Fuochi d`artificio sul traffico Fuochi d`artificio sul traffico
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Fuochi d`artificio sul traffico Fuochi d`artificio sul traffico
www.acitorino.it Ac news 1,00 euro Ottobre 2004 - n. 4 Poste Italiane - Spedizione in a.p.- 45% - Art. 2 comma 20/B legge 662/96 - D.C./D.C.I. Torino Fuochi d’artificio sul traffico Centro revisioni: anche la sostituzione olio, filtri e pastiglie dei freni Torino: la mappa delle nuove case sulla Spina Motori: quattro ruote motrici per l’inverno Formula 1: ecco la Ferrari del 2005 Torino da scoprire: la Mole, il cinema e la televisione ADALBERTO LUCCA, DIRETTORE RESPONSABILE PIERO SORIA, IDEAZIONE E COORDINAMENTO www.acitorino.it Ac news 1,00 euro NOTIZIARIO PER I SOCI dell’Automobile Club di Torino (autorizzazione del tribunale di Torino 3592 del 2/12/1985). Pubblicazione di informazione. Abbonamento riservato ai Soci. Editrice: Edit-Data S. Francesco s.r.l., via Giolitti 15 tel. 57.79.288/9 - Direzione, Redazione: via Giolitti 15 - tel. 57.79.213 - Composizione, Stampa: G. Canale & C. S.p.A. - Torino - Pubblicità: All-Media, corso Siracusa 152 - tel. (011) 311.90.90. Ottobre 2004 - n. 4 In questo numero 3 PIERGIORGIO RE 20 • È il momento del buon senso 4 ADALBERTO LUCCA ROBERTO VALENTINI 26 NOTIZIE ACI CRISTIANO CHIAVEGATO 30 EDOARDO MASSUCCI NOTIZIE ACI RENATO SCAGLIOLA • Da Raffaello a Goya 16 LUCIANO BORGHESAN ANNA MASERA • Non soltanto Olimpiadi MAURIZIO TERNAVASIO • L’estate non sta finendo 53 ALESSANDRA COMAZZI • Ciak, neve su Torino 56 • Il costruttore di ghironde 39 • Tutte le Spine di Torino 18 50 • I meravigliosi giocattoli Cardini 34 GIORGIO RICATTO MARGHERITA OGGERO • Doveva essere una sinagoga PIERO ZANOTTO • I segreti delle dive 59 • Là dove nacque Afrodite 44 ANGELO CAROLI • Grande cuore granata • La Ferrari prossima ventura • Convenzioni per i Soci 15 47 • A tutto diesel 28 BRUNO QUARANTA • Quel grattacielo fatto a fiasco GIANNI ROGLIATTI • Traffico: che cosa ne pensano i torinesi 12 46 • Le quattro ruote motrici torinesi • Le nostre proposte 6 PIERO BIANCO EDOARDO ARPAIA • Le ultime megapixel 62 EDOARDO BALLONE • Di Freisa in Freisa L’opinione del Presidente Uno scotto inevitabile da pagare per presentarci all’appuntamento olimpico con una Torino-salotto, ma adesso… È il momento del buon senso È vero che le occasioni si devono prendere al volo – la concomitanza dei Giochi Olimpici Invernali ha creato afflusso di denaro e stimolato la voglia di agire di tutta la città – ma è pur vero che troppe occasioni nello stesso momento sovente creano confusione. Con tanti cantieri aperti contemporaneamente, infatti, il nostro già asfittico traffico è piombato nel caos. E chi circola le studia tutte pur di togliersi dagli ingorghi. Se ne vedono veramente di tutti i colori: svolte vietate, pasdi saggio con semafori rossi, tratPiergiorgio ti percorsi in controsenso, insomma tutte le trasgressioni Re all’insegna del “si salvi chi può”. Era l’inevitabile scotto da pagare per presentarci all’appuntamento olimpico con una Torino-salotto. È indubbio che la futura viabilità torinese ne trarrà sicuri benefici; insomma il boccone è amaro ma è necessario trangugiarlo. Bisogna però che tutti indistintamente – automobilisti, motociclisti, scooteristi, ciclisti e anche gli stessi pedoni – entrino nell’ordine di idee di attingere copiosamente alla loro riserva di pazienza e, soprattutto, si mettano in testa che, comunque stiano andando le cose, occorre rispettare al massimo il codice stradale (magari mettendosi per strada con largo anticipo per eliminare la fretta): gli automobilisti si risparmieranno le svolte dai centro strada quando vietato, rispettando i semafori e le corsie preferenziali. 3 È molto aumentato il traffico su due ruote, perciò motociclisti e scooteristi eviteranno sia gli slalom ad alta velocità tra i veicoli fermi (in particolare i “guizzanti” scooteristi vedano di allacciarsi il casco, diversamente è come non averlo e ben venga una giusta severità dei vigili urbani), sia i controsensi, infrazione, quest’ultima, nella quale si cimentano sovente anche i ciclisti (purtroppo non esiste da noi una cultura della bicicletta come in alcuni paesi europei, ad esempio Olanda e Danimarca), i quali, tra l’altro, si stanno appropriando sempre più dei marciapiedi, con gravi rischi per sé stessi e per i pedoni (specie per quelli che escono da un negozio o portone). Anche i pedoni si assumano le proprie responsabilità: esiste un codice comportamentale che devono seguire, pur credendo di avere immunità e impunità assolute. Non si buttino ad attraversare all’ultimo momento, sbucando anche – pericolosissimo! – davanti ad un bus alla fermata, e si affrettino a raggiungere il lato opposto della strada; così contribuiranno a sveltire il traffico. Nei momenti di difficoltà è più utile collaborare rispettando la regola, piuttosto che protestare e comportarsi in modo irresponsabile causando, generalmente, danni a terzi. In questa situazione, com’è doveroso chiedere tolleranza e rispetto delle regole ai cittadini, è altrettanto indispensabile che chi è preposto al controllo dimostri buon senso, rendendosi conto della particolarità della situazione. ■ Le proposte dell’AC Torino Aprire via XX Settembre e via Arsenale - Doppio È anche necessaria una attenta revisione delle soste (vie Giolitti, Alfieri, o P arlare del traffico e delle problematiche che ne discendono è attualmente l’argomento più diffuso a Torino; ognuno ha la sua ricetta, le sue critiche, e tutti tanti motivi per lamentarsi. Volendo fare un po’ di ordine, dobbiamo innanzitutto ricordare a noi stessi ciò che tutti sappiamo, e cioè la particolare situazione che la nostra città deve affrontare in questi anni: la me- di Adalberto Lucca 4 sen Cav oppio fieri, senso in via Rossini Cavour, S. Massimo) tropolitana, la sistemazione della Spina, le Olimpiadi, oltre alla normale realizzazione di opere stradali, parcheggi, stesura cavi, teleriscaldamento, e così via, un insieme incredibile di opere la cui realizzazione congiunta met- terebbe in ginocchio qualunque città. In quest’ottica credo che si possa dire onestamente che, in linea di massima, i provvedimenti adottati dall’Amministrazione nei singoli casi specifici siano stati adeguati alle situazioni, così come bisogna dare atto agli automobilisti torinesi di una buona dose di pazienza e di adeguamento alle criticità da affrontare. Diciamo questo perché ove si volessero dare dei suggerimenti all’Amministrazione ci si accorgerebbe forse che non sono tante le cose da proporre, anche se interventi significativi possono essere attuati. Certo ciò non toglie che bisognerebbe verificare a monte se la realizzazione di tutte queste opere non avrebbe potuto in qualche modo essere diluita nel tempo, ma tant’è. Abbiamo comunque cercato di approfondire la situazione nella zona centrale della città, dove però non ci troviamo di fronte ad una situazione di emergenza, bensì ad una viabilità quasi definitiva, tenuto conto della pedonalizzazione di piazza San Carlo; quindi le criticità riscontrate al rientro dalle vacanze dovranno comunque essere superate, con l’adozione di misure che possano anche tener conto di alcune nostre proposte: • Apertura al traffico privato di via XX Settembre e via dell’Arsenale, consentendo anche il traffico in via San Quintino, onde realizzare un ulteriore diretto accesso a via San Secondo, che ormai costituisce interamente la direttrice nord-sud, prima rappresentata anche da via Sacchi. • Revisione della canalizzazione in piazza Solferino 5 del traffico proveniente da via Alfieri, sacrificato dalla nuova sistemazione della piazza dopo l’apertura di Atrium. • Limitazione della sosta ad un solo lato sulle vie Giolitti, Alfieri, e Cavour, ripristinando così la situazione esistente prima dell’inizio dei lavori in piazza Valdo Fusi, che consentiva uno scorrimento più veloce. La situazione creatasi in queste vie è una delle cause principali delle code nell’area centrale, infatti è sufficiente la presenza di un ciclista o l’apertura dello sportello di un’auto in sosta che tutto si ferma con effetti micidiali sulla circolazione. Per quanto attiene l’inquinamento in particolare è utile ricordare come la sosta ad un semaforo moltiplichi, con la ripartenza del veicolo, l’effetto inquinante; ora nelle vie in questione ogni apertura di sportello crea un “effetto semaforo”, con una moltiplicazione per migliaia di volte al giorno. • Riduzione della sosta ad un solo lato nell’ultimo tratto di via San Massimo, al fine di consentire una più veloce e funzionale canalizzazione per l’immissione in via Po. • Abilitazione al doppio senso di marcia in via Rossini. Una serie di interventi quindi che potrebbero dare un contributo ad una velocizzazione del traffico nell’area centrale, che comunque tra breve si potrà giovare della riapertura di via Accademia Albertina, e speriamo quanto prima anche di via San Francesco da Paola, interrotta da oltre tre anni. ■ Una dozzina di suggerimenti di facile attuazione Opionioni a confronto C’è chi addirittura chiede di eliminare la stesso biglietto del mezzo pubblico. Chi punta il dito sull’indisciplina degli au Arianna Piola e Aldo Astrua - Sotto: Lorenzo Marandola e Marco Patrone. Traffico: che cosa ne pensano i torinesi A llargamento della Ztl, cantieri, “rivoluzione” della circolazione nelle centrali Via Carlo Alberto e Lagrange: mai come quest’anno l’autunno torinese è stato così caldo per gli automobilisti. Un insieme di difficoltà incombe infatti su chi deve recarsi in centro con la propria vettura. Alle già pesanti difficoltà dovute ai cantieri della metropolitana e per le strutture olimpiche si sono aggiunte inoltre anche quelle create dai costruendi parcheggi in Piazza San Carlo e Piazza Vittorio. I primi ad essere interessati Interviste dai prossimi cambiamenti sono i commercianti, che si preoccudi pano soprattutto delle ripercusRoberto sioni delle scelte dell’assessoValentini re al Traffico Maria Grazia Sestero sull’afflusso di clienti nei propri negozi. Dice Lorenzo Marandola, titolare di un negozio di fotografie in Via XX Settembre: “Va bene aumentare le aree pedonali e ampliare la zona a traffico limitato, ma occorre anche creare dei parcheggi dove chi viene in centro può lasciare la vettura. A chi usufruisce di questi parcheggi si dovrebbe dare la possibilità di utilizzare dei mezzi pubblici con lo stesso documento-biglietto rilasciato dal parcheggio. Si deve aumentare la facilità di accesso al centro, messa a dura prova dai cantieri e dalle crescenti limitazioni alla cir- 6 colazione”. Chi invece è scettico sui futuri cambiamenti è Marco Patrone, edicolante di Via Cavour “Il traffico è molto pesante, occorrerebbe elimanare anche la Ztl. L’unica nota positiva viene dai parcheggi: io vengo a lavorare in auto e trovo sempre posto”. Fiduciosa è invece Arianna Piola, del negozio N.Y Company di Via Lagrange: “penso che il traffico diventerà molto più scorrevole introducendo il senso di circolazione unico. Spero che questa soluzione faccia diminuire anche l’inquinamento che alcune volte è in- Ztl, c tomo are la gli au si 3404313134 Ztl, chi invece chiede parcheggi pagati con lo tomobilisti, chi vuole più strade d’accesso sopportabile. Riguardo alla Ztl e alle aree pedonali sono incerta. Da cittadina penso che queste soluzioni facciano aumentare la vivibilità della città: le splendide architetture dei bellissimi palazzi del centro storico si apprezzano molto di più senza auto intorno. Da commerciante penso che tutte le limitazioni alla circolazione rischiano di far diminuire la mia clientela”. Per Federica Spiez, della libreria “Zero in condotta” di Via Po, il traffico è molto caotico. “Anche se – precisa la commerciante – penso sia dovuto alla scarsa discliplina degli automobilisti più che ai cantieri. Ci vorrebbe più controllo. Tutte le altre novità, come la costruzione dei parcheggi e l’allargamento della Ztl le giudico favorevolmente, così come le domeniche a piedi”. Numerose le sedi di istituti bancari interessate dai cantieri. “Personalmente uso il treno per venire a Torino – spiega Livio Racca della Cassa di Risparmio di Parma e Piacenza, con sede in via Giolitti 1 – e, a parte il silenzio irreale di piazza San Carlo, dal mio punto di vista non è cambiato nulla. È invece cambiata l’attività della banca. Molti nostri clienti non vengono agli sportelli della sede centrale, preferendo operare nelle filiali periferiche, che ci fanno giungere le pratiche attraverso il nostro servizio di posta interna. La principale difficoltà che lamentano è quella di riuscire a raggiungerci attraverso le strade di accesso e, soprattutto, di non poter parcheggiare nella piazza”. Per chi viene da fuori città, Torino sta diventando sempre più una meta poco ambita. “Cerco di venire in centro il meno possibile – spiega Aldo Astrua, imprenditore in pensione – e, se proprio non posso farne a meno, parcheggio l’auto fuori dal centro, in precollina, e prendo un mezzo pubblico. Anche se, soprattutto adesso, anche gli autobus e i tram viaggiano a rilento”. Giacomo Soffiantino, famoso pittore torinese si lamenta anche della chiusura al traffico della domenica. “In questi momenti – spiega – si potrebbe almeno ricorrere alle alternanze: una domenica sì, una domenica no, per poi tornare ai veti totali quando i cantieri saranno chiusi. Domenica scorsa, da dove abito io, alla Gran Madre, ho impiegato più di un’ora per andare a trovare un amico indisposto all’inizio di corso Galileo Ferraris. Non si capisce che sono proprio gli ingorghi a far alzare il tasso d’inquinamento e si pensa che il medesimo, creato dai grandi ‘tappi’ sul perimetro della ‘zona proibita’, non coinvolga il centro. Pura illusione”. Per chi abita appena fuori città i disagi maggiori. “I tempi di percorrenza si sono decisamente allungati – spiega Franco Gemello, funzionario che abita a Grugliasco e lavora in via Santa Teresa – e il gran numero di cantieri rende sempre più pericoloso circolare in motocicletta. Ho rinunciato ad utilizzare la due ruote dopo aver rischiato incidenti a causa del fondo stradale e del continuo slalom che si deve fare. In auto, o si parte molto presto al mattino, oppure è impossibile arrivare in tempo. L’unica consolazione è che i cantieri che devo superare riguardano la metropolitana, che spero entri presto in funzione. Per me sarebbe l’ideale”. ■ 7 Mandateci un Sms per dire la vostra C antieri e lavori stradali, traffico, tangenziale , semafori e divieti: negli ultimi tempi gli automobilisti in Città sono alle prese con la difficoltà di circolazione. L’Automobile Club Torino vuole sentire la Voce di chi guida e soprattutto i suggerimenti che ognuno ha da fare per rendere meno difficoltosi gli spostamenti in città. Se volete dire la vostra, AC Torino è a disposizione per raccogliere i suggerimenti dei Soci al fine di migliorare la situazione del traffico, soprattutto in centro dove più si concentrano le difficoltà legate all’avanzamento dei numerosi lavori per la metropolitana ed i parcheggi. Per essere contattati dall’AC Torino sarà sufficiente inviare con il proprio telefono cellulare un messaggio (SMS) con la parola: TRAFFICO al Numero 3404313134. Riceverete immediatamente un messaggio di conferma. Nei giorni successivi verrete richiamati da un nostro operatore che raccoglierà i suggerimenti e li girerà direttamente al Comune. I Soci Aci saranno così propositivi nei confronti di un problema che spesso genera la■ mentela ma poche proposte costruttive. Con un Sms le informazioni sono a portata di mano Informa D opo l’annuncio dell’attivazione del servizio sul numero di Aprile di ACI News, Automobile Club Torino ha reso disponibili molte altre informazioni tramite SMS. Le informazioni che normalmente si richiedono tele- fonicamente o di persona possono essere anche ottenute sul proprio cellulare inviando un messaggio all’A.C. Torino. Presentiamo una nuova funzione che renderà l’Automobile Club Torino sempre di più al fianco dei Soci. PAROLA DA INVIARE PARK CINEMA INFORMAZIONE Dove parcheggiare con ACI in Centro a Torino Per andare al Cinema a tariffe scontatissime CHECKUP Un check up per avere il veicolo sotto controllo prima di partire REVISIONE Quali mezzi devono effettuare la revisione nel 2004? REVISIONE2 Quanto costa la revisione con l’Automobile Club Torino? BOLLINO Quali veicoli devono effettuare i controlli dei gas di scarico e quando? BOLLINO2 Quanto costa effettuare il controllo dei gas di scarico con l’Automobile Club Torino? RICARICA Cosa offre il mio Club per controllare e ricaricare il condizionatore del mio veicolo? ACCESSORI Quali accessori per la mia auto posso acquistare presso il Centro Revisioni Auto & Moto Aci di Torino? PATENTE Quando rinnovare la patente? PATENTE2 Dove rinnovare la patente? Cosa offrono gli uffici A.C. Torino? PATENTE3 Quando la patente è deteriorata? Cosa fare? PATENTE4 Cosa fare quando si subisce il furto della patente di guida? PATENTE5 Cosa fare quando si smarrisce la patente di guida? TASSE Dove pagare la tassa di proprietà del proprio veicolo con A.C. Torino? TASSE2 Come calcolare l’importo della tassa di proprietà quando è espressa in kilowatt? TASSE3 Come calcolare l’importo della tassa di proprietà quando è espressa in CV? TASSE4 Le auto immatricolate da più di trent’anni pagano la tassa di proprietà? TASSE5 Quanto e quando pagano la tassa di circolazione i ciclomotori? TASSE6 Come si calcola la tassa di proprietà per i motoveicoli? NOLEGGIO INDICE Si può noleggiare un’auto o un veicolo commerciale con AC Torino? L’elenco delle informazioni via SMS di AC Torino Informa 8 ■ Novità al Centro Revisioni Ricarica Condizionatore Soci Aci 45,00 € Non Soci 60,00 € I (angolo Via Filadelfia) arricchisce la proposta di servizi l centro revisioni di Piazzale S. Gabriele da Gorizia 210 per gli automobilisti e Soci ACI. È possibile, dal mese di settembre 2004, effettuare presso il Centro Revisioni anche il cambio olio al proprio veicolo. Aumenta così la disponibilità di operazioni che si possono effettuare nel Centro Tecnico. 1. Associazioni 2. Revisione 3. Prerevisione 4. Bollino Blu 5. Check up 6. Ricarica condizionatore 7. Sostituzione filtri abitacolo 8. Sostituzione spazzole tergicristallo 9. Sostituzione Batteria 10. Sostituzione filtro aria 11. Vendita Accessori di sicurezza 12. Sostituzione pastiglie freno 13. Sostituzione olio e filtro olio Revisione Soci Aci Non Soci 37,14 € prerevisione Gratuita 37,14 € prerevisione 20,66 € Check up Soci Aci Non Soci 10,50 € 13,50 € Il Centro Revisioni Aci è sempre in evoluzione per garantire ai Soci un servizio tecnico efficiente e conveniente. Molti servizi in un solo luogo sono utili per far risparmiare tempo prezioso ai Soci, le tariffe riservate costituiscono un altro vantaggio esclusivo. Questi servizi uniti ad altri quali gli avvisi di scadenza revisione o le chiamate telefoniche per rammentare la prossima scadenza del bollino Blu, rendono i clienti del Centro revisioni automobilisti speciali. ■ Come di consueto i Soci hanno un vantaggio su tutte le operazioni: Il Centro revisioni su ogni operazione ha riservato Prezzi scontatissimi ai Soci ACI. Ora anche Alcuni Esempi: Sostituzione Olio e filtro Olio (fino a 4 kg di lubrificante) Soci Aci Non Soci 54,00 € 64,00 € Bollino Blu Soci Aci Non Soci 8,65 € 11,50 € il cambio olio e filtro a soli € 54,00 per i Soci 9 I vantaggi per i Soci: Le pratiche automobilistiche L’ Automobile Club Torino mette a disposizione dei Soci la propria esperienza nel campo delle pratiche automobilistiche con una capillarità estesa sia in Città sia in Provincia, in qualsiasi luogo troviamo nelle vicinanze un ufficio ACI pronto ad occuparsi delle pratiche necessarie alla mobilità degli automobilisti. 13 Uffici in Città Sede centrale Delegazione 2 Delegazione 3 Delegazione 4 Delegazione 5 Delegazione 6 Delegazione 7 Delegazione 9 Delegazione 10 Delegazione 11 Delegazione 13 Delegazione 14 Delegazione 15 Via Giolitti, 15 C.so Dante, 45 C.so Francia, 66 C.so Novara, 20/H C.so Trapani, 115 C.so Duca D. Abruzzi,79 C.so Valdocco, 3 Via Piobesi, 2/B Via Casteldelfino, 8 Via Valdellatorre, 188 Via Dandolo, 2/B Via Pergolesi, 3 Via Fidia, 14 14 Uffici in provincia Carmagnola Chieri Chivasso Ciriè Collegno Moncalieri Nichelino Orbassano Pinerolo Piossasco 10 P.zza Manzoni, 11 Via Vittorio Emanuele, 14 Via Bonacini, 18 Bis Via San Maurizio, 15 C.so Francia 111/B C.so Savona, 4 Via Torino, 85 P.zza Umberto I, 10 C.so Torino, 168 Via Pinerolo 41 Quali pratiche? 1) Tasse automobilistiche Tutti gli uffici offrono al pubblico ed ai Soci la possibilità di effettuare il pagamento delle tasse automobilistiche, presentando la copia del libretto di circolazione ed il codice fiscale dell’intestatario, gli addetti effettueranno il calcolo esatto dell’importo dovuto e procederanno all’esazione rilasciando la ricevuta di pagamento. La richiesta del documento di circolazione avviene per una più attenta verifica dei dati con conseguente precisione dell’esazione, si eviteranno così errori che potrebbero causare future sanzioni. 2) Patente di Guida Presso gli uffici e le delegazioni dell’A.C. Torino si effettuano in un’unica soluzione tutte le operazioni richieste per il rinnovo della patente di guida: – Visita Medica – Versamenti su bollettino di pagamento – Invio della documentazione agli uffici competenti Normalmente si dovrebbero effettuare queste operazioni in tre uffici diversi, con l’A.C. Torino una sola visita agli uffici risolve il problema. Anche nel caso di smarrimento o deterioramento del documento di guida, qualora gli uffici delle forze dell’ordine a cui ci si è rivolti per la denuncia, non siano in grado di duplicare d’ufficio la patente gli uffici dell’A.C. Torino provvederanno a sbrigare la pratica. Anche in questo caso tutto verrà risolto in pochi mi- nuti, rilasciando un documento che permetta la circolazione in attesa che il il duplicato della patente venga elaborato e consegnato all’ufficio ACI dalla Motorizzazione Civile. Documenti necessari: – Patente di guida / denuncia di furto o smarrimento – Carta di identità e codice fiscale – In caso di duplicato: tre fotografie formato tessera di cui una autenticata. 3) Passaggi di proprietà Tutto in una volta: Atto di Vendita con il Notaio, Pratica di Voltura e rilascio dei documenti di viaggio provvisori e definitivi dopo pochi giorni grazie alle nuove procedure telematiche che permettono la stampa del libretto di circolazione e del Certificato di proprietà entro pochissimo tempo dalla richiesta. Tutti gli uffici e le delegazioni dell’A.C. Torino si avvalgono presso la loro sede della collaborazione di un Notaio e si faranno carico di tutte le necessarie operazioni per portare a buon fine il passaggio di proprietà. Documenti necessari: – Libretto di circolazione – Certificato di Proprietà – Carta di identità e codice fiscale di venditore ed acquirente. 4) Visure ed estratti cronologici Può essere necessario conoscere o ricostruire la storia di un veicolo, conoscendone la targa presso tutti gli uffici e de- 11 legazioni dell’A.C. Torino si otterranno in breve tempo le informazioni richieste. Inoltre è possibile ottenere: Successioni - Immatricolazioni - Reimmatricolazioni Procure Notarili - Perdite di possesso - Radiazioni - Conversione della patente Estera o Militare - Patente internazionale - Contrassegno per ciclomotori (targa) - Prenotazioni per revisione e bollino blu. In poche parole i soci hanno a disposizione su tutto il territorio di Torino e provincia un ufficio di consulenza che si prenderà cura delle pratiche affidategli con un notevole risparmio di tempo e come al solito di denaro. Risparmio perché? Tutte le pratiche che i Soci affideranno agli uffici e delegazioni dell’A.C. Torino godranno di un trattamento particolare: LO SCONTO RISERVATO AI SOCI. Tutti i soci hanno diritto al 20% di sconto sui diritti di agenzia. Gran parte della quota associativa viene così restituita sotto forma di sconto. Come al solito per ottenere i benefici basterà presentare la propria tessera associativa in corso di validità. Presso la sede di via Giolitti 15, per chi non avesse tempo di tornare per il ritiro è possibile richiedere l’invio dei documenti al proprio domicilio tramite posta. Un altro piccolo vantaggio a di■ sposizione. 803.116 NUMERO VERDE PER I SOCI Soccorso stradale Assistenza medica Assistenza all’abitazione Informazioni Servizi turistici Automobile Club Torino – Uffici: via Giolitti, 15, Tel. 011/57.791, Fax 011/57.79.286, Orario al pubblico: 8.30-13.00 / 14.0017.00 dal lunedì al venerdì - Sito Internet: www.acitorino.it - Indirizzo posta elettronica: [email protected] Ufficio sportivo: Lunedì-Venerdì 8.30-12.30 Soccorso stradale nazionale: 803116 Noleggio autovetture e parcheggi ACI: via S. Francesco da Paola, 20, tel. 011/562.35.14 Centro Lavaggio Racconigi: largo Racconigi 191, tel. 011/377995 - Centro Tecnico (Revisioni Auto, Bollino Blu, batterie, pastiglie freno, olio e filtro olio, check up): piazzale San Gabriele da Gorizia, 210, Tel. 011/30.40.748 Autoscuola Club: via Giolitti 15, Tel. 011/57.79.246, c.so Moncalieri, 215, Tel. 011/66.12.623 - Autoscuola Eureka: c.so Tassoni, 57, Tel. 011/ 74.79.71. ■ Le convenzioni dell’A.C. Torino per i Soci ACI P resentando la propria tessera ACI in regolare corso di validità, è possibile godere delle seguenti agevolazioni: CULTURA E TEMPO LIBERO • Palazzo Bricherasio, via T. Rossi (angolo via Lagrange), Torino – tel. 011/5711811 - www.palazzobricherasio.it. “Da Raffaello a Goya. Ritratti dal Museo di Belle Arti di Budapest”. Sconto 15% sul biglietto d’ingresso alle mostre, per il socio e per un accompagnatore. (Il parcheggio sotterraneo ACI di via Roma ha uno dei suoi ingressi davanti al Palazzo: i soci godono di tariffa di sosta oraria ridotta). • Museo Nazionale del Cinema - Mole Antonelliana, via Montebello 210, Torino – tel. 011/8125658 - www.museonazionaledelcinema.org. Sconto 20% sul biglietto d’ingresso, per il socio e per un accompagnatore. • “Sala 3” Multisala Cinema Massimo, via Verdi 18, Torino - tel. 011/8125606. Sconto 30% sul biglietto d’ingresso agli spettacoli, per il socio e per un accompagnatore. • Teatro Regio di Torino, piazza Castello 215, Torino - tel. 011/88151 www.teatroregio.torino.it. Sconto 10% sui biglietti degli spettacoli prodotti dal Teatro (ad eccezione delle recite abbinate ai turni di abbonamento Pomeridiano 1 e 2). • Fondazione Italiana per la Fotografia, via Avogadro 4, Torino - tel. 011/544132 - www.fif.arte2000.net. Sconto 25% sul biglietto d’ingresso alle esposizioni; sconto 20% sui libri editi dalla Fondazione. • Museo di Arti Decorative Fondazione Accorsi, via Po 55, Torino - tel. 011/8129116 - www.fondazioneaccorsi.it. Sconto 15% sul biglietto d’ingresso alle mostre temporanee ed alla collezione permanente; sconto 20% sul biglietto cumulativo per entrambe le esposizioni. • Safari Park, Pombia (NO), tel. 0321/95.64.31 - www.safaripark.it. Sconto € 3,00 per gli adulti, € 2,00 per i bambini, sul biglietto d’ingresso. • “Family Fun Card” + Guida al Tempo libero, circuito Viviparchi, tel. 035/362798 - www.viviparchi.it. Sconto € 3,00. • Teatro Stabile di Torino, tel. 011/5176246, Numero Verde 800.235.333 - www.teatrostabiletorino.it. Sconto € 21,00 sugli abbonamenti della stagione teatrale 20042005. • Balletto Teatro di Torino, via Principessa Clotilde 3, Torino - tel. 011/4730189 - www.ballettoteatrotorino.it. Sconto 20% sul biglietto d’ingresso, per il socio e per un accompagnatore. • Warner Village Cinemas Le Fornaci, via G. Falcone, Beinasco (TO) - tel. 011/3611225. Dal lunedì al venerdì, esclusi i festivi e le altre limitazioni comunicate presso le casse del cinema. Sconto € 1,50 sul prezzo del biglietto intero. • Golf Club Stupinigi, corso Unione Sovietica 506/A, Torino - tel. 011/3472640. Sconto 10% sui corsi principianti, sull’ingresso al campo pratica, sul percorso 18 buche (con handicap e tessera FIG). • Golf Club Moncalieri, Reg. Vallere 20, Moncalieri - tel. 011/6479918 - www.moncalierigolfclub.com. Sconto 10% sui corsi per “under 18” e principianti. Sconto 10% su green fee campo pratica. Solo nei giorni feriali, sconto 10% su green fee 9/18 buche, se in possesso tessera FIG. • Golf Club Grugliasco, Strada Provinciale Gerbido 97, Grugliasco tel. 011/4081220 - e-mail [email protected]. Sconto 20% su corsi per principianti (5 lezioni). Sconto 50% green fee campo pratica. VIAGGI E VACANZE COMMERCIO E SERVIZI • Agenzia Viaggi “Pianeta Gaia” (Fiduciaria A.C. Torino), via Giolitti 15, Torino - tel. 011/546385 - www.pianetagaia.it - Sconto 5% su tutti i tour operators. Servizio biglietteria Formula 1. ISTRUZIONE • Autoscuola Club (Fiduciaria ACI), via Giolitti 15, Torino - tel 011/5779246; corso Moncalieri 215, Torino - tel. 011/661263. Sconto 10% sulle lezioni di teoria. • Academy International, centri a Torino, Carmagnola, Venaria - tel. 011/6645315. Sconti dal 10% al 30% su corsi di lingue straniere ed informatica, per il socio e per i suoi familiari. SPORT • Speed Kart, Settimo Torinese (km 0,5 Autostrada TO-MI) - tel. 011/ 2222904. Sconto 10% sulle tariffe orarie. • Scuola Sci Olimpionica Sestriere, via Pinerolo 17 - Sestriere - tel. 0122/ 76116 - www.scuolasciolimpionica.it. Sconto 15% sulle lezioni individuali; 20% sulle lezioni collettive (per il socio, il coniuge ed i figli fino a 26 anni di età). • Car City Club, servizio di car sharing, corso Cairoli 32, Torino - tel. 011/57641 - www.carcityclub.it. Sconto 10% sulle tariffe orarie (nella fascia che va dalle ore 8.00 alle ore 21.00) e sulle tariffe chilometriche (nella fascia sino a km 180); canone di attivazione ridotto. • Griffes Diffusion REVEDI, corso Emilia 8, Torino - tel. 011/2399839. Sconto 10% su abbigliamento e accessori uomo/donna (occorre esibire anche la tessera in distribuzione presso gli Uffici dell’A.C. Torino). Numerosi punti vendita nel CentroNord Italia. • Norauto, corso Romania 460 (c/o Centro commerciale Auchan) - Torino, via Monginevro 162 - Torino, via Cesana 2 (c/o Centro commerciale Continente) - Nichelino. Sconto 5% sui prezzi di listino di dischi, pastiglie per i freni e ammortizzatori; sconto 10% sui prezzi di listino delle marmitte (la riduzione non riguarda il costo della eventuale manodopera e non è cumulabile con altre eventuali promozioni). Per maggiori informazioni, contattare i numeri telefonici o consultare i siti Internet sopra riportati. ■ 1. Amministrazione appaltante: Automobile Club Torino via Giolitti, 15, 10123 Torino. Tel. 011 5779213, fax 011 5779268. 2. Locali: appartamento occupato di circa 180 mq con cantina e soffitta sito al 5° piano fuori terra in Torino, via San Francesco da Paola 22. 3. Criterio di aggiudicazione: offerte segrete da confrontarsi con il prezzo base. L’aggiudicazione definitiva avverrà a favore del concorrente la cui offerta sia pari o maggiore rispetto al prezzo base. 4. Importo a base d’asta: € 450.000,00. Le offerte dovranno pervenire entro le ore 12 del 24 novembre 2004 presso lo studio del Notaio De Lorenzo in via Santa Teresa n. 15, Torino, e l’asta si svolgerà alle ore 11 del 25 novembre presso lo stesso studio. Il bando integrale è pubblicato sul sito internet: www.acitorino.it. Informazioni: Segreteria Direzione 011 5779213. ■ Estratto avviso d’asta per vendita immobile di proprietà Automobile Club Torino Da Raffaello a Goya Ritratti dal Museo di Belle Arti di Budapest B en 82 opere, scelte nel vastissimo corpus di una delle più importanti collezioni di pittura del mondo, saranno esposte a Palazzo Bricherasio, dal 1° ottobre 2004 al 23 gennaio 2005, nella mostra “Da Raffaello a Goya. Ritratti dal Museo di Belle Arti di Budapest”. Curata da Vittorio Sgarbi, Vilmos Tatrai – conservatore del Museo ungherese – e Daniela Magnetti – direttore della Fondazione Palazzo Bricherasio – l’esposizione offrirà al pubblico grandi quadri di autori quali Raffaello, Durer, Rubens, Tiziano, Tintoretto, Veronese, Bellini, El Greco, Goya, Van Dyck. I ritratti dei vari personaggi permetteranno al visitatore di seguire un affascinante itinerario attraverso la moda, i gusti, gli atteggiamenti delle diverse epoche, la posizione sociale e le doti intellettuali e morali dei soggetti raffigurati. Per la prima volta saranno esposti in Italia i tesori magiari della “Galleria degli Antichi Maestri”, una collezione che racchiude capolavori della pittura europea dal XII al XVIII secolo e nella quale la scuola italiana occupa una parte predominante, accanto a dipinti di artisti olandesi, tedeschi, austriaci, francesi e spagnoli. Ad arricchire la rassegna, vi sono anche alcuni quadri di particolare interesse, conservati al Museo di Belle Arti di Budapest, e visibili per la prima volta dopo il restauro a cui sono stati sottoposti. Tra le opere più famose, citiamo il “Ritratto di giovane” eseguito da un ancor giovane Raffaello, il “Ritratto di uomo” del Veronese, il “Ritratto della signora Bermùdez” di Francisco Goya. E ancora un magnifico “Studio di testa d’uomo” di Rubens, il malinconico ritratto di Caterina Cornaro di Giovanni Bellini, due ritratti di Dogi (uno di Tiziano e l’altro del Tintoretto), il “Ritratto di coppia sposata” di Van Dyck. SEDE: Palazzo Bricherasio Via T. Rossi (angolo via Lagrange) Torino - Tel. 011/5711811. ORARIO: Lunedì: 14.30-19.30 Da martedì a domenica: 9.30-19.30 Apertura serale: giovedì e sabato fino alle 22.30 Sconto sul prezzo del biglietto per i Soci ACI che esibiscono la propria tessera in corso di validità. Il parcheggio sotterraneo ACI di via Roma ha uno dei suoi ingressi proprio davanti a Palazzo Bricherasio (tariffa di sosta oraria ridotta per i Soci). Novità: Palazzo Bricherasio offre ai Soci dell’A.C. Torino la possibilità di prendere parte a visite guidate (per gruppi di minimo 22 persone), con una maggiorazione sul prezzo del biglietto (in convenzione) di soli € 3,00. Gli interessati potranno prenotare la visita, entro le ore 12.00 del giorno sotto indicato, contattando il numero 0115779230 (da lunedì a venerdì, dalle 8.30 alle 16.00). Nel caso in cui il numero minimo di partecipanti non venisse raggiunto, gli iscritti ne saranno informati tempestivamente e, in luogo della visita guidata, riceveranno, al medesimo costo, una audio guida. Ecco il calendario delle visite guidate con il termine per la relativa prenotazione: • domenica 7/11 ore 11 (prenotazione entro il 29/10) • giovedì 18/11 ore 19.45 (prenotazione entro 12/11) • sabato 27/11 ore 20.30 (prenotazione entro 19/11) • giovedì 9/12 ore 19.30 (prenotazione entro 29/11) • domenica 19/12 ore 11 (prenotazione entro 10/12) • sabato 15/01 ore 20.30 (prenotazione entro 8/01) • giovedì 20/01 ore 19.30 (prenotazione entro ■ 14/01) 15 Goya. Ritratto della signora Bermùdez. Van Dyck, Coppia di sposi. Tiziano, il doge Marcantonio Trevisani. Torino come cambia C’erano una volta la Michelin, la Nebiolo, le Ferriere, Grandi pezzi di Fiat, i docks, la Paracchi, la Framtek: e ora? Tutte le Spine di Torino di Luciano Borghesan S le Ferriere, la Gardino, l’Incet, la Nebiolo, i docks... la Fiat. Gli uomini indossavano tute, molti portavano in borsa un baracchino, al mattino alle 6 i tram erano stracolmi... “Un mare di fredde ciminiere, un fiume di soldatini blu” cantava Gipo Farassino. Lo chansonnier ora è assessore re- arà difficile far credere a un bambino che lì dove abita c’era una fabbrica dove lavoravano migliaia di persone. Si preparino mamma e papà a raccontare la storia di Torino di tutto il 1900. ... c’erano una volta la Michelin, la Framtek, la Paracchi, 16 E ex Materferro, 2-2.500 euro al mq zona San Paolo-ex Lancia, 1600 euro al mq SPINA 1 via Giordano Bruno-ex Framtek, 1300 euro al mq docks Dante, 2250 euro al mq SPINA 3 corso Umbria-Mortara, 1700-2000 euro al mq via Nole, 1450 euro al mq via Pianezza-ex Paracchi, 1850 euro al mq cco alcuni esempi di prezzi al metro quadro Quanto costano le nuove case al metro quadrato SPINA 2 corso Ferrucci-via Bixio-Piercarlo Boggio, 2500 euro al mq corso Trapani-corso Rosselli, 1600-1800 euro al mq gionale all’Identità Piemontese. Sembra passato un secolo da quando scrisse (1969) “La mia città”. Torino sta cambiando. Cantieri ovunque, per il passante, per la metropolitana, per le olimpiadi, per i tunnel. Eccezion fatta per le opere decise in seguito all’assegnazione dei Giochi del 2006, la nuova città è stata disegnata con il piano regolatore del 1995. L’impostazione partiva dall’intuizione di coprire lo scheletro di binari che divide il territorio, “Il tracciato ferroviario che dalla fine dell’800 attraversa Torino da nord a sud – è il parere degli urbanisti – ha costituito una condizione strategica per orientare e favorire lo sviluppo della città del ’900 e di queste specifiche aree poste ai margini di un asse di forte accessibilità. D’altra parte ha rappresentato per la città nel suo complesso un elemento forte di separazione, un limite, una frattura”. Si è coniato il termine “spina” per definire i tratti da interrare e su cui ricucire quartieri. Una “spina centrale” suddivisa in quattro parti, per circa 2,1 milioni metri quadri, di cui la superficie edificabile supera il milione e centomila mq. In particolare, ci sono quattro ambiti: Spina 1, tra i corsi Lione e Mediterraneo; Spina 2, dal Politecnico a Porta Susa; Spina 3, corso Principe Oddone, Dora; Spina 4, via Cigna. La popolazione di Torino – con la sanatoria sugli stranieri – è tornata sopra i 900 mila. Complessivamente, il prg ha previsto la possibilità di realizzare abitazioni per 70 mila unità, di queste 42 mila le stiamo vedendo crescere. Con l’ampliamento della capacità abitativa si dovrebbe arrestare l’esodo verso la cintura. Al contrario, già si sta SPINA 4 Cigna-corso Vigevano, 1370-1450 ero al mq Villaretto, 1300 euro al mq ■ mo i principali interventi: in via Giordano Bruno-corso Bramante abitanti 760; ex mercati generali via Giordano Bruno, 1720; corso Ferrucci-via Bixio-Piercarlo Boggio, 848; corso Trapani-corso Rosselli, 1050; San Paolo, 1570; Venchi Unica, 1285; corso Regina, 3.400; corso Umbria-Mortaravia Nole-Pianezza, 10246; via Cigna-corso Vigevano, 2260; strada Altessano, 912; Villaretto,1121. La Dora ricuperata. avvertendo un ritorno di chi aveva scelto la tranquillità in direzione di Venaria, Rivoli, Moncalieri, Leinì. In città i nuovi complessi residenziali nascono all’insegna del verde, gli esempi più eclatanti riguardano i cantieri lungo la Dora. Prima si costruiscono gli edifici, che poi saranno circondati dal parco. Vedia- 17 Ogni giorno all’ufficio vendite dei vari cantieri si presentano decine di famiglie che vogliono vedere mappe, conoscere prezzi, verificare i materiali. Molti prenotano il nuovo alloggio, dove sognano di vivere “felici e contenti per tutto il resto della vita”. È la favola della Torino del duemila, tutta da scrivere. ■ Torino come cambia La metamorfosi come distretto hi-tech è in pieno corso: già raccoglie più di 2000 ricercatori informatici, il 15% d’Italia Non sono soltanto Olimpiadi L a metamorfosi di Torino come distretto hi-tech è in pieno corso. Torino raccoglie oltre duemila ricercatori informatici, il 15% d’Italia. A Torino ci saranno le Olimpiadi invernali 2006. A Torino ci sono aziende come Alenia, Motorola, Telecom Italia Lab (Tilab), Vitaminic, Loquendo, Critical Path, StMicroelectronics, Flextel, Reply, Csp (Centro Supercalcolo Piemonte). E ovviamente la Fiat, che punta più che mai sulle tecnologie avanzate. A Torino ha sede il Politecnico (www.polito.it), una delle realtà universitarie più all’avanguardia in Italia: Rodolfo Zich, ex rettore del Politecnico, di è vicepresidente di Torino InAnna ternazionale (www.torino-inMasera ternazionale.org/), l’ente capofila dell’iniziativa frutto di un patto tra ministero della Ricerca scientifica, enti locali, università, banche e grandi azien- de private. Zich prevede che grazie al distretto tecnologico potrebbero nascere 50 imprese a livello internazionale in dieci anni, arrivando a incidere per un 10 per cento sul Pil regionale, rispetto all’attuale 5 per cento. E i ricercatori potrebbero salire a 6 mila. Oggi l’area torinese conta comunque già ben 6500 aziende nell’info-tech e alcuni primati innovativi invidiabili: è qui che Leonardo Chiariglione, un ingegnere dello Cselt (il primo centro ricerche della Telecom), ha creato lo standard universale Mpeg per la compressione dei file audio e video. Il primo progetto, partito nel 2002 in vista dell’arrivo dei telefonini di terza genera- 18 zione (Umts), è lo sviluppo di tecnologie wireless (senza fili) nel campo della pubblica amministrazione, dell’aerospaziale, della finanza, ma anche dell’auto e del tessile. La sfida è creare il più grande centro di ricerche sul wireless del Sud Europa e competere con i due grandi centri di ricerca Nokia e Ericsson del Nord Europa. Ma Torino, proprio grazie al fatto che è una città digitale e high tech a 360 gradi, offre anche la possibilità di essere visitata e fruita pienamente da cittadini e turisti via Internet, attraverso appositi portali e siti Web. Ecco un piccolo vademecum. Extra Torino www.extratorino.it Guida alla città e alla scoperta delle eccellenze del Piemonte: una scommessa lanciata dall’associazione Extratorino, i cui soci si occupano da anni del territorio tramite Internet, editoria tradizionale, riviste e quotidiani. È stato coinvolto nel progetto il fotografo torinese Michele d’Ottavio che ha realizzato appositamente – con il gruppo dei Fotografi indipendenti – tutte le immagini presenti sul sito. Un ricco capitolo dedicato all’enogastronomia. Il portale de La Stampa NordOvest www.lastampanordovest.it/to/ Tutti gli appuntamenti in città e provincia, l’agenda di TorinoSette, le mostre, le gite turistiche, gli articoli di cronaca de La Stampa, le vetrine dello shopping virtuale tra cui quella di Clickar per comprare un’auto, le mappe, gli orari dell’aeroporto di Caselle. Torino Online www.torinoonline.it/ Una guida alla città con il meteo, i musei, i cinema, concerti, i teatri, gli spettacoli e i locali da vivere, il calendario delle fiere, gli hotel, le aziende, l’aeroporto con arrivi e partenze, i contatti con il Comune e il Sindaco, il link alle squadre del cuore (Juve e Toro), l’elenco telefonico. Turismo Torino www.turismotorino.org L’agenzia che dal ’98 si occupa di accoglienza e promozione turistica di Torino e dintorni, sul suo sito Web ha una media di 50 mila utenti mensili. Piccolo vademecum on line Comune di Torino www.comune.torino.it Sul web è la vetrina della città. Offre un servizio completo al cittadino elettronico, comprese diverse webcam collocate in posizioni strategiche che vengono consultate soprattutto dai nostalgici della Mole all’estero. La pagina più cliccata? La ricetta per lo zabaione, specialità sabauda. Torino Cultura www.torinocultura.it È partita da poco l’edizione definitiva. Il Museo Nazionale del Cinema www.museonazionale delcinema.org Anche il sito è un fiore all’occhiello per Torino. Un percorso multimediale interattivo all’altezza del museo nella Mole, che contende all’Egizio il primato per numero di visitatori. Armeria Reale http://www.artito.arti.beniculturali.it/ Reggia di Venaria http://www.reggiavenariareale.it/ La visita virtuale è accompagnata da musica da camera. Museo Pietro Micca www.museopietromicca.it/ In quattro lingue oltre all’italiano. Museo Egizio www.museoegizio.org/ Ancora in costruzione. Palazzo Reale www.arpnet.it/preale I volontari dell’Associazione “Amici di Palazzo Reale” si occupano di divulgare a torinesi e turisti un’approfondita cono- scenza sulla principale residenza sabauda. A costo zero. Arteca www.arteca.org L’associazione culturale che parla online del mondo artistico torinese. Piemonte Emozioni www.piemonte-emozioni.it Permette di prenotare le visite ai musei e alle mostre. Provincia di Torino www.provincia.torino.it Tra le novità, scaricabili online i bandi per le candidature per il servizio civile volontario; le informazioni necessarie per il tesserino per la raccolta dei tartufi; l’autodichiarazione per gli impianti termici; e la tabella aggiornata sulla percorribilità delle strade. Torino Mobile www.topda.it Il Comune ha lanciato da poco una risorsa online per collegarsi e informarsi col telefonino: si chiama Città di Torino Mobile Edition e offre un accesso via Internet “mobile” alla pubblica amministrazione e non solo. Per chi è sempre in movimento. Atrium Web Radio www.atriumtorino.it Emittente torinese presente solo in Internet per raccontare Atrium Torino. Olimpiadi 2006 www.openvillage. torino2006.org Il comitato organizzatore offre un mix di virtuale e reale: un tour che attraversa tutto il Paese per diffondere lo spirito olimpico. E una vetrina sulle Olimpiadi 2006, giochi a premi, quiz, negozio online. ■ In dieci anni potrebbero nascere 50 imprese a livello internazionale Alfa Crosswagon Q4 Panda Climbing Motori Sono lontanissimi i tempi della mitica Campagnola, ma Fiat sta ritornando all’offensiva con la Panda 4x4 e l’Alfa Crosswagon Le quattro ruote motrici torinesi di Piero Bianco I entrambi ricchi di appeal e tecnologia. La Panda declina in fuoristrada tutte le sue caratteristiche di vettura compatta e funzionale, oltre che estremamente piacevole, che ne hanno decretato il successo in Europa. La 4x4 può essere vissuta come tempi della mitica Campagnola sono lontanissimi, ma finalmente il Gruppo Fiat ha deciso di tornare sul mercato degli offroad con due interessanti modelli: la Panda 4x4 e l’Alfa Romeo Crosswagon Q4. Molto diversi per tipologia e potenziale clientela, ma 20 un vero fuoristrada, oppure come simpatica citycar metropolitana. Il nuovo modello viene proposto da subito con il brillante motore a benzina 1.2 da 60 Cv (44 kW) e coppia di 10,4 kgm (102 Nm) a 2500 giri, mentre all’inizio del 2005 arriverà anche l’opzione turbodiesel, con il propulsore 1.3 Multijet da 70 Cv (51 kW) e coppia di 14,8 kgm (145 Nm) a 1500 giri. Velocità massime rispettivamente di 145 e 155 km/h. Due gli allestimenti (Panda 4x4 e Panda 4x4 Climbing: in vendita dal 3 ottobre rispettivamente a 12.200 e 12.950 euro), due gli interni specifici e undici i colori di carrozzeria. La Climbing offre un tocco “fuoristradistico” più marcato, negli interni e nella linea esterna, la versione 4x4 base, non adottando gli eleganti particolari estetici della Climbing, punta soprattutto alla praticità essenziale. Senza nulla togliere sul piano delle tecnologie, il cui fiore all’occhiello è la trazione integrale permanente a giunto viscoso che consente prestazioni insospettabili in assoluto comfort. Comuni ad entrambi gli allestimenti le dimensioni contenute. La Climbing è lunga 357 cm, larga 160 e alta 163,5 cm in più rispetto alla normale Panda, che aumentano la visibilità e il grande senso di dominio della strada anche in percorsi difficili. Eccellente la maneggevolezza, grazie ad un diametro di sterzata di soli 9,6 metri. Al look da vero fuoristrada contribuisce un’altezza minima da terra di 165 millimetri per la Panda 4x4 Climbing (160 mm per la versione base). Impressione rafforzata da alcuni elementi estetici che assolvono a precise funzioni: i paraurti sono completi di scudi di protezione, mentre le fasce paracolpi sono di grandi dimensioni e coordinati a dei particolari codolini dei parafanghi, oltre al riparo sottomotore. Sono previsti due diversi pneumatici: la Climbing è proposta con i 185/65-14 adatti ad ogni tipo di impiego; il primo allestimento, inve- ce, adotta i 165/70-14 rinforzati e con un battistrada studiato per fondi a bassa aderenza. Curato l’abitacolo, con specifici tessuti in due abbinamenti bicolore: grigio/rosso e grigio/giallo. Immutate le capacità di carico: il bagagliaio varia da un minimo di 200 a un massimo di 855 dm 3. La compatta integrale Fiat vanta un ottimo comfort di guida grazie alle sospensioni con taratura specifica (davanti indipendenti tipo McPherson con bracci oscillanti inferiori trasversali ancorati ad una traversa ausiliaria e barra stabilizzatrice collegata all’ammortizzatore, dietro con bracci longitudinali e barra stabilizzatrice). Le dotazioni della Climbing prevedono, a richiesta, anche il sistema infotelematico Connect Nav Plus, i lava-proiettori e il servosterzo elettrico Dualdrive (quest’ultimo di serie sull’intera gamma, come l’ABS con EBD completo della funzione di antislittamento in decelerazione MSR). Non meno interessante l’Alfa Romeo Crosswagon Q4, che ripropone la sigla nata nata nel 1992 per esprimere un nuovo concetto di sportività a quattro ruote motrici. La linea è quella inconfondibile della Sportwagon, rispetto alla quale vanta però maggiore altezza da terra, oltre alle quattro ruote motrici a trazione permanente. Il frontale è ancor più “forte”, personale e muscoloso grazie a pochi ritocchi. Il posteriore esprime grande equilibrio e propone un bagagliaio flessibile (volume di carico da 360 a 1180 dm 3 con lo schienale posteriore abbattuto). Il carattere della Crosswagon viene sottolineato anche dalla maggiore luce tra gli pneumatici di grandi dimensioni e dai passaruota allargati, dai paraurti con inserto in lega metallica nella zona centrale, dalla protezione laterale dei longheroni con inserto metallico longitudinale. Le gomme (225/55 R 17) hanno mescola e battistrada specifici “multistagione”. La carrozzeria propone tinte verde Mon- treux, verde Brooklands, marrone Castlerock, blu Chiaia di Luna, oltre ai classici nero Kyalami, grigio Stromboli, blu Capri, grigio Gonzaga e grigio Lipari. Rispetto alla Sportwagon, la plancia è stata rivista nei materiali e la Luxury, modello top, offre rivestimenti raffinati in pelle Pieno Fiore o l’Alfatex in microfibra. A centro plancia spicca il display multifunzionale che ha la duplice funzione di informare sui principali parametri di viaggio (Trip computer) e di segnalare eventuali anomalie indicando gli interventi necessari. A seconda degli allestimenti, è disponibile una bussola incorporata nello specchietto retrovisore. Sempre in plancia, la radio integrata (con lettore Cd) e i comandi del climatizzatore automatico bi-zona. Altri tocchi specifici riguardano la pedaliera in alluminio, la colorazione grigia del quadro strumenti e la gamma dei volanti (in pelle o in legno). Come le Q4 del passato, la nuova Alfa adotta una trasmissione a 4 ruote motrici permanente, a tre differenziali, con ripartizione di coppia sbilanciata sull’asse posteriore. La ripartizione del livello di coppia tra gli assali anteriore e posteriore viene modulata in modo continuo, in funzione dell’aderenza dal differenziale centrale autobloccante Torsen C. Questo ottimizza tenuta di strada, piacere di guida e risposta progressiva. Il motore adottato è 1.9 JTD 16v M-Jet da 150 Cv a 4000 giri e coppia di 305 Nm (31 kgm) a 2000 giri, in abbinamento con un cambio meccanico a 6 marce d’impostazione sportiva. Notevoli le performance: la velocità massima è di 192 km/h e l’accelerazione 0-100 km/h di 10,5 secondi. Il tutto a fronte di consumi contenuti: 9,3 l/100 km nel ciclo urbano, 5,8 l/100 km nel ciclo extraurbano e 7,1 l/100 km nel ciclo combinato. Prevista anche una versione della Sportwagon Q4 a trazione integrale. Prezzi da 32.500 a 41.000 euro. P.BI. ■ Motori Dall’estero: tra le novità il Cherokee di seconda generazio ne, il Land Rover, il Sav della BMW, il Pathfinder della Nissan, lo Sportage della Kia e il R F uoristrada è ormai una dizione riduttiva: oggi si parla preferibilmente di Suv, o perlomeno di offroad. Più elegante. In realtà la categoria dei veicoli concepiti per un impiego prevalente al di fuori dell’asfalto, e dunque con trazione a quattro ruote motrici (permanente o inseribile), è diventata vastissima e coinvolge perfino le city car, come nel caso dell’attesa new entry Panda 4x4. Il problema è che molti fanno di questi veicoli uno status symbol, un oggetto di vanto, più che un reale bene di servizio. Così i centri cittadini sono sempre più affollati di grandi ed eleganti fuoristrada, magari impiegati soltanto per il tragitto fino al supermercato. Così è scattato l’allarme: Parigi e Londra hanno tentato (per 22 erazio ne, il Discovery 3 della a Kia e il Rav 4 della Toyota L’ESPERTO Lo sterrato è bello ma richiede precauzioni C ome utilizzare correttamente un fuoristrada? Quali i controlli necessari e le scadenze da rispettare? La parola all’esperto. Tony Peluso, titolare della Primecar Service di piazza Modena a Torino (concessionaria ufficiale Suzuki) e della Nuova Supercar di via San Silvestro a Chieri (autorizzata Nissan) ogni giorno affronta il problema, possiede dunque un quadro realistico della situazione. “La norma basilare – spiega – è semplice, ma purtroppo puntualmente disattesa. Bisogna attenersi alle istruzioni riportate dal libretto di uso e manutenzione di ciascun veicolo, rispettarne le scadenze programmate. Pochissimi lo fanno, e così sorgono i problemi”. “In linea di massima – aggiunge Peluso – non bisogna mai superare i 10 mila km di percorrenza o i sei mesi d’impiego senza sottoporre il mezzo a un controllo. Inoltre è fondamentale pulirlo dopo ogni impiego importante, perché lo sterrato è bello ma richiede precauzioni. Ad esempio i filtri: non è sufficiente sostituirli, bisogna pulire bene anche il vano dei filtri stessi, rimuovere la sabbia che inevitabilmente si deposita”. A chi rivolgersi? “Preferibilmente ai concessionari autorizzati delle varie marche. Perché i tecnici specializzati conoscono ogni segreto dei veicoli che trattano, possono dare consigli preziosi con professionalità. Non è da tutti, credetemi”. Attenzione particolare va dedicata alle gomme. “Anche in questo caso – spiega Peluso – non basta guardarle per verificarne lo stato effettivo. Il pericolo viene dalle crepe nascoste, magari laterali o all’interno dove l’occhio non arriva. Oppure dal fatto che l’uso le ha rese ‘secche’, dunque inaffidabili: lo stato della carcassa e l’efficienza della ‘spalla’ sono alla base di uno pneuma- 23 tico sicuro. Altro guaio può nascere dall’errato impiego di camere d’aria all’interno dei tubeless: molti gommisti le mettono, ma è assolutamente da evitare. Perché così le gomme diventano pericolose”. I fuoristrada sono diventati una moda. Sono oggetti di desiderio, talvolta si trasformano soprattutto in status symbol. “Ma attenzione – conclude Pelusi – occorre ricordare che non sono concepiti per un impiego prevalentemente stradale. Per quanto siano diventati negli ultimi anni assolutamente confortevoli, chi si aspetta di trovare da un fuoristrada lo stesso comportamento di una normale berlina resterà deluso. Devono ovviamente essere più rigidi e offrire un altro tipo di prestazione. Senza arrivare a estremi impopolari come il divieto di utilizzarli nei centri urbani, non bisogna trascurare nemmeno le norme di comportamento, che sono poi quelle di buona educazione: ad esempio non abusare delle ruote alte per parcheggiare sui marciapiedi, cosa che si vede di frequente specie in zone trafficatissime come le vicinanze degli ospedali. Queste macchine meravigliose, se usate bene, possono percorrere 150-200 mila km senza dare fastidi. Ma usiamole bene”. ■ ora senza successo) di bandirne l’uso nelle aree storiche urbane. Molte altre metropoli, Roma e Milano in testa, erano pronte a seguirne l’esempio. Anche se non è sempre vero che gli offroad inquinano più delle altre vetture: i moderni motori Diesel omologati Euro 3 o Euro 4 (a gasolio si muovono l’80% di questi modelli) risultano al contrario estremamente ecologici. Sull’ingombro in città, in effetti, qualche riserva è legittima. Perché sono grandi e poco maneggevoli. Come sempre è un problema di impiego intelligente. Intanto il governo ha rilanciato l’intenzione di “scoraggiare” l’uso dei fuoristrada inserendo nella finanziaria del 2005 un superbollo. Verrà anche dedicata maggiore attenzione alle furbesche immatricolazioni come autocarri, che sovente sono soltanto una facciata per risparmiare l’Iva e detrarre il costo di manutenzione. Tutti i grandi costruttori cavalcano con crescente attenzione il fenomeno dei Suv a trazione integrale. Perché piacciono e la richiesta è enorme, a dispetto di prezzi non proprio (o non sempre) popolari. L’autunno dell’auto presenta anche in questa tipologia di vetture una raffica di stuzzicanti novità. Americani e giapponesi, come da tradizione, in questa specialità dettano legge. Un esempio? Dici fuoristrada e pensi alla intramontabile Jeep. Arriva il Cherokee di seconda generazione, che in Italia sarà venduto a partire dal prossimo anno. Nuovo il look, con fari tondi e griglia di famiglia, un paraurti ridisegnato e più lineare, fendinebbia e indicatori di direzione dalla foggia inedita. Nessuna rivoluzione, ma qualche sapiente ritocco. Anche all’interno, con nuove grafiche per gli strumenti e migliorie ai sedili. Il nuovo muso s’ispira in modo più evidente alla Wrangler. Un’altra pietra miliare è la Land Rover, che presenta il suo Discovery 3. Il nuovo modello non ha proprio nulla a che vedere con quello che sostituisce, a parte i fari dalla forma geometrica complessa che ha caratterizzato ultimamente la marca. Lo stile presenta un taglio insolitamente squadrato, le linee della carrozzeria sono molto più pulite e moderne. Il nuovo Discovery sfoggia personalità. Originale il posteriore, in cui scompare la ruota di scorta, ora alloggiata sotto al pianale: soluzione che lascia in evidenza il lunotto, esteso e asimmetrico, e le luci, grandi e squadrate. Spiccano inoltre l’ampia vetratura e l’altezza del padiglione. Crescono le dimensioni, con la lunghezza che supera i 4,80 metri e una larghezza di 1,90, come l’altezza. Anche il passo si allunga di 30 cm (2,90 metri). Ne beneficia l’abitabilità, con sette posti su tre file. Arricchita la plancia, con voluminoso mobiletto centrale e un design più accattivante, bocchette circolari e numerosi particolari high-tech. Sul tunnel centrale una manopola comanda il sistema “Terrain Response” per selezionare le cinque tipologie di percorso previste. Due i motori: V8 a benzina da 4,4 litri di derivazione Jaguar (con cambio automatico a sei marce) oppure il Diesel 2.7 V6 biturbo. Novità nella famiglia X della BMW: arriva la nuova X3 2.0d, definito Sav (sport activity vehicle). Ha un motore 4 cilindri 2 litri Common Rail di ultima generazione che sviluppa 150 Cv (110 kW) a 4.000 giri e consuma appena 7,2 litri di gasolio per 100 km nel misto. Eccellente la risposta dinamica offerta dal sistema di trazione integrale. La frizione a dischi multipli, controllata elettronicamente, distribuisce la forza motrice tra i due assi in una frazione di secondo, assicurando così una motricità eccellente, ma anche una risposta rapida insieme ad una buona agilità. Prestazioni: accelerazione da 0 a 100 in 10,2 secondi, velocità massima di 198 km/h. Cambio a sei marce di serie, come gli pneumatici all-season 235/55, montati su cerchi da 17 pollici in lega leggera. Come tutte le BMW X3, l’ultima nata è dotata del sistema di trazione integrale intelligente xDrive, con una frizione multidisco controllata elettronicamente. La dota- zione di serie comprende anche: DSC (Controllo dinamico della stabilità), DBC (Controllo dinamico della frenata), CBC (Controllo della frenata in curva), nonché, per maggiore sicurezza, le luci di stop a duestadi. Disponibile inoltre il sistema audio CD BMW Business, in grado anche di riprodurre CD in formato MP3, e il kit per il telefono mobile Bluetooth integrato con tutte le funzioni di assistenza al guidatore. Per l’X3 2.0d BMW, in vendita da metà settembre, si parte da un prezzo di 37.850 euro (fino a 45.750). Tra le giapponesi, la Nissan è in prima fila. Il nuovo Pathfinder (debutto al Salone di Parigi) sarà in vendita a partire da marzo 2005. È un veicolo dalle infinite capacità, pensato per lo stile di vita attivo di chi cerca un mezzo versatile che lo accompagni nei propri hobby e nel tempo libero. Pathfinder si ispira al concept Dunehawk, presentato nel 2003 al Salone di Francoforte. Gli interni ospitano tre file di sedili, con la seconda e la terza completamente abbattibili per creare un’ampia area di carico. Grazie alla versatilità dell’abitacolo, esistono 64 diverse configurazioni di seduta e, anche con la terza fila installata, il vano bagagli è molto capiente. Il finestrino del portellone è apribile e garantisce un facile accesso alla parte posteriore in spazi ristretti. Il propulsore è il nuovo turbodiesel Nissan 4 cilindri serie YD da 2,5 litri, integra la tecnologia Common Rail di seconda generazione per abbattere le emissioni, e un sistema di bilanciamento rinnovato. Benché sia un 4x4, il Pathfinder Nissan è dotato di sospensioni indipendenti a doppia traversa sulle quattro ruote, che garantiscono prestazioni dinamiche su strada in stile automobilistico. Il sistema di trazione All-Mode 4x4 a controllo elettronico, evoluzione di quello dell’X-Trail, assicura grandi capacità anche nell’impiego offroad. La trasmissione consente al pilota di selezionare uno dei quattro modi di funzionamento agendo su un pul- sante, senza bisogno di una leva del cambio separata. L’allestimento prevede la telecamera per la visione posteriore, già montata sulla Primera, e il sistema Intelligent Key che consente di aprire le porte e avviare il motore senza inserire la chiave. Disponibili fari allo Xeno, impianto hifi, navigatore satellitare con canale TMC (Traffic Message Channel) e riconoscimento vocale, rivestimenti in pelle, climatizzatore bi-zona anteriore e aria condizionata posteriore. Nissan presenta anche il Murano in versione europea. Un crossover imponente, con l’elevazione di un 4x4 e una fisionomia sportiva. Per ora avrà soltanto il motore a benzina V6 VQ da 3,5 litri (lo stesso del roadster e del Coupé 350Z); trasmissione automatica a variazione continua (CVT) con modalità manuale a sei rapporti. Tutti i modelli per l’Europa avranno il navigatore satellitare, la telecamera posteriore, l’impianto audio Bose, doppi fari allo Xeno e interni in pelle. Cambia inoltre un fuoristrada della grande tradizione Nissan, il Patrol. Con un restyling esterno e interni più lussuosi, questo “vero” offroad propone linee più decise, un nuovo look in coda e una nuova pedana laterale integrata; l’ulteriore messa a punto del grintoso turbodiesel 3 litri offre ora maggior potenza (160 Cv a 3.600 gi- ri) e una velocità di punta di 160 km/h. Prezzi da 37.500 euro (3 porte) e da 38.900 (5 porte, 7 posti). Con il nuovo Sportage, la coreana Kia presenta un prodotto di grande modernità che del passato ripropone soltanto il nome. Il sistema di trazione integrale sulle quattro ruote è completamente automatico, ha di serie il controllo della trazione, mentre il programma elettronico per la stabilità Esp sarà disponibile a richiesta. Più lungo, più largo e più alto dei Suv compatti medi, il nuovo Sportage sarà disponibile con tre diversi motori (due litri e 2,7 litri V6 a benzina, o 2 litri Diesel), trazione a due o quattro ruote motrici, cambio manuale a cinque marce o automatico a quattro rapporti, due livelli di finitura ed equipaggiamento. Schienale e seduta del sedile posteriore sono dotati del sistema “Fold & Dive” per creare un’area di carico spaziosa e perfettamente piatta. Lo schienale del passeggero anteriore può essere abbattuto totalmente in modo da poter caricare oggetti lunghi, il portellone posteriore ha il lunotto apribile indipendentemente. Consegne da ottobre. Ritocchi considerevoli ha subìto inoltre il Rav 4 della Toyota. Un mo25 dello di successo fin dal ’94, quando esordì, un capostipite dei Suv compatti a trazione integrale. Il restyling ha riguardato i fari, con uno stile più pulito, e le luci posteriori sono più moderne e personali. Cambia il paraurti anteriore con nuovi fendinebbia rotondi e una nuova calandra. I cerchi in lega sono più eleganti, gli specchi più grandi e le frecce laterali bianche. Cambia anche il copriruota di scorta che, sulla Rav, è appesa all’esterno. Migliorie all’abitacolo, tutto sui toni dell’antracite; ridisegnata la consolle centrale, pronta a integrare lo schermo da 7 pollici del navigatore satellitare Dvd con comandi touch-screen (optional). Sul fronte motori da registrare gli affinamenti del 2 litri a benzina (farfalla a controllo elettronico, nuovi iniettori, scarico singolo) che consentono l’omologazione Euro IV. Immutate le prestazioni, con 150 Cv e 192 Nm a 4000 giri per 185 km/h. Per il motore a benzina, oltre a un cambio manuale a 5 marce, è disponibile un automatico a 4 marce a controllo elettronico. Resta in gamma il turbodiesel D-4D Euro III da 116 Cv e 250 Nm tra 1.800 e 3.000 giri per 170 km/h. Due le carrozzerie, a tre e a 5 porte, e due allestimenti, RAV4 e RAV4 Sol. Di serie climatizzatore manuale, Abs con Ebd, VSC, TRC, tutti gli airbag, retrovisori esterni riscaldabili e regolabili elettricamente, chiusura centralizzata con telecomando, sedile guida regolabile in altezza, alzacristalli elettrici, radio con Cd, computer di bordo e barre sul tetto. L’allestimento Sol offre in più il climatizzatore automatico e i cerchi in lega con pneumatici maggiorati 235/60 R16 abbinati ai parafanghi allargati dai codolini in tinta con la carrozzeria. Prezzi da 24.350 euro, per la 3 porte a benzina. La versione a 5 porte costa 1600 euro in più, quella con il motore Diesel altri 1500. Il top è la RAV 4 D-4D Sol 5 porte, a 28.950 euro. Il lavoro di affinamento ha riguardato anche cambio e sospensioni anteriori, accrescendo il carattere sportivo della vettura. ■ Motori Perché le auto a gasolio sono ormai più numerose di quelle a benzina? A tutto diesel di Gianni Rogliatti I tempi delle auto a gasolio lente, puzzolenti e rumorose sono un ricordo lontano: negli ultimi anni il motore a ciclo Diesel si è affermato per le sue prestazioni che in fatto di potenza equivalgono a quelle dei motori a benzina, basti ricordare che le marche importanti hanno in listino ammiraglie con motori Diesel di oltre 300 CV. In quanto ad economia il Diesel è imbattibile: merito del lungo lavoro di ricerca che grazie al turbocompressore e con l’iniezione diretta a controllo elettronico ha portato a questi risultati. E ricordiamo che il sistema denominato “multi jet” è stato messo a punto dai tecnici della Fiat, i quali già avevano realizzato il primo Diesel a iniezione diretta per una vettura di grande serie, la Croma nel 1988. C’è stato anche un miglioramento del gasolio sia per quanto riguarda le emissioni maleodoranti che per la resistenza al freddo (riduzione delle paraffine). Il successo del Diesel è confermato dal fatto che, eliminato l’iniquo balzello del superbollo, anche in Italia come in altri Paesi motorizzati le imma- tricolazioni delle vetture con tale motore superano ormai quelle a benzina. A parità di potenza il motore Diesel consuma circa il 20% in meno, e nel funzionamento al minimo (condizione molto frequente in città) la differenza è ancora maggiore. In assoluto bruciare meno carburante vuol dire inquinare meno, produrre meno anidride carbonica responsabile dell’effetto serra. L’automobilista oltre a fare il pieno ad intervalli più lunghi, risparmia anche sul prezzo del carburante. La media dei prezzi della benzina di quattro marche diverse (rilevata il 6 ottobre) era di € 1,181 al litro mentre per le stesse marche la media del gasolio era di € 1,02 al litro con una differenza in meno del 15%. Questo doppio risparmio consente di ammortizzare rapidamente la differenza di costo iniziale delle versioni Diesel rispetto a quelle equivalenti a benzina. Senza contare il fatto che alcuni costruttori e su certi modelli praticano prezzi uguali. Il che evidente- mente si traduce in un risparmio immediato e costante. Il problema del particolato, cioè di quelle particelle submicroscopiche di carbonio che si producono nel Diesel è già sotto controllo con vari sistemi ed i motori dei vari modelli rispondono alle norme più severe. Alfa Sportwagon Q4. Anche se non esistono regole buone per tutti si può dire che la scelta del motore a gasolio dipende dal fattore economico e, di conseguenza diventa critica quando la vettura è molto piccola e la differenza di prezzo è più sensibile in percentuale: detto alla buona 1000 Euro di differenza (in più) per un 27 Diesel si sentono maggiormente se la vettura a benzina ne costa 10.000 piuttosto che 20.000. La differenza va poi rapportata al risparmio che è proporzionale alla percorrenza annua ed al consumo in assoluto: spieghiamo con due ipotesi. La prima di una vettura piccola con la quale si percorrono 6.000 km/anno: in questo caso il risparmio del 35% sul costo del carburante (20 + 15) si applica su una spesa di circa 600 € prendendo come base la media dei consumi indicati dai costruttori e si nota come possano occorrere parecchi anni per recuperare la spesa iniziale. La seconda ipotesi è per una vettura di circa 2 litri di cilindrata di pari potenza benzina e Diesel che percorre 15.000 km/anno. Il risparmio sul costo del carburante si applica su una spesa di circa 1800 Euro e questo consente di recuperare la spesa in due anni, mentre se la stessa vettura viene usata molto per lavoro, con 40.000 km/anno o più, il maggior costo iniziale si recupera assai rapidamente. ■ Formula 1 Sono iniziati da tempo alla casa di Maranello i test del mo 053 utilizzato quest’anno: dovrà resistere alle sollecitazioni di due gran pr La Ferrari prossima ventura D opo aver conquistato i due Mondiali, Costruttori e Piloti, con largo anticipo, aver dominato la stagione stabilendo nuovi record, dopo aver annichilito gli avversari (costringendoli, come è successo per la Williams-BMW e alla McLaren-Mercedes a costruire una nuova vettura a metà campionato), la Ferrari ha iniziato subito a pensare al 2005. Una squadra che viaggia ai vertici da anni, che si è aggiudicata complessivamente 13 titoli a partire dal 1999, cioè tutto quello che c’era da vincere, ha a sua disposizione un’arma letale in di più: la continuità. Resta intatta Cristiano la formazione dei driver, con un Michael Schumacher che semChiavegato bra aver trovato l’elisir della giovinezza automobilistica, fisico e determinazione, con un Rubens Barrichello che sa intervenire al momento giusto. E resta al completo, salvo piccoli cambiamenti che non possono incidere sui risultati, il team dei tecnici guidati da Ross Brawn. Neppure il doppio impegno di Jean Todt, divenuto direttore generale della Casa del Cavallino Rampante e quindi responsabile anche della Gestione Industriale, oltre a quella Sportiva, sembra creare inconvenienti. Il manager francese riesce a seguire in pista tutte le gare e a espletare i suoi compiti in fabbrica. Segno anche questo di grande forza. 28 I test per la vettura che correrà nel 2005, quindi, si sono iniziziati già da tempo. Mentre i rivali rincorrevano il sogno di recuperare, a Fiorano, al Mugello e nelle piste frequentate per i test i due piloti titolari, Luca Badoer e Andrea Bertolini (il pilota-collaudatore che partecipa in coppia con Mika Salo al campionato FIA-GT con la nuova Maserati MC12) hanno lavorato su elementi da utilizzare sulla prossima monoposto. È stato certamente provato un motore evoluzione dello 053 utilizzato quest’anno, capace di tore emi, l mo an pr tore evoluzione dello emi, 1400 chilometri resistere alle sollecitazioni di due Gran Premi consecutivi senza essere sostituito. Il che significa passare da un regime di durata vicino ai 700 chilometri al circa il doppio. Questo senza perdere in prestazioni, potenza ed affidabilità. Il V10 Ferrari ha girato con successo al banco sotto gli occhi del responsabile del settore, l’ing. Paolo Marinelli, insieme al progettista Gilles Simon. Poi è stato trasferito in pista dove sembra non avere segnalato inconvenienti. È chiaro che si tratta dei primi passi, che ci saranno ulteriori sviluppi, ma in questa maniera la Ferrari si è presa qualche mese di vantaggio sui concorrenti. Le regole tecniche e sportive per il 2005 sono state studiate, con molta fatica perché non c’è mai stata unanimità fra le varie squadre, per cercare di ridurre le prestazioni e i costi e nello stesso tempo per migliorare lo spettacolo e aumentare la sicurezza. A questo proposito sono già state emanate tre norme delle quali si dovrà tenere conto nella costruzione delle nuove vetture. I cavi di trattenimento delle ruote (per impedire che si stacchino in caso di rottura o incidente) dovranno avere una resistenza quattro volte superiore a quella attuale; le protezioni attaccate ai bordi dell’abitacolo dovranno passare da uno spessore minimo di 7,5 centimetri a dieci; per evitare lo spargersi di detriti sull’asfalto in seguito a collisioni o a perdite di alettoni, questi ultimi, così come le alette poste sopra la carrozzeria e i deflettori dovranno essere realizzati in kevlar, poiché in seguito alle ricerche effettuate questo materiale più elastico riduce dell’80% la probabilità di formare pezzi di piccole dimensioni, spesso responsabili di pericolose forature delle gomme. Il lavoro sulla monoposto che dovrà sostiture l’eccellente F2004 e le auto che l’anno preceduta, forzatamente avrà un aspetto in qualche modo diverso. Ammesso che tutto il “pacchetto” di proposte lanciato dalla Federazione venga accettato, queste le novità più importanti. 1. L’alettone anteriore dovrà avere un’altezza dal suolo superiore di 5 centimetri. 2. L’ala posteriore nella zona superiore, quella che comprende i due elementi più importanti per l’effetto aerodinamico, dovrà essere avanzata di 10-15 centimetri verso il centro della vettura. 3. I canali dello scivolo posteriore dovranno avere un’inclinazione minore e la loro alteza dovrà essere più bassa. 4. Nella zona immediatamente davanti alle ruote posteriori dovrà esserci più spazio libero, per cui il corpo della carrozzeria verrà spostato in avanti. Questo per quanto riguarda le norme tecniche. Sul piano di quelle sportive oltre al motore per due gare, una novità riguarderà il numero di gomme a disposizione per ciascun pilota. Se ne potranno utilizzare tre set nel weekend di gara. Due il venerdì e il sabato mattina, anche per scegliere fra i differenti tipi di mescola e costruzione, uno soltanto per qualificazioni e corsa. Ovviamente queste differenze anche solo negli pneumatici dovranno essere prese in considerazione dai tecnici della Ferrari. Le gomme che quest’anno venivano cambiate anche cinque volte (è il caso di Schumacher a Magny Cours quando sorprese tutti effettuando quattro pit-stop), non dureranno più 60-70 chilometri ma dovranno percorrerne almeno 350 senza deteriorarsi. Questo significherà dover lavorare su assetti delle sospensioni, camber e convergenza delle ruote in maniera da ottenere la migliore utilizzazione possibile. Già questo è un cambiamento epocale, che riporta la F1 agli anni ’70 quando non si effettuavano regolarmente sostituzioni di gomme per essere più veloci. Quando, probabilmente a stagione iniziata (cioè dopo il mese di marzo), la nuova Ferrari farà il suo debutto, sarà interessante capire come si saranno mossi i progettisti guidati da Rory Byrne e Aldo Costa. Per le prime gare non è escluso infatti che la Scuderia di Maranello non ricorra come fece in passato alla vettura dell’anno precedente, in questo caso alla F2004, opportunamente modificata. Il campionato come sempre darà i suoi voti e i suoi responsi. E sarà all’insegna delle novità non soltanto per quanto riguarda la tecnologia. Le squadre per la prima volta dopo molto tempo si sono profondamente rinnovate. Montoya alla McLaren (dove troverà vita dura con Kimi Raikkonen), la Renault con Fisichella a fianco di Alonso, la Toyota con una coppia inedita formata da Ralf Schumacher e da Jarno Trulli. Alla Williams ci sarà di sicuro l’australiano Mark Webber, mentre per il secondo posto si vedrà come è finito il “caso” di Jenson Button. Molta curiosità per il rientro di Jacques Villeneuve. L’ex campione del mondo (1997) correrà con la Sauber motorizzata dalla Ferrari. Una bella sfida per lui e per gli altri. ■ LEGENDA A) L’alettone anteriore dovrà essere più alto di 5 centimetri; B) l’alettone posteriore nella zona superiore (quella che comprende i due elementi) verrà avanzato verso il centro della vettura di circa 10-15 centimetri; C) sullo scivolo posteriore i canali dovranno avere un’inclinazione minore, la loro altezza dovrà essere quindi più bassa; D) nella zona immediatamente davanti alle ruote posteriori ci sarà più spazio libero, la carrozzeria dovrà quindi essere spostata più in avanti; E) ogni motore dovrà durare due gran premi; F) ogni pilota avrà a disposizione due treni di gomme per gran premio, uno per le prove libere e uno per le qualifiche e la gara. ■ Auto La casa costruttrice di giocattoli Cardini di Omegna fa ormai part e inte del Piemonte: ha iniziato la sua produzione negli anni ’20 e in poco ha raggiunto un s ucces O ggi si parla tanto di giocattoli “sicuri”, di giocattoli cioè che non nuocciano alla salute dei bambini e che non arrechino loro dei danni maneggiandoli. Esistono anche precise disposizioni di legge in proposito al- Inserzione pubblicitaria della Cardini dedicata alla limousine “500” e alla sua scatola-garage. I meravigliosi giocattoli Cardini di Edoardo Massucci 30 le quali i fabbricanti e i commercianti debbono attenersi. Viene da sorridere pensando a quanto accadeva agli inizi del secolo scorso quando il giocattolo in latta regnava sovrano. Eppure non si ricorda che qualcuno dei nostri nonni quando era piccolo sia finito all’ospedale per aver giocato con un’automobilina, un trenino, una navicella o un aeroplanino costruiti con questo materiale. Cominciarono ad essere fabbricati ai primi del Novecento e i più rinomati costruttori furono i tedeschi e i francesi, ma anche in altri Paesi il giocattolo in latta prese piede rapidamente. In Italia si ricordano tra le prime la Marchesini, la Alemanni e la Ferrari, poi vennero la Ingap di Padova e la Cardini di Omegna. Proprio alla Cardini vogliamo dedicare questo ricordo che fa parte della storia del Piemonte anni Venti. La parabola di questa Casa fu piuttosto breve, neppure un decennio, ma il successo incontrato fu enorme e la qualità dei suoi prodotti toccò livelli notevoli tanto che la loro finitura garantiva già una certa sicurezza al bambino di allora. I giocattoli Cardini, lavorati a mano da operai specializzati, erano costruiti con molta cura e risultavano meno taglienti di tanti altri. Era da poco terminata la prima guerra mondiale quando Et- i part e integrante della storia o un s uccesso inimmaginabile tore Cardini apriva una piccola fabbrica di giocattoli sul lago d’Orta. Diplomato perito elettromeccanico presso il Collegio Industriale Rossi di Vicenza, aveva iniziato le proprie esperienze nel campo degli articoli casalinghi, successivamente aveva lavorato in una piccola Casa automobilistica di Torino, la Chiribiri, per passare poi alla Metalgraf di Lecco, ditta specializzata nella lavorazione della lamiera litografata. Siamo dunque nel 1921 quando sorge la Cardini Giocattoli, agli inizi a conduzione familiare. Poi, con il rapido sviluppo dell’azienda grazie al dinamismo e alle felici intuizioni del suo fondatore, lo stabilimento si ingrandì e le maestranze aumentarono fino ad arrivare ad una ottantina di persone. Ettore Cardini fu uno dei primi imprenditori italiani a credere nella pubblicità e infatti il lancio dei suoi giocattoli avvenne su una serie di pagine a pagamento sul “Corriere dei piccoli” e altre riviste dell’epoca. La risonanza fu talmente grande e immediata che nel 1923 Cardini poteva orgogliosamente annunciare che nei primi due anni aveva venduto ben 472.000 esemplari. Il marchio di fabbrica della Ditta, una freccia alata che campeggiava sulla scritta “E. Cardini - Omegna - Italia”, fece il giro del mondo grazie ad alcune felici iniziative commerciali e le richieste cominciarono ad arrivare anche da Paesi dove questo tipo di industria era più sviluppata che da noi. Singolari le scritte che accompagnarono talune inserzioni come quella che definiva i Cardini: “Per Natale il regalo migliore come oggetto LA GUIDA NON È SOLO SULL'ASFALTO. COSA NE PENSATE DELLA NEVE? I NOSTRI MIGLIORI VIAGGI IN LAPPONIA E CANADA CHIEDETECI! PIANETA GAIA Snc (Fiduciaria ACI Torino) Via Giolitti 15, 10123 Torino l d’arte per adornare il salotto, come giocattolo insuperabile per divertire i vostri folletti” oppure quest’altra: “I nuovi giocattoli Cardini creano la felicità e l’intelligenza di quasi 2 milioni di graziosi bambini”. Per alcuni anni tutto andò a gonfie vele superando le più rosee aspettative, i giocattoli Cardini si affermavano dappertutto, da Norimberga patria del giocattolo alla Fiera di 31 Milano fino all’Argentina, ma verso la fine degli anni Venti la pressione della concorrenza, il costo della mano d’opera e soprattutto la grande crisi economica internazionale misero in difficoltà anche la gloriosa Casa piemontese che dovette cessare la produzione; alcuni stock di giocattoli vennero svenduti in offerte speciali apparse su pubblicazioni come l’Annuario Italiano del 1931. Dall’Annuario Italiano del 1931: offerta speciale di tutto il campionario di giocattoli Cardini. L’autobus portadolci di formato grande, cm 52. Vediamo ora cosa fabbricava questa piccola ma attivissima industria sul lago d’Orta passando in rassegna coi nomi d’origine alcuni dei principali articoli che venivano venduti in una pittoresca scatola di cartone brevettata intonata al contenuto. Limousine 500 - Vettura chiusa tipo coupé de ville con autista, carica a filo d’acciaio, sterzo. Lunghezza cm 33. La scatola rappresentava un garage. Prezzo 12 lire. Torpedo 50 HP - Automobile scoperta simile alla precedente con scatola garage. Prezzo 10,90 lire. Camion 18-BL - Autocarro a cassone con autista, sterzo, carica a filo. Inizialmente definito “18 BL”, aveva come i precedenti un radiatore tipo Isotta Fraschini “A”. Più tardi venne presentato con radiatore simile alla “509” e scritta Fiat. Fu fabbricato anche come oggetto promozionale: si conoscono infatti le versioni con le scritte “Biscottificio Italiano” e “Il Paradiso dei bambini - Milano”. Auto da corsa - Giocattolo esteticamente diverso dai precedenti con carica a filo, lunghezza cm 22. Venne presentato in colori e livree diverse, sul radiatore portava la scritta Fiat e sul cofano il marchio del quadrifoglio. La scatola riproduceva la tribuna di un ippodromo dell’epoca. Autobus - Fu prodotto in due tipi: uno di formato grande (cm 52), l’altro di formato ridotto (cm 27). Col tetto scoperchiabile venne usato anche come scatola portadolci; si ricorda infatti una versione con le scritte “Perugina”. Sui finestrini di questa “autocorriera” vennero raffigurati anche taluni personaggi del “Corriere dei piccoli”. Fin qui i giocattoli dedicati all’automobile, ma Cardini non trascurò gli altri mezzi di locomozione dell’epoca creando, sempre accompagnati dalle celebri scatole, alcuni giocattoli altrettanto suggestivi e raffinati. A rappresentare le ferrovie uscì una “Locomotiva Gruppo 690” con carica a filo, ma senza binari; la scatola-display raffigurava un tunnel sormontato da sei bandiere. Non mancò un omaggio ai tram con una vettura della linea 12 della Milano-Laghi; il giocattolo era azionato da una chiavetta con carica a filo d’acciaio e tanto di trolley sul tetto. La scatola mostrava una rimessa tramviaria del tempo. Dalla terra al mare con un “piroscafo” che prima venne battezzato “Roma” e poi “Saturnia” in omaggio alla famosa motonave che nel 1927 compì il suo viaggio inaugurale per il Sud America. Il modellino, azionato da una carica a filo che faceva girare l’elica, era venduto in una scatola che riproduceva una banchina portuale. Le giostre furono un altro dei caratteristici giocattoli Cardini e due furono dedicate all’aviazione. Il primo era rappresentato da un biplano “S 12” con carica a filo che metteva in moto l’elica. Sulla scatola, che rappresentava un hangar, era montato un ingegnoso dispositivo che permetteva all’aereo di simulare il volo avendo come contrappeso un mappamondo. Oltre a questa specie di giostra ve ne era un’altra denominata “Giostra dei dirigibili” che roteavano sopra la scatola. C’era poi una terza giostra detta “delle libellule” e una “Corsa di cavalli” con tribune, pista e relativa scatola illustrata. Dedicata infine alle bambine una graziosa cucina a gas con fornelli, forno, pentoline e relativi coperchi. Da diversi anni i giocattoli Cardini, come quelli di altre vecchie marche italiane e straniere, sono diventati ambita preda dei collezionisti che quando hanno la fortuna di trovarne uno non badano a spese pur di venirne in possesso. E i prezzi naturalmente sono andati alle stelle. Ma trovarne uno non è facile. Tanti auguri a chi ci vuol provare. ■ 33 Piemonte da scoprire Andiamo in cerca di artigiani davve architetto di giardini Paolo Pejrone al restauratore Ennio Carena, dal fabbro Paolo Pejrone e il suo giardino. Il costruttore di ghironde Testi e foto di Renato Scagliola G dire sia pietra che Pietro in lingua provenzale. La famiglia di Paolo Pejrone, di Revello, architetto di giardini, è in paese da qualche secolo, e la residenza, alta sull’abitato, detta Bramafam, con il suoi immensi giardini, boschi e uliveti, è diventata un punto di riferimento internazionale per ià il cognome Pejrone è sinonimo di appartenenza alla terra saluzzese, come altri derivati Peira, Peyrot, Peirani, Peironel, Pejrasso, Peiretti, con o senza la i greca o lunga, vocali immesse chissà come quando e perché, comunque tutti patronimici con la radice che vuol 34 ro ge Curt davve abbro ro geniali: dal celebre Curto al vasaio Nigro appassionati e tecnici. Pejrone non è solo teorico e artista, ha zappato, potato, rastrellato foglie, tagliato erba, messo a dimora piante, arbusti, fiori, sa quanto è bassa la terra e ha insieme un concetto poetico del suo lavoro. Tanto che un paio dei suoi libri: “In giardino non si è mai soli”, e “Il vero giardiniere non si arrende”, entrambi di Feltrinelli, hanno abbondantemente superato le centomila copie procurandogli una notorietà inaspettata. Un terzo volume è in fase di scrittura. Ogni tanto organizza visite guidate ai giardini (i proventi del biglietto d’ingresso vanno al Fai, Fondo per l’Ambiene Italiano, nato nel 1975 e Pejrone è tra i fondatori), e i visitatori tornano a casa incantati e stupefatti. Perché in una dozzina di anni l’architetto ha creato una meraviglia botanica a sua misura, che è anche un campo di sperimentazioni utilizzate poi nei suoi progetti, con un rigoglio e una quantità di specie, nostrane ed esotiche, assemblate con finta noncuranza, che è invece calcolo e gusto per l’armonia, alla ricerca di un “giardino in equilibrio e ben temperato”. L’intento vorrebbe essere un giardino senza giardiniere, ma solo nelle intenzioni, perché in realtà il giardiniere c’è, eccome, e lavora come un dannato anche solo per bagnare. Inutile indagare i nomi delle migliaia di esemplari perché il profano dopo dieci minuti non se ne ricorda più neanche uno, tra nomi in italiano, latino, e magari piemontese. Camminando per i sentieri erti alla fine di agosto, Pejrone, indica sconsolato la strage di essenze causata dalla sic- cità. Ma mostra anche vallette che sembrano angoli di foresta tropicale, antichi vialetti selciati e vecchie panche, affioramenti rocciosi, bordure di sempreverdi, arbusti, cespugli, provenienti dai quattro angoli della terra, e acclimatati per miracolo in questo angolo magico della provincia di Cuneo. Un mondo a parte è l’apiario che fornisce buon miele, e l’uliveto, circa duemila piante, in parte già messe a dimora dal nonno sotto la cappella di San Biagio, che producono un olio ricercato e prezioso, ma una produzione per forza limitata. “Me lo chiedono ristoranti, commercianti – se la ride – dicono quelle cose dei sommeiller, retrogusto di pinolo, mandorla, cose del genere, ma è quasi solo un divertimento”. Con 60 anni passati, questo aristrocratico sovrano di un arboreto pieno di angoli segreti, è ormai un soggetto pubblico – qualche volta tediato da giornalisti petulanti – e ancora sempre in giro per Italia ed Europa, progettando di tutto. C’è da rifare per esempio il viale d’accesso all’Abbazia di Staffarda che insiste sul comune di Revello, o la cura del parco del castello di Racconigi e l’organizzazione delle fiere al castello di Masino per dirne qualcuna. “Una bella soddisfazione – dice – è stata la realizzazione dell’orto per i monaci Cistercensi di Santa Croce di Gerusalemme a Roma, ma anche il giardino della Galleria d’Arte Moderna a Torino, che era ridotto male, e dove ho lavorato con alcune famiglie di bambù, e i giardini della Fondazione Ferrero di Alba”. Tra l’altro di bambù in natura ne esistono un migliaio di specie, ma in Europa se ne usa un centinaio, con pochi vivai specializzati come a Chiavari o in Francia. Infine qualche pensiero alle olimpiadi invernali del 2006, “che mi lasciano come dire, freddo”, dice pensando invece definizioni più pesanti. Tanto che ha messo nero su bianco la sua assoluta contrarietà all’iniziativa, “Perché la montagna è difficile da conservare e da restaurare. Per esempio – scrive – il grandissimo prato di Clot del Plan a Pragelato, non c’è più: è diventato, tagliato a ripiani, un enorme cantiere. Verrà trasformato, pare, in un enorme parcheggio. Il prato non era solo l’anticamera della val Troncea, bellissima e intatta, ma in tarda primavera si copriva di tantissimi rari tulipani (Tulipa australis), e di narcisi, i magnifici e sempre meno comuni narcisi dei poeti. I campi, chissà perché, di questi tempi hanno perduto senso e dignità: sono diventati, degradati nel proprio intimo valore, soltanto delle ‘utili’ superfici. Devono per forza avere una destinazione. Vittime di una malattia delle più gravi e stupide della nostra, purtroppo, sempre più stupida civiltà. Non valutare, negare il valore intrinseco del proprio patrimonio, e cercare ‘il valore aggiunto’, spesso è rischioso e pericoloso; porta a giustificare l’operato di persone che, prese da furori maniacali di modernismo, sollecitate da fondamentalismi agitatori, fanno di tutto, agendo il più delle volte in modo miope e disattento. Povere nostre montagne. Le antiche strade, un po’ contorte e gradevolmente complicate, resti di un mondo antico, devono essere abbandonate e trascritte, semplificando e distruggendo strutture cariche di piccola storia e dignitosissima cronaca, per sostituirle con la Grande Storia spesso vanesia, schiacciatrice e globalizzata…” L’apiario, un mondo a parte, assieme all’uliveto di 2000 piante a Revello Carena. Nigro. Artigiani in Piemonte, sovente ignorati dai più, geniali, meticolosi, che lavorano il più delle volte in solitudine. Persone, uomini e donne, che hanno privilegiati rapporti di trasmissione tra il cervello e le mani, capaci quindi di prestazioni negate ai più, muovendosi sul confine incerto fra arte e artigianato, sostantivi del resto derivati dalla stessa radice latina “ars”. Il Saluzzese è speciale in questo senso. Leggendo il bell’opuscolo “Mestieri”, edito dalla Comunità Montana Valli Po, Bronda e Infernotto, con sede a Paesana, si ha un assaggio delle botteghe, attive fuori dal confine dell’antica capitale del Marchesato, cioè a Barge e Bagnolo, Paesana, Rifreddo, Sanfront, Revello, Pagno. Un esempio è Ennio Lorenzo Carena di Revello, restauratore di mobili e tappezziere, primo nella zona a ricevere dalla Regione Piemonte il certificato d’Eccellenza Artigiana, istituito pochi anni fa per qualificare la categoria. Carena lavora con i materiali naturali impiegati tradizionalmente per sedie, divani, poltrone. E si scopre così che materie prime “povere”, un tempo prodotte in Italia, adesso arrivano da lontano, come la paglia di lino che viene dal Belgio, o la juta importata dall’India, in pezze o sottoforma di larghe fettucce che sostengono le molle. E anche un manufatto così semplice – appunto le molle – è ormai una rarità. Le migliori, di acciaio fosfatizzato, le fabbrica ancora un unico artigiano torinese, Negrino, altro lavoratore solitario. Carena è un tipico esempio di giovane cocciuto e appassionato del suo lavoro che, come tanti colleghi, prende un vecchio comò, una sislunga camolata, e ne trae eleganti pezzi d’arredamento, mettendo a frutto le esperienze maturate nei celebri laboratori di Saluzzo, prima di mettersi in proprio. Ma oltre che i restauri, prova a creare novità, come inedite poltrone utilizzando i pallets, quei bancali di legno di pino che servono a movimentare ogni sorta di merci, smontandoli e rimontandoli a suo gusto. Esempio da manuale di risparmio, riciclo di materie prime, riqualifica e creatività. In provincia di Torino Vincenzo Curto, quasi 60 anni, vive e lavora alla frazione Tetti Peretti di Carignano, minuscolo nucleo di case di campagna a cascine tra prati e piantagioni di meliga. Fa il fabbro da sempre nella vecchia casa di famiglia. Abitazione, un pezzo di orto e giardino, un piccolo capannone. Gran cacciatore di cinghiali d’inverno, viene da genitori contadini da cui ha ereditato l’atavico senso del lavoro che va fatto bene. L’officina è quasi museale, con tutto quello che serve a lavorare il ferro: tornio, fresa, trapani a colonna, piegatrici, mole, una piccola pressa, saldatrici elettriche e a ossigeno, chiavi inglesi, martelli, pinze, tenaglie da forgia, cacciaviti, sfridi, ritagli di lamiera, pezzi finiti e da cominciare, cataste di tubi e trafilati in cortile, la materia prima. Il classico apparente disordine che conserva però ogni cosa al suo posto, noto soltanto al padrone, naturalmente. Curto è uno che con le mani e quattro arnesi riesce a fare praticamente tutto. Ogni tanto arriva qualcuno dalla campagna con qualche intervento urgente al trattore, al rimorchio, all’aratro. Ma arrivano anche clienti con richieste impossibili, e Curto studia, si arrovella e fa. Ed è anche uno che se non ha la macchina adatta per un certo lavoro se la costruisce, un pezzo per volta. E nei ritagli di tempo costruisce magnifici coltelli forgiati a mano, in un gabbiotto riparato sotto il portico. Lame perfette, e manici di bosso, corno, modelli personalissimi, raffinati, ognuno un pezzo unico, senza l’intervento di nessun designer. I giovani si appassionano ormai più all’elettronica che alla meccanica, ma il mestiere di lavorare il ferro, può avere un fascino irresistibile, perché non costruisci giargiattole con le lucine che fanno bip bip e se si guastano devi solo buttarle via. Un manufatto di ferro è lì quasi per sempre, solido, brunito, o lucido. In tempi di chips e nanotecnologie, può far ridere, ma un fabbro o un carpentiere in ferro, certo con le mani nere e la tuta o il grembiule sporco di olio e ruggini, vernici, avrà sempre un posto nel mondo. Viene in mente il montatore Faussone della “Chiave a stella” di Primo Levi. Per dire. Ancora in provincia di Torino, alla frazione Marocchi di Poirino, c’è il laboratorio di Alfonso Nigro, vasaio, orginario di Vietri, nel Salernitano, che ha portato da decenni in Piemonte la sua cultura della terracotta. Uno che ha il becco di fare due lavori: occupato alla vicina fornace Mosso, e in bottega il resto del tempo. Sorretto da passione e talento, usa le terre della zona – che da secoli alimentano le fornaci di Villanova, Villafranca, Buttigliera provenienti dalla cava di Ternavasso – e riproduce oggetti tradizionale piemontesi: comignoli sette-ottocenteschi, le grandi pigne ornamentali da giardino, scaldini da letto, madonne, orci, fujot, vasi da esterno. In più realizza intriganti sculture su proprio disegno, integrando la cultura che viene dagli oggetti della sua terra, dall’antica scuola di maiolica di Vietri, o pompeiani, di Paestum. Produce anche formelle di terracotta riproducendo forme storiche, o con disegni forniti dai clienti, o maschere tradizionali, come un Bacco piemontese, il cui originale viene da chissà quale castello o dimora patrizia. Infine suggerisce un curioso legame tra le famose tinche di Poirino, allevate da sempre negli stagni della zona, e la geologia: infatti solo un terreno impermeabile come quello argilloso del Poirinese ha permesso la realizzazione di tante peschiere e di conseguenza l’allevamento della tinche. Però! Per finire alcune segnalazioni che meriterebbero ben più spazio. A Pinerolo, in via Montebello 5, c’è la bottega del giovane Luca Benso, coltellerie, che continua l’attività di famiglia di arrotino, come già il padre, il nonno e il bisnonno. Una famiglia che ha arrotato forbici e coltelli dalla fine dell’800. Una pratica, quella di molare lame, che richiede un lunghissimo apprendistato, ed è oramai praticata da pochissimi. Alla frazione San Bernardo di Carmagnola lavora invece Mario Martis, raffinato sellaio e calzolaio – altro mestiere in via d’estinzione – che produce squisiti manufatti su misura. Nella borgata Rivet di Pragelato – territorio devastato dagli impianti olimpici – opera da anni Guido Ronchail, grande scultore in legno, e uno dei pochi in Italia a costruire ghironde, complicato strumento a corde di origine medioevale, tornato alla ribalta da qualche decennio. Infine, parlando ancora di strumenti musicali, bisogna ricordare Franco Ferrarotti e figli, liutai alla borgata Lesna a Torino, unici a costruire pregiate chitarre, violini e contrabbassi. Minuscola impresa famigliare da due ge- nerazioni, inesorabilmente minacciata da cinesi e coreani. Altro esempio di artigiano che in bottega fa di tutto, cono- 37 scendo legni, vernici, colle, e ogni specie di materiali, costruendo, se necessario, le macchine per il suo lavoro. ■ Dall’alto: Curto, Nigro e Carena. Viaggi Ci sono due Cipro; quella greca e quella turca divise ancora oggi dalla linea verde e dalla terra di nessuno: entrambe meravigliose Cipro del Nord: Salamis, il Ginnasio romano. Agia Napa: centro e spiaggia. Famagusta: la Moschea. Cipro del Nord: Kyrenia, porto. Pafos: tombe dei re. Lefkosa: la Moschea. Là dove nacque Afrodite Foto e testi di Giorgio Ricatto L’ isola è cambiata, ma sotto l’abito nuovo gli isolani sono uguali a sé stessi, ti accolgono come un amico. Si ripete sempre il gesto gentile di un dolce, un frutto, un antipasto o un ouzo offerto agli ospiti nella taverna o nel caffè tra avventori intenti alla par- tita di “tavla” o “backgammon”. Succede a Cipro. Un entroterra verde, boschi e monasteri bizantini ornati da affreschi preziosi, una costa assolata che ha visto Afrodite emergere dalle acque, una luce già mediorientale, un’impronta britannica, una capitale che è l’ultima in Europa di- 39 A Limassol c’è un castello nel quale la leggenda narra che Riccardo Cuor di Leone prese in sposa Berengaria visa da un muro. Il confine più orientale d’Europa è un Mediterraneo insolito. I sentieri della storia si sono incontrati portando popoli e culture sotto questo cielo; lo testimoniano i resti greco-romani, le fortificazioni veneziane, le moschee e le chiese ortodosse. Non è stata una convivenza sempre facile quella tra greco-ciprioti e la minoranza turca. Il no “oxi” dei greci non ha permesso la riunificazione dell’isola tentata con il referendum del 24 aprile 2004, i ricordi delle violenze e delle tensioni passate sono stati più forti di 30 anni di pace. La Linea Verde e la Terra di Nessuno separano ancora la terza isola del Mediterraneo per grandezza, ponte geografico tra Europa, Asia e Africa. Il confine però è più permeabile, lavoratori turchi lo superano per rientrare in giornata; dopo un’occhiata al passaporto i turisti si trovano “dall’altra parte”. NICOSIA è un simbolo di quest’isola a due facce. Il volto greco della città è segnato dallo sviluppo all’insegna dei commerci e delle società esentasse, una città moderna tutta luci, vetrine e grandi firme. Nei vicoli stretti del centro storico i ristoranti turistici sono cresciuti a dismisura e contrastano con angoli ancora tranquilli occupati dalle botteghe degli artigiani. La monumentale statua dell’arcivescovo Makarios III, primo presidente di Cipro libera ed eroe nazionale, domina il complesso dei musei e la chiesa ortodossa di S. Giovanni dagli affreschi pregiati. I bastioni veneziani, la porta di Famagusta, le numerose chiese ortodosse, punteggiano il quartiere ancora segnato da spazi vuoti o in rovina per l’abbandono. La grande moschea Omerye nata come chiesa agostiniana ed i bagni turchi oggi centro culturale, ristrutturati grazie all’intervento europeo, rievocano ozi e atmosfere ottomane in uno spazio esaltato dal sottofondo di un “buzuki” che si diffonde tra i tavoli di un minuscolo “cafeion”. Nel cielo viola del tramonto una palma affianca il minareto disegnando un quadro senza tempo. Il muro taglia bruscamente la passeggiata pedonale, basco blu e mitragliatrice, un soldato delle Nazioni Unite lo controlla, ma una riunificazione illusoria si ha già dal grattacielo del museo-osservatorio che permette di abbracciare con lo sguardo la città intera. È il Ledra Palace Hotel, base Onu, che segna il punto di passaggio per la zona turco-cipriota. Oltre il posto di blocco non si alzano grattacieli e non luccicano le vetrine, ma si entra nel cuore di un centro vivace che pullula di attività. Priva di grigiori, la città sprigiona energia e vitalità, contrariamente alle attese. La Nicosia turca “LEFKOSA” è un centro urbano piacevole, in parte ristrutturato, come l’antico monastero dei Dervisci Danzanti trasformato in museo, l’hammam e il caravanserraglio oggi centro artigianale di qualità. La grande moschea Selimiye sorta sull’antica cattedrale conserva elementi di arte Lusignana e nonostante due minareti e le manomissioni è rimasta l’Agia Sofia del 1326. Un edificio eclettico e stravagante. Contrasti di una piccola isola con una grande storia, costruita strato su strato da popoli diversi. Un altro luogo simbolico è il villaggio di PYLA. Fatto inedito per l’isola spezzata in due, greco-ciprioti e turco-ciprioti convivono nell’area greca protetti dall’Onu che vigila dalla postazione sulla piazza centrale. Un piccolo paese, un museo e una grande piazza con un caffè greco e al suo fianco un caffè turco più dimesso. La moschea e la cattedrale ortodossa che gareggia in altezza con il minareto si affacciano sulla stessa via. Alcune botteghe turche sembrano abbandonate, ma greci o turchi, i vecchietti sostano nella piazza, ore interminabili passate davanti ad un caffè. Proseguendo il viaggio nella Cipro greca s’incontrano villaggi costieri trasformati in estese località di vacanza e divertimento. Li predilige un turismo inglese, forse per la guida a sinistra, le uova al bacon, i numerosi “pub”, la diffusa conoscenza dell’inglese, o per l’area di Akrotiri a Sovranità Britannica, qui certamente gli inglesi si sentono a casa. Era l’antica Kition, oggi è LARNAKA, una città che ha conservato un ritmo isolano. Da vedere il forte, i musei, la grande moschea, il souk e soprattutto la chiesa di Agios Lazaros con il museo bizantino, l’artistica iconostasi e la tomba di San Lazzaro. I caffè ed i ristoranti regalano sapori antichi. Durante le celebrazioni di giugno per il Diluvio Universale “Kataklysmos” la folla conquista la città e la trasforma. Per l’occasione su un palco allestito sulla spiaggia, canti e danze tradizionali sono accompagnati da musiche, strumenti popolari ed esibizioni di bravura. È la festa più celebre dell’isola, un’immersione totale nella cultura popolare. Balli con falcetti e coltelli si alternano alla spettacolare “datsia” in cui il ballerino sostiene una pila altissima di bicchieri pieni. Immersioni marine regala invece AGIA NAPA, un piccolo porto di pescatori trasformato in grande centro turistico. Le sue sono tra le spiagge più belle dell’isola, sabbia bianca e dorata, coste rocciose a picco sul mare, grotte marine e trasparenze caraibiche. Non ritrovo il simpatico pescatore di polipi che sorrideva al fotografo, ma discoteche, grandi hotels e prati verdi sul mare. Nei pressi Capo Greco è una natura aspra, protetta da una base inglese e da piste bianche, dall’alto la vista spazia su un paesaggio vastissimo. LEMESOS o Limassol, conserva il vecchio quartiere con la moschea, l’hammam, le botteghe artigianali e un castello in cui la leggenda ambienta il matrimonio di Riccardo Cuor di Leone e Berengaria. Nei pressi l’imponente castello di KOLOSSI si alza tra i vigneti del celebre vino di Commandaria, uliveti e macchie di oleandri. Una storia iniziata con i Cavalieri dell’Ordine di S. Giovanni di Gerusalemme e continuata incontrando anche i Cavalieri Templari. L’antica città-stato di KOURION domina il mare in splendida posizione. Alcuni giovani in parapendio si buttano dall’alto verso il mare, novelli Icaro, ma Kourion era la città di Apollo Ylatis, dio dei boschi, venerato nel santuario a 2 km dagli scavi. Un sito che completa l’imponente area archeologica. Cipro rimane però l’isola di Afrodite che la leggenda vuole nata dalle onde di Petra Tou Romiou. Inizia con il Capo Aspro la costa calcarea e bianca su cui s’infrangono le onde spumeggianti. La baia e le sue rocce sembrano fatte di luce, appartengono alla mitologia e la rendono viva, i turisti si fermano curiosi sulla spiaggia, passeggiando sembrano cercare le orme della dea dell’amore e della bellezza. PAFOS, antica capitale greco-romana e villaggio di pe- scatori è oggi turismo di mare e ristorantini sul porto, ma non soltanto. Vanta i celebri mosaici delle ville nobiliari, la chiesa Chrysopolitissa, la basilica paleocristiana, i musei. Un’area vastissima di selvaggia macchia mediterranea copre la necropoli “Tombe dei Re”. Una città sotterranea e una replica della città dei vivi. Scale, passaggi, cortili a colonne doriche, decorazioni e affreschi dissolti dal tempo. Per scoprire la natura più bella della zona greca bisogna lasciarsi guidare dalla dea Afrodite che conduce ad una sorgente protetta da un albero di fico e da un bosco di pini mediterranei e alti eucalipti. Sono i BAGNI DI AFRODITE. 41 Inizia così un circuito di almeno 3 ore da compiere a piedi nel Parco Naturale della PENISOLA DI AKAMAS, ma le possibilità di escursione si moltiplicano passando dal sentiero di Afrodite a quello di Adone. È un paesaggio che rievoca un Mediterraneo antico e incontaminato, la pista segue la baia a mezza costa dominando un mare cobalto e smeraldo tra pini e sabine marittime. Un’immersione completa nella natura vergine. Il percorso prosegue tra i campi di grano fiancheggiando la costa. Un’occasione per bagni di mare in baie rocciose tra grotte marine e spiaggette solitarie che profumano di fiori e mare. Sono i MONTI TROODOS un’autentica scoperta all’interno dell’isola. Vigneti e uliveti alla base dei pendii, boschi La spiaggia e la roccia di Afrodite a Petra Tou Romiou, ovvero il luogo dove si dice sia nata la dea. di pini e di cedri nella Riserva Naturalistica Valle dei Cedri, villaggi montani e trattorie che conservano le tradizioni isolane. Monasteri decorati da icone e affreschi che sono autentici capolavori. L’arte bizantina di nove chiese è considerata dall’Unesco Patrimonio Mondiale. In questi orizzonti è sepolto l’arcivescovo Makarios III, non lontano dal monastero di Kykkos. Più piccola, CIPRO DEL NORD non delude, anzi con i suoi spazi ancora liberi da scempi edilizi, i suoi castelli, le cittadine vivaci, la bellezza della penisola di KARPAS, paradiso per tartarughe marine, invita ad un’esplorazione. I boschi ed i campi coltivati a cereali si alternano a zone aride, nel cielo il volo di un grifone. Autostrade, ville e centri turistici sono oltre il confine. KYRENIA con il suo imponente castello a picco sul mare è vivace, piacevole è la sosta nei caffè della baia tra pescatori, gabbiani e musica. Dai bastioni del Castello la vista è grandiosa, all’interno sono custodite testimonianze d’epoche e dominazioni diverse e il raro relitto di un mercantile del 300 a.C. Un museo delle Icone è ospitato invece nella chiesa ortodossa di S. Barbara che sorge isolata presso Salamina. L’edificio ristrutturato è sorto nel 700 sui resti di una chiesa del V secolo e conserva una maestosità straordinaria. Anche l’antica SALAMINA sprigiona un’atmosfera particolare. La sensazione di camminare nel passato dell’isola è forte, forse accentuata dal mare d’erba alta e dalle macchie di oleandro. Le colonne del Ginnasio, il Teatro Romano, i Bagni, sono immersi nel silenzio a poca distanza dalla costa. FAMAGUSTA è una fusione di oriente e occidente, di vi- Kourion, il Foro romano. ta e tracce del passato remoto. La piazza della moschea di Lala Mustafa Pascià è un vasto palcoscenico. I portali goticolusignani e le linee eleganti prese in prestito dalla cattedrale di Reims non hanno risentito della distruzione delle torri. Un minareto si alza al loro posto. Si affacciano sulla piazza i tavolini dei caffè ombreggiati da alberi e archi del Palazzo Veneziano oggi in rovina. Un leone veneziano saluta i visitatori all’ingresso della Cittadella Lusignana, detta Torre di Otello. Un nome che ricorda la tragedia di Shakespeare, forse ispirata al governatore di Cipro: Cristoforo Moro. Tuttavia un altro nome celebre aleggia sul luogo; pare che visitando l’isola, Leonardo da Vinci suggerisse all’architetto alcune modificazioni. ■ Lefkosa, il Caravanserraglio. Torino da scoprire La storia della Mole Antonelliana, da tempio ebraico a museo del cinema attraverso realtà, favole e leggende Doveva essere una sinagoga di Margherita Oggero A caro-vita. Nell’attesa – rassegnata – che il piccolo misfatto si compia, perché si compirà di sicuro, consoliamoci coccolandola con gli occhi, la nostra bella Mole, quella vera, che quel “matto” geniale dell’architetto Alessandro Antonelli (col contributo del figlio Costanzo) è riuscito a rega- furia di lasciar correre, di pigliarla bassa e di non esagerare, può capitare che ci scippino la Mole. No, non sradicandola per trasferirla altrove, perché a tutto c’è un limite, ma abolendo la monetina da due centesimi di euro, come qualcuno ha proposto, tanto per dare una mano al 44 larci, barando sui progetti, manipolando i committenti e giocando a gatto e topo con tutte le autorità. Godiamocela da fuori, guardandola di sera nell’illuminazione finalmente perfetta, e da dentro, percorrendo i suggestivi camminamenti di un Museo del Cinema che non ha per il momento nessun rivale al mondo che gli stia alla pari. Non importa che non vanti più il primato dell’altezza come manufatto costruito in laterizi tradizionali: quel primato l’ha comunque avuto, e tanto ci basta. La Mole doveva essere una sinagoga, questo lo sanno quasi tutti. L’“Università Israelitica” aveva acquistato, nel 1860, il terreno posto tra le attuali vie Montebello, G. Ferrari, Riberi e Verdi con il proposito di far costruire un tempio per la propria comunità, che lo Statuto Albertino del ’48 aveva finalmente emancipata. Un tempio che, nelle intenzioni, avrebbe dovuto essere degno della città capitale del Regno d’Italia. Nel 1862 viene bandito il concorso, ma siccome nessuno dei progetti presentati incontra il gusto dei committenti, questi incaricano l’Antonelli di presentarne uno nuovo e poi (incautamente) gli affidano la direzione dei lavori. L’anno successivo comincia la grandiosa avventura della Mole: aperto il cantiere, quasi subito l’altezza dell’edificio e i costi di costruzione cominciano a lievitare in modo spropositato, il progetto originario viene continuamente stravolto, l’ Università Israelitica si straccia le vesti perché i fondi sono prosciugati, e nel frattempo Torino, non essendo più capitale, di una sinagoga faraonica (ammesso che così si possa dire) non ha più bisogno. Che fare? Nel 1869 i lavori vengono sospesi. Dopo anni di trattative, di accordi quasi fatti e poi stracciati, di perizie e controperizie, nel 1877 il Municipio di Torino decide di acquistare il fabbricato, sotto la spinta di un forte movimento d’opinione che si era organizzato nel “Comitato Tutelare del Monumento dell’Antonelli”, lo dedica a “Ricordo Nazionale del Re Vittorio Emanuele II” destinandolo a ospitare il Museo nazionale dell’Indipendenza italiana. La nuova destinazione crea subito parecchi problemi per il completamento dell’edificio, ma offre contemporaneamente all’Antonelli il destro per realizzare quella “scalata formidabile verso l’azzurro” che si era (nascostamente) proposto. Nuove e continue richieste di fondi che, a onor del vero, il pur sparagnino Municipio torinese scuce, anche se col collo storto. Sui motivi di di questa inusitata munificenza, il dibattito è ancora aperto, ma a me piace pensare che nella decisione sia entrato un soffio della sempre occultata ma mai rimossa follia subalpina, insieme con l’abitudine di non lasciare le cose a metà. Comunque sia, il cantiere va avanti, finché nel 1888 l’Antonelli muore alla bella età di 90 anni, e tocca al figlio Costanzo, che da parecchio l’affianca nella direzione dei lavori, coronare l’anno dopo il sogno del padre, innalzando sulla cupola la gigantesca statua del “Genio alato dell’Augusta Stirpe Savoina” con la stella d’Italia (o la stella massonica) sul capo. L’altezza raggiunta è di m 163, 35. Finisce qui? Neanche per sogno, perché restano da completare i lavori di rifinitura e ricominciano le commissioni di controllo, le perizie, le controversie e i dissidi. Poi, nel 1904 un violento uragano si abbatte sulla città e un fulmine colpisce la statua del Genio, che – miracolo! – anziché rovinare al suolo con le sue tre tonnellate di peso, resta in bilico su un lato della guglia. Recuperata in buone condizioni, non viene però rimessa al suo posto, per ovvie ragioni di prudenza, e si decide di sostituirla con un finimento a stella. Però ci scapita l’altezza! Allora via, altra modifica: si trasforma e si allunga la cuspide, in cemento armato questa volta, e il vertice dell’edificio arriva a 167 metri. Ma non è finita neppure questa volta. Dal 1930 riprendono, a singhiozzo, i lavori di consolidamento e quando sono quasi finiti arriva il famoso tornado: verso le sette di sera del 23 maggio 1953 il cielo sopra Torino si fa nero nel giro di pochi minuti, vento e pioggia si abbattono sulla città con violenza tropicale e quando finalmente la gente torna a vedere più in là del proprio naso, si accorge che della guglia ne manca un bel pezzo: 47 metri per l’esattezza. Ma ancora una volta c’è stato il miracolo: la guglia spezzandosi è caduta verticalmente nel sottostante fazzoletto di giardino e non ha ammazzato nessuno. Tornerà al suo posto (speriamo definitivamente) nel 1961, ricostruita in acciaio rivestito di mattoni, perché si sa che i miracoli non hanno l’abitudine di ripetersi all’infinito. Dopo, si è trattato di decidere cosa metterci dentro, a questa benedetta Mole. All’Antonelli il problema non aveva mai rovinato il sonno: quello che gli interessava era costruire un edificio che esprimesse la vittoria dell’uomo sulla gravità e che testimoniasse l’onnipotenza della tecnica (bell’utopia positivistica!), tutto il resto era un dettaglio secondario, che non meritava troppa attenzione. Il Museo dell’Indipendenza, cioè del Risorgimento, nel Nel 1953 una tempesta di incredibile violenza passa su Torino. Quando torna il sereno alla Mole mancano 47 metri di guglia Quel vecchio grattacielo fatto come un fiasco durante un temporale… C’ era una volta l’adolescente Gozzano. Un “gianburrasca” nella Torino Belle Epoque. Poi avrebbe reso omaggio alle signore che mangiano le paste nelle confetterie e alle buone cose, ancorché di pessimo gusto, muovendosi discreto – ironicamente inamidato – fra velette e salette. Ma prima, quando le redini del buon costume, del savoir faire, dell’etichetta ancora non erano ad hoc.... Prima del crepuscolo, l’elettrico ginnasiale saliva con gli amici Aimone e De Martini sulla Mole Antonelliana liberando quindi la vena terribile. Ecco come in una lettera immortalava la “grassa” trouvaille: “L’altro giorno (giugno 1899, ndr) fui a visitare la Mole Antonelliana (...). Da quell’altezza vertigionosa – 142 – Aimone lanciò nell’abisso uno stronzo fumante avviluppato in un giornale. Ed andò a precipitare – (orrendo fragore!) – innanzi ad una bottega di via Montebello. Io, che mi ero munito dei dovuti telescopi, mi divertii moltissimo a vedere il gruppo di gente spaventata che accorse allo ‘scoppio’ tremendo”. Franti e altri Franti nella Torino di “Cuore”...Anime discole, ma non solo... È lungo l’appello dei “buoni”: Enrico Bottini e il muratorino e la bambina che sulla carrozza di tutti guardava Edmondo De Amicis “col visetto volto in su, come avrebbe guardato la Mole Antonelliana: un visetto rotondo di madonnina...”. frattempo era già stato collocato da decenni a Palazzo Carignano, e nel 1961, appena terminate le costruzioni celebrative per il centenario dell’Unità, di altri musei non si prevedeva né la nascita né il trasferimento. Nell’attesa, la Mole ospita grandi mostre organizzate dal Comune, finché trova la sua definitiva e splendida destinazione, che è quella attuale di cui già si è detto. Fin qui, la storia. Ma la Mole è anche al centro di interessi di Bruno Quaranta Come avrebbe guardato l’innocente la Mole nel 1953 mentre la guglia cadeva? Il maggio di tregenda ispirò al surreale Italo Cremona (pittore e scrittore, un supremo conte philosophique, “La coda della cometa”) il racconto “I Falchi”, i volatili che con la stella avevano visto precipitare il loro nido. Un bizzarro spettatore si era ingegnato a campare raccontando lo straordinario spettacolo, qualche lira e un po’ di vino per compenso: “La Mole Antonelliana, un vecchio grattacielo fatto come un fiasco... fu durante un temporale... fanno paura i temporali (...). Intorno alla Mole c’era folla, qualcuno commentava a voce alta. Uno piccolo, vecchio, diceva: – Antonelli l’aveva progettata elastica, di laterizio, l’hanno irrigidita col cemento ed ecco che s’è spezzata...”. Tornerà a svettare la guglia, sollecitando il saluto di Mario Soldati: la Mole, “non torre di signori, non campanile di chiesa, non fastigio di duomo come in ogni altra città italiana, ma quasi tempio astratto dell’Idea ottocentesca del Progresso”. “L’ago fiorito” lassù nel cielo, la bussola (o lo svago) dell’anima persa di Giovanni Arpino, tra una bisca e un caffè e una verminosa metamorfosi: “La punta aguzza della Mole Antonelliana sorgeva fitta di lampadine come la cima colorata di una remotissima trottola”. ■ e favole che poco o niente hanno a che fare con le vicende della sua costruzione: l’interesse degli studiosi della Massoneria, per esempio, che, non a torto, leggono nella struttura e nelle decorazioni dell’edificio i simboli le geometrie e gli enunciati della Società dei liberi Muratori. L’interesse-favola degli esoteristi (che a Torino sono più numerosi dei piccioni), per i quali la guglia è un’antenna che cattura e poi distribuisce l’energia cosmica, il vertice su cui 46 convergono gli influssi astrali che alimentano le occulte forze magiche da cui la città è attraversata. La favola tanto in voga tra gli studenti di Palazzo Nuovo, secondo cui chi sale al tempietto della Mole prima della laurea, alla laurea non arriverà mai. Ma chi la laurea ce l’ha già, o ne fa tranquillamente a meno, al tempietto ci deve proprio andare, per ammirare uno delle più belle vedute che ci siano al mondo. La veduta di Torino dall’alto della Mole. ■ Calcio Una rosa compatta e ben assortita, dal “nuovo” Pinga a Marazzina, da Codrea a Maniero: non è assolutamente più un sogno l’arrivo in serie A Grande cuore granata di Angelo Caroli Q squadra era speciale. Partiva da lontano, come tutte le favole speciali. E si nutriva di amore, di passione, di partecipazione e del transfert che per solito sta alla base di un feeling calcistico. Sentimenti (o stati d’animo) che spesso inducono a enfatizzare o a trasformare la realtà uando nel giugno del ’76 suggerii all’amico Salvatore Lo Presti il titolo per il suo libro sul Torino (Profondo granata) avevo capito da un pezzo (esperienze dirette, tre derby di cui due vinti ed uno perso, e 35 anni di giornalismo) che il rapporto fra i tifosi e la 47 in rischiosa retorica. Perciò presento i “nuovi” del Toro con cautela, in modo che i tifosi puntino in alto le loro legittime speranze, ma con la misura che occorre per costruirsi una corazza a prova di delusione. Dunque i nuovi. Il primo della lista è il terzo portiere, Federico Marchetti di Bassano del Grappa, classe ’83 e proveniente dal Treviso ma prodotto del vivaio granata. Francesco Carbone, romano di 24 anni di proprietà del Chievo ma proveniente dalla Triestina, è un difensore coinvolto nell’operazione che porta Marazzina in granata e Mandelli (comproprietà) al Chievo. Carbone è un laterale di destra con caratteristiche propulsive, attento tatticamente dunque capace di svolgere i compiti con zelo. Ezio Rossi lo conosce dai tempi della Triestina. Sempre nel settore difensivo spunta, all’ultima ora, Simone Giacchetta, marchigiano di Ancona nato nel luglio del ’69. Centrale di assoluta esperienza, è legato al Genoa fino al 2006. Nella passata stagione ha militato nella Reggina, oggi è al Toro in prestito. Vive un singolare inizio di carriera. Fa l’attaccante nel Napoli di Maradona, via via si riconverte fino a trovare una collocazione nel reparto più arretrato. È un centrale che si è disimpegnato bene anche davanti alla difesa. Discreto nel gioco acrobatico, molto bravo nelle chiusure sullo stretto, è rapido e dotato di grande personalità. Elemento che gioca a favore del nutrito gruppo di giovani su cui conterà Ezio Rossi. Andrea Mantovani è un indigeno (nasce a Torino nell’84) ed è capitano della Under 20 campione d’Europa nel 2003. Per lui si tratta di un 48 ritorno, dunque è un “nuovo” atipico. Farà coppia con Mezzano. Come il collega di reparto, è un mancino. I due pilastri piazzati davanti a Sorrentino hanno come primo rincalzo Maurizio Peccarisi, 24enne ligure di Bordighera prelevato dal Cesena. Peccarisi è particolarmente dotato nel fisico e ricorda gli stopper che frequentano i “green” inglesi. La sua specialità è liberare l’area da scorie pericolose. Dunque sfrutta al meglio i 192 centimetri di altezza. Il colpo più intelligente messo a segno da Cravero e Zaccarelli è un romeno, Paul Costantim Codrea. Ragazzo di 23 anni, nasce a Timisoara. In Italia si trasferisce grazie al Genoa, poi viene acquistato dal Palermo dove con Guidolin non trova più spazio. È un centrocampista intelligente e carismatico, capace di “fare” spogliatoio, oltre che costruire schemi con disimpegni orizzontali corti o verticali lunghi. Vede il gioco d’istinto. Al Toro perviene dopo un’operazione “intelligente” costruita da Zamparini e Cravero-Zaccarelli. L’accordo coinvolge a latere Maniero il cui ingaggio è alquanto oneroso. Codrea si fa amare dai compagni per la proprietà di linguaggio e per le battute argute e sdrammatizzanti. È un centromediano metodista post litteram, ubicato davanti alla seconda linea e perno concreto che spazia in mezzo a De Ascentis e Conticchio. Una fonte di qualità. La sua posizione “frenata” consente a Pinga di affacciarsi sovente all’area di rigore avversaria. Humberto Daniel Soares Martelo è un frutto brasiliano di Campinas e proviene dal Caxias. È del ’78 ed è un centrocampista di fascia. Viene presentato dal consulente di mercato torinista. Rossi, Cravero e Zaccarelli si convincono dopo averlo visionato e l’affare è fatto. L’operazione, prestito e ingaggio, comporta l’esborso di 100 mila euro da parte di Cimminelli. Humberto è un elemento molto interessante, mancino integrale, geometra coscienzioso e pragmatico. Sta insomma nella sostanza del gioco: intercetta e riparte. Da quando è a Torino esibisce una qualità: il tempismo nell’inserirsi sotto la porta avversaria nei calci piazzati con decisivi colpi di testa. Ed eccoci alle punte. Il nome più magnificato è quello di Filippo Maniero, padovano di 32 anni, esperto navigatore di campi di calcio di A e B. Milita nel Padova, Atalanta, Ascoli, Sampdoria, Verona, Parma, Milan, Venezia e l’attuale Palermo dove è però chiuso da Toni. Accetta il trasferimento al Toro anche per avvicinarsi a casa. Uomo di urto e di esperienza, torre che fa sponda di testa e di piede, prepara la pappa per gli attaccanti-spalla o per la fanteria leggera che avanza dalle retrovie. Insieme con Codrea è il collante dello spogliatoio. Prezioso rincalzo, risulterà utile soprattutto nei match casalinghi. I pungiglioni titolari sono Marazzina e Quagliarella. Massimo è un lombardo di 30 anni, proveniente dal Modena ma esploso nel Chievo di Del Neri. Ragazzo solido, fa la seconda punta ed è molto mobile. La duttilità gli permette di esprimersi anche come prima “spina”. È un ambidestro generoso, combattivo e sveglio tanto da trovare immediata intesa con Pinga. Ha fiuto del gol con intuizioni sotto porta. Fabio è un campano di Castellammare di Stabia. Ha 21 anni appena e proviene dal Chieti. L’anno scorso ha realizzato 17 gol e si è fatto le così dette ossa. È un ambidestro che si fa rispettare nel gioco aereo e pur avendo analogie con Marazzina gli si integra bene incrociando spesso. Si muove con concreti risultati nell’arco offensivo dei 180 gradi dove cerca e trova soluzioni e gol. Entrambi sanno aprire varchi per i centrocampisti che “salgono”. Una “rosa”, possiamo dirlo, compatta e ben assortita. Per il resto è bene sussurrare che se sono rose, fioriranno. Possiamo solo aggiungere, con un bisbiglio, che la nostra città aspetta la sua legittima seconda squadra in A. La città non vuole essere da meno di Milano e Roma. ■ Codrea con la maglia della nazionale rumena. Torinesi celebri Vi ricordate i due Righeira? Bene: si sono conosciuti al liceo scientifico Einstein, e poi hanno cambiato nome L’estate non sta finendo di Maurizio Ternavasio L’ estate sta finendo/ e un anno se ne va/ sto diventando grande/ lo sai che non mi va”: siamo nel 1985, e con questa canzone surreale dal ritmo techno-pop i torinesi Righeira si aggiudicano il Festivalbar e il Disco per l’estate. L’anno seguente, con il brano sentimen- tal-demenziale Innamoratissimo, arrivano quindicesimi al festival di Sanremo, poi, sul finire degli anni Ottanta, si prendono una lunga pausa di riflessione. Questo è, in estrema sintesi, il resoconto della straordinaria avventura musicale del duo torinese che in pochi an- 50 ni ha scalato le classifiche di vendita internazionali, per poi tornare nell’ombra. Ma la loro storia va raccontata per gradi, cominciando dal primo incontro sui banchi di scuola. “Dopo la mia bocciatura, ci siamo ritrovati a far parte della stessa classe al liceo scientifico Albert Einstein. È lì che è germogliato il seme dei Righeira”, spiega Stefano Righi, in arte Johnson, classe 1960, compagno di viaggio dell’altro Stefano, Rota però, nato nel 1961, in arte Michael. Il primo si era avventurato, a partire dal ’79, nel mondo musicale bolognese. “Gli esordi erano stati nel contesto di un movimento che cercava di prendere le distanze da un certo modo, troppo serioso, di fare musica e, di conseguenza, politica. L’atteggiamento laico, moderno e demenziale che mi ispirava era influenzato dalla frequentazione e dalla conoscenza con gli Skiantos. Ci si rapportava con il pop scanzonato dei Gaz Nevada e non con gli Indiani Metropolitani, per intenderci; ci piaceva la fantasia e la creatività, non ci interessava proclamarci seguaci di certi ideali solo per andare dietro alla moda del momento. Michael ed io ritenevamo fosse possibile sentirsi impegnati anche alle prese con la musica elettronica, e non soltanto congegnando testi seriosi. Eppure chi la pensava come noi veniva allora guardato con una certa diffidenza”. I primi passi nel mondo dello spettacolo torinese sono stati una diretta conseguenza del comune modo di intendere la musica. “Nell’81 abbiamo messo su un complesso rock che frequentava l’ambiente underground con brani di stampo futurista. Il nostro particolare stile new wave nasceva da lì”. Ecco allora “Dai alzati in piedi/ muoviti veloce/ balla futuri- sta/ balla Marinetti”, una strofa illuminante circa il loro originale modo di pensare in note. Il successivo incontro con i fratelli La Bionda, gli inventori della disco music italiana, e il conseguente cambio di etichetta discografica li convince a diventare fratelli e a fare le cose sul serio. Nel ’83 il loro primo hit, Vamos a la playa, ha un successo travolgente, inaspettato: si trattava di una simpatica marcia vacanziera interpretata in spagnolo che faceva il verso ai motivi balneari degli anni Sessanta, in particolare a Quando calienta il sol dei Marcellos Ferial. Il pezzo, un vero e proprio evergreen della canzone italiana, rimane per dieci settimane in vetta alle classifiche e venderà ben tre milioni di copie. “Può sembrare incredibile, ma in realtà, come musicisti, ci siamo improvvisati: io suonicchiavo, Johnson non aveva grandi basi, a parte la capacità di mettere le mani sulle tastiere per gli accordi. Eppure avevamo successo, tanto”. Nell’84 il bis è assicurato con il piacevole tormentone No tengo dinero, contraddistinto dalla continua ricerca di suoni consoni al mood sempre più strampalato e clownesco dei suoi interpreti, poi i Righeira cedono di fronte alle lusinghe della televisione che li vuole protagonisti di diverse trasmissioni di successo, ad esempio nel varietà Sotto le stelle, nonché come esecutori della sigla di Domenica In. Diretta conseguenza di tutto ciò erano i guadagni, certo non stratosferici, ma comunque molto interessanti. “Allora eravamo dei pivellini, ci sottoponevano i contratti e noi li firmavamo senza andare troppo per il sottile”, continua Johnson. “Eravamo esplosi dal nulla, non abbiamo avuto il tempo di corazzarci con la giusta malizia. Io ho speso tutto subito, Michael è stato più accorto. Se abbiamo dei rammarichi? Personalmente si, quello di non essermi comperato una casa, anche se c’è ancora tempo per farlo. Il mio socio invece se l’è costruita con le sue mani, una soddisfazione in più”. “Quando finalmente potevamo pretendere di più di quanto ci offrivano, eravamo quasi arrivati a fine parabola”, spiega Micheal. “L’unico rimorso è quello di non essere riusciti a vivere quelle situazioni con la necessaria responsabilità. Però, in fondo, va bene così: qualche traccia importante l’abbiamo in ogni caso lasciata...”. Nel 1986 i due, abiti sgargianti e movenze vagamente ska, portano a Sanremo Innamoratissimo, poi, nel quadriennio successivo, tornano in classifica con Italians a go-go, quindi incidono i meno fortunati Companeros, Garageamos e Ferragosto. Infine, abbastanza a sorpresa, giunge la (temporanea) separazione. “Eravamo saturi di tutto, anche del rapporto tra noi”, dice Johnson. “Rispetto ad altre coppie avevamo il vantaggio di non essere mai andati a letto insieme, per questo siamo rimasti legati e molto amici. In poche parole, entrambi avevamo bisogno del nostro spazio”. Così il più giovane dei due per un po’ si è occupato di altre cose, iscrivendosi al contempo alla facoltà di giurisprudenza dove ha sostenuto diversi esami pur senza giungere alla laurea “per colpa mia, che sono di nuovo piombato nella sua vita. La mia presenza ha sempre avuto effetti devastanti su Michael. Per quanto mi riguarda, ho continuato a far musica, incidendo un paio di pezzi e collaborando saltuariamente con il trombettista jazz Giorgio Li Calzi”. La storia di Stefano Righi – in arte Johnson – e di Stefano Rota – in arte Michael Sul finire degli anni Novanta il sodalizio dei Righeira è ripartito, con immutato entusiasmo, dalla partecipazione ad un programma televisivo dedicato al revival del decennio Ottanta, seguito a ruota dalla pubblicazione di un cd che raccoglieva sette versioni rimixate di Vamos a la playa, il loro cavallo di battaglia. Ora Stefano & Stefano sono diventati grandi, anche se sappiamo che a loro non gli va: Johnson, a suo tempo separatosi dopo soli cinque mesi di matrimonio, è fidanzato con una bella ragazza di ventidue anni, Michael ha un figlio, Lorenzo, di undici e vive a Vicenza. Però, insieme, hanno in testa nuovi progetti. “Abbiamo ripreso con le serate nei locali e nelle discoteche in giro per l’Italia, intanto stiamo guardandoci intorno, in attesa di un nuovo album, come al solito scritto da noi: proprio per questo non abbiamo ancora partorito nulla, un po’ di sana pigrizia non guasta”, è sempre Johnson a parlare. “Nessuno potrebbe calarsi nella nostra mentalità artistica un po’ bislacca e tanto surreale. Poi, non dimentichiamolo, il momento discografico non è dei più propizi. Si parla tanto di lotta alla pirateria, ma da noi non si fa niente, mentre in Spagna hanno appena portato l’Iva sui cd al 4%: non si capisce perché in Italia un libro di Greggio venga considerato un’opera culturale, mentre un disco degli Eiffel debba essere parificato, ai fini dell’aliquota, ad un bene di lusso”. Lo spirito che anima i Righeira è sempre lo stesso, così come il genere musicale. “Ci sentiamo, alla pari di vent’anni fa, figli illegittimi dei tedeschi Kraftwerk, puristi e antesignani della musica elettronica, e continuiamo a pensare in termini ironicamente progressivi. In poche parole, non siamo cambiati dentro, anche se tanta acqua è passata sotto i ponti dai tempi di L’estate sta finendo”. Forse, a breve, ne inizierà un’altra, di estate. Magari non soleggiata come quella di una volta, ma altrettanto piacevole e divertente. Loro, i Righeira, i numeri ce li hanno tutti, ricchi come sono di estro, di voglia di fare e di idee. Il fatto di non prendersi troppo sul serio a volte non rappresenta un difetto, bensì una grande qualità che consente di affrontare nel migliore dei modi il mutare, inesorabile, dei tempi. ■ Cinema in città Nel giorno di Ferragosto si sono girate scene invernali: la macchina da presa ci ha ormai scelto come nuova capitale Ciak, neve su Torino di Alessandra Comazzi T sta. Incredibili fenomeni atmosferici, localizzati in pochi metri quadrati? Ma certo che no, è il cinema, bellezza, è il cinema che si è reimpadronito della città. A Torino si girano decine di film e sceneggiati, i moderni Carri di Tespi con sopra gli attori stazionano nelle strade fa- orino, quest’anno, è nevicato a Ferragosto. Via Accademia delle Scienze, nel tratto che sfocia in piazza Castello, era ricoperta dal candido manto, nel giorno dell’Assunta. Contemporaneamente, pioveva davanti a Palazzo Carignano. Pioveva e smetteva, senza so- 53 Dario Argento. cendo concorrenza ai cantieri, inalberano le loro antenne, svelano i loro camerini mobili, signora Muti, signor Somma, schiudono gli usci delle sale trucco da campo. Un fenomeno favorito dalla Film Commission Torino Piemonte che ha ritrasformato città e regione in un grande set. Come rivivere nel passato, “rinasco, rinasco del 1850”, scriveva Guido Gozzano precipitando nel salotto di nonna Speranza giovane, che aveva appena aggiunto un cerchio alla gonna e arrossiva insieme con la sua amica Carlotta. Così noi rinasciamo nel 1914, quando a Torino operavano 14, dicesi quattordici, case di produzione. Giovanni Pastrone aveva fondato la Itala Film Torino (sede al ponte Trombetta), realizzando, oltre al resto, il mitico “Cabiria”, kolossal capostipite nella storia del cinema, didascalie di Gabriele D’Annunzio, colonna sonora di Ildebrando Pizzetti. Il suo Moloch troneggia adesso nella sala principale del Museo del Cinema, alla Mole Antonelliana. Quegli “anni d’oro” paiono tornare, a distanza di un secolo. Come Speranza, anche Torino ha aggiunto un cerchio alla gonna, è diventata una città diversa. Ma sta ritrovando nel cinema una antica vocazione. C’è un film, in particolare, dove sembra che il cerchio si chiuda. È “Dopo mezzanotte”, di Davide Ferrario, che proprio alla Mole si svolge, protagonista essendone il custode. Un ragazzo che in un locale abbandonato della grande costruzione ha organizzato la sua casa. Lì si rifugia una notte una ragazza della Falchera, cameriera di fast food, che in un momento di esasperazione per le minime ma continue angherie subite, ha versato olio bollente sui genitali del padrone, è scappata, deve nascondersi. La Mole diventa così il punto nodale di tre amori: l’amore per l’architettura di uno degli edifici più affascinanti d’Europa; l’amore per il cinema del passato che il giovane custode proietta per sé; l’amore complicato tra i due ragazzi. Dario Argento, per parte sua, che Torino l’ha sempre presa in considerazione, se non altro per l’aura magica potenziale alleata dei suoi film paurosi, è tornato a girare qui “Ti piace Hitchcock?”. Più precisamente, si tratta del primo episodio di una serie di lavori per la tv: gli episodi successivi avranno altri registi, ma tutti la sua supervisione. “Torino – dice Argento – sta riconquistando lo spazio che ricopriva all’inizio del secolo scorso. Ci sono più set qui che a Roma”. Uno dei motivi, assicurano unanimi registi, attori, tecnici delle più svariate troupe, di questo gradimento per Torino, è il carattere della medesima. E dei suoi abitanti. Che siano autoctoni o di importazione, di recente o di antica immigrazione: comunque poi si comportano tutti allo stesso modo, perché l’ambiente condiziona. Dunque il comportamento dei torinesi è il seguente: si disinteressano di quello che capita. O meglio, si interessano, ma educatamente, con pardon, guardano un po’, un poco osservano, però in fretta se ne vanno. Non assillano gli attori, e se li vedono girare, o passeggiare, o prendere il caffè da qualche parte o mangiare la pizza, magari li additano al vicino, ma restano a debita distanza. Questo rispetto, questa volontà di non togliere il respiro (nen gavè ’l fià) è una caratteristica ap- prezzatissima da chi viene a girare a Torino, o più generalmente in Piemonte. Perché vogliamo mica dimenticare il resto della Regione? Ma certo che no. Ci sono gli studi vicino a Ivrea (Telecittà di San Giorgio Canavese) in cui si gira “Cento vetrine”. Uno dei protagonisti è Flavio Montrucchio, vincitore della seconda edizione del Grande Fratello (una bagatella da otto, nove milioni di spettatori a puntata) nonché figlio di un macellaio di via Principe Amedeo. Un macellaio vecchio Piemonte, che all’inizio non era tanto contento del mestiere scelto dal figlio, ma poi si è arreso al suo successo nel dorato mondo dello spettacolo. Altrove, anche il negozio dei genitori sarebbe stato invaso dalle fan (è un bel ragazzo, Flavio), alla ricerca di una epifania filiale. Qui, niente. Garbata curiosità, ma girare alla larga. Per non tacere di “Elisa di Rivombrosa”. Bel fenomeno anche quello. Cinzia TH Torrini ha girato uno degli sceneggiati di maggior successo della scorsa stagione televisiva nella reggia di Agliè. Prima non ci andava nessuno, adesso vanno in molti per vedere “i luoghi di Elisa”. Ma sempre con circospezione. Non vedranno, gli spettatori itineranti, i baldi giovani protagonisti (Vittoria Puccini e Alessandro Preziosi) cavalcare per il parco, ma avranno conosciuto un’altra bellezza del nostro vecchio Piemonte. Nel quale, come si diceva, ormai si gira di tutto, complice l’esplosione televisiva delle fiction: miniserie corte lunghe e medie, telefilm, film veri e propri; e poi gialli, neri, romanzi rosa, segreti e sospetti, delitti e amori. Alla Crocetta e alle Vallette, nella Galleria Subalpina e al Mau- Scene da “Elisa di Rivombrosa” e da “Dopo mezzanotte”. riziano, a San Salvario e a Villa Gualino, al Liceo Gioberti e a Sassi. Ce n’è per tutti e per tutte le zone. Ultimi appuntamenti torinesi, in ordine cronologico: Roberto Faenza si porta Luca Zingaretti uscito da Montalbano, Margherita Buy e Goran Bregovic, il musicista serbo, per girare un film ispirato al romanzo di Elena Ferrante “I giorni dell’abbandono”, una storia con lui, lei e l’altra, in buona sostanza. Ma amori e tradimenti sono argomenti eterni, si sa. Ramo tv, invece: Stefano Reali dirige Beppe Fiorello in “L’uomo sbagliato”, storia liberamente ispirata alla vicenda giudiziaria di Daniele Barillà, un giovane accusato, ingiustamente, di traffico di droga. E mi raccomando, se li vedete all’opera, motore, ciak, azione, girate alla larga. ■ 55 A proposito di cinema / Lo sapevate che? Tutti gli errori, le gaffes, i guadagni, i litigi, le incongruenze e i record di Hollywood I segreti delle dive di Piero Zanotto nezze, le imprese epiche, gli eventi storici, le bizzarrie, i successi clamorosi e i flop più micidiali che si sono verificati all’interno del mondo del cinema nel corso della sua gloriosa storia ultracentenaria. Una prima edizione, edita come questa da Gremese ri- M olti libri che parlano di cinema lo fanno in termini di qualità: il cinema come arte. Questo, invece – scrive nelle prime righe di introduzione il suo autore, Patrick Robertson – spudoratamente ne tratta in termini di pura quantità: raccoglie cioè tutti i record, le stra56 sale a dieci anni fa. Ora si presenta riveduta e ovviamente aggiornata, col didascalico titolo: “I record del cinema – Enciclopedia dei fatti, delle curiosità e dei primati del cinema mondiale, dall’epoca del muto ad oggi”. 365 pagine da capogiro per la sterminata panoramica di argomenti sezionati, analizzati, messi allo scoperto, dedicati a tutto ciò che si chiama cinema con i suoi protagonisti “visti” dentro e fuori del set, curiosando su provini, scelte di cast e titoli, sulle censure, sui pettegolezzi tra divi uno contro l’altro, sui personaggi che il cinema statisticamente ha più frequentato (presidenti degli Stati Uniti e uno in particolare, Abramo Lincoln, o figure letterarie come Sherlock Holmes o ancora le versioni dal repertorio teatrale di Shakespeare, con privilegio per “Amleto”). I film che han battuto il record di incassi e quelli che hanno avuto un solo spettatore: Hitler per “Il Grande dittatore” di Charles Chaplin. Visionato in rabbiosa solitudine nella cancelleria di Berlino. Ancora: sulle origini spesso curiosamente occasionali di temi e argomenti. Magari su uno spunto di cronaca o su qualcosa di marginale accaduto allo stesso autore. Riporta, Patrick, in proposito quest’episodio: Orson Welles, trovandosi un giorno in una situazione finanziaria a dir poco disperata, chiese un prestito di 50 mila dollari a Harry Cohn della Columbia, promettendogli un film, Cohn volle sapere il titolo, e Welles, sbirciando la copertina del libro che una ignara guardarobiera del teatro stava leggendo, disse che sarebbe stato il romanzo di Sherwood King “If / Die Before / Wake”. Proprio da quelle pagine egli avrebbe dato vita a “La signora di Shan- ghai” (1948) con lui protagonista insieme a Rita Hayworth. Il primo film di... tutto. Il primo in assoluto della storia del cinema, il primo realizzato a Hollywood, il primo delle diverse cinematografie, il primo sonoro, il primo colorato, il primo in animazione, il primo “panoramico”, il primo... odoroso, il primo ad affrontare argomenti fino a quel momento tabù. Come il primo bacio sullo schermo, risalente al film del 1896 “The Widow Jones”, commentato come “assolutamente disgustoso” dal cronista del giornale “The Chapn Book”. In tema s’allarga con dati specifici, ricordando come il primo paese dell’Estremo Oriente a permettere i baci sullo schermo sia stata la Cina. Mentre in Giappone nel 1926, dove il bacio era ritenuto “indecoroso, spudorato, sgraziato, imbarazzante”, la prefettura di polizia di Tokyo arrivò a tagliare fino a 270 mila metri di pellicola con scene di baci provenienti da film americani. Le cose cambiarono totalmente nel 1946... Omar Sharif fu il primo attore musulmano a baciare la partner nel film egiziano “The Blazing Sun” (1953). In India invece (cronaca dal Reporter of the Indian Cinematograph del 1928) durante le scene di baci “le signore dovevano voltare la testa” per non vedere. L’ultimo paese nel quale sono tuttora proibiti i baci cinematografici è l’Iran. Si ha risposta a tutto. Una storia, lunghissima e talora istruttiva oltre che zeppa di curiosità, parallela alla storia “altra” del cinema, visto come arte e conquista stilistica e tecnica. Cosa quest’ultima che comunque è presente anche qui, fino all’era elettronica e al primo film in internet. Qualche curiosità “pizzicata” quasi a caso: L’attore con la più lunga carriera sullo schermo, tuttora in attività, è Mickey Rooney, che debuttò all’età di 6 anni nel film “Not to Be Trusted” (1926) nella parte di un nano che fumava il sigaro. Errori, sviste. Tra le innumerevoli anche in film di grosso impegno produttivo, la spugna che galleggiava nella regale vasca da bagno di Elizabeth Taylor, Cleopatra nell’omonimo film (1963), era di plastica, del tipo che si trova facilmente nelle drogherie. Ci è cascato anche Steven Spielbergh. Nel film “Indiana Jones e l’ultima crociata” (1989), ambientato nel 1938, si vedono due persone in attesa all’aeroporto leggere un giornale di... dieci anni prima. Shirley Temple: “Ho smesso di credere a Babbo Natale fin da piccola. Mia madre mi portò a vederlo in un grande magazzino di Hollywood e lui mi chiese subito l’autografo”. Il più alto compenso per un doppiaggio è stato di Bruce Willis: 10 milioni di dollari per interpretare i vagiti del bimbo protagonista del film “Senti chi parla” (1990). Vi sono anche i record in tema di parolacce e invettive. Occupano diverse pagine. In origine, prima che oltrepassassero i limiti delle decenza e del buon gusto, magari coperte dal suono del clacson di un’auto di passaggio, come accadde nel film con Fred Astaire e Ginger Rogers “Follie d’inverno” (1936). Ma, assicura Robertson, con un po’ di abilità si riusciva a leggerle sul labiale. Tra le molte celebrità del grande schermo che iniziarono la loro carriera nei film porno ci fu anche Sylvester Stallone, che esibiva i propri ad- La spugna che galleggiava nella vasca di Elizabeth Taylor (Cleopatra) era di plastica dominali ed anche dell’altro nel film “A Party at Kitty and Stu’s” (1970). Passarono sette anni e il film venne ridistribuito solo per le feste private col nuovo titolo “The Italian Stallion”, a 10 mila dollari a proiezione. Edna Purviance, la protagonista dei film di Charles Chaplin, fra il 1915 e il 1923, non lavorò più nel cinema dopo il 1926, e tuttavia rimase sotto contratto a pieno salario con Chaplin fino alla morte, avvenuta 32 anni più tardi. Era Chaplin al tempo l’uomo più pagato del mondo. Sotto contratto alla Mutual, percepiva 670 mila dollari all’anno. E tra i veleni attribuiti alla gente del cinema nei confronti dei “colleghi” c’è questo, in proposito, di W. C. Field che di Chaplin disse: “La migliore maledetta ballerina del mondo degli affari”. Superato, Chaplin, da Mary Pickford, la “fidanzata d’America” il cui compenso minimo alla settimana era di 10 mila dollari, più una gratifica fissa di 300 mila, più altri 150 mila annuali da versare “per gentilezza” alla madre, più altri 40 mila per l’esame delle sceneggiature prima dell’eventuale contratto. Di lei Samuel Goldwyn disse: “Ci vuole più tempo a scrivere i contratti di Mary che a girare i suoi film”. Atroce per i fan di James Dean quanto disse Elia Kazan suo regista in “La valle dell’Eden” (1955): “È stato un eroe per tutti quelli che in lui hanno visto solo un bambino smarrito, mentre in realtà era un concentrato d’odio e inimicizia”. Ineffabile, infine, Michael Caine parlando di Roger Moore: “Se siete in difficoltà e vi avvicinate a Roger, è certo che lui vi liquiderà nel più educato dei modi”. ■ Fotografia digitale e dintorni Novità in casa Minolta, Sony, Fujifilm, Canon e sul primo franchising fotografico italiano DSC-F88 IM Minolta Dimage. Canon serie Pixma. Pixma. Le ultime megapixel di Edoardo Arpaia A Ne è un esempio la bellissima DiMAGE X50 di Konica Minolta, una macchina da 5 megapixel che vanta il tempo di avvio più veloce sul mercato, visto che le basta mezzo secondo per scattare una foto. Sottile ed elegante, la X50 si distingue subito per il monitor di ben 2 pollici, nche questo mese ritorna il consueto appuntamento con le ultime novità offerte dal sempre mutevole mondo della fotografia digitale, che ormai ha raggiunto un livello qualitativo di tutto rispetto ed appassiona un po’ tutte le fasce di consumatori. 59 Alcuni consigli per mandare in Internet a stampare le vostre foto digitali che insieme al pulsante playback consente di osservare le immagini appena catturate con una nitidezza eccezionale. Queste le principali caratteristiche: obiettivo zoom ottico 2.8x (37-105mm); zoom digitale 4.3x; misurazione su 256 segmenti e spot; capacità di realizzare video digitali a 15 fot./sec o 30 fot./sec; cattura di un fotogramma da sequenza video; stampa PictBridge; uscita TV; dimensioni 83x62x23mm; peso di soli 125 grammi. Molto interessante è poi la possibilità di rimuovere le parti indesiderate di sonoro a filmato già effettuato. Maggiori dettagli sul sito www.konicaminoltaphoto.it <http://www.konicaminoltaphoto.it>. Sempre restando nel range dei 5 milioni di pixel citiamo la Sony DSC-F88, erede della F77 lanciata due anni fa. Appartiene alla famiglia CyberShot e monta un obiettivo 3x Vario-Tessar, realizzato appositamente per Sony dalla Carl Zeiss. La sua peculiarità è sicuramente l’ottica orientabile, pensata per tutti i casi in cui l’autore voglia scattarsi un autoritratto; l’adozione di un processore Sony Real consente alla DSC-F88 di scattare immagini ad alta qualità e al tempo stesso di aumentare l’autonomia della batteria agli ioni di litio. Informazioni sul sito www.sony.it<http:// www.sony.it>. Dopo il successo ottenuto lo scorso anno la Fujifilm ha ora arricchito la sua entry level Q1 con una nuova veste, chiamata Digital RED. Come si intuisce dal nome la macchina preferita dai giovani si contraddistingue dall’estetica rosso fuoco, ma la novità più importante è in realtà il nuovo sensore CMOS da 3 megapixel effettivi (2048x 1535 pixel), che garantisce ora una migliorata resa al momento della stampa. Facile da usare e dotata come le “sorelle maggiori” di funzione per registrare brevi filmati, la Fuji Q1 Digital RED può essere pure usata come web-cam, e pur essendo equipaggiata di memoria interna da 8 MB può alloggiare una xD-Picture Card contenente fino a 512 MB di dati. Non male per un apparecchio il cui costo è inferiore a 100 euro. Visitate il sito www.fujifilm.it <http:// www.fujifilm.it>. Per quanto riguarda invece le stampanti una delle più interessanti novità viene da Canon, che ha introdotto la gamma PIXMA, apparecchi multi funzione degni di un laboratorio fotografico. Possono essere usate anche come fax, scanner e copiatrici, e sono dotate di una precisione di stampa fotografica tanto elevata perché predisposte con testine che emettono gocce d’inchiostro della grandezza di 1 pl. Il risultato è praticamente identico a quello delle fotografie all’alogenuro d’argento. Canon ha puntato molto anche sul design delle sue PIXMA, a forma di cubo e piacevole da integrare nell’arredamento di casa o ufficio. Inoltre la maggior parte delle PIXMA può stampare senza l’uso del PC, da fotocamere e videocamere digitali PictBridge compatibili o da schede di memoria. Alcuni modelli sono pure dotati di doppio vassoio carta e di un’unità duplex, per stampe fronte-retro in automatico su carta fotografica e comune. Per evitare il più possibile gli sprechi del prezioso inchiostro tutti i serbatoi sono a singolo colore e di plastica trasparente. Maggiori dettagli tecnici sul sito ufficiale www.canon.it <http://www.canon. it>. Citiamo infine un interessante servizio appena inaugurato dal Gruppo Dragoni (fondatore di Dragonfly, il primo franchising fotografico italiano), dedicato alla stampa in alta definizione delle foto digitali tramite Internet. Il sito si chiama PHOTO33.COM, e senza scaricare alcun software permette giorno e notte di inviare le proprie foto digitali e di vedersele recapitare, tramite servizio postale, entro 24 ore. I vantaggi sono evidenti. Il primo è quello di stampare solo le foto desiderate, e non tutto il rullino come avviene con l’analogico; poi si possono scaricare le foto da qualsiasi postazione Internet in giro per il mondo, risolvendo anche il problema di archiviazione sulle sempre limitate schede di memoria; le stampe possono essere inviate al proprio domicilio, ma anche a quello di terze persone, magari come sorpresa di compleanno o per necessità lavorative. I formati disponibili vanno dai più tradizionali alle stampe su album e su oggetti di diverso tipo (calendari, magliette, ecc...). Poiché la Dragoni si avvale da sempre della consulenza di Agfa, la qualità dei materiali e dei risultati finali è assicurata. Così come è totale la sicurezza nel pagamento, che può avvenire in tutti i modi possibili grazie al circuito della Banca Popolare di Sondrio. Si può perfino aprire un conto virtuale prepagato ed accessibile con password, da cui scalare di volta in volta il costo dei servizi usufruiti. L’indirizzo del sito è appunto www.photo33.com <http://www.photo33.com>, e tra l’altro viene offerto lo sconto del 33% su tutti i servizi fino alla fine di novembre. ■ Vini in tavola A Castelnuovo Don Bosco si annuncia una gran vendemmia: ecco le “succose” novità Di Freisa in Freisa di Edoardo Ballone D e minimis non curat praetor” sentenziavano i latini. Ma a proposito di vino sarebbe grave errore indulgere a questa massima. Sono quei vini conosciuti da pochi intimi che quasi non hanno traccia nella letteratura ma che pure coltivano amatori appassionati. Il primo e più curioso piemontese è il Multiplician. Originario dalle terre toscane altro non sarebbe che quel Montepulcia- 62 no che “d’ogni vino è il re” se le terre monferrine non gli avessero dato un altro vigore. Viene poi la Lambrusca. Secondo alcuni studiosi si tratta di un vitigno indigeno di origine selvatica, che si adatta alle condizioni ambientali anche meno felici. Oggi raro, godeva un tempo di gran diffusione. Adesso non si vinifica più da sola ma entra in uvaggi con altre uve rosse come Barbera e Dolcetti. Non discosto dalla Lambrusca, più su verso l’Acquese e anch’esso indigeno dell’Alessandrino troviamo il “Carica l’Asino” con le sue uve bianche che vanno a maritarsi con la Timuassa, il Cretese e talvolta con la Barbera bianca e il Moscato. A Ottiglio, invece c’è un’altra curiosità: cioè prosperano alcuni filari di Romitagi o Ermitage acclimatati forse nel passato Ottocento: essi danno un vino rosso rubino, tendente alla viola nel profumo e denso nel sapore. Un Malaga discreto è offerto dalle colline intorno a Portacomaro mentre Tocai rossi e neri sono reperibili a Bergamasco e a Cassano Spinola. C’è poi il Croetto. Questo vitigno ha la virtù di germogliare con venti giorni di ritardo rispetto ad altri vitigni più pregiati e, di conseguenza, riesce a passare indenne attraverso le ultime brinate. Questa sua caratteristica lo rende dominatore incontrastato dei fondovalle e delle zone esposte a settentrione. Le sue uve però non vengono quasi mai vinificate da sole e servono a vari tagli, prevalentemente delle Barbere. È così chiamato da crua perché i suoi acini hanno il difetto di stoccarsi al tocco più lieve. Un altro vitigno, questa volta vinificato da solo è il Ruchè. Rosso, nelle due varietà di secco e amabile, ha vago sentore di nebbiolo e lo si trova a Castagnole Monferrato. Già che si è accennato al Nebbiolo, intorno a Moncalvo si può gustare del Bareu che nulla ha a che vedere con il Barolo. È un nebbiolo vinificato dolce, ottimo per un pomeriggio in compagnia. A proposito di vini dolci non dobbiamo dimenticare la Barbera dolce, più nota come Ciarato o chiaretto. La si fa con il mosto degli acini più maturi, che vengono schiacciati durante il trasporto dal peso delle uve sovrastanti. Fra questi vini familiari un posto di rilievo spetta al “Frola” ricavato dalla vite americana che in piemontese è chiamata appunto frola o fragola per il suo peculiare profumo e sapore. Vinificata da sola, tende a perdere colore sino a farsi quasi giallo. Frizzante e simpatico, dicono gli intenditori che ha un gusto “volpino” che è poi la traduzione del “foxy” attribuito a tutti i vini americani. Olivola e Portacomaro offrono un buon Moscato d’Amburgo, che è però un’uva da tavola, ma è stato vano ogni tentativo per rintracciare le origine di questo appellativo. Un altro Moscato è quello di uva Greco. In verità è assai più magro del Moscato d’Asti, ha una maggior sedimentazione ma è ricco di profumo e di aroma. C’è poi un Cari, derivante da uva da tavola, in quel di Chieri, frizzante, sugli 11 gradi, che tende all’abboccato e si presenta di un rubino cupo, assai invitante. Ancora in quella zona si trova del “Bonarda” che è anche sparso nel territorio astigiano e in quello alessandrino. Vino antico e rinomato, sugli 11-13 gradi, è di un bel rosso, profumato, asciutto ma talvolta tendente all’abboccato, sovente frizzante e ricco di spuma. Ideale compagno di una serata a tarocchi o di un pomeriggio a bocce. Una vera rarità è l’intera collina della cascina Villacosta in quel di Castagnole Lanze che esibisce lungo le sue pendici uno dei maggiori vigneti piemontesi di Bonarda. Bonarda che fu definita la nonna dei vini. Una antica ma presto abbandonata dai contadini non appena si poterono impiantare nuovi e più produttivi vitigni. Insomma, fra i territori dei cosiddetti vini anarchici, è bello avventurarsi in un viaggio enologico fra i nomi più antichi della produzione piemontese nel nome di Bacco e dei suoi estimatori. ■ A proposito… Oltre ad essere famoso per la Freisa Castelnuovo Don Bosco ha anche un figlio molto celebre Il re del giunco L a storia della ditta Gionco Fratelli inizia a Castelnuovo Don Bosco, negli Anni Sessanta. La famiglia Gionco, originaria di Cessalto in provincia di Treviso, è arrivata in Piemonte negli Anni cinquanta, anni in cui molte famiglie venete sono emigrate in “cerca di fortuna”. La famiglia Gionco era composta da tre fratelli, le mogli, i due genitori e un totale di trenta figli; sì, ripetiamo, di trenta figli. Vivevano tutti nella stessa casa in provin- cia di Asti e lavoravano la terra a mezzadria. Mario, il più anziano dei tre fratelli, aveva imparato a lavorare i vimini dagli invasori tedeschi durante la Prima Grande Guerra. Tramite un suo amico un giorno venne a sapere che a Castelnuovo c’era un tale, Picollo, che cercava operai per la lavorazione del giunco e dei vimini (a Castelnuovo erano già più di cento anni che si lavoravano i vimini, era proprio una tradizione, c’erano più di settanta artigiani). Mario, alla ricerca di un lavoro più redditizio colse l’occasione e nel ’54 si trasferì in Piemonte con la sua famiglia. I Gionco si dimostrarono da subito ottimi artigiani e aiutarono con il loro lavoro ad aumentare il giro d’affari. Picollo, avendo bisogno di ulteriore mano d’opera, fece arrivare nel ’59 la famiglia del secondo fratello Luigi e nel ’60 quella del terzo, Giulio. Per un po’ di anni andò tutto a gonfie vele, poi il lavoro diminuì e il signor Picollo decise di mandar via gli ultimi arrivati. La famiglia di Giulio non si perse d’animo, affittò un laboratorio e iniziò a lavorare per conto suo dando origine, nel ’66, alla Gionco Fratelli. Nel giro di pochi anni riuscirono, grazie alla loro abilità, ad avere più lavoro di Picollo. Con il passare degli anni Picollo ha chiuso e dei tanti fratelli solo uno, Piero, ha continuato l’attività. Oggi, la tradizione dei vimini castelnovesi, tanto diffusa anni fa, è portata avanti da Gianni, figlio di Piero, e da Mario nipote del Mario che aprì la strada nel ’54. Le cose sono molte cambiate negli anni. Dalla sola lavorazione del vimini si è passati alla lavora- 64 zione del giunco, con cui si possono costruire tutti i tipi di arredo, dai più classici mobili da giardino, ai soggiorni, camere da letto, bagni e, nel limite del possibile, qualsiasi idea strana venga in mente. Infatti, grazie a tutti questi anni di esperienza, alla Gionco Fratelli si riescono a fare articoli su misura che si adattano a tutte (o quasi) le esigenze. Se uno ha degli spazi in casa di un certo tipo, si fanno mobili che ottimizzino gli spazi, o se una persona ha “misure” fuori del comune, si può fare, ad esempio, una poltrona più grande o un letto più lungo. Purtroppo negli ultimi anni c’è stata una forte concorrenza di articoli di produzione orientale che costa molto poco ma che tuttavia è spesso anche di bassa qualità. E sono poche le persone che riescono a capire che un articolo fatto in un certo modo può durare più di cento anni e che questi mobili acquistano nel tempo un valore di antiquariato. I materiali utilizzati per le lavorazioni arrivano in prevalenza dall’Indonesia, Thailandia e Filippine. Il lavoro a Castelnuovo Don Bosco consiste nel fare pezzi d’arredo su misura o da vendere nell’esposizione. Il lavoro della famiglia Gionco non è soltanto la vendita ma anche la preparazione di pezzi d’arredo su misura. Si fanno inoltre molte riparazioni su sedie e poltrone che all’occhio inesperto sembrano da buttare. Ma i lavoratori del giunco si lamentano. Dicono che il loro lavoro si sta perdendo e che la gente considera i mobili di giunco quasi come pezzi da uso e getta senza sapere che invece si tratta di un’arte, quella del giunco. Inoltre, dicono quelli dell’ambiente, che le persone che cercano questo tipo di arredamento sono in genere persone serene. Ci piace crederlo. ■