaello a Goya. Ritratti dal Museo di Belle Arti di Budapest”.
Curata da Vittorio Sgarbi, Vilmos Tatrai –
conservatore del Museo ungherese – e Daniela
Magnetti – direttore della Fondazione Palazzo
Bricherasio – l’esposizione offrirà al pubblico
grandi quadri di autori quali Raffaello, Durer,
Rubens, Tiziano, Tintoretto, Veronese, Bellini,
El Greco, Goya, Van Dyck.
I ritratti dei vari personaggi permetteranno al
visitatore di seguire un affascinante itinerario
attraverso la moda, i gusti, gli atteggiamenti delle
diverse epoche, la posizione sociale e le doti
intellettuali e morali dei soggetti raffigurati.
Per la prima volta saranno esposti in Italia i
tesori magiari della “Galleria degli Antichi
Maestri”, una collezione che racchiude
capolavori della pittura europea dal XII al XVIII
secolo e nella quale la scuola italiana occupa una
parte predominante, accanto a dipinti di artisti
olandesi, tedeschi, austriaci, francesi e spagnoli.
Ad arricchire la rassegna, vi sono anche alcuni
quadri di particolare interesse, conservati al
Museo di Belle Arti di Budapest, e visibili per la
prima volta dopo il restauro a cui sono stati
sottoposti.
Tra le opere più famose, citiamo il “Ritratto di
giovane” eseguito da un ancor giovane Raffaello,
il “Ritratto di uomo” del Veronese, il “Ritratto
della signora Bermùdez” di Francisco Goya. E
ancora un magnifico “Studio di testa d’uomo” di
Rubens, il malinconico ritratto di Caterina
Cornaro di Giovanni Bellini, due ritratti di Dogi
(uno di Tiziano e l’altro del Tintoretto), il
“Ritratto di coppia sposata” di Van Dyck.
SEDE:
Palazzo Bricherasio
Via T. Rossi (angolo via Lagrange)
Torino - Tel. 011/5711811.
ORARIO:
Lunedì: 14.30-19.30
Da martedì a domenica: 9.30-19.30
Apertura serale: giovedì e sabato fino alle 22.30
Sconto sul prezzo del biglietto per i Soci
ACI che esibiscono la propria tessera in
corso di validità.
Il parcheggio sotterraneo ACI di via Roma ha uno
dei suoi ingressi proprio davanti a Palazzo Bricherasio (tariffa di sosta oraria ridotta per i
Soci).
Novità: Palazzo Bricherasio offre ai Soci
dell’A.C. Torino la possibilità di prendere parte a
visite guidate (per gruppi di minimo 22 persone),
con una maggiorazione sul prezzo del biglietto
(in convenzione) di soli € 3,00. Gli interessati
potranno prenotare la visita, entro le ore 12.00
del giorno sotto indicato, contattando il numero
0115779230 (da lunedì a venerdì, dalle 8.30 alle
16.00). Nel caso in cui il numero minimo di
partecipanti non venisse raggiunto, gli iscritti ne
saranno informati tempestivamente e, in luogo
della visita guidata, riceveranno, al medesimo
costo, una audio guida.
Ecco il calendario delle visite guidate con il
termine per la relativa prenotazione:
• domenica 7/11 ore 11 (prenotazione entro il
29/10)
• giovedì 18/11 ore 19.45 (prenotazione entro
12/11)
• sabato 27/11 ore 20.30 (prenotazione entro
19/11)
• giovedì 9/12 ore 19.30 (prenotazione entro
29/11)
• domenica 19/12 ore 11 (prenotazione entro
10/12)
• sabato 15/01 ore 20.30 (prenotazione entro
8/01)
• giovedì 20/01 ore 19.30 (prenotazione entro
■
14/01)
15
Goya.
Ritratto della signora
Bermùdez.
Van Dyck,
Coppia di sposi.
Tiziano, il doge
Marcantonio Trevisani.
Torino come cambia
C’erano una volta la Michelin, la Nebiolo,
le Ferriere, Grandi pezzi di Fiat, i docks, la Paracchi, la Framtek: e ora?
Tutte le Spine di Torino
di Luciano Borghesan
S
le Ferriere, la Gardino, l’Incet, la Nebiolo, i docks... la Fiat.
Gli uomini indossavano tute, molti portavano in borsa un
baracchino, al mattino alle 6 i tram erano stracolmi...
“Un mare di fredde ciminiere, un fiume di soldatini blu”
cantava Gipo Farassino. Lo chansonnier ora è assessore re-
arà difficile far credere a un bambino che lì dove abita c’era una fabbrica dove lavoravano migliaia di persone. Si preparino mamma e papà a raccontare la storia di Torino di tutto il 1900.
... c’erano una volta la Michelin, la Framtek, la Paracchi,
16
E
ex Materferro, 2-2.500 euro al mq
zona San Paolo-ex Lancia, 1600 euro al mq
SPINA 1
via Giordano Bruno-ex Framtek, 1300 euro al
mq
docks Dante, 2250 euro al mq
SPINA 3
corso Umbria-Mortara, 1700-2000 euro al
mq
via Nole, 1450 euro al mq
via Pianezza-ex Paracchi, 1850 euro al mq
cco alcuni esempi di prezzi al metro quadro
Quanto
costano
le nuove
case
al metro
quadrato
SPINA 2
corso Ferrucci-via Bixio-Piercarlo Boggio,
2500 euro al mq
corso Trapani-corso Rosselli, 1600-1800 euro al mq
gionale all’Identità Piemontese. Sembra passato un secolo
da quando scrisse (1969) “La
mia città”.
Torino sta cambiando. Cantieri ovunque, per il passante,
per la metropolitana, per le
olimpiadi, per i tunnel. Eccezion fatta per le opere decise in
seguito all’assegnazione dei
Giochi del 2006, la nuova città
è stata disegnata con il piano regolatore del 1995. L’impostazione partiva dall’intuizione di
coprire lo scheletro di binari
che divide il territorio,
“Il tracciato ferroviario che
dalla fine dell’800 attraversa
Torino da nord a sud – è il parere degli urbanisti – ha costituito una condizione strategica
per orientare e favorire lo sviluppo della città del ’900 e di
queste specifiche aree poste ai
margini di un asse di forte accessibilità.
D’altra parte ha rappresentato per la città nel suo complesso un elemento forte di separazione, un limite, una frattura”.
Si è coniato il termine “spina” per definire i tratti da interrare e su cui ricucire quartieri. Una “spina centrale” suddivisa in quattro parti, per circa 2,1 milioni metri quadri, di
cui la superficie edificabile supera il milione e centomila mq.
In particolare, ci sono quattro
ambiti: Spina 1, tra i corsi Lione e Mediterraneo; Spina 2, dal
Politecnico a Porta Susa; Spina
3, corso Principe Oddone, Dora; Spina 4, via Cigna.
La popolazione di Torino –
con la sanatoria sugli stranieri –
è tornata sopra i 900 mila. Complessivamente, il prg ha previsto la possibilità di realizzare
abitazioni per 70 mila unità, di
queste 42 mila le stiamo vedendo crescere. Con l’ampliamento della capacità abitativa si dovrebbe arrestare l’esodo verso la
cintura. Al contrario, già si sta
SPINA 4
Cigna-corso Vigevano, 1370-1450 ero al
mq
Villaretto, 1300 euro al mq
■
mo i principali interventi: in via
Giordano Bruno-corso Bramante abitanti 760; ex mercati
generali via Giordano Bruno,
1720; corso Ferrucci-via
Bixio-Piercarlo Boggio, 848;
corso Trapani-corso Rosselli,
1050; San Paolo, 1570; Venchi
Unica, 1285; corso Regina,
3.400; corso Umbria-Mortaravia Nole-Pianezza, 10246; via
Cigna-corso Vigevano, 2260;
strada Altessano, 912; Villaretto,1121.
La Dora
ricuperata.
avvertendo un ritorno di chi aveva scelto la tranquillità in direzione di Venaria, Rivoli, Moncalieri, Leinì.
In città i nuovi complessi residenziali nascono all’insegna
del verde, gli esempi più eclatanti riguardano i cantieri lungo la Dora. Prima si costruiscono gli edifici, che poi saranno circondati dal parco. Vedia-
17
Ogni giorno all’ufficio vendite dei vari cantieri si presentano decine di famiglie che vogliono vedere mappe, conoscere prezzi, verificare i materiali.
Molti prenotano il nuovo alloggio, dove sognano di vivere “felici e contenti per tutto il resto
della vita”. È la favola della Torino del duemila, tutta da scrivere.
■
Torino come cambia
La metamorfosi come distretto hi-tech è in
pieno corso: già raccoglie più di 2000 ricercatori informatici, il 15% d’Italia
Non sono soltanto Olimpiadi
L
a metamorfosi di Torino come distretto hi-tech
è in pieno corso. Torino raccoglie oltre duemila ricercatori informatici, il 15% d’Italia. A Torino ci saranno le Olimpiadi invernali 2006. A Torino ci sono aziende come Alenia, Motorola, Telecom
Italia Lab (Tilab), Vitaminic, Loquendo, Critical
Path, StMicroelectronics, Flextel, Reply, Csp (Centro Supercalcolo Piemonte). E ovviamente la Fiat, che
punta più che mai sulle tecnologie avanzate. A Torino ha sede il Politecnico
(www.polito.it), una delle
realtà universitarie più all’avanguardia in Italia: Rodolfo
Zich, ex rettore del Politecnico,
di
è vicepresidente di Torino InAnna
ternazionale (www.torino-inMasera
ternazionale.org/), l’ente capofila dell’iniziativa frutto di un
patto tra ministero della Ricerca scientifica, enti locali, università, banche e grandi azien-
de private. Zich prevede che
grazie al distretto tecnologico
potrebbero nascere 50 imprese
a livello internazionale in dieci
anni, arrivando a incidere per
un 10 per cento sul Pil regionale, rispetto all’attuale 5 per cento. E i ricercatori potrebbero salire a 6 mila. Oggi l’area torinese conta comunque già ben
6500 aziende nell’info-tech e
alcuni primati innovativi invidiabili: è qui che Leonardo
Chiariglione, un ingegnere dello Cselt (il primo centro ricerche della Telecom), ha creato lo
standard universale Mpeg per la
compressione dei file audio e
video. Il primo progetto, partito nel 2002 in vista dell’arrivo
dei telefonini di terza genera-
18
zione (Umts), è lo sviluppo di
tecnologie wireless (senza fili)
nel campo della pubblica amministrazione, dell’aerospaziale, della finanza, ma anche
dell’auto e del tessile. La sfida
è creare il più grande centro di
ricerche sul wireless del Sud
Europa e competere con i due
grandi centri di ricerca Nokia e
Ericsson del Nord Europa.
Ma Torino, proprio grazie al
fatto che è una città digitale e
high tech a 360 gradi, offre anche la possibilità di essere visitata e fruita pienamente da cittadini e turisti via Internet, attraverso appositi portali e siti
Web.
Ecco un piccolo vademecum.
Extra Torino
www.extratorino.it
Guida alla città e alla scoperta
delle eccellenze del Piemonte:
una scommessa lanciata
dall’associazione Extratorino,
i cui soci si occupano da anni
del territorio tramite Internet,
editoria tradizionale, riviste e
quotidiani. È stato coinvolto
nel progetto il fotografo torinese Michele d’Ottavio che ha
realizzato appositamente – con
il gruppo dei Fotografi indipendenti – tutte le immagini
presenti sul sito. Un ricco capitolo dedicato all’enogastronomia.
Il portale
de La Stampa NordOvest
www.lastampanordovest.it/to/
Tutti gli appuntamenti in città
e provincia, l’agenda di TorinoSette, le mostre, le gite turistiche, gli articoli di cronaca de
La Stampa, le vetrine dello
shopping virtuale tra cui quella di Clickar per comprare
un’auto, le mappe, gli orari
dell’aeroporto di Caselle.
Torino Online
www.torinoonline.it/
Una guida alla città con il meteo, i musei, i cinema, concerti, i teatri, gli spettacoli e i locali da vivere, il calendario delle fiere, gli hotel, le aziende,
l’aeroporto con arrivi e partenze, i contatti con il Comune e il
Sindaco, il link alle squadre del
cuore (Juve e Toro), l’elenco telefonico.
Turismo Torino
www.turismotorino.org
L’agenzia che dal ’98 si occupa di accoglienza e promozione turistica di Torino e dintorni, sul suo sito Web ha una media di 50 mila utenti mensili.
Piccolo
vademecum
on line
Comune di Torino
www.comune.torino.it
Sul web è la vetrina della città.
Offre un servizio completo al
cittadino elettronico, comprese
diverse webcam collocate in posizioni strategiche che vengono
consultate soprattutto dai nostalgici della Mole all’estero. La
pagina più cliccata? La ricetta
per lo zabaione, specialità sabauda.
Torino Cultura
www.torinocultura.it
È partita da poco l’edizione definitiva.
Il Museo Nazionale
del Cinema
www.museonazionale
delcinema.org
Anche il sito è un fiore all’occhiello per Torino. Un percorso
multimediale interattivo all’altezza del museo nella Mole, che
contende all’Egizio il primato
per numero di visitatori.
Armeria Reale
http://www.artito.arti.beniculturali.it/
Reggia di Venaria
http://www.reggiavenariareale.it/
La visita virtuale è accompagnata da musica da camera.
Museo Pietro Micca
www.museopietromicca.it/
In quattro lingue oltre all’italiano.
Museo Egizio
www.museoegizio.org/
Ancora in costruzione.
Palazzo Reale
www.arpnet.it/preale
I volontari dell’Associazione
“Amici di Palazzo Reale” si occupano di divulgare a torinesi e
turisti un’approfondita cono-
scenza sulla principale residenza sabauda. A costo zero.
Arteca
www.arteca.org
L’associazione culturale che
parla online del mondo artistico
torinese.
Piemonte Emozioni
www.piemonte-emozioni.it
Permette di prenotare le visite ai
musei e alle mostre.
Provincia di Torino
www.provincia.torino.it
Tra le novità, scaricabili online i
bandi per le candidature per il servizio civile volontario; le informazioni necessarie per il tesserino per la raccolta dei tartufi; l’autodichiarazione per gli impianti
termici; e la tabella aggiornata
sulla percorribilità delle strade.
Torino Mobile
www.topda.it
Il Comune ha lanciato da poco
una risorsa online per collegarsi
e informarsi col telefonino: si
chiama Città di Torino Mobile
Edition e offre un accesso
via Internet “mobile” alla pubblica amministrazione e non solo. Per chi è sempre in movimento.
Atrium Web Radio
www.atriumtorino.it
Emittente torinese presente solo
in Internet per raccontare
Atrium Torino.
Olimpiadi 2006
www.openvillage.
torino2006.org
Il comitato organizzatore offre
un mix di virtuale e reale: un tour
che attraversa tutto il Paese per
diffondere lo spirito olimpico. E
una vetrina sulle Olimpiadi
2006, giochi a premi, quiz, negozio online.
■
In dieci
anni
potrebbero
nascere
50
imprese
a livello
internazionale
Alfa Crosswagon Q4
Panda Climbing
Motori
Sono lontanissimi i tempi della mitica Campagnola, ma
Fiat sta ritornando all’offensiva con la Panda 4x4 e l’Alfa Crosswagon
Le quattro ruote motrici torinesi
di Piero Bianco
I
entrambi ricchi di appeal e tecnologia.
La Panda declina in fuoristrada tutte le sue caratteristiche di vettura compatta e funzionale, oltre che
estremamente piacevole, che ne hanno decretato il
successo in Europa. La 4x4 può essere vissuta come
tempi della mitica Campagnola sono lontanissimi,
ma finalmente il Gruppo Fiat ha deciso di tornare
sul mercato degli offroad con due interessanti modelli: la Panda 4x4 e l’Alfa Romeo Crosswagon Q4.
Molto diversi per tipologia e potenziale clientela, ma
20
un vero fuoristrada, oppure come
simpatica citycar metropolitana. Il
nuovo modello viene proposto da
subito con il brillante motore a
benzina 1.2 da 60 Cv (44 kW) e
coppia di 10,4 kgm (102 Nm) a
2500 giri, mentre all’inizio del
2005 arriverà anche l’opzione turbodiesel, con il propulsore 1.3
Multijet da 70 Cv (51 kW) e coppia di 14,8 kgm (145 Nm) a 1500
giri. Velocità massime rispettivamente di 145 e 155 km/h. Due gli
allestimenti (Panda 4x4 e Panda
4x4 Climbing: in vendita dal 3 ottobre rispettivamente a 12.200 e
12.950 euro), due gli interni specifici e undici i colori di carrozzeria.
La Climbing offre un tocco “fuoristradistico” più marcato, negli interni e nella linea esterna, la versione 4x4 base, non adottando gli
eleganti particolari estetici della
Climbing, punta soprattutto alla
praticità essenziale. Senza nulla
togliere sul piano delle tecnologie,
il cui fiore all’occhiello è la trazione integrale permanente a giunto viscoso che consente prestazioni insospettabili in assoluto
comfort.
Comuni ad entrambi gli allestimenti le dimensioni contenute. La
Climbing è lunga 357 cm, larga 160
e alta 163,5 cm in più rispetto alla
normale Panda, che aumentano la
visibilità e il grande senso di dominio della strada anche in percorsi difficili. Eccellente la maneggevolezza, grazie ad un diametro di
sterzata di soli 9,6 metri. Al look
da vero fuoristrada contribuisce
un’altezza minima da terra di 165
millimetri per la Panda 4x4 Climbing (160 mm per la versione base). Impressione rafforzata da alcuni elementi estetici che assolvono a precise funzioni: i paraurti sono completi di scudi di protezione,
mentre le fasce paracolpi sono di
grandi dimensioni e coordinati a
dei particolari codolini dei parafanghi, oltre al riparo sottomotore.
Sono previsti due diversi pneumatici: la Climbing è proposta con i
185/65-14 adatti ad ogni tipo di impiego; il primo allestimento, inve-
ce, adotta i 165/70-14 rinforzati e
con un battistrada studiato per fondi a bassa aderenza.
Curato l’abitacolo, con specifici
tessuti in due abbinamenti bicolore: grigio/rosso e grigio/giallo. Immutate le capacità di carico: il bagagliaio varia da un minimo di 200
a un massimo di 855 dm 3.
La compatta integrale Fiat vanta
un ottimo comfort di guida grazie
alle sospensioni con taratura specifica (davanti indipendenti tipo
McPherson con bracci oscillanti inferiori trasversali ancorati ad una
traversa ausiliaria e barra stabilizzatrice collegata all’ammortizzatore, dietro con bracci longitudinali e
barra stabilizzatrice). Le dotazioni
della Climbing prevedono, a richiesta, anche il sistema infotelematico
Connect Nav Plus, i lava-proiettori
e il servosterzo elettrico Dualdrive
(quest’ultimo di serie sull’intera
gamma, come l’ABS con EBD completo della funzione di antislittamento in decelerazione MSR).
Non meno interessante l’Alfa
Romeo Crosswagon Q4, che ripropone la sigla nata nata nel 1992 per
esprimere un nuovo concetto di
sportività a quattro ruote motrici.
La linea è quella inconfondibile
della Sportwagon, rispetto alla
quale vanta però maggiore altezza
da terra, oltre alle quattro ruote motrici a trazione permanente. Il frontale è ancor più “forte”, personale
e muscoloso grazie a pochi ritocchi. Il posteriore esprime grande
equilibrio e propone un bagagliaio
flessibile (volume di carico da 360
a 1180 dm 3 con lo schienale posteriore abbattuto).
Il carattere della Crosswagon
viene sottolineato anche dalla maggiore luce tra gli pneumatici di
grandi dimensioni e dai passaruota
allargati, dai paraurti con inserto in
lega metallica nella zona centrale,
dalla protezione laterale dei longheroni con inserto metallico longitudinale. Le gomme (225/55 R
17) hanno mescola e battistrada
specifici “multistagione”. La carrozzeria propone tinte verde Mon-
treux, verde Brooklands, marrone
Castlerock, blu Chiaia di Luna, oltre ai classici nero Kyalami, grigio
Stromboli, blu Capri, grigio Gonzaga e grigio Lipari.
Rispetto alla Sportwagon, la
plancia è stata rivista nei materiali
e la Luxury, modello top, offre rivestimenti raffinati in pelle Pieno
Fiore o l’Alfatex in microfibra. A
centro plancia spicca il display
multifunzionale che ha la duplice
funzione di informare sui principali parametri di viaggio (Trip computer) e di segnalare eventuali anomalie indicando gli interventi necessari. A seconda degli allestimenti, è disponibile una bussola incorporata nello specchietto retrovisore. Sempre in plancia, la radio integrata (con lettore Cd) e i comandi del climatizzatore automatico
bi-zona. Altri tocchi specifici riguardano la pedaliera in alluminio,
la colorazione grigia del quadro
strumenti e la gamma dei volanti
(in pelle o in legno).
Come le Q4 del passato, la nuova Alfa adotta una trasmissione a 4
ruote motrici permanente, a tre differenziali, con ripartizione di coppia sbilanciata sull’asse posteriore.
La ripartizione del livello di coppia tra gli assali anteriore e posteriore viene modulata in modo continuo, in funzione dell’aderenza
dal differenziale centrale autobloccante Torsen C. Questo ottimizza
tenuta di strada, piacere di guida e
risposta progressiva.
Il motore adottato è 1.9 JTD 16v
M-Jet da 150 Cv a 4000 giri e coppia di 305 Nm (31 kgm) a 2000 giri, in abbinamento con un cambio
meccanico a 6 marce d’impostazione sportiva. Notevoli le performance: la velocità massima è di
192 km/h e l’accelerazione 0-100
km/h di 10,5 secondi. Il tutto a
fronte di consumi contenuti: 9,3
l/100 km nel ciclo urbano, 5,8 l/100
km nel ciclo extraurbano e 7,1
l/100 km nel ciclo combinato. Prevista anche una versione della
Sportwagon Q4 a trazione integrale. Prezzi da 32.500 a 41.000 euro.
P.BI.
■
Motori
Dall’estero: tra le novità il Cherokee di seconda generazio ne, il
Land Rover, il Sav della BMW, il Pathfinder della Nissan, lo Sportage della Kia e il R
F
uoristrada è ormai una dizione riduttiva: oggi si parla preferibilmente di Suv, o perlomeno di offroad. Più elegante. In realtà la categoria dei veicoli concepiti per un impiego prevalente al di fuori
dell’asfalto, e dunque con trazione a
quattro ruote motrici (permanente o
inseribile), è diventata vastissima e
coinvolge perfino le city car, come
nel caso dell’attesa new entry Panda
4x4.
Il problema è che molti fanno di
questi veicoli uno status symbol, un
oggetto di vanto, più che un reale bene di servizio. Così i centri cittadini
sono sempre più affollati di grandi ed
eleganti fuoristrada, magari impiegati soltanto per il tragitto fino al supermercato. Così è scattato l’allarme:
Parigi e Londra hanno tentato (per
22
erazio ne, il Discovery 3 della
a Kia e il Rav 4 della Toyota
L’ESPERTO
Lo sterrato è bello
ma richiede precauzioni
C
ome utilizzare correttamente un
fuoristrada? Quali i controlli necessari e le scadenze da rispettare?
La parola all’esperto. Tony Peluso, titolare della Primecar Service di piazza
Modena a Torino (concessionaria ufficiale Suzuki) e della Nuova Supercar di
via San Silvestro a Chieri (autorizzata
Nissan) ogni giorno affronta il problema, possiede dunque un quadro realistico della situazione. “La norma basilare – spiega – è semplice, ma purtroppo puntualmente disattesa. Bisogna attenersi alle istruzioni riportate dal libretto di uso e manutenzione di ciascun
veicolo, rispettarne le scadenze programmate. Pochissimi lo fanno, e così
sorgono i problemi”.
“In linea di massima – aggiunge Peluso – non bisogna mai superare i 10 mila km di percorrenza o i sei mesi d’impiego senza sottoporre il mezzo a un
controllo. Inoltre è fondamentale pulirlo dopo ogni impiego importante, perché lo sterrato è bello ma richiede precauzioni. Ad esempio i filtri: non è sufficiente sostituirli, bisogna pulire bene
anche il vano dei filtri stessi, rimuovere la sabbia che inevitabilmente si deposita”.
A chi rivolgersi? “Preferibilmente ai
concessionari autorizzati delle varie
marche. Perché i tecnici specializzati
conoscono ogni segreto dei veicoli che
trattano, possono dare consigli preziosi
con professionalità. Non è da tutti, credetemi”.
Attenzione particolare va dedicata alle gomme. “Anche in questo caso –
spiega Peluso – non basta guardarle per
verificarne lo stato effettivo. Il pericolo viene dalle crepe nascoste, magari laterali o all’interno dove l’occhio non arriva. Oppure dal fatto che l’uso le ha rese ‘secche’, dunque inaffidabili: lo stato della carcassa e l’efficienza della
‘spalla’ sono alla base di uno pneuma-
23
tico sicuro. Altro guaio può nascere
dall’errato impiego di camere d’aria
all’interno dei tubeless: molti gommisti
le mettono, ma è assolutamente da evitare. Perché così le gomme diventano
pericolose”.
I fuoristrada sono diventati una moda. Sono oggetti di desiderio, talvolta
si trasformano soprattutto in status
symbol. “Ma attenzione – conclude Pelusi – occorre ricordare che non sono
concepiti per un impiego prevalentemente stradale. Per quanto siano diventati negli ultimi anni assolutamente confortevoli, chi si aspetta di trovare da un fuoristrada lo stesso comportamento di una normale berlina resterà
deluso. Devono ovviamente essere più
rigidi e offrire un altro tipo di prestazione. Senza arrivare a estremi impopolari come il divieto di utilizzarli nei
centri urbani, non bisogna trascurare
nemmeno le norme di comportamento,
che sono poi quelle di buona educazione: ad esempio non abusare delle ruote alte per parcheggiare sui marciapiedi, cosa che si vede di frequente specie
in zone trafficatissime come le vicinanze degli ospedali. Queste macchine
meravigliose, se usate bene, possono
percorrere 150-200 mila km senza dare fastidi. Ma usiamole bene”.
■
ora senza successo) di bandirne l’uso
nelle aree storiche urbane. Molte altre metropoli, Roma e Milano in testa, erano pronte a seguirne l’esempio. Anche se non è sempre vero che
gli offroad inquinano più delle altre
vetture: i moderni motori Diesel
omologati Euro 3 o Euro 4 (a gasolio si muovono l’80% di questi modelli) risultano al contrario estremamente ecologici. Sull’ingombro in
città, in effetti, qualche riserva è legittima. Perché sono grandi e poco
maneggevoli. Come sempre è un
problema di impiego intelligente. Intanto il governo ha rilanciato l’intenzione di “scoraggiare” l’uso dei
fuoristrada inserendo nella finanziaria del 2005 un superbollo. Verrà anche dedicata maggiore attenzione alle furbesche immatricolazioni come
autocarri, che sovente sono soltanto
una facciata per risparmiare l’Iva e
detrarre il costo di manutenzione.
Tutti i grandi costruttori cavalcano con crescente attenzione il fenomeno dei Suv a trazione integrale.
Perché piacciono e la richiesta è
enorme, a dispetto di prezzi non proprio (o non sempre) popolari. L’autunno dell’auto presenta anche in
questa tipologia di vetture una raffica di stuzzicanti novità. Americani e
giapponesi, come da tradizione, in
questa specialità dettano legge.
Un esempio? Dici fuoristrada e
pensi alla intramontabile Jeep. Arriva il Cherokee di seconda generazione, che in Italia sarà venduto a
partire dal prossimo anno. Nuovo il
look, con fari tondi e griglia di famiglia, un paraurti ridisegnato e più
lineare, fendinebbia e indicatori di
direzione dalla foggia inedita. Nessuna rivoluzione, ma qualche sapiente ritocco. Anche all’interno,
con nuove grafiche per gli strumenti e migliorie ai sedili. Il nuovo muso s’ispira in modo più evidente alla Wrangler.
Un’altra pietra miliare è la Land
Rover, che presenta il suo Discovery
3. Il nuovo modello non ha proprio
nulla a che vedere con quello che sostituisce, a parte i fari dalla forma
geometrica complessa che ha caratterizzato ultimamente la marca. Lo
stile presenta un taglio insolitamente squadrato, le linee della carrozzeria sono molto più pulite e moderne.
Il nuovo Discovery sfoggia personalità. Originale il posteriore, in cui
scompare la ruota di scorta, ora alloggiata sotto al pianale: soluzione
che lascia in evidenza il lunotto,
esteso e asimmetrico, e le luci, grandi e squadrate.
Spiccano inoltre l’ampia vetratura e l’altezza del padiglione. Crescono le dimensioni, con la lunghezza che supera i 4,80 metri e una
larghezza di 1,90, come l’altezza.
Anche il passo si allunga di 30 cm
(2,90 metri). Ne beneficia l’abitabilità, con sette posti su tre file. Arricchita la plancia, con voluminoso mobiletto centrale e un design più accattivante, bocchette circolari e numerosi particolari high-tech. Sul
tunnel centrale una manopola comanda il sistema “Terrain Response” per selezionare le cinque tipologie di percorso previste. Due i motori: V8 a benzina da 4,4 litri di derivazione Jaguar (con cambio automatico a sei marce) oppure il Diesel
2.7 V6 biturbo. Novità nella famiglia
X della BMW: arriva la nuova X3
2.0d, definito Sav (sport activity
vehicle). Ha un motore 4 cilindri 2
litri Common Rail di ultima generazione che sviluppa 150 Cv (110 kW)
a 4.000 giri e consuma appena 7,2 litri di gasolio per 100 km nel misto.
Eccellente la risposta dinamica offerta dal sistema di trazione integrale. La frizione a dischi multipli, controllata elettronicamente, distribuisce la forza motrice tra i due assi in
una frazione di secondo, assicurando così una motricità eccellente, ma
anche una risposta rapida insieme ad
una buona agilità. Prestazioni: accelerazione da 0 a 100 in 10,2 secondi, velocità massima di 198 km/h.
Cambio a sei marce di serie, come
gli pneumatici all-season 235/55,
montati su cerchi da 17 pollici in lega leggera. Come tutte le BMW X3,
l’ultima nata è dotata del sistema di
trazione integrale intelligente xDrive, con una frizione multidisco controllata elettronicamente. La dota-
zione di serie comprende anche:
DSC (Controllo dinamico della stabilità), DBC (Controllo dinamico
della frenata), CBC (Controllo della
frenata in curva), nonché, per maggiore sicurezza, le luci di stop a duestadi.
Disponibile inoltre il sistema audio CD BMW Business, in grado anche di riprodurre CD in formato
MP3, e il kit per il telefono mobile
Bluetooth integrato con tutte le funzioni di assistenza al guidatore. Per
l’X3 2.0d BMW, in vendita da metà
settembre, si parte da un prezzo di
37.850 euro (fino a 45.750).
Tra le giapponesi, la Nissan è in
prima fila. Il nuovo Pathfinder (debutto al Salone di Parigi) sarà in vendita a partire da marzo 2005. È un
veicolo dalle infinite capacità, pensato per lo stile di vita attivo di chi
cerca un mezzo versatile che lo accompagni nei propri hobby e nel
tempo libero.
Pathfinder si ispira al concept Dunehawk, presentato nel 2003 al Salone di Francoforte. Gli interni ospitano tre file di sedili, con la seconda
e la terza completamente abbattibili
per creare un’ampia area di carico.
Grazie alla versatilità dell’abitacolo,
esistono 64 diverse configurazioni
di seduta e, anche con la terza fila installata, il vano bagagli è molto capiente. Il finestrino del portellone è
apribile e garantisce un facile accesso alla parte posteriore in spazi ristretti.
Il propulsore è il nuovo turbodiesel Nissan 4 cilindri serie YD da 2,5
litri, integra la tecnologia Common
Rail di seconda generazione per abbattere le emissioni, e un sistema di
bilanciamento rinnovato. Benché sia
un 4x4, il Pathfinder Nissan è dotato di sospensioni indipendenti a doppia traversa sulle quattro ruote, che
garantiscono prestazioni dinamiche
su strada in stile automobilistico. Il
sistema di trazione All-Mode 4x4 a
controllo elettronico, evoluzione di
quello dell’X-Trail, assicura grandi
capacità anche nell’impiego offroad.
La trasmissione consente al pilota di
selezionare uno dei quattro modi di
funzionamento agendo su un pul-
sante, senza bisogno di una leva del
cambio separata. L’allestimento prevede la telecamera per la visione posteriore, già montata sulla Primera,
e il sistema Intelligent Key che consente di aprire le porte e avviare il
motore senza inserire la chiave. Disponibili fari allo Xeno, impianto hifi, navigatore satellitare con canale
TMC (Traffic Message Channel) e
riconoscimento vocale, rivestimenti
in pelle, climatizzatore bi-zona anteriore e aria condizionata posteriore. Nissan presenta anche il Murano
in versione europea. Un crossover
imponente, con l’elevazione di un
4x4 e una fisionomia sportiva. Per
ora avrà soltanto il motore a benzina V6 VQ da 3,5 litri (lo stesso del
roadster e del Coupé 350Z); trasmissione automatica a variazione
continua (CVT) con modalità manuale a sei rapporti. Tutti i modelli
per l’Europa avranno il navigatore
satellitare, la telecamera posteriore,
l’impianto audio Bose, doppi fari allo Xeno e interni in pelle. Cambia
inoltre un fuoristrada della grande
tradizione Nissan, il Patrol. Con un
restyling esterno e interni più lussuosi, questo “vero” offroad propone linee più decise, un nuovo look in
coda e una nuova pedana laterale integrata; l’ulteriore messa a punto del
grintoso turbodiesel 3 litri offre ora
maggior potenza (160 Cv a 3.600 gi-
ri) e una velocità di punta di 160
km/h. Prezzi da 37.500 euro (3 porte) e da 38.900 (5 porte, 7 posti).
Con il nuovo Sportage, la coreana
Kia presenta un prodotto di grande
modernità che del passato ripropone
soltanto il nome. Il sistema di trazione integrale sulle quattro ruote è
completamente automatico, ha di serie il controllo della trazione, mentre il programma elettronico per la
stabilità Esp sarà disponibile a richiesta. Più lungo, più largo e più alto dei Suv compatti medi, il nuovo
Sportage sarà disponibile con tre diversi motori (due litri e 2,7 litri V6
a benzina, o 2 litri Diesel), trazione
a due o quattro ruote motrici, cambio manuale a cinque marce o automatico a quattro rapporti, due livelli di finitura ed equipaggiamento.
Schienale e seduta del sedile posteriore sono dotati del sistema “Fold &
Dive” per creare un’area di carico
spaziosa e perfettamente piatta. Lo
schienale del passeggero anteriore
può essere abbattuto totalmente in
modo da poter caricare oggetti lunghi, il portellone posteriore ha il lunotto apribile indipendentemente.
Consegne da ottobre.
Ritocchi considerevoli ha subìto
inoltre il Rav 4 della Toyota. Un mo25
dello di successo fin dal ’94, quando
esordì, un capostipite dei Suv compatti a trazione integrale. Il restyling
ha riguardato i fari, con uno stile più
pulito, e le luci posteriori sono più
moderne e personali. Cambia il paraurti anteriore con nuovi fendinebbia rotondi e una nuova calandra. I
cerchi in lega sono più eleganti, gli
specchi più grandi e le frecce laterali bianche. Cambia anche il copriruota di scorta che, sulla Rav, è appesa
all’esterno. Migliorie all’abitacolo,
tutto sui toni dell’antracite; ridisegnata la consolle centrale, pronta a integrare lo schermo da 7 pollici del navigatore satellitare Dvd con comandi
touch-screen (optional).
Sul fronte motori da registrare gli
affinamenti del 2 litri a benzina (farfalla a controllo elettronico, nuovi
iniettori, scarico singolo) che consentono l’omologazione Euro IV.
Immutate le prestazioni, con 150 Cv
e 192 Nm a 4000 giri per 185 km/h.
Per il motore a benzina, oltre a un
cambio manuale a 5 marce, è disponibile un automatico a 4 marce a controllo elettronico. Resta in gamma il
turbodiesel D-4D Euro III da 116 Cv
e 250 Nm tra 1.800 e 3.000 giri per
170 km/h. Due le carrozzerie, a tre e
a 5 porte, e due allestimenti, RAV4
e RAV4 Sol. Di serie climatizzatore
manuale, Abs con Ebd, VSC, TRC,
tutti gli airbag, retrovisori esterni riscaldabili e regolabili elettricamente, chiusura centralizzata con telecomando, sedile guida regolabile in altezza, alzacristalli elettrici, radio
con Cd, computer di bordo e barre
sul tetto. L’allestimento Sol offre in
più il climatizzatore automatico e i
cerchi in lega con pneumatici maggiorati 235/60 R16 abbinati ai parafanghi allargati dai codolini in tinta
con la carrozzeria. Prezzi da 24.350
euro, per la 3 porte a benzina. La versione a 5 porte costa 1600 euro in
più, quella con il motore Diesel altri
1500. Il top è la RAV 4 D-4D Sol 5
porte, a 28.950 euro. Il lavoro di affinamento ha riguardato anche cambio e sospensioni anteriori, accrescendo il carattere sportivo della vettura.
■
Motori
Perché le auto a gasolio
sono ormai più numerose di quelle a benzina?
A tutto diesel
di Gianni Rogliatti
I
tempi delle auto a gasolio lente, puzzolenti e rumorose sono un ricordo
lontano: negli ultimi anni il motore
a ciclo Diesel si è affermato per le sue
prestazioni che in fatto di potenza equivalgono a quelle dei motori a benzina,
basti ricordare che le marche importanti hanno in listino ammiraglie con
motori Diesel di oltre 300 CV. In quanto ad economia il Diesel è imbattibile:
merito del lungo lavoro di ricerca che
grazie al turbocompressore e con
l’iniezione diretta a controllo elettronico ha portato a questi risultati. E ricordiamo che il sistema denominato
“multi jet” è stato messo a punto dai
tecnici della Fiat, i quali già avevano
realizzato il primo Diesel a iniezione
diretta per una vettura di grande serie,
la Croma nel 1988.
C’è stato anche un miglioramento
del gasolio sia per quanto riguarda le
emissioni maleodoranti che per la resistenza al freddo (riduzione delle paraffine).
Il successo del Diesel è confermato
dal fatto che, eliminato l’iniquo balzello del superbollo, anche in Italia come in altri Paesi motorizzati le imma-
tricolazioni delle vetture con tale motore superano ormai quelle a benzina.
A parità di potenza il motore Diesel
consuma circa il 20% in meno, e nel
funzionamento al minimo (condizione
molto frequente in città) la differenza
è ancora maggiore. In assoluto bruciare meno carburante vuol dire inquinare meno, produrre meno anidride carbonica responsabile
dell’effetto serra.
L’automobilista oltre a fare
il pieno ad intervalli più lunghi, risparmia anche sul prezzo del carburante. La media
dei prezzi della benzina di
quattro marche diverse (rilevata il 6 ottobre) era di € 1,181
al litro mentre per le stesse
marche la media del gasolio
era di € 1,02 al litro con una differenza in meno del 15%.
Questo doppio risparmio consente
di ammortizzare rapidamente la differenza di costo iniziale delle versioni
Diesel rispetto a quelle equivalenti a
benzina. Senza contare il fatto che alcuni costruttori e su certi modelli praticano prezzi uguali. Il che evidente-
mente si traduce in un risparmio immediato e costante.
Il problema del particolato, cioè di
quelle particelle submicroscopiche di
carbonio che si producono nel Diesel
è già sotto controllo con vari sistemi
ed i motori dei vari modelli rispondono alle norme più severe.
Alfa Sportwagon Q4.
Anche se non esistono regole buone per tutti si può dire che la scelta del
motore a gasolio dipende dal fattore
economico e, di conseguenza diventa
critica quando la vettura è molto piccola e la differenza di prezzo è più sensibile in percentuale: detto alla buona
1000 Euro di differenza (in più) per un
27
Diesel si sentono maggiormente se la
vettura a benzina ne costa 10.000 piuttosto che 20.000.
La differenza va poi rapportata al risparmio che è proporzionale alla percorrenza annua ed al consumo in assoluto: spieghiamo con due ipotesi. La prima di una vettura piccola con la quale
si percorrono 6.000 km/anno:
in questo caso il risparmio del
35% sul costo del carburante
(20 + 15) si applica su una spesa di circa 600 € prendendo come base la media dei consumi
indicati dai costruttori e si nota
come possano occorrere parecchi anni per recuperare la spesa iniziale.
La seconda ipotesi è per una
vettura di circa 2 litri di cilindrata di pari potenza benzina e Diesel
che percorre 15.000 km/anno. Il risparmio sul costo del carburante si applica
su una spesa di circa 1800 Euro e questo consente di recuperare la spesa in
due anni, mentre se la stessa vettura viene usata molto per lavoro, con 40.000
km/anno o più, il maggior costo iniziale si recupera assai rapidamente.
■
Formula 1
Sono iniziati da tempo alla casa di Maranello i test del mo
053 utilizzato quest’anno: dovrà resistere alle sollecitazioni di due gran pr
La Ferrari prossima ventura
D
opo aver conquistato i due Mondiali, Costruttori e Piloti, con largo anticipo, aver dominato
la stagione stabilendo nuovi record, dopo aver
annichilito gli avversari (costringendoli, come è successo per la Williams-BMW e alla McLaren-Mercedes a costruire una nuova vettura a metà campionato), la Ferrari ha iniziato subito a pensare al 2005.
Una squadra che viaggia ai vertici da anni, che si è
aggiudicata complessivamente 13 titoli a partire dal
1999, cioè tutto quello che
c’era da vincere, ha a sua disposizione un’arma letale in
di
più: la continuità. Resta intatta
Cristiano
la formazione dei driver, con un
Michael Schumacher che semChiavegato
bra aver trovato l’elisir della
giovinezza automobilistica, fisico e determinazione, con un
Rubens Barrichello che sa intervenire al momento giusto. E
resta al completo, salvo piccoli cambiamenti che non possono incidere sui risultati, il team
dei tecnici guidati da Ross
Brawn. Neppure il doppio impegno di Jean Todt, divenuto
direttore generale della Casa
del Cavallino Rampante e
quindi responsabile anche della Gestione Industriale, oltre a
quella Sportiva, sembra creare
inconvenienti. Il manager francese riesce a seguire in pista tutte le gare e a espletare i suoi
compiti in fabbrica. Segno anche questo di grande forza.
28
I test per la vettura che correrà nel 2005, quindi, si sono
iniziziati già da tempo. Mentre i rivali rincorrevano il sogno di recuperare, a Fiorano,
al Mugello e nelle piste frequentate per i test i due piloti
titolari, Luca Badoer e Andrea
Bertolini (il pilota-collaudatore che partecipa in coppia
con Mika Salo al campionato
FIA-GT con la nuova Maserati MC12) hanno lavorato su
elementi da utilizzare sulla
prossima monoposto. È stato
certamente provato un motore evoluzione dello 053 utilizzato quest’anno, capace di
tore
emi,
l mo
an pr
tore evoluzione dello
emi, 1400 chilometri
resistere alle sollecitazioni di
due Gran Premi consecutivi
senza essere sostituito. Il che
significa passare da un regime
di durata vicino ai 700 chilometri al circa il doppio. Questo senza perdere in prestazioni, potenza ed affidabilità.
Il V10 Ferrari ha girato con
successo al banco sotto gli occhi del responsabile del settore, l’ing. Paolo Marinelli, insieme al progettista Gilles Simon. Poi è stato trasferito in
pista dove sembra non avere
segnalato inconvenienti. È
chiaro che si tratta dei primi
passi, che ci saranno ulteriori
sviluppi, ma in questa maniera la Ferrari si è presa qualche
mese di vantaggio sui concorrenti.
Le regole tecniche e sportive per il 2005 sono state studiate, con molta fatica perché
non c’è mai stata unanimità
fra le varie squadre, per cercare di ridurre le prestazioni e
i costi e nello stesso tempo per
migliorare lo spettacolo e aumentare la sicurezza. A questo proposito sono già state
emanate tre norme delle quali si dovrà tenere conto nella
costruzione delle nuove vetture. I cavi di trattenimento
delle ruote (per impedire che
si stacchino in caso di rottura
o incidente) dovranno avere
una resistenza quattro volte
superiore a quella attuale; le
protezioni attaccate ai bordi
dell’abitacolo dovranno passare da uno spessore minimo
di 7,5 centimetri a dieci; per
evitare lo spargersi di detriti
sull’asfalto in seguito a collisioni o a perdite di alettoni,
questi ultimi, così come le
alette poste sopra la carrozzeria e i deflettori dovranno essere realizzati in kevlar, poiché in seguito alle ricerche effettuate questo materiale più
elastico riduce dell’80% la
probabilità di formare pezzi di
piccole dimensioni, spesso responsabili di pericolose forature delle gomme.
Il lavoro sulla monoposto
che dovrà sostiture l’eccellente F2004 e le auto che l’anno
preceduta, forzatamente avrà
un aspetto in qualche modo
diverso.
Ammesso che tutto il “pacchetto” di proposte lanciato
dalla Federazione venga accettato, queste le novità più
importanti.
1. L’alettone anteriore dovrà avere un’altezza dal suolo superiore di 5 centimetri.
2. L’ala posteriore nella zona superiore, quella che comprende i due elementi più importanti per l’effetto aerodinamico, dovrà essere avanzata di 10-15 centimetri verso il
centro della vettura.
3. I canali dello scivolo posteriore dovranno avere
un’inclinazione minore e la
loro alteza dovrà essere più
bassa.
4. Nella zona immediatamente davanti alle ruote posteriori dovrà esserci più spazio libero, per cui il corpo della carrozzeria verrà spostato
in avanti. Questo per quanto
riguarda le norme tecniche.
Sul piano di quelle sportive
oltre al motore per due gare,
una novità riguarderà il numero di gomme a disposizione per ciascun pilota. Se ne
potranno utilizzare tre set nel
weekend di gara. Due il venerdì e il sabato mattina, anche per scegliere fra i differenti tipi di mescola e costruzione, uno soltanto per qualificazioni e corsa.
Ovviamente queste differenze anche solo negli pneumatici dovranno essere prese
in considerazione dai tecnici
della Ferrari. Le gomme che
quest’anno venivano cambiate anche cinque volte (è il caso di Schumacher a Magny
Cours quando sorprese tutti
effettuando quattro pit-stop),
non dureranno più 60-70 chilometri ma dovranno percorrerne almeno 350 senza deteriorarsi. Questo significherà
dover lavorare su assetti delle sospensioni, camber e convergenza delle ruote in maniera da ottenere la migliore
utilizzazione possibile. Già
questo è un cambiamento epocale, che riporta la F1 agli anni ’70 quando non si effettuavano regolarmente sostituzioni di gomme per essere più veloci.
Quando, probabilmente a
stagione iniziata (cioè dopo il
mese di marzo), la nuova Ferrari farà il suo debutto, sarà interessante capire come si saranno mossi i progettisti guidati da Rory Byrne e Aldo Costa. Per le prime gare non è
escluso infatti che la Scuderia
di Maranello non ricorra come fece in passato alla vettura dell’anno precedente, in
questo caso alla F2004, opportunamente modificata. Il
campionato come sempre
darà i suoi voti e i suoi responsi. E sarà all’insegna delle novità non soltanto per
quanto riguarda la tecnologia.
Le squadre per la prima volta
dopo molto tempo si sono
profondamente rinnovate.
Montoya alla McLaren (dove
troverà vita dura con Kimi
Raikkonen), la Renault con
Fisichella a fianco di Alonso,
la Toyota con una coppia inedita formata da Ralf Schumacher e da Jarno Trulli. Alla
Williams ci sarà di sicuro
l’australiano Mark Webber,
mentre per il secondo posto si
vedrà come è finito il “caso”
di Jenson Button. Molta curiosità per il rientro di Jacques
Villeneuve. L’ex campione
del mondo (1997) correrà con
la Sauber motorizzata dalla
Ferrari. Una bella sfida per lui
e per gli altri.
■
LEGENDA
A) L’alettone anteriore dovrà essere più
alto di 5 centimetri;
B) l’alettone posteriore nella zona superiore (quella che comprende i due elementi)
verrà avanzato verso il
centro della vettura di
circa 10-15 centimetri;
C) sullo scivolo posteriore i canali dovranno avere un’inclinazione minore, la
loro altezza dovrà
essere quindi più
bassa;
D) nella zona immediatamente davanti alle ruote posteriori ci
sarà più spazio libero,
la carrozzeria dovrà
quindi essere spostata
più in avanti;
E) ogni motore dovrà durare due gran
premi;
F) ogni pilota avrà a
disposizione due treni di gomme per gran
premio, uno per le
prove libere e uno
per le qualifiche e la
gara.
■
Auto
La casa costruttrice di giocattoli Cardini di Omegna fa ormai part e inte
del Piemonte: ha iniziato la sua produzione negli anni ’20 e in poco ha raggiunto un s ucces
O
ggi si parla tanto di
giocattoli “sicuri”,
di giocattoli cioè
che non nuocciano alla salute dei bambini e che non
arrechino loro dei danni
maneggiandoli. Esistono
anche precise disposizioni di legge in proposito al-
Inserzione pubblicitaria della Cardini dedicata alla limousine “500” e alla sua scatola-garage.
I meravigliosi
giocattoli Cardini
di Edoardo Massucci
30
le quali i fabbricanti e i commercianti debbono attenersi.
Viene da sorridere pensando a
quanto accadeva agli inizi del
secolo scorso quando il giocattolo in latta regnava sovrano.
Eppure non si ricorda che qualcuno dei nostri nonni quando
era piccolo sia finito all’ospedale per aver giocato con
un’automobilina, un trenino,
una navicella o un aeroplanino
costruiti con questo materiale.
Cominciarono ad essere fabbricati ai primi del Novecento
e i più rinomati costruttori furono i tedeschi e i francesi, ma
anche in altri Paesi il giocattolo in latta prese piede rapidamente. In Italia si ricordano tra
le prime la Marchesini, la Alemanni e la Ferrari, poi vennero
la Ingap di Padova e la Cardini
di Omegna. Proprio alla Cardini vogliamo dedicare questo ricordo che fa parte della storia
del Piemonte anni Venti. La parabola di questa Casa fu piuttosto breve, neppure un decennio, ma il successo incontrato
fu enorme e la qualità dei suoi
prodotti toccò livelli notevoli
tanto che la loro finitura garantiva già una certa sicurezza al
bambino di allora. I giocattoli
Cardini, lavorati a mano da
operai specializzati, erano costruiti con molta cura e risultavano meno taglienti di tanti altri.
Era da poco terminata la prima guerra mondiale quando Et-
i part e integrante della storia
o un s uccesso inimmaginabile
tore Cardini apriva una piccola fabbrica di giocattoli sul lago d’Orta. Diplomato perito
elettromeccanico presso il
Collegio Industriale Rossi di
Vicenza, aveva iniziato le proprie esperienze nel campo degli articoli casalinghi, successivamente aveva lavorato in
una piccola Casa automobilistica di Torino, la Chiribiri, per
passare poi alla Metalgraf di
Lecco, ditta specializzata nella lavorazione della lamiera litografata. Siamo dunque nel
1921 quando sorge la Cardini
Giocattoli, agli inizi a conduzione familiare. Poi, con il rapido sviluppo dell’azienda
grazie al dinamismo e alle felici intuizioni del suo fondatore, lo stabilimento si ingrandì
e le maestranze aumentarono
fino ad arrivare ad una ottantina di persone. Ettore Cardini
fu uno dei primi imprenditori
italiani a credere nella pubblicità e infatti il lancio dei suoi
giocattoli avvenne su una serie di pagine a pagamento sul
“Corriere dei piccoli” e altre
riviste dell’epoca. La risonanza fu talmente grande e immediata che nel 1923 Cardini poteva orgogliosamente annunciare che nei primi due anni
aveva venduto ben 472.000
esemplari.
Il marchio di fabbrica della
Ditta, una freccia alata che
campeggiava sulla scritta “E.
Cardini - Omegna - Italia”, fece il giro del mondo grazie ad
alcune felici iniziative commerciali e le richieste cominciarono ad arrivare anche da
Paesi dove questo tipo di industria era più sviluppata che
da noi. Singolari le scritte che
accompagnarono talune inserzioni come quella che definiva i Cardini: “Per Natale il
regalo migliore come oggetto
LA GUIDA NON È SOLO SULL'ASFALTO.
COSA NE PENSATE DELLA NEVE?
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l
d’arte per adornare il salotto,
come giocattolo insuperabile
per divertire i vostri folletti”
oppure quest’altra: “I nuovi
giocattoli Cardini creano la
felicità e l’intelligenza di quasi 2 milioni di graziosi bambini”.
Per alcuni anni tutto andò a
gonfie vele superando le più
rosee aspettative, i giocattoli
Cardini si affermavano dappertutto, da Norimberga patria del giocattolo alla Fiera di
31
Milano fino all’Argentina, ma
verso la fine degli anni Venti
la pressione della concorrenza, il costo della mano d’opera e soprattutto la grande crisi
economica internazionale misero in difficoltà anche la gloriosa Casa piemontese che dovette cessare la produzione;
alcuni stock di giocattoli vennero svenduti in offerte speciali apparse su pubblicazioni
come l’Annuario Italiano del
1931.
Dall’Annuario
Italiano del 1931:
offerta speciale di
tutto il campionario
di giocattoli Cardini.
L’autobus portadolci
di formato grande,
cm 52.
Vediamo ora cosa fabbricava questa piccola ma attivissima industria sul lago d’Orta
passando in rassegna coi nomi d’origine alcuni dei principali articoli che venivano venduti in una pittoresca scatola
di cartone brevettata intonata
al contenuto.
Limousine 500 - Vettura
chiusa tipo coupé de ville con
autista, carica a filo d’acciaio,
sterzo. Lunghezza cm 33. La
scatola rappresentava un garage. Prezzo 12 lire.
Torpedo 50 HP - Automobile scoperta simile alla precedente con scatola garage.
Prezzo 10,90 lire.
Camion 18-BL - Autocarro
a cassone con autista, sterzo,
carica a filo. Inizialmente definito “18 BL”, aveva come i
precedenti un radiatore tipo
Isotta Fraschini “A”. Più tardi
venne presentato con radiatore simile alla “509” e scritta
Fiat. Fu fabbricato anche come oggetto promozionale: si
conoscono infatti le versioni
con le scritte “Biscottificio
Italiano” e “Il Paradiso dei
bambini - Milano”.
Auto da corsa - Giocattolo
esteticamente diverso dai precedenti con carica a filo, lunghezza cm 22. Venne presentato in colori e livree diverse,
sul radiatore portava la scritta
Fiat e sul cofano il marchio del
quadrifoglio. La scatola riproduceva la tribuna di un ippodromo dell’epoca.
Autobus - Fu prodotto in
due tipi: uno di formato grande (cm 52), l’altro di formato
ridotto (cm 27). Col tetto scoperchiabile venne usato anche
come scatola portadolci; si ricorda infatti una versione con
le scritte “Perugina”. Sui finestrini di questa “autocorriera”
vennero raffigurati anche taluni personaggi del “Corriere
dei piccoli”.
Fin qui i giocattoli dedicati
all’automobile, ma Cardini
non trascurò gli altri mezzi di
locomozione dell’epoca
creando, sempre accompagnati dalle celebri scatole, alcuni giocattoli altrettanto suggestivi e raffinati. A rappresentare le ferrovie uscì una
“Locomotiva Gruppo 690”
con carica a filo, ma senza binari; la scatola-display raffigurava un tunnel sormontato
da sei bandiere. Non mancò un
omaggio ai tram con una vettura della linea 12 della Milano-Laghi; il giocattolo era
azionato da una chiavetta con
carica a filo d’acciaio e tanto
di trolley sul tetto. La scatola
mostrava una rimessa tramviaria del tempo. Dalla terra al
mare con un “piroscafo” che
prima venne battezzato “Roma” e poi “Saturnia” in omaggio alla famosa motonave che
nel 1927 compì il suo viaggio
inaugurale per il Sud America. Il modellino, azionato da
una carica a filo che faceva girare l’elica, era venduto in una
scatola che riproduceva una
banchina portuale. Le giostre
furono un altro dei caratteristici giocattoli Cardini e due
furono dedicate all’aviazione.
Il primo era rappresentato da
un biplano “S 12” con carica
a filo che metteva in moto
l’elica. Sulla scatola, che rappresentava un hangar, era
montato un ingegnoso dispositivo che permetteva all’aereo di simulare il volo avendo
come contrappeso un mappamondo. Oltre a questa specie
di giostra ve ne era un’altra
denominata “Giostra dei dirigibili” che roteavano sopra la
scatola. C’era poi una terza
giostra detta “delle libellule”
e una “Corsa di cavalli” con
tribune, pista e relativa scatola illustrata. Dedicata infine
alle bambine una graziosa cucina a gas con fornelli, forno,
pentoline e relativi coperchi.
Da diversi anni i giocattoli Cardini, come quelli di altre vecchie marche italiane e
straniere, sono diventati ambita preda dei collezionisti
che quando hanno la fortuna
di trovarne uno non badano a
spese pur di venirne in possesso. E i prezzi naturalmente sono andati alle stelle. Ma
trovarne uno non è facile.
Tanti auguri a chi ci vuol provare.
■
33
Piemonte da scoprire
Andiamo in cerca di artigiani davve
architetto di giardini Paolo Pejrone al restauratore Ennio Carena, dal fabbro
Paolo Pejrone e il suo giardino.
Il costruttore di ghironde
Testi e foto di Renato Scagliola
G
dire sia pietra che Pietro in lingua provenzale. La famiglia
di Paolo Pejrone, di Revello, architetto di giardini, è in
paese da qualche secolo, e la residenza, alta sull’abitato,
detta Bramafam, con il suoi immensi giardini, boschi e uliveti, è diventata un punto di riferimento internazionale per
ià il cognome Pejrone è sinonimo di appartenenza
alla terra saluzzese, come altri derivati Peira, Peyrot, Peirani, Peironel, Pejrasso, Peiretti, con o senza
la i greca o lunga, vocali immesse chissà come quando e
perché, comunque tutti patronimici con la radice che vuol
34
ro ge
Curt
davve
abbro
ro geniali: dal celebre
Curto al vasaio Nigro
appassionati e tecnici. Pejrone
non è solo teorico e artista, ha
zappato, potato, rastrellato foglie, tagliato erba, messo a dimora piante, arbusti, fiori, sa
quanto è bassa la terra e ha insieme un concetto poetico del
suo lavoro.
Tanto che un paio dei suoi libri: “In giardino non si è mai
soli”, e “Il vero giardiniere non
si arrende”, entrambi di Feltrinelli, hanno abbondantemente
superato le centomila copie
procurandogli una notorietà
inaspettata. Un terzo volume è
in fase di scrittura. Ogni tanto
organizza visite guidate ai
giardini (i proventi del biglietto d’ingresso vanno al Fai,
Fondo per l’Ambiene Italiano,
nato nel 1975 e Pejrone è tra i
fondatori), e i visitatori tornano a casa incantati e stupefatti. Perché in una dozzina di anni l’architetto ha creato una
meraviglia botanica a sua misura, che è anche un campo di
sperimentazioni utilizzate poi
nei suoi progetti, con un rigoglio e una quantità di specie,
nostrane ed esotiche, assemblate con finta noncuranza, che
è invece calcolo e gusto per
l’armonia, alla ricerca di un
“giardino in equilibrio e ben
temperato”. L’intento vorrebbe essere un giardino senza
giardiniere, ma solo nelle intenzioni, perché in realtà il
giardiniere c’è, eccome, e lavora come un dannato anche
solo per bagnare. Inutile indagare i nomi delle migliaia di
esemplari perché il profano
dopo dieci minuti non se ne ricorda più neanche uno, tra nomi in italiano, latino, e magari
piemontese.
Camminando per i sentieri
erti alla fine di agosto, Pejrone, indica sconsolato la strage
di essenze causata dalla sic-
cità. Ma mostra anche vallette
che sembrano angoli di foresta
tropicale, antichi vialetti selciati e vecchie panche, affioramenti rocciosi, bordure di
sempreverdi, arbusti, cespugli, provenienti dai quattro angoli della terra, e acclimatati
per miracolo in questo angolo
magico della provincia di Cuneo.
Un mondo a parte è l’apiario che fornisce buon miele, e
l’uliveto, circa duemila piante,
in parte già messe a dimora dal
nonno sotto la cappella di San
Biagio, che producono un olio
ricercato e prezioso, ma una
produzione per forza limitata.
“Me lo chiedono ristoranti,
commercianti – se la ride – dicono quelle cose dei sommeiller, retrogusto di pinolo, mandorla, cose del genere, ma è
quasi solo un divertimento”.
Con 60 anni passati, questo
aristrocratico sovrano di un arboreto pieno di angoli segreti,
è ormai un soggetto pubblico
– qualche volta tediato da giornalisti petulanti – e ancora
sempre in giro per Italia ed Europa, progettando di tutto. C’è
da rifare per esempio il viale
d’accesso all’Abbazia di Staffarda che insiste sul comune di
Revello, o la cura del parco del
castello di Racconigi e l’organizzazione delle fiere al castello di Masino per dirne qualcuna. “Una bella soddisfazione – dice – è stata la realizzazione dell’orto per i monaci
Cistercensi di Santa Croce di
Gerusalemme a Roma, ma anche il giardino della Galleria
d’Arte Moderna a Torino, che
era ridotto male, e dove ho lavorato con alcune famiglie di
bambù, e i giardini della Fondazione Ferrero di Alba”. Tra
l’altro di bambù in natura ne
esistono un migliaio di specie,
ma in Europa se ne usa un centinaio, con pochi vivai specializzati come a Chiavari o in
Francia.
Infine qualche pensiero alle
olimpiadi invernali del 2006,
“che mi lasciano come dire,
freddo”, dice pensando invece
definizioni più pesanti. Tanto
che ha messo nero su bianco la
sua assoluta contrarietà
all’iniziativa, “Perché la montagna è difficile da conservare
e da restaurare. Per esempio –
scrive – il grandissimo prato di
Clot del Plan a Pragelato, non
c’è più: è diventato, tagliato a
ripiani, un enorme cantiere.
Verrà trasformato, pare, in un
enorme parcheggio. Il prato
non era solo l’anticamera della val Troncea, bellissima e intatta, ma in tarda primavera si
copriva di tantissimi rari tulipani (Tulipa australis), e di
narcisi, i magnifici e sempre
meno comuni narcisi dei poeti. I campi, chissà perché, di
questi tempi hanno perduto
senso e dignità: sono diventati, degradati nel proprio intimo
valore, soltanto delle ‘utili’ superfici. Devono per forza avere una destinazione. Vittime di
una malattia delle più gravi e
stupide della nostra, purtroppo, sempre più stupida civiltà.
Non valutare, negare il valore
intrinseco del proprio patrimonio, e cercare ‘il valore aggiunto’, spesso è rischioso e
pericoloso; porta a giustificare l’operato di persone che,
prese da furori maniacali di
modernismo, sollecitate da
fondamentalismi agitatori,
fanno di tutto, agendo il più
delle volte in modo miope e disattento. Povere nostre montagne. Le antiche strade, un po’
contorte e gradevolmente
complicate, resti di un mondo
antico, devono essere abbandonate e trascritte, semplificando e distruggendo strutture
cariche di piccola storia e dignitosissima cronaca, per sostituirle con la Grande Storia
spesso vanesia, schiacciatrice
e globalizzata…”
L’apiario,
un mondo
a parte,
assieme
all’uliveto
di 2000
piante
a Revello
Carena.
Nigro.
Artigiani in Piemonte, sovente ignorati dai più, geniali,
meticolosi, che lavorano il più
delle volte in solitudine. Persone, uomini e donne, che hanno privilegiati rapporti di trasmissione tra il cervello e le
mani, capaci quindi di prestazioni negate ai più, muovendosi sul confine incerto fra arte e artigianato, sostantivi del
resto derivati dalla stessa radice latina “ars”.
Il Saluzzese è speciale in
questo senso. Leggendo il
bell’opuscolo “Mestieri”, edito dalla Comunità Montana
Valli Po, Bronda e Infernotto,
con sede a Paesana, si ha un assaggio delle botteghe, attive
fuori dal confine dell’antica
capitale del Marchesato, cioè a
Barge e Bagnolo, Paesana, Rifreddo, Sanfront, Revello, Pagno. Un esempio è Ennio Lorenzo Carena di Revello, restauratore di mobili e tappezziere, primo nella zona a ricevere dalla Regione Piemonte il
certificato d’Eccellenza Artigiana, istituito pochi anni fa
per qualificare la categoria.
Carena lavora con i materiali
naturali impiegati tradizionalmente per sedie, divani, poltrone. E si scopre così che materie prime “povere”, un tempo prodotte in Italia, adesso arrivano da lontano, come la paglia di lino che viene dal Belgio, o la juta importata dall’India, in pezze o sottoforma di
larghe fettucce che sostengono
le molle. E anche un manufatto così semplice – appunto le
molle – è ormai una rarità. Le
migliori, di acciaio fosfatizzato, le fabbrica ancora un unico
artigiano torinese, Negrino, altro lavoratore solitario. Carena
è un tipico esempio di giovane
cocciuto e appassionato del
suo lavoro che, come tanti colleghi, prende un vecchio comò,
una sislunga camolata, e ne
trae eleganti pezzi d’arredamento, mettendo a frutto le
esperienze maturate nei celebri
laboratori di Saluzzo, prima di
mettersi in proprio. Ma oltre
che i restauri, prova a creare
novità, come inedite poltrone
utilizzando i pallets, quei bancali di legno di pino che servono a movimentare ogni sorta di
merci, smontandoli e rimontandoli a suo gusto. Esempio
da manuale di risparmio, riciclo di materie prime, riqualifica e creatività.
In provincia di Torino Vincenzo Curto, quasi 60 anni, vive e lavora alla frazione Tetti
Peretti di Carignano, minuscolo nucleo di case di campagna
a cascine tra prati e piantagioni di meliga. Fa il fabbro da
sempre nella vecchia casa di
famiglia. Abitazione, un pezzo
di orto e giardino, un piccolo
capannone. Gran cacciatore di
cinghiali d’inverno, viene da
genitori contadini da cui ha
ereditato l’atavico senso del
lavoro che va fatto bene.
L’officina è quasi museale,
con tutto quello che serve a lavorare il ferro: tornio, fresa, trapani a colonna, piegatrici, mole, una piccola pressa, saldatrici elettriche e a ossigeno, chiavi inglesi, martelli, pinze, tenaglie da forgia, cacciaviti, sfridi,
ritagli di lamiera, pezzi finiti e
da cominciare, cataste di tubi e
trafilati in cortile, la materia
prima. Il classico apparente disordine che conserva però ogni
cosa al suo posto, noto soltanto al padrone, naturalmente.
Curto è uno che con le mani
e quattro arnesi riesce a fare
praticamente tutto. Ogni tanto
arriva qualcuno dalla campagna con qualche intervento urgente al trattore, al rimorchio,
all’aratro. Ma arrivano anche
clienti con richieste impossibili, e Curto studia, si arrovella e
fa. Ed è anche uno che se non
ha la macchina adatta per un
certo lavoro se la costruisce, un
pezzo per volta. E nei ritagli di
tempo costruisce magnifici
coltelli forgiati a mano, in un
gabbiotto riparato sotto il portico. Lame perfette, e manici di
bosso, corno, modelli personalissimi, raffinati, ognuno un
pezzo unico, senza l’intervento di nessun designer.
I giovani si appassionano ormai più all’elettronica che alla
meccanica, ma il mestiere di
lavorare il ferro, può avere un
fascino irresistibile, perché
non costruisci giargiattole con
le lucine che fanno bip bip e se
si guastano devi solo buttarle
via. Un manufatto di ferro è lì
quasi per sempre, solido, brunito, o lucido. In tempi di chips e nanotecnologie, può far ridere, ma un fabbro o un carpentiere in ferro, certo con le
mani nere e la tuta o il grembiule sporco di olio e ruggini,
vernici, avrà sempre un posto
nel mondo.
Viene in mente il montatore
Faussone della “Chiave a stella” di Primo Levi.
Per dire.
Ancora in provincia di Torino, alla frazione Marocchi di
Poirino, c’è il laboratorio di
Alfonso Nigro, vasaio, orginario di Vietri, nel Salernitano,
che ha portato da decenni in
Piemonte la sua cultura della
terracotta. Uno che ha il becco
di fare due lavori: occupato alla vicina fornace Mosso, e in
bottega il resto del tempo. Sorretto da passione e talento, usa
le terre della zona – che da secoli alimentano le fornaci di
Villanova, Villafranca, Buttigliera provenienti dalla cava di
Ternavasso – e riproduce oggetti tradizionale piemontesi:
comignoli sette-ottocenteschi,
le grandi pigne ornamentali da
giardino, scaldini da letto, madonne, orci, fujot, vasi da esterno. In più realizza intriganti
sculture su proprio disegno, integrando la cultura che viene
dagli oggetti della sua terra,
dall’antica scuola di maiolica
di Vietri, o pompeiani, di Paestum. Produce anche formelle
di terracotta riproducendo forme storiche, o con disegni forniti dai clienti, o maschere tradizionali, come un Bacco piemontese, il cui originale viene
da chissà quale castello o dimora patrizia. Infine suggerisce un curioso legame tra le famose tinche di Poirino, allevate da sempre negli stagni della
zona, e la geologia: infatti solo un terreno impermeabile come quello argilloso del Poirinese ha permesso la realizzazione di tante peschiere e di
conseguenza l’allevamento
della tinche. Però!
Per finire alcune segnalazioni che meriterebbero ben più
spazio. A Pinerolo, in via Montebello 5, c’è la bottega del giovane Luca Benso, coltellerie,
che continua l’attività di famiglia di arrotino, come già il padre, il nonno e il bisnonno. Una
famiglia che ha arrotato forbici e coltelli dalla fine dell’800.
Una pratica, quella di molare
lame, che richiede un lunghissimo apprendistato, ed è oramai praticata da pochissimi.
Alla frazione San Bernardo
di Carmagnola lavora invece
Mario Martis, raffinato sellaio
e calzolaio – altro mestiere in
via d’estinzione – che produce
squisiti manufatti su misura.
Nella borgata Rivet di Pragelato – territorio devastato
dagli impianti olimpici – opera da anni Guido Ronchail,
grande scultore in legno, e uno
dei pochi in Italia a costruire
ghironde, complicato strumento a corde di origine medioevale, tornato alla ribalta da
qualche decennio. Infine, parlando ancora di strumenti musicali, bisogna ricordare Franco Ferrarotti e figli, liutai alla
borgata Lesna a Torino, unici a
costruire pregiate chitarre, violini e contrabbassi. Minuscola
impresa famigliare da due ge-
nerazioni, inesorabilmente minacciata da cinesi e coreani.
Altro esempio di artigiano che
in bottega fa di tutto, cono-
37
scendo legni, vernici, colle, e
ogni specie di materiali, costruendo, se necessario, le
macchine per il suo lavoro. ■
Dall’alto:
Curto, Nigro
e Carena.
Viaggi
Ci sono due Cipro; quella greca e quella turca divise ancora
oggi dalla linea verde e dalla terra di nessuno: entrambe meravigliose
Cipro del Nord: Salamis, il Ginnasio romano.
Agia Napa: centro e spiaggia.
Famagusta: la Moschea.
Cipro del Nord: Kyrenia, porto.
Pafos: tombe dei re.
Lefkosa: la Moschea.
Là dove nacque Afrodite
Foto e testi di Giorgio Ricatto
L’
isola è cambiata, ma sotto l’abito nuovo gli isolani sono uguali a sé stessi, ti accolgono come un
amico. Si ripete sempre il gesto gentile di un dolce, un frutto, un antipasto o un ouzo offerto agli ospiti
nella taverna o nel caffè tra avventori intenti alla par-
tita di “tavla” o “backgammon”. Succede a Cipro. Un
entroterra verde, boschi e monasteri bizantini ornati da affreschi preziosi, una costa assolata che ha visto Afrodite
emergere dalle acque, una luce già mediorientale, un’impronta britannica, una capitale che è l’ultima in Europa di-
39
A Limassol
c’è un
castello
nel quale
la leggenda
narra che
Riccardo
Cuor di
Leone
prese
in sposa
Berengaria
visa da un muro. Il confine più
orientale d’Europa è un Mediterraneo insolito.
I sentieri della storia si sono
incontrati portando popoli e
culture sotto questo cielo; lo
testimoniano i resti greco-romani, le fortificazioni veneziane, le moschee e le chiese
ortodosse. Non è stata una convivenza sempre facile quella
tra greco-ciprioti e la minoranza turca. Il no “oxi” dei greci non ha permesso la riunificazione dell’isola tentata con
il referendum del 24 aprile
2004, i ricordi delle violenze e
delle tensioni passate sono stati più forti di 30 anni di pace.
La Linea Verde e la Terra di
Nessuno separano ancora la
terza isola del Mediterraneo
per grandezza, ponte geografico tra Europa, Asia e Africa. Il
confine però è più permeabile,
lavoratori turchi lo superano
per rientrare in giornata; dopo
un’occhiata al passaporto i turisti si trovano “dall’altra parte”.
NICOSIA è un simbolo di
quest’isola a due facce. Il volto greco della città è segnato
dallo sviluppo all’insegna dei
commerci e delle società esentasse, una città moderna tutta
luci, vetrine e grandi firme.
Nei vicoli stretti del centro storico i ristoranti turistici sono
cresciuti a dismisura e contrastano con angoli ancora tranquilli occupati dalle botteghe
degli artigiani. La monumentale statua dell’arcivescovo
Makarios III, primo presidente di Cipro libera ed eroe nazionale, domina il complesso
dei musei e la chiesa ortodossa di S. Giovanni dagli affreschi pregiati. I bastioni veneziani, la porta di Famagusta, le
numerose chiese ortodosse,
punteggiano il quartiere ancora segnato da spazi vuoti o in
rovina per l’abbandono. La
grande moschea Omerye nata
come chiesa agostiniana ed i
bagni turchi oggi centro culturale, ristrutturati grazie all’intervento europeo, rievocano
ozi e atmosfere ottomane in
uno spazio esaltato dal sottofondo di un “buzuki” che si
diffonde tra i tavoli di un minuscolo “cafeion”. Nel cielo
viola del tramonto una palma
affianca il minareto disegnando un quadro senza tempo.
Il muro taglia bruscamente
la passeggiata pedonale, basco
blu e mitragliatrice, un soldato delle Nazioni Unite lo controlla, ma una riunificazione
illusoria si ha già dal grattacielo del museo-osservatorio
che permette di abbracciare
con lo sguardo la città intera.
È il Ledra Palace Hotel, base Onu, che segna il punto di
passaggio per la zona turco-cipriota. Oltre il posto di blocco
non si alzano grattacieli e non
luccicano le vetrine, ma si entra nel cuore di un centro vivace che pullula di attività. Priva di grigiori, la città sprigiona energia e vitalità, contrariamente alle attese. La Nicosia
turca “LEFKOSA” è un centro
urbano piacevole, in parte ristrutturato, come l’antico monastero dei Dervisci Danzanti
trasformato in museo, l’hammam e il caravanserraglio oggi centro artigianale di qualità.
La grande moschea Selimiye
sorta sull’antica cattedrale
conserva elementi di arte Lusignana e nonostante due minareti e le manomissioni è rimasta l’Agia Sofia del 1326.
Un edificio eclettico e stravagante. Contrasti di una piccola isola con una grande storia,
costruita strato su strato da popoli diversi.
Un altro luogo simbolico è
il villaggio di PYLA. Fatto
inedito per l’isola spezzata in
due, greco-ciprioti e turco-ciprioti convivono nell’area greca protetti dall’Onu che vigila
dalla postazione sulla piazza
centrale. Un piccolo paese, un
museo e una grande piazza con
un caffè greco e al suo fianco
un caffè turco più dimesso. La
moschea e la cattedrale ortodossa che gareggia in altezza
con il minareto si affacciano
sulla stessa via. Alcune botteghe turche sembrano abbandonate, ma greci o turchi, i vecchietti sostano nella piazza,
ore interminabili passate davanti ad un caffè.
Proseguendo il viaggio nella Cipro greca s’incontrano
villaggi costieri trasformati in
estese località di vacanza e divertimento. Li predilige un turismo inglese, forse per la guida a sinistra, le uova al bacon,
i numerosi “pub”, la diffusa
conoscenza dell’inglese, o per
l’area di Akrotiri a Sovranità
Britannica, qui certamente gli
inglesi si sentono a casa.
Era l’antica Kition, oggi è
LARNAKA, una città che ha
conservato un ritmo isolano.
Da vedere il forte, i musei, la
grande moschea, il souk e soprattutto la chiesa di Agios Lazaros con il museo bizantino,
l’artistica iconostasi e la tomba di San Lazzaro. I caffè ed i
ristoranti regalano sapori antichi. Durante le celebrazioni di
giugno per il Diluvio Universale “Kataklysmos” la folla
conquista la città e la trasforma. Per l’occasione su un palco allestito sulla spiaggia, canti e danze tradizionali sono accompagnati da musiche, strumenti popolari ed esibizioni di
bravura. È la festa più celebre
dell’isola, un’immersione totale nella cultura popolare.
Balli con falcetti e coltelli si alternano alla spettacolare “datsia” in cui il ballerino sostiene
una pila altissima di bicchieri
pieni.
Immersioni marine regala
invece AGIA NAPA, un piccolo porto di pescatori trasformato in grande centro turistico. Le sue sono tra le spiagge
più belle dell’isola, sabbia
bianca e dorata, coste rocciose
a picco sul mare, grotte marine e trasparenze caraibiche.
Non ritrovo il simpatico pescatore di polipi che sorrideva
al fotografo, ma discoteche,
grandi hotels e prati verdi sul
mare. Nei pressi Capo Greco è
una natura aspra, protetta da
una base inglese e da piste
bianche, dall’alto la vista spazia su un paesaggio vastissimo.
LEMESOS o Limassol,
conserva il vecchio quartiere
con la moschea, l’hammam, le
botteghe artigianali e un castello in cui la leggenda ambienta il matrimonio di Riccardo Cuor di Leone e Berengaria. Nei pressi l’imponente
castello di KOLOSSI si alza
tra i vigneti del celebre vino di
Commandaria, uliveti e macchie di oleandri. Una storia iniziata con i Cavalieri dell’Ordine di S. Giovanni di Gerusalemme e continuata incontrando anche i Cavalieri Templari.
L’antica città-stato di KOURION domina il mare in splendida posizione. Alcuni giovani in parapendio si buttano
dall’alto verso il mare, novelli
Icaro, ma Kourion era la città
di Apollo Ylatis, dio dei boschi, venerato nel santuario a 2
km dagli scavi. Un sito che
completa l’imponente area archeologica. Cipro rimane però
l’isola di Afrodite che la leggenda vuole nata dalle onde di
Petra Tou Romiou. Inizia con
il Capo Aspro la costa calcarea
e bianca su cui s’infrangono le
onde spumeggianti. La baia e
le sue rocce sembrano fatte di
luce, appartengono alla mitologia e la rendono viva, i turisti si fermano curiosi sulla
spiaggia, passeggiando sembrano cercare le orme della dea
dell’amore e della bellezza.
PAFOS, antica capitale greco-romana e villaggio di pe-
scatori è oggi turismo di mare
e ristorantini sul porto, ma non
soltanto. Vanta i celebri mosaici delle ville nobiliari, la
chiesa Chrysopolitissa, la basilica paleocristiana, i musei.
Un’area vastissima di selvaggia macchia mediterranea copre la necropoli “Tombe dei
Re”. Una città sotterranea e
una replica della città dei vivi.
Scale, passaggi, cortili a colonne doriche, decorazioni e
affreschi dissolti dal tempo.
Per scoprire la natura più
bella della zona greca bisogna
lasciarsi guidare dalla dea
Afrodite che conduce ad una
sorgente protetta da un albero
di fico e da un bosco di pini mediterranei e alti eucalipti. Sono i BAGNI DI AFRODITE.
41
Inizia così un circuito di almeno 3 ore da compiere a piedi
nel Parco Naturale della PENISOLA DI AKAMAS, ma le
possibilità di escursione si
moltiplicano passando dal sentiero di Afrodite a quello di
Adone. È un paesaggio che rievoca un Mediterraneo antico e
incontaminato, la pista segue
la baia a mezza costa dominando un mare cobalto e smeraldo tra pini e sabine marittime. Un’immersione completa
nella natura vergine. Il percorso prosegue tra i campi di grano fiancheggiando la costa.
Un’occasione per bagni di mare in baie rocciose tra grotte
marine e spiaggette solitarie
che profumano di fiori e mare.
Sono i MONTI TROODOS
un’autentica scoperta all’interno dell’isola. Vigneti e uliveti alla base dei pendii, boschi
La spiaggia
e la roccia di Afrodite
a Petra Tou Romiou,
ovvero il luogo
dove si dice sia nata
la dea.
di pini e di cedri nella Riserva
Naturalistica Valle dei Cedri,
villaggi montani e trattorie che
conservano le tradizioni isolane. Monasteri decorati da icone e affreschi che sono autentici capolavori. L’arte bizantina di nove chiese è considerata dall’Unesco Patrimonio
Mondiale. In questi orizzonti è
sepolto l’arcivescovo Makarios III, non lontano dal monastero di Kykkos.
Più piccola, CIPRO DEL
NORD non delude, anzi con i
suoi spazi ancora liberi da
scempi edilizi, i suoi castelli,
le cittadine vivaci, la bellezza
della penisola di KARPAS, paradiso per tartarughe marine,
invita ad un’esplorazione. I
boschi ed i campi coltivati a
cereali si alternano a zone aride, nel cielo il volo di un grifone. Autostrade, ville e centri
turistici sono oltre il confine.
KYRENIA con il suo imponente castello a picco sul mare è vivace, piacevole è la sosta nei caffè della baia tra pescatori, gabbiani e musica.
Dai bastioni del Castello la
vista è grandiosa, all’interno
sono custodite testimonianze
d’epoche e dominazioni diverse e il raro relitto di un mercantile del 300 a.C.
Un museo delle Icone è
ospitato invece nella chiesa ortodossa di S. Barbara che sorge isolata presso Salamina.
L’edificio ristrutturato è sorto
nel 700 sui resti di una chiesa
del V secolo e conserva una
maestosità straordinaria. Anche l’antica SALAMINA sprigiona un’atmosfera particolare. La sensazione di camminare nel passato dell’isola è forte, forse accentuata dal mare
d’erba alta e dalle macchie di
oleandro. Le colonne del Ginnasio, il Teatro Romano, i Bagni, sono immersi nel silenzio
a poca distanza dalla costa.
FAMAGUSTA è una fusione di oriente e occidente, di vi-
Kourion, il Foro romano.
ta e tracce del passato remoto.
La piazza della moschea di Lala Mustafa Pascià è un vasto
palcoscenico. I portali goticolusignani e le linee eleganti
prese in prestito dalla cattedrale di Reims non hanno risentito della distruzione delle
torri. Un minareto si alza al loro posto. Si affacciano sulla
piazza i tavolini dei caffè ombreggiati da alberi e archi del
Palazzo Veneziano oggi in rovina.
Un leone veneziano saluta i
visitatori all’ingresso della
Cittadella Lusignana, detta
Torre di Otello. Un nome che
ricorda la tragedia di Shakespeare, forse ispirata al governatore di Cipro: Cristoforo
Moro. Tuttavia un altro nome
celebre aleggia sul luogo; pare che visitando l’isola, Leonardo da Vinci suggerisse
all’architetto alcune modificazioni.
■
Lefkosa, il Caravanserraglio.
Torino da scoprire
La storia della Mole Antonelliana, da
tempio ebraico a museo del cinema attraverso realtà, favole e leggende
Doveva essere una sinagoga
di Margherita Oggero
A
caro-vita. Nell’attesa – rassegnata – che il piccolo misfatto si compia, perché si compirà di sicuro, consoliamoci coccolandola con gli occhi, la nostra bella Mole, quella vera,
che quel “matto” geniale dell’architetto Alessandro Antonelli (col contributo del figlio Costanzo) è riuscito a rega-
furia di lasciar correre, di pigliarla bassa e di non esagerare, può capitare che ci scippino la Mole. No, non
sradicandola per trasferirla altrove, perché a tutto c’è
un limite, ma abolendo la monetina da due centesimi di euro, come qualcuno ha proposto, tanto per dare una mano al
44
larci, barando sui progetti, manipolando i committenti e giocando a gatto e topo con tutte
le autorità. Godiamocela da
fuori, guardandola di sera
nell’illuminazione finalmente
perfetta, e da dentro, percorrendo i suggestivi camminamenti di un Museo del Cinema
che non ha per il momento nessun rivale al mondo che gli stia
alla pari. Non importa che non
vanti più il primato dell’altezza come manufatto costruito in
laterizi tradizionali: quel primato l’ha comunque avuto, e
tanto ci basta.
La Mole doveva essere una
sinagoga, questo lo sanno quasi tutti. L’“Università Israelitica” aveva acquistato, nel 1860,
il terreno posto tra le attuali vie
Montebello, G. Ferrari, Riberi
e Verdi con il proposito di far
costruire un tempio per la propria comunità, che lo Statuto
Albertino del ’48 aveva finalmente emancipata. Un tempio
che, nelle intenzioni, avrebbe
dovuto essere degno della città
capitale del Regno d’Italia. Nel
1862 viene bandito il concorso, ma siccome nessuno dei
progetti presentati incontra il
gusto dei committenti, questi
incaricano l’Antonelli di presentarne uno nuovo e poi (incautamente) gli affidano la direzione dei lavori. L’anno successivo comincia la grandiosa
avventura della Mole: aperto il
cantiere, quasi subito l’altezza
dell’edificio e i costi di costruzione cominciano a lievitare in
modo spropositato, il progetto
originario viene continuamente stravolto, l’ Università Israelitica si straccia le vesti perché
i fondi sono prosciugati, e nel
frattempo Torino, non essendo
più capitale, di una sinagoga
faraonica (ammesso che così si
possa dire) non ha più bisogno.
Che fare? Nel 1869 i lavori
vengono sospesi. Dopo anni di
trattative, di accordi quasi fatti e poi stracciati, di perizie e
controperizie, nel 1877 il Municipio di Torino decide di acquistare il fabbricato, sotto la
spinta di un forte movimento
d’opinione che si era organizzato nel “Comitato Tutelare
del Monumento dell’Antonelli”, lo dedica a “Ricordo Nazionale del Re Vittorio Emanuele II” destinandolo a ospitare il Museo nazionale
dell’Indipendenza italiana. La
nuova destinazione crea subito parecchi problemi per il
completamento dell’edificio,
ma offre contemporaneamente
all’Antonelli il destro per realizzare quella “scalata formidabile verso l’azzurro” che si
era (nascostamente) proposto.
Nuove e continue richieste di
fondi che, a onor del vero, il
pur sparagnino Municipio torinese scuce, anche se col collo
storto. Sui motivi di di questa
inusitata munificenza, il dibattito è ancora aperto, ma a me
piace pensare che nella decisione sia entrato un soffio della sempre occultata ma mai rimossa follia subalpina, insieme con l’abitudine di non lasciare le cose a metà. Comunque sia, il cantiere va avanti,
finché nel 1888 l’Antonelli
muore alla bella età di 90 anni,
e tocca al figlio Costanzo, che
da parecchio l’affianca nella
direzione dei lavori, coronare
l’anno dopo il sogno del padre,
innalzando sulla cupola la gigantesca statua del “Genio alato dell’Augusta Stirpe Savoina” con la stella d’Italia (o la
stella massonica) sul capo.
L’altezza raggiunta è di m 163,
35.
Finisce qui? Neanche per sogno, perché restano da completare i lavori di rifinitura e ricominciano le commissioni di
controllo, le perizie, le controversie e i dissidi. Poi, nel 1904
un violento uragano si abbatte
sulla città e un fulmine colpisce la statua del Genio, che
– miracolo! – anziché rovinare
al suolo con le sue tre tonnellate di peso, resta in bilico su
un lato della guglia. Recuperata in buone condizioni, non
viene però rimessa al suo posto, per ovvie ragioni di prudenza, e si decide di sostituirla con un finimento a stella.
Però ci scapita l’altezza! Allora via, altra modifica: si trasforma e si allunga la cuspide,
in cemento armato questa volta, e il vertice dell’edificio arriva a 167 metri.
Ma non è finita neppure questa volta. Dal 1930 riprendono,
a singhiozzo, i lavori di consolidamento e quando sono quasi finiti arriva il famoso tornado: verso le sette di sera del 23
maggio 1953 il cielo sopra Torino si fa nero nel giro di pochi
minuti, vento e pioggia si abbattono sulla città con violenza tropicale e quando finalmente la gente torna a vedere
più in là del proprio naso, si accorge che della guglia ne manca un bel pezzo: 47 metri per
l’esattezza. Ma ancora una volta c’è stato il miracolo: la guglia spezzandosi è caduta verticalmente nel sottostante fazzoletto di giardino e non ha ammazzato nessuno. Tornerà al
suo posto (speriamo definitivamente) nel 1961, ricostruita
in acciaio rivestito di mattoni,
perché si sa che i miracoli non
hanno l’abitudine di ripetersi
all’infinito.
Dopo, si è trattato di decidere cosa metterci dentro, a questa benedetta Mole. All’Antonelli il problema non aveva
mai rovinato il sonno: quello
che gli interessava era costruire un edificio che esprimesse la
vittoria dell’uomo sulla gravità
e che testimoniasse l’onnipotenza della tecnica (bell’utopia
positivistica!), tutto il resto era
un dettaglio secondario, che
non meritava troppa attenzione. Il Museo dell’Indipendenza, cioè del Risorgimento, nel
Nel 1953
una
tempesta
di
incredibile
violenza
passa
su Torino.
Quando
torna
il sereno
alla Mole
mancano
47 metri
di guglia
Quel vecchio grattacielo fatto
come un fiasco durante un temporale…
C’
era una volta l’adolescente Gozzano. Un “gianburrasca” nella Torino Belle Epoque. Poi
avrebbe reso omaggio alle signore che mangiano le paste nelle confetterie e alle buone cose, ancorché di pessimo gusto, muovendosi discreto – ironicamente inamidato – fra velette e salette. Ma prima, quando le redini del buon costume, del savoir faire, dell’etichetta ancora non erano ad hoc.... Prima del crepuscolo, l’elettrico ginnasiale saliva con gli amici Aimone e
De Martini sulla Mole Antonelliana liberando quindi
la vena terribile. Ecco come in una lettera immortalava la “grassa” trouvaille:
“L’altro giorno (giugno 1899, ndr) fui a visitare la Mole Antonelliana (...). Da quell’altezza vertigionosa – 142
– Aimone lanciò nell’abisso uno stronzo fumante avviluppato in un giornale. Ed andò a precipitare – (orrendo
fragore!) – innanzi ad una bottega di via Montebello. Io,
che mi ero munito dei dovuti telescopi, mi divertii moltissimo a vedere il gruppo di gente spaventata che accorse allo ‘scoppio’ tremendo”.
Franti e altri Franti nella Torino di “Cuore”...Anime
discole, ma non solo... È lungo l’appello dei “buoni”:
Enrico Bottini e il muratorino e la bambina che sulla carrozza di tutti guardava Edmondo De Amicis “col visetto volto in su, come avrebbe guardato la Mole Antonelliana: un visetto rotondo di madonnina...”.
frattempo era già stato collocato da decenni a Palazzo Carignano, e nel 1961, appena
terminate le costruzioni celebrative per il centenario
dell’Unità, di altri musei non si
prevedeva né la nascita né il
trasferimento. Nell’attesa, la
Mole ospita grandi mostre organizzate dal Comune, finché
trova la sua definitiva e splendida destinazione, che è quella
attuale di cui già si è detto.
Fin qui, la storia. Ma la Mole è anche al centro di interessi
di Bruno Quaranta
Come avrebbe guardato l’innocente la Mole nel 1953
mentre la guglia cadeva?
Il maggio di tregenda ispirò al surreale Italo Cremona (pittore e scrittore, un supremo conte philosophique,
“La coda della cometa”) il racconto “I Falchi”, i volatili che con la stella avevano visto precipitare il loro nido.
Un bizzarro spettatore si era ingegnato a campare raccontando lo straordinario spettacolo, qualche lira e un
po’ di vino per compenso: “La Mole Antonelliana, un
vecchio grattacielo fatto come un fiasco... fu durante un
temporale... fanno paura i temporali (...). Intorno alla
Mole c’era folla, qualcuno commentava a voce alta. Uno
piccolo, vecchio, diceva: – Antonelli l’aveva progettata
elastica, di laterizio, l’hanno irrigidita col cemento ed ecco che s’è spezzata...”.
Tornerà a svettare la guglia, sollecitando il saluto di
Mario Soldati: la Mole, “non torre di signori, non campanile di chiesa, non fastigio di duomo come in ogni altra città italiana, ma quasi tempio astratto dell’Idea ottocentesca del Progresso”.
“L’ago fiorito” lassù nel cielo, la bussola (o lo svago)
dell’anima persa di Giovanni Arpino, tra una bisca e un
caffè e una verminosa metamorfosi: “La punta aguzza della Mole Antonelliana sorgeva fitta di lampadine come la
cima colorata di una remotissima trottola”.
■
e favole che poco o niente hanno a che fare con le vicende della sua costruzione: l’interesse
degli studiosi della Massoneria,
per esempio, che, non a torto,
leggono nella struttura e nelle
decorazioni dell’edificio i simboli le geometrie e gli enunciati della Società dei liberi Muratori. L’interesse-favola degli
esoteristi (che a Torino sono più
numerosi dei piccioni), per i
quali la guglia è un’antenna che
cattura e poi distribuisce l’energia cosmica, il vertice su cui
46
convergono gli influssi astrali
che alimentano le occulte forze
magiche da cui la città è attraversata. La favola tanto in voga
tra gli studenti di Palazzo Nuovo, secondo cui chi sale al tempietto della Mole prima della
laurea, alla laurea non arriverà
mai. Ma chi la laurea ce l’ha già,
o ne fa tranquillamente a meno,
al tempietto ci deve proprio andare, per ammirare uno delle
più belle vedute che ci siano al
mondo. La veduta di Torino
dall’alto della Mole.
■
Calcio Una rosa compatta e ben assortita, dal “nuovo” Pinga a Marazzina,
da Codrea a Maniero: non è assolutamente più un sogno l’arrivo in serie A
Grande cuore granata
di Angelo Caroli
Q
squadra era speciale. Partiva da lontano, come tutte le
favole speciali. E si nutriva di amore, di passione, di partecipazione e del transfert che per solito sta alla base di
un feeling calcistico. Sentimenti (o stati d’animo) che
spesso inducono a enfatizzare o a trasformare la realtà
uando nel giugno del ’76 suggerii all’amico Salvatore Lo Presti il titolo per il suo libro sul Torino
(Profondo granata) avevo capito da un pezzo (esperienze dirette, tre derby di cui due vinti ed uno perso, e
35 anni di giornalismo) che il rapporto fra i tifosi e la
47
in rischiosa retorica. Perciò
presento i “nuovi” del Toro
con cautela, in modo che i
tifosi puntino in alto le loro legittime speranze, ma con la
misura che occorre per costruirsi una corazza a prova di
delusione.
Dunque i nuovi. Il primo
della lista è il terzo portiere,
Federico Marchetti di Bassano del Grappa, classe ’83 e
proveniente dal Treviso ma
prodotto del vivaio granata.
Francesco Carbone, romano
di 24 anni di proprietà del
Chievo ma proveniente dalla
Triestina, è un difensore coinvolto nell’operazione che
porta Marazzina in granata e
Mandelli (comproprietà) al
Chievo. Carbone è un laterale di destra con caratteristiche
propulsive, attento tatticamente dunque capace di svolgere i compiti con zelo. Ezio
Rossi lo conosce dai tempi
della Triestina. Sempre nel
settore difensivo spunta,
all’ultima ora, Simone Giacchetta, marchigiano di Ancona nato nel luglio del ’69.
Centrale di assoluta esperienza, è legato al Genoa fino al
2006. Nella passata stagione
ha militato nella Reggina, oggi è al Toro in prestito. Vive
un singolare inizio di carriera. Fa l’attaccante nel Napoli
di Maradona, via via si riconverte fino a trovare una collocazione nel reparto più arretrato. È un centrale che si è disimpegnato bene anche davanti alla difesa. Discreto nel
gioco acrobatico, molto bravo nelle chiusure sullo stretto, è rapido e dotato di grande personalità. Elemento che
gioca a favore del nutrito
gruppo di giovani su cui conterà Ezio Rossi.
Andrea Mantovani è un indigeno (nasce a Torino
nell’84) ed è capitano della
Under 20 campione d’Europa
nel 2003. Per lui si tratta di un
48
ritorno, dunque è un “nuovo”
atipico. Farà coppia con Mezzano. Come il collega di reparto, è un mancino. I due pilastri piazzati davanti a Sorrentino hanno come primo
rincalzo Maurizio Peccarisi,
24enne ligure di Bordighera
prelevato dal Cesena. Peccarisi è particolarmente dotato
nel fisico e ricorda gli stopper
che frequentano i “green” inglesi. La sua specialità è liberare l’area da scorie pericolose. Dunque sfrutta al meglio i
192 centimetri di altezza.
Il colpo più intelligente
messo a segno da Cravero e
Zaccarelli è un romeno, Paul
Costantim Codrea. Ragazzo
di 23 anni, nasce a Timisoara.
In Italia si trasferisce grazie al
Genoa, poi viene acquistato
dal Palermo dove con Guidolin non trova più spazio. È un
centrocampista intelligente e
carismatico, capace di “fare”
spogliatoio, oltre che costruire schemi con disimpegni
orizzontali corti o verticali
lunghi. Vede il gioco d’istinto. Al Toro perviene dopo
un’operazione “intelligente”
costruita da Zamparini e Cravero-Zaccarelli. L’accordo
coinvolge a latere Maniero il
cui ingaggio è alquanto oneroso. Codrea si fa amare dai
compagni per la proprietà di
linguaggio e per le battute argute e sdrammatizzanti. È un
centromediano metodista post litteram, ubicato davanti alla seconda linea e perno concreto che spazia in mezzo a
De Ascentis e Conticchio.
Una fonte di qualità. La sua
posizione “frenata” consente
a Pinga di affacciarsi sovente
all’area di rigore avversaria.
Humberto Daniel Soares
Martelo è un frutto brasiliano
di Campinas e proviene dal
Caxias. È del ’78 ed è un centrocampista di fascia. Viene
presentato dal consulente di
mercato torinista. Rossi, Cravero e Zaccarelli si convincono dopo averlo visionato e
l’affare è fatto. L’operazione,
prestito e ingaggio, comporta
l’esborso di 100 mila euro da
parte di Cimminelli. Humberto è un elemento molto interessante, mancino integrale,
geometra coscienzioso e
pragmatico. Sta insomma nella sostanza del gioco: intercetta e riparte. Da quando è a
Torino esibisce una qualità: il
tempismo nell’inserirsi sotto
la porta avversaria nei calci
piazzati con decisivi colpi di
testa.
Ed eccoci alle punte. Il nome più magnificato è quello
di Filippo Maniero, padovano
di 32 anni, esperto navigatore di campi di calcio di A e B.
Milita nel Padova, Atalanta,
Ascoli, Sampdoria, Verona,
Parma, Milan, Venezia e l’attuale Palermo dove è però
chiuso da Toni. Accetta il trasferimento al Toro anche per
avvicinarsi a casa. Uomo di
urto e di esperienza, torre che
fa sponda di testa e di piede,
prepara la pappa per gli attaccanti-spalla o per la fanteria
leggera che avanza dalle retrovie. Insieme con Codrea è
il collante dello spogliatoio.
Prezioso rincalzo, risulterà
utile soprattutto nei match casalinghi.
I pungiglioni titolari sono
Marazzina e Quagliarella.
Massimo è un lombardo di 30
anni, proveniente dal Modena
ma esploso nel Chievo di Del
Neri. Ragazzo solido, fa la seconda punta ed è molto mobile. La duttilità gli permette di
esprimersi anche come prima
“spina”. È un ambidestro generoso, combattivo e sveglio
tanto da trovare immediata intesa con Pinga. Ha fiuto del
gol con intuizioni sotto porta.
Fabio è un campano di Castellammare di Stabia. Ha 21
anni appena e proviene dal
Chieti. L’anno scorso ha realizzato 17 gol e si è fatto le così dette ossa. È un ambidestro
che si fa rispettare nel gioco
aereo e pur avendo analogie
con Marazzina gli si integra
bene incrociando spesso. Si
muove con concreti risultati
nell’arco offensivo dei 180
gradi dove cerca e trova soluzioni e gol. Entrambi sanno
aprire varchi per i centrocampisti che “salgono”.
Una “rosa”, possiamo dirlo, compatta e ben assortita.
Per il resto è bene sussurrare
che se sono rose, fioriranno.
Possiamo solo aggiungere,
con un bisbiglio, che la nostra
città aspetta la sua legittima
seconda squadra in A. La città
non vuole essere da meno di
Milano e Roma.
■
Codrea
con la maglia
della nazionale
rumena.
Torinesi celebri
Vi ricordate i due Righeira? Bene:
si sono conosciuti al liceo scientifico Einstein, e poi hanno cambiato nome
L’estate non sta finendo
di Maurizio Ternavasio
L’
estate sta finendo/ e un anno se ne va/ sto diventando grande/ lo sai che non mi va”: siamo nel
1985, e con questa canzone surreale dal ritmo techno-pop i torinesi Righeira si aggiudicano il Festivalbar e il
Disco per l’estate. L’anno seguente, con il brano sentimen-
tal-demenziale Innamoratissimo, arrivano quindicesimi al
festival di Sanremo, poi, sul finire degli anni Ottanta, si
prendono una lunga pausa di riflessione.
Questo è, in estrema sintesi, il resoconto della straordinaria avventura musicale del duo torinese che in pochi an-
50
ni ha scalato le classifiche di
vendita internazionali, per poi
tornare nell’ombra. Ma la loro
storia va raccontata per gradi,
cominciando dal primo incontro sui banchi di scuola.
“Dopo la mia bocciatura, ci
siamo ritrovati a far parte della
stessa classe al liceo scientifico Albert Einstein. È lì che è
germogliato il seme dei Righeira”, spiega Stefano Righi,
in arte Johnson, classe 1960,
compagno di viaggio dell’altro
Stefano, Rota però, nato nel
1961, in arte Michael. Il primo
si era avventurato, a partire dal
’79, nel mondo musicale bolognese.
“Gli esordi erano stati nel
contesto di un movimento che
cercava di prendere le distanze
da un certo modo, troppo serioso, di fare musica e, di conseguenza, politica. L’atteggiamento laico, moderno e demenziale che mi ispirava era influenzato dalla frequentazione
e dalla conoscenza con gli
Skiantos. Ci si rapportava con
il pop scanzonato dei Gaz Nevada e non con gli Indiani Metropolitani, per intenderci; ci
piaceva la fantasia e la creatività, non ci interessava proclamarci seguaci di certi ideali solo per andare dietro alla moda
del momento. Michael ed io ritenevamo fosse possibile sentirsi impegnati anche alle prese
con la musica elettronica, e non
soltanto congegnando testi seriosi. Eppure chi la pensava come noi veniva allora guardato
con una certa diffidenza”. I primi passi nel mondo dello spettacolo torinese sono stati una
diretta conseguenza del comune modo di intendere la musica. “Nell’81 abbiamo messo su
un complesso rock che frequentava l’ambiente underground con brani di stampo futurista. Il nostro particolare stile new wave nasceva da lì”. Ecco allora “Dai alzati in piedi/
muoviti veloce/ balla futuri-
sta/ balla Marinetti”, una
strofa illuminante circa il loro
originale modo di pensare in
note.
Il successivo incontro con i
fratelli La Bionda, gli inventori della disco music italiana, e
il conseguente cambio di etichetta discografica li convince
a diventare fratelli e a fare le cose sul serio. Nel ’83 il loro primo hit, Vamos a la playa, ha
un successo travolgente, inaspettato: si trattava di una simpatica marcia vacanziera interpretata in spagnolo che faceva
il verso ai motivi balneari degli
anni Sessanta, in particolare a
Quando calienta il sol dei
Marcellos Ferial. Il pezzo, un
vero e proprio evergreen della
canzone italiana, rimane per
dieci settimane in vetta alle
classifiche e venderà ben tre
milioni di copie. “Può sembrare incredibile, ma in realtà, come musicisti, ci siamo improvvisati: io suonicchiavo, Johnson non aveva grandi basi, a
parte la capacità di mettere le
mani sulle tastiere per gli accordi. Eppure avevamo successo, tanto”. Nell’84 il bis è assicurato con il piacevole tormentone No tengo dinero, contraddistinto dalla continua ricerca di suoni consoni al mood
sempre più strampalato e clownesco dei suoi interpreti, poi i
Righeira cedono di fronte alle
lusinghe della televisione che li
vuole protagonisti di diverse
trasmissioni di successo, ad
esempio nel varietà Sotto le
stelle, nonché come esecutori
della sigla di Domenica In.
Diretta conseguenza di tutto
ciò erano i guadagni, certo non
stratosferici, ma comunque
molto interessanti. “Allora eravamo dei pivellini, ci sottoponevano i contratti e noi li firmavamo senza andare troppo
per il sottile”, continua Johnson. “Eravamo esplosi dal nulla, non abbiamo avuto il tempo
di corazzarci con la giusta malizia. Io ho speso tutto subito,
Michael è stato più accorto. Se
abbiamo dei rammarichi? Personalmente si, quello di non essermi comperato una casa, anche se c’è ancora tempo per farlo. Il mio socio invece se l’è costruita con le sue mani, una soddisfazione in più”.
“Quando finalmente potevamo pretendere di più di quanto
ci offrivano, eravamo quasi arrivati a fine parabola”, spiega
Micheal. “L’unico rimorso è
quello di non essere riusciti a
vivere quelle situazioni con la
necessaria responsabilità.
Però, in fondo, va bene così:
qualche traccia importante
l’abbiamo in ogni caso lasciata...”.
Nel 1986 i due, abiti sgargianti e movenze vagamente
ska, portano a Sanremo Innamoratissimo, poi, nel quadriennio successivo, tornano in
classifica con Italians a go-go,
quindi incidono i meno fortunati Companeros, Garageamos e Ferragosto. Infine, abbastanza a sorpresa, giunge la
(temporanea) separazione.
“Eravamo saturi di tutto, anche
del rapporto tra noi”, dice Johnson. “Rispetto ad altre coppie
avevamo il vantaggio di non essere mai andati a letto insieme,
per questo siamo rimasti legati
e molto amici. In poche parole,
entrambi avevamo bisogno del
nostro spazio”. Così il più giovane dei due per un po’ si è occupato di altre cose, iscrivendosi al contempo alla facoltà di
giurisprudenza dove ha sostenuto diversi esami pur senza
giungere alla laurea “per colpa
mia, che sono di nuovo piombato nella sua vita. La mia presenza ha sempre avuto effetti
devastanti su Michael. Per
quanto mi riguarda, ho continuato a far musica, incidendo
un paio di pezzi e collaborando
saltuariamente con il trombettista jazz Giorgio Li Calzi”.
La storia
di
Stefano
Righi –
in arte
Johnson –
e di
Stefano
Rota –
in arte
Michael
Sul finire degli anni Novanta il sodalizio dei Righeira è ripartito, con immutato entusiasmo, dalla partecipazione ad
un programma televisivo dedicato al revival del decennio Ottanta, seguito a ruota dalla pubblicazione di un cd che raccoglieva sette versioni rimixate
di Vamos a la playa, il loro cavallo di battaglia. Ora Stefano
& Stefano sono diventati grandi, anche se sappiamo che a loro non gli va: Johnson, a suo
tempo separatosi dopo soli cinque mesi di matrimonio, è fidanzato con una bella ragazza
di ventidue anni, Michael ha un
figlio, Lorenzo, di undici e vive a Vicenza. Però, insieme,
hanno in testa nuovi progetti.
“Abbiamo ripreso con le serate nei locali e nelle discoteche
in giro per l’Italia, intanto stiamo guardandoci intorno, in attesa di un nuovo album, come
al solito scritto da noi: proprio
per questo non abbiamo ancora partorito nulla, un po’ di sana pigrizia non guasta”, è sempre Johnson a parlare. “Nessuno potrebbe calarsi nella nostra
mentalità artistica un po’ bislacca e tanto surreale. Poi, non
dimentichiamolo, il momento
discografico non è dei più propizi. Si parla tanto di lotta alla
pirateria, ma da noi non si fa
niente, mentre in Spagna hanno appena portato l’Iva sui cd
al 4%: non si capisce perché in
Italia un libro di Greggio venga considerato un’opera culturale, mentre un disco degli Eiffel debba essere parificato, ai
fini dell’aliquota, ad un bene di
lusso”.
Lo spirito che anima i Righeira è sempre lo stesso, così
come il genere musicale. “Ci
sentiamo, alla pari di vent’anni fa, figli illegittimi dei tedeschi Kraftwerk, puristi e antesignani della musica elettronica, e continuiamo a pensare in
termini ironicamente progressivi. In poche parole, non siamo cambiati dentro, anche se
tanta acqua è passata sotto i
ponti dai tempi di L’estate sta
finendo”.
Forse, a breve, ne inizierà
un’altra, di estate. Magari non
soleggiata come quella di una
volta, ma altrettanto piacevole
e divertente. Loro, i Righeira,
i numeri ce li hanno tutti, ricchi come sono di estro, di voglia di fare e di idee. Il fatto di
non prendersi troppo sul serio
a volte non rappresenta un difetto, bensì una grande qualità
che consente di affrontare nel
migliore dei modi il mutare,
inesorabile, dei tempi.
■
Cinema in città
Nel giorno di Ferragosto si sono girate scene
invernali: la macchina da presa ci ha ormai scelto come nuova capitale
Ciak, neve su Torino
di Alessandra Comazzi
T
sta. Incredibili fenomeni atmosferici, localizzati in pochi metri quadrati? Ma certo che no, è il cinema, bellezza, è il cinema che si è reimpadronito della città. A Torino si girano decine di film e sceneggiati, i moderni Carri di Tespi con sopra gli attori stazionano nelle strade fa-
orino, quest’anno, è nevicato a Ferragosto. Via Accademia delle Scienze, nel tratto che sfocia in piazza Castello, era ricoperta dal candido manto, nel
giorno dell’Assunta. Contemporaneamente, pioveva davanti a Palazzo Carignano. Pioveva e smetteva, senza so-
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Dario Argento.
cendo concorrenza ai cantieri, inalberano le loro antenne,
svelano i loro camerini mobili, signora Muti, signor Somma, schiudono gli usci delle
sale trucco da campo. Un fenomeno favorito dalla Film
Commission Torino Piemonte che ha ritrasformato città e
regione in un grande set.
Come rivivere nel passato,
“rinasco, rinasco del 1850”,
scriveva Guido Gozzano precipitando nel salotto di nonna
Speranza giovane, che aveva
appena aggiunto un cerchio
alla gonna e arrossiva insieme
con la sua amica Carlotta. Così noi rinasciamo nel 1914,
quando a Torino operavano
14, dicesi quattordici, case di
produzione. Giovanni Pastrone aveva fondato la Itala Film
Torino (sede al ponte Trombetta), realizzando, oltre al resto, il mitico “Cabiria”, kolossal capostipite nella storia
del cinema, didascalie di Gabriele D’Annunzio, colonna
sonora di Ildebrando Pizzetti.
Il suo Moloch troneggia adesso nella sala principale del
Museo del Cinema, alla Mole
Antonelliana.
Quegli “anni d’oro” paiono
tornare, a distanza di un secolo. Come Speranza, anche Torino ha aggiunto un cerchio
alla gonna, è diventata una
città diversa. Ma sta ritrovando nel cinema una antica vocazione. C’è un film, in particolare, dove sembra che il
cerchio si chiuda. È “Dopo
mezzanotte”, di Davide Ferrario, che proprio alla Mole si
svolge, protagonista essendone il custode. Un ragazzo che
in un locale abbandonato della grande costruzione ha organizzato la sua casa. Lì si rifugia una notte una ragazza
della Falchera, cameriera di
fast food, che in un momento
di esasperazione per le minime ma continue angherie subite, ha versato olio bollente
sui genitali del padrone, è
scappata, deve nascondersi.
La Mole diventa così il punto
nodale di tre amori: l’amore
per l’architettura di uno degli
edifici più affascinanti d’Europa; l’amore per il cinema
del passato che il giovane custode proietta per sé; l’amore
complicato tra i due ragazzi.
Dario Argento, per parte
sua, che Torino l’ha sempre
presa in considerazione, se
non altro per l’aura magica
potenziale alleata dei suoi
film paurosi, è tornato a girare qui “Ti piace Hitchcock?”.
Più precisamente, si tratta del
primo episodio di una serie di
lavori per la tv: gli episodi
successivi avranno altri registi, ma tutti la sua supervisione.
“Torino – dice Argento –
sta riconquistando lo spazio
che ricopriva all’inizio del secolo scorso. Ci sono più set
qui che a Roma”. Uno dei motivi, assicurano unanimi registi, attori, tecnici delle più
svariate troupe, di questo gradimento per Torino, è il carattere della medesima. E dei
suoi abitanti. Che siano autoctoni o di importazione, di
recente o di antica immigrazione: comunque poi si comportano tutti allo stesso modo,
perché l’ambiente condiziona. Dunque il comportamento dei torinesi è il seguente: si
disinteressano di quello che
capita. O meglio, si interessano, ma educatamente, con
pardon, guardano un po’, un
poco osservano, però in fretta se ne vanno. Non assillano
gli attori, e se li vedono girare, o passeggiare, o prendere
il caffè da qualche parte o
mangiare la pizza, magari li
additano al vicino, ma restano a debita distanza. Questo
rispetto, questa volontà di non
togliere il respiro (nen gavè ’l
fià) è una caratteristica ap-
prezzatissima da chi viene a
girare a Torino, o più generalmente in Piemonte.
Perché vogliamo mica dimenticare il resto della Regione? Ma certo che no. Ci sono gli studi vicino a Ivrea (Telecittà di San Giorgio Canavese) in cui si gira “Cento vetrine”. Uno dei protagonisti è
Flavio Montrucchio, vincitore della seconda edizione del
Grande Fratello (una bagatella da otto, nove milioni di
spettatori a puntata) nonché
figlio di un macellaio di via
Principe Amedeo. Un macellaio vecchio Piemonte, che
all’inizio non era tanto contento del mestiere scelto dal
figlio, ma poi si è arreso al suo
successo nel dorato mondo
dello spettacolo. Altrove, anche il negozio dei genitori sarebbe stato invaso dalle fan (è
un bel ragazzo, Flavio), alla
ricerca di una epifania filiale.
Qui, niente. Garbata curiosità, ma girare alla larga.
Per non tacere di “Elisa di
Rivombrosa”. Bel fenomeno
anche quello. Cinzia TH Torrini ha girato uno degli sceneggiati di maggior successo
della scorsa stagione televisiva nella reggia di Agliè. Prima non ci andava nessuno,
adesso vanno in molti per vedere “i luoghi di Elisa”. Ma
sempre con circospezione.
Non vedranno, gli spettatori
itineranti, i baldi giovani protagonisti (Vittoria Puccini e
Alessandro Preziosi) cavalcare per il parco, ma avranno conosciuto un’altra bellezza del
nostro vecchio Piemonte. Nel
quale, come si diceva, ormai
si gira di tutto, complice
l’esplosione televisiva delle
fiction: miniserie corte lunghe e medie, telefilm, film veri e propri; e poi gialli, neri,
romanzi rosa, segreti e sospetti, delitti e amori. Alla
Crocetta e alle Vallette, nella
Galleria Subalpina e al Mau-
Scene da
“Elisa di Rivombrosa”
e da
“Dopo mezzanotte”.
riziano, a San Salvario e a Villa Gualino, al Liceo Gioberti
e a Sassi.
Ce n’è per tutti e per tutte
le zone. Ultimi appuntamenti
torinesi, in ordine cronologico: Roberto Faenza si porta
Luca Zingaretti uscito da
Montalbano, Margherita Buy
e Goran Bregovic, il musicista serbo, per girare un film
ispirato al romanzo di Elena
Ferrante “I giorni dell’abbandono”, una storia con lui, lei
e l’altra, in buona sostanza.
Ma amori e tradimenti sono
argomenti eterni, si sa. Ramo
tv, invece: Stefano Reali dirige Beppe Fiorello in “L’uomo
sbagliato”, storia liberamente
ispirata alla vicenda giudiziaria di Daniele Barillà, un giovane accusato, ingiustamente, di traffico di droga.
E mi raccomando, se li vedete all’opera, motore, ciak,
azione, girate alla larga. ■
55
A proposito di cinema / Lo sapevate che?
Tutti gli errori,
le gaffes, i guadagni, i litigi, le incongruenze e i record di Hollywood
I segreti delle dive
di Piero Zanotto
nezze, le imprese epiche, gli eventi storici, le bizzarrie, i
successi clamorosi e i flop più micidiali che si sono verificati all’interno del mondo del cinema nel corso della sua
gloriosa storia ultracentenaria.
Una prima edizione, edita come questa da Gremese ri-
M
olti libri che parlano di cinema lo fanno in termini
di qualità: il cinema come arte. Questo, invece –
scrive nelle prime righe di introduzione il suo autore, Patrick Robertson – spudoratamente ne tratta in termini di pura quantità: raccoglie cioè tutti i record, le stra56
sale a dieci anni fa. Ora si presenta riveduta e ovviamente
aggiornata, col didascalico titolo: “I record del cinema –
Enciclopedia dei fatti, delle
curiosità e dei primati del cinema mondiale, dall’epoca del
muto ad oggi”. 365 pagine da
capogiro per la sterminata panoramica di argomenti sezionati, analizzati, messi allo scoperto, dedicati a tutto ciò che
si chiama cinema con i suoi
protagonisti “visti” dentro e
fuori del set, curiosando su
provini, scelte di cast e titoli,
sulle censure, sui pettegolezzi
tra divi uno contro l’altro, sui
personaggi che il cinema statisticamente ha più frequentato (presidenti degli Stati Uniti
e uno in particolare, Abramo
Lincoln, o figure letterarie come Sherlock Holmes o ancora
le versioni dal repertorio teatrale di Shakespeare, con privilegio per “Amleto”).
I film che han battuto il record di incassi e quelli che
hanno avuto un solo spettatore: Hitler per “Il Grande dittatore” di Charles Chaplin. Visionato in rabbiosa solitudine
nella cancelleria di Berlino.
Ancora: sulle origini spesso
curiosamente occasionali di
temi e argomenti. Magari su
uno spunto di cronaca o su
qualcosa di marginale accaduto allo stesso autore.
Riporta, Patrick, in proposito quest’episodio: Orson Welles, trovandosi un giorno in
una situazione finanziaria a dir
poco disperata, chiese un prestito di 50 mila dollari a Harry
Cohn della Columbia, promettendogli un film, Cohn volle
sapere il titolo, e Welles, sbirciando la copertina del libro
che una ignara guardarobiera
del teatro stava leggendo, disse che sarebbe stato il romanzo di Sherwood King “If / Die
Before / Wake”. Proprio da
quelle pagine egli avrebbe dato vita a “La signora di Shan-
ghai” (1948) con lui protagonista insieme a Rita Hayworth.
Il primo film di... tutto. Il
primo in assoluto della storia
del cinema, il primo realizzato a Hollywood, il primo delle
diverse cinematografie, il primo sonoro, il primo colorato,
il primo in animazione, il primo “panoramico”, il primo...
odoroso, il primo ad affrontare argomenti fino a quel momento tabù. Come il primo bacio sullo schermo, risalente al
film del 1896 “The Widow Jones”, commentato come “assolutamente disgustoso” dal
cronista del giornale “The
Chapn Book”.
In tema s’allarga con dati
specifici, ricordando come il
primo paese dell’Estremo
Oriente a permettere i baci sullo schermo sia stata la Cina.
Mentre in Giappone nel 1926,
dove il bacio era ritenuto “indecoroso, spudorato, sgraziato, imbarazzante”, la prefettura di polizia di Tokyo arrivò a
tagliare fino a 270 mila metri
di pellicola con scene di baci
provenienti da film americani.
Le cose cambiarono totalmente nel 1946...
Omar Sharif fu il primo attore musulmano a baciare la
partner nel film egiziano “The
Blazing Sun” (1953). In India
invece (cronaca dal Reporter
of the Indian Cinematograph
del 1928) durante le scene di
baci “le signore dovevano voltare la testa” per non vedere.
L’ultimo paese nel quale sono tuttora proibiti i baci cinematografici è l’Iran.
Si ha risposta a tutto. Una
storia, lunghissima e talora
istruttiva oltre che zeppa di curiosità, parallela alla storia “altra” del cinema, visto come arte e conquista stilistica e tecnica. Cosa quest’ultima che
comunque è presente anche
qui, fino all’era elettronica e al
primo film in internet.
Qualche curiosità “pizzicata” quasi a caso:
L’attore con la più lunga
carriera sullo schermo, tuttora
in attività, è Mickey Rooney,
che debuttò all’età di 6 anni nel
film “Not to Be Trusted”
(1926) nella parte di un nano
che fumava il sigaro.
Errori, sviste. Tra le innumerevoli anche in film di
grosso impegno produttivo, la
spugna che galleggiava nella
regale vasca da bagno di Elizabeth Taylor, Cleopatra
nell’omonimo film (1963),
era di plastica, del tipo che si
trova facilmente nelle drogherie. Ci è cascato anche
Steven Spielbergh. Nel film
“Indiana Jones e l’ultima crociata” (1989), ambientato nel
1938, si vedono due persone
in attesa all’aeroporto leggere un giornale di... dieci anni
prima.
Shirley Temple: “Ho smesso di credere a Babbo Natale
fin da piccola. Mia madre mi
portò a vederlo in un grande
magazzino di Hollywood e lui
mi chiese subito l’autografo”.
Il più alto compenso per un
doppiaggio è stato di Bruce
Willis: 10 milioni di dollari per
interpretare i vagiti del bimbo
protagonista del film “Senti
chi parla” (1990).
Vi sono anche i record in tema di parolacce e invettive.
Occupano diverse pagine. In
origine, prima che oltrepassassero i limiti delle decenza e
del buon gusto, magari coperte dal suono del clacson di
un’auto di passaggio, come accadde nel film con Fred Astaire e Ginger Rogers “Follie
d’inverno” (1936). Ma, assicura Robertson, con un po’ di
abilità si riusciva a leggerle sul
labiale.
Tra le molte celebrità del
grande schermo che iniziarono la loro carriera nei film porno ci fu anche Sylvester Stallone, che esibiva i propri ad-
La spugna
che
galleggiava
nella
vasca di
Elizabeth
Taylor
(Cleopatra)
era
di plastica
dominali ed anche dell’altro
nel film “A Party at Kitty and
Stu’s” (1970). Passarono sette
anni e il film venne ridistribuito solo per le feste private
col nuovo titolo “The Italian
Stallion”, a 10 mila dollari a
proiezione.
Edna Purviance, la protagonista dei film di Charles Chaplin, fra il 1915 e il 1923, non
lavorò più nel cinema dopo il
1926, e tuttavia rimase sotto
contratto a pieno salario con
Chaplin fino alla morte, avvenuta 32 anni più tardi.
Era Chaplin al tempo l’uomo più pagato del mondo. Sotto contratto alla Mutual, percepiva 670 mila dollari all’anno. E tra i veleni attribuiti alla
gente del cinema nei confronti dei “colleghi” c’è questo, in
proposito, di W. C. Field che
di Chaplin disse: “La migliore
maledetta ballerina del mondo
degli affari”.
Superato, Chaplin, da Mary
Pickford, la “fidanzata
d’America” il cui compenso
minimo alla settimana era di
10 mila dollari, più una gratifica fissa di 300 mila, più altri
150 mila annuali da versare
“per gentilezza” alla madre,
più altri 40 mila per l’esame
delle sceneggiature prima
dell’eventuale contratto. Di lei
Samuel Goldwyn disse: “Ci
vuole più tempo a scrivere i
contratti di Mary che a girare
i suoi film”.
Atroce per i fan di James
Dean quanto disse Elia Kazan
suo regista in “La valle
dell’Eden” (1955): “È stato un
eroe per tutti quelli che in lui
hanno visto solo un bambino
smarrito, mentre in realtà era
un concentrato d’odio e inimicizia”.
Ineffabile, infine, Michael
Caine parlando di Roger Moore: “Se siete in difficoltà e vi
avvicinate a Roger, è certo che
lui vi liquiderà nel più educato dei modi”.
■
Fotografia digitale e dintorni
Novità in casa Minolta,
Sony, Fujifilm, Canon e sul primo franchising fotografico italiano
DSC-F88 IM
Minolta Dimage.
Canon serie Pixma.
Pixma.
Le ultime megapixel
di Edoardo Arpaia
A
Ne è un esempio la bellissima DiMAGE X50 di Konica Minolta, una macchina da 5 megapixel che vanta il
tempo di avvio più veloce sul mercato, visto che le basta
mezzo secondo per scattare una foto. Sottile ed elegante,
la X50 si distingue subito per il monitor di ben 2 pollici,
nche questo mese ritorna il consueto appuntamento
con le ultime novità offerte dal sempre mutevole mondo della fotografia digitale, che ormai ha raggiunto
un livello qualitativo di tutto rispetto ed appassiona un po’
tutte le fasce di consumatori.
59
Alcuni
consigli
per
mandare
in
Internet a
stampare
le vostre
foto
digitali
che insieme al pulsante playback consente di osservare le
immagini appena catturate
con una nitidezza eccezionale. Queste le principali caratteristiche: obiettivo zoom ottico 2.8x (37-105mm); zoom
digitale 4.3x; misurazione su
256 segmenti e spot; capacità
di realizzare video digitali a
15 fot./sec o 30 fot./sec; cattura di un fotogramma da sequenza video; stampa PictBridge; uscita TV; dimensioni 83x62x23mm; peso di soli
125 grammi. Molto interessante è poi la possibilità di rimuovere le parti indesiderate
di sonoro a filmato già effettuato. Maggiori dettagli sul sito www.konicaminoltaphoto.it <http://www.konicaminoltaphoto.it>.
Sempre restando nel range
dei 5 milioni di pixel citiamo
la Sony DSC-F88, erede della
F77 lanciata due anni fa. Appartiene alla famiglia CyberShot e monta un obiettivo 3x
Vario-Tessar, realizzato appositamente per Sony dalla Carl
Zeiss. La sua peculiarità è sicuramente l’ottica orientabile, pensata per tutti i casi in cui
l’autore voglia scattarsi un autoritratto; l’adozione di un
processore Sony Real consente alla DSC-F88 di scattare
immagini ad alta qualità e al
tempo stesso di aumentare
l’autonomia della batteria agli
ioni di litio. Informazioni sul
sito www.sony.it<http://
www.sony.it>.
Dopo il successo ottenuto lo
scorso anno la Fujifilm ha ora
arricchito la sua entry level Q1
con una nuova veste, chiamata Digital RED. Come si intuisce dal nome la macchina
preferita dai giovani si contraddistingue dall’estetica
rosso fuoco, ma la novità più
importante è in realtà il nuovo
sensore CMOS da 3 megapixel effettivi (2048x
1535 pixel), che garantisce
ora una migliorata resa al momento della stampa. Facile da
usare e dotata come le “sorelle maggiori” di funzione per
registrare brevi filmati, la Fuji
Q1 Digital RED può essere
pure usata come web-cam, e
pur essendo equipaggiata di
memoria interna da 8 MB può
alloggiare una xD-Picture
Card contenente fino a 512
MB di dati. Non male per un
apparecchio il cui costo è inferiore a 100 euro. Visitate il
sito www.fujifilm.it <http://
www.fujifilm.it>. Per quanto
riguarda invece le stampanti
una delle più interessanti novità viene da Canon, che ha introdotto la gamma PIXMA,
apparecchi multi funzione degni di un laboratorio fotografico. Possono essere usate anche come fax, scanner e copiatrici, e sono dotate di una
precisione di stampa fotografica tanto elevata perché predisposte con testine che emettono gocce d’inchiostro della
grandezza di 1 pl. Il risultato
è praticamente identico a
quello delle fotografie all’alogenuro d’argento. Canon ha
puntato molto anche sul design delle sue PIXMA, a forma
di cubo e piacevole da integrare nell’arredamento di casa o ufficio. Inoltre la maggior
parte delle PIXMA può stampare senza l’uso del PC, da fotocamere e videocamere digitali PictBridge compatibili o
da schede di memoria. Alcuni
modelli sono pure dotati di
doppio vassoio carta e di
un’unità duplex, per stampe
fronte-retro in automatico su
carta fotografica e comune.
Per evitare il più possibile gli
sprechi del prezioso inchiostro tutti i serbatoi sono a singolo colore e di plastica trasparente.
Maggiori dettagli tecnici
sul sito ufficiale www.canon.it <http://www.canon.
it>. Citiamo infine un interessante servizio appena
inaugurato dal Gruppo Dragoni (fondatore di Dragonfly, il primo franchising fotografico italiano), dedicato
alla stampa in alta definizione delle foto digitali tramite
Internet. Il sito si chiama
PHOTO33.COM, e senza
scaricare alcun software permette giorno e notte di inviare le proprie foto digitali e di
vedersele recapitare, tramite
servizio postale, entro 24
ore. I vantaggi sono evidenti. Il primo è quello di stampare solo le foto desiderate, e
non tutto il rullino come avviene con l’analogico; poi si
possono scaricare le foto da
qualsiasi postazione Internet
in giro per il mondo, risolvendo anche il problema di
archiviazione sulle sempre
limitate schede di memoria;
le stampe possono essere inviate al proprio domicilio,
ma anche a quello di terze
persone, magari come sorpresa di compleanno o per
necessità lavorative. I formati disponibili vanno dai più
tradizionali alle stampe su album e su oggetti di diverso
tipo (calendari, magliette,
ecc...). Poiché la Dragoni si
avvale da sempre della consulenza di Agfa, la qualità
dei materiali e dei risultati finali è assicurata. Così come
è totale la sicurezza nel pagamento, che può avvenire in
tutti i modi possibili grazie al
circuito della Banca Popolare di Sondrio. Si può perfino
aprire un conto virtuale prepagato ed accessibile con
password, da cui scalare di
volta in volta il costo dei servizi usufruiti. L’indirizzo del
sito è appunto www.photo33.com <http://www.photo33.com>, e tra l’altro viene offerto lo sconto del 33%
su tutti i servizi fino alla fine
di novembre.
■
Vini in tavola
A Castelnuovo Don Bosco si
annuncia una gran vendemmia: ecco le “succose” novità
Di Freisa in Freisa
di Edoardo Ballone
D
e minimis non curat praetor” sentenziavano i latini. Ma a proposito
di vino sarebbe grave errore indulgere a questa massima. Sono quei vini
conosciuti da pochi intimi che quasi non
hanno traccia nella letteratura ma che
pure coltivano amatori appassionati. Il
primo e più curioso piemontese è il Multiplician. Originario dalle terre toscane
altro non sarebbe che quel Montepulcia-
62
no che “d’ogni vino è il re” se
le terre monferrine non gli
avessero dato un altro vigore.
Viene poi la Lambrusca. Secondo alcuni studiosi si tratta
di un vitigno indigeno di origine selvatica, che si adatta
alle condizioni ambientali anche meno felici. Oggi raro,
godeva un tempo di gran diffusione. Adesso non si vinifica più da sola ma entra in
uvaggi con altre uve rosse come Barbera e Dolcetti. Non
discosto dalla Lambrusca, più
su verso l’Acquese e anch’esso indigeno dell’Alessandrino troviamo il “Carica l’Asino” con le sue uve bianche
che vanno a maritarsi con la
Timuassa, il Cretese e talvolta con la Barbera bianca e il
Moscato. A Ottiglio, invece
c’è un’altra curiosità: cioè
prosperano alcuni filari di
Romitagi o Ermitage acclimatati forse nel passato Ottocento: essi danno un vino rosso rubino, tendente alla viola
nel profumo e denso nel sapore. Un Malaga discreto è
offerto dalle colline intorno a
Portacomaro mentre Tocai
rossi e neri sono reperibili a
Bergamasco e a Cassano Spinola. C’è poi il Croetto. Questo vitigno ha la virtù di germogliare con venti giorni di
ritardo rispetto ad altri vitigni
più pregiati e, di conseguenza, riesce a passare indenne
attraverso le ultime brinate.
Questa sua caratteristica lo
rende dominatore incontrastato dei fondovalle e delle
zone esposte a settentrione.
Le sue uve però non vengono
quasi mai vinificate da sole e
servono a vari tagli, prevalentemente delle Barbere.
È così chiamato da crua
perché i suoi acini hanno il difetto di stoccarsi al tocco più
lieve. Un altro vitigno, questa
volta vinificato da solo è il
Ruchè. Rosso, nelle due varietà di secco e amabile, ha
vago sentore di nebbiolo e lo
si trova a Castagnole Monferrato. Già che si è accennato al
Nebbiolo, intorno a Moncalvo si può gustare del Bareu
che nulla ha a che vedere con
il Barolo. È un nebbiolo vinificato dolce, ottimo per un pomeriggio in compagnia. A
proposito di vini dolci non
dobbiamo dimenticare la Barbera dolce, più nota come
Ciarato o chiaretto. La si fa
con il mosto degli acini più
maturi, che vengono schiacciati durante il trasporto dal
peso delle uve sovrastanti.
Fra questi vini familiari un
posto di rilievo spetta al “Frola” ricavato dalla vite americana che in piemontese è chiamata appunto frola o fragola
per il suo peculiare profumo e
sapore. Vinificata da sola,
tende a perdere colore sino a
farsi quasi giallo. Frizzante e
simpatico, dicono gli intenditori che ha un gusto “volpino”
che è poi la traduzione del
“foxy” attribuito a tutti i vini
americani.
Olivola e Portacomaro offrono un buon Moscato
d’Amburgo, che è però
un’uva da tavola, ma è stato
vano ogni tentativo per rintracciare le origine di questo
appellativo. Un altro Moscato è quello di uva Greco. In
verità è assai più magro del
Moscato d’Asti, ha una maggior sedimentazione ma è ricco di profumo e di aroma. C’è
poi un Cari, derivante da uva
da tavola, in quel di Chieri,
frizzante, sugli 11 gradi, che
tende all’abboccato e si presenta di un rubino cupo, assai
invitante.
Ancora in quella zona si
trova del “Bonarda” che è anche sparso nel territorio astigiano e in quello alessandrino. Vino antico e rinomato,
sugli 11-13 gradi, è di un bel
rosso, profumato, asciutto ma
talvolta tendente all’abboccato, sovente frizzante e ricco di
spuma. Ideale compagno di
una serata a tarocchi o di un
pomeriggio a bocce. Una vera rarità è l’intera collina della cascina Villacosta in quel di
Castagnole Lanze che esibisce lungo le sue pendici uno
dei maggiori vigneti piemontesi di Bonarda. Bonarda che
fu definita la nonna dei vini.
Una antica ma presto abbandonata dai contadini non appena si poterono impiantare
nuovi e più produttivi vitigni.
Insomma, fra i territori dei cosiddetti vini anarchici, è bello avventurarsi in un viaggio
enologico fra i nomi più antichi della produzione piemontese nel nome di Bacco e dei
suoi estimatori.
■
A proposito…
Oltre ad essere famoso per la Freisa
Castelnuovo Don Bosco ha anche un figlio molto celebre
Il re
del giunco
L
a storia della ditta Gionco Fratelli inizia a Castelnuovo Don Bosco, negli Anni Sessanta. La
famiglia Gionco, originaria di Cessalto in provincia di Treviso, è arrivata in Piemonte negli Anni cinquanta, anni in cui molte famiglie venete sono emigrate in “cerca di fortuna”. La famiglia Gionco era composta da tre fratelli, le mogli, i due genitori e un totale di trenta figli; sì, ripetiamo, di trenta figli. Vivevano tutti nella stessa casa in provin-
cia di Asti e lavoravano la terra a mezzadria. Mario, il più
anziano dei tre fratelli, aveva
imparato a lavorare i vimini
dagli invasori tedeschi durante la Prima Grande Guerra.
Tramite un suo amico un giorno venne a sapere che a Castelnuovo c’era un tale, Picollo, che cercava operai per la lavorazione del giunco e dei vimini (a Castelnuovo erano già
più di cento anni che si lavoravano i vimini, era proprio
una tradizione, c’erano più di
settanta artigiani). Mario, alla
ricerca di un lavoro più redditizio colse l’occasione e nel
’54 si trasferì in Piemonte con
la sua famiglia. I Gionco si dimostrarono da subito ottimi
artigiani e aiutarono con il loro lavoro ad aumentare il giro
d’affari. Picollo, avendo bisogno di ulteriore mano d’opera,
fece arrivare nel ’59 la famiglia del secondo fratello Luigi
e nel ’60 quella del terzo, Giulio. Per un po’ di anni andò tutto a gonfie vele, poi il lavoro
diminuì e il signor Picollo decise di mandar via gli ultimi arrivati. La famiglia di Giulio
non si perse d’animo, affittò
un laboratorio e iniziò a lavorare per conto suo dando origine, nel ’66, alla Gionco Fratelli. Nel giro di pochi anni riuscirono, grazie alla loro abilità, ad avere più lavoro di Picollo. Con il passare degli anni Picollo ha chiuso e dei tanti fratelli solo uno, Piero, ha
continuato l’attività.
Oggi, la tradizione dei vimini castelnovesi, tanto diffusa anni fa, è portata avanti da
Gianni, figlio di Piero, e da
Mario nipote del Mario che
aprì la strada nel ’54. Le cose
sono molte cambiate negli anni. Dalla sola lavorazione del
vimini si è passati alla lavora-
64
zione del giunco, con cui si
possono costruire tutti i tipi di
arredo, dai più classici mobili
da giardino, ai soggiorni, camere da letto, bagni e, nel limite del possibile, qualsiasi
idea strana venga in mente. Infatti, grazie a tutti questi anni
di esperienza, alla Gionco Fratelli si riescono a fare articoli
su misura che si adattano a tutte (o quasi) le esigenze. Se uno
ha degli spazi in casa di un certo tipo, si fanno mobili che ottimizzino gli spazi, o se una
persona ha “misure” fuori del
comune, si può fare, ad esempio, una poltrona più grande o
un letto più lungo. Purtroppo
negli ultimi anni c’è stata una
forte concorrenza di articoli di
produzione orientale che costa
molto poco ma che tuttavia è
spesso anche di bassa qualità.
E sono poche le persone che
riescono a capire che un articolo fatto in un certo modo può
durare più di cento anni e che
questi mobili acquistano nel
tempo un valore di antiquariato. I materiali utilizzati per le
lavorazioni arrivano in prevalenza dall’Indonesia, Thailandia e Filippine. Il lavoro a Castelnuovo Don Bosco consiste
nel fare pezzi d’arredo su misura o da vendere nell’esposizione. Il lavoro della
famiglia Gionco non è soltanto la vendita ma anche la preparazione di pezzi d’arredo su
misura. Si fanno inoltre molte
riparazioni su sedie e poltrone
che all’occhio inesperto sembrano da buttare. Ma i lavoratori del giunco si lamentano.
Dicono che il loro lavoro si sta
perdendo e che la gente considera i mobili di giunco quasi
come pezzi da uso e getta senza sapere che invece si tratta di
un’arte, quella del giunco.
Inoltre, dicono quelli dell’ambiente, che le persone che cercano questo tipo di arredamento sono in genere persone
serene. Ci piace crederlo. ■
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