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CRITICA DELLA RELIGIONE Amilcare Giudici

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CRITICA DELLA RELIGIONE Amilcare Giudici
Provenienza: Il testo di Amilcare qui riportato “Fede come
funzione critica della Religione” fa parte delle dispense di
un corso di scuola popolare di teologia intitolato “FEDE E
RELIGIONE” così articolato:
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CRITICA DELLA RELIGIONE – A.Giudici
INTERPRETAZIONE FREUDIANA DEL FATTO RELIGIOSO - A.Valsecchi
SCIENZA E RELIGIONE – G.Tognoni
LA CRITICA DELLA RELIGIONE IN FEUERBACHE E MARX - A.Rizzi
LA CRITICA ALLA RELIGIONE IN BARTH E BONHOEFFER – GB.Picinali
LA FEDE COME FUNZIONE CRITICA DELLA RELIGIONE – A.Giudici
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Amilcare Giudici
Introduzione
Il problema del rapporto tra fede e religione costituisce un nodo fondamentale per
l'attuale rinnovamento cristiano, ed è alla base di tutti i movimenti cristiani che si
pongono criticamente di fronte alla chiesa cattolica istituzionale.
Per il programma di quest'anno, incentrato sulla nozione della libertà cristiana, il
rapporto tra fede e religione costituisce il criterio ermeneutico che ci ha guidati nella
elaborazione del programma, e contemporaneamente l'adeguata comprensione di
questo rapporto contiene il fine di tutto il lavoro di quest'anno.
Cominciamo con la chiarificazione dei termini, nell'intento di enucleare subito il
problema che essi contengono.
Per fede si intende qui l'intuizione interiore religiosa che muove una persona o una
comunità; si intende ancora il rapporto spirituale che ciascuno (unitamente alla
comunità) costruisce con Dio, o anche l'orizzonte dei valori assoluti che sono la fonte
del proprio senso e il parametro fondamentale del proprio agire storico. Per
religione s'intende invece l'insieme dei valori religiosi in quanto si costituiscono e si
strutturano in forme sociologicamente determinate in un culto,una morale e una
ideologia teologica.
Questa distinzione tra fede e religione presuppone di poter considerare la realtà della
fede prima e distintamente dal suo attuarsi storico in forme di culto, in leggi etiche e
in sistemazioni teologiche.
Non solo:presuppone anche che la fede possa rimanere altro rispetto alla religione, e
forse sostanzialmente in antagonismo e in dialettica con la religione. Non voglio
però qui anticipare delle soluzioni: bisogna invece capire il problema fondamentale
contenuto nella distinzione e nel rapporto tra fede e religione.
Questo problema può essere espresso così:
—
è possibile distinguere la fede dalla religione? ossia:la fede ò considerabile
in se stessa, in quanto ha un suo statuto proprio, indipendentemente dalla pratiche
religiose, dalle norme di comportamento, e dalle riflessioni teologiche? Ha senso il
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significato una fede che non diventa religione?
Per quanto riguarda il cristianesimo il problema si pone nel seguente modo;
—
il messaggio di Gesù Cristo fonda un'altra religione o si pone
fondamentalmente come un messaggio oltre la religione?
Questo ultimo problema è stato decisamente affrontato da Paolo nella sua polemica
con il giudaesimo sotto termini di legge e grazia (legge è sinonimo di religione e
grazia di fede); è stato ripreso dalla riforma protestante attraverso una riflessione
quanto mai suggestiva.
Per questo il problema che qui viene introdotto verrà sviluppato dall'intero corso
dell'anno. Per questo è importante vedere da questa angolatura l'insieme dei corsi
svolti:
a - tutta la prima parte stata una critica alla religione cattolica, dove fede e religione
fanno un tutto unitario e inscindibile e dove si è preteso di dare corpo alla fede
finendo in una mistificazione della fede stessa (cfr. specialmente la dottrina sociale
della chiesa, il movimento cattolico e l'ideologia cattolica);
b - la seconda parte si propone di considerare la fede in se stessa, e in particolare il
messaggio di Gesù Cristo, come messaggio oltre la religione;
c - la terza parte del programma studia più propriamente il rapporto tra la fede (il
messaggio di Gesù Cristo) , e la religione (l'agire etico individuale,sociale e
politico).
Proprio nel raggiungere coscientemente la distinzione tra fede e religione nasce, a
nostro avviso, una possibilità radicale di libertà per i seguaci di Cristo. Anticipiamo
brevemente alcune linee risolutive, non per cercare ora una soluzione, ma per
mostrare la complessità del problema:
- quando la fede fa un tutt’uno con la religione si ha il cattolicesimo postcostantiniano: qui la fede cristiana elabora una sua religione, costituita da riti propri,
da una propria morale, da un proprio modo di fare politica ecc. All'interno di questa
fusione si hanno due diverse possibilità: la fede assume la religione storica
dell'ambiente in cui si trova a vivere, divenendo alleata di una istituzione costituita:
la religione assorbe la fede.
Oppure la fede elabora, contro l'ambiente storico in cui vive, una sua propria
religione, credendo di trovare in se stessa i principi orientativi per determinare in
modo completo e adeguato (anche qui l'operazione avviene una volta per sempre) il
complesso religioso storico.
In quest'ultima ipotesi,che si è storicamente verificata nel cattolicesimo italiano, si dà
allora la morale cristiana, il matrimonio cristiano, la scuola cristiana,la politica
cristiana, l'associazione cristiana, il cinema cristiano, il sindacato cristiano ecc.
Alla base di tutte queste formulazioni c'è lo stesso principio:la fede cristiana
possiede in sé la possibilità di elaborare un proprio mondo,una propria religione: qui
la fede crea la religione e non si distingue più da essa.
- quando invece la fede rimane completamente staccata dalla religione, riservandosi
un ambito completamente trascendente e definendosi come altro rispetto alla
morale, alla politica, alla cultura ecc., si ha lo svuotamento storico della fede,
svuotamento che la rende inutile per la vita concreta dell'uomo. In questa ipotesi si
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riserva alla fede una sfera interiore personale, che nulla ha a che fare con il presente
storico. Il problema del rapporto tra fede e religione si costituisce quindi in un
dilemma difficile: se la fede si identifica con la religione muore nell'istituzione
divenendo forza conservatrice e reazionaria (cattolicesimo); se invece la fede rimane
completamente distinta dalla religione rimane senza corpo e senza storicità, e
diviene praticamente inutile (spiritualismo).
Esiste una terza possibilità oltre alle due accennate?
E’ quello che cercheremo di vedere.
Intanto dobbiamo vedere i movimenti storici che all'interno della nostra cultura
hanno portato a questa distinzione. La critica alla religione ha tutto un suo retroterra
storico che bisogna conoscere.
Si tenga presente che la critica storica alla religione critica la religione proprio come
connubio tra fede e religione: ciò che la critica ha messo in luce è stata la pretesa di
assoluto che la forma storica religiosa pretendeva di rivendicare per se stessa.
Come seconda osservazione va detto che la critica alla religione è innanzi tutto un
dato di fatto: la gente abbandona sempre più la religione, questa è la prima e
fondamentale critica presente nell'attuale realtà.
Ci chiediamo perché avviene questo?
Crediamo che la risposta a questa domanda vada ritrovata proprio in quei filoni di
pensiero che costituiscono storicamente la critica alla religione; ecco perché
abbiamo ritenuto di dover brevemente ripercorrere tutto il cammino culturale che ha
messo fuori combattimento la pretesa assolutistica della religione. Ed ecco allora il
senso dei vari interventi:
− la psicologia ha a suo modo mostrato il limite della religione,smascherando le
possibili contraffazioni a livello individuale e sociale: intervento di Ambrogio
Valsecchi;
− lo sviluppo scientifico ha tolto molto terreno al senso religioso comune,
obbligando la religione ad abbandonare la pretesa di avere le risposte ad alcuni
perché, che la scienza sa risolvere da sola e molto meglio: intervento di Gianni
Tognoni;
− la filosofia dal canto suo ha sempre criticato la religione: qui ci rifacciamo per
brevità alla critica di Feuerbach e di Marx:intervento di Armido Rizzi;
− infine la riforma protestante ha elaborato una critica teologica della religione,
mostrando la novità e il significato non-religioso del messaggio di Cristo:intervento
di Giambattista Picinali.
Alla fine si rende necessaria una contro-critica,proprio perché la critica potrebbe
semplicemente dividere la fede dalla religione, senza cogliere anche una possibile
unione.
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Dopo la critica alla religione rimane doverosa anche una controcritica: non principalmente
per motivi apologetici, ma per onestà scientifica.
La critica alla religione ha messo in luce alcuni contenuti dell'attuale cultura, che devono
essere rettamente calibrati.
Un primo filone è costituito dalla cosiddetta secolarizzazione : in essa la religione diverrebbe
del tutto inutile o potrebbe sussistere come retaggio mitico di culture tecnicamente non
evolute. In realtà la secolarizzazione è una logica conseguenza della fede cristiana
(Gogarten) e rappresenta la morte solo della
religione superstiziosa e dell'asservimento dell'uomo alla divinità : questo dal punto di vista
teologico. Dal punto di vista culturale, bisogna ricordare che proprio in questi ultimi
anni si assiste ad un rifiorire di forme religiose nuove e complesse, e proprio da parte
delle generazioni più giovani e tecnicamente più avanzate, come provano i vari movimenti
giovanili tipo hippy. La stessa droga sembra essere un "nuovo rito".
Psicologi e sociologi si stanno impegnando per ricuperare la dimensione mitico–religiosa
dell'uomo. Si veda a questo proposito l'ultimo libro di Cox “La seduzione dello spirito”,
Queriniana, 1974.
Un secondo filone è costituito dal positivismo liberale, che porta avanti il progetto di un
compiuto umanesimo in una alternativa veramente radicale rispetto alla visione religiosa
della realtà. Questo filone sottostà alla critica filosofica di Feuerbach e Marx, e ha
determinato con i cosiddetti maestri del sospetto (oltre a Marx, Freud e Nietzsche) la
reazione della teologia dialettica di Barth e Brunner. Lo sviluppo storico ha mostrato da solo
quanto illusoria sia la libertà sbandierata da questa corrente di pensiero; bisogna però dire
che a causa della sua radicalità la critica a questa corrente di pensiero può essere solo: a
livello del vissuto la testimonianza; a livello riflesso un invito fenomenologico a
considerare in modo non prevenuto il fatto religioso, e a sospendere il giudizio ultimo
su di esso, accettando lo scarto tra la ragione analitica e la profondità del reale.
Queste due correnti di pensiero hanno, a mio avviso, avuto una funzione positiva e
demistificatoria sulla fede cristiana, facendo cadere l'ingenuità cattolica che ancora non
poteva distinguere il messaggio di Cristo dalla forma storica che aveva preso..
Da quest'opera demistificatrice è nato il grande tentativo di riscoprire il senso della fede
cristiana, e ciò che non poterono fare i figli della Chiesa che lungo i secoli tentarono di
rinnovarla e finirono sul rogo, lo fece paradossalmente il movimento laico. Questo
rinnovamento sta avvicinando il mondo cattolico al pensiero protestante, proprio perché il
movimento protestante fu il primo a comprendere il cristianesimo come non
religione.
Se invece ritorniamo al problema sollevato all'inizio di questo corso, riguardante il rapporto
tra fede (intesa come ispirazione interiore) e religione (intesa come struttura esterna fatta
di riti, di norme e di sistemazioni dogmatiche) dobbiamo concludere che dal punto di vista
teologico questo problema non può essere messo in un aut–aut.
Cioè i due movimenti sono inconfondibili, sostanzialmente distinti, ma sono anche
inseparabili, congiunti. La fede nega la religione, ma non può stare senza la religione;
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come la grazia si oppone alla legge, ma la legge non diviene completamente inutile.
Se all'inizio ho mostrato i pericoli sottesi a una non adeguata distinzione tra fede e
religione( sono stati tra l'altro storicamente visti in tutta la prima parte) conviene vedere qui,
brevemente, i pericoli contenuti in una ipotesi di totale separazione tra fede e religione.
Come prima cosa va detto che, una simile separazione, si opporrebbe decisamente alla realtà :
nella storia dell'uomo, di fatto cogliamo la fede dentro nella religione, ed è un'operazione
artificiosa pretendere di poter separare queste due realtà che si danno tra loro come
anima e corpo.
La separazione totale della fede dalla religione termina in un rifiuto del dato umano per un
soprannaturalismo che storicamente viene facilmente strumentalizzato in senso ideologico–
oppressivo.
Teologicamente :
– è arbitrario affermare che le religioni sono il cammino dell'uomo che va a Dio e la fede il
cammino di Dio verso l'uomo. Le religioni sono più esattamente l'una e l'altra cosa
assieme.
– La totale separazione ha come ipotesi di fondo la totale separazione fra l'umano e il
divino, con il conseguente disprezzo di tutto ciò che è umano, e quindi in ultima analisi
cade ancora in una forma di integrismo.
— Questa separazione si oppone, almeno quando portata all'estremo, a un dato
fondamentale del cristianesimo, che è l'incarnazione, intesa come una certa unione tra
l'uomo e Dio.
E' proprio partendo dal fatto di Gesù Cristo che è uomo—Dio e che d'altra parte pone il
suo messaggio contro la religione, che possiamo formulare qualche ipotesi risolutiva del
rapporto tra fede e religione.
La conclusione da cui partiamo per formulare questa ipotesi è la seguente : fede e religione
non possono confondersi in una cosa sola e non possono essere totalmente separate.
La soluzione sta nel vedere la possibilità di un rapporto dialettico tra queste due realtà,
che è poi lo stesso rapporto dell'uomo con Dio. Questo rapporto dialettico si può spiegare
in diversi modi, secondo le varie teologie espongo qui tre modelli risolutivi di questa
dialettica.
1 - La fede è l'istanza critica della religione : ossia la fede vive nella religione e con la
religione ma non si ritrova completamente in essa e mantiene sempre una sua
emergenza sulla religione, divenendo la critica della religione. La fede ha dunque
bisogno della religione, ma essa cambia continuamente la religione, e cambiare la
religione è il compito stesso della fede. Questo equivale a dire che la fede è libera di fronte
alla religione, ma non di una libertà qualunque, ma di una libertà per la religione, che è una
libertà storica e umana. Questa ipotesi si rifà tra l'altro, alle riflessioni di J.B. Metz (cfr. per
esempio: Sulla teologia del mondo, Queriniana, 1969.)
2 - Nella teologia della speranza la fede è vista come tensione che segue la promessa: il
rapporto si imposta allora come il rapporto fra il futuro e il presente : la fede é il domani di
Dio, la religione è il presente dell'uomo. Come il presente scompare e si consuma per
aprirsi al futuro, così la religione si modella di volta in volta come abito storico che la
fede assume nel suo cammino continuo verso l'escatologia. La fede, intesa come
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speranza, non trascura le realtà storiche che incontra e non sta neppure senza di esse,
ma le assume come ambito storico che la visualizzano, cosciente però del suo stesso
divenire storico In questa operazione essa trascende continuamente il dato storico per
stare aperta al Dio della promessa.
3 - Nella teologia politica e nella teologia della liberazione la fede sta alla religione
come l'utopia (in senso positivo) sta alla situazione reale.
Anche qui il compito della fede è quello di contestare la religione, ma assumendola
come ambito di impegno e di lotta.
Questa posizione è molto simile a quella precedente, solo che si cala maggiormente
in una assunzione contestativa della realtà storica.
Come si vede, tutte le posizioni esposte cercano di rendere il rapporto dialettico tra
fede e religione, come rapporto libero della fede rispetto alla religione, ma di una
libertà che assume e si fa carico della realtà storica della religione. Si noti ancora
che, pur con tutte le differenze proprie di ogni ambito, il rapporto che abbiamo
ipotizzato tra fede e religione vale parallelamente per il rapporto tra fede e morale,
tra fede e politica ecc.
La soluzione è qui solo globalmente esposta e anticipata come ipotesi che si deve poi
verificare nei vari corsi.
Amilcare Giudici
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