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La Cassazione nega che un manufatto di stoffa sia
La Cassazione nega che un manufatto di stoffa sia equilibrante a un muro. Via libera alla tenda anti-sole anche se copre il panorama. Il desiderio di migliorare esteticamente la propria abitazione o di dotarla di nuovi impianti e manufatti, quali ascensori, balconi, verande, tende da esterno, accentua le iniziative di carattere innovativo. Con la conseguenza che coesistenza di più appartamenti in condominio fornisce occasione di contrasto tra i singoli condomini interessati o contro interessati alla realizzazione di nuove opere. Il proprietario che vuole costruire manufatti di vario genere nei piani di proprietà esclusiva ovvero che vuole utilizzare i beni condominiali (a esempio muri perimetrali), deve fare i conti, oltre che con la normativa condominiale, anche con le varie disposizioni in materie di distanze legali. La casistica si presenta particolarmente articolata e complessa per il convergere di una norma clastica – e cioè dai contorni non prefissati – (articolo 1102 del Codice civile) e di una serie di norme ben rigide e definite. La Corte di cassazione con la sentenza n° 2873 del 18 marzo 1991 ha affermato sul tema due importanti principi. Il primo riguarda l’utilizzazione, da parte di ciascun condominio, della cosa comune, che è sottoesposta dall’articolo 1102 del Codice civile, a limiti fondamentali: il divieto di alterare la destinazione della cosa comune; il divieto di impedire agli altri partecipanti di farne uso secondo il loro diritto. Il secondo principio dice che, nei rapporti tra proprietà individuale, l’articolo 1102 del Codice non rappresenta una deroga all’articolo 907 dello stesso codice. Secondo la sentenza, le due disposizioni sarebbero sempre compatibili tra loro nel senso che comunque il condominio che procede alla costruzione di un manufatto è tenuto a rispettare le distanze legali, verificare se si tratti o meno di “ costruzione”. Il caso che ha dato origine al contenzioso si è aperto tra i comproprietari di un appartamento posto al secondo piano di un condominio e la proprietà dell’ appartamento sottostante, dotato di ampio terrazzo. Quest’ultima aveva installato un tendone che, steso, copriva gran parte della terrazza, oltrepassando la linea del muro (di proprietà singola) di oltre 28 centimetri. Il tendone medesimo, anche ripiegato, con gli elementi strutturali stabilmente fissati all’edificio, limitava l’esercizio della veduta esercitata dal parapetto del sovrastante balcone dei comproprietari, risultando a distanza minore a quella di 3 metri prevista dall’articolo 907 del Codice civile. I comproprietari del secondo piano avevano agito nel giudizio, chiedendo la condanna della proprietaria de primo piano alla rimozione della tenda e al risarcimento dei danni. Il giudice di primo grado (Tribunale di Novara) ha dato ragiona ai comproprietari del secondo piano, mentre la corte d’appello e la corte di cassazione hanno dato ragione alla comproprietaria del primo piano. In particolare è stata accolta solo come ipotesi teorica la tesi dei comproprietari ricorrenti che vantano un preesistente diritto di veduta sul terrazzo sottostante. Costoro avevano sostenuto in giudizio che, in virtù dell’acquisto di un appartamento (in condominio), erano divenuti automaticamente titolari del diritto di veduta nei confronti dei vicini (appartamento sottostante) tutelato “ad origine”, ai sensi dell’articolo 907 del Codice civile. Con la sentenza n. 2873/91 si è prospettata l’ulteriore questione se costituisce “costruzione”, ai sensi dell’articolo 907 del codice civile, una tenda di telo con comando a manovella che, chiusa, oltrepassa la linea del muro di circa 28 centimetri. A tale quesito la corte di cassazione ha dato risposta negativa, considerando che, se è vero che il rispetto dell’articolo 907 del codice civile si impone per la costruzione di un loggiato, di una pensilina o di una veranda, altrettanto non può dirsi per una tenda scorrevole di stoffa, che possa aprirsi e chiudersi, a seconda del riparo a cui essa debba servire. La tenda non può essere vietata, anche se situata a x distanza inferiore a tre metri dal balcone o finestra sovrastante e anche se sono necessari, per farla funzionare, dei sostegni fissi. Secondo la tesi della Corte di cassazione, al condominio sovrastante proprietario del piano la tenda non diminuisce il volume di e di luce. Né il condominio può pretendere il diritto di vedere, senza alcuna interruzione di tempo, quanto avviene sulla terrazza sottostante. La Corte ha richiamato in questo caso, una sua precedente sentenza (n. 448 del 23 gennaio 1982 secondo la quale possono essere comprese nel concetto di costruzione (oltre che le opere che abbiano le caratteristiche di un edificio o di altra fabbrica in muratura) solo quei manufatti che posseggano i caratteri della stabilità e della immobilità rispetto al suolo, ancorché gli stessi difettino di una propria individualità e rappresentino un semplice accessorio del fabbricato. Il GAZZETTINO giovedì 19 gennaio 1989 La tenda – garage è ammessa se è utilizzata solo per l’auto. Il box per auto in tela a soffietto senza ancoraggi fissi sul terreno può essere installato in un cortile condominiale, in corrispondenza dell’area di parcheggio del proprietario, purchè sia utilizzato soltanto allo scopo di riparare la vettura, e non ad altri fini, e sia abbassato a piano raso quando il veicolo non c’è. No è infatti comparabile a un garage abusivo che è struttura fissa. Per questo motivo il pretore Ugo di Mauro ha assolto con formula piena perché il fatto non sussiste il proprietario A. G. 43 anni, denunciato dai vigili urbani per abuso edilizio dopo le proteste dei condomini che hanno ritenuto illegale il box. Il processo è concluso ieri in pretura, dopo una lunga audizione di un teste fondamentale nella vicenda, il caporipartizione dell’edilizia privata Ferrati, il quale, di dover rilasciare concessioni o autorizzazioni in accoglimento della richiesta specifica di nulla osta all’installazione del box avanzata dal Gabbia. Il funzionario del comune, per la sua diretta competenza, ha sostituito l’assessore all’edilizia privata Silvano Ceccarelli, che era stato convocato a sua volta al termine della precedente udienza del 16 novembre scorso. Il PM Massimo Galli aveva chiesto l’assoluzione perché il fatto non costituisce reato anche tenendo conto della buona fede del Gabbia che dal comune si attendeva un qualche permesso che, come questa sentenza sancisce, non è necessario. Il difensore Giovanni Fabris nel sostenere la totale innocenza del suo patrocinato ha sollecitato anche una sentenza che consenta una tranquilla adozione di questa tenda – garage, il cui costo oscilla fra il milione e mezzo e i due milioni di lire e che in qualche caso risolve veramente il problema di proteggere l’auto e quindi prolungarne l’uso. Il pretore ha chiaramente manifestato la sua preoccupazione per quanto riguarda il possibile impiego di analoghi ricoveri di veicoli di ben più grandi dimensioni. IL CARABINIERE novembre 2011 L'ETERNA CONTESA DELLA SOLETTA Nella trascorsa estate, allo scopo di ripararmi da un sole che, inesorabile, inondava anche per 14 ore al giorno il mio balcone, vi ho installato una tenda da esterni. E per una maggiore stabilità ho ancorato la stessa alla base del balcone soprastante. Questo appartiene ad un altro condomino, che ha protestato vigorosamente: sostiene, infatti, che non avevo diritto di farlo. Vorrei sapere se ha ragione. O.L. - Milazzo (Me) Tutti gli appartamenti del nostro condominio hanno un balcone che si affaccia sulla strada. L’appartamento situato sotto il mio ha ora un nuovo proprietario e questi vuole mettere una tenda da esterni per proteggersi dal sole estivo. Per fare ciò, però, ha necessità di ancorarsi al balcone di mia proprietà. Io ritengo che ciò non sia fattibile perché mi creerebbe una servitù. Mi sbaglio? T.R. - Casale Monferrato (Al) Due lettere, un identico problema. A dir la verità già in diverse occasioni abbiamo avuto modo di dare chiarimenti in merito, ma considerato l’alto numero di richieste d’informazione sull’argomento che continuano a giungere alla nostra redazione, e che confermano quindi come si tratti di uno dei principali motivi di contesa all’interno dei condomini nel nostro Paese, torniamo volentieri a rispondere. Vi è una premessa da fare: in un edificio la cui proprietà è suddivisa tra varie persone esistono le cosiddette “parti comuni”, che ogni singolo condomino può utilizzare per un miglior godimento della sua proprietà. A patto che tale atto non privi di uguale possibilità altri proprietari e/o non incida sul valore complessivo del fabbricato. Riguardo allora all’oggetto delle due lettere, vi è ormai una consolidata giurisprudenza, costituita da varie sentenze della Corte di Cassazione, in seguito alla quale la soletta (ossia: il piano), che costituisce l’aggetto di un balcone sovrapposto verticalmente ad un altro, è una cosa comune, che fa nascere due diritti di godimento: di calpestio, per il proprietario dell’appartamento dal quale si affaccia il balcone, e del soffitto, per il proprietario dell’appartamento al piano inferiore. Ragione per cui, installare una tenda ancorandola al soffitto del balcone sovrastante è atto del tutto legale, e che non crea alcuna servitù. (s.f.) ASSITES (associazione italiana tende da sole): L'installazione delle tende da sole secondo la legge e il giudice L’installazione di una tenda da sole sul proprio balcone costituisce legittimo esercizio del diritto di proprietà esclusiva sulla relativa porzione immobiliare sempre che non si alteri il decoro architettonico del fabbricato. In base al principio per cui l’installazione di tenda da sole sul proprio balcone altro non è che legittimo esercizio del diritto di proprietà esclusiva sull’appartamento cui detto balcone appartiene, risulta con chiarezza che ciascun condominio (o inquilino) ha il diritto di installare una tenda a copertura della propia terrazza purchè tale opera, ai sensi del combinato disposto degli artt. 1102 e 1122 del Codice Civile, non integri né uso non consentito della cosa comune né manufatto che, pur eseguito sulla porzione di proprietà esclusiva, rechi danno alle parti comuni dell’edificio. Quanto all’uso della cosa comune, si prenda il caso dell’installazione di tenda solare con l’utilizzo del muro comune perimetrale in corrispondenza dell’appartamento come base d’ancoraggio della struttura della tenda. Orbene, la Corte di cassazione ha da tempo chiarito che i proprietari dei singoli piani possono utilizzare i muri comuni, nella parte corrispondente agli appartamenti di proprietà esclusiva, per trarne tutte quelle utilità che ineriscono al godimento di detta proprietà Conf.Cass.Civ., 2.3.1967, n. 473). <br> E fra le utilità che permettono un maggior godimento del bene è stata ricompressa l’apposizione di inferriate poste su parti comuni (così Trib. Milano, 5.3.1984),L’esercizio di tale facoltà è peraltro subordinato alla condizione che esso non solo non leda i diritti degli altri condomini (ad esempio, con sensibili diminuzioni di aria e di luce per i proprietari dei piani inferiori ovvero di veduta per quelli dei piani superiori) ma anche non pregiudichi il decoro architettonico dell’intero fabbricato. Questi limiti, e, in particolare, quello del danno estetico alla faccia dell’edificio condominiale, valgono anche nel caso in cui la tenda sia installata mediante ancoraggio alla proprietà esclusiva, quale si ha nel caso sopra esaminato dell’utilizzo della soletta del balcone dell’appartamento sito al piano superiore. I limiti all’utilizzo tanto delle cose comuni (art.1102 Cod.Civ.) quanto delle parti esclusive (art. 1122 Cod.Civ.) per quanto applicabili alla fattispecie del montaggio della tenda solare non significano affatto che la tenda costituisca innovazione vietabile ai sensi dell’art. 1120 del Cod.Civ. <br> Nel senso che l’installazione di una tenda a copertura del proprio balcone di un edificio condominiale non costituisce innovazione si è al suo tempo chiaramente espresso il Tribunale di Milano con sentenza 19.9.1960 ( pubblicata in nuovo dir., 1961, 653). Commentando quest’ultima pronuncia, la recente dottrina ha posto in luce come non può dirsi che l’installazione di una tenda solare alteri il decoro del fabbricati, né tanto meno pregiudichi la stabilità dello stesso. Atteso che l’installazione di una tenda da sole non costituisce innovazione bensì, se mai, semplice modificazione delle cose comuni per il migliore godimento della parte esclusiva (nel caso di ancoraggio alla soletta del balcone sovrastante), deve comunque osservarsi che: per alterazione del decoro architettonico dell’edificio deve intendersi un mutamento estetico implicante anche un pregiudizio economicamente valutabile: è quindi lecito il mutamento estetico che non cagioni un deprezzamento dell’intero fabbricato o che, pur arrecandolo si accompagni a un’utilità la quale compensi l’alterazione architettonica di non grave ed appariscente entità (così Cass.Civ., 15.5.1987, n. 4474 in Arch. Locazioni, 1987, 478);al fine di stabilire se le opere modificatrici della cosa comune abbiano pregiudicato il decoro di un fabbricato condominiale, devono essere tenute presenti le condizioni in cui quest’ultimo si trovava prima dell’esecuzione delle opere stesse, con la conseguenza che una modifica non può essere ritenuta pregiudizievole per il decoro architettonico se apportata ad un edificio la cui estetica era stata già menomata a seguito di precedenti lavori ovvero che sia di mediocre livello architettonico (così Cass.Civ., 29.7.1989, n. 3549, 1989, voce “Comunione e condominio”, 581, n. 87). La sentenza della Corte di Cassazione da ultimo ricordata consente di ritenere, in modo del tutto pacifico, che una diffusa installazione di tende solari in varie unità immobiliari del medesimo edificio condominiale costituisce una già avvenuta generalizzata alterazione – seppur non vietata – dalle linee architettoniche originarie dello stabile sicchè l’installazione successiva di tenda da sole in appartamento condominiale che ne sia ancora privo non è in alcun modo suscettibile di produrre un’avvertibile eversione delle linee originarie. Casi in cui il regolamento di condominio può limitare o vietare l’installazione di tende da sole. Il regolamento condominiale, con apposita norma che imponga il rispetto della simmetria del fabbricato in caso di opere esterne può limitare o giungere a vietare l’installazione di tende solari: ciò in quanto la norma regolamentare integra il concetto normativo di decoro architettonico recependo un autonomo valore e contribuendo pertanto a definire in senso più rigoroso la nozione (così Cass.Civ., 28.11.1987, Perugina, in Arch. Locazioni, 1988, I, 1, 2010).Anche la recente giurisprudenza di merito ha affermato la legittimità delle disposizioni di regolamento condominiale di natura contrattuale che vieti, a priori, qualsiasi mutamento di destinazione tanto dalle parti comuni quanto delle proprietà particolari (App.Perugia, 17.8.1987, Perugia, Arch. Locazioni, 1988, 1060).Il condominio che abbia partecipato alla stipulazione di tale regolamento e dunque assoggettato al vincolo, da lui stesso accettato, che esclude o quantomeno limita le modalità di installazione di tende solari: così, ad esempio, nel caso che lo stesso regolamento, in forza di norma di questo, l’assemblea condominiale abbia stabilito l’applicazione di un particolare tipo e/o modello di tenda al fine di tutelare il decoro larchitettonico dell’edificio in ordine alla struttura ed al colore. Quando invece si tratti di condominio intenzionato ad installare una tenda da sole pur vietata dal regolamento condominiale che, in quanto ad acquirente del precedente condominio, non abbia partecipato alla stipulazione del testo regolamentare, le disposizioni del regolamento, da cui scaturisce un’indubbia limitazione a carico della singola proprietà esclusiva, non possono essere fatte legittimamente valere nei confronti di lui a meno che: a) la specifica limitazione in ordine all’installazione di tende solari sia stata trascritta presso la componente Conservatoria dei registri immobiliari, ovverob) detta specifica limitazione sia stata richiamata ed accettata nel rogito d’acquisto da parte di chi ne sarebbe divenuto il soggetto passivo. Ove non ricorra una delle due alternative condizioni ora esposte e, per costante giurisprudenza della Suprema Corte (si veda Cass.Civ., 13.7.1983, n. 4781), richieste per l’opponibilità a successivi acquirenti dagli originari condomini dalle norme del regolamento limitatrici delle facoltà dei singoli comproprietari sulle loro parti esclusive, il condominio è pertanto legittimato ad installare sul proprio balcone la tenda da sole secondo il modello ed il colore prescelto indipendentemente da qualsivoglia limitazione contenuta nel regolamento condominiale non efficace nei suoi confronti. L’installazione di una tenda da sole non è suscettibile di compromettere o di diminuire la sicurezza del fabbricato. Pur non risultando pronunce giurisprudenziali edite a proposito del caso specifico dell’installazione di tende da sole, in una fattispecie concreta assimilabile, il Pretore di Roma, con ordinanza 18.4.1979 ha rigettato una domanda di un condominio diretta alla rimozione in via d’urgenza di grate ornamentali apposte ai balconi degli appartamenti sottostanti che detto condominio assumeva idonee a costituire innovazioni pregiudizievoli della sicurezza del fabbricato ai sensi dell’art. 1120 Cod. Civ. in quanto suscettibili di agevolare l’accesso di eventuali malintenzionati (ladri). Il Pretore di Roma ha fondato la propria decisione sulla circostanza per cui le grate ornamentali erano state poste nel rispetto delle distanze legali delle costruzioni dalle vedute previste dall’art. 907 Cod. Civ. Alla luce di ciò ha statuito che l’iniziativa giudiziale di un condominio, rivolta alla rimozione di qualsiasi manufatto posto in opera da altro condomino e che si assume diminuisca la sicurezza esclusivamente se siano violate le distanze verticali stabilite dall’art. 907, terzo comma Cod. Civ. <br> La decisione ora ricordata e di particolare interesse non solo perché concerne elementi ornamentali dei balconi, quali appunto le grate in legno, fra cui debbono necessariamente annoverarsi le tende degli alloggi (così trib. Napoli, 17.2.1967. in Nuovo dir., 1967, 917) e per analogia le tende solari, ma anche perché essa è stata espressamente confermata, nella materia specifica delle tende da sole, dalla sentenza inedita resa dal Pretore di Roma in data 29.11./14.12.1988. Con quest’ultima pronuncia, infatti, il Pretore di Roma ha totalmente disatteso “la pretesa di connettere margini di lesione possessoria alla fantasiosa ipotesi di una molestia da arrampicata ladresca o alla inafferrabile ipotesi di una turbativa da calore indotto da tendone solare di colore bianco. Al tempo stesso, il medesimo Pretore ha tuttavia ribadito l’applicabilità al caso concreto dell’installazione del tendone solare del regime delle distanze legali che esamineremo nel paragrafo seguente. Installazione di tenda solare a mezzo di struttura metallica permanente di sostegno e distanze legali delle costruzioni dalle vedute ex art. 907 Cod.Civ. L’installazione di una struttura metallica permanente di sostegno di una tenda da sole costituisce un “fabbricare” e come tale deve rispettare i limiti per le distanze delle costruzioni dalle vedute (tre metri) previsti dall’art. 907 Cod.Civ. In questo senso si è pronunciata la Corte di Cassazione con sentenza in data 27.4.1981, voce “Distanze Legali”, 893, n. 209 che costituisce il precedente sul quale il Pretore di Roma ha fondato la propria decisione, da ultimo ricordata al paragrafo che precede. E’ opportuno, al fine di valutare l’esatta portata dalla decisione della Suprema Corte, trascriverne integralmente il testo della massima ufficiale: “Le norme sulle distanze legali sono applicabili nei rapporti reciprochi fra condomini, in relazione alle parti immobiliari di proprietà esclusiva, qualora uno di essi, utilizzando una parte comune a vantaggio della sua proprietà, sia pure nei limiti di cui all’art. 1102 Cod. Civ., incorra nella violazione dei diritti di un altro condomino; né a riguardo sono configurabili temperamenti, alla stregua di una valutazione di compatibilità delle norme indicate con gli interessi da considerare nei rapporti condominiali, allorché trattasi di utilizzazione implicate la violazione di norma del regolamento condominiale predisposto da unico proprietario e recepito nei singoli atti di acquisto (nella specie:in base al surriportato principio, il Supremo Collegio ha ritenuto corretta la decisione dei giudici di merito con la quale, in accoglimento della domanda di un condomino, altri condomini erano stati condannati a rimuovere una struttura metallica a sostegno di una tenda, realizzata su di un balcone di loro proprietà esclusiva a distanza inferiore a quella prevista dall’art. 907 Cod. Civ. dal balcone soprastante dell’attore ed in violazione di una norma del regolamento condominiale vietante ogni modificazione dei balconi. Dal testo della massima ora strascritto è dato evincere, al di là di ogni possibile legittimo dubbio circa la natura di “fabbricato” della struttura metallica reggi – tenda, che il regime delle distanze legali di cui all’art. 907 Cod. Civ. non si applica allorquando la struttura di sostegno sia mobile così come è per le tende solari detraibili ed avvolgibili e che, comunque, la decisione del caso concreto è stata sensibilmente influenzata dalla vigenza del divieto in materia contenuto in regolamento condominiale rispondente alle condizioni esaminate nel precedente paragrafo 3. Piena legittimità dell’installazione di tenda solare corrente al filo del lato esterno della soletta del balcone sovrastante: non tutelabilità delle cosiddette vedute retroverse. La Corte di Cassazione, con la sopra citata sentenza 14.4.1983, n. 4821 (oltre a sancire la legittimità dell’utilizzo della parte inferiore della soletta di un balcone per ancorarvi una tenda solare senza necessità alcuna di autorizzazione da parte del condominio titolare dell’appartamento sito al piano superiore, ha fatto correttamente chiarezza statuendo che non vi è alcun diritto di veduta del disfatta modellità di installazione non può in alcun modo essere balcone superiore sul piano di calpestio del terrazzo sottostante. Nella motivazione di detta pronuncia si legge infatti che sono del tutto sconosciute al nostro ordinamento giuridico le cosiddette vedute introverse o ad uncino che dunque non ricevono alcuna tutela giuridica. Da ciò consegue che è pienamente legittima un eventuale chiusura della sua e avente ad oggetto il ballatoio o terrazzo dell’appartamento sottostante a mezzo di tenda solare installata a filo del profilo della soletta e corrente parallelamente a detto profilo e che disfatta modalità di installazione non può in alcun modo essere censurata dal condominio titolare dell’appartamento sovrastante, meno che mai accampando la pretesa lesione delle distanze legali ex art.907 Cod. Civ. il cui disposto non è applicabile al caso di specie. La stessa conclusione vale, ovviamente a maggior ragione, nel caso in cui la veduta del condominio del piano superiore si esercita da una finestra anziché da un balcone e che la tenda installata nell’appartamento sottostante venga a chiudere un terrazzo in muratura rientrante rispetto al muro perimetrale condominiale nel quale si apre la detta finestra sita di sopra. Usucapione del diritto alla conservazione della tenda montata a distanza inferiore a quella legale. . Occorre da ultimo ricordare che il diritto alla conservazione della tenda e, a maggior ragione, della sua struttura portante realizzata senza il rispetto delle norme in tema di distanze legali sopra esaminate può essere usucapito, cioè acquisito a titolo originario grazie all’utilizzo continuati ed interrotto nel tempo del manufatto originariamente illegittimo. La recente giurisprudenza della Corte di Cassazione ha infatti statuito che “la utilizzazione di manufatto, realizzato con elementi prefabbricati a distanza inferiore a quella prevista dall’art. 907 Cod. Civ., se protratta in modo continuativo per venti anni, è idonea a far auspicare il diritto alla conservazione dell’opera (Cass.Civ., 5.12.1988, n. 6594, in Foro it., 1988, I, 3571). In quali specifici casi è necessaria la concessione edilizia per l’installazione di una tenda da sole Secondo la recente giurisprudenza amministrativa del Consiglio di Stato rientrano nella nozione giuridica di costruzione, costituente modifica del territorio comunale per la quale occorre la concessione edilizia tutti quei manufatti che non necessariamente infissi al suolo e pur semplicemente aderenti a questo alterino lo stato dei luoghi in modo stabile non irrilevante e non veramente occasionale (Cons.Stato, Sev.V, 20.6.1987, Comune Lido delle Muse, Cons.Stato, 1987, I, 810). La statuizione circa la valenza giuridica del concetto di “costruzione” secondo la normativa urbanistica riveste un particolare interesse in quanto è stata occasionata dalla fattispecie concreta di un tendone parasole che, attraverso pali di legno, insisteva su una piattaforma di notevoli dimensioni costituita da lastre di cemento armato prefabbricato, infissa nell’arenile mediante blocchi di cemento: per questo caso il giudice amministrativo ha riconosciuto la necessità della concezione edilizia. Pur risultando pubblicata la sola massima, risulta evidente che la decisione si fonda su un ragionamento che ha tenuto in maggior conto la non irrilevante stabilità e la non vera occasionalità dalla piattaforma d’appoggio in cemento infissa sulla spiaggia con innegabile alterazione dello stato dei luoghi piuttosto che il manufatto tessile e la sua struttura linea portante: ne consegue che risulta decisivo, ai fini della necessità o meno della concessione edilizia, il metodo tecnico utilizzato per il fissaggio al suolo della struttura portante della tenda stessa. Infatti, allorché la struttura sia agevolmente rimuovibile da ciò deve desumersi la precarietà del manufatto e, quindi, la non necessità della concessione. In tal senso si è puntualmente pronunciata la Corte di cassazione penale con la sentenza in data 5.10.1982, in una fattispecie concernente una tettoia in tela sul marciapiede antistante un pubblico esercizio di bar, sorretta da tre pali metallici imbullonati a terra: in tale caso, la Suprema Corte ha invero statuito che il carattere stagionale dell’opera e la sua facile rimuovibilità costituiscono elementi da cui è desumibile la precarietà dell’opera che rende del tutto superfluo lo strumento concessionario. E’ pertanto di criterio della precarietà del manufatto, da intendersi nel senso ora chiarito, che permette di stabilire in quali casi l’installazione di una tenda solare – ovviamente a struttura portante fissa di notevoli dimensioni ed insistente non su balcone e terrazza privata per valgano invece i limiti civilistici sopra esaminati – necessiti o meno di concessione edilizia ai sensi della vigente normativa ……………..carattere generale.