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CRITICA DELLA RELIGIONE Amilcare Giudici
Provenienza: Il testo di Amilcare qui riportato “Fede come funzione critica della Religione” fa parte delle dispense di un corso di scuola popolare di teologia intitolato “FEDE E RELIGIONE” così articolato: 1. 2. 3. 4. 5. 6. CRITICA DELLA RELIGIONE – A.Giudici INTERPRETAZIONE FREUDIANA DEL FATTO RELIGIOSO - A.Valsecchi SCIENZA E RELIGIONE – G.Tognoni LA CRITICA DELLA RELIGIONE IN FEUERBACHE E MARX - A.Rizzi LA CRITICA ALLA RELIGIONE IN BARTH E BONHOEFFER – GB.Picinali LA FEDE COME FUNZIONE CRITICA DELLA RELIGIONE – A.Giudici C R ITIC AD ELLAR ELIG IO N E Amilcare Giudici Introduzione Il problema del rapporto tra fede e religione costituisce un nodo fondamentale per l'attuale rinnovamento cristiano, ed è alla base di tutti i movimenti cristiani che si pongono criticamente di fronte alla chiesa cattolica istituzionale. Per il programma di quest'anno, incentrato sulla nozione della libertà cristiana, il rapporto tra fede e religione costituisce il criterio ermeneutico che ci ha guidati nella elaborazione del programma, e contemporaneamente l'adeguata comprensione di questo rapporto contiene il fine di tutto il lavoro di quest'anno. Cominciamo con la chiarificazione dei termini, nell'intento di enucleare subito il problema che essi contengono. Per fede si intende qui l'intuizione interiore religiosa che muove una persona o una comunità; si intende ancora il rapporto spirituale che ciascuno (unitamente alla comunità) costruisce con Dio, o anche l'orizzonte dei valori assoluti che sono la fonte del proprio senso e il parametro fondamentale del proprio agire storico. Per religione s'intende invece l'insieme dei valori religiosi in quanto si costituiscono e si strutturano in forme sociologicamente determinate in un culto,una morale e una ideologia teologica. Questa distinzione tra fede e religione presuppone di poter considerare la realtà della fede prima e distintamente dal suo attuarsi storico in forme di culto, in leggi etiche e in sistemazioni teologiche. Non solo:presuppone anche che la fede possa rimanere altro rispetto alla religione, e forse sostanzialmente in antagonismo e in dialettica con la religione. Non voglio però qui anticipare delle soluzioni: bisogna invece capire il problema fondamentale contenuto nella distinzione e nel rapporto tra fede e religione. Questo problema può essere espresso così: — è possibile distinguere la fede dalla religione? ossia:la fede ò considerabile in se stessa, in quanto ha un suo statuto proprio, indipendentemente dalla pratiche religiose, dalle norme di comportamento, e dalle riflessioni teologiche? Ha senso il 1 significato una fede che non diventa religione? Per quanto riguarda il cristianesimo il problema si pone nel seguente modo; — il messaggio di Gesù Cristo fonda un'altra religione o si pone fondamentalmente come un messaggio oltre la religione? Questo ultimo problema è stato decisamente affrontato da Paolo nella sua polemica con il giudaesimo sotto termini di legge e grazia (legge è sinonimo di religione e grazia di fede); è stato ripreso dalla riforma protestante attraverso una riflessione quanto mai suggestiva. Per questo il problema che qui viene introdotto verrà sviluppato dall'intero corso dell'anno. Per questo è importante vedere da questa angolatura l'insieme dei corsi svolti: a - tutta la prima parte stata una critica alla religione cattolica, dove fede e religione fanno un tutto unitario e inscindibile e dove si è preteso di dare corpo alla fede finendo in una mistificazione della fede stessa (cfr. specialmente la dottrina sociale della chiesa, il movimento cattolico e l'ideologia cattolica); b - la seconda parte si propone di considerare la fede in se stessa, e in particolare il messaggio di Gesù Cristo, come messaggio oltre la religione; c - la terza parte del programma studia più propriamente il rapporto tra la fede (il messaggio di Gesù Cristo) , e la religione (l'agire etico individuale,sociale e politico). Proprio nel raggiungere coscientemente la distinzione tra fede e religione nasce, a nostro avviso, una possibilità radicale di libertà per i seguaci di Cristo. Anticipiamo brevemente alcune linee risolutive, non per cercare ora una soluzione, ma per mostrare la complessità del problema: - quando la fede fa un tutt’uno con la religione si ha il cattolicesimo postcostantiniano: qui la fede cristiana elabora una sua religione, costituita da riti propri, da una propria morale, da un proprio modo di fare politica ecc. All'interno di questa fusione si hanno due diverse possibilità: la fede assume la religione storica dell'ambiente in cui si trova a vivere, divenendo alleata di una istituzione costituita: la religione assorbe la fede. Oppure la fede elabora, contro l'ambiente storico in cui vive, una sua propria religione, credendo di trovare in se stessa i principi orientativi per determinare in modo completo e adeguato (anche qui l'operazione avviene una volta per sempre) il complesso religioso storico. In quest'ultima ipotesi,che si è storicamente verificata nel cattolicesimo italiano, si dà allora la morale cristiana, il matrimonio cristiano, la scuola cristiana,la politica cristiana, l'associazione cristiana, il cinema cristiano, il sindacato cristiano ecc. Alla base di tutte queste formulazioni c'è lo stesso principio:la fede cristiana possiede in sé la possibilità di elaborare un proprio mondo,una propria religione: qui la fede crea la religione e non si distingue più da essa. - quando invece la fede rimane completamente staccata dalla religione, riservandosi un ambito completamente trascendente e definendosi come altro rispetto alla morale, alla politica, alla cultura ecc., si ha lo svuotamento storico della fede, svuotamento che la rende inutile per la vita concreta dell'uomo. In questa ipotesi si 2 riserva alla fede una sfera interiore personale, che nulla ha a che fare con il presente storico. Il problema del rapporto tra fede e religione si costituisce quindi in un dilemma difficile: se la fede si identifica con la religione muore nell'istituzione divenendo forza conservatrice e reazionaria (cattolicesimo); se invece la fede rimane completamente distinta dalla religione rimane senza corpo e senza storicità, e diviene praticamente inutile (spiritualismo). Esiste una terza possibilità oltre alle due accennate? E’ quello che cercheremo di vedere. Intanto dobbiamo vedere i movimenti storici che all'interno della nostra cultura hanno portato a questa distinzione. La critica alla religione ha tutto un suo retroterra storico che bisogna conoscere. Si tenga presente che la critica storica alla religione critica la religione proprio come connubio tra fede e religione: ciò che la critica ha messo in luce è stata la pretesa di assoluto che la forma storica religiosa pretendeva di rivendicare per se stessa. Come seconda osservazione va detto che la critica alla religione è innanzi tutto un dato di fatto: la gente abbandona sempre più la religione, questa è la prima e fondamentale critica presente nell'attuale realtà. Ci chiediamo perché avviene questo? Crediamo che la risposta a questa domanda vada ritrovata proprio in quei filoni di pensiero che costituiscono storicamente la critica alla religione; ecco perché abbiamo ritenuto di dover brevemente ripercorrere tutto il cammino culturale che ha messo fuori combattimento la pretesa assolutistica della religione. Ed ecco allora il senso dei vari interventi: − la psicologia ha a suo modo mostrato il limite della religione,smascherando le possibili contraffazioni a livello individuale e sociale: intervento di Ambrogio Valsecchi; − lo sviluppo scientifico ha tolto molto terreno al senso religioso comune, obbligando la religione ad abbandonare la pretesa di avere le risposte ad alcuni perché, che la scienza sa risolvere da sola e molto meglio: intervento di Gianni Tognoni; − la filosofia dal canto suo ha sempre criticato la religione: qui ci rifacciamo per brevità alla critica di Feuerbach e di Marx:intervento di Armido Rizzi; − infine la riforma protestante ha elaborato una critica teologica della religione, mostrando la novità e il significato non-religioso del messaggio di Cristo:intervento di Giambattista Picinali. Alla fine si rende necessaria una contro-critica,proprio perché la critica potrebbe semplicemente dividere la fede dalla religione, senza cogliere anche una possibile unione. 3 LAFED EC O M EFU N ZIO N EC R ITIC A D ELLAR ELIG IO N E Amilcare Giudici Dopo la critica alla religione rimane doverosa anche una controcritica: non principalmente per motivi apologetici, ma per onestà scientifica. La critica alla religione ha messo in luce alcuni contenuti dell'attuale cultura, che devono essere rettamente calibrati. Un primo filone è costituito dalla cosiddetta secolarizzazione : in essa la religione diverrebbe del tutto inutile o potrebbe sussistere come retaggio mitico di culture tecnicamente non evolute. In realtà la secolarizzazione è una logica conseguenza della fede cristiana (Gogarten) e rappresenta la morte solo della religione superstiziosa e dell'asservimento dell'uomo alla divinità : questo dal punto di vista teologico. Dal punto di vista culturale, bisogna ricordare che proprio in questi ultimi anni si assiste ad un rifiorire di forme religiose nuove e complesse, e proprio da parte delle generazioni più giovani e tecnicamente più avanzate, come provano i vari movimenti giovanili tipo hippy. La stessa droga sembra essere un "nuovo rito". Psicologi e sociologi si stanno impegnando per ricuperare la dimensione mitico–religiosa dell'uomo. Si veda a questo proposito l'ultimo libro di Cox “La seduzione dello spirito”, Queriniana, 1974. Un secondo filone è costituito dal positivismo liberale, che porta avanti il progetto di un compiuto umanesimo in una alternativa veramente radicale rispetto alla visione religiosa della realtà. Questo filone sottostà alla critica filosofica di Feuerbach e Marx, e ha determinato con i cosiddetti maestri del sospetto (oltre a Marx, Freud e Nietzsche) la reazione della teologia dialettica di Barth e Brunner. Lo sviluppo storico ha mostrato da solo quanto illusoria sia la libertà sbandierata da questa corrente di pensiero; bisogna però dire che a causa della sua radicalità la critica a questa corrente di pensiero può essere solo: a livello del vissuto la testimonianza; a livello riflesso un invito fenomenologico a considerare in modo non prevenuto il fatto religioso, e a sospendere il giudizio ultimo su di esso, accettando lo scarto tra la ragione analitica e la profondità del reale. Queste due correnti di pensiero hanno, a mio avviso, avuto una funzione positiva e demistificatoria sulla fede cristiana, facendo cadere l'ingenuità cattolica che ancora non poteva distinguere il messaggio di Cristo dalla forma storica che aveva preso.. Da quest'opera demistificatrice è nato il grande tentativo di riscoprire il senso della fede cristiana, e ciò che non poterono fare i figli della Chiesa che lungo i secoli tentarono di rinnovarla e finirono sul rogo, lo fece paradossalmente il movimento laico. Questo rinnovamento sta avvicinando il mondo cattolico al pensiero protestante, proprio perché il movimento protestante fu il primo a comprendere il cristianesimo come non religione. Se invece ritorniamo al problema sollevato all'inizio di questo corso, riguardante il rapporto tra fede (intesa come ispirazione interiore) e religione (intesa come struttura esterna fatta di riti, di norme e di sistemazioni dogmatiche) dobbiamo concludere che dal punto di vista teologico questo problema non può essere messo in un aut–aut. Cioè i due movimenti sono inconfondibili, sostanzialmente distinti, ma sono anche inseparabili, congiunti. La fede nega la religione, ma non può stare senza la religione; 4 come la grazia si oppone alla legge, ma la legge non diviene completamente inutile. Se all'inizio ho mostrato i pericoli sottesi a una non adeguata distinzione tra fede e religione( sono stati tra l'altro storicamente visti in tutta la prima parte) conviene vedere qui, brevemente, i pericoli contenuti in una ipotesi di totale separazione tra fede e religione. Come prima cosa va detto che, una simile separazione, si opporrebbe decisamente alla realtà : nella storia dell'uomo, di fatto cogliamo la fede dentro nella religione, ed è un'operazione artificiosa pretendere di poter separare queste due realtà che si danno tra loro come anima e corpo. La separazione totale della fede dalla religione termina in un rifiuto del dato umano per un soprannaturalismo che storicamente viene facilmente strumentalizzato in senso ideologico– oppressivo. Teologicamente : – è arbitrario affermare che le religioni sono il cammino dell'uomo che va a Dio e la fede il cammino di Dio verso l'uomo. Le religioni sono più esattamente l'una e l'altra cosa assieme. – La totale separazione ha come ipotesi di fondo la totale separazione fra l'umano e il divino, con il conseguente disprezzo di tutto ciò che è umano, e quindi in ultima analisi cade ancora in una forma di integrismo. — Questa separazione si oppone, almeno quando portata all'estremo, a un dato fondamentale del cristianesimo, che è l'incarnazione, intesa come una certa unione tra l'uomo e Dio. E' proprio partendo dal fatto di Gesù Cristo che è uomo—Dio e che d'altra parte pone il suo messaggio contro la religione, che possiamo formulare qualche ipotesi risolutiva del rapporto tra fede e religione. La conclusione da cui partiamo per formulare questa ipotesi è la seguente : fede e religione non possono confondersi in una cosa sola e non possono essere totalmente separate. La soluzione sta nel vedere la possibilità di un rapporto dialettico tra queste due realtà, che è poi lo stesso rapporto dell'uomo con Dio. Questo rapporto dialettico si può spiegare in diversi modi, secondo le varie teologie espongo qui tre modelli risolutivi di questa dialettica. 1 - La fede è l'istanza critica della religione : ossia la fede vive nella religione e con la religione ma non si ritrova completamente in essa e mantiene sempre una sua emergenza sulla religione, divenendo la critica della religione. La fede ha dunque bisogno della religione, ma essa cambia continuamente la religione, e cambiare la religione è il compito stesso della fede. Questo equivale a dire che la fede è libera di fronte alla religione, ma non di una libertà qualunque, ma di una libertà per la religione, che è una libertà storica e umana. Questa ipotesi si rifà tra l'altro, alle riflessioni di J.B. Metz (cfr. per esempio: Sulla teologia del mondo, Queriniana, 1969.) 2 - Nella teologia della speranza la fede è vista come tensione che segue la promessa: il rapporto si imposta allora come il rapporto fra il futuro e il presente : la fede é il domani di Dio, la religione è il presente dell'uomo. Come il presente scompare e si consuma per aprirsi al futuro, così la religione si modella di volta in volta come abito storico che la fede assume nel suo cammino continuo verso l'escatologia. La fede, intesa come 5 speranza, non trascura le realtà storiche che incontra e non sta neppure senza di esse, ma le assume come ambito storico che la visualizzano, cosciente però del suo stesso divenire storico In questa operazione essa trascende continuamente il dato storico per stare aperta al Dio della promessa. 3 - Nella teologia politica e nella teologia della liberazione la fede sta alla religione come l'utopia (in senso positivo) sta alla situazione reale. Anche qui il compito della fede è quello di contestare la religione, ma assumendola come ambito di impegno e di lotta. Questa posizione è molto simile a quella precedente, solo che si cala maggiormente in una assunzione contestativa della realtà storica. Come si vede, tutte le posizioni esposte cercano di rendere il rapporto dialettico tra fede e religione, come rapporto libero della fede rispetto alla religione, ma di una libertà che assume e si fa carico della realtà storica della religione. Si noti ancora che, pur con tutte le differenze proprie di ogni ambito, il rapporto che abbiamo ipotizzato tra fede e religione vale parallelamente per il rapporto tra fede e morale, tra fede e politica ecc. La soluzione è qui solo globalmente esposta e anticipata come ipotesi che si deve poi verificare nei vari corsi. Amilcare Giudici 6