"Queste montagne parlano di Dio con la loro pacifica grandiosa
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"Queste montagne parlano di Dio con la loro pacifica grandiosa
Un ricordo tutto trentino di Papa Giovanni Paolo II. Nel 1984 una indimenticabile sciata sulle nevi dell’Adamello-Brenta testimonianze 4 “Queste montagne parlano di il Trentino testo e foto di Diego Decarli Dio con la loro pacifica grandiosa maestosità” E Era a pochi metri da noi, vestito di bianco, e ci fissava, quasi stupito, sicuramente incuriosito. I nostri volti non erano conosciuti. Eravamo degli intrusi nella piccola comunità che lo aveva accolto sulla neve perenne nel Parco AdamelloBrenta, vicino al Carè Alto, dove il giorno prima aveva sciato con testimone d’eccezione il presidente della Repubblica. Karol Wojtyla e Sandro Pertini erano arrivati alle Lobbie da turisti, ma in gran segreto, come amici di vecchia data, incuranti dei loro prestigiosi ruoli, con un volo aereo da Roma Ciampino-Verona e il trasferimento in elicottero, per un evento “strettamente privato” ma destinato a diventare unico e atipico nella storia del Vaticano: la prima sciata estiva di un Papa. il Trentino 5 Testimoni predestinati un gruppo di montanari, due maestri di sci trentini (i fratelli Gianluca e Marco Rosa, oggi affermati professionisti, il primo notaio e il secondo dentista), e la neve immacolata che sovrasta la Val Rendena, tra le vette che quasi ottanta anni prima videro migliaia di uomini italiani e austriaci morire in guerra ed che ora, come disse il Pontefice, “con la loro pacifica grandiosa maestosità parlano di Dio”. Per poterlo incontrare Ettore Zampiccoli ed io, con la guida Toni Masè, avevamo camminato cinque ore, nella notte, salendo in silenzio dalla Val di Genova per evitare i blocchi a raggiera organizzati in quota dalle forze dell’ordine. Era nato tutto casualmente, nel tardo pomeriggio del giorno precedente. Arrivai alla sede dell’Ansa di Trento per portare dei risultati sportivi proprio mentre le telescriventi stavano battendo la notizia del rientro a Roma del presidente Pertini, dopo una gita in Trentino con il Papa. “Giovanni Paolo II – diceva il primo dispaccio – avrebbe trascorso la notte al Rifugio delle Lobbie, Caduti dell’Adamello”. Seguirono ore frenetiche per organizzare il viaggio, sicuri – come eravamo – di avere ore di vantaggio sugli inviati dei quotidiani nazionali e delle altre agenzie internazionali. Fu una notte di cammino ricompensata da un incontro inimmaginabile. Il contatto personale e diretto con Papa Wojtyla. Palpitante, emozionante, appunto unico. La notte di fatica iniziò dopo le ventiquattro e fu scandita dal passo cadenzato di Toni. Non resistette Beppo Cadrobbi. Era il nostro fotografo, ma dopo una decina di minuti, appena superato il Rifugio Bedole, dovette abbandonare. La tensione nervosa accumulata nei preparativi della camminata di colpo gli tolse ogni forza. Per noi segui6 Un'immagine inedita del Papa Wojtyla con il Presidente della Repubblica Sandro Pertini sull'Adamello. rono ore di sforzi, con molte incognite, soprattutto per il passaggio al Rifugio Mandrone, sede operativa in quota delle forze dell’ordine. Tutto filò liscio, senza intoppi. Vedemmo le luci accendersi ed il rifugio animarsi verso le quattro quando il cielo cominciò leggermente a rischiarare. Ma eravamo ormai già sul ghiacciaio, molto in alto, imprendibili, vicini alla meta. Entrammo nel rifugio qualche minuto prima delle sei. La moglie del gestore ci offrì un caffè. Poi arrivarono le guardie di scorta. Uno speciale nucleo di polizia italiana incaricato di proteggere l’incolumità di Giovanni Paolo II. Termini perentori: in pochi minuti avremmo dovuto allontanarci. Si profilava la stessa sorte che toccò più tardi a Carlo Guardini, cronista dell’Alto Adige salito per l’imprevio sentiero del Matarott. Ne era comunque valsa la pena, ci dicemmo. Invece, la salvezza arrivò inaspettata, poco dopo, con monsignor Stanislao Dziwyz, il segretario personale di Wojtyla. Fu sorpreso di vederci. “Potete rimanere – ci disse, comprensivo – ma con discrezione”. Ci fu data anche l’autorizzazione a fotografare. Il grande sogno, cullato per una notte, si il Trentino era realizzato. Si rivelò poi solo una piccola parte dell’incredibile esperienza, di quanto avremmo realmente vissuto in prima persona. Pochi minuti dopo apparve proprio Giovanni Paolo II. Il carismatico capo della chiesta cattolica era a pochi metri da noi, vestito di bianco, sulla porta della cucina del rifugio alle Lobbie-Caduti dell’Adamello, dove aveva trascorso la notte. L’emozione ci stringeva la gola, pallidi di emozione, incapaci di capire quanto ci stava realmente accadendo. Il Papa ci lanciò uno sguardo di curiosità, un sorriso e un cenno di saluto, prima di attraversare il coril Trentino ridoio ed entrare nella piccola saletta ristorante, dove avrebbe celebrato la Santa Messa. Sul tavolo della cucina c’erano ancora le tazze con il caffè. Erano le 6.40 del 17 luglio 1984. Iniziò così, in maniera insolita e straordinariamente emozionante, la mia giornata con il Papa. Poco dopo fu celebrata la messa. L’altare era un tavolo in legno, coperto da una tovaglia bianca, con quattro candele e un crocefisso. Dietro una finestra ad arco e sullo sfondo il Crozzon del Lares. È la montagna poi intitolata a Papa Wojtyla in occasione del Giubileo 2000 dopo la posa in vetta di una enorme croce in granito. Il rito durò un’ora con un momento di grande commozione quando il Pontefice alzò l’Eucarestia e le sue braccia sembrarono quasi cingere e sormontare il Crozzon. “È la prima volta che in terra italiana il Papa celebra una messa in un punto così alto in Italia – disse Giovanni Paolo II, nella breve Omelia – fra queste montagne meravigliose, che con la loro grandiosa maestosità parlano di Dio”. Poi alcune brevi riflessioni sul significato dell’Eucarestia e della Comunione con Cristo. E ancora un nuovo richiamo alla vicinanza con Dio, nel piccolo paradiso di neve. Un tesoro oggi tutelato con grande intelligenza dalla Provincia autonoma di Trento grazie all’istituzione del parco Adamello-Brenta, il cui ruolo è proprio la difesa e la valorizzazione dell’enorme patrimonio ambientale a cavallo tra Trentino e provincia di Brescia. Finita la messa arrivò un nuovo regalo, inaspettato, nuovamente emozionante. L’invito del Papa nella saletta della colazione. Caffelatte, pane, burro e marmellata, serviti a tavola da Renata e Miriam, le figlie del gestore Martino Zani di Temù. Un onore toccato a pochi, anche tra i grandi della terra. Con il Papa vi erano i due figli del gestore, Lino e Franco Zani, e i due maestri Gianluca e Marco Rosa. Proprio questi ultimi furono gli organizzatori dell’incredibile escursione del Papa. Grazie ai contatti con il Vaticano, ripetuti e segreti, era stato individuato come struttura ideale per questa vacanza il rifugio delle Lobbie, perché sufficientemente isolato per garantire sicurezza, privacy ed assistenza alla comitiva vaticana e permettere a Papa Wojtyla di sciare d’estate, in tranquillità. “Un sogno cullato sin da giovane – mi confessò Papa Giovanni Paolo II – perché in Polonia si scia d’inverno ma non d’estate. Troppo limitata l’area della neve perenne per po7 ter provare a percorrerla con gli sci. Qui è meraviglioso – proseguì, quasi commosso il Pontefice –, ci sono ampie distese di neve immacolata”. Era colpito profondamente dall’ambiente maestoso che lo circondava. Verso le nove iniziò la seconda giornata di sci. Vestito di blu, con un cappello di lana verde, il Papa salì sul gatto delle nevi. Prima di iniziare le discese rimase alcuni minuti immobile, con lo sguardo fisso sulle montagne sulla neve. Alcuni momenti di raccoglimento che testimoniavano, senza alcun dubbio, l’amore per quel posto e la gioia di poter sciare così in alto, quasi a contatto con Dio. Doveva scendere per le piste dell’Adamello ma optò per quelle del giorno prima. Le tracce dei suoi sci erano chiaramente visibili nella neve. Il giorno prima, lunedì 16 luglio, sciò per quattro ore, sotto gli occhi divertiti di Pertini, vestito in perfetta tenuta da montanaro. “Il presidente – commentò Sua Santità – era commosso ed entusiasta: è un uomo ammirevole. Qualcuno griderà allo scandalo – osservò ancora – per questa nostra giornata, in quanto non si è verificato niente di simile nei rapporti tra Stato e Chiesa. Ma non c’è scandalo quando si fa qualcosa in nome dell’amicizia e di valori autenticamente umani. Gli italiani sono fortunati ad avere un presidente come Pertini”. “Una giornata stupenda ed entusiasmante” disse, invece, Sandro Pertini al suo rientro a Roma. Mentre il Papa sciava – mi confessarono i testimoni – il Presidente fumava la pipa e si divertiva a vedere le sue evoluzioni. Finita la prima parte di discese venne consumato un pranzo al rifugio, quasi al sacco. Da gente di montagna. Karol Wojtyla sciò come un veterano, senza nemmeno una caduta. “Ha compiuto otto discese, parte delle quali sul Monte Osservatorio e parte sul Crozzon del Lares 8 Il restauro del rifugio “Ai Caduti dell’Adamello” Il rifugio “Ai Caduti dell’Adamello”, che veglia solitario sulla Lobbia Alta, a 3.050 metri di altitudine, in uno degli scenari d’alta montagna più maestosi dell’arco alpino, è oggetto attualmente di un’azione di recupero difficile ma senza dubbio fruttuosa. La Provincia autonoma di Trento, la Provincia di Brescia, il Comune di Brescia, il Comune di Spiazzo, il Comprensorio della Valcamonica, i Comuni della Val Rendena, il Cai di Brescia, l’Associazione nazionale alpini di Trento e di Brescia, e il Parco AdamelloBrenta hanno dato vita per questo scopo ad un’apposita Fondazione, che dovrà anche gestire in futuro questa straordinaria costruzione d’alta montagna. Oltre a svolgere la sua normale funzione di rifugio alpino, infatti, si pensa che essa diverrà anche un luogo della memoria e della pace, prendendo spunto dai drammatici eventi di cui il ghiacciaio è stato testimone nella guerra 1915-18, così come dalla visita del Papa. L’edificio – che risale agli anni ’30 – non solo risente dell’età, ma è anche minacciato dallo smottamento che interessa la zona in cui sorge, in gran parte una pietraia. I lavori si concluderanno entro settembre. Complessivamente la situazione si è rivelata migliore di quella che si prevedeva in fase di progettazione; ma mettendo mano al restauro sono emerse anche particolarità costruttive che prima si ignoravano, il che ha costretto i progettisti a ripensare alcuni degli interventi previsti. – mi spiegarono Gianluca e Marco Rosa, i due maestri di sci –. Ognuna ha una lunghezza di tre-quattro chilometri e il Papa le ha affrontate molto bene, con sicurezza. Sciava a sci paralleli, quasi uniti, da esperto sciatore”. Martedì le sciate durarono invece circa due ore, e finirono nel primissimo pomeriggio. Vennero “disturbate” dall’arrivo di un elicottero Rai. A bordo il giornalista Roberto Milone (allora semplice redattore ed oggi caporedattore a Roma) Toni Masè, a sinistra, con l'alpino Pedretti. e l’operatore Giorgio Salomon, che viaggiava letteralmente sospeso nel vuoto per cercare di girare le immagini del possibile scoop mondiale. Non ci riuscirono per poco. Girarono a lungo sopra il rifugio dando il tempo alla comitiva di “nascondere” il Papa dietro una cresta nevosa e di far scendere il gatto delle nevi al centro all’enorme emiciclo naturale per attirare l’attenzione della troupe. L’elicottero atterrò, furono raccolte alcune interviste tra i maestri e poi venne intimato al piil Trentino L'incontro del Papa con la delegazione della Regione Trentino Alto Adige e della Provincia autonoma di Trento formata da Pierluigi Angeli, Flavio Mengoni e Mario Malossini. lota di decollare immediatamente, pena il ritiro del brevetto di volo. Tutta l’area era infatti interessata da Notam, che vietava il sorvolo aereo. Arrivò al rifugio anche un alpino di leva di Carisolo. Era di servizio a Merano e appresa la notizia che il Papa era nella sua valle chiese una licenza e si precipitò sulle Lobbie. Vestito da militare non insospettì le forze dell’ordine che lo fecero passare. Gli mancavano però le mostrine e il fatto mise in agitazione il servizio di controllo del il Trentino Papa. Nell’aprire il suo zaino venne trovato un coltello a serramanico. Si scatenò il panico. Tutto e tutti vennero controllati a tappeto. Anche il mio zaino e la mia attrezzatura furono minuziosamente controllati. Lo spettro dell’attentato di Alì Agca di colpo di profilò a tremila metri di quota. Per fortuna il ragazzo venne riconosciuto e l’ambiente si rasserenò. Mi colpì però la capacità delle forze dell’ordine di agire, di mimetizzarsi, di nascondersi in pochi istanti e altrettanto velocemen- te riapparire pronte a fronteggiare una situazione di emergenza. Dopo il pranzo Giovanni Paolo II si ritirò nella sua stanza. Nel tardo pomeriggio ricevette la visita di una delegazione di politici trentini: il presidente della Regione Trentino Alto Adige Pierluigi Angeli, della Provincia autonoma di Trento Flavio Mengoni e dell’assessore provinciale al Turismo, Mario Malossini. Dopo lo scambio di doni il Pontefice benedisse tutti i presenti e ringraziò l’equipaggio dell’elicottero che lo riportava a Verona. In serata la sua straordinaria avventura sulla neve si chiuse con il rientro a Castelgandolfo. Della sua visita al Rifugio Lobbie – oggi sottoposto ad importanti lavori di ristrutturazione per evitarne il crollo a causa del lento cedimento dell’ammasso roccioso su cui è stato realizzato – rimase un’icona della Madonna Nera di Chestokowa. Quattro anni dopo il Pontefice ritornò sull’Adamello per celebrare la messa con gli alpini. Ma se sono rimaste storiche le sue sciate invernali, in incognito, sulle piste dell’Appennino vicine a Roma, quella alle Lobbie rimarrà irripetibile. Unica come l’emozione che la sua vicinanza trasmetteva a chiunque abbia avuto l’onore di conoscerlo. Unica come l’umanità espressa nel suo pontificato. Unica come l’attenzione rivolta dalla gente della Val Rendena, che a Karol Wojtyla ha dedicato un premio (Solidarietà Alpina 2004), una vetta e l’albero secolare posto lo scorso Natale in Piazza S. Pietro, proprio sotto le finestre del suo studio. Il suo recupero in elicottero dalla val di Genova si trasformò nuovamente in un evento mediatico mondiale, anche grazie alla telecronaca di Paolo Brosio alla quale presi parte, nuovamente in maniera rocambolesca. È stato l’ultimo regalo di Wojtila al Trentino, a pochi mesi dalla sua morte. 9