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Bibliografia, sitografia e filmografia sulla Prima Guerra Mondiale

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Bibliografia, sitografia e filmografia sulla Prima Guerra Mondiale
LA GRANDE GUERRA
1914-18
Bibliografia della Biblioteca di Merate
Con il contributo di: Irene Tapognani, Rachele Redaelli e Annalisa Vitale
(classe 4 E – Istituto Statale Superiore “F. Viganò” di Merate) e di Aldo Castelli
La guerra del soldato pace di Michael Morpugo (traduzione di L.A. Dalla
Fontana) - Salani 2005
Siamo nel 1916 e il conflitto si è ormai trasformato in una guerra di
posizione: nelle trincee si vive in condizioni disumane. A volte i soldati
disobbediscono ai loro superiori, rifiutandosi di eseguire ordini assurdi.
Così, nel bilancio delle perdite umane causate dalla guerra, vanno aggiunti
i soldati fatti fucilare dai loro superiori con l'accusa di tradimento. A questa
realtà storica si ispira la vicenda del soldato inglese Thomas Pace e di suo
fratello Charles. Thomas racconta in prima persona la sua vita in una drammatica notte,
trascorsa nell'attesa di un destino doloroso. Il giovane ricorda l'infanzia, i familiari e
soprattutto lo stretto legame col fratello.
Michael Morpurgo, (St Albans – Gran Bretagna, 1943), è uno scrittore di storie e romanzi per
bambini. Dopo la laurea esercitò per circa dieci anni la professione di insegnante.
Cecilia va alla guerra di Lia Levi - Piemme junior, 2007
“Le strade parevano solo un deposito di immondizia, di carri e carretti
sfasciati, e poi panche rovesciate, scatole di cartone sfondate, vetri di
bottiglie e di finestre […]. Non riuscivo a capacitarmi. Una città così bella e
ordinata può trasformarsi in poche ore in una specie di antro dei pirati?”.
Così inizia l’avventura di Cecilia, l’undicenne che, nel 1917, vive la guerra
sulla propria pelle, in seguito ad alcune vicende molto strane come la
scomparsa del fratello maggiore e il furto di un diario importante.
Lia Levi, (Pisa, 1931) nasce in una famiglia piemontese di origine ebraica. Nel 1938 la famiglia
si trasferisce a Roma, dove la scrittrice vive tuttora. Da bambina ha dovuto affrontare i
problemi della guerra e della persecuzione razziale. Dopo l'8 settembre 1943 riuscì a salvarsi
dalle deportazioni nascondendosi con le sue sorelle.
La notte in cui la guerra si fermò di James Riordan (traduzione di L.
Borgotallo) - Mondadori, 2014.
Harry e Jack, due amici e aspiranti calciatori, fino a quando nelle loro vite
irrompe la Prima guerra mondiale: è il 1914 e l'Inghilterra manda al fronte
anche i più giovani. Così Harry e Jack diventano due soldati: combattono
fianco a fianco, intorno a loro il suono incessante delle esplosioni e delle
pallottole. In mezzo al campo di battaglia, però, può esserci speranza: un
giorno di tregua in cui tutto tace, i soldati non sono più divisi tra amici e
nemici, e al posto delle armi si usano i piedi e un pallone. È proprio Jack, quarant'anni dopo, a
raccontare questa storia a suo nipote.
James Riordan, (Portsmouth , Gran Bretagna, 1936 - 2012), dopo aver abbandonato gli studi
lavora come barista, cameriere, impiegato delle ferrovie e musicista. Nel 1989 diventa
professore di studi di russi alla Surrey University. Muore nel 2012.
Il mondo senza sonno
(traduzione di L. Basiglini) di Stefan Zweig -
Skira, 2014
Il
libro contiene quattro racconti sulla I Guerra Mondiale. Zweig ci fa
rivivere in saggi brevi lo stato d’animo di un intero continente in uno dei
crocevia della sua storia recente: da alcune, diffuse situazioni di conflitto
personale che turbarono le coscienze, come il rifiuto di obbedire alle
istituzioni del proprio Paese, di fare violenza ai propri convincimenti
rispondendo alla chiamata di una guerra ritenuta ingiusta e il dramma, vissuto da non pochi,
della diserzione, o il drammatico e toccante suicidio di un contadino analfabeta russo che,
fuggito dal fronte di guerra in Francia, si ritrova sbandato in un paesino sul lago di Ginevra
ove, nonostante l’accoglienza degli abitanti, non resiste al ricordo delle violenze vissute e alla
nostalgia della famiglia. Una straordinaria e toccante ricostruzione dello stato d’animo del
continente allo scoppio del conflitto è contenuta nel racconto che dà il titolo all’intero volume.
Stefan Zweig, (Vienna, 1881 – Petropolis, Brasile, 1942), scrittore, giornalista, drammaturgo
e poeta austriaco naturalizzato britannico, è stato uno degli scrittori più noti del Novecento. In
fuga dalla leggi razziali si rifugiò in Brasile nel 1940 e vi si suicidò, insieme alla seconda
moglie, nel 1942.
Fuori fuoco di Chiara Carminati - Bompiani, 2014
"Quando è scoppiata la guerra, eravamo tutti contenti." Jole, tredici anni
nell'estate del 1914, non ci metterà molto a capire le conseguenze di un
conflitto che allontana gli uomini da casa. Separate dalla mamma,
sconvolte dai bombardamenti, lei e la sorellina viaggeranno per la
campagna alla ricerca di una nonna che non sapevano di avere. Da Udine a
Grado, e poi in fuga dopo Caporetto, vivranno appese al desiderio di
ricomporre la famiglia dispersa. Narrate dalla voce di Jole, , le loro vicende sono quelle di tutte
le donne che restano fuori fuoco, lontano dal fronte, come sfumate, quasi invisibili. Tredici
immagini raccontate, come di un album di famiglia, scandiscono una narrazione basata su
diari, testimonianze, cronache e documenti.
Chiara Carminati, (Udine, 1971), laureata in lettere moderne, si interessa in particolare di
poesia per bambini e dei bambini. Si è specializzata in analisi del testo all'Università di Aix-enProvence con un'analisi dei romanzi di Daniel Pennac. Scrive e traduce poesie per bambini e
conduce corsi e incontri presso biblioteche, scuole e librerie, in Italia e all'estero.
Resta dove sei e poi vai di John Boyne (traduzione di F. Gulizia) Rizzoli, 2013
Alfie ha cinque anni quando in Europa si alzano i venti della Grande Guerra,
e il suo papà, come molti altri giovani compatrioti, parte per il fronte. La
guerra però la combatte anche chi rimane a casa, nelle difficoltà quotidiane
di trovare cibo e i soldi per pagare l’affitto, con il terrore che un ufficiale
bussi alla porta per riferire che i cari non torneranno più a casa. Alfie non
vuole credere che questo sia il destino di suo padre, ma le lettere che
l’uomo spedisce dal fronte si fanno sempre più rade fino a smettere del tutto. Deciso a fare la
sua parte, Alfie marina la scuola e inizia a lavorare come lustrascarpe in stazione. Ed è grazie a
uno dei suoi clienti che scopre dov’è suo papà…
John Boyne, (Dublino, 1971) è uno scrittore irlandese. Ha scritto sette romanzi e numerosi
racconti che sono stati pubblicati in varie antologie o trasmesse alla radio o in televisione. Il
suo romanzo più famoso è Il bambino con il pigiama a righe
Sopra l’acqua, sotto il cielo di Paola Zannoner – Mondadori, 2009.
Quattro racconti che ripercorrono tutto il 900 Italiano; Fanny, nel Trentino
che diventa protagonista di un’azione di spionaggio, Camilla che assiste al
bombardamento avvenuto il 28 Maggio 1974 in piazza della loggia a
Brescia, Giovanni , ragazzino di 11 anni, che, con la sua famiglia tenta di
scappare dai bombardamenti Tedeschi a Firenze nel 1944 e Atum, ragazzo
proveniente dall’Africa, che naufraga e viene salvato da un uomo ricco che
lo salva e lo adotta.
Paola Zannoner, (Grosseto , 1958), è una scrittrice italiana. Scrittrice, esperta di narrativa,
consulente bibliotecaria. Ha iniziato la sua attività come bibliotecaria e critico letterario,
collaborando con le più importanti riviste del settore. Nel 1998 Mondadori ha pubblicato il suo
primo racconto. Da allora, Paola si è dedicata quasi esclusivamente alla scrittura.
Il giorno degli eroi di Guido Sgardoli – Rizzoli, 2014.
È il 1915 e l'Italia ha dichiarato guerra all'Austria. Per tanti ragazzi servire
la Patria è una responsabilità, un dovere, un onore. Quasi una gioia. Alle
stazioni dei treni, i soldati partono tra sorrisi e promesse. C'è persino chi
vuole partire ma non può, come Silvio, classe 1899, troppo piccolo per
arruolarsi, costretto a guardare i fratelli più grandi correre al fronte. E
invece passano i mesi, la guerra non accenna a finire. E poi arriva il 1917,
e Silvio, saluta la sua famiglia, pronto a fare il suo dovere. Ma bastano
poche settimane per scoprire che nella guerra non c'è nulla di eroico. E quando si accorge che
le file nemiche sono gonfie di ragazzi disillusi, sfiniti e impazienti di tornare a casa come lui,
Silvio capisce cosa significa davvero essere un eroe.
Guido Sgardoli (San Donà di Piave, 1965), è un veterinario e scrittore italiano. Laureato in
Medicina Veterinaria, coltiva fin da giovanissimo la passione per la scrittura. Dopo una serie di
racconti pubblicati all’interno di riviste e antologie, nel 2004 esordisce nella letteratura per
ragazzi con l’editore Salani.
Vite di animali di Guido Sgardoli – Einaudi Ragazzi, 2009.
Tra le storie di animali raccontate da Sgardoli c’è quella di un piccione
viaggiatore, Livio, che reca una richiesta di aiuto inviata da un drappello di
fanti italiani accerchiato da truppe austroungariche durante la Grande
Guerra. Con grande coraggio, nonostante la ferita provocata da un colpo di
moschetto nemico, Livio non perde l’orientamento e mantenendosi a
distanza di sicurezza dal fuoco nemico. Ma i cannoni continuano a
tuonare……
Guido Sgardoli (San Donà di Piave, 1965), è un veterinario e scrittore italiano. Laureato in
Medicina Veterinaria, coltiva fin da giovanissimo la passione per la scrittura. Dopo una serie di
racconti pubblicati all’interno di riviste e antologie, nel 2004 esordisce nella letteratura per
ragazzi con l’editore Salani.
Addio a tutto questo di Robert Graves - Piemme, 2005
Robert Graves ha diciannove anni quando decide di arruolarsi per i campi
della prima guerra mondiale. Un'intera generazione di giovani, parte con
lui. Plasmati da un'educazione repressiva, impreparati agli orrori della
guerra che conoscono solo da lontano, non ipotizzano nemmeno che si
possa dire no. Quando torneranno - chi di loro tornerà - avranno perso qualcosa di prezioso
quanto la vita: la fiducia in un mondo che li aveva nutriti e mandati a morire. A tutto questo
Robert Graves dice addio. La sua autobiografia è un amaro congedo dagli anni dell'infanzia e
della scuola, da una patria che non riuscirà mai più a considerare In fondo, è l'addio di
un'intera generazione.
Robert Graves, (Wimbledon, Gran Bretagna, 1895 – Maiorca, 1985), fu intellettuale,
scrittore, poeta e autore di importanti romanzi e di saggi fondamentali sulla mitologia.
Il Trio dell’arciduca di Hans Tuzzi - Bollati Boringhieri, 2014
Giugno 1914: un mercante levantino viene trovato cadavere nelle acque
del porto di Trieste. Oltre che un mercante, però, il morto è l'informatore
di un giovane agente segreto imperialregio, Neron Vukcic, che sospetta
subito un omicidio. Comincia così un'indagine che si trasforma ben presto
in un percorso a ritroso, basato su indizi e deduzioni . La missione del
nostro giovane agente segreto prosegue, piena di insidie, in un continuo
incrociarsi di spie dei tre diversi imperi destinati a scomparire di lì a poco
- l'austriaco, il turco, il russo . Un Giallo che vi terrà con il fiato sospeso
fino alla fine.
Hans Tuzzi , pseudonimo di Adriano Bon, (Milano, 1952), è uno scrittore e saggista italiano.
Studioso, consulente editoriale e docente universitario , con lo pseudonimo Hans Tuzzi - che è
un personaggio del romanzo L'uomo senza qualità di Robert Musil - ha scritto una serie di
romanzi gialli ambientati a Milano.
Pidocchiosa Prima Guerra Mondiale di Terry Deary, (Illustrazioni di
Martin Brown), Salani, 2001
Il libro illustra con un linguaggio semplice e dei fumetti la prima guerra
mondiale. Con ironia monstra come la guerra ebbe inizio, i metodi di
sopravvivenza, ciò che variò in quel periodo, in tutti i paesi che ne fecero
parte, definito “Grande Guerra”. Nonostante la serietà del tema e questo
metodo di scrittura (decisamente alternativo) l’autore del libro rende bene
l’idea degli avvenimenti che avvennero in quel periodo non lontanissimo da
noi.
Terry Deary è nato a Sunderland, in Inghilterra, nel 1946. Ha iniziato la sua carriera come
attore professionista nel 1972. Appassionato di storia, scrive romanzi, racconti e saggi molto
documentati, alcuni dei quali sono diventati serie TV.
Arturo, il ghiro artigliere di Antonio Trotti (Illustrazioni di Elisabetta
Pica) - Regione Lombardia, 2011.
Un piccolo abitante delle fortezze ci accompagna alla scoperta della storia ,
della tecnica e dell’ambiente delle opere fortificate della Lombardia. Gli
oggetti utilizzati in guerra sono spiegati da Arturo, il quale li descrive nella
loro qualità di macchine da lavoro e di testimonianze di cultura.
Antonio Trotti, nato nel 1970 a Varese. Tenente dell'Esercito Italiano, è stato istruttore dei
reparti speciali presso la Scuola Militare Alpina di Aosta. Libero professionista specializzato in
tutela
e
valorizzazione
di
armi
e
beni
storico-militari,
si
occupa
di
catalogazione,
conservazione, restauro nell’ambito di diverse collezioni pubbliche e private in Lombardia
Caporetto: storia di una disfatta di Nicola Labanca - Giunti, 1997
Il 24 Ottobre 1917 le linee italiane a Caporetto furono rotte dagli autrotedeschi. Questo fu uno dei tanti avvenimenti che nel 1900 scosse la
nostra penisola. Il
libro fa un’analisi di tutte le coseguenze che
l’avvenimento, divenuto sinonimo di disfatta, comportò nel tempo: le
ripercussioni politiche, le polemiche, tutti quei ricordi e dubbi che
rimarranno per sempre. Per poter capire meglio la situazione vissuta in
quella battaglia il libro presenta numerose illustrazioni (nelle quali sono
ritratte anche quelle persone che furono “protagoniste” della guerra combattuta sul fronte
dell’Isonzio).
Nicola Labanca insegna Storia contemporanea all’Università di Siena. Studia ormai da
trent'anni la storia militare e la storia dell'espansione coloniale italiana. È Presidente del Centro
interuniversitario di Studi e Ricerche Storico-Militari.
“Storia intima della Grande Guerra” di Quinto Antonelli, Donzelli,
Roma, 2014
Questo libro è testimonianza. Un’ introduzione storica precede brani tratti
da diari personali e lettere indirizzate alle famiglie. Certamente non erano
destinate a noi, ma naturalmente ai cari che a casa aspettavano ogni
giorno un resoconto dettagliato delle giornate passate a combattere; ma
c’era ben poco da dire… tutto ciò di cui si parlava erano: trincee, armi,
nemici, morti, feriti e le dure condizioni che si dovevano sopportare. Nonostante gli scritti si
intuiva una comune speranza: la pace.
Quinto Antonelli
nasce a Rovereto nel 1952, è ricercatore presso il Museo Storico del
Trentino.
“La grande guerra 1915-1918 vista da casa” di Eurilla Bollani,
Bellavite, Missaglia.
Libro che racconta con la massima precisione gli avvenimenti principali
della
grande
guerra
1915-
18.
È
il
racconto
dell’impatto
che
quell’evento ebbe su milioni di vite tranquille. Un diario scritto durante
la Prima Guerra Mondiale da una monzese appassionata di politica e di
storia, ma soprattutto fiera di essere italiana. Il racconto inizia la sera
del 23 maggio 1915 e termina nel settembre 1919. Il diario racconta la
partecipazione dei cittadini con tanti particolari che la storia omette.
Eurilla Bollani Pagnoni, nata a Monza nel 1882. Quinta figlia di una famiglia borghese, si
distingueva per intelligenza, coraggio e intraprendenza. Conseguì il diploma di maestra
elementare a 17 anni. Visse per un anno in Germania per imparare la lingua. Dopo il
matrimonio visse a Monza, dove è morte all’età di 76 anni.
Tu col cannone, io col fucile di Paolo Giacomel, Gaspari - Monfalcone
2003.
Il giovane Kurt Suckert aveva appena 16 anni quando nel 1914 si
arruolò volontario in Francia. Nel 1915 si arruolò volontario in Italia.
Combattè sul Col di lana, sul Piave e sulla Marmolada. Diciannovenne
divenne capitano della sezione lanciafiamme d’assalto, a venti fu un
veterano a causa delle sostanze utilizzate in guerra. Il fratello
Alessandro arruolatosi anche lui, venne colpito da una cannonata e
affidò ad un diario le sue esperienze. In questo libro vengono riportate
per la prima volta le vicende dei fratelli Suckert fin’ora sconosciute.
La Grande Guerra di un povero contadino di Elio Gioanola - Itaca,
2014
Un racconto che l'autore ha tratto dalla viva voce dello zio Salvino, un
contadino che la grande guerra strappa alla famiglia e alla campagna
per portarlo al fronte ed esporlo alla fame, al freddo, alla paura, alla
morte, in una quotidiana lotta per la sopravvivenza. Un vivo affresco
dell'Italia contadina tra secondo Ottocento e primi decenni del
Novecento.
Elio
Gioanola (San
Salvatore
Monferrato, 1934)
è
un critico
letterario, scrittore e docente italiano. Ha insegnato all'Università di Genova dal 1973 al 2004.
Rilevanti sono i suoi studi su Giacomo Leopardi, Giovanni Pascoli, Luigi Pirandello, Cesare
Pavese, Carlo Emilio Gadda.
Di là dal fiume e tra gli alberi di Ernest Hemingway (a cura di F.
Pivano) - Mondadori, 2014
In questo libro vengono narrate le vicende di un colonnello americano
che ha combattuto le due guerre ed è consapevole di dover morire a
causa di una malattia al cuore. Il protagonista è follemente innamorato
di una diciannovenne veneziana con cui passerà i suoi ultimi giorni di
vita.
Ernest Miller Hemingway (Oak Park, 21 luglio 1899 – Ketchum, 2 luglio 1961) è stato
uno scrittore e giornalista statunitense.
Presagio – Andrea Molesini, Sellerio, 2014
Nel libro ambientato a Venezia si racconta la storia di Niccolò Spada,
imprenditore, che mischia la preoccupazioni di una guerra imminente
con l’amore incondizionato verso una donna incantevole e affascinante.
Qui si intrecciano storia e passione.
Andrea Molesini (Venezia, 28 dicembre 1954) è uno scrittore, poeta, traduttore italiano
Lettere del tempo di guerra. 1915 -1918 a cura di Dina Dellorto
Ramella , prefazione di L. Firpo, -Tipografia Torinese, 1972
3/8/1915. Trincea presso Sagrado. Il Maggiore Vittorio Dellorto alla
moglie Anna “Sono dove si può morire, ma speriamo di no.
Attualmente stop benissimo. Baci” Poche ore dopo il Maggiore
Dellorto al comando dei suoi uomini veniva colpito da una pallottola in
fronte. Questo libro, attraverso una fitta corrispondenza, testimonia
con immediatezza e senza retorica gli stati d’animo di una famiglia
del vecchio Piemonte: i Dellorto di Saluzzo. Il padre, Vittorio, i figli Giuseppe e Tommaso che
saranno prigionieri in Germania e Austria, tutti chiamati a servire la patria. Dalle lettere, quasi
quotidiane, si sentono il desiderio di sentirsi parte della vita di tutti i giorni, l’ansia della madre
per la sorte dei figli dopo la tragica scomparsa del marito, le difficoltà economiche in cui la
famiglia si viene a trovare. Si apre il cuore di una madre al figlio il quale confessa il rimpianto
per non aver “conosciuto completamente il marito” giudicato indifferente mentre “mi amava
anche nelle sue rustichezze” (Sulmona 16/8/1915). Alle trepidazioni della madre si
contrappongono le continue rassicurazioni dei figli sul loro stare sempre bene anche nelle
sofferenti condizioni di prigionia. Una lettura che offre lo spaccato di una famiglia che
attraversa i tragici anni di guerra grazie ai valori di solidarietà e affetto che animano tutti i
componenti. (A.C.)
Giornale di guerra e di prigionia di Carlo Emilio Gadda - Garzanti,
1999
Carlo Emilio Gadda, interventista convinto partito volontario nel 1915,
racconta le sue esperienze di guerra, al comando di una postazione di
mitragliatrici, e di prigionia in Germania dopo la disfatta di Caporetto.
Guerra di posizione in cui ha il rimpianto di non poter essere
protagonista in prima linea come vorrebbe. Alla pignola precisione con
cui descrive la vita quotidiana Gadda unisce la testimonianza di un
profondo affetto e legame verso il fratello ai giudizi sprezzanti verso le
alte gerarchie militari e a una considerazione non benevola verso i comportamenti morali dei
suoi concittadini.
La lettura di questi diari consente anche di cogliere le fragilità caratteriali di Gadda, la continua
sensazione di inadeguatezza ai compiti militari e anche a quelli futuri che lo attendono, la
“nevrastenia” che spesso si traduce in malessere fisico. Attraverso le pagine si possono però
intuire le qualità di scrittore e innovatore del linguaggio che faranno di Gadda uno tra i più
significativi autori del ‘900. (A.C.)
Carlo Emilio Gadda, (Milano, 1893 – Roma, 1973), primogenito di una agiata famiglia della
borghesia milanese a causa della prematura scomparsa del padre e di alcuni investimenti
sbagliati si troverà a dover convivere con molte difficoltà economiche. Al ritorno dalla prima
guerra mondiale nel 1919, riprende gli studi al Politecnico e l’anno successivo si laurea in
ingegneria elettronica. Dopo alcune esperienze lavorative come ingegnere, nel 1924 si iscrive
alla facoltà di filosofia e comincia a dedicarsi alla letteratura che dal 194° costituirà il suo unico
impegno. Lavorò alla RAI dal 1950 al 1955 per i servizi culturali del terzo programma
radiofonico.
La guerra dei nostri nonni. 1915 – 1918: storie di uomini, donne
famiglie di Aldo Cazzullo - Mondadori, 2014
Come le tessere di un mosaico, Aldo Cazzullo ci restituisce attraverso
testimonianze
e
ricerche
d’archivio
la
storia
dei
“nostri
nonni”
protagonisti della Grande Guerra. Lo sguardo si ferma su storie di
uomini e donne. Le donne nuove protagoniste che dimostrano di saper
fare le stesse cose degli uomini: lavorare in fabbrica, laurearsi,
insegnare. Donne crocerossine, spie, prostitute, inviate di guerra sono
al fianco di uomini mandati a combattere una guerra sanguinosa.
Uomini spesso colpiti da inutili crudeltà da parte dei superiori; mutilati al volto e dimenticati;
uomini per sempre resi folli dalle visioni di guerra; donne stuprate e diventate madri costrette
ad abbandonare i figli della violenza nell’istituto “Orfani dei vivi”. Da queste storie di violenza,
dolore e solidarietà emerge però l’idea di fondo che la Grande Guerra fu la prima dell’Italia
unita e fu vinta. (A.C.)
Aldo Cazzullo, (Alba, 1966), dopo un’esperienza alla “Stampa” dal 2003 è inviato del
“Corriere della Sera”. All’attività
di giornalista e inviato della carta stampata ha affiancato
quella di autore di numerosi libri sull’identità nazionale: Outlet Italia (2007), Viva l’Italia
(2010), Basta Piangere (2013).
La paura e altri racconti della grande guerra di Federico De Roberto
(Introduzione di Antonio Di Grado )- Edizioni e/o, 2014
Quattro folgoranti racconti brevi. Episodi così intensi nel loro realismo e
nella accuratissima descrizione di atmosfere, sentimenti, paesaggi da
trasportare il lettore nel cuore del racconto. La paura è una storia scarna
senza traccia di retorica, perfettamente credibile perché immaginabile,
della stupidità assoluta della guerra. Il rifugio ci fa partecipi dello strazio di
un capitano nell’essere ospitato per caso dalla famiglia di un disertore
fucilato. La retata è l’invenzione di un’impresa ,a metà tra l’eroico e il
picaresco, di un soldato romano del vettovagliamento che riesce a convincere quarantacinque
soldati, tre caporali e un sottufficiale austriaci a consegnarsi agli italiani … prendendoli per la
gola. L’ultimo voto dà il senso dell’inutilità della condotta coraggiosa e della morte eroica di un
capitano di fronte alla meschinità e all’ingordigia della vedova, una donna gretta che si
risposerà proprio con l’ufficiale, imboscato al Ministero, che le aveva portato la tragica notizia.
Federico De Roberto, (Napoli, 1861 – Catania, 1927), giornalista, scrittore, bibliotecario,
critico letterario, nel 1915, allo scoppio della prima guerra mondiale fu interventista. La sua
opera più celebre, I Vicerè, è uno dei romanzi più importanti dell’Ottocento italiano. Il racconto
La paura ha ispirato il film di Ermanno Olmi Torneranno i prati
Il sorriso dell'obice. Un pittore italiano alla Grande Guerra di Dario
Malini - Mursia, 2011
Richiamato nel giugno del 1915, dopo un periodo di addestramento a
Bologna e a Cividale del Friuli, Walter Giorelli comincia la vita al fronte
prima sotto il Sabotino e poi a Plava. Muore il 23 novembre del 1916,
sepolto sotto un ricovero che il fuoco del nemico e la pioggia incessante
hanno reso insicuro. Ha ventidue anni.
Scrive dal fronte:
“Il sibilo delle granate fa pensare a tante cose e, quando l'obice è scoppiato e ci ha lasciati
interi, si sorride in un modo che adesso non so nemmeno ricordare […].Quando mi sento
forte, rido della guerra, degli uomini, di tutto, e mi accorgo che il mio compito sta nel
mettere a nudo la vita qual è, in faccia al mondo che è pieno di malsane idealità e di vacui
sentimentalismi [...]. L’arte mi trascina, mi avvinghia, e tutto, anche la guerra, mi pare
ormai ridicolo e stravagante. L’unica cosa è ridere, ridere d’ogni cosa, ridere sempre e
comunque per omnia saecula saeculorum.”
Dario Malini, milanese, si è occupato di fotografia, disegno e incisione. Da sempre è
appassionato di storia e di storie, scrive romanzi gialli e fantasy.
La grande storia della Prima guerra Mondiale di Martin Gilbert Mondadori, 2014
La ricerca storica di Gilbert affronta non soltanto le cifre (dei morti, dei
feriti, dei prigionieri, dei proiettili sparati, delle vittime di gas tossici e armi
chimiche) ma anche le voci: di coloro che dalle trincee confidavano ai
familiari o semplicemente a se stessi il proprio angosciato stupore di fronte
a un apocalittico spettacolo di orrore e crudeltà. La grande storia della
prima guerra mondiale è stata scritta con l’intento di riportare quanto più
possibile testimonianza delle atrocità dei campi di battaglia, in relazione all’atteggiamento
cinico dei comandanti. Per fare un esempio:
Prima guerra “democratica” dell’Europa Occidentale, democratica perché combattuta da tutti,
perché tutti appianati dalle nuove armi e dalle nuove gerarchie e, per questo, tanto più
devastante sia nei numeri che nelle esperienze. Gilbert riporta la testimonianza diretta di
moltissimi soldati, siano essi ufficiali o semplice truppa. Gli avvenimenti vengono narrati con
grande densità e attenzione per i singoli fatti su ogni fronte della guerra, dal fronte turco a
quello occidentale, compresa la guerra marina (affondamento del Lusitania, battaglia dello
Jutland e la guerra totale sottomarina).
Martin Gilbert (Londra, 1936 – Londra, 2015) è stato uno storico inglese, famoso come
biografo ufficiale di Winston Churchill e come uno dei più noti studiosi dell'Olocausto.
Professore emerito del Merton College dell'Università di Oxford, Gilbert è autore di quasi un
centinaio di volumi di storia contemporanea, fra cui molti atlanti storici.
La mano mozza di Blaise Cendras (traduzione di
G. Caproni) -
Guanda,1993
Racconto lungo, autobiografico, contemporaneo e posteriore, letterario e
realistico, sui giorni, i mesi e gli anni del fronte vissuti da Cendras.
Trecento pagine di immersione nelle trincee, nel fango, tra le cannonate e i
cecchini, nelle desolate campagne paludose ai confini col Belgio. Una
galleria eterogenea di personaggi, commilitoni di Cendrars, osservatore
sorridente, allegro, elegiaco e leggero, lievemente ironico anche nel
raccontare la morte. Nel capitoletto intitolato "I bislacchi" c'è una breve serrata galleria di
figure umane di morti ammazzati, uno dietro l'altro... Il conducente della carretta spappolata
da una granata, "che si faceva in quattro per nutrire decentemente il suo cavallo col quale
aveva stretto amicizia", un giardiniere del casino di Montecarlo, "un ragazzo snello con un
delicato profilo e una bocca e due occhi di fanciulla, del quale non ho mai saputo il nome,
saltato in aria ancor prima d'aver avuto il tempo di voltarsi", e tanti, tanti altri, che il poeta
"fissa sulla carta perché glie n'è tornato a mente il nome o perché erano dei bislacchi e la loro
ombra riappare spesso ad alimentare le sue fantasticherie accanto al fuoco, d'inverno..."
Blaise Cendras (La Chaux-de-Fonds,Svizzera 1887 – Parigi, 1961) scrittore svizzero,
avventuriero, si arruolò nella legione straniera francese nelle cui file partecipò alla prima
guerra mondiale. Il 28 settembre 1915, perse in combattimento l'avambraccio destro, la sua
mano di scrittore. Questa menomazione marcò profondamente l'opera di Cendrars, facendogli
scoprire la sua identità di mancino.
Una rosa in trincea di Annamaria Piccione - Edizioni Paoline, 2014
L’autrice riesce a dare un quadro a tutto tondo degli anni della guerra, ben
documentato dal punto di vista storico e insieme intimo grazie alle lettere
da e per il fronte e con notizie curiose e accenti tenerissimi. In occasione
del festeggiamento dei 90 anni della prozia Elena, custode della storia
della sua famiglia, due cugini tredicenni sentono per la prima volta il
racconto del bisnonno Peppino e dei suoi piccioni Peppino si arruolò a quindici anni al posto del
fratello e parti per il fronte dell’Isonzo. La sua fidanzatina Marilena al momento della partenza
gli donò una rosa come amuleto per proteggerlo. Peppino la pose sul suo cuore, sotto la divisa,
e proprio quella rosa lo salverà.
Alcune pagine illustrate in bianco e nero con vignette acquerellate da Roberto Lauciello
rendono la fotografia dell’epoca e collocano il libro tra graphic novel e racconto tradizionale.
Annamaria Piccione, ha pubblicato oltre 60 testi su argomenti quali criminalità, ambiente
degradato e razzismo.
L’ultima alba di guerra di Paul Dowswell (traduzione di M. Foschini)Feltrinelli, 2013
È il 1918, l'ultimo giorno della Grande Guerra, la pace è stata firmata ma
non è ancora stata proclamata. In quelle poche ore, che dividono la
decisione dalla resa, ben tremila soldati moriranno. Durante questa attesa,
inconsapevoli
del
loro
destino,
s'incontrano
tre
soldati:
Axel,
un
giovanissimo fante tedesco, rimasto solo con il padre dopo la morte del
fratello al fronte; Will, suo coetaneo inglese, partito al fianco del fratello
maggiore ed Eddie, il figlio di una ricca famiglia americana entrato in aviazione per far colpo
sulle ragazze. Sono diversi e combattono su due fronti opposti ma in quelle ultime ore si
conoscono, condividono ferite, solitudini, paure ma anche speranze ed esperienze,
Paul Dowswell (Chester, GB. 1957) ha lavorato nell’editoria, ha collaborato con importanti
riviste e musei, poi ha iniziato a scrivere, prevalentemente saggi sulle due guerre mondiali e
una sua trilogia su battaglie navali di inizio Ottocento. Ha scritto romanzi per ragazzi tra cui
Auslander e Il ragazzo di Berlino
War horse di Michael Morpurgo (traduzione di C. Manzolelli)- Rizzoli, 2011
Il viaggio inizia al culmine della prima guerra mondiale, quando una
famiglia di agricoltori inglesi che versa in gravi difficoltà finanziarie, compra
un vivace puledro da caccia ad un’asta. Il cavallo viene chiamato Joey, e,
all’inizio, i proprietari Ted e Rosie Narracott non lo considerano una grande
risorsa ma il figlio Albert è deciso a domarlo e ad addestrarlo e a trarre il
meglio dallo spirito indomito di Joey, dalla sua agilità e dal suo affetto. I
due diventano inseparabili, ma quando scoppia la guerra saranno costretti
a prendere strade diverse: Joey viene venduto e condotto al fronte da un ufficiale della
cavalleria inglese.
Joey attraverso vicende drammatiche, imprese difficili e grandi sorprese,
verrà apprezzato per la sua innocenza, la purezza dei suoi intenti e l’incondizionata devozione
nei confronti dei suoi amici umani. Joey trainerà ambulanze sui campi di battaglia,
accompagnerà due soldati tedeschi in fuga, conforterà una bambina francese malata e
trascinerà imponenti cannoni in cima a una montagna. Anche Albert, arruolatosi, si ritrova in
trincea, impegnato in una missione pericolosa, e Joey resta intrappolato nella desolata Terra di
Nessuno, fra il territorio inglese e quello tedesco. Ma anche quando tutto sembra perduto, il
cavallo riuscirà ad approfittare di una momentanea tregua di pace per ritrovare il suo amico e
rinnovare il suo sogno di tornare a casa. E il narratore della storia è proprio Joey, il cavallo di
Albert.
Michael Morpurgo, (St Albans – Gran Bretagna, 1943), è uno scrittore di storie e romanzi per
bambini . Dopo la laurea esercitò per circa dieci anni la professione di insegnante.
Giorni di guerra di Giovanni Comisso - Longanesi, 2009
Nel 1914 Comisso parte da Treviso per raggiungere il suo reggimento del
genio di Firenze con la certezza che di lì a poco anche l’Italia sarebbe
entrata in guerra. Prima soldato semplice e poi tenente del Genio, Comisso
viveva
e
operava
soprattutto
nelle
retrovie,
affacciandosi
solo
saltuariamente in prima linea e in ogni caso mai direttamente impegnato in
scontri armati. Ma il conflitto, il primo dei grandi conflitti, viene raccontato
in questo libro in un’ottica del tutto particolare. Non ci sono scontri feroci,
bombe che esplodono e che dilaniano corpi, ma è protagonista la paura, anzi l’angoscia del
fante in trincea che attende l’ora dell’attacco, quella corsa nella terra di nessuno che spesso
diventa una fuga dalla vita incontro alla morte.
Con la spavalderia e l’incoscienza della giovinezza che non ha ancora conseguito la maturità
necessaria per cogliere la tragedia, Comisso narra questa guerra non come sinonimo di morte,
ma di vita, magari facendo scorpacciate di ciliegie o rincorrendo le lucciole o nuotando nel
Natisone.
Ma sarà costretto a diventare più grande e più maturo in occasione della ritirata di Caporetto,
in quella confusione di gente che scappa, di ordini e contrordini, di famiglie intere in fuga
dall’austriaco, fra magazzini saccheggiati e cannoni abbandonati.
E’ un brusco ritorno alla realtà, un momento in cui si devono fare delle scelte, in cui occorre
essere guida e riferimento per i propri uomini, e non solo compagno di giochi e d’avventure.
Così, in uno sfacelo descritto con rara forza ed efficacia, Comisso sembra dare addio alla sua
giovinezza, ma ancora non lo sa e se ne accorgerà solo a guerra finita di come quegli anni che
sono i più belli sono corsi via, impegnati in un gioco che poco a poco ha mostrato il suo vero
volto insanguinato.
Giovanni Comisso (Treviso, 1895-1969) combatté come volontario durante la prima guerra
mondiale (che raccontò in Giorni di guerra) e partecipò all’impresa di Fiume. Abbandonata la
carriera legale per dedicarsi al giornalismo, fu a lungo inviato speciale per importanti
quotidiani.
Resta dove sei e poi vai di John Boyne - Rizzoli, 2014
John Boyne racconta la Prima guerra mondiale attraverso gli occhi di Alfie,
un bambino londinese che vede il suo amato papà partire per il fronte e
che dopo quattro anni e svariate vicissitudini lo ritroverà in un ospedale nel
Suffolk dove vengono curati, nascosti agli occhi dell’opinione pubblica, i
soldati traumatizzati dal fronte e dalle trincee
Alfie ha combattuto la sua personale guerra, quella che combatte anche
chi rimane a casa, nelle difficoltà quotidiane di trovare il cibo e i soldi per
l'affitto, con il terrore che un ufficiale bussi alla porta per riferire che un papà, un fratello o un
figlio non torneranno più a casa.
Alfie non vuole credere che sia questo il destino di suo padre, ma le lettere che l'uomo
spedisce dal fronte, prima regolari e cariche di speranze, si fanno saltuarie e cupe, fino a
smettere del tutto. Deciso a fare la sua parte, Alfie marina la scuola e inizia a lavorare come
lustrascarpe in stazione. Ed è grazie a uno dei suoi clienti che scopre dov'è il suo papà.
John Boyne, (Dublino, 1971), scrittore irlandese, critico letterario, è l’autore del famoso
bestseller “Il bambino con il pigiama a righe”. I titoli dei capitoli del suo romanzo “Resta dove
sei e poi vai” rimandano a canzoni popolari tra i soldati britannici durante la prima guerra
mondiale.
Terra matta di Vincenzo Rabito, - Einaudi, 2014
”Questa è la bella vita che ho fatto ….” Inizia così il racconto del contadino
siciliano e Scrittore italiano Rabito che narra come abbia affrontato, subito
e attraversato la Storia d’Italia dal 1912 agli anni settanta.
Ragazzo del ’99, nel 1917 riceve la cartolina precetto e viene inviato al
fronte combattere la “Grande Guerra” destinato a scavare trincee insieme
ai commilitoni del Reparto Zappatori e poi inviato in prima linea sul Piave.
”….E poi il tenente Sparpaglia ci ha detto: - Racazze, ha venuto un
folecramma che la vittoria è dell’italiane, perché li austriace non posseno
più
avere remporze ...” Ma anche dopo questa dichiarazione la guerra per il soldato Rabito
non finì.
Le esperienze, gli incontri e le vicende dell’autore sono narrati in un linguaggio gergale che
sottolinea la sincerità della memoria personale e storica di un uomo semplice e saggio.
Vincenzo Rabito, (Chiaramonte Gulfi, Ragusa, 1899 – 1981) Contadino semi-analfabeta
siciliano - conseguì la licenza elementare a 35 anni. La sua unica opera, a contenuto
autobiografico, rimase ignota per vent'anni e fu riscoperta solo anni dopo la morte dell'autore,
a oltre vent'anni dalla sua redazione.
Con me e con gli alpini di Piero Jahier (presentazione di Ermanno
Paccagnini) - Mursia, 2015
Con me e con gli alpini è il diario di guerra di Jahier, sottotenente inviato al
fronte nel febbraio 1916 nei ranghi del 7° Reggimento Alpini. Nelle pagine
di questo diario, scritto dal marzo 1916 al luglio 1917, accanto a brani di
cronaca, troviamo considerazioni, invocazioni, poesie, canzoni. Nella
“Dichiarazione”, che è l’incipit del libro, emerge prepotentemente tutta la
compassione e la solidarietà di Jahier nei confronti di “… questo popolo
digiuno / che non sa perché va a morire / popolo che muore in guerra perché «mi vuol bene»/
«per me» nei suoi sessanta uomini comandati / siccome è il giorno che tocca morire …”
Piero Jahier, (Genova, 1884 – Firenze, 1966), nel 1916 si arruolò come volontario negli Alpini
con il grado di sottotenente. Dopo Caporetto curò la pubblicazione del giornale di trincea
L'Astico, Giornale delle Trincee con l’intento di sostenere il morale delle truppe e risvegliarne il
patriottismo.
Trincee. Confidenze di un fante di Carlo Salsa (prefazione di Luigi
Santucci) - Mursia, 2015
Il tenente Salsa parte per il fronte nel novembre 1915 e inizia a scrivere il
suo diario riportando giorno dopo giorno dal in maniera puntuale, ma
purtroppo senza molti riferimenti cronologici, gli avvenimenti, gli stati
d’animo, i soprusi, le sofferenze e l’angoscia di un gruppo di uomini sul
fronte
nelle
trincee
del
Carso.
Le
ultime
pagine
sono
dedicate
all’esperienza della prigionia militare nel campo di detenzione austriaco di
Theresiendstadt.
Carlo Salsa, (Alessandria, 1893 -
Milano, 1962), scrittore, giornalista e sceneggiatore, si
arruolò come tenente in fanteria e combatté sul Carso rimanendo ferito e cadendo prigioniero
nel 1917. Collaborò alla sceneggiatura del film La grande guerra di Mario Monicelli.
Diario di un Imboscato di Attilio Frescura (prefazione di Mario
Rigoni Stern) - Mursia, 2002
Diario di guerra “dalle retrovie” del tenete Frescura, interventista e
“l’imboscato”, che non conobbe direttamente la trincea ma incontrò
migliaia di feriti devastati dalle armi micidiali che tornavano dalle
trincee. L’appellativo di “imboscato” gli fu affibbiato da un generale e
Frescura ne fece il suo requisito esistenziale. Nella prefazione del
libro l’autore afferma come «Il combattente abbia sempre qualcuno
che è “imboscato” rispetto a sé». E per mantenere questa posizione
di privilegio un “imboscato” deve eseguire le direttive superiori: il
giudice deve comminare la fucilazione e il censore non può esimersi dal denunciare. Le pagine,
che rappresentano una acuta descrizione priva di retorica, talvolta ironica o sarcastica,
dichiarano che “la guerra non è bella, anche quando è necessaria”
Frescura si definisce definizione: “Le gradazioni dell’‘imboscato’ sono infinite. Il combattente ha
sempre qualcuno che è ‘imboscato’ rispetto a sé, ed a sua volta è imboscato rispetto a qualche
altro. La gradazione va dal soldato di pattuglia al ‘comandato al Ministero della Guerra, in
Roma’, dove non arrivano né i cannoni, né la flotta, né gli aeroplani”. D’altra parte Frescura è
un ufficiale e, ironia a parte, non è insensibile al fascino dell’eroismo, che non come un eroe
alla D’Annunzio, bensì come un “imboscato”, del quale fornisce la nel suo diario si manifesta in
due modi opposti: da un lato la venerazione per Gabriele D’Annunzio, che l’autore incontrò due
volte nel corso della guerra; dall’altro l’ammirazione per i fanti che sul Carso Frescura vide
andare all’attacco più volte, disperatamente e coraggiosamente.
Nel diario di Frescura parla anche di diserzioni, autolesionismo, dell’avversione dei contadini
richiamati, padri di famiglia, per ogni retorica della bella morte. E poi dei comandi emessi con
boria e inettitudine dalle gerarchie militari, subiti dai soldati con rassegnazione e pazienza, fino
a Caporetto.
La guerra ha la forma di un disordine indistricabile, per “questo può avvenire: di capitare nel
mezzo di una battaglia e di non vederla”. Quindi, di non comprenderla mentre la si combatte.
Attilio Frescura, (Padova, 1881 – Lecco, 1943) Scrittore, drammaturgo e giornalista, morto a
Lecco, redattore della casa editrice Cappelli di Bologna. Fu interventista, ufficiale della
Territoriale al fronte e decorato di medaglia d'argento e di medaglia di bronzo al valor militare.
Nelle tempeste d’acciaio di Ernst Jünger (traduzione di G. Zampaglione,
intrduzione di G. Zampa) - Guanda, 2014
Il Tenente Jünger, nei tre anni trascorsi sul fronte francese (Champagne,
Somme, Arras, Ypres, Cambrai), annota con teutonica precisione gli eventi
quotidiani in un diario quasi osservando un fenomeno al microscopio e
pescivendolo minuziosamente. Nelle sue pagine non compaiono toni retorici, le descrizioni sono
precise, oggettive e - nel caso degli scontri e delle uccisioni - vivide e realistiche. Gli effetti
della tecnologia più avanzata applicata alle esigenze militari sono osservati con distacco
scientifico.
Nessuna condanna della guerra, nessun giudizio etico sul massacro di milioni di
uomini a fronte di obiettivi risibili o indeterminati, nessun accenno alla condizione inumana
delle trincee.
Jünger, accetta stoicamente la realtà della guerra esprimendo rammarico e dolore per i
compagni che, uno dopo l'altro, vede cadere, ma sul dolore per le perdite campeggia la
consapevolezza del fatto che la guerra è un male necessario e che la priorità assoluta rimane
comunque compiere il proprio dovere di soldati.
L’essenza della narrazione risiede nel ripetersi di una serie infinita di episodi bellici: scontri,
cannonate, scoppi di bombe a mano. I personaggi vivi raccontano la morte o il ferimento dei
personaggi che muoiono. Jünger presenta anche se stesso, descrivendosi mentre negli
intervalli fra gli assalti ozia leggendo o conversando con le persone a cui aveva requisito
l'alloggio, oppure mentre trascorre i brevi periodi di convalescenza per le numerose e continue
ferite riportate, nell'attesa di riprendere il suo posto in prima linea, pronto a un nuovo fatto
d'armi.
La guerra narrata da Jünger non è la “bella” guerra dei gesti plateali: all’eroismo ottocentesco
si era sostituito l’eroismo oscuro del fante anonimo, che ogni giorno non si misura con il
nemico, spesso invisibile, ma con la sua stessa paura.
Ernst Jünger, (Heidelberg, Germania, 1895 – Wilflingen, Germania, 1998), si arruolò come
soldato semplice volontario nel 1914 e gli inizi del 1915 raggiunse il Fronte Occidentale dove
rimarrà fino all'estate del 1918, facendo carriera fino a ottenere il grado di comandante di
plotone. Jünger fu congedato a causa di una grave ferita al petto, la più grave delle quattordici
ferite riportate negli oltre tre anni di combattimenti.
Le scarpe al sole. Cronaca di gaie e tristi avventure d’alpini, di
muli e di vino di Paolo Monelli (illustrazioni di Mario Vellani March) Mondadori, 1955
“Nel gergo degli alpini mettere le scarpe al sole significa morire in
combattimento. Veramente non di soli caduti è il discorso, in questa mia
cronaca di guerra. Questo è il primo capoverso dell’introduzione del
diario dei tempi di guerra di Monelli. Le montagne spietate e bellissime
fanno da sfondo alle vicende degli alpini descritti dall’autore con i loro
vizi e le loro virtù, le loro bassezze e le loro qualità umane e militari. La guerra, spesso non
compresa nelle sue manovre e ordini, finirà per molti di loro con una morte straziante o con la
cattura e la prigionia.
Paolo Monelli, (Fiornao Modenese, 1891 – Roma, 1984)
Interventista, quando scoppiò la Prima guerra mondiale Monelli si arruolò come volontario,
chiedendo esplicitamente nella domanda di nomina a sottotenente di combattere negli Alpini.
Destinato al Battaglione alpini "Val Cismon" del 7º Reggimento Alpini, combatté in Valsugana,
partecipò alla battaglia dell'Ortigara e di Caporetto. Il 5 dicembre 1917 Monelli cadde
prigioniero, insieme ai pochi superstiti della sua compagnia. Fu internato nel castello di
Salisburgo da cui tentò invano due volte la fuga..
La grande guerra. Storie di gente comune. 1914 – 1919 di Antonio
Gibelli - Laterza, 2014
Come scrive l’autore nella premessa “Questo libro parla di gente comune,
uomini e donne, che vissero al tempo della prima guerra mondiale e furono
interamente coinvolti e travolti da quell’evento, che modifico radicalmente
il corso delle loro vite … “. Oltre settanta milioni di mobilitati in tutta
Europa! E per un calcolo ipotetico di circa tre persone legate da vincoli
familiari a ciascuno dei mobilitati si potrebbe parlare di oltre duecento
milioni di persone coinvolte indirettamente nella tragicità della guerra. Fame, fatiche, angosce,
esodi dei civili, mentre i militari soffrivano il freddo e combattevano il nemico patendo
l’angoscia della morte. Nel libro sono narrate le esperienze documentate di soldati,
crocerossine, civili e del reticolo intessuto da migliaia di lettere, cartoline, taccuini, quaderni
lasciati da molti uomini e molte donne.
Antonio Gibelli, (Genova, 1942), storico italiano, è uno dei maggiori studiosi della scrittura
come pratica sociale e delle esperienze individuali e collettive nelle due guerre mondiali.
Le sue ricerche più significative vertono sulla storia della prima guerra mondiale. Il suo volume
L'officina della guerra. La Grande Guerra e le trasformazioni del mondo mentale
ha
profondamente innovato l'orientamento degli studi sul conflitto in una prospettiva di storia
culturale, facendo uso per la prima volta di fonti come le relazioni degli psichiatri sui dissesti
mentali dei soldati e le lettere dei fanti. La peculiarità del suo metodo storico consiste nella
prospettiva "dal basso", tramite l'analisi e la narrazione dei punti di vista della gente comune,
utilizzando le loro testimonianze epistolari, diaristiche e memorialistiche. Al fine di promuovere
lo studio di questi materiali salvandoli dalla dispersione, nella seconda metà degli anni Ottanta
ha fondato, presso il Dipartimento di Storia Moderna e Contemporanea di Genova, l’Archivio
Ligure della Scrittura Popolare (ALSP), oggi una delle principali istituzioni europee del genere.
Un Fenoglio alla prima guerra mondiale di Beppe Fenoglio.
(introduzione di Gabriele Pedullà) - Einaudi, 2012
Nel volume, composto da una raccolta di racconti,
si traccia il profilo di
una comunità delle langhe piemontesi alle prese con l’assenza degli uomini
validi partiti per il fronte, con la grettezza di chi vorrebbe continuare ad
accumulare la roba, la furbizia dei riformati grazie alle giuste conoscenze e
al pagamento di mazzette, i disertori e i militari in licenza ribelli e
attaccabrighe. L’autore si avvale del punto di vista di un bambino e il piano narrativo è
costruito sull’innocenza e sull’ingenuità di uno spettatore che coglie gli aspetti della fatica, della
frustrazione e della preoccupazione per la vita e per la morte di coloro che sono costretti a
casa.
Beppe Fenoglio, (Alba, 1922 – Torino, 1963), tra i più importanti scrittori del ‘900 italiano,
inglesi sta, militare nell’esercito italiano poi partigiano, alla fine della seconda guerra mondiale
trova impiego in un’azienda vinicola e comincia a dedicarsi alla scrittura. Nei suoi romanzi più
noti si coglie l’epica della guerra di liberazione, del sacrificio personale e della coerenza con i
propri ideali e la propria etica individuale.
Guerra del ’15 di Giani Stuparich,
(a cura di Giuseppe Sandrini) -
Quodlibet, 2015-04-26
Due mesi di trincea raccontati “di giorno in giorno, anzi d’ora in ora, da un
semplice gregario”. Giani Stuparich, triestino, intellettuale, volontario sul
fronte del Carso, narra la sua esperienza di giovane che parte per il fronte
con il fratello Carlo e matura dopo i due mesi di guerra, dal 2 giugno all’8
agosto 1915, e, in particolare, la I (23 giugno-7 luglio) e la II battaglia
dell’Isonzo (18 luglio-3 agosto), una profonda disillusione degli ideali
irredentisti perché l’avventura della guerra mostra fin da subito il suo volto massificante,
meschino e malinconico. La prima battaglia dell’Isonzo viene descritta in modo assolutamente
antieroico.
Il 7 agosto, dopo un estenuante periodo di permanenza nella trincea del Lisert, ai fratelli
Stuparich viene comunicata la nomina a ufficiali della territoriale. Giani dovrà presentarsi al
comando di Vicenza, Carlo a quello di Verona. Sebbene abbandonino i compagni a malincuore,
accettano di buon grado la nomina che gli permette di lasciare l’inferno della trincea. Ecco che,
nella pausa di tranquillità che viene a prodursi, la favola triste della guerra lascia intravedere
infine la sua crudele morale. Antimilitarismo e nostalgia della casa materna si oppongono agli
orrori di una guerra interminabile.
Giani Stuparich, (Trieste, 1891 – Roma, 1961), giornalista e scrittore, autore anche del
romanzo Ritorneranno dedicato alla Grande Guerra, allo scoppio della Guerra nel 1915 si
arruola come volontario e diviene Sottotenente nel 1º Reggimento dei Granatieri di Sardegna,
insieme al fratello Carlo e all'amico Scipio Slataper. Combatte prima sul Carso, presso
Monfalcone, e poi sul Monte Cengio. Ferito due volte, viene fatto prigioniero e internato in
successione in cinque campi di concentramento austriaci. Antifascista, durante la Resistenza
Stuparich fa parte del Comitato di Liberazione Nazionale.
La guerra italiana. Partire, raccontare, tornare. 1914 – 18, di Marco
Mondini, Il Mulino, 2014
Volume ricchissimo di
storie, storiografia
e fonti
offre una
nuova
prospettiva storiografica allo studio della Prima Guerra Mindiale. Mondini
parte dalla considerazione che la guerra doveva essere la «prova del
fuoco» degli italiani, il momento in cui avrebbero dimostrato al mondo di
essere una nazione coesa, forte e degna di sedere tra le grandi potenze.
Ma l’Italia entrò in guerra, dopo 10 mesi dal suo inizio, lacerata da profonde rivalità sociali e
politiche, contro il volere della maggioranza parlamentare e di gran parte della popolazione.
Ultima campagna risorgimentale sostenuta da una larga adesione nazionale agli ideali
patriottici, la guerra è stata raccontata come un eroico duello cavalleresco tra le cime innevate
delle Alpi, una raffigurazione lontana dalla realtà dei combattimenti di trincea sul fronte
dell’Isonzo e poi del Piave. Nella prima parte del volume – Partire – l’autore analizza la
stagione della neutralità e dei negoziati, il carattere «spontaneo» del movimento interventista
diffuso nelle città, tra i giovani studenti. Le radici dell’interventismo sono interamente
ricondotte alla cultura risorgimentale della nazione, immaginata come comunità maschile
fondata sull’onore e il sacrificio militare. La «guerra anticipata e immaginata» narrata in
particolare sui periodici illustrati, raggiunse una platea amplissima di italiani, assunse accenti
celebrativi dello sforzo bellico, mentre gli «aspetti orripilanti» della battaglia che si svolgeva
Oltralpe venivano banalizzati o rimossi con il ricorso alla tradizionale iconografia della morte
eroica sul campo dell’onore. Mondini offre al lettore un affresco dell’Esercito mobilitato, della
sua composizione sociale edell’«imposta del sangue» che ricadde sugli italiani in modo non
uniforme per fascia d’età, provenienza sociale e regionale, arma di appartenenza
Il nucleo centrale del volume – Raccontare – è dedicato proprio alle rappresentazioni del
conflitto, ai racconti dell’esperienza bellica ed edificarne la memoria. Le scritture dei soldati
semplici si rilevano sia i dispositivi di censura e autocensura sia il carattere privato e riservato.
Diverso il caso della produzione memorialistica e letteraria dei «combattenti-scrittori», a cui si
deve la «variante italiana» del mito dell’esperienza di guerra diffuso fra i reduci. Si tratta di
una trentina di autori, fra cui primeggia Paolo Monelli, portati a delineare un’immagine divisiva
della guerra: da un lato i «plotonisti», gli ufficiali di complemento con i loro soldati, e dall’altro
lato una casta militare incompetente e un paese composto largamente di imboscati.
Sul fronte italiano il contrasto dominate non è tra “noi combattenti” e i “nemici” ma tra il “noi”
dei trinceristi e il “loro” dello Stato maggiore, dei militari e civili al riparo nelle retrovie o a
casa. Nella letteratura propagandistica di guerra italiana l’accento è posto invece sulla
«fratellanza in armi», sul senso di appartenenza a una «comunità a valori come il coraggio e la
forza del combattente, la lealtà, l’amicizia e lo spirito di sacrificio » in altre parole il
cameratismo. Nel racconto degli italiani, quindi, a sospingere nella lotta poté più il sentimento
di fraternità in trincea che le ragioni della patria, benché la comunità in armi rimanesse
intimamente gerarchica. L’«industria dell’immaginario», in piena attività nel fronte interno, è
rivolta alle popolazioni civili. I giornali, periodici illustrati e per l’infanzia e anche la nascete
industria cinematografica sono impegnati a restituire un’immagine «glorificante, entusiasmante
e rassicurante» del conflitto. Il tema del ritorno, Tornare, tratta del penoso e umiliante
rimpatrio dei prigionieri italiani alla fine della guerra, passati dai centri di detenzione tedeschi e
austro-ungarici ai campi di concentramento e smistamento emiliani e triestino; o del tortuoso
viaggio verso casa degli italiani arruolati nell’esercito asburgico e finiti nei centri di prigionia
russi. Infine viene affrontata la questione del culto dei morti (Quelli che non ritornano), dei
rituali della vittoria, delle strategie di elaborazione del lutto sviluppate sia negli opuscoli in
memoria, dei monumenti ai caduti edificati lungo tutta la penisola (la «monumentomania
municipale»), per iniziativa locale, sino alla cesura degli anni Trenta, quando il regime
centralizzò, nazionalizzò e fascistizzò il culto dei caduti nella Grande Guerra.
Marco Mondini, (Bassano del Grappa, 1974), laureato in storia militare e in Storia
contemporanea. È ricercatore presso l’ISIG – FBK ed è coordinatore scientifico del progetto “La
prima guerra mondiale 1914-1918”. È consulente scientifico della Struttura di missione per il
Centenario della Grande Guerra presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri. Si è occupato
soprattutto del ruolo delle istituzioni militari nel processo di nazionalizzazione in Italia, dei
rapporti tra forze armate e fascismo, della cultura di guerra in Italia, del fascino della guerra
nella letteratura occidentale e della formazione degli intellettuali italiani. Temi a cui dedicato i
suoi principali lavori: La politica delle armi, 2006; Dalla guerra alla pace, 2007; Alpini. Parole e
immagini di un mito guerriero, 2008; Parole come armi. La propaganda nella Grande Guerra,
2009; Fiume. Scene volti e parole di una rivoluzione immaginata, 2010; Generazioni
intellettuali. Storia sociale degli allievi della Scuola Normale nel Novecento, 2011; Narrating
War. Early Modern and Contemporary Perspectives, 2013
Alpi di guerra Alpi di pace. Luoghi, volti e storie della Grande
Guerra sulle Alpi di Stefano Ardito - Corbaccio, 2004
Venti capitoli che illustrano episodi e luoghi del fronte alpino, dallo Stelvio
alle Alpi Giulie. Scenari bizzarri, extremely exotic, per gli scrittori inglesi
come Conan Doyle o Kipling inviati dai giornali britannici a raccontare una
guerra combattuta in luoghi speciali. Un fronte sottovalutato da coloro che
combattevano sul fronte occidentale. In Addio alle armi di Hemingway, la giovane infermiera
dice: “E’ un fronte stupido, ma è molto bello.” Turistico, adatto ad ambientare scontri
cavallereschi, dove il coraggio personale costituiva ancora un valore fondamentale. I paesaggi
della guerra alpina descritti nel libro sono tuttavia diversi tra loro:Passo della Sentinella, Corno
di Cavento, Cengia Martini, Monte Ortigara, Monte Pasubio, Col di Lana, Colbricon. E sullo
sfondo di questi paesaggi, dal 1915 al 1918, vengono combattute battaglie epiche e costruiti
sentieri e trincee, postazioni e gallerie. E due eserciti formati da uomini, alpini, fanti,
kaiserjager e schuetzen, a volte spaventati e coraggiosi, a volte sottoposti a ordini atroci e
incomprensibili.
Stefano Ardito, (Roma, 1954), giornalista, scrittore, fotografo, regista. Tra gli ideatori del
Sentiero Italia, ha scritto circa 80 libri dedicati alle montagne italiane tra i quali molte guide
turistico-escursionistiche.
Scusate la calligrafia. Lettere dal fronte di Sisto Monti
Buzzetti, (Prefazione di Antonio Gibelli) - Terre di Mezzo, 2008
L’ufficiale del 60° Reggimento Fanteria della Brigata Calabria, Sisto
Monti Buzzetti, è stato uno dei quasi sei milioni di italiani mobilitati
per la guerra 15-18 e uno dei 600.000 che non ritornarono e il suo
nome fu inciso su un
lapide commemorativa nel Parco delle
Rimembranze del suo paese. Il libro raccoglie le lettere scritte alla
famiglia a partire dal marzo 1916 fino al 9 giugno 1917 quando
una
bomba
metterà
fine
alla
sua
esistenza.
La
fitta
corrispondenza, a volte passata per le maglie della censura, è intessuta per mantenere vivi i
legami con i genitori e la sorella, e per attutire il senso di sconforto e frustrazione, costituisce
un racconto autobiografico e offre brani adatti ad essere meditati come saggi sulla condizione
umana. La preoccupazione che emerge dal carteggio è quella di informare i famigliari usando
toni rassicuranti anche se non gli è possibile celare lo stato d’animo angosciato dalla
carneficina. L’angoscia e l’orrore provato compromette in un certo senso anche la grafia delle
lettere. Le ultime due lettere del libro sono quelle dell’attendente di Monti Buzzetti e del
cappellano militare che informano la famiglia della morte del loro caro e , nel tentativo di
recare un po’ di consolazione, descrivono le sue virtù di uomo e le sue qualità di ufficiale.
Sisto Monti Buzzetti, (Allerona Perugia, 1896 – Trentino, Fronte italiano, 1917) di origini
umbre, dopo aver conseguito la licenza liceale presso il seminario vescovile di Orvieto, Sisto
Monti Buzzetti viene mobilitato e inviato all’Accademia militare di Modena dove frequenta un
corso per allievi ufficiali. Viene inviato nella zona del fronte compresa fra il Passo Rolle e l’alta
Val Cordevole. Muore in trincea dopo aver scritto … Perdonate la calligrafia: sto molto
scomodo; vi scrivo su di una tavoletta appoggiata sulle ginocchia …
Viaggio nella terra dei morti. La vita dei soldati nelle trincee della
Grande Guerra di Marco Scardigli – Utet, 2014
Nelle trincee furono mandati in stragrande maggioranza i poveri, gli
ignoranti, gli analfabeti, i contadini, i muratori, i minatori. Il libro di Marco
Scardigli racconta la vita in trincea di questi uomini. Un viaggio attraverso
le
fatiche,
le
sofferenze,
le
malattie,
gli
assalti
alla
baionetta,
i
bombardamenti, le violenze e gli inutili sacrifici imposti loro da chi la
guerra la faceva nelle retrovie arrivando a pensare che un generale è tanto
più capace quanti più sono i soldati morti al suo comando. Il desiderio di tornare a casa,
rivedere i propri cari, la rabbia verso gli imboscati nelle retrovie, i tribunali militari, le
fucilazioni immediate come esempio per tutti anche per le più banali mancanze e infine la
“giustizia sommaria” che i soldati stessi applicano nei confronti dei comandanti crudeli, sono le
tessere di un mosaico che lasciano negli occhi e nel cuore del lettore la sensazione di una
guerra in cui gli uomini in trincea furono “carne da macello”.
Marco Scardigli, (Novara, 1959), storico e scrittore, ha insegnato all’Università di Pavia e
pubblicato numerose opere di narrativa e di saggistica storica. Tra i suoi libri, La lancia, il
gladio, il cavallo. Uomini, armi e idee nelle battaglie dell’Italia antica (2010), Le grandi
battaglie del Risorgimento (2011), Le battaglie dei cavalieri. L’arte della guerra nell’Italia
medievale (2012) e Cavalieri, mercenari e cannoni. L’arte della guerra nell’Italia del
Rinascimento (2014).
I monumenti ai caduti della grande guerra. Il censimento per la
Provincia di Lecco (a cura di Lucia Ronchetti) – Pietro Macchione Editore,
2014
A pag. 166, Piazza degli Eroi – Merate. Monumento ai Caduti delle due
Guerre Mondiali, della guerra di Libia, della guerra d’Africa e della guerra di
liberazione.
A pag. 168, Viale Lombardia – Merate. Giardino della Memoria. Un cippo ricorda gli abitanti di
Merate e degli ex comuni di Sabbioncello, Novate B., Sartirana B. caduti nella Grande Guerra
1914 – 1918 a memoria dei caduti. IV XI MMV. Nel giardino sono presenti ulteriori ricordi
relativi a entrambi i conflitti mondiali, tra i quali il Bollettino della Vittoria del generale Diaz del
4 novembre 1918.
A pag. 170, Cassina Fra Martino. Il monumento, sormontato dalla statua di Giuseppe
Mozzanica, reca i nomi del caduti delle due Guerre Mondiali.
A pag. 171, Novate. Il monumento, costituito da un obelisco, reca i nomi del caduti delle due
Guerre Mondiali.
A pag. 172, Pagnano. Il monumento che si eleva all’interno di una fontana circolare reca i nomi
dei caduti delle due Guerre Mondiali, della guerra di Libia, della guerra d’Eritrea e dei dispersi.
A pag. 174, Istituto Comprensivo “Alessandro Manzoni” - Merate. Due lapidi in marmo recano i
nomi degli ex alunni e ex insegnanti caduti durante la Grande Guerra.
A pag. 175, Sartirana. Lapide in marmo reca i nomi dei caduti delle due Guerre Mondiali e della
guerra di Libia.
I racconti di guerra di Mario Rigoni Stern (introduzione di Folco
Portinari) – Einaudi, 2006
Questo libro è strutturato in quattro grandi capitoli: Prima guerra
mondiale,
Seconda
guerra
mondiale,
La
prigionia
e
La
resistenza.
Originati da spunti esterni alla sua esperienza, i diciannove racconti
riguardanti la prima guerra mondiale, offrono al lettore il senso importante
della raccolta delle testimonianze che spaziano dalla contesa della Cima
Dodici (la più alta montagna dell’Altopiano di Asiago), alla prigionia russa
dei triestini, soldati dell’esercito austro-ungarico, all’eroismo di soldati e
capitani che combattono contro il nemico sui fianchi impervi della montagne, ai montanari e ai
condadini che condividevano le sorti degli eserciti, alla vergogna di Caporetto, fino alla storia
della ricostruzione dell’Altopiano di Asiago.
Mario Rigoni Stern, (Asiago, 1921 – 2008), è stato uno dei maggiori autori della letteratura
italiana del ‘900. Ha combattuto durante la Seconda Guerra Mondiale sui fronti della Grecia,
dell’Albania e dell’Unione Sovietica. Fu fatto prigioniero dai tedeschi e deportato in un campo di
concentramento
nella
Prussia
Orientale,
dove
rimane
prigioniero
rifiutando,
come
la
maggioranza dei militari italiani catturati dai nazisti, di ottenere la libertà in cambio
dell'arruolamento nelle forze armate della Repubblica sociale italiana. Dopo la liberazione del
campo durante l'avanzata dell'Armata Rossa verso il cuore della Germania, rientrò a casa a
piedi attraversando le Alpi, dopo due anni di prigionia, il 5 maggio 1945. I suoi romanzi più
importanti sono ispirati alla sua esperienza militare e di uomo di montagna.
Il mito della Grande Guerra di Mario Isnenghi – Il mulino, 2014
Isnenghi studia e analizza le opere letterarie sul tema della Grande Guerra,
molti dei quali romanzi, scritte
da intellettuali talvolta semplicemente per
narrare le vicende belliche e la loro partecipazione a esse, talvolta per
spiegare (prima di tutto a se stessi) le ragioni della loro partecipazione a quel
grande evento, talvolta infine per trasfigurare nella fantasia le vicende. Dalle
letture di autori quali Boine, Borgese, Marinetti, Soffici, Serra, D’Annunzio,
Lussu,
Prezzolini,
Malaparte,
Giuliotti,
Papini,
Gadda,
Jahier
emerge
quel
misto
di
insoddisfazione e orgoglio, di accettazione e ribellione verso la società borghese che il conflitto
e la chiusura del conflitto avevano rivelato.
Mario Isnenghi (Venezia, 1938) docente universitario di storia contemporanea, la sua ricerca
spazia dalla Grande Guerra, al fascismo, dai conflitti fra le memorie, alla soggettività ed al
discorso pubblico. Le sue numerose pubblicazioni sui predetti temi sono considerate punti fermi
dalla storiografia contemporanea.
Il Fuoco di Henri Barbusse – Castelvecchi, 2014
Il romanzo mostra il crescente odio dell'autore per il militarismo e si attira
dure critiche per il forte realismo, fu questo infatti uno dei primi romanzi a
proporre una testimonianza realistica sulla brutale esperienza della guerra:
l'opera, che nulla concede alla retorica nazionalista ed eroica, si impone nel
panorama letterario per la cruda descrizione della vita e delle sofferenze
dei "poilus", come venivano chiamati i soldati francesi. Grazie alla sua
efficace testimonianza, il romanzo contribuisce a suscitare sentimenti
contro la guerra in tutta la società. Il genere letterario al quale si rifà Barbusse è quello della
cronaca. Per mezzo della tecnica descrittiva emergono i temi dell'acqua, della nebbia e della
fanghiglia e le visioni di vita nella trincea, i cunicoli, le terre e i paesaggi devastati dal diluvio e
dalla guerra prevalgono sul "feu", termine che viene utilizzato solo poche volte. Con la tecnica
dialogica, Barbusse, traduce il vissuto dei soldati grazie alla sapiente tecnica linguistica del
gergo di trincea e dei parlati popolari.
Henri Barbusse (Asnières-sur-Seine, Francia, 1873 – Mosca, 1935) è stato uno scrittore
giornalista e attivista politico comunista. Allo scoppio della prima guerra mondiale, malgrado
l'età, la salute delicata e il convinto antimilitarismo, Barbusse parte volontario per il fronte
condividendo la decisione dei socialisti di non astenersi dal conflitto per difendere la Francia.
Dopo un anno in trincea passò alle retrovie come barelliere ma, dopo alcuni ricoveri
ospedalieri, venne riformato e messo in congedo. L'esperienza della trincea costituirà per
Barbusse una rivelazione da cui nasce Le Feu (Il fuoco), pubblicato dapprima in 93 puntate sul
periodico L'Œuvre e poi in volume nel dicembre del 1916. Barbusse è stato un convinto
assertore dell'importanza del ruolo che l'intellettuale deve assumere per la liberazione del
popolo e di un futuro basato sulla giustizia.
Terra di nessuno di Eric J. Leed – Il Mulino, 1985
La grande guerra non ha rappresentato un evento circoscritto alla sola
dimensione militare o nei termini di una ben nota collocazione cronologica,
ma ha inaugurato nuovi temi d’indagine come quello sull’impatto che la
guerra ha avuto sulla psicologia del soldato al fronte e sulla vita interiore
dell'individuo.
Leed, raccogliendo il contributo delle precedenti riflessioni sulla grande
guerra, specialmente l'opera di Paul Fussell The Great War and Modern
Memory e ricorrendo agli strumenti di indagine offerti da discipline come la psicologia,
l'antropologia e la sociologia, allarga ed approfondisce le ipotesi interpretative che emergono
dalle esperienze soggettive e dalle memorie personale degli esseri umani coinvolti siano essi
britannici, francesi, tedeschi o americani. Secondo l’analisi dell’autore, la guerra generò
fenomeni di dissociazione che alimentarono nel combattente l'ossessione di aver vissuto due
vite diverse, una contraddizione a volte impossibile risolvere. La tecnologia impiegata inoltre,
fece crescere un diffuso senso di impotenza nell'uomo, il quale perse la percezione di sé come
individuo responsabile delle proprie azioni.
Eric J. Leed, (Montana - Stati Uniti, 1942)
Storico ha insegnato Storia nella Florida
International University di Miami. In Italia sono stati pubblicati anche "La mente del
viaggiatore. Dall'Odissea al turismo globale" (1991) e "Per mare e per terra. Viaggi, missioni,
spedizioni alla scoperta del mondo" (1996).
Caporetto. Diario di guerra (maggio – dicembre 1917) di Angelo
Gatti – Il Mulino, 1997
Angelo Gatti è stato uno dei colonnelli al seguito di Cadorna, il suo
incarico
fu quello di
storiografo ufficiale del Comando Supremo. Il
volume raccoglie le memorie dell’autore che vanno dal 8 maggio al 6
dicembre del 1917, includendo la genesi, lo svolgersi e parte dei primi
effetti dello sfondamento del fronte Italiano a Caporetto.
Il diario contribuisce a chiarire le responsabilità militari nella battaglia
iniziata il 24 ottobre 1917, contrastando con la tesi di Cadorna, che additò la presunta,
mancata volontà combattiva della truppa e le numerose defezioni come unica causa della
disfatta.
Le pagine del diario contengono approfondite riflessioni personali, unite ad una dettagliata
descrizione di tutto ciò che in quei mesi accadeva al Comando e, in generale, nel Paese.
Angelo Gatti (Capua, 1875 – Milano, 1948) è stato un generale, storico e scrittore di opere di
narrativa e saggistica. Importanti come fonte storica sono i suoi diari, pubblicati postumi, che
presentano gli eventi bellici vissuti in prima persona durante la grande guerra a fianco del
Generale Cadorna.
L’officina della guerra. La Grande Guerra e le trasformazioni del
mondo mentale di Antonio Gibelli – Bollati Boringhieri, 2007
La guerra scaraventa violentemente il mondo contadino dentro la società
industriale con i suoi ritmi, offre anche alle menti più semplici l’occasione di
riflettere sul nuovo senso della morte e della vita. La guerra insegna ad
avvalersi del controllo statale sin all'interno delle vite private, e addestra le
classi
dirigenti,
militari
e
politiche,
alle
logiche
industriali
della
massificazione sociale.
Antonio Gibelli (Genova, 1942) storico italiano, è uno dei maggiori studiosi della scrittura
come pratica sociale e delle esperienze individuali e collettive nelle due guerre mondiali.
Le sue ricerche più significative vertono sulla storia della prima guerra mondiale. Il suo volume
L'officina della guerra. La Grande Guerra e le trasformazioni del mondo mentale
ha
profondamente innovato l'orientamento degli studi sul conflitto in una prospettiva di storia
culturale, facendo uso per la prima volta di fonti come le relazioni degli psichiatri sui dissesti
mentali dei soldati e le lettere dei fanti. La peculiarità del suo metodo storico consiste nella
prospettiva "dal basso", tramite l'analisi e la narrazione dei punti di vista della gente comune,
utilizzando le loro testimonianze epistolari, diaristiche e memorialistiche. Al fine di promuovere
lo studio di questi materiali salvandoli dalla dispersione, nella seconda metà degli anni Ottanta
ha fondato, presso il Dipartimento di Storia Moderna e Contemporanea di Genova, l’Archivio
Ligure della Scrittura Popolare (ALSP), oggi una delle principali istituzioni europee del genere.
Niente di nuovo sul fronte occidentale di Erich Maria Remarque
(traduzione di S. Jacini) – Mondadori, 1989
La propaganda tedesca, facendo leva su sentimenti come orgoglio e
identità nazionale, si rivela uno strumento tanto pervasivo ed efficace da
convincere molti giovani studenti ad arruolarsi nella prima guerra.
Purtroppo la guerra non è facile e veloce come viene loro descritta.
Il
romanzo Niente di nuovo sul fronte occidentale racconta la vicenda di Paul
Braumër, per tutto il lungo periodo di servizio militare trascorso nelle
trincee belghe e francesi. Paul uccide un soldato francese in una buca dove si era riparato e
rimarrà per sempre segnato da questa esperienza. Morirà poco prima del termine della guerra.
Anche i suoi amici e compagni di classe moriranno tutti o perché colpiti da un aereo, o feriti
dalle schegge o proiettili.
Erich Maria Remarque (Osnabrück, Germania, 1898 – Locarno, 1970) arruolatosi volontario,
durante la prima guerra mondiale, fu ferito più volte. Dopo la guerra cambiò il suo cognome in
Remarque, che era stato il nome della famiglia fino a suo nonno. Cambiò molti lavori,
diventando bibliotecario, uomo d'affari, insegnante e giornalista.
Nel 1929 pubblicò la sua opera più famosa, Niente di nuovo sul fronte occidentale. Il regime
nazista mise al bando le sue opere. Rifugiatosi in Svizzera e in seguito negli Stati Uniti, alla
fine del secondo conflitto mondiale ritornò in Svizzera. Tra le sue opere più importanti si
ricordano Tre camerati, Arco di trionfo, Tempo di vivere, tempo di morire, La notte di Lisbona,
La via del ritorno, Ama il prossimo tuo.
Un anno sull’Altipiano di Emilio Lussu – Einaudi, 2011
Il 1917 è l’anno durante il quale la Brigata Sassari operò sull'Altipiano di
Asiago e attraverso il racconto degli episodi che vedono coinvolti i soldati e
gli ufficiali emerge la critica dell’autore nei confronti dei comandi militari
dell'epoca. La guerra venne condotta male da generali impreparati e
presuntuosi, incapaci di rendersi conto dei propri errori nonché decisi a
sacrificare migliaia di vite umane pur di conquistare pochi palmi di terreno.
Alcuni personaggi, ritengono che a Roma, sia acquartierato il nemico. Il memoriale di Lussu,
comunque, si interrompe prima della XI battaglia della Bainsizza (annunciata nell'ultima pagina
del libro) e della successiva rotta di Caporetto.
Emilio Lussu (Armungia, 1890 – Roma, 1975) scrittore, militare e politico italiano, eletto più
volte al Parlamento e due volte ministro; fondatore del Partito Sardo d'Azione e del movimento
Giustizia e Libertà. Antifascista, fu aggredito, ferito e poi confinato a Lipari; infine, una volta
evaso, fu profugo all'estero per circa quattordici anni. Ha preso parte come ufficiale alla Prima
guerra mondiale, dove fu più volte decorato e, come volontario, alla Guerra civile spagnola e
alla Resistenza italiana.
La via del ritorno di Erich Maria Remarque (traduzione di SC. Ujka) –
Neri Pozza, 2014
Racconto della vicenda di trentadue soldati tedeschi, sopravvissuti su più di
cinquecento fanti partiti all’inizio della Grande guerra, che alla fine del
conflitto attraversano la Francia camminando lentamente verso casa.
Lungo la strada incontrano i nemici, gli americani che indossano divise e
mantelli nuovi, scarpe impermeabili e della misura giusta. Al loro confronto
Ernst, il protagonista, e i suoi compagni
di viaggio hanno l’aspetto di
straccioni. Arrivati in Germania, in un grosso villaggio, nessuno li accoglie. Nessuno si accorge
di loro. La loro patria li ha già messi da parte e li ha lasciati soli con un bagaglio di orrore e
disperazione “guadagnato” durante la guerra.
Erich Maria Remarque (Osnabrück, Germania, 1898 – Locarno, 1970) arruolatosi volontario,
durante la prima guerra mondiale, fu ferito più volte. Dopo la guerra cambiò il suo cognome in
Remarque, che era stato il nome della famiglia fino a suo nonno. Cambiò molti lavori,
diventando bibliotecario, uomo d'affari, insegnante e giornalista.
Nel 1929 pubblicò la sua opera più famosa, Niente di nuovo sul fronte occidentale. Il regime
nazista mise al bando le sue opere. Rifugiatosi in Svizzera e in seguito negli Stati Uniti, alla
fine del secondo conflitto mondiale ritornò in Svizzera. Tra le sue opere più importanti si
ricordano Tre camerati, Arco di trionfo, Tempo di vivere, tempo di morire, La notte di Lisbona,
Ama il prossimo tuo.
Rubè di Giuseppe Antonio Borgese (con uno scritto di L. Sciascia) –
Mondadori, 2011
Allo scoppio della Prima Guerra Mondiale, il giovane siciliano, Filippo Rubè,
avvocato praticante in uno studio legale di Roma, si fa trascinare dalla
propaganda interventista e decide di arruolarsi. L'impatto con la guerra
risulta però traumatico per Rubè che è alla ricerca di un’impresa eroica.
Anche la vita affettiva del giovane è complicata da ambiziose aspirazioni;
nel tempo allaccia relazioni più o meno tormentate con tre donne. La sua
esistenza, tra fallimenti sentimentali e insicurezze economiche, passioni politiche e frustrazioni
professionali termina con una morte banale, mentre cerca di sfuggire alla calca della folla di un
corteo di protesta in cui era casualmente incappato.
Giuseppe Antonio Borgese (Palermo, 1882 – Fiesole, 1952), critico letterario, docente
universitario di letteratura tedesca. Nel 1931, dopo aver rifiutato di prestare giuramento al
Partito Fascista, perse la cattedra ed emigrò negli Stati Uniti dove insegnò in diverse
università. Rientrò in Italia solo nel 1949.
I ponti della Delizia di Guido Cervo – Piemme, 2009
Romanzo ambientato dopo la disfatta di Caporetto. Un gruppo di soldati
sbandati tenta di raggiungere le retrovie insieme ai profughi che lasciano le
loro case minacciate o occupate dalle truppe austriache
Guido Cervo (Bergamo, 1952), insegnate di scuola superiore, è autore di romanzi storici. I
suoi romanzi sono il frutto di ricerche storiche approfondite, che contribuiscono alla
ricostruzione di affascinanti ambientazioni e scenari, teatro di eventi e riguardanti importanti
personaggi storici.
1913. L’anno prima della tempesta di Florian Illies – Marsilio, 2013
L’aurore si pone l’obiettivo di raccontare la Storia e le sue storie attraverso
i ritratti dei personaggi, l’uso dell'aneddoto, lo stile fluido e il libro è un
combinato tra il saggio, il romanzo storico e la biografia.
1913 è un anno cruciale per la storia del secolo scorso durante il quale
musicisti, artisti, letterati, filosofi unirono le loro forze in un massimo
sforzo creativo e costruttivo, come se, atterriti all’idea di un ciclone che
tutto avrebbe distrutto, sentissero il bisogno di creare.
Florian Illies (Germania, 1971) storico dell’arte, giornalista, fondatore della rivista d’arte
“Monopol”.
La caduta dei giganti di Ken Follett (traduzione di Colombo, Pavese,
Lamberti, Scarabelli) – Mondadori, 2010
Primo capitolo della Trilogia del secolo , La caduta dei Giganti racconta le
vicende di cinque famiglie (gli americani Dewar, i gallesi Williams, i nobili
inglesi Fitzherbert, i russi Peskov e i tedesci Von Ulrich) attraverso
avvenimenti storici come la prima guerra mondiale, la rivoluzione russa, la
lotta per il diritto di voto alle donne e le battaglie sindacaliste degli operai,
abbracciando il periodo che va dall’incoronazione di Re Giorgio V nel 1911 al gennaio 1924.
Mentre le vicende personali dei protagonisti si incrociano emergono nettamente le divisioni
culturali e le visioni del mondo derivate dall’appartenenza a classi sociali e nazionalità
differenti.
Ken Follett (Cardiff - UK, 1949) scrittore britannico i suoi romanzi spaziano dal genere storico
(I pilastri della terra e Mondo senza fine), al giallo (La cruna dell’ago, L'uomo di Pietroburgo e
altri), al fantascientifico (Il martello dell’Eden e Il terzo gemello). La trilogia del Secolo
comprende La caduta dei giganti, L'inverno del mondo e I giorni dell'eternità.
1915 – 1918. La guerra sugli Altipiani. Testimonianze di soldati al
fronte a cura di Mario Rigoni Stern – Neri Pozza, 2000
Questa opera è una raccolta antologica composta da memorie e romanzi di
scrittori e diaristi
italiani e tedeschi, ambientati sui teatri della prima
guerra mondiale degli altipiani del Nord-Est. In questi luoghi rimangono
ancora i segni nella natura e nel paesaggio che testimoniano uno dei
periodi storici più cupi dell’Europa.
Il lettore potrà leggere testimonianze di grandi e anche ottimi scrittori
(come Gadda, Lussu, Stuparich, Jahier, Musil, Weber), di semplici cittadini, di qualche storico
che descrisse i fatti appena avvenuti, di qualche generale che aveva responsabilità di
comando. Il volume contiene numerose mappe e foto panoramiche d’epoca.
Mario Rigoni Stern, (Asiago, 1921 – 2008), è stato uno dei maggiori autori della letteratura
italiana del ‘900. Ha combattuto durante la Seconda Guerra Mondiale sui fronti della Grecia,
dell’Albania e dell’Unione Sovietica. Fu fatto prigioniero dai tedeschi e deportato in un campo di
concentramento
nella
Prussia
Orientale,
dove
rimane
prigioniero
rifiutando,
come
la
maggioranza dei militari italiani catturati dai nazisti, di ottenere la libertà in cambio
dell'arruolamento nelle forze armate della Repubblica sociale italiana. Dopo la liberazione del
campo durante l'avanzata dell'Armata Rossa verso il cuore della Germania, rientrò a casa a
piedi attraversando le Alpi, dopo due anni di prigionia, il 5 maggio 1945. I suoi romanzi più
importanti sono ispirati alla sua esperienza militare e di uomo di montagna.
Due colpi di pistola, dieci milioni di morti, la fine di un mondo.
Storia illustrata della Grande Guerra di Emilio Gentile – Laterza, 2014
I due colpi di pistola sparati nel giugno 1914 alla fine del conflitto
causarono 10 milioni di morti, la fine di un mondo, una «pace senza
pacificazione».
La Grande Guerra è stata una guerra di massa che coinvolse Stati, eserciti
e popolazione civile, che ha modificato economie e sistemi politici e
accusato un vuoto geo-politico con la scomparsa dopo il 1918 di quattro
grandi imperi: ottomano, russo, austro-ungarico, tedesco. La latente voglia di rivincita,
disordini sociali e, come sosteneva Annah Arendt, fu «levatrice» del totalitarismo.
Eppure questa guerra non era totalmente inevitabile, come lo stesso Gentile sottolinea
nell’introduzione al suo lavoro. Non fu inevitabile per fatalità, ma non esplose neppure per
caso, anche se il caso ebbe la sua parte. Fu decisa da uomini che avevano il potere di scegliere
fra la pace e la guerra. E scelsero la guerra». Su ogni decisione influirono circostanze che
spesso sfuggirono al controllo della ragione e che pertanto ebbero conseguenze «imprevedibili,
terribili e irreversibili».
La regione dei Balcani fu la polveriera del conflitto, un micro mondo che rifletteva uno più
grande, con tutte le sue contraddizioni: dai conflitti etnici al nazionalismo, dalla stanchezza
degli antichi imperi alle pretese espansionistiche di piccoli Stati.
La mobilitazione degli eserciti e le successive dichiarazioni di guerra portarono gran parte delle
popolazioni a calarsi nel conflitto, alcune in maniera entusiasta, mentre la maggioranza lo fece
invece rassegnata come contadini, operai, piccoli artigiani e commercianti.
La propaganda ebbe un ruolo determinante nella mobilitazione patriottica-nazionale. Sui vari
fronti vissero e morirono milioni di soldati, sperimentando anche rapporti sociali diversi da
quelli da cui provenivano che andarono a costruire una comunità di guerra. Le nazioni
imperialiste mobilitarono in questo sforzo anche le proprie colonie africane e asiatiche
Si colse l’occasione per creare il “nemico interno” (vedi la vicenda del popolo armeno).
Emilio Gentile (Bojano, 1946) storico italiano, allievo di Renzo De Felice, è docente di storia
contemporanea all'Università La Sapienza di Roma, collabora a giornali e riviste. Ha insegnato
in Australia, Francia e Stati Uniti. Molti dei suoi libri sono stati tradotti in diverse lingue. I suoi
studi riguardano la storia contemporanea, la nazione, il totalitarismo, il pensiero mitico, le
religioni della politica, l’ideologia e le istituzioni fasciste.
’14 di Jean Echenoz (traduzione di G. Pinotti) – Adelphi, 2014
Echenoz narra la spensieratezza con cui 5 giovani ragazzi della campagna
francese, inconsapevoli e incapaci di immaginare ciò che li attende,
partono per la guerra. Lo zaino che si appesantisce sempre più, poi la
pioggia battente. I primi combattimenti. Poi un indicibile crescendo di
orrore: le trincee, il freddo, le granate, le pulci, la carne maciullata, i topi, i
corpi purulenti, le mosche … tutto ciò che spinge disperatamente il soldato
a cercare “la buona ferita” (un braccio reciso di netto): La ferita che lo
strapperà all’inferno.
Jean Echenoz (Orange - Francia, 1947) è uno scrittore francese. In Italia sono stati pubblicati
i suoi romanzi: Cherokee, La spedizione Malese, Noi tre, Le biondone, Un anno, Me ne vado, Il
mio editore, Al pianoforte, Ravel, Correre, Lampi.
Il Piave di Fortunato Minniti – Il Mulino, 2000
Il Piave è stato per tre generazioni il simbolo della patria e il protagonista di
una leggenda. E la sua storia è indissolubilmente legata a quella della Prima
Guerra Mondiale e di Caporetto, e dopo Caporetto
sul Piave comincia, in
tutta fretta, l' organizzazione della resistenza. Come fu possibile un
rovesciamento di attitudini e di morale così netto, in così poco tempo, negli
stessi uomini che erano stati messi in fuga? Diaz seppe trattare i soldati più umanamente di
Cadorna? I suoi generali s' impegnarono a fondo?Gli alleati mandarono alcune divisioni? La
lezione di Caporetto fu un colpo di frusta per lo stato maggiore, per le industrie e per la classe
politica? Questo sono gli interrogativi che pone l’autore.
Ma il fattore decisivo fu morale e psicologico. Il Piave non era l' Isonzo: era percepito come la
porta di casa. Fu teatro di tre storiche battaglie la prima nel novembre 1917, la seconda, la
battaglia
del
Solstizio,
nel
giugno
1918
e
l’ultima
quella
di
Vittorio
Veneto
nell’ottobre/novembre 1918. Ne avemmo la conferma sei mesi dopo, in giugno, quando gli
austriaci e i tedeschi lanciarono una nuova offensiva. La battaglia del Solstizio durò dal 15 al
24 giugno 1918 e si concluse con la vittoria dei difensori. La gente, in molte città, scese in
piazza per manifestare la sua gioia. Si compose una canzone, «La leggenda del Piave», al
tempo stesso melodica e marziale, che divenne da quel momento, secondo Mario Isnenghi,
una «piccola Marsigliese di governo e di popolo».
Fortunato Minniti (Roma, 1946), docente universitario di storia contemporanea, si è
occupato di storia militare italiana con riferimento alla politica militare degli anni Settanta e
Ottanta dell’Ottocento; ai programmi di riarmo e alla strategia operativa delle forze armate
negli anni del Fascismo; ad un luogo della memoria della Grande Guerra, il Piave. Studia
attualmente l’impatto culturale del volo nel mondo fino alla Grande Guerra, anche in
riferimento all’impiego militare degli aerei.
Ci rivediamo lassù di Pierre Lemaitre (traduzione di S. Ricciardi) –
Mondadori, 2014
Al termine della prima guerra mondiale, precisamente il 2 novembre 1918,
due soldati provenienti da due classi sociali differenti scoprono il loro
tenente, un aristocratico arrivista che vuole guadagnarsi il grado di
capitano, ha intenzione di lanciare un’ultima offensiva facendo credere che
i tedeschi hanno ucciso due loro compagni esploratori. Si saprà in seguito
che i due soldati sono stati uccisi proprio dallo stesso tenente. Durante
l’offensiva i due protagonisti vengono seriamente feriti. Nel dopoguerra escogiteranno una
frode ai danni dello stato vendendo monumenti ai caduti.
Pierre Lemaitre (Parigi, 1951) sceneggiatore e scrittore, prima di dedicarsi alla scrittura è
stato insegnante di tecniche di comunicazione e di letteratura per bibliotecari. Tra i suoi
romanzi più conosciti troviamo: L'abito da sposo e Lavoro a mano armata.
Non tutti i bastardi sono di Vienna di Andrea Molesini - Sellerio, 2010
Paolo Spada, orfano diciassettenne di nobili origini nativo di Refrontolo, un
paesino situato vicino al Piave, assiste e descrive in tutta la loro cruda
verità gli orrori del primo conflitto mondiale durante la fase più delicata
(novembre 1917 – ottobre 1918): le estemporanee impiccagioni di piazza,
gli episodi di violenza nei confronti delle donne. Paolo, dopo essere stato a
lungo un osservatore distante dagli orrori, decide di impegnarsi nella lotta
contribuendo all’attività di spionaggio contro l’Impero austro–ungarico.
Andrea Molesini (Venezia, 1954) è uno scrittore, poeta, traduttore italiano.
Hemingway e il ragazzo che suonava la tromba di Luisa Mattia Piemme , 2014
La Prima guerra mondiale era scoppiata e il padre del sedicenne milanese
Benni era stato arruolato nell’aviazione italiana. Anche Benni sogna
l'aviazione e falsificando i documenti, si presenta come volontario e viene
assegnato alla banda musicale della fanteria a Fossalta di Piave. Il fronte è
lontano, ma è qui che il ragazzo conosce Ernest Hemingway, un giovane
americano che guida la jeep della Croce Rossa e che lo aiuterà a scrivere
una serenata per conquistare Emilia, la ragazzina di cui si è perdutamente innamorato.
Un giorno però Hemingway non torna al campo e Benni, armato solo della sua tromba, si
avventura sulla linea di fuoco per cercarlo.
Luisa Mattia (Roma, 1953) oltre a scrivere libri per ragazzi, è autrice per il teatro e per la
televisione. Ha vinto il Premio Andersen Miglior Scrittore 2008.
La vittoria senza pace. Le occupazioni militari italiane alla fine
della Grande Guerra (a cura di Raoul Pupo con i contributi di G.
Caccamo, A. Di Michele, R. Pupo) – Laterza, 2014
Dopo la Grande Guerra, l’Italia cercò di ritagliarsi un ruolo centrale nella
definizione dei nuovi rapporti di forza sugli scenari europei
Nel libro viene analizzata la presenza dell’Italia in Austria e nelle province
occupate di Trento e Bolzano, le occupazioni delle zone da Trieste e la
Venezia Giulia fino a Fiume e alla Dalmazia e infine le spedizioni “minori”, a
cominciare dall’Albania fino all’occupazione del Dodecanneso. La gestione della politica estera
italiana mirava a ritagliarsi un proprio spazio nei nuovi assetti mondiali, con le improvvisazioni
dei comandi militari dislocati nelle terre occupate che spesso agivano in autonomia addirittura
contro gli interessi del governo di Roma. In politica estera l’Italia postbellica non dimostrò di
essere tollerante e generosa, capace di
garantire alle nuove
minoranze linguistiche
un’integrazione rispettosa dei propri diritti nazionali.
La commedia di Charleroi di Pierre Drieu la Rochelle (traduzione di A.
Scarpellini) – Fazi, 2014
La commedia di Charleroi, raccolta di 6 racconti, parla delle trincee francesi
della Prima Guerra Mondiale e del male dentro nelle persone.
Nel primo racconto che dà il titolo al libro, la protagonista è una anziana
donna della buona borghesia francese che si reca a Charleroi per
commemorare e visitare il luogo dove il figlio morì in guerra. Ma la signora
si dimostra più interessata alle celebrazioni del coraggio, della gloria e
dell’onore che alle sofferenze e alle angosce del figlio.
Pierre Drieu la Rochelle ( Parigi, 1893 - 1945) scrittore e intellettuale francese, volontario
della prima guerra mondiale, collaborazionista dei nazisti. Arrestato dopo la liberazione, morì
suicida.
Storia di Tönle di Mario Rigoni Stern – Einaudi,1978
Tönle Bitarn, contrabbandiere costretto alla latitanza, si adatta a piccoli lavori
trovati nel suo girovagare per l’Europa di fine Ottocento e d’inverno, di
nascosto dalla autorità ritorna alla sua casa sull’altopiano di Asiago.
Nel 1904 ottiene l’amnistia e ritorna al suo antico lavoro di pastore. Ma presto
arriva la guerra e il suo paese si riempie di soldati. Tönle rifiuta di lasciare la
sua casa quando la popolazione viene fatta evacuare.
Pattuglie di soldati perlustravano la zona, a volte erano tedeschi, a volte italiani ma il vecchio
riusciva sempre ad evitarli, riusciva persino a passare la notte nel suo letto. Ma un giorno gli
austriaci lo catturarono e con l’accusa di spionaggio lo spedirono al campo di concentramento
di Katzenau dal quale riuscì a fuggire per essere ripreso quasi immediatamente. Ritornato a
casa sui suoi monti, trova che tutto è stato distrutto e tristemente si avvia verso la pianura
dove si erano rifugiati tutti, compresi i suoi famigliari che in realtà lo stavano ancora cercando.
Tönle muore sotto un ulivo.
Mario Rigoni Stern, (Asiago, 1921 – 2008), è stato uno dei maggiori autori della letteratura
italiana del ‘900. Ha combattuto durante la Seconda Guerra Mondiale sui fronti della Grecia,
dell’Albania e dell’Unione Sovietica. Fu fatto prigioniero dai tedeschi e deportato in un campo di
concentramento
nella
Prussia
Orientale,
dove
rimane
prigioniero
rifiutando,
come
la
maggioranza dei militari italiani catturati dai nazisti, di ottenere la libertà in cambio
dell'arruolamento nelle forze armate della Repubblica sociale italiana. Dopo la liberazione del
campo durante l'avanzata dell'Armata Rossa verso il cuore della Germania, rientrò a casa a
piedi attraversando le Alpi, dopo due anni di prigionia, il 5 maggio 1945. I suoi romanzi più
importanti sono ispirati alla sua esperienza militare e di uomo di montagna.
La Cripta dei Cappuccini di Joseph Roth (traduzione di L. Terreni) –
Adelphi, 2002
Alla caduta dell'Impero Asburgico, l'unica cosa in cui credeva veramente,
e dopo aver combattuto e aver subito i rigori della prigionia, il nobile Trotta
si sente perso e sconfitto. Trotta è l’ incarnazione di quella
nobiltà filo-
imperiale che dopo la sconfitta nella Prima Guerra Mondiale si sente
smarrita, persa, impaurita e sconfitta. L'unica cosa che può fare e recarsi
alla Cripta dei Cappuccini dove sono sepolti gli imperatori austriaci, e
chiedersi smarrito "dove devo andare, ora, io, un Trotta?.."; in questa domanda è racchiusa la
presa di coscienza di una generazione, di un ceto, di una nazione
Joseph Roth (Brody, Ucraina, 1894 – Parigi, 1939) scrittore e giornalista austriaco di origine
ebrea. Determinante fu per Roth l’esperienza della Prima guerra mondiale, con il conseguente
crollo dell'Impero Austro-Ungarico. All'inizio assunse una posizione pacifista ed era stato
valutato inabile al servizio militare. In seguito, nel 1916, si arruolò volontario nel 21º
battaglione di fanteria, quidi fu mandato alla 32ª divisione in Galizia e fino alla fine della
guerra, fu assegnato al servizio stampa nella zona di Leopoli. Nel 1933, all’avvento del Terzo
Reich, Roth si trasferì a Parigi e i suoi libri furono dati alle fiamme. I temi delle opere di Roth
sono la perdita della Patria (La marcia di Radetzky e La Cripta dei Cappuccini), la grazia divina
(La leggenda del santo bevitore) e le radici ebraiche (Il Leviatano e Giobbe).
La Grande Guerra di Mario Isnenghi – Giunti, 2002
Cinque agili e chiari capitoli che raccontano cronologicamente le cause,
gli scenari, la geografia, le azioni politiche e militari, le economie delle
nazioni coinvolte, le tecnologia belliche, il fronte interno, i mutamenti
sociali, la propaganda, la vita dei soldati, gli sconvolgimenti e le atrocità
e, infine, la fine e la memoria della Grande Guerra.
Mario Isnenghi (Venezia, 1938) docente universitario di storia contemporanea, la sua ricerca
spazia dalla Grande Guerra, al fascismo, dai conflitti fra le memorie, alla soggettività ed al
discorso pubblico. Le sue numerose pubblicazioni sui predetti temi sono considerate punti fermi
dalla storiografia contemporanea.
Lettere di prigionieri di guerra italiani. 1915 – 1918 di Leo Spitzer –
Bollati Boringhieri, 2014
Prestando servizio dal 1915 al 1918 all’Ufficio di censura austriaco di
Vienna, Spitzer venne a contatto con un immenso numero di lettere scritte
in italiano da prigionieri, internati, disertori e, più raramente, soldati
italiani o italo-austriaci e ne comprese subito il valore documentario. Al
giovane studioso di linguistica non poteva sfuggire lo spessore di
quell’esercizio calligrafico che molti prigionieri appartenenti alla classe
popolare stavano realizzando, per la prima volta, spinti dalla drammatica
condizione della guerra e della prigionia. L’autore analizza le lettere, le sceglie, le ordina, le
cataloga per temi, ne ritaglia i brani tematicamente più significativi e, procedendo oltre la
superfice del testo, coglie il carattere di un’italianità efficacemente intuita.
L’elemento omologante della guerra permette a Spitzer di procedere con un’indagine tipologica
del materiale selezionato e avviare così la sua indagine documentaria sulla ‘psicologia’ del
popolo italiano.
Nei ventiquattro capitoli della raccolta si percorrono temi chiave della letteratura di guerra, e si
ritrovano le principali categorie di cui più tardi la critica letteraria e la storiografia si sarebbero
servite copiosamente per cercare di comprendere il conflitto bellico.
Dopo le considerazioni iniziali riguardanti la lingua, l’ortografia, le formule di apertura e saluto,
compaiono i temi della lontananza, del ricordo, dell’attesa della pace, del sogno, della
fotografia, della famiglia, dei compagni di prigionia, della rassegnazione, della religiosità, della
fame, del patriottismo ecc.
Leo Spitzer (Vienna,
1887 – Marina di Pietrasanta, 1960) è stato un linguista e critico
letterario austriaco, considerato il massimo esponente della critica stilistica.
In seguito alle
persecuzioni contro gli ebrei fu costretto a rifugiarsi in Turchia e in seguito negli Stati Uniti
dove continuò l'insegnamento. Dal 1946 fu socio corrispondente dell'Accademia della Crusca.
I
sonnambuli.
Come
l’Europa
arrivò
alla
Grande
Guerra
di
Christopher Clark – Laterza, 2014
Lo studio di Clark sulle cause e condizioni dello scoppio della Prima Guerra
Mondiale mette in discussione l'imputazione, finora ampiamente accettata,
di un particolare "colpa di guerra" da imputare all’Impero tedesco. Nel libro
troviamo una dettagliata mappatura del complesso meccanismo di eventi e
errori di valutazione che hanno portato alla guerra. Nel 1914 la guerra non
era inevitabile.
I rischi insiti nelle strategie perseguite dai vari governi
coinvolti erano stati corsi in altre occasioni senza conseguenze catastrofiche.
Christopher
Clark
(Sydney,
1960)
è
uno
storico,
docente
universitario
di
storia
contemporanea europea.
1914. Come la luce si spense sul mondo di ieri di Margaret Macmillan
– Rizzoli, 2013
“La luce si sta spegnendo su tutta Europa e non la vedremo più
riaccendersi nel corso della nostra vita": sir Edward Grey, segretario di
Stato inglese per gli Affari esteri, percepì con chiarezza le dimensioni della
crisi che nel giro di pochi giorni, di poche ore, avrebbe portato il continente
europeo sull'orlo della catastrofe. Ma lo scoppio del conflitto, nell'agosto
1914, non fu che l'ultima maglia di una lunga catena di eventi, il momento
che racchiuse - comprimendole - inquietudini e aspirazioni di un'epoca intera. Insieme ai
profondi mutamenti sociali, culturali e tecnologici che trasformarono la natura della civiltà
europea tra Ottocento e primo Novecento, l'autrice ripercorre gli antefatti, le tensioni
accumulate, le scelte contingenti, spesso dovute a fraintendimenti, debolezze, ripicche tra
politici e generali: il risultato è una ricostruzione, capillare e brillante, di un'ora fatale
dell'umanità.
Margaret
Macmillan
(Toronto,1943)
docente
universitaria
e
storica
delle
relazioni
internazionali, il suo lavoro di ricerca è concentrato sulla storia dell’Impero britannico.
Studiosa delle vicende della Prima Guerra Mondiale, Macmillan ha elaborato una teoria sulle
condizioni storicho-economico-politiche che preludono allo scoppio dei conflitti
Le due battaglie dell’Atlantico. La guerra subacquea, 1914-18 e
1939-45 di Antonio Martelli – Il Mulino, 2015
I sommergibili sono stati protagonisti di entrambe le guerre mondiali. Nel
1917, al culmine dell'offensiva subacquea tedesca, il siluramento del
mercantile americano Atzec ad opera di un U-Boot diede agli Stati Uniti la
spinta decisiva a entrare nella prima guerra mondiale. E, nella seconda, il
gigantesco duello che si svolse in Atlantico fra gli U-Boote e le marine
britannica, americana e canadese fu l'episodio centrale del conflitto, quello che ne determinò
l'esito. L'autore mette a fuoco l'impiego massiccio che la Germania fece dei sommergibili nella
Grande Guerra per forzare il blocco marittimo dell'Intesa, poi descrive come fu ricostituita la
flotta subacquea nel Terzo Reich, infine tratteggia l'epico scontro che vide impegnate la flotta
navale tedesca e le forze navali alleate fra il 1939 e il 1945.
Antonio Martelli (Milano, 1936), cultore di storia economica e militare,
ha insegnato
programmazione aziendale ed è stato direttore della Scuola di Management alla LUISS. E’ stato
docente di strategia e politica aziendale all’Università Bocconi di Milano e
ha insegnato
Economia Applicata presso l’Università degli Studi di Milano.
Uomini in guerra di Andreas Latzko (traduzione di M. Maggioni) –
Keller, 2014
Il libro, suddiviso in 6 episodi, racconta la prima linea ma anche la follia
dei soldati ricoverati, l’onnipotenza di certi generali che seduti al tavolino di
un Kaffeehaus mandano al massacro centinaia di uomini per volta e il
ritorno del contadino al paese natio dove la vita non sarà più quella di
prima perché la guerra ha lasciato sul suo volto segni indelebili. È un grido
di denuncia nei confronti della guerra, di una forza straordinaria, che creò non pochi problemi
all’autore. Lo scrittore e giornalista austriaco Karl Kraus, scrisse a proposito di Uomini in guerra
“Un grido e una testimonianza importante sulla Grande Guerra e sull’umanità”.
Andreas Latzko (Budapest, 1876 – New York, 1943) giornalista, scrittore e biografo, nel
mese di agosto 1914, all'inizio della Grande Guerra, fu richiamato nell’esercito della Imperiale
e Reale Wehrmacht d'Austria-Ungheria. Con il grado di ufficiale fu inviato al fronte sul fiume
Isonzo. Si ammalò di malaria ma fu congedato solamente a causa di un grave shock subito
durante un pesante attacco di artiglieria italiano vicino Gorizia. A Davos, dove fu ricoverato per
otto mesi, scrisse il libro denuncia Uomini in guerra. Questo libro è stato censurato in stati
europei. Latzko, ebreo e pacifista, per sfuggire alle persecuzioni naziste e al rogo del suo libro
emigrò negli Stati Uniti
Orizzonti di gloria di Humphrey Cobb (traduzione di G. Proietti) Castelvecchi, 2014
Il romanziere canadese Humphrey Cobb basò il suo romanzo su un evento
avvenuto durante la Prima Guerra Mondiale: cinque soldati dell’esercito
francese
furono
ingiustamente
fucilati
per
ammutinamento,
per
nascondere brutalmente il fallimento di un’impresa bellica. I famigliari delle
vittime citarono in giudizio, per questo, l’esercito francese: il tribunale, pur
riconoscendo le loro ragioni, concesse un risarcimento di un franco a
vedova. Cobb, colpito dall’assurdità della vicenda, scrisse questo romanzo che si ispira
liberamente all’episodio storico. Gli alti gradi dell’esercito francese ordinarono di attaccare una
roccaforte tedesca, con l’imperativo categorico della vittoria. Il micidiale fuoco tedesco impedì
a una parte delle truppe perfino di uscire dalle trincee. La prevista disfatta si verificò. Furono
scelti tre uomini per essere giudicati dalla corte marziale con l’accusa di codardia. Durante il
dibattimento processuale emersero due figure: quella di un ufficiale coraggioso, che difese allo
spasimo i suoi soldati, e quella di un ufficiale fanatico, che pretese l’esecuzione dei tre soldati.
“Orizzonti di Gloria” fu censurato in Francia fino al 1976, per “diffamazione dell’alto comando
francese”.
Humphrey Cobb (Siena, 1899 – New York, 1944) è stato uno sceneggiatore e romanziere
canadese.
Orizzonti di Gloria (Paths of Glory), romanzo scritto nel 1935, fu adattato per il grande
schermo nel 1957 da Stanley Kubrick.
Combatté nell'esercito canadese per tre anni durante la prima guerra mondiale. Visse i suoi
ultimi anni negli Stati Uniti.
La patria ferita. I corpi dei soldati italiani e la Grande Guerra di
Barbara Bracco – Giunti, 2012
Il libro è dedicato ai soldati feriti e mutilati – quasi mezzo milione, in base
alle pensioni per danni fisici o psichici permanenti – della Grande Guerra.
Al corpo menomato viene attribuito un significato edificante perché la
“parte mancante” è stata offerta alla Patria. Pertanto i mutilati e feriti di
guerra hanno diritto a essere curati, assistiti anche finanziariamente e
riavviati al lavoro. I mutilati di guerra si costituiscono in associazione e nel
corso del tempo rivendicano diritti civili e politici. Apparati medici, giuridici ma anche pittori e
scrittori delle avanguardie futuriste scoprono un nuovo filone di studio e lucro.
Barbara Bracco (Perugia, 1965) insegna Storia contemporanea all'Università Milano-Bicocca.
Si è occupata prevalentemente di storia italiana con speciale attenzione alla Grande guerra. Ad
essa ha guardato da varie angolazioni: dalla costruzione delle memorie e degli immaginari
popolari alla violenza bellica e al corpo dei soldati. È autrice di Memoria e identità dell'Italia
nella Grande Guerra. L'Ufficio storiografico della mobilitazione 1916-1926 (Unicopli, 2002).
La Scintilla. Da tripoli a Sarajevo: come l’Italia provocò la prima
guerra mondiale di Franco Cardini e Sergio Valzania – Mondadori, 2014
Secondo i due autori, la “scintilla” del conflitto sarebbe da individuarsi
nell’attacco italiano alla Libia, avvenuto nel settembre 2011, e la relativa
facilità con la quale l’impero ottomano fu sconfitto dall’Italia, all’epoca non
certo considerata una potenza militare di prima grandezza, spinse i piccoli
stati balcanici ad affrancarsi dall’egemonia turca, dando origine a una serie
di conflitti il cui ultimo episodio fu l’attentato di Sarajevo. Le guerre balcaniche contribuirono
allo scoppio della Grande Guerra perché confermavano l’assunto che le guerre moderne
avrebbero avuto breve durata dato l’apporto che le tecnologie fornivano al massacro degli
eserciti.
Franco Cardini (Firenze, 1940)
storico e saggista italiano, è autore di numerosi saggi sul
medioevo e le crociate.
Sergio Valzania (Firenze, 1951) è giornalista, autore televisivo e docente universitario di
lettere.
Il sale della terra di Jozef Wittlin (traduzione e cura di S. De Fanti) –
Marsilio, 2014
Il romanzo è ambientato sul fronte orientale della Grande Guerra dove
avveniva lo scontro fra i due imperi centrali e la grande Russia e
precisamente nella Galizia orientale, quel territorio fra le attuali Polonia e
Ucraina dove vivevano ebrei, ucraini, polacchi, ungheresi, cechi, slovacchi,
rumeni, armeni. La guerra guerreggiata, il fango delle trincee, i corpi
macellati
dei
soldati
restano
come
sullo
sfondo;
si
sentono
i
cannoneggiamenti del fronte, a volte tremano i vetri delle finestre mentre il protagonista, un
aiuto capostazione polacco, vive la sua storia minima da impiegato imperial-regio.
E sarà proprio la burocrazia che si prenderà in carico il suo corpo per prepararlo al macello.
Jozef Wittlin (Dymitrów, Polonia, 1896 – New York, 1976) poeta, critico letterario e scrittore
ebreo. Emigrò negli Stati Uniti alla vigilia dello scoppio della Seconda guerra mondiale.
Come cavalli che dormono in piedi di Paolo Rumiz – Feltrinelli, 2014
Durante la Prima Guerra Mondiale, soprattutto in Galizia, gli italiani di
Trento e Trieste furono chiamati a combattere come sudditi dell’impero
austroungarico contro quell’Italia che dal 1918 in poi sarebbe diventata la
loro nuova patria.
Rumiz, in treno e a piedi, intraprende un lungo itinerario che inizia dal
fronte italiano, dall’Ortigara, il Pasubio, il Grappa, il San Michele, il
Sabotino, montagne in cui morirono,
fra italiani e austriaci, più di
quattrocentomila soldati e procede in Austria, Polonia, Russia e Ucraina. L’obiettivo è quello di
ritrovare le tracce di quei triestini, istriani, trentini “che prima di essere ribattezzati
italianissimi, sono stati nemici”. Il nonno di Rumiz aveva combattuto nel 97 reggimento, il
Sieben und Neunziche; i suoi commilitoni, a guerra finita, al ritorno dal fronte o dalla prigionia
in Russia, furono non solo diffidati dai carabinieri a raccontare ciò che avevano vissuto ma
addirittura spediti in campi di rieducazione nell’Italia del centro sud: dopo essere stati troppo
italiani per gli austriaci erano diventati troppo austriaci per gli italiani.
Paolo Rumiz (Trieste, 1947) è un giornalista, scrittore. Inviato sui teatri di guerra della ex
Jugoslavia e in Afghanistan, ha tratto ispirazione dai numerosi viaggi in Italia ed Europa per
scrivere libri come “La leggenda dei monti naviganti”, “La cotogna di Istanbul”, “Morimondo”
Plotone di esecuzione. I processi della prima guerra mondiale di
Enzo Forcella e Alberto Monticone – Laterza, 2014
Su circa 5 milioni e 200 mila soldati combattenti ci furono, tra il 1915 e il
1918, 870 mila denunce all'autorità giudiziaria. Su 350 mila processi, le
sentenze di condanna furono 210 mila. Tra i reati, oltre alla renitenza di
un grande numero di emigrati, si elencano esempi di; diserzioni, di
mutilazioni volontarie, una canzone antimilitarista e una lettera considerata
disfattista. Le condanne a morte furono 4028, quelle all'ergastolo più di 15
mila. Emerge dalle ricostruzioni degli autori come la grande massa dei disubbidienti disse di no
alla guerra per paura: dalle sentenze escono storie di contadini, di manovali, di sottoproletari
analfabeti mandati al massacro senza nessuna coscienza e senza nessuna idea di nazione che
fanno capire come la guerra e' la condizione più disumana dell'uomo. E La paura di quei soldati
rimbalzava sulle corti marziali che reagivano più con la ferocia della debolezza che con la forza
della ragione
Enzo Forcella (Roma, 1921 – 1999) scrittore, giornalista, sceneggiatore e storico italiano.
Collaborò con La Stampa e Il Giorno. Fu tra i fondatori de La Repubblica.
Alberto Monticone (Sommariva Perno, 1931) politico, docente universitario e storico italiano,
ha scritto saggi di Storia della Chiesa, sulla prima guerra mondiale, sul pauperismo e sulla
radio nel periodo fascista.
L’apocalisse della modernità. La grande guerra per l’uomo nuovo di
Emilio Gentile – Mondadori, 2008
L’autore analizza un periodo storico compreso tra il 1870 (epoca della
guerra franco-prussiana) e il primo dopoguerra anni in cui ebbero origine i
totalitarismi
Prima
nell’ambivalenza
del
conflitto
mondiale
la
società
viveva
tra la sincera fiducia nel progresso e una latente
aspettativa apocalittica alimentata da continue profezie di guerra dove gli
uomini,
secondo
alcune
teorie
filosofiche,
avrebbero
trovate
la
“rigenerazione”
Emilio Gentile (Bojano, 1946) storico italiano, allievo di Renzo De Felice, è docente di storia
contemporanea all'Università La Sapienza di Roma, collabora a giornali e riviste. Ha insegnato
in Australia, Francia e Stati Uniti. Molti dei suoi libri sono stati tradotti in diverse lingue. I suoi
studi riguardano la storia contemporanea, la nazione, il totalitarismo, il pensiero mitico, le
religioni della politica, l’ideologia e le istituzioni fasciste.
Sitografia
www.14-18.it
Durante la Prima Guerra Mondiale si assistette ad una straordinaria produzione di materiali
documentari diversi: dalle fotografie alle cartoline; dai giornali di trincea ai manifesti; dai
fascicoli riguardanti i singoli caduti ai volantini di propaganda; dagli spartiti musicali ai diari e
alle lettere. Il sito è costituito da un grande archivio di immagini di interesse storico per la
conoscenza e la valorizzazione di collezioni possedute da istituzioni diverse tra cui archivi,
musei, biblioteche. Si consultano i contenuti esposti in forma unitaria e con semplici
suddivisioni tipologiche.
www.grandeguerra.rai.it
E' il portale realizzato dalla Rai in occasione del centenario della Prima Guerra Mondiale. Video,
foto, testimonianze, conservato nelle Teche e negli archivi della Rai.
www.centenario1914-1918.it
(Presidenza del Consiglio dei Ministri - Struttura di Missione per gli anniversari di interesse
nazionale)
Sul sito tutte le iniziative culturali collegate al Bando Grande Guerra.
www.novecento.org/.../la-grande-guerra-musei-e-mostre-sul-web
Nel sito sono riportati le url di altri siti dei musei storici che affrontano il tema della "Grande
Guerra". L'articolo propone una sitografia allargata ai principali musei in Inghilterra, Francia,
Germania e Italia, allargata ad alcune mostre dedicate alla prima guerra mondiale. Alcuni siti
offrono anche l’accesso a consistenti archivi di risorse documentali digitalizzate.
www.cimeetrincee.it/
Il sito offre testimonianze, bibliografie, fotografie moderne, mappe e descrizioni degli itinerari
dei luoghi dove si è combattuto in Italia durante la prima guerra mondiale.
www.cadutigrandeguerra.it
Sul sito l'Albo d'Oro dei Caduti della Grande Guerra.
www.primaguerra.it
Nel sito viene riportata una selezione di Siti Amici sempre in aggiornamento.
www.artegrandeguerra.it
L'associazione culturale Arte Grande Guerra lavora al recupero di immagini e testi, prediligendo
le testimonianze che utilizzano le forme dell’arte (oli, disegni, acquarelli, incisioni e litografie
eseguiti in gran parte direttamente al fronte).
www.itinerarigrandeguerra.it
Una guida ricca di informazioni sui luoghi della Prima Guerra Mondiale in Friuli Venezia Giulia,
Trentino Alto Adige, Veneto e
Lombardia: escursioni sui luoghi di battaglia, monumenti,
musei, eventi storici e curiosità.
www.difesa.it/Area_Storica_HTML/IGuerraMondiale
Pagine del sito del Ministero della Difesa dedicata al progetto ”Memoriale della Grande Guerra”
www.ana.it/pagine/gli-alpini-per-il-centenario.dot
Sito dedicato al progetto pluriennale dal titolo: “Sulle nude rocce, sui perenni ghiacciai…”. Dalla
storia al mito. Gli Alpini nella Grande Guerra” ideato dal Centro Studi Ana (Associazione
Nazionale Alpini
Filmografia
(DVD presenti nel circuito bibliotecario)
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I quattro cavalieri dell'Apocalisse (The Four Horsemen of the Apocalypse, 1921), regia
di Rex Ingram
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Arsenale (Арсенал, 1929, URSS), regia di Aleksandr Dovženko
All'ovest niente di nuovo (All Quiet on the Western Front, 1930), regia di Lewis
Milestone
Mata Hari (Mata Hari, 1931, Stati Uniti), regia di George Fitzmaurice
Montagne in fiamme (Berge in flammen, 1931, Germania), regia di Luis Trenker e Karl
Hartl
Addio alle armi (A Farewell to Arms, 1932), regia di Frank Borzage
La guerra lampo dei Fratelli Marx (Duck Soup, 1933, Stati Uniti), regia di Leo McCarey
Cavalleria (1936, Italia), regia di Goffredo Alessandrini
La grande illusione (La grande illusion, 1937), regia di Jean Renoir
Vent'anni dopo (Block-Heads, 1938) regìa di John G. Blystone
Addio alle armi (A Farewell to Arms, 1957), regia di Charles Vidor
Orizzonti di gloria (Paths of Glory, 1957), regia di Stanley Kubrick
La grande guerra (1959), regia di Mario Monicelli
Lawrence d'Arabia (Lawrence of Arabia, 1962, Regno Unito), regia di David Lean
Per il re e per la patria (King and Country, 1964), regia di Joseph Losey
Il barone rosso (Von Richthofen and Brown, 1971) regìa di Roger Corman
E Johnny prese il fucile (Johnny Got His Gun, 1971, Stati Uniti), regia di Dalton Trumbo
Uomini contro (1971), regia di Francesco Rosi
Gli anni spezzati (Gallipoli, 1981), regia di Peter Weir
Il colonnello Redl (1985, Ungheria, Austria, Germania), regia di István Szabó
Asterix & la grande guerra (1989, Francia) regia Philippe Grimond
Gloria. La grande guerra (2001, Italia), regia Roberto Omegna
Una lunga domenica di passioni (Un long dimanche de fiançailles, 2004, Francia), regia
di Jean-Pierre Jeunet
Joyeux Noël (2005), regia di Christian Carion
Giovani aquile (Flyboys, 2006), regia di Tony Bill
La montagna che esplode (Explosive War, 2007, Italia) regia Marco Rosi
La grande guerra, 1914-1918. L'opera più completa sulla prima guerra mondiale (2008,
Italia)
Grande guerra. L'Italia nel primo conflitto Roma (2010, Italia) regia Nicola Caracciolo
War Horse (2011), regia di Steven Spielberg
14-18, amore e furore (2012, Italia) regia Jean-François Delassus
L'albero tra le trincee DI Paolo Rumiz regia, (Italia 2013) riprese e montaggio di
Alessandro Scillitani
Torneranno i prati (2014, Italia), regia Ermanno Olmi
The Water Diviner (2014, Australia, Turchia, USA), regia di Russell Crowe
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