Bibliografia, sitografia e filmografia sulla Prima Guerra Mondiale
by user
Comments
Transcript
Bibliografia, sitografia e filmografia sulla Prima Guerra Mondiale
LA GRANDE GUERRA 1914-18 Bibliografia della Biblioteca di Merate Con il contributo di: Irene Tapognani, Rachele Redaelli e Annalisa Vitale (classe 4 E – Istituto Statale Superiore “F. Viganò” di Merate) e di Aldo Castelli La guerra del soldato pace di Michael Morpugo (traduzione di L.A. Dalla Fontana) - Salani 2005 Siamo nel 1916 e il conflitto si è ormai trasformato in una guerra di posizione: nelle trincee si vive in condizioni disumane. A volte i soldati disobbediscono ai loro superiori, rifiutandosi di eseguire ordini assurdi. Così, nel bilancio delle perdite umane causate dalla guerra, vanno aggiunti i soldati fatti fucilare dai loro superiori con l'accusa di tradimento. A questa realtà storica si ispira la vicenda del soldato inglese Thomas Pace e di suo fratello Charles. Thomas racconta in prima persona la sua vita in una drammatica notte, trascorsa nell'attesa di un destino doloroso. Il giovane ricorda l'infanzia, i familiari e soprattutto lo stretto legame col fratello. Michael Morpurgo, (St Albans – Gran Bretagna, 1943), è uno scrittore di storie e romanzi per bambini. Dopo la laurea esercitò per circa dieci anni la professione di insegnante. Cecilia va alla guerra di Lia Levi - Piemme junior, 2007 “Le strade parevano solo un deposito di immondizia, di carri e carretti sfasciati, e poi panche rovesciate, scatole di cartone sfondate, vetri di bottiglie e di finestre […]. Non riuscivo a capacitarmi. Una città così bella e ordinata può trasformarsi in poche ore in una specie di antro dei pirati?”. Così inizia l’avventura di Cecilia, l’undicenne che, nel 1917, vive la guerra sulla propria pelle, in seguito ad alcune vicende molto strane come la scomparsa del fratello maggiore e il furto di un diario importante. Lia Levi, (Pisa, 1931) nasce in una famiglia piemontese di origine ebraica. Nel 1938 la famiglia si trasferisce a Roma, dove la scrittrice vive tuttora. Da bambina ha dovuto affrontare i problemi della guerra e della persecuzione razziale. Dopo l'8 settembre 1943 riuscì a salvarsi dalle deportazioni nascondendosi con le sue sorelle. La notte in cui la guerra si fermò di James Riordan (traduzione di L. Borgotallo) - Mondadori, 2014. Harry e Jack, due amici e aspiranti calciatori, fino a quando nelle loro vite irrompe la Prima guerra mondiale: è il 1914 e l'Inghilterra manda al fronte anche i più giovani. Così Harry e Jack diventano due soldati: combattono fianco a fianco, intorno a loro il suono incessante delle esplosioni e delle pallottole. In mezzo al campo di battaglia, però, può esserci speranza: un giorno di tregua in cui tutto tace, i soldati non sono più divisi tra amici e nemici, e al posto delle armi si usano i piedi e un pallone. È proprio Jack, quarant'anni dopo, a raccontare questa storia a suo nipote. James Riordan, (Portsmouth , Gran Bretagna, 1936 - 2012), dopo aver abbandonato gli studi lavora come barista, cameriere, impiegato delle ferrovie e musicista. Nel 1989 diventa professore di studi di russi alla Surrey University. Muore nel 2012. Il mondo senza sonno (traduzione di L. Basiglini) di Stefan Zweig - Skira, 2014 Il libro contiene quattro racconti sulla I Guerra Mondiale. Zweig ci fa rivivere in saggi brevi lo stato d’animo di un intero continente in uno dei crocevia della sua storia recente: da alcune, diffuse situazioni di conflitto personale che turbarono le coscienze, come il rifiuto di obbedire alle istituzioni del proprio Paese, di fare violenza ai propri convincimenti rispondendo alla chiamata di una guerra ritenuta ingiusta e il dramma, vissuto da non pochi, della diserzione, o il drammatico e toccante suicidio di un contadino analfabeta russo che, fuggito dal fronte di guerra in Francia, si ritrova sbandato in un paesino sul lago di Ginevra ove, nonostante l’accoglienza degli abitanti, non resiste al ricordo delle violenze vissute e alla nostalgia della famiglia. Una straordinaria e toccante ricostruzione dello stato d’animo del continente allo scoppio del conflitto è contenuta nel racconto che dà il titolo all’intero volume. Stefan Zweig, (Vienna, 1881 – Petropolis, Brasile, 1942), scrittore, giornalista, drammaturgo e poeta austriaco naturalizzato britannico, è stato uno degli scrittori più noti del Novecento. In fuga dalla leggi razziali si rifugiò in Brasile nel 1940 e vi si suicidò, insieme alla seconda moglie, nel 1942. Fuori fuoco di Chiara Carminati - Bompiani, 2014 "Quando è scoppiata la guerra, eravamo tutti contenti." Jole, tredici anni nell'estate del 1914, non ci metterà molto a capire le conseguenze di un conflitto che allontana gli uomini da casa. Separate dalla mamma, sconvolte dai bombardamenti, lei e la sorellina viaggeranno per la campagna alla ricerca di una nonna che non sapevano di avere. Da Udine a Grado, e poi in fuga dopo Caporetto, vivranno appese al desiderio di ricomporre la famiglia dispersa. Narrate dalla voce di Jole, , le loro vicende sono quelle di tutte le donne che restano fuori fuoco, lontano dal fronte, come sfumate, quasi invisibili. Tredici immagini raccontate, come di un album di famiglia, scandiscono una narrazione basata su diari, testimonianze, cronache e documenti. Chiara Carminati, (Udine, 1971), laureata in lettere moderne, si interessa in particolare di poesia per bambini e dei bambini. Si è specializzata in analisi del testo all'Università di Aix-enProvence con un'analisi dei romanzi di Daniel Pennac. Scrive e traduce poesie per bambini e conduce corsi e incontri presso biblioteche, scuole e librerie, in Italia e all'estero. Resta dove sei e poi vai di John Boyne (traduzione di F. Gulizia) Rizzoli, 2013 Alfie ha cinque anni quando in Europa si alzano i venti della Grande Guerra, e il suo papà, come molti altri giovani compatrioti, parte per il fronte. La guerra però la combatte anche chi rimane a casa, nelle difficoltà quotidiane di trovare cibo e i soldi per pagare l’affitto, con il terrore che un ufficiale bussi alla porta per riferire che i cari non torneranno più a casa. Alfie non vuole credere che questo sia il destino di suo padre, ma le lettere che l’uomo spedisce dal fronte si fanno sempre più rade fino a smettere del tutto. Deciso a fare la sua parte, Alfie marina la scuola e inizia a lavorare come lustrascarpe in stazione. Ed è grazie a uno dei suoi clienti che scopre dov’è suo papà… John Boyne, (Dublino, 1971) è uno scrittore irlandese. Ha scritto sette romanzi e numerosi racconti che sono stati pubblicati in varie antologie o trasmesse alla radio o in televisione. Il suo romanzo più famoso è Il bambino con il pigiama a righe Sopra l’acqua, sotto il cielo di Paola Zannoner – Mondadori, 2009. Quattro racconti che ripercorrono tutto il 900 Italiano; Fanny, nel Trentino che diventa protagonista di un’azione di spionaggio, Camilla che assiste al bombardamento avvenuto il 28 Maggio 1974 in piazza della loggia a Brescia, Giovanni , ragazzino di 11 anni, che, con la sua famiglia tenta di scappare dai bombardamenti Tedeschi a Firenze nel 1944 e Atum, ragazzo proveniente dall’Africa, che naufraga e viene salvato da un uomo ricco che lo salva e lo adotta. Paola Zannoner, (Grosseto , 1958), è una scrittrice italiana. Scrittrice, esperta di narrativa, consulente bibliotecaria. Ha iniziato la sua attività come bibliotecaria e critico letterario, collaborando con le più importanti riviste del settore. Nel 1998 Mondadori ha pubblicato il suo primo racconto. Da allora, Paola si è dedicata quasi esclusivamente alla scrittura. Il giorno degli eroi di Guido Sgardoli – Rizzoli, 2014. È il 1915 e l'Italia ha dichiarato guerra all'Austria. Per tanti ragazzi servire la Patria è una responsabilità, un dovere, un onore. Quasi una gioia. Alle stazioni dei treni, i soldati partono tra sorrisi e promesse. C'è persino chi vuole partire ma non può, come Silvio, classe 1899, troppo piccolo per arruolarsi, costretto a guardare i fratelli più grandi correre al fronte. E invece passano i mesi, la guerra non accenna a finire. E poi arriva il 1917, e Silvio, saluta la sua famiglia, pronto a fare il suo dovere. Ma bastano poche settimane per scoprire che nella guerra non c'è nulla di eroico. E quando si accorge che le file nemiche sono gonfie di ragazzi disillusi, sfiniti e impazienti di tornare a casa come lui, Silvio capisce cosa significa davvero essere un eroe. Guido Sgardoli (San Donà di Piave, 1965), è un veterinario e scrittore italiano. Laureato in Medicina Veterinaria, coltiva fin da giovanissimo la passione per la scrittura. Dopo una serie di racconti pubblicati all’interno di riviste e antologie, nel 2004 esordisce nella letteratura per ragazzi con l’editore Salani. Vite di animali di Guido Sgardoli – Einaudi Ragazzi, 2009. Tra le storie di animali raccontate da Sgardoli c’è quella di un piccione viaggiatore, Livio, che reca una richiesta di aiuto inviata da un drappello di fanti italiani accerchiato da truppe austroungariche durante la Grande Guerra. Con grande coraggio, nonostante la ferita provocata da un colpo di moschetto nemico, Livio non perde l’orientamento e mantenendosi a distanza di sicurezza dal fuoco nemico. Ma i cannoni continuano a tuonare…… Guido Sgardoli (San Donà di Piave, 1965), è un veterinario e scrittore italiano. Laureato in Medicina Veterinaria, coltiva fin da giovanissimo la passione per la scrittura. Dopo una serie di racconti pubblicati all’interno di riviste e antologie, nel 2004 esordisce nella letteratura per ragazzi con l’editore Salani. Addio a tutto questo di Robert Graves - Piemme, 2005 Robert Graves ha diciannove anni quando decide di arruolarsi per i campi della prima guerra mondiale. Un'intera generazione di giovani, parte con lui. Plasmati da un'educazione repressiva, impreparati agli orrori della guerra che conoscono solo da lontano, non ipotizzano nemmeno che si possa dire no. Quando torneranno - chi di loro tornerà - avranno perso qualcosa di prezioso quanto la vita: la fiducia in un mondo che li aveva nutriti e mandati a morire. A tutto questo Robert Graves dice addio. La sua autobiografia è un amaro congedo dagli anni dell'infanzia e della scuola, da una patria che non riuscirà mai più a considerare In fondo, è l'addio di un'intera generazione. Robert Graves, (Wimbledon, Gran Bretagna, 1895 – Maiorca, 1985), fu intellettuale, scrittore, poeta e autore di importanti romanzi e di saggi fondamentali sulla mitologia. Il Trio dell’arciduca di Hans Tuzzi - Bollati Boringhieri, 2014 Giugno 1914: un mercante levantino viene trovato cadavere nelle acque del porto di Trieste. Oltre che un mercante, però, il morto è l'informatore di un giovane agente segreto imperialregio, Neron Vukcic, che sospetta subito un omicidio. Comincia così un'indagine che si trasforma ben presto in un percorso a ritroso, basato su indizi e deduzioni . La missione del nostro giovane agente segreto prosegue, piena di insidie, in un continuo incrociarsi di spie dei tre diversi imperi destinati a scomparire di lì a poco - l'austriaco, il turco, il russo . Un Giallo che vi terrà con il fiato sospeso fino alla fine. Hans Tuzzi , pseudonimo di Adriano Bon, (Milano, 1952), è uno scrittore e saggista italiano. Studioso, consulente editoriale e docente universitario , con lo pseudonimo Hans Tuzzi - che è un personaggio del romanzo L'uomo senza qualità di Robert Musil - ha scritto una serie di romanzi gialli ambientati a Milano. Pidocchiosa Prima Guerra Mondiale di Terry Deary, (Illustrazioni di Martin Brown), Salani, 2001 Il libro illustra con un linguaggio semplice e dei fumetti la prima guerra mondiale. Con ironia monstra come la guerra ebbe inizio, i metodi di sopravvivenza, ciò che variò in quel periodo, in tutti i paesi che ne fecero parte, definito “Grande Guerra”. Nonostante la serietà del tema e questo metodo di scrittura (decisamente alternativo) l’autore del libro rende bene l’idea degli avvenimenti che avvennero in quel periodo non lontanissimo da noi. Terry Deary è nato a Sunderland, in Inghilterra, nel 1946. Ha iniziato la sua carriera come attore professionista nel 1972. Appassionato di storia, scrive romanzi, racconti e saggi molto documentati, alcuni dei quali sono diventati serie TV. Arturo, il ghiro artigliere di Antonio Trotti (Illustrazioni di Elisabetta Pica) - Regione Lombardia, 2011. Un piccolo abitante delle fortezze ci accompagna alla scoperta della storia , della tecnica e dell’ambiente delle opere fortificate della Lombardia. Gli oggetti utilizzati in guerra sono spiegati da Arturo, il quale li descrive nella loro qualità di macchine da lavoro e di testimonianze di cultura. Antonio Trotti, nato nel 1970 a Varese. Tenente dell'Esercito Italiano, è stato istruttore dei reparti speciali presso la Scuola Militare Alpina di Aosta. Libero professionista specializzato in tutela e valorizzazione di armi e beni storico-militari, si occupa di catalogazione, conservazione, restauro nell’ambito di diverse collezioni pubbliche e private in Lombardia Caporetto: storia di una disfatta di Nicola Labanca - Giunti, 1997 Il 24 Ottobre 1917 le linee italiane a Caporetto furono rotte dagli autrotedeschi. Questo fu uno dei tanti avvenimenti che nel 1900 scosse la nostra penisola. Il libro fa un’analisi di tutte le coseguenze che l’avvenimento, divenuto sinonimo di disfatta, comportò nel tempo: le ripercussioni politiche, le polemiche, tutti quei ricordi e dubbi che rimarranno per sempre. Per poter capire meglio la situazione vissuta in quella battaglia il libro presenta numerose illustrazioni (nelle quali sono ritratte anche quelle persone che furono “protagoniste” della guerra combattuta sul fronte dell’Isonzio). Nicola Labanca insegna Storia contemporanea all’Università di Siena. Studia ormai da trent'anni la storia militare e la storia dell'espansione coloniale italiana. È Presidente del Centro interuniversitario di Studi e Ricerche Storico-Militari. “Storia intima della Grande Guerra” di Quinto Antonelli, Donzelli, Roma, 2014 Questo libro è testimonianza. Un’ introduzione storica precede brani tratti da diari personali e lettere indirizzate alle famiglie. Certamente non erano destinate a noi, ma naturalmente ai cari che a casa aspettavano ogni giorno un resoconto dettagliato delle giornate passate a combattere; ma c’era ben poco da dire… tutto ciò di cui si parlava erano: trincee, armi, nemici, morti, feriti e le dure condizioni che si dovevano sopportare. Nonostante gli scritti si intuiva una comune speranza: la pace. Quinto Antonelli nasce a Rovereto nel 1952, è ricercatore presso il Museo Storico del Trentino. “La grande guerra 1915-1918 vista da casa” di Eurilla Bollani, Bellavite, Missaglia. Libro che racconta con la massima precisione gli avvenimenti principali della grande guerra 1915- 18. È il racconto dell’impatto che quell’evento ebbe su milioni di vite tranquille. Un diario scritto durante la Prima Guerra Mondiale da una monzese appassionata di politica e di storia, ma soprattutto fiera di essere italiana. Il racconto inizia la sera del 23 maggio 1915 e termina nel settembre 1919. Il diario racconta la partecipazione dei cittadini con tanti particolari che la storia omette. Eurilla Bollani Pagnoni, nata a Monza nel 1882. Quinta figlia di una famiglia borghese, si distingueva per intelligenza, coraggio e intraprendenza. Conseguì il diploma di maestra elementare a 17 anni. Visse per un anno in Germania per imparare la lingua. Dopo il matrimonio visse a Monza, dove è morte all’età di 76 anni. Tu col cannone, io col fucile di Paolo Giacomel, Gaspari - Monfalcone 2003. Il giovane Kurt Suckert aveva appena 16 anni quando nel 1914 si arruolò volontario in Francia. Nel 1915 si arruolò volontario in Italia. Combattè sul Col di lana, sul Piave e sulla Marmolada. Diciannovenne divenne capitano della sezione lanciafiamme d’assalto, a venti fu un veterano a causa delle sostanze utilizzate in guerra. Il fratello Alessandro arruolatosi anche lui, venne colpito da una cannonata e affidò ad un diario le sue esperienze. In questo libro vengono riportate per la prima volta le vicende dei fratelli Suckert fin’ora sconosciute. La Grande Guerra di un povero contadino di Elio Gioanola - Itaca, 2014 Un racconto che l'autore ha tratto dalla viva voce dello zio Salvino, un contadino che la grande guerra strappa alla famiglia e alla campagna per portarlo al fronte ed esporlo alla fame, al freddo, alla paura, alla morte, in una quotidiana lotta per la sopravvivenza. Un vivo affresco dell'Italia contadina tra secondo Ottocento e primi decenni del Novecento. Elio Gioanola (San Salvatore Monferrato, 1934) è un critico letterario, scrittore e docente italiano. Ha insegnato all'Università di Genova dal 1973 al 2004. Rilevanti sono i suoi studi su Giacomo Leopardi, Giovanni Pascoli, Luigi Pirandello, Cesare Pavese, Carlo Emilio Gadda. Di là dal fiume e tra gli alberi di Ernest Hemingway (a cura di F. Pivano) - Mondadori, 2014 In questo libro vengono narrate le vicende di un colonnello americano che ha combattuto le due guerre ed è consapevole di dover morire a causa di una malattia al cuore. Il protagonista è follemente innamorato di una diciannovenne veneziana con cui passerà i suoi ultimi giorni di vita. Ernest Miller Hemingway (Oak Park, 21 luglio 1899 – Ketchum, 2 luglio 1961) è stato uno scrittore e giornalista statunitense. Presagio – Andrea Molesini, Sellerio, 2014 Nel libro ambientato a Venezia si racconta la storia di Niccolò Spada, imprenditore, che mischia la preoccupazioni di una guerra imminente con l’amore incondizionato verso una donna incantevole e affascinante. Qui si intrecciano storia e passione. Andrea Molesini (Venezia, 28 dicembre 1954) è uno scrittore, poeta, traduttore italiano Lettere del tempo di guerra. 1915 -1918 a cura di Dina Dellorto Ramella , prefazione di L. Firpo, -Tipografia Torinese, 1972 3/8/1915. Trincea presso Sagrado. Il Maggiore Vittorio Dellorto alla moglie Anna “Sono dove si può morire, ma speriamo di no. Attualmente stop benissimo. Baci” Poche ore dopo il Maggiore Dellorto al comando dei suoi uomini veniva colpito da una pallottola in fronte. Questo libro, attraverso una fitta corrispondenza, testimonia con immediatezza e senza retorica gli stati d’animo di una famiglia del vecchio Piemonte: i Dellorto di Saluzzo. Il padre, Vittorio, i figli Giuseppe e Tommaso che saranno prigionieri in Germania e Austria, tutti chiamati a servire la patria. Dalle lettere, quasi quotidiane, si sentono il desiderio di sentirsi parte della vita di tutti i giorni, l’ansia della madre per la sorte dei figli dopo la tragica scomparsa del marito, le difficoltà economiche in cui la famiglia si viene a trovare. Si apre il cuore di una madre al figlio il quale confessa il rimpianto per non aver “conosciuto completamente il marito” giudicato indifferente mentre “mi amava anche nelle sue rustichezze” (Sulmona 16/8/1915). Alle trepidazioni della madre si contrappongono le continue rassicurazioni dei figli sul loro stare sempre bene anche nelle sofferenti condizioni di prigionia. Una lettura che offre lo spaccato di una famiglia che attraversa i tragici anni di guerra grazie ai valori di solidarietà e affetto che animano tutti i componenti. (A.C.) Giornale di guerra e di prigionia di Carlo Emilio Gadda - Garzanti, 1999 Carlo Emilio Gadda, interventista convinto partito volontario nel 1915, racconta le sue esperienze di guerra, al comando di una postazione di mitragliatrici, e di prigionia in Germania dopo la disfatta di Caporetto. Guerra di posizione in cui ha il rimpianto di non poter essere protagonista in prima linea come vorrebbe. Alla pignola precisione con cui descrive la vita quotidiana Gadda unisce la testimonianza di un profondo affetto e legame verso il fratello ai giudizi sprezzanti verso le alte gerarchie militari e a una considerazione non benevola verso i comportamenti morali dei suoi concittadini. La lettura di questi diari consente anche di cogliere le fragilità caratteriali di Gadda, la continua sensazione di inadeguatezza ai compiti militari e anche a quelli futuri che lo attendono, la “nevrastenia” che spesso si traduce in malessere fisico. Attraverso le pagine si possono però intuire le qualità di scrittore e innovatore del linguaggio che faranno di Gadda uno tra i più significativi autori del ‘900. (A.C.) Carlo Emilio Gadda, (Milano, 1893 – Roma, 1973), primogenito di una agiata famiglia della borghesia milanese a causa della prematura scomparsa del padre e di alcuni investimenti sbagliati si troverà a dover convivere con molte difficoltà economiche. Al ritorno dalla prima guerra mondiale nel 1919, riprende gli studi al Politecnico e l’anno successivo si laurea in ingegneria elettronica. Dopo alcune esperienze lavorative come ingegnere, nel 1924 si iscrive alla facoltà di filosofia e comincia a dedicarsi alla letteratura che dal 194° costituirà il suo unico impegno. Lavorò alla RAI dal 1950 al 1955 per i servizi culturali del terzo programma radiofonico. La guerra dei nostri nonni. 1915 – 1918: storie di uomini, donne famiglie di Aldo Cazzullo - Mondadori, 2014 Come le tessere di un mosaico, Aldo Cazzullo ci restituisce attraverso testimonianze e ricerche d’archivio la storia dei “nostri nonni” protagonisti della Grande Guerra. Lo sguardo si ferma su storie di uomini e donne. Le donne nuove protagoniste che dimostrano di saper fare le stesse cose degli uomini: lavorare in fabbrica, laurearsi, insegnare. Donne crocerossine, spie, prostitute, inviate di guerra sono al fianco di uomini mandati a combattere una guerra sanguinosa. Uomini spesso colpiti da inutili crudeltà da parte dei superiori; mutilati al volto e dimenticati; uomini per sempre resi folli dalle visioni di guerra; donne stuprate e diventate madri costrette ad abbandonare i figli della violenza nell’istituto “Orfani dei vivi”. Da queste storie di violenza, dolore e solidarietà emerge però l’idea di fondo che la Grande Guerra fu la prima dell’Italia unita e fu vinta. (A.C.) Aldo Cazzullo, (Alba, 1966), dopo un’esperienza alla “Stampa” dal 2003 è inviato del “Corriere della Sera”. All’attività di giornalista e inviato della carta stampata ha affiancato quella di autore di numerosi libri sull’identità nazionale: Outlet Italia (2007), Viva l’Italia (2010), Basta Piangere (2013). La paura e altri racconti della grande guerra di Federico De Roberto (Introduzione di Antonio Di Grado )- Edizioni e/o, 2014 Quattro folgoranti racconti brevi. Episodi così intensi nel loro realismo e nella accuratissima descrizione di atmosfere, sentimenti, paesaggi da trasportare il lettore nel cuore del racconto. La paura è una storia scarna senza traccia di retorica, perfettamente credibile perché immaginabile, della stupidità assoluta della guerra. Il rifugio ci fa partecipi dello strazio di un capitano nell’essere ospitato per caso dalla famiglia di un disertore fucilato. La retata è l’invenzione di un’impresa ,a metà tra l’eroico e il picaresco, di un soldato romano del vettovagliamento che riesce a convincere quarantacinque soldati, tre caporali e un sottufficiale austriaci a consegnarsi agli italiani … prendendoli per la gola. L’ultimo voto dà il senso dell’inutilità della condotta coraggiosa e della morte eroica di un capitano di fronte alla meschinità e all’ingordigia della vedova, una donna gretta che si risposerà proprio con l’ufficiale, imboscato al Ministero, che le aveva portato la tragica notizia. Federico De Roberto, (Napoli, 1861 – Catania, 1927), giornalista, scrittore, bibliotecario, critico letterario, nel 1915, allo scoppio della prima guerra mondiale fu interventista. La sua opera più celebre, I Vicerè, è uno dei romanzi più importanti dell’Ottocento italiano. Il racconto La paura ha ispirato il film di Ermanno Olmi Torneranno i prati Il sorriso dell'obice. Un pittore italiano alla Grande Guerra di Dario Malini - Mursia, 2011 Richiamato nel giugno del 1915, dopo un periodo di addestramento a Bologna e a Cividale del Friuli, Walter Giorelli comincia la vita al fronte prima sotto il Sabotino e poi a Plava. Muore il 23 novembre del 1916, sepolto sotto un ricovero che il fuoco del nemico e la pioggia incessante hanno reso insicuro. Ha ventidue anni. Scrive dal fronte: “Il sibilo delle granate fa pensare a tante cose e, quando l'obice è scoppiato e ci ha lasciati interi, si sorride in un modo che adesso non so nemmeno ricordare […].Quando mi sento forte, rido della guerra, degli uomini, di tutto, e mi accorgo che il mio compito sta nel mettere a nudo la vita qual è, in faccia al mondo che è pieno di malsane idealità e di vacui sentimentalismi [...]. L’arte mi trascina, mi avvinghia, e tutto, anche la guerra, mi pare ormai ridicolo e stravagante. L’unica cosa è ridere, ridere d’ogni cosa, ridere sempre e comunque per omnia saecula saeculorum.” Dario Malini, milanese, si è occupato di fotografia, disegno e incisione. Da sempre è appassionato di storia e di storie, scrive romanzi gialli e fantasy. La grande storia della Prima guerra Mondiale di Martin Gilbert Mondadori, 2014 La ricerca storica di Gilbert affronta non soltanto le cifre (dei morti, dei feriti, dei prigionieri, dei proiettili sparati, delle vittime di gas tossici e armi chimiche) ma anche le voci: di coloro che dalle trincee confidavano ai familiari o semplicemente a se stessi il proprio angosciato stupore di fronte a un apocalittico spettacolo di orrore e crudeltà. La grande storia della prima guerra mondiale è stata scritta con l’intento di riportare quanto più possibile testimonianza delle atrocità dei campi di battaglia, in relazione all’atteggiamento cinico dei comandanti. Per fare un esempio: Prima guerra “democratica” dell’Europa Occidentale, democratica perché combattuta da tutti, perché tutti appianati dalle nuove armi e dalle nuove gerarchie e, per questo, tanto più devastante sia nei numeri che nelle esperienze. Gilbert riporta la testimonianza diretta di moltissimi soldati, siano essi ufficiali o semplice truppa. Gli avvenimenti vengono narrati con grande densità e attenzione per i singoli fatti su ogni fronte della guerra, dal fronte turco a quello occidentale, compresa la guerra marina (affondamento del Lusitania, battaglia dello Jutland e la guerra totale sottomarina). Martin Gilbert (Londra, 1936 – Londra, 2015) è stato uno storico inglese, famoso come biografo ufficiale di Winston Churchill e come uno dei più noti studiosi dell'Olocausto. Professore emerito del Merton College dell'Università di Oxford, Gilbert è autore di quasi un centinaio di volumi di storia contemporanea, fra cui molti atlanti storici. La mano mozza di Blaise Cendras (traduzione di G. Caproni) - Guanda,1993 Racconto lungo, autobiografico, contemporaneo e posteriore, letterario e realistico, sui giorni, i mesi e gli anni del fronte vissuti da Cendras. Trecento pagine di immersione nelle trincee, nel fango, tra le cannonate e i cecchini, nelle desolate campagne paludose ai confini col Belgio. Una galleria eterogenea di personaggi, commilitoni di Cendrars, osservatore sorridente, allegro, elegiaco e leggero, lievemente ironico anche nel raccontare la morte. Nel capitoletto intitolato "I bislacchi" c'è una breve serrata galleria di figure umane di morti ammazzati, uno dietro l'altro... Il conducente della carretta spappolata da una granata, "che si faceva in quattro per nutrire decentemente il suo cavallo col quale aveva stretto amicizia", un giardiniere del casino di Montecarlo, "un ragazzo snello con un delicato profilo e una bocca e due occhi di fanciulla, del quale non ho mai saputo il nome, saltato in aria ancor prima d'aver avuto il tempo di voltarsi", e tanti, tanti altri, che il poeta "fissa sulla carta perché glie n'è tornato a mente il nome o perché erano dei bislacchi e la loro ombra riappare spesso ad alimentare le sue fantasticherie accanto al fuoco, d'inverno..." Blaise Cendras (La Chaux-de-Fonds,Svizzera 1887 – Parigi, 1961) scrittore svizzero, avventuriero, si arruolò nella legione straniera francese nelle cui file partecipò alla prima guerra mondiale. Il 28 settembre 1915, perse in combattimento l'avambraccio destro, la sua mano di scrittore. Questa menomazione marcò profondamente l'opera di Cendrars, facendogli scoprire la sua identità di mancino. Una rosa in trincea di Annamaria Piccione - Edizioni Paoline, 2014 L’autrice riesce a dare un quadro a tutto tondo degli anni della guerra, ben documentato dal punto di vista storico e insieme intimo grazie alle lettere da e per il fronte e con notizie curiose e accenti tenerissimi. In occasione del festeggiamento dei 90 anni della prozia Elena, custode della storia della sua famiglia, due cugini tredicenni sentono per la prima volta il racconto del bisnonno Peppino e dei suoi piccioni Peppino si arruolò a quindici anni al posto del fratello e parti per il fronte dell’Isonzo. La sua fidanzatina Marilena al momento della partenza gli donò una rosa come amuleto per proteggerlo. Peppino la pose sul suo cuore, sotto la divisa, e proprio quella rosa lo salverà. Alcune pagine illustrate in bianco e nero con vignette acquerellate da Roberto Lauciello rendono la fotografia dell’epoca e collocano il libro tra graphic novel e racconto tradizionale. Annamaria Piccione, ha pubblicato oltre 60 testi su argomenti quali criminalità, ambiente degradato e razzismo. L’ultima alba di guerra di Paul Dowswell (traduzione di M. Foschini)Feltrinelli, 2013 È il 1918, l'ultimo giorno della Grande Guerra, la pace è stata firmata ma non è ancora stata proclamata. In quelle poche ore, che dividono la decisione dalla resa, ben tremila soldati moriranno. Durante questa attesa, inconsapevoli del loro destino, s'incontrano tre soldati: Axel, un giovanissimo fante tedesco, rimasto solo con il padre dopo la morte del fratello al fronte; Will, suo coetaneo inglese, partito al fianco del fratello maggiore ed Eddie, il figlio di una ricca famiglia americana entrato in aviazione per far colpo sulle ragazze. Sono diversi e combattono su due fronti opposti ma in quelle ultime ore si conoscono, condividono ferite, solitudini, paure ma anche speranze ed esperienze, Paul Dowswell (Chester, GB. 1957) ha lavorato nell’editoria, ha collaborato con importanti riviste e musei, poi ha iniziato a scrivere, prevalentemente saggi sulle due guerre mondiali e una sua trilogia su battaglie navali di inizio Ottocento. Ha scritto romanzi per ragazzi tra cui Auslander e Il ragazzo di Berlino War horse di Michael Morpurgo (traduzione di C. Manzolelli)- Rizzoli, 2011 Il viaggio inizia al culmine della prima guerra mondiale, quando una famiglia di agricoltori inglesi che versa in gravi difficoltà finanziarie, compra un vivace puledro da caccia ad un’asta. Il cavallo viene chiamato Joey, e, all’inizio, i proprietari Ted e Rosie Narracott non lo considerano una grande risorsa ma il figlio Albert è deciso a domarlo e ad addestrarlo e a trarre il meglio dallo spirito indomito di Joey, dalla sua agilità e dal suo affetto. I due diventano inseparabili, ma quando scoppia la guerra saranno costretti a prendere strade diverse: Joey viene venduto e condotto al fronte da un ufficiale della cavalleria inglese. Joey attraverso vicende drammatiche, imprese difficili e grandi sorprese, verrà apprezzato per la sua innocenza, la purezza dei suoi intenti e l’incondizionata devozione nei confronti dei suoi amici umani. Joey trainerà ambulanze sui campi di battaglia, accompagnerà due soldati tedeschi in fuga, conforterà una bambina francese malata e trascinerà imponenti cannoni in cima a una montagna. Anche Albert, arruolatosi, si ritrova in trincea, impegnato in una missione pericolosa, e Joey resta intrappolato nella desolata Terra di Nessuno, fra il territorio inglese e quello tedesco. Ma anche quando tutto sembra perduto, il cavallo riuscirà ad approfittare di una momentanea tregua di pace per ritrovare il suo amico e rinnovare il suo sogno di tornare a casa. E il narratore della storia è proprio Joey, il cavallo di Albert. Michael Morpurgo, (St Albans – Gran Bretagna, 1943), è uno scrittore di storie e romanzi per bambini . Dopo la laurea esercitò per circa dieci anni la professione di insegnante. Giorni di guerra di Giovanni Comisso - Longanesi, 2009 Nel 1914 Comisso parte da Treviso per raggiungere il suo reggimento del genio di Firenze con la certezza che di lì a poco anche l’Italia sarebbe entrata in guerra. Prima soldato semplice e poi tenente del Genio, Comisso viveva e operava soprattutto nelle retrovie, affacciandosi solo saltuariamente in prima linea e in ogni caso mai direttamente impegnato in scontri armati. Ma il conflitto, il primo dei grandi conflitti, viene raccontato in questo libro in un’ottica del tutto particolare. Non ci sono scontri feroci, bombe che esplodono e che dilaniano corpi, ma è protagonista la paura, anzi l’angoscia del fante in trincea che attende l’ora dell’attacco, quella corsa nella terra di nessuno che spesso diventa una fuga dalla vita incontro alla morte. Con la spavalderia e l’incoscienza della giovinezza che non ha ancora conseguito la maturità necessaria per cogliere la tragedia, Comisso narra questa guerra non come sinonimo di morte, ma di vita, magari facendo scorpacciate di ciliegie o rincorrendo le lucciole o nuotando nel Natisone. Ma sarà costretto a diventare più grande e più maturo in occasione della ritirata di Caporetto, in quella confusione di gente che scappa, di ordini e contrordini, di famiglie intere in fuga dall’austriaco, fra magazzini saccheggiati e cannoni abbandonati. E’ un brusco ritorno alla realtà, un momento in cui si devono fare delle scelte, in cui occorre essere guida e riferimento per i propri uomini, e non solo compagno di giochi e d’avventure. Così, in uno sfacelo descritto con rara forza ed efficacia, Comisso sembra dare addio alla sua giovinezza, ma ancora non lo sa e se ne accorgerà solo a guerra finita di come quegli anni che sono i più belli sono corsi via, impegnati in un gioco che poco a poco ha mostrato il suo vero volto insanguinato. Giovanni Comisso (Treviso, 1895-1969) combatté come volontario durante la prima guerra mondiale (che raccontò in Giorni di guerra) e partecipò all’impresa di Fiume. Abbandonata la carriera legale per dedicarsi al giornalismo, fu a lungo inviato speciale per importanti quotidiani. Resta dove sei e poi vai di John Boyne - Rizzoli, 2014 John Boyne racconta la Prima guerra mondiale attraverso gli occhi di Alfie, un bambino londinese che vede il suo amato papà partire per il fronte e che dopo quattro anni e svariate vicissitudini lo ritroverà in un ospedale nel Suffolk dove vengono curati, nascosti agli occhi dell’opinione pubblica, i soldati traumatizzati dal fronte e dalle trincee Alfie ha combattuto la sua personale guerra, quella che combatte anche chi rimane a casa, nelle difficoltà quotidiane di trovare il cibo e i soldi per l'affitto, con il terrore che un ufficiale bussi alla porta per riferire che un papà, un fratello o un figlio non torneranno più a casa. Alfie non vuole credere che sia questo il destino di suo padre, ma le lettere che l'uomo spedisce dal fronte, prima regolari e cariche di speranze, si fanno saltuarie e cupe, fino a smettere del tutto. Deciso a fare la sua parte, Alfie marina la scuola e inizia a lavorare come lustrascarpe in stazione. Ed è grazie a uno dei suoi clienti che scopre dov'è il suo papà. John Boyne, (Dublino, 1971), scrittore irlandese, critico letterario, è l’autore del famoso bestseller “Il bambino con il pigiama a righe”. I titoli dei capitoli del suo romanzo “Resta dove sei e poi vai” rimandano a canzoni popolari tra i soldati britannici durante la prima guerra mondiale. Terra matta di Vincenzo Rabito, - Einaudi, 2014 ”Questa è la bella vita che ho fatto ….” Inizia così il racconto del contadino siciliano e Scrittore italiano Rabito che narra come abbia affrontato, subito e attraversato la Storia d’Italia dal 1912 agli anni settanta. Ragazzo del ’99, nel 1917 riceve la cartolina precetto e viene inviato al fronte combattere la “Grande Guerra” destinato a scavare trincee insieme ai commilitoni del Reparto Zappatori e poi inviato in prima linea sul Piave. ”….E poi il tenente Sparpaglia ci ha detto: - Racazze, ha venuto un folecramma che la vittoria è dell’italiane, perché li austriace non posseno più avere remporze ...” Ma anche dopo questa dichiarazione la guerra per il soldato Rabito non finì. Le esperienze, gli incontri e le vicende dell’autore sono narrati in un linguaggio gergale che sottolinea la sincerità della memoria personale e storica di un uomo semplice e saggio. Vincenzo Rabito, (Chiaramonte Gulfi, Ragusa, 1899 – 1981) Contadino semi-analfabeta siciliano - conseguì la licenza elementare a 35 anni. La sua unica opera, a contenuto autobiografico, rimase ignota per vent'anni e fu riscoperta solo anni dopo la morte dell'autore, a oltre vent'anni dalla sua redazione. Con me e con gli alpini di Piero Jahier (presentazione di Ermanno Paccagnini) - Mursia, 2015 Con me e con gli alpini è il diario di guerra di Jahier, sottotenente inviato al fronte nel febbraio 1916 nei ranghi del 7° Reggimento Alpini. Nelle pagine di questo diario, scritto dal marzo 1916 al luglio 1917, accanto a brani di cronaca, troviamo considerazioni, invocazioni, poesie, canzoni. Nella “Dichiarazione”, che è l’incipit del libro, emerge prepotentemente tutta la compassione e la solidarietà di Jahier nei confronti di “… questo popolo digiuno / che non sa perché va a morire / popolo che muore in guerra perché «mi vuol bene»/ «per me» nei suoi sessanta uomini comandati / siccome è il giorno che tocca morire …” Piero Jahier, (Genova, 1884 – Firenze, 1966), nel 1916 si arruolò come volontario negli Alpini con il grado di sottotenente. Dopo Caporetto curò la pubblicazione del giornale di trincea L'Astico, Giornale delle Trincee con l’intento di sostenere il morale delle truppe e risvegliarne il patriottismo. Trincee. Confidenze di un fante di Carlo Salsa (prefazione di Luigi Santucci) - Mursia, 2015 Il tenente Salsa parte per il fronte nel novembre 1915 e inizia a scrivere il suo diario riportando giorno dopo giorno dal in maniera puntuale, ma purtroppo senza molti riferimenti cronologici, gli avvenimenti, gli stati d’animo, i soprusi, le sofferenze e l’angoscia di un gruppo di uomini sul fronte nelle trincee del Carso. Le ultime pagine sono dedicate all’esperienza della prigionia militare nel campo di detenzione austriaco di Theresiendstadt. Carlo Salsa, (Alessandria, 1893 - Milano, 1962), scrittore, giornalista e sceneggiatore, si arruolò come tenente in fanteria e combatté sul Carso rimanendo ferito e cadendo prigioniero nel 1917. Collaborò alla sceneggiatura del film La grande guerra di Mario Monicelli. Diario di un Imboscato di Attilio Frescura (prefazione di Mario Rigoni Stern) - Mursia, 2002 Diario di guerra “dalle retrovie” del tenete Frescura, interventista e “l’imboscato”, che non conobbe direttamente la trincea ma incontrò migliaia di feriti devastati dalle armi micidiali che tornavano dalle trincee. L’appellativo di “imboscato” gli fu affibbiato da un generale e Frescura ne fece il suo requisito esistenziale. Nella prefazione del libro l’autore afferma come «Il combattente abbia sempre qualcuno che è “imboscato” rispetto a sé». E per mantenere questa posizione di privilegio un “imboscato” deve eseguire le direttive superiori: il giudice deve comminare la fucilazione e il censore non può esimersi dal denunciare. Le pagine, che rappresentano una acuta descrizione priva di retorica, talvolta ironica o sarcastica, dichiarano che “la guerra non è bella, anche quando è necessaria” Frescura si definisce definizione: “Le gradazioni dell’‘imboscato’ sono infinite. Il combattente ha sempre qualcuno che è ‘imboscato’ rispetto a sé, ed a sua volta è imboscato rispetto a qualche altro. La gradazione va dal soldato di pattuglia al ‘comandato al Ministero della Guerra, in Roma’, dove non arrivano né i cannoni, né la flotta, né gli aeroplani”. D’altra parte Frescura è un ufficiale e, ironia a parte, non è insensibile al fascino dell’eroismo, che non come un eroe alla D’Annunzio, bensì come un “imboscato”, del quale fornisce la nel suo diario si manifesta in due modi opposti: da un lato la venerazione per Gabriele D’Annunzio, che l’autore incontrò due volte nel corso della guerra; dall’altro l’ammirazione per i fanti che sul Carso Frescura vide andare all’attacco più volte, disperatamente e coraggiosamente. Nel diario di Frescura parla anche di diserzioni, autolesionismo, dell’avversione dei contadini richiamati, padri di famiglia, per ogni retorica della bella morte. E poi dei comandi emessi con boria e inettitudine dalle gerarchie militari, subiti dai soldati con rassegnazione e pazienza, fino a Caporetto. La guerra ha la forma di un disordine indistricabile, per “questo può avvenire: di capitare nel mezzo di una battaglia e di non vederla”. Quindi, di non comprenderla mentre la si combatte. Attilio Frescura, (Padova, 1881 – Lecco, 1943) Scrittore, drammaturgo e giornalista, morto a Lecco, redattore della casa editrice Cappelli di Bologna. Fu interventista, ufficiale della Territoriale al fronte e decorato di medaglia d'argento e di medaglia di bronzo al valor militare. Nelle tempeste d’acciaio di Ernst Jünger (traduzione di G. Zampaglione, intrduzione di G. Zampa) - Guanda, 2014 Il Tenente Jünger, nei tre anni trascorsi sul fronte francese (Champagne, Somme, Arras, Ypres, Cambrai), annota con teutonica precisione gli eventi quotidiani in un diario quasi osservando un fenomeno al microscopio e pescivendolo minuziosamente. Nelle sue pagine non compaiono toni retorici, le descrizioni sono precise, oggettive e - nel caso degli scontri e delle uccisioni - vivide e realistiche. Gli effetti della tecnologia più avanzata applicata alle esigenze militari sono osservati con distacco scientifico. Nessuna condanna della guerra, nessun giudizio etico sul massacro di milioni di uomini a fronte di obiettivi risibili o indeterminati, nessun accenno alla condizione inumana delle trincee. Jünger, accetta stoicamente la realtà della guerra esprimendo rammarico e dolore per i compagni che, uno dopo l'altro, vede cadere, ma sul dolore per le perdite campeggia la consapevolezza del fatto che la guerra è un male necessario e che la priorità assoluta rimane comunque compiere il proprio dovere di soldati. L’essenza della narrazione risiede nel ripetersi di una serie infinita di episodi bellici: scontri, cannonate, scoppi di bombe a mano. I personaggi vivi raccontano la morte o il ferimento dei personaggi che muoiono. Jünger presenta anche se stesso, descrivendosi mentre negli intervalli fra gli assalti ozia leggendo o conversando con le persone a cui aveva requisito l'alloggio, oppure mentre trascorre i brevi periodi di convalescenza per le numerose e continue ferite riportate, nell'attesa di riprendere il suo posto in prima linea, pronto a un nuovo fatto d'armi. La guerra narrata da Jünger non è la “bella” guerra dei gesti plateali: all’eroismo ottocentesco si era sostituito l’eroismo oscuro del fante anonimo, che ogni giorno non si misura con il nemico, spesso invisibile, ma con la sua stessa paura. Ernst Jünger, (Heidelberg, Germania, 1895 – Wilflingen, Germania, 1998), si arruolò come soldato semplice volontario nel 1914 e gli inizi del 1915 raggiunse il Fronte Occidentale dove rimarrà fino all'estate del 1918, facendo carriera fino a ottenere il grado di comandante di plotone. Jünger fu congedato a causa di una grave ferita al petto, la più grave delle quattordici ferite riportate negli oltre tre anni di combattimenti. Le scarpe al sole. Cronaca di gaie e tristi avventure d’alpini, di muli e di vino di Paolo Monelli (illustrazioni di Mario Vellani March) Mondadori, 1955 “Nel gergo degli alpini mettere le scarpe al sole significa morire in combattimento. Veramente non di soli caduti è il discorso, in questa mia cronaca di guerra. Questo è il primo capoverso dell’introduzione del diario dei tempi di guerra di Monelli. Le montagne spietate e bellissime fanno da sfondo alle vicende degli alpini descritti dall’autore con i loro vizi e le loro virtù, le loro bassezze e le loro qualità umane e militari. La guerra, spesso non compresa nelle sue manovre e ordini, finirà per molti di loro con una morte straziante o con la cattura e la prigionia. Paolo Monelli, (Fiornao Modenese, 1891 – Roma, 1984) Interventista, quando scoppiò la Prima guerra mondiale Monelli si arruolò come volontario, chiedendo esplicitamente nella domanda di nomina a sottotenente di combattere negli Alpini. Destinato al Battaglione alpini "Val Cismon" del 7º Reggimento Alpini, combatté in Valsugana, partecipò alla battaglia dell'Ortigara e di Caporetto. Il 5 dicembre 1917 Monelli cadde prigioniero, insieme ai pochi superstiti della sua compagnia. Fu internato nel castello di Salisburgo da cui tentò invano due volte la fuga.. La grande guerra. Storie di gente comune. 1914 – 1919 di Antonio Gibelli - Laterza, 2014 Come scrive l’autore nella premessa “Questo libro parla di gente comune, uomini e donne, che vissero al tempo della prima guerra mondiale e furono interamente coinvolti e travolti da quell’evento, che modifico radicalmente il corso delle loro vite … “. Oltre settanta milioni di mobilitati in tutta Europa! E per un calcolo ipotetico di circa tre persone legate da vincoli familiari a ciascuno dei mobilitati si potrebbe parlare di oltre duecento milioni di persone coinvolte indirettamente nella tragicità della guerra. Fame, fatiche, angosce, esodi dei civili, mentre i militari soffrivano il freddo e combattevano il nemico patendo l’angoscia della morte. Nel libro sono narrate le esperienze documentate di soldati, crocerossine, civili e del reticolo intessuto da migliaia di lettere, cartoline, taccuini, quaderni lasciati da molti uomini e molte donne. Antonio Gibelli, (Genova, 1942), storico italiano, è uno dei maggiori studiosi della scrittura come pratica sociale e delle esperienze individuali e collettive nelle due guerre mondiali. Le sue ricerche più significative vertono sulla storia della prima guerra mondiale. Il suo volume L'officina della guerra. La Grande Guerra e le trasformazioni del mondo mentale ha profondamente innovato l'orientamento degli studi sul conflitto in una prospettiva di storia culturale, facendo uso per la prima volta di fonti come le relazioni degli psichiatri sui dissesti mentali dei soldati e le lettere dei fanti. La peculiarità del suo metodo storico consiste nella prospettiva "dal basso", tramite l'analisi e la narrazione dei punti di vista della gente comune, utilizzando le loro testimonianze epistolari, diaristiche e memorialistiche. Al fine di promuovere lo studio di questi materiali salvandoli dalla dispersione, nella seconda metà degli anni Ottanta ha fondato, presso il Dipartimento di Storia Moderna e Contemporanea di Genova, l’Archivio Ligure della Scrittura Popolare (ALSP), oggi una delle principali istituzioni europee del genere. Un Fenoglio alla prima guerra mondiale di Beppe Fenoglio. (introduzione di Gabriele Pedullà) - Einaudi, 2012 Nel volume, composto da una raccolta di racconti, si traccia il profilo di una comunità delle langhe piemontesi alle prese con l’assenza degli uomini validi partiti per il fronte, con la grettezza di chi vorrebbe continuare ad accumulare la roba, la furbizia dei riformati grazie alle giuste conoscenze e al pagamento di mazzette, i disertori e i militari in licenza ribelli e attaccabrighe. L’autore si avvale del punto di vista di un bambino e il piano narrativo è costruito sull’innocenza e sull’ingenuità di uno spettatore che coglie gli aspetti della fatica, della frustrazione e della preoccupazione per la vita e per la morte di coloro che sono costretti a casa. Beppe Fenoglio, (Alba, 1922 – Torino, 1963), tra i più importanti scrittori del ‘900 italiano, inglesi sta, militare nell’esercito italiano poi partigiano, alla fine della seconda guerra mondiale trova impiego in un’azienda vinicola e comincia a dedicarsi alla scrittura. Nei suoi romanzi più noti si coglie l’epica della guerra di liberazione, del sacrificio personale e della coerenza con i propri ideali e la propria etica individuale. Guerra del ’15 di Giani Stuparich, (a cura di Giuseppe Sandrini) - Quodlibet, 2015-04-26 Due mesi di trincea raccontati “di giorno in giorno, anzi d’ora in ora, da un semplice gregario”. Giani Stuparich, triestino, intellettuale, volontario sul fronte del Carso, narra la sua esperienza di giovane che parte per il fronte con il fratello Carlo e matura dopo i due mesi di guerra, dal 2 giugno all’8 agosto 1915, e, in particolare, la I (23 giugno-7 luglio) e la II battaglia dell’Isonzo (18 luglio-3 agosto), una profonda disillusione degli ideali irredentisti perché l’avventura della guerra mostra fin da subito il suo volto massificante, meschino e malinconico. La prima battaglia dell’Isonzo viene descritta in modo assolutamente antieroico. Il 7 agosto, dopo un estenuante periodo di permanenza nella trincea del Lisert, ai fratelli Stuparich viene comunicata la nomina a ufficiali della territoriale. Giani dovrà presentarsi al comando di Vicenza, Carlo a quello di Verona. Sebbene abbandonino i compagni a malincuore, accettano di buon grado la nomina che gli permette di lasciare l’inferno della trincea. Ecco che, nella pausa di tranquillità che viene a prodursi, la favola triste della guerra lascia intravedere infine la sua crudele morale. Antimilitarismo e nostalgia della casa materna si oppongono agli orrori di una guerra interminabile. Giani Stuparich, (Trieste, 1891 – Roma, 1961), giornalista e scrittore, autore anche del romanzo Ritorneranno dedicato alla Grande Guerra, allo scoppio della Guerra nel 1915 si arruola come volontario e diviene Sottotenente nel 1º Reggimento dei Granatieri di Sardegna, insieme al fratello Carlo e all'amico Scipio Slataper. Combatte prima sul Carso, presso Monfalcone, e poi sul Monte Cengio. Ferito due volte, viene fatto prigioniero e internato in successione in cinque campi di concentramento austriaci. Antifascista, durante la Resistenza Stuparich fa parte del Comitato di Liberazione Nazionale. La guerra italiana. Partire, raccontare, tornare. 1914 – 18, di Marco Mondini, Il Mulino, 2014 Volume ricchissimo di storie, storiografia e fonti offre una nuova prospettiva storiografica allo studio della Prima Guerra Mindiale. Mondini parte dalla considerazione che la guerra doveva essere la «prova del fuoco» degli italiani, il momento in cui avrebbero dimostrato al mondo di essere una nazione coesa, forte e degna di sedere tra le grandi potenze. Ma l’Italia entrò in guerra, dopo 10 mesi dal suo inizio, lacerata da profonde rivalità sociali e politiche, contro il volere della maggioranza parlamentare e di gran parte della popolazione. Ultima campagna risorgimentale sostenuta da una larga adesione nazionale agli ideali patriottici, la guerra è stata raccontata come un eroico duello cavalleresco tra le cime innevate delle Alpi, una raffigurazione lontana dalla realtà dei combattimenti di trincea sul fronte dell’Isonzo e poi del Piave. Nella prima parte del volume – Partire – l’autore analizza la stagione della neutralità e dei negoziati, il carattere «spontaneo» del movimento interventista diffuso nelle città, tra i giovani studenti. Le radici dell’interventismo sono interamente ricondotte alla cultura risorgimentale della nazione, immaginata come comunità maschile fondata sull’onore e il sacrificio militare. La «guerra anticipata e immaginata» narrata in particolare sui periodici illustrati, raggiunse una platea amplissima di italiani, assunse accenti celebrativi dello sforzo bellico, mentre gli «aspetti orripilanti» della battaglia che si svolgeva Oltralpe venivano banalizzati o rimossi con il ricorso alla tradizionale iconografia della morte eroica sul campo dell’onore. Mondini offre al lettore un affresco dell’Esercito mobilitato, della sua composizione sociale edell’«imposta del sangue» che ricadde sugli italiani in modo non uniforme per fascia d’età, provenienza sociale e regionale, arma di appartenenza Il nucleo centrale del volume – Raccontare – è dedicato proprio alle rappresentazioni del conflitto, ai racconti dell’esperienza bellica ed edificarne la memoria. Le scritture dei soldati semplici si rilevano sia i dispositivi di censura e autocensura sia il carattere privato e riservato. Diverso il caso della produzione memorialistica e letteraria dei «combattenti-scrittori», a cui si deve la «variante italiana» del mito dell’esperienza di guerra diffuso fra i reduci. Si tratta di una trentina di autori, fra cui primeggia Paolo Monelli, portati a delineare un’immagine divisiva della guerra: da un lato i «plotonisti», gli ufficiali di complemento con i loro soldati, e dall’altro lato una casta militare incompetente e un paese composto largamente di imboscati. Sul fronte italiano il contrasto dominate non è tra “noi combattenti” e i “nemici” ma tra il “noi” dei trinceristi e il “loro” dello Stato maggiore, dei militari e civili al riparo nelle retrovie o a casa. Nella letteratura propagandistica di guerra italiana l’accento è posto invece sulla «fratellanza in armi», sul senso di appartenenza a una «comunità a valori come il coraggio e la forza del combattente, la lealtà, l’amicizia e lo spirito di sacrificio » in altre parole il cameratismo. Nel racconto degli italiani, quindi, a sospingere nella lotta poté più il sentimento di fraternità in trincea che le ragioni della patria, benché la comunità in armi rimanesse intimamente gerarchica. L’«industria dell’immaginario», in piena attività nel fronte interno, è rivolta alle popolazioni civili. I giornali, periodici illustrati e per l’infanzia e anche la nascete industria cinematografica sono impegnati a restituire un’immagine «glorificante, entusiasmante e rassicurante» del conflitto. Il tema del ritorno, Tornare, tratta del penoso e umiliante rimpatrio dei prigionieri italiani alla fine della guerra, passati dai centri di detenzione tedeschi e austro-ungarici ai campi di concentramento e smistamento emiliani e triestino; o del tortuoso viaggio verso casa degli italiani arruolati nell’esercito asburgico e finiti nei centri di prigionia russi. Infine viene affrontata la questione del culto dei morti (Quelli che non ritornano), dei rituali della vittoria, delle strategie di elaborazione del lutto sviluppate sia negli opuscoli in memoria, dei monumenti ai caduti edificati lungo tutta la penisola (la «monumentomania municipale»), per iniziativa locale, sino alla cesura degli anni Trenta, quando il regime centralizzò, nazionalizzò e fascistizzò il culto dei caduti nella Grande Guerra. Marco Mondini, (Bassano del Grappa, 1974), laureato in storia militare e in Storia contemporanea. È ricercatore presso l’ISIG – FBK ed è coordinatore scientifico del progetto “La prima guerra mondiale 1914-1918”. È consulente scientifico della Struttura di missione per il Centenario della Grande Guerra presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri. Si è occupato soprattutto del ruolo delle istituzioni militari nel processo di nazionalizzazione in Italia, dei rapporti tra forze armate e fascismo, della cultura di guerra in Italia, del fascino della guerra nella letteratura occidentale e della formazione degli intellettuali italiani. Temi a cui dedicato i suoi principali lavori: La politica delle armi, 2006; Dalla guerra alla pace, 2007; Alpini. Parole e immagini di un mito guerriero, 2008; Parole come armi. La propaganda nella Grande Guerra, 2009; Fiume. Scene volti e parole di una rivoluzione immaginata, 2010; Generazioni intellettuali. Storia sociale degli allievi della Scuola Normale nel Novecento, 2011; Narrating War. Early Modern and Contemporary Perspectives, 2013 Alpi di guerra Alpi di pace. Luoghi, volti e storie della Grande Guerra sulle Alpi di Stefano Ardito - Corbaccio, 2004 Venti capitoli che illustrano episodi e luoghi del fronte alpino, dallo Stelvio alle Alpi Giulie. Scenari bizzarri, extremely exotic, per gli scrittori inglesi come Conan Doyle o Kipling inviati dai giornali britannici a raccontare una guerra combattuta in luoghi speciali. Un fronte sottovalutato da coloro che combattevano sul fronte occidentale. In Addio alle armi di Hemingway, la giovane infermiera dice: “E’ un fronte stupido, ma è molto bello.” Turistico, adatto ad ambientare scontri cavallereschi, dove il coraggio personale costituiva ancora un valore fondamentale. I paesaggi della guerra alpina descritti nel libro sono tuttavia diversi tra loro:Passo della Sentinella, Corno di Cavento, Cengia Martini, Monte Ortigara, Monte Pasubio, Col di Lana, Colbricon. E sullo sfondo di questi paesaggi, dal 1915 al 1918, vengono combattute battaglie epiche e costruiti sentieri e trincee, postazioni e gallerie. E due eserciti formati da uomini, alpini, fanti, kaiserjager e schuetzen, a volte spaventati e coraggiosi, a volte sottoposti a ordini atroci e incomprensibili. Stefano Ardito, (Roma, 1954), giornalista, scrittore, fotografo, regista. Tra gli ideatori del Sentiero Italia, ha scritto circa 80 libri dedicati alle montagne italiane tra i quali molte guide turistico-escursionistiche. Scusate la calligrafia. Lettere dal fronte di Sisto Monti Buzzetti, (Prefazione di Antonio Gibelli) - Terre di Mezzo, 2008 L’ufficiale del 60° Reggimento Fanteria della Brigata Calabria, Sisto Monti Buzzetti, è stato uno dei quasi sei milioni di italiani mobilitati per la guerra 15-18 e uno dei 600.000 che non ritornarono e il suo nome fu inciso su un lapide commemorativa nel Parco delle Rimembranze del suo paese. Il libro raccoglie le lettere scritte alla famiglia a partire dal marzo 1916 fino al 9 giugno 1917 quando una bomba metterà fine alla sua esistenza. La fitta corrispondenza, a volte passata per le maglie della censura, è intessuta per mantenere vivi i legami con i genitori e la sorella, e per attutire il senso di sconforto e frustrazione, costituisce un racconto autobiografico e offre brani adatti ad essere meditati come saggi sulla condizione umana. La preoccupazione che emerge dal carteggio è quella di informare i famigliari usando toni rassicuranti anche se non gli è possibile celare lo stato d’animo angosciato dalla carneficina. L’angoscia e l’orrore provato compromette in un certo senso anche la grafia delle lettere. Le ultime due lettere del libro sono quelle dell’attendente di Monti Buzzetti e del cappellano militare che informano la famiglia della morte del loro caro e , nel tentativo di recare un po’ di consolazione, descrivono le sue virtù di uomo e le sue qualità di ufficiale. Sisto Monti Buzzetti, (Allerona Perugia, 1896 – Trentino, Fronte italiano, 1917) di origini umbre, dopo aver conseguito la licenza liceale presso il seminario vescovile di Orvieto, Sisto Monti Buzzetti viene mobilitato e inviato all’Accademia militare di Modena dove frequenta un corso per allievi ufficiali. Viene inviato nella zona del fronte compresa fra il Passo Rolle e l’alta Val Cordevole. Muore in trincea dopo aver scritto … Perdonate la calligrafia: sto molto scomodo; vi scrivo su di una tavoletta appoggiata sulle ginocchia … Viaggio nella terra dei morti. La vita dei soldati nelle trincee della Grande Guerra di Marco Scardigli – Utet, 2014 Nelle trincee furono mandati in stragrande maggioranza i poveri, gli ignoranti, gli analfabeti, i contadini, i muratori, i minatori. Il libro di Marco Scardigli racconta la vita in trincea di questi uomini. Un viaggio attraverso le fatiche, le sofferenze, le malattie, gli assalti alla baionetta, i bombardamenti, le violenze e gli inutili sacrifici imposti loro da chi la guerra la faceva nelle retrovie arrivando a pensare che un generale è tanto più capace quanti più sono i soldati morti al suo comando. Il desiderio di tornare a casa, rivedere i propri cari, la rabbia verso gli imboscati nelle retrovie, i tribunali militari, le fucilazioni immediate come esempio per tutti anche per le più banali mancanze e infine la “giustizia sommaria” che i soldati stessi applicano nei confronti dei comandanti crudeli, sono le tessere di un mosaico che lasciano negli occhi e nel cuore del lettore la sensazione di una guerra in cui gli uomini in trincea furono “carne da macello”. Marco Scardigli, (Novara, 1959), storico e scrittore, ha insegnato all’Università di Pavia e pubblicato numerose opere di narrativa e di saggistica storica. Tra i suoi libri, La lancia, il gladio, il cavallo. Uomini, armi e idee nelle battaglie dell’Italia antica (2010), Le grandi battaglie del Risorgimento (2011), Le battaglie dei cavalieri. L’arte della guerra nell’Italia medievale (2012) e Cavalieri, mercenari e cannoni. L’arte della guerra nell’Italia del Rinascimento (2014). I monumenti ai caduti della grande guerra. Il censimento per la Provincia di Lecco (a cura di Lucia Ronchetti) – Pietro Macchione Editore, 2014 A pag. 166, Piazza degli Eroi – Merate. Monumento ai Caduti delle due Guerre Mondiali, della guerra di Libia, della guerra d’Africa e della guerra di liberazione. A pag. 168, Viale Lombardia – Merate. Giardino della Memoria. Un cippo ricorda gli abitanti di Merate e degli ex comuni di Sabbioncello, Novate B., Sartirana B. caduti nella Grande Guerra 1914 – 1918 a memoria dei caduti. IV XI MMV. Nel giardino sono presenti ulteriori ricordi relativi a entrambi i conflitti mondiali, tra i quali il Bollettino della Vittoria del generale Diaz del 4 novembre 1918. A pag. 170, Cassina Fra Martino. Il monumento, sormontato dalla statua di Giuseppe Mozzanica, reca i nomi del caduti delle due Guerre Mondiali. A pag. 171, Novate. Il monumento, costituito da un obelisco, reca i nomi del caduti delle due Guerre Mondiali. A pag. 172, Pagnano. Il monumento che si eleva all’interno di una fontana circolare reca i nomi dei caduti delle due Guerre Mondiali, della guerra di Libia, della guerra d’Eritrea e dei dispersi. A pag. 174, Istituto Comprensivo “Alessandro Manzoni” - Merate. Due lapidi in marmo recano i nomi degli ex alunni e ex insegnanti caduti durante la Grande Guerra. A pag. 175, Sartirana. Lapide in marmo reca i nomi dei caduti delle due Guerre Mondiali e della guerra di Libia. I racconti di guerra di Mario Rigoni Stern (introduzione di Folco Portinari) – Einaudi, 2006 Questo libro è strutturato in quattro grandi capitoli: Prima guerra mondiale, Seconda guerra mondiale, La prigionia e La resistenza. Originati da spunti esterni alla sua esperienza, i diciannove racconti riguardanti la prima guerra mondiale, offrono al lettore il senso importante della raccolta delle testimonianze che spaziano dalla contesa della Cima Dodici (la più alta montagna dell’Altopiano di Asiago), alla prigionia russa dei triestini, soldati dell’esercito austro-ungarico, all’eroismo di soldati e capitani che combattono contro il nemico sui fianchi impervi della montagne, ai montanari e ai condadini che condividevano le sorti degli eserciti, alla vergogna di Caporetto, fino alla storia della ricostruzione dell’Altopiano di Asiago. Mario Rigoni Stern, (Asiago, 1921 – 2008), è stato uno dei maggiori autori della letteratura italiana del ‘900. Ha combattuto durante la Seconda Guerra Mondiale sui fronti della Grecia, dell’Albania e dell’Unione Sovietica. Fu fatto prigioniero dai tedeschi e deportato in un campo di concentramento nella Prussia Orientale, dove rimane prigioniero rifiutando, come la maggioranza dei militari italiani catturati dai nazisti, di ottenere la libertà in cambio dell'arruolamento nelle forze armate della Repubblica sociale italiana. Dopo la liberazione del campo durante l'avanzata dell'Armata Rossa verso il cuore della Germania, rientrò a casa a piedi attraversando le Alpi, dopo due anni di prigionia, il 5 maggio 1945. I suoi romanzi più importanti sono ispirati alla sua esperienza militare e di uomo di montagna. Il mito della Grande Guerra di Mario Isnenghi – Il mulino, 2014 Isnenghi studia e analizza le opere letterarie sul tema della Grande Guerra, molti dei quali romanzi, scritte da intellettuali talvolta semplicemente per narrare le vicende belliche e la loro partecipazione a esse, talvolta per spiegare (prima di tutto a se stessi) le ragioni della loro partecipazione a quel grande evento, talvolta infine per trasfigurare nella fantasia le vicende. Dalle letture di autori quali Boine, Borgese, Marinetti, Soffici, Serra, D’Annunzio, Lussu, Prezzolini, Malaparte, Giuliotti, Papini, Gadda, Jahier emerge quel misto di insoddisfazione e orgoglio, di accettazione e ribellione verso la società borghese che il conflitto e la chiusura del conflitto avevano rivelato. Mario Isnenghi (Venezia, 1938) docente universitario di storia contemporanea, la sua ricerca spazia dalla Grande Guerra, al fascismo, dai conflitti fra le memorie, alla soggettività ed al discorso pubblico. Le sue numerose pubblicazioni sui predetti temi sono considerate punti fermi dalla storiografia contemporanea. Il Fuoco di Henri Barbusse – Castelvecchi, 2014 Il romanzo mostra il crescente odio dell'autore per il militarismo e si attira dure critiche per il forte realismo, fu questo infatti uno dei primi romanzi a proporre una testimonianza realistica sulla brutale esperienza della guerra: l'opera, che nulla concede alla retorica nazionalista ed eroica, si impone nel panorama letterario per la cruda descrizione della vita e delle sofferenze dei "poilus", come venivano chiamati i soldati francesi. Grazie alla sua efficace testimonianza, il romanzo contribuisce a suscitare sentimenti contro la guerra in tutta la società. Il genere letterario al quale si rifà Barbusse è quello della cronaca. Per mezzo della tecnica descrittiva emergono i temi dell'acqua, della nebbia e della fanghiglia e le visioni di vita nella trincea, i cunicoli, le terre e i paesaggi devastati dal diluvio e dalla guerra prevalgono sul "feu", termine che viene utilizzato solo poche volte. Con la tecnica dialogica, Barbusse, traduce il vissuto dei soldati grazie alla sapiente tecnica linguistica del gergo di trincea e dei parlati popolari. Henri Barbusse (Asnières-sur-Seine, Francia, 1873 – Mosca, 1935) è stato uno scrittore giornalista e attivista politico comunista. Allo scoppio della prima guerra mondiale, malgrado l'età, la salute delicata e il convinto antimilitarismo, Barbusse parte volontario per il fronte condividendo la decisione dei socialisti di non astenersi dal conflitto per difendere la Francia. Dopo un anno in trincea passò alle retrovie come barelliere ma, dopo alcuni ricoveri ospedalieri, venne riformato e messo in congedo. L'esperienza della trincea costituirà per Barbusse una rivelazione da cui nasce Le Feu (Il fuoco), pubblicato dapprima in 93 puntate sul periodico L'Œuvre e poi in volume nel dicembre del 1916. Barbusse è stato un convinto assertore dell'importanza del ruolo che l'intellettuale deve assumere per la liberazione del popolo e di un futuro basato sulla giustizia. Terra di nessuno di Eric J. Leed – Il Mulino, 1985 La grande guerra non ha rappresentato un evento circoscritto alla sola dimensione militare o nei termini di una ben nota collocazione cronologica, ma ha inaugurato nuovi temi d’indagine come quello sull’impatto che la guerra ha avuto sulla psicologia del soldato al fronte e sulla vita interiore dell'individuo. Leed, raccogliendo il contributo delle precedenti riflessioni sulla grande guerra, specialmente l'opera di Paul Fussell The Great War and Modern Memory e ricorrendo agli strumenti di indagine offerti da discipline come la psicologia, l'antropologia e la sociologia, allarga ed approfondisce le ipotesi interpretative che emergono dalle esperienze soggettive e dalle memorie personale degli esseri umani coinvolti siano essi britannici, francesi, tedeschi o americani. Secondo l’analisi dell’autore, la guerra generò fenomeni di dissociazione che alimentarono nel combattente l'ossessione di aver vissuto due vite diverse, una contraddizione a volte impossibile risolvere. La tecnologia impiegata inoltre, fece crescere un diffuso senso di impotenza nell'uomo, il quale perse la percezione di sé come individuo responsabile delle proprie azioni. Eric J. Leed, (Montana - Stati Uniti, 1942) Storico ha insegnato Storia nella Florida International University di Miami. In Italia sono stati pubblicati anche "La mente del viaggiatore. Dall'Odissea al turismo globale" (1991) e "Per mare e per terra. Viaggi, missioni, spedizioni alla scoperta del mondo" (1996). Caporetto. Diario di guerra (maggio – dicembre 1917) di Angelo Gatti – Il Mulino, 1997 Angelo Gatti è stato uno dei colonnelli al seguito di Cadorna, il suo incarico fu quello di storiografo ufficiale del Comando Supremo. Il volume raccoglie le memorie dell’autore che vanno dal 8 maggio al 6 dicembre del 1917, includendo la genesi, lo svolgersi e parte dei primi effetti dello sfondamento del fronte Italiano a Caporetto. Il diario contribuisce a chiarire le responsabilità militari nella battaglia iniziata il 24 ottobre 1917, contrastando con la tesi di Cadorna, che additò la presunta, mancata volontà combattiva della truppa e le numerose defezioni come unica causa della disfatta. Le pagine del diario contengono approfondite riflessioni personali, unite ad una dettagliata descrizione di tutto ciò che in quei mesi accadeva al Comando e, in generale, nel Paese. Angelo Gatti (Capua, 1875 – Milano, 1948) è stato un generale, storico e scrittore di opere di narrativa e saggistica. Importanti come fonte storica sono i suoi diari, pubblicati postumi, che presentano gli eventi bellici vissuti in prima persona durante la grande guerra a fianco del Generale Cadorna. L’officina della guerra. La Grande Guerra e le trasformazioni del mondo mentale di Antonio Gibelli – Bollati Boringhieri, 2007 La guerra scaraventa violentemente il mondo contadino dentro la società industriale con i suoi ritmi, offre anche alle menti più semplici l’occasione di riflettere sul nuovo senso della morte e della vita. La guerra insegna ad avvalersi del controllo statale sin all'interno delle vite private, e addestra le classi dirigenti, militari e politiche, alle logiche industriali della massificazione sociale. Antonio Gibelli (Genova, 1942) storico italiano, è uno dei maggiori studiosi della scrittura come pratica sociale e delle esperienze individuali e collettive nelle due guerre mondiali. Le sue ricerche più significative vertono sulla storia della prima guerra mondiale. Il suo volume L'officina della guerra. La Grande Guerra e le trasformazioni del mondo mentale ha profondamente innovato l'orientamento degli studi sul conflitto in una prospettiva di storia culturale, facendo uso per la prima volta di fonti come le relazioni degli psichiatri sui dissesti mentali dei soldati e le lettere dei fanti. La peculiarità del suo metodo storico consiste nella prospettiva "dal basso", tramite l'analisi e la narrazione dei punti di vista della gente comune, utilizzando le loro testimonianze epistolari, diaristiche e memorialistiche. Al fine di promuovere lo studio di questi materiali salvandoli dalla dispersione, nella seconda metà degli anni Ottanta ha fondato, presso il Dipartimento di Storia Moderna e Contemporanea di Genova, l’Archivio Ligure della Scrittura Popolare (ALSP), oggi una delle principali istituzioni europee del genere. Niente di nuovo sul fronte occidentale di Erich Maria Remarque (traduzione di S. Jacini) – Mondadori, 1989 La propaganda tedesca, facendo leva su sentimenti come orgoglio e identità nazionale, si rivela uno strumento tanto pervasivo ed efficace da convincere molti giovani studenti ad arruolarsi nella prima guerra. Purtroppo la guerra non è facile e veloce come viene loro descritta. Il romanzo Niente di nuovo sul fronte occidentale racconta la vicenda di Paul Braumër, per tutto il lungo periodo di servizio militare trascorso nelle trincee belghe e francesi. Paul uccide un soldato francese in una buca dove si era riparato e rimarrà per sempre segnato da questa esperienza. Morirà poco prima del termine della guerra. Anche i suoi amici e compagni di classe moriranno tutti o perché colpiti da un aereo, o feriti dalle schegge o proiettili. Erich Maria Remarque (Osnabrück, Germania, 1898 – Locarno, 1970) arruolatosi volontario, durante la prima guerra mondiale, fu ferito più volte. Dopo la guerra cambiò il suo cognome in Remarque, che era stato il nome della famiglia fino a suo nonno. Cambiò molti lavori, diventando bibliotecario, uomo d'affari, insegnante e giornalista. Nel 1929 pubblicò la sua opera più famosa, Niente di nuovo sul fronte occidentale. Il regime nazista mise al bando le sue opere. Rifugiatosi in Svizzera e in seguito negli Stati Uniti, alla fine del secondo conflitto mondiale ritornò in Svizzera. Tra le sue opere più importanti si ricordano Tre camerati, Arco di trionfo, Tempo di vivere, tempo di morire, La notte di Lisbona, La via del ritorno, Ama il prossimo tuo. Un anno sull’Altipiano di Emilio Lussu – Einaudi, 2011 Il 1917 è l’anno durante il quale la Brigata Sassari operò sull'Altipiano di Asiago e attraverso il racconto degli episodi che vedono coinvolti i soldati e gli ufficiali emerge la critica dell’autore nei confronti dei comandi militari dell'epoca. La guerra venne condotta male da generali impreparati e presuntuosi, incapaci di rendersi conto dei propri errori nonché decisi a sacrificare migliaia di vite umane pur di conquistare pochi palmi di terreno. Alcuni personaggi, ritengono che a Roma, sia acquartierato il nemico. Il memoriale di Lussu, comunque, si interrompe prima della XI battaglia della Bainsizza (annunciata nell'ultima pagina del libro) e della successiva rotta di Caporetto. Emilio Lussu (Armungia, 1890 – Roma, 1975) scrittore, militare e politico italiano, eletto più volte al Parlamento e due volte ministro; fondatore del Partito Sardo d'Azione e del movimento Giustizia e Libertà. Antifascista, fu aggredito, ferito e poi confinato a Lipari; infine, una volta evaso, fu profugo all'estero per circa quattordici anni. Ha preso parte come ufficiale alla Prima guerra mondiale, dove fu più volte decorato e, come volontario, alla Guerra civile spagnola e alla Resistenza italiana. La via del ritorno di Erich Maria Remarque (traduzione di SC. Ujka) – Neri Pozza, 2014 Racconto della vicenda di trentadue soldati tedeschi, sopravvissuti su più di cinquecento fanti partiti all’inizio della Grande guerra, che alla fine del conflitto attraversano la Francia camminando lentamente verso casa. Lungo la strada incontrano i nemici, gli americani che indossano divise e mantelli nuovi, scarpe impermeabili e della misura giusta. Al loro confronto Ernst, il protagonista, e i suoi compagni di viaggio hanno l’aspetto di straccioni. Arrivati in Germania, in un grosso villaggio, nessuno li accoglie. Nessuno si accorge di loro. La loro patria li ha già messi da parte e li ha lasciati soli con un bagaglio di orrore e disperazione “guadagnato” durante la guerra. Erich Maria Remarque (Osnabrück, Germania, 1898 – Locarno, 1970) arruolatosi volontario, durante la prima guerra mondiale, fu ferito più volte. Dopo la guerra cambiò il suo cognome in Remarque, che era stato il nome della famiglia fino a suo nonno. Cambiò molti lavori, diventando bibliotecario, uomo d'affari, insegnante e giornalista. Nel 1929 pubblicò la sua opera più famosa, Niente di nuovo sul fronte occidentale. Il regime nazista mise al bando le sue opere. Rifugiatosi in Svizzera e in seguito negli Stati Uniti, alla fine del secondo conflitto mondiale ritornò in Svizzera. Tra le sue opere più importanti si ricordano Tre camerati, Arco di trionfo, Tempo di vivere, tempo di morire, La notte di Lisbona, Ama il prossimo tuo. Rubè di Giuseppe Antonio Borgese (con uno scritto di L. Sciascia) – Mondadori, 2011 Allo scoppio della Prima Guerra Mondiale, il giovane siciliano, Filippo Rubè, avvocato praticante in uno studio legale di Roma, si fa trascinare dalla propaganda interventista e decide di arruolarsi. L'impatto con la guerra risulta però traumatico per Rubè che è alla ricerca di un’impresa eroica. Anche la vita affettiva del giovane è complicata da ambiziose aspirazioni; nel tempo allaccia relazioni più o meno tormentate con tre donne. La sua esistenza, tra fallimenti sentimentali e insicurezze economiche, passioni politiche e frustrazioni professionali termina con una morte banale, mentre cerca di sfuggire alla calca della folla di un corteo di protesta in cui era casualmente incappato. Giuseppe Antonio Borgese (Palermo, 1882 – Fiesole, 1952), critico letterario, docente universitario di letteratura tedesca. Nel 1931, dopo aver rifiutato di prestare giuramento al Partito Fascista, perse la cattedra ed emigrò negli Stati Uniti dove insegnò in diverse università. Rientrò in Italia solo nel 1949. I ponti della Delizia di Guido Cervo – Piemme, 2009 Romanzo ambientato dopo la disfatta di Caporetto. Un gruppo di soldati sbandati tenta di raggiungere le retrovie insieme ai profughi che lasciano le loro case minacciate o occupate dalle truppe austriache Guido Cervo (Bergamo, 1952), insegnate di scuola superiore, è autore di romanzi storici. I suoi romanzi sono il frutto di ricerche storiche approfondite, che contribuiscono alla ricostruzione di affascinanti ambientazioni e scenari, teatro di eventi e riguardanti importanti personaggi storici. 1913. L’anno prima della tempesta di Florian Illies – Marsilio, 2013 L’aurore si pone l’obiettivo di raccontare la Storia e le sue storie attraverso i ritratti dei personaggi, l’uso dell'aneddoto, lo stile fluido e il libro è un combinato tra il saggio, il romanzo storico e la biografia. 1913 è un anno cruciale per la storia del secolo scorso durante il quale musicisti, artisti, letterati, filosofi unirono le loro forze in un massimo sforzo creativo e costruttivo, come se, atterriti all’idea di un ciclone che tutto avrebbe distrutto, sentissero il bisogno di creare. Florian Illies (Germania, 1971) storico dell’arte, giornalista, fondatore della rivista d’arte “Monopol”. La caduta dei giganti di Ken Follett (traduzione di Colombo, Pavese, Lamberti, Scarabelli) – Mondadori, 2010 Primo capitolo della Trilogia del secolo , La caduta dei Giganti racconta le vicende di cinque famiglie (gli americani Dewar, i gallesi Williams, i nobili inglesi Fitzherbert, i russi Peskov e i tedesci Von Ulrich) attraverso avvenimenti storici come la prima guerra mondiale, la rivoluzione russa, la lotta per il diritto di voto alle donne e le battaglie sindacaliste degli operai, abbracciando il periodo che va dall’incoronazione di Re Giorgio V nel 1911 al gennaio 1924. Mentre le vicende personali dei protagonisti si incrociano emergono nettamente le divisioni culturali e le visioni del mondo derivate dall’appartenenza a classi sociali e nazionalità differenti. Ken Follett (Cardiff - UK, 1949) scrittore britannico i suoi romanzi spaziano dal genere storico (I pilastri della terra e Mondo senza fine), al giallo (La cruna dell’ago, L'uomo di Pietroburgo e altri), al fantascientifico (Il martello dell’Eden e Il terzo gemello). La trilogia del Secolo comprende La caduta dei giganti, L'inverno del mondo e I giorni dell'eternità. 1915 – 1918. La guerra sugli Altipiani. Testimonianze di soldati al fronte a cura di Mario Rigoni Stern – Neri Pozza, 2000 Questa opera è una raccolta antologica composta da memorie e romanzi di scrittori e diaristi italiani e tedeschi, ambientati sui teatri della prima guerra mondiale degli altipiani del Nord-Est. In questi luoghi rimangono ancora i segni nella natura e nel paesaggio che testimoniano uno dei periodi storici più cupi dell’Europa. Il lettore potrà leggere testimonianze di grandi e anche ottimi scrittori (come Gadda, Lussu, Stuparich, Jahier, Musil, Weber), di semplici cittadini, di qualche storico che descrisse i fatti appena avvenuti, di qualche generale che aveva responsabilità di comando. Il volume contiene numerose mappe e foto panoramiche d’epoca. Mario Rigoni Stern, (Asiago, 1921 – 2008), è stato uno dei maggiori autori della letteratura italiana del ‘900. Ha combattuto durante la Seconda Guerra Mondiale sui fronti della Grecia, dell’Albania e dell’Unione Sovietica. Fu fatto prigioniero dai tedeschi e deportato in un campo di concentramento nella Prussia Orientale, dove rimane prigioniero rifiutando, come la maggioranza dei militari italiani catturati dai nazisti, di ottenere la libertà in cambio dell'arruolamento nelle forze armate della Repubblica sociale italiana. Dopo la liberazione del campo durante l'avanzata dell'Armata Rossa verso il cuore della Germania, rientrò a casa a piedi attraversando le Alpi, dopo due anni di prigionia, il 5 maggio 1945. I suoi romanzi più importanti sono ispirati alla sua esperienza militare e di uomo di montagna. Due colpi di pistola, dieci milioni di morti, la fine di un mondo. Storia illustrata della Grande Guerra di Emilio Gentile – Laterza, 2014 I due colpi di pistola sparati nel giugno 1914 alla fine del conflitto causarono 10 milioni di morti, la fine di un mondo, una «pace senza pacificazione». La Grande Guerra è stata una guerra di massa che coinvolse Stati, eserciti e popolazione civile, che ha modificato economie e sistemi politici e accusato un vuoto geo-politico con la scomparsa dopo il 1918 di quattro grandi imperi: ottomano, russo, austro-ungarico, tedesco. La latente voglia di rivincita, disordini sociali e, come sosteneva Annah Arendt, fu «levatrice» del totalitarismo. Eppure questa guerra non era totalmente inevitabile, come lo stesso Gentile sottolinea nell’introduzione al suo lavoro. Non fu inevitabile per fatalità, ma non esplose neppure per caso, anche se il caso ebbe la sua parte. Fu decisa da uomini che avevano il potere di scegliere fra la pace e la guerra. E scelsero la guerra». Su ogni decisione influirono circostanze che spesso sfuggirono al controllo della ragione e che pertanto ebbero conseguenze «imprevedibili, terribili e irreversibili». La regione dei Balcani fu la polveriera del conflitto, un micro mondo che rifletteva uno più grande, con tutte le sue contraddizioni: dai conflitti etnici al nazionalismo, dalla stanchezza degli antichi imperi alle pretese espansionistiche di piccoli Stati. La mobilitazione degli eserciti e le successive dichiarazioni di guerra portarono gran parte delle popolazioni a calarsi nel conflitto, alcune in maniera entusiasta, mentre la maggioranza lo fece invece rassegnata come contadini, operai, piccoli artigiani e commercianti. La propaganda ebbe un ruolo determinante nella mobilitazione patriottica-nazionale. Sui vari fronti vissero e morirono milioni di soldati, sperimentando anche rapporti sociali diversi da quelli da cui provenivano che andarono a costruire una comunità di guerra. Le nazioni imperialiste mobilitarono in questo sforzo anche le proprie colonie africane e asiatiche Si colse l’occasione per creare il “nemico interno” (vedi la vicenda del popolo armeno). Emilio Gentile (Bojano, 1946) storico italiano, allievo di Renzo De Felice, è docente di storia contemporanea all'Università La Sapienza di Roma, collabora a giornali e riviste. Ha insegnato in Australia, Francia e Stati Uniti. Molti dei suoi libri sono stati tradotti in diverse lingue. I suoi studi riguardano la storia contemporanea, la nazione, il totalitarismo, il pensiero mitico, le religioni della politica, l’ideologia e le istituzioni fasciste. ’14 di Jean Echenoz (traduzione di G. Pinotti) – Adelphi, 2014 Echenoz narra la spensieratezza con cui 5 giovani ragazzi della campagna francese, inconsapevoli e incapaci di immaginare ciò che li attende, partono per la guerra. Lo zaino che si appesantisce sempre più, poi la pioggia battente. I primi combattimenti. Poi un indicibile crescendo di orrore: le trincee, il freddo, le granate, le pulci, la carne maciullata, i topi, i corpi purulenti, le mosche … tutto ciò che spinge disperatamente il soldato a cercare “la buona ferita” (un braccio reciso di netto): La ferita che lo strapperà all’inferno. Jean Echenoz (Orange - Francia, 1947) è uno scrittore francese. In Italia sono stati pubblicati i suoi romanzi: Cherokee, La spedizione Malese, Noi tre, Le biondone, Un anno, Me ne vado, Il mio editore, Al pianoforte, Ravel, Correre, Lampi. Il Piave di Fortunato Minniti – Il Mulino, 2000 Il Piave è stato per tre generazioni il simbolo della patria e il protagonista di una leggenda. E la sua storia è indissolubilmente legata a quella della Prima Guerra Mondiale e di Caporetto, e dopo Caporetto sul Piave comincia, in tutta fretta, l' organizzazione della resistenza. Come fu possibile un rovesciamento di attitudini e di morale così netto, in così poco tempo, negli stessi uomini che erano stati messi in fuga? Diaz seppe trattare i soldati più umanamente di Cadorna? I suoi generali s' impegnarono a fondo?Gli alleati mandarono alcune divisioni? La lezione di Caporetto fu un colpo di frusta per lo stato maggiore, per le industrie e per la classe politica? Questo sono gli interrogativi che pone l’autore. Ma il fattore decisivo fu morale e psicologico. Il Piave non era l' Isonzo: era percepito come la porta di casa. Fu teatro di tre storiche battaglie la prima nel novembre 1917, la seconda, la battaglia del Solstizio, nel giugno 1918 e l’ultima quella di Vittorio Veneto nell’ottobre/novembre 1918. Ne avemmo la conferma sei mesi dopo, in giugno, quando gli austriaci e i tedeschi lanciarono una nuova offensiva. La battaglia del Solstizio durò dal 15 al 24 giugno 1918 e si concluse con la vittoria dei difensori. La gente, in molte città, scese in piazza per manifestare la sua gioia. Si compose una canzone, «La leggenda del Piave», al tempo stesso melodica e marziale, che divenne da quel momento, secondo Mario Isnenghi, una «piccola Marsigliese di governo e di popolo». Fortunato Minniti (Roma, 1946), docente universitario di storia contemporanea, si è occupato di storia militare italiana con riferimento alla politica militare degli anni Settanta e Ottanta dell’Ottocento; ai programmi di riarmo e alla strategia operativa delle forze armate negli anni del Fascismo; ad un luogo della memoria della Grande Guerra, il Piave. Studia attualmente l’impatto culturale del volo nel mondo fino alla Grande Guerra, anche in riferimento all’impiego militare degli aerei. Ci rivediamo lassù di Pierre Lemaitre (traduzione di S. Ricciardi) – Mondadori, 2014 Al termine della prima guerra mondiale, precisamente il 2 novembre 1918, due soldati provenienti da due classi sociali differenti scoprono il loro tenente, un aristocratico arrivista che vuole guadagnarsi il grado di capitano, ha intenzione di lanciare un’ultima offensiva facendo credere che i tedeschi hanno ucciso due loro compagni esploratori. Si saprà in seguito che i due soldati sono stati uccisi proprio dallo stesso tenente. Durante l’offensiva i due protagonisti vengono seriamente feriti. Nel dopoguerra escogiteranno una frode ai danni dello stato vendendo monumenti ai caduti. Pierre Lemaitre (Parigi, 1951) sceneggiatore e scrittore, prima di dedicarsi alla scrittura è stato insegnante di tecniche di comunicazione e di letteratura per bibliotecari. Tra i suoi romanzi più conosciti troviamo: L'abito da sposo e Lavoro a mano armata. Non tutti i bastardi sono di Vienna di Andrea Molesini - Sellerio, 2010 Paolo Spada, orfano diciassettenne di nobili origini nativo di Refrontolo, un paesino situato vicino al Piave, assiste e descrive in tutta la loro cruda verità gli orrori del primo conflitto mondiale durante la fase più delicata (novembre 1917 – ottobre 1918): le estemporanee impiccagioni di piazza, gli episodi di violenza nei confronti delle donne. Paolo, dopo essere stato a lungo un osservatore distante dagli orrori, decide di impegnarsi nella lotta contribuendo all’attività di spionaggio contro l’Impero austro–ungarico. Andrea Molesini (Venezia, 1954) è uno scrittore, poeta, traduttore italiano. Hemingway e il ragazzo che suonava la tromba di Luisa Mattia Piemme , 2014 La Prima guerra mondiale era scoppiata e il padre del sedicenne milanese Benni era stato arruolato nell’aviazione italiana. Anche Benni sogna l'aviazione e falsificando i documenti, si presenta come volontario e viene assegnato alla banda musicale della fanteria a Fossalta di Piave. Il fronte è lontano, ma è qui che il ragazzo conosce Ernest Hemingway, un giovane americano che guida la jeep della Croce Rossa e che lo aiuterà a scrivere una serenata per conquistare Emilia, la ragazzina di cui si è perdutamente innamorato. Un giorno però Hemingway non torna al campo e Benni, armato solo della sua tromba, si avventura sulla linea di fuoco per cercarlo. Luisa Mattia (Roma, 1953) oltre a scrivere libri per ragazzi, è autrice per il teatro e per la televisione. Ha vinto il Premio Andersen Miglior Scrittore 2008. La vittoria senza pace. Le occupazioni militari italiane alla fine della Grande Guerra (a cura di Raoul Pupo con i contributi di G. Caccamo, A. Di Michele, R. Pupo) – Laterza, 2014 Dopo la Grande Guerra, l’Italia cercò di ritagliarsi un ruolo centrale nella definizione dei nuovi rapporti di forza sugli scenari europei Nel libro viene analizzata la presenza dell’Italia in Austria e nelle province occupate di Trento e Bolzano, le occupazioni delle zone da Trieste e la Venezia Giulia fino a Fiume e alla Dalmazia e infine le spedizioni “minori”, a cominciare dall’Albania fino all’occupazione del Dodecanneso. La gestione della politica estera italiana mirava a ritagliarsi un proprio spazio nei nuovi assetti mondiali, con le improvvisazioni dei comandi militari dislocati nelle terre occupate che spesso agivano in autonomia addirittura contro gli interessi del governo di Roma. In politica estera l’Italia postbellica non dimostrò di essere tollerante e generosa, capace di garantire alle nuove minoranze linguistiche un’integrazione rispettosa dei propri diritti nazionali. La commedia di Charleroi di Pierre Drieu la Rochelle (traduzione di A. Scarpellini) – Fazi, 2014 La commedia di Charleroi, raccolta di 6 racconti, parla delle trincee francesi della Prima Guerra Mondiale e del male dentro nelle persone. Nel primo racconto che dà il titolo al libro, la protagonista è una anziana donna della buona borghesia francese che si reca a Charleroi per commemorare e visitare il luogo dove il figlio morì in guerra. Ma la signora si dimostra più interessata alle celebrazioni del coraggio, della gloria e dell’onore che alle sofferenze e alle angosce del figlio. Pierre Drieu la Rochelle ( Parigi, 1893 - 1945) scrittore e intellettuale francese, volontario della prima guerra mondiale, collaborazionista dei nazisti. Arrestato dopo la liberazione, morì suicida. Storia di Tönle di Mario Rigoni Stern – Einaudi,1978 Tönle Bitarn, contrabbandiere costretto alla latitanza, si adatta a piccoli lavori trovati nel suo girovagare per l’Europa di fine Ottocento e d’inverno, di nascosto dalla autorità ritorna alla sua casa sull’altopiano di Asiago. Nel 1904 ottiene l’amnistia e ritorna al suo antico lavoro di pastore. Ma presto arriva la guerra e il suo paese si riempie di soldati. Tönle rifiuta di lasciare la sua casa quando la popolazione viene fatta evacuare. Pattuglie di soldati perlustravano la zona, a volte erano tedeschi, a volte italiani ma il vecchio riusciva sempre ad evitarli, riusciva persino a passare la notte nel suo letto. Ma un giorno gli austriaci lo catturarono e con l’accusa di spionaggio lo spedirono al campo di concentramento di Katzenau dal quale riuscì a fuggire per essere ripreso quasi immediatamente. Ritornato a casa sui suoi monti, trova che tutto è stato distrutto e tristemente si avvia verso la pianura dove si erano rifugiati tutti, compresi i suoi famigliari che in realtà lo stavano ancora cercando. Tönle muore sotto un ulivo. Mario Rigoni Stern, (Asiago, 1921 – 2008), è stato uno dei maggiori autori della letteratura italiana del ‘900. Ha combattuto durante la Seconda Guerra Mondiale sui fronti della Grecia, dell’Albania e dell’Unione Sovietica. Fu fatto prigioniero dai tedeschi e deportato in un campo di concentramento nella Prussia Orientale, dove rimane prigioniero rifiutando, come la maggioranza dei militari italiani catturati dai nazisti, di ottenere la libertà in cambio dell'arruolamento nelle forze armate della Repubblica sociale italiana. Dopo la liberazione del campo durante l'avanzata dell'Armata Rossa verso il cuore della Germania, rientrò a casa a piedi attraversando le Alpi, dopo due anni di prigionia, il 5 maggio 1945. I suoi romanzi più importanti sono ispirati alla sua esperienza militare e di uomo di montagna. La Cripta dei Cappuccini di Joseph Roth (traduzione di L. Terreni) – Adelphi, 2002 Alla caduta dell'Impero Asburgico, l'unica cosa in cui credeva veramente, e dopo aver combattuto e aver subito i rigori della prigionia, il nobile Trotta si sente perso e sconfitto. Trotta è l’ incarnazione di quella nobiltà filo- imperiale che dopo la sconfitta nella Prima Guerra Mondiale si sente smarrita, persa, impaurita e sconfitta. L'unica cosa che può fare e recarsi alla Cripta dei Cappuccini dove sono sepolti gli imperatori austriaci, e chiedersi smarrito "dove devo andare, ora, io, un Trotta?.."; in questa domanda è racchiusa la presa di coscienza di una generazione, di un ceto, di una nazione Joseph Roth (Brody, Ucraina, 1894 – Parigi, 1939) scrittore e giornalista austriaco di origine ebrea. Determinante fu per Roth l’esperienza della Prima guerra mondiale, con il conseguente crollo dell'Impero Austro-Ungarico. All'inizio assunse una posizione pacifista ed era stato valutato inabile al servizio militare. In seguito, nel 1916, si arruolò volontario nel 21º battaglione di fanteria, quidi fu mandato alla 32ª divisione in Galizia e fino alla fine della guerra, fu assegnato al servizio stampa nella zona di Leopoli. Nel 1933, all’avvento del Terzo Reich, Roth si trasferì a Parigi e i suoi libri furono dati alle fiamme. I temi delle opere di Roth sono la perdita della Patria (La marcia di Radetzky e La Cripta dei Cappuccini), la grazia divina (La leggenda del santo bevitore) e le radici ebraiche (Il Leviatano e Giobbe). La Grande Guerra di Mario Isnenghi – Giunti, 2002 Cinque agili e chiari capitoli che raccontano cronologicamente le cause, gli scenari, la geografia, le azioni politiche e militari, le economie delle nazioni coinvolte, le tecnologia belliche, il fronte interno, i mutamenti sociali, la propaganda, la vita dei soldati, gli sconvolgimenti e le atrocità e, infine, la fine e la memoria della Grande Guerra. Mario Isnenghi (Venezia, 1938) docente universitario di storia contemporanea, la sua ricerca spazia dalla Grande Guerra, al fascismo, dai conflitti fra le memorie, alla soggettività ed al discorso pubblico. Le sue numerose pubblicazioni sui predetti temi sono considerate punti fermi dalla storiografia contemporanea. Lettere di prigionieri di guerra italiani. 1915 – 1918 di Leo Spitzer – Bollati Boringhieri, 2014 Prestando servizio dal 1915 al 1918 all’Ufficio di censura austriaco di Vienna, Spitzer venne a contatto con un immenso numero di lettere scritte in italiano da prigionieri, internati, disertori e, più raramente, soldati italiani o italo-austriaci e ne comprese subito il valore documentario. Al giovane studioso di linguistica non poteva sfuggire lo spessore di quell’esercizio calligrafico che molti prigionieri appartenenti alla classe popolare stavano realizzando, per la prima volta, spinti dalla drammatica condizione della guerra e della prigionia. L’autore analizza le lettere, le sceglie, le ordina, le cataloga per temi, ne ritaglia i brani tematicamente più significativi e, procedendo oltre la superfice del testo, coglie il carattere di un’italianità efficacemente intuita. L’elemento omologante della guerra permette a Spitzer di procedere con un’indagine tipologica del materiale selezionato e avviare così la sua indagine documentaria sulla ‘psicologia’ del popolo italiano. Nei ventiquattro capitoli della raccolta si percorrono temi chiave della letteratura di guerra, e si ritrovano le principali categorie di cui più tardi la critica letteraria e la storiografia si sarebbero servite copiosamente per cercare di comprendere il conflitto bellico. Dopo le considerazioni iniziali riguardanti la lingua, l’ortografia, le formule di apertura e saluto, compaiono i temi della lontananza, del ricordo, dell’attesa della pace, del sogno, della fotografia, della famiglia, dei compagni di prigionia, della rassegnazione, della religiosità, della fame, del patriottismo ecc. Leo Spitzer (Vienna, 1887 – Marina di Pietrasanta, 1960) è stato un linguista e critico letterario austriaco, considerato il massimo esponente della critica stilistica. In seguito alle persecuzioni contro gli ebrei fu costretto a rifugiarsi in Turchia e in seguito negli Stati Uniti dove continuò l'insegnamento. Dal 1946 fu socio corrispondente dell'Accademia della Crusca. I sonnambuli. Come l’Europa arrivò alla Grande Guerra di Christopher Clark – Laterza, 2014 Lo studio di Clark sulle cause e condizioni dello scoppio della Prima Guerra Mondiale mette in discussione l'imputazione, finora ampiamente accettata, di un particolare "colpa di guerra" da imputare all’Impero tedesco. Nel libro troviamo una dettagliata mappatura del complesso meccanismo di eventi e errori di valutazione che hanno portato alla guerra. Nel 1914 la guerra non era inevitabile. I rischi insiti nelle strategie perseguite dai vari governi coinvolti erano stati corsi in altre occasioni senza conseguenze catastrofiche. Christopher Clark (Sydney, 1960) è uno storico, docente universitario di storia contemporanea europea. 1914. Come la luce si spense sul mondo di ieri di Margaret Macmillan – Rizzoli, 2013 “La luce si sta spegnendo su tutta Europa e non la vedremo più riaccendersi nel corso della nostra vita": sir Edward Grey, segretario di Stato inglese per gli Affari esteri, percepì con chiarezza le dimensioni della crisi che nel giro di pochi giorni, di poche ore, avrebbe portato il continente europeo sull'orlo della catastrofe. Ma lo scoppio del conflitto, nell'agosto 1914, non fu che l'ultima maglia di una lunga catena di eventi, il momento che racchiuse - comprimendole - inquietudini e aspirazioni di un'epoca intera. Insieme ai profondi mutamenti sociali, culturali e tecnologici che trasformarono la natura della civiltà europea tra Ottocento e primo Novecento, l'autrice ripercorre gli antefatti, le tensioni accumulate, le scelte contingenti, spesso dovute a fraintendimenti, debolezze, ripicche tra politici e generali: il risultato è una ricostruzione, capillare e brillante, di un'ora fatale dell'umanità. Margaret Macmillan (Toronto,1943) docente universitaria e storica delle relazioni internazionali, il suo lavoro di ricerca è concentrato sulla storia dell’Impero britannico. Studiosa delle vicende della Prima Guerra Mondiale, Macmillan ha elaborato una teoria sulle condizioni storicho-economico-politiche che preludono allo scoppio dei conflitti Le due battaglie dell’Atlantico. La guerra subacquea, 1914-18 e 1939-45 di Antonio Martelli – Il Mulino, 2015 I sommergibili sono stati protagonisti di entrambe le guerre mondiali. Nel 1917, al culmine dell'offensiva subacquea tedesca, il siluramento del mercantile americano Atzec ad opera di un U-Boot diede agli Stati Uniti la spinta decisiva a entrare nella prima guerra mondiale. E, nella seconda, il gigantesco duello che si svolse in Atlantico fra gli U-Boote e le marine britannica, americana e canadese fu l'episodio centrale del conflitto, quello che ne determinò l'esito. L'autore mette a fuoco l'impiego massiccio che la Germania fece dei sommergibili nella Grande Guerra per forzare il blocco marittimo dell'Intesa, poi descrive come fu ricostituita la flotta subacquea nel Terzo Reich, infine tratteggia l'epico scontro che vide impegnate la flotta navale tedesca e le forze navali alleate fra il 1939 e il 1945. Antonio Martelli (Milano, 1936), cultore di storia economica e militare, ha insegnato programmazione aziendale ed è stato direttore della Scuola di Management alla LUISS. E’ stato docente di strategia e politica aziendale all’Università Bocconi di Milano e ha insegnato Economia Applicata presso l’Università degli Studi di Milano. Uomini in guerra di Andreas Latzko (traduzione di M. Maggioni) – Keller, 2014 Il libro, suddiviso in 6 episodi, racconta la prima linea ma anche la follia dei soldati ricoverati, l’onnipotenza di certi generali che seduti al tavolino di un Kaffeehaus mandano al massacro centinaia di uomini per volta e il ritorno del contadino al paese natio dove la vita non sarà più quella di prima perché la guerra ha lasciato sul suo volto segni indelebili. È un grido di denuncia nei confronti della guerra, di una forza straordinaria, che creò non pochi problemi all’autore. Lo scrittore e giornalista austriaco Karl Kraus, scrisse a proposito di Uomini in guerra “Un grido e una testimonianza importante sulla Grande Guerra e sull’umanità”. Andreas Latzko (Budapest, 1876 – New York, 1943) giornalista, scrittore e biografo, nel mese di agosto 1914, all'inizio della Grande Guerra, fu richiamato nell’esercito della Imperiale e Reale Wehrmacht d'Austria-Ungheria. Con il grado di ufficiale fu inviato al fronte sul fiume Isonzo. Si ammalò di malaria ma fu congedato solamente a causa di un grave shock subito durante un pesante attacco di artiglieria italiano vicino Gorizia. A Davos, dove fu ricoverato per otto mesi, scrisse il libro denuncia Uomini in guerra. Questo libro è stato censurato in stati europei. Latzko, ebreo e pacifista, per sfuggire alle persecuzioni naziste e al rogo del suo libro emigrò negli Stati Uniti Orizzonti di gloria di Humphrey Cobb (traduzione di G. Proietti) Castelvecchi, 2014 Il romanziere canadese Humphrey Cobb basò il suo romanzo su un evento avvenuto durante la Prima Guerra Mondiale: cinque soldati dell’esercito francese furono ingiustamente fucilati per ammutinamento, per nascondere brutalmente il fallimento di un’impresa bellica. I famigliari delle vittime citarono in giudizio, per questo, l’esercito francese: il tribunale, pur riconoscendo le loro ragioni, concesse un risarcimento di un franco a vedova. Cobb, colpito dall’assurdità della vicenda, scrisse questo romanzo che si ispira liberamente all’episodio storico. Gli alti gradi dell’esercito francese ordinarono di attaccare una roccaforte tedesca, con l’imperativo categorico della vittoria. Il micidiale fuoco tedesco impedì a una parte delle truppe perfino di uscire dalle trincee. La prevista disfatta si verificò. Furono scelti tre uomini per essere giudicati dalla corte marziale con l’accusa di codardia. Durante il dibattimento processuale emersero due figure: quella di un ufficiale coraggioso, che difese allo spasimo i suoi soldati, e quella di un ufficiale fanatico, che pretese l’esecuzione dei tre soldati. “Orizzonti di Gloria” fu censurato in Francia fino al 1976, per “diffamazione dell’alto comando francese”. Humphrey Cobb (Siena, 1899 – New York, 1944) è stato uno sceneggiatore e romanziere canadese. Orizzonti di Gloria (Paths of Glory), romanzo scritto nel 1935, fu adattato per il grande schermo nel 1957 da Stanley Kubrick. Combatté nell'esercito canadese per tre anni durante la prima guerra mondiale. Visse i suoi ultimi anni negli Stati Uniti. La patria ferita. I corpi dei soldati italiani e la Grande Guerra di Barbara Bracco – Giunti, 2012 Il libro è dedicato ai soldati feriti e mutilati – quasi mezzo milione, in base alle pensioni per danni fisici o psichici permanenti – della Grande Guerra. Al corpo menomato viene attribuito un significato edificante perché la “parte mancante” è stata offerta alla Patria. Pertanto i mutilati e feriti di guerra hanno diritto a essere curati, assistiti anche finanziariamente e riavviati al lavoro. I mutilati di guerra si costituiscono in associazione e nel corso del tempo rivendicano diritti civili e politici. Apparati medici, giuridici ma anche pittori e scrittori delle avanguardie futuriste scoprono un nuovo filone di studio e lucro. Barbara Bracco (Perugia, 1965) insegna Storia contemporanea all'Università Milano-Bicocca. Si è occupata prevalentemente di storia italiana con speciale attenzione alla Grande guerra. Ad essa ha guardato da varie angolazioni: dalla costruzione delle memorie e degli immaginari popolari alla violenza bellica e al corpo dei soldati. È autrice di Memoria e identità dell'Italia nella Grande Guerra. L'Ufficio storiografico della mobilitazione 1916-1926 (Unicopli, 2002). La Scintilla. Da tripoli a Sarajevo: come l’Italia provocò la prima guerra mondiale di Franco Cardini e Sergio Valzania – Mondadori, 2014 Secondo i due autori, la “scintilla” del conflitto sarebbe da individuarsi nell’attacco italiano alla Libia, avvenuto nel settembre 2011, e la relativa facilità con la quale l’impero ottomano fu sconfitto dall’Italia, all’epoca non certo considerata una potenza militare di prima grandezza, spinse i piccoli stati balcanici ad affrancarsi dall’egemonia turca, dando origine a una serie di conflitti il cui ultimo episodio fu l’attentato di Sarajevo. Le guerre balcaniche contribuirono allo scoppio della Grande Guerra perché confermavano l’assunto che le guerre moderne avrebbero avuto breve durata dato l’apporto che le tecnologie fornivano al massacro degli eserciti. Franco Cardini (Firenze, 1940) storico e saggista italiano, è autore di numerosi saggi sul medioevo e le crociate. Sergio Valzania (Firenze, 1951) è giornalista, autore televisivo e docente universitario di lettere. Il sale della terra di Jozef Wittlin (traduzione e cura di S. De Fanti) – Marsilio, 2014 Il romanzo è ambientato sul fronte orientale della Grande Guerra dove avveniva lo scontro fra i due imperi centrali e la grande Russia e precisamente nella Galizia orientale, quel territorio fra le attuali Polonia e Ucraina dove vivevano ebrei, ucraini, polacchi, ungheresi, cechi, slovacchi, rumeni, armeni. La guerra guerreggiata, il fango delle trincee, i corpi macellati dei soldati restano come sullo sfondo; si sentono i cannoneggiamenti del fronte, a volte tremano i vetri delle finestre mentre il protagonista, un aiuto capostazione polacco, vive la sua storia minima da impiegato imperial-regio. E sarà proprio la burocrazia che si prenderà in carico il suo corpo per prepararlo al macello. Jozef Wittlin (Dymitrów, Polonia, 1896 – New York, 1976) poeta, critico letterario e scrittore ebreo. Emigrò negli Stati Uniti alla vigilia dello scoppio della Seconda guerra mondiale. Come cavalli che dormono in piedi di Paolo Rumiz – Feltrinelli, 2014 Durante la Prima Guerra Mondiale, soprattutto in Galizia, gli italiani di Trento e Trieste furono chiamati a combattere come sudditi dell’impero austroungarico contro quell’Italia che dal 1918 in poi sarebbe diventata la loro nuova patria. Rumiz, in treno e a piedi, intraprende un lungo itinerario che inizia dal fronte italiano, dall’Ortigara, il Pasubio, il Grappa, il San Michele, il Sabotino, montagne in cui morirono, fra italiani e austriaci, più di quattrocentomila soldati e procede in Austria, Polonia, Russia e Ucraina. L’obiettivo è quello di ritrovare le tracce di quei triestini, istriani, trentini “che prima di essere ribattezzati italianissimi, sono stati nemici”. Il nonno di Rumiz aveva combattuto nel 97 reggimento, il Sieben und Neunziche; i suoi commilitoni, a guerra finita, al ritorno dal fronte o dalla prigionia in Russia, furono non solo diffidati dai carabinieri a raccontare ciò che avevano vissuto ma addirittura spediti in campi di rieducazione nell’Italia del centro sud: dopo essere stati troppo italiani per gli austriaci erano diventati troppo austriaci per gli italiani. Paolo Rumiz (Trieste, 1947) è un giornalista, scrittore. Inviato sui teatri di guerra della ex Jugoslavia e in Afghanistan, ha tratto ispirazione dai numerosi viaggi in Italia ed Europa per scrivere libri come “La leggenda dei monti naviganti”, “La cotogna di Istanbul”, “Morimondo” Plotone di esecuzione. I processi della prima guerra mondiale di Enzo Forcella e Alberto Monticone – Laterza, 2014 Su circa 5 milioni e 200 mila soldati combattenti ci furono, tra il 1915 e il 1918, 870 mila denunce all'autorità giudiziaria. Su 350 mila processi, le sentenze di condanna furono 210 mila. Tra i reati, oltre alla renitenza di un grande numero di emigrati, si elencano esempi di; diserzioni, di mutilazioni volontarie, una canzone antimilitarista e una lettera considerata disfattista. Le condanne a morte furono 4028, quelle all'ergastolo più di 15 mila. Emerge dalle ricostruzioni degli autori come la grande massa dei disubbidienti disse di no alla guerra per paura: dalle sentenze escono storie di contadini, di manovali, di sottoproletari analfabeti mandati al massacro senza nessuna coscienza e senza nessuna idea di nazione che fanno capire come la guerra e' la condizione più disumana dell'uomo. E La paura di quei soldati rimbalzava sulle corti marziali che reagivano più con la ferocia della debolezza che con la forza della ragione Enzo Forcella (Roma, 1921 – 1999) scrittore, giornalista, sceneggiatore e storico italiano. Collaborò con La Stampa e Il Giorno. Fu tra i fondatori de La Repubblica. Alberto Monticone (Sommariva Perno, 1931) politico, docente universitario e storico italiano, ha scritto saggi di Storia della Chiesa, sulla prima guerra mondiale, sul pauperismo e sulla radio nel periodo fascista. L’apocalisse della modernità. La grande guerra per l’uomo nuovo di Emilio Gentile – Mondadori, 2008 L’autore analizza un periodo storico compreso tra il 1870 (epoca della guerra franco-prussiana) e il primo dopoguerra anni in cui ebbero origine i totalitarismi Prima nell’ambivalenza del conflitto mondiale la società viveva tra la sincera fiducia nel progresso e una latente aspettativa apocalittica alimentata da continue profezie di guerra dove gli uomini, secondo alcune teorie filosofiche, avrebbero trovate la “rigenerazione” Emilio Gentile (Bojano, 1946) storico italiano, allievo di Renzo De Felice, è docente di storia contemporanea all'Università La Sapienza di Roma, collabora a giornali e riviste. Ha insegnato in Australia, Francia e Stati Uniti. Molti dei suoi libri sono stati tradotti in diverse lingue. I suoi studi riguardano la storia contemporanea, la nazione, il totalitarismo, il pensiero mitico, le religioni della politica, l’ideologia e le istituzioni fasciste. Sitografia www.14-18.it Durante la Prima Guerra Mondiale si assistette ad una straordinaria produzione di materiali documentari diversi: dalle fotografie alle cartoline; dai giornali di trincea ai manifesti; dai fascicoli riguardanti i singoli caduti ai volantini di propaganda; dagli spartiti musicali ai diari e alle lettere. Il sito è costituito da un grande archivio di immagini di interesse storico per la conoscenza e la valorizzazione di collezioni possedute da istituzioni diverse tra cui archivi, musei, biblioteche. Si consultano i contenuti esposti in forma unitaria e con semplici suddivisioni tipologiche. www.grandeguerra.rai.it E' il portale realizzato dalla Rai in occasione del centenario della Prima Guerra Mondiale. Video, foto, testimonianze, conservato nelle Teche e negli archivi della Rai. www.centenario1914-1918.it (Presidenza del Consiglio dei Ministri - Struttura di Missione per gli anniversari di interesse nazionale) Sul sito tutte le iniziative culturali collegate al Bando Grande Guerra. www.novecento.org/.../la-grande-guerra-musei-e-mostre-sul-web Nel sito sono riportati le url di altri siti dei musei storici che affrontano il tema della "Grande Guerra". L'articolo propone una sitografia allargata ai principali musei in Inghilterra, Francia, Germania e Italia, allargata ad alcune mostre dedicate alla prima guerra mondiale. Alcuni siti offrono anche l’accesso a consistenti archivi di risorse documentali digitalizzate. www.cimeetrincee.it/ Il sito offre testimonianze, bibliografie, fotografie moderne, mappe e descrizioni degli itinerari dei luoghi dove si è combattuto in Italia durante la prima guerra mondiale. www.cadutigrandeguerra.it Sul sito l'Albo d'Oro dei Caduti della Grande Guerra. www.primaguerra.it Nel sito viene riportata una selezione di Siti Amici sempre in aggiornamento. www.artegrandeguerra.it L'associazione culturale Arte Grande Guerra lavora al recupero di immagini e testi, prediligendo le testimonianze che utilizzano le forme dell’arte (oli, disegni, acquarelli, incisioni e litografie eseguiti in gran parte direttamente al fronte). www.itinerarigrandeguerra.it Una guida ricca di informazioni sui luoghi della Prima Guerra Mondiale in Friuli Venezia Giulia, Trentino Alto Adige, Veneto e Lombardia: escursioni sui luoghi di battaglia, monumenti, musei, eventi storici e curiosità. www.difesa.it/Area_Storica_HTML/IGuerraMondiale Pagine del sito del Ministero della Difesa dedicata al progetto ”Memoriale della Grande Guerra” www.ana.it/pagine/gli-alpini-per-il-centenario.dot Sito dedicato al progetto pluriennale dal titolo: “Sulle nude rocce, sui perenni ghiacciai…”. Dalla storia al mito. Gli Alpini nella Grande Guerra” ideato dal Centro Studi Ana (Associazione Nazionale Alpini Filmografia (DVD presenti nel circuito bibliotecario) I quattro cavalieri dell'Apocalisse (The Four Horsemen of the Apocalypse, 1921), regia di Rex Ingram Arsenale (Арсенал, 1929, URSS), regia di Aleksandr Dovženko All'ovest niente di nuovo (All Quiet on the Western Front, 1930), regia di Lewis Milestone Mata Hari (Mata Hari, 1931, Stati Uniti), regia di George Fitzmaurice Montagne in fiamme (Berge in flammen, 1931, Germania), regia di Luis Trenker e Karl Hartl Addio alle armi (A Farewell to Arms, 1932), regia di Frank Borzage La guerra lampo dei Fratelli Marx (Duck Soup, 1933, Stati Uniti), regia di Leo McCarey Cavalleria (1936, Italia), regia di Goffredo Alessandrini La grande illusione (La grande illusion, 1937), regia di Jean Renoir Vent'anni dopo (Block-Heads, 1938) regìa di John G. Blystone Addio alle armi (A Farewell to Arms, 1957), regia di Charles Vidor Orizzonti di gloria (Paths of Glory, 1957), regia di Stanley Kubrick La grande guerra (1959), regia di Mario Monicelli Lawrence d'Arabia (Lawrence of Arabia, 1962, Regno Unito), regia di David Lean Per il re e per la patria (King and Country, 1964), regia di Joseph Losey Il barone rosso (Von Richthofen and Brown, 1971) regìa di Roger Corman E Johnny prese il fucile (Johnny Got His Gun, 1971, Stati Uniti), regia di Dalton Trumbo Uomini contro (1971), regia di Francesco Rosi Gli anni spezzati (Gallipoli, 1981), regia di Peter Weir Il colonnello Redl (1985, Ungheria, Austria, Germania), regia di István Szabó Asterix & la grande guerra (1989, Francia) regia Philippe Grimond Gloria. La grande guerra (2001, Italia), regia Roberto Omegna Una lunga domenica di passioni (Un long dimanche de fiançailles, 2004, Francia), regia di Jean-Pierre Jeunet Joyeux Noël (2005), regia di Christian Carion Giovani aquile (Flyboys, 2006), regia di Tony Bill La montagna che esplode (Explosive War, 2007, Italia) regia Marco Rosi La grande guerra, 1914-1918. L'opera più completa sulla prima guerra mondiale (2008, Italia) Grande guerra. L'Italia nel primo conflitto Roma (2010, Italia) regia Nicola Caracciolo War Horse (2011), regia di Steven Spielberg 14-18, amore e furore (2012, Italia) regia Jean-François Delassus L'albero tra le trincee DI Paolo Rumiz regia, (Italia 2013) riprese e montaggio di Alessandro Scillitani Torneranno i prati (2014, Italia), regia Ermanno Olmi The Water Diviner (2014, Australia, Turchia, USA), regia di Russell Crowe