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La Cassazione nega che un manufatto di stoffa sia

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La Cassazione nega che un manufatto di stoffa sia
La Cassazione nega che un manufatto di stoffa sia equilibrante a un
muro. Via libera alla tenda anti-sole anche se copre il panorama.
Il desiderio di migliorare esteticamente la propria abitazione o di dotarla
di nuovi impianti e manufatti, quali ascensori, balconi, verande, tende
da esterno, accentua le iniziative di carattere innovativo.
Con la conseguenza che coesistenza di più appartamenti in condominio
fornisce occasione di contrasto tra i singoli condomini interessati o
contro interessati alla realizzazione di nuove opere.
Il proprietario che vuole costruire manufatti di vario genere nei piani
di proprietà esclusiva ovvero che vuole utilizzare i beni condominiali
(a esempio muri perimetrali), deve fare i conti, oltre che con la
normativa condominiale, anche con le varie disposizioni in materie di
distanze legali. La casistica si presenta particolarmente articolata e
complessa per il convergere di una norma clastica – e cioè dai contorni
non prefissati – (articolo 1102 del Codice civile) e di una serie di
norme ben rigide e definite.
La Corte di cassazione con la sentenza n° 2873 del 18 marzo 1991 ha
affermato sul tema due importanti principi. Il primo riguarda
l’utilizzazione, da parte di ciascun condominio, della cosa comune, che
è sottoesposta dall’articolo 1102 del Codice civile, a limiti
fondamentali: il divieto di alterare la destinazione della cosa comune;
il divieto di impedire agli altri partecipanti di farne uso secondo il
loro diritto. Il secondo principio dice che, nei rapporti tra proprietà
individuale, l’articolo 1102 del Codice non rappresenta una deroga
all’articolo 907 dello stesso codice. Secondo la sentenza, le due
disposizioni sarebbero sempre compatibili tra loro nel senso che
comunque il condominio che procede alla costruzione di un manufatto è
tenuto a rispettare le distanze legali, verificare se si tratti o meno
di “ costruzione”. Il caso che ha dato origine al contenzioso si è
aperto tra i comproprietari di un appartamento posto al secondo piano di
un condominio e la proprietà dell’ appartamento sottostante, dotato di
ampio terrazzo. Quest’ultima aveva installato un tendone che, steso,
copriva gran parte della terrazza, oltrepassando la linea del muro (di
proprietà singola) di oltre 28 centimetri.
Il tendone medesimo, anche ripiegato, con gli elementi strutturali
stabilmente fissati all’edificio, limitava l’esercizio della veduta
esercitata dal parapetto del sovrastante balcone dei comproprietari,
risultando a distanza minore a quella di 3 metri prevista dall’articolo
907 del Codice civile. I comproprietari del secondo piano avevano agito
nel giudizio, chiedendo la condanna della proprietaria de primo piano
alla rimozione della tenda e al risarcimento dei danni. Il giudice di
primo grado (Tribunale di Novara) ha dato ragiona ai comproprietari del
secondo piano, mentre la corte d’appello e la corte di cassazione hanno
dato ragione alla comproprietaria del primo piano. In particolare è
stata accolta solo come ipotesi teorica la tesi dei comproprietari
ricorrenti che vantano un preesistente diritto di veduta sul terrazzo
sottostante. Costoro avevano sostenuto in giudizio che, in virtù
dell’acquisto di un appartamento (in condominio), erano divenuti
automaticamente titolari del diritto di veduta nei confronti dei vicini
(appartamento sottostante) tutelato “ad origine”, ai sensi dell’articolo
907 del Codice civile. Con la sentenza n. 2873/91 si è prospettata
l’ulteriore questione se costituisce “costruzione”, ai sensi
dell’articolo 907 del codice civile, una tenda di telo con comando a
manovella che, chiusa, oltrepassa la linea del muro di circa 28
centimetri. A tale quesito la corte di cassazione ha dato risposta
negativa, considerando che, se è vero che il rispetto dell’articolo 907
del codice civile si impone per la costruzione di un loggiato, di una
pensilina o di una veranda, altrettanto non può dirsi per una tenda
scorrevole di stoffa, che possa aprirsi e chiudersi, a seconda del
riparo a cui essa debba servire. La tenda non può essere vietata, anche
se situata a x distanza inferiore a tre metri dal balcone o finestra
sovrastante e anche se sono necessari, per farla funzionare, dei
sostegni fissi. Secondo la tesi della Corte di cassazione, al condominio
sovrastante proprietario del piano la tenda non diminuisce il volume di e
di luce. Né il condominio può pretendere il diritto di vedere, senza
alcuna interruzione di tempo, quanto avviene sulla terrazza sottostante.
La Corte ha richiamato in questo caso, una sua precedente sentenza (n.
448 del 23 gennaio 1982 secondo la quale possono essere comprese nel
concetto di costruzione (oltre che le opere che abbiano le
caratteristiche di un edificio o di altra fabbrica in muratura) solo
quei manufatti che posseggano i caratteri della stabilità e della
immobilità rispetto al suolo, ancorché gli stessi difettino di una
propria individualità e rappresentino un semplice accessorio del
fabbricato.
Il GAZZETTINO giovedì 19 gennaio 1989
La tenda – garage è ammessa se è utilizzata solo per l’auto.
Il box per auto in tela a soffietto senza ancoraggi fissi sul terreno può
essere installato in un cortile condominiale, in corrispondenza
dell’area di parcheggio del proprietario, purchè sia utilizzato soltanto
allo scopo di riparare la vettura, e non ad altri fini, e sia abbassato
a piano raso quando il veicolo non c’è. No è infatti comparabile a un
garage abusivo che è struttura fissa. Per questo motivo il pretore Ugo
di Mauro ha assolto con formula piena perché il fatto non sussiste il
proprietario A. G. 43 anni, denunciato dai vigili urbani per abuso
edilizio dopo le proteste dei condomini che hanno ritenuto illegale il
box. Il processo è concluso ieri in pretura, dopo una lunga audizione di
un teste fondamentale nella vicenda, il caporipartizione dell’edilizia
privata Ferrati, il quale, di dover rilasciare concessioni o
autorizzazioni in accoglimento della richiesta specifica di nulla osta
all’installazione del box avanzata dal Gabbia. Il funzionario del
comune, per la sua diretta competenza, ha sostituito l’assessore
all’edilizia privata Silvano Ceccarelli, che era stato convocato a sua
volta al termine della precedente udienza del 16 novembre scorso. Il PM
Massimo Galli aveva chiesto l’assoluzione perché il fatto non
costituisce reato anche tenendo conto della buona fede del Gabbia che
dal comune si attendeva un qualche permesso che, come questa sentenza
sancisce, non è necessario. Il difensore Giovanni Fabris nel sostenere
la totale innocenza del suo patrocinato ha sollecitato anche una
sentenza che consenta una tranquilla adozione di questa tenda – garage,
il cui costo oscilla fra il milione e mezzo e i due milioni di lire e
che in qualche caso risolve veramente il problema di proteggere l’auto e
quindi prolungarne l’uso. Il pretore ha chiaramente manifestato la sua
preoccupazione per quanto riguarda il possibile impiego di analoghi
ricoveri di veicoli di ben più grandi dimensioni.
IL CARABINIERE novembre 2011
L'ETERNA CONTESA DELLA SOLETTA
Nella trascorsa estate, allo scopo di ripararmi da un sole che,
inesorabile, inondava anche per 14 ore al giorno il mio balcone, vi ho
installato una tenda da esterni. E per una maggiore stabilità ho
ancorato la stessa alla base del balcone soprastante. Questo appartiene
ad un altro condomino, che ha protestato vigorosamente: sostiene,
infatti, che non avevo diritto di farlo. Vorrei sapere se ha ragione.
O.L. - Milazzo (Me)
Tutti gli appartamenti del nostro condominio hanno un balcone che si
affaccia sulla strada. L’appartamento situato sotto il mio ha ora un
nuovo proprietario e questi vuole mettere una tenda da esterni per
proteggersi dal sole estivo. Per fare ciò, però, ha necessità di
ancorarsi al balcone di mia proprietà. Io ritengo che ciò non sia
fattibile perché mi creerebbe una servitù. Mi sbaglio? T.R. - Casale
Monferrato (Al)
Due lettere, un identico problema. A dir la verità già in diverse occasioni
abbiamo avuto modo di dare chiarimenti in merito, ma considerato l’alto
numero di richieste d’informazione sull’argomento che continuano a
giungere alla nostra redazione, e che confermano quindi come si tratti
di uno dei principali motivi di contesa all’interno dei condomini nel
nostro Paese, torniamo volentieri a rispondere. Vi è una premessa da
fare: in un edificio la cui proprietà è suddivisa tra varie persone
esistono le cosiddette “parti comuni”, che ogni singolo condomino può
utilizzare per un miglior godimento della sua proprietà. A patto che
tale atto non privi di uguale possibilità altri proprietari e/o non
incida sul valore complessivo del fabbricato. Riguardo allora
all’oggetto delle due lettere, vi è ormai una consolidata
giurisprudenza, costituita da varie sentenze della Corte di Cassazione,
in seguito alla quale la soletta (ossia: il piano), che costituisce
l’aggetto di un balcone sovrapposto verticalmente ad un altro, è una
cosa comune, che fa nascere due diritti di godimento: di calpestio, per
il proprietario dell’appartamento dal quale si affaccia il balcone, e
del soffitto, per il proprietario dell’appartamento al piano inferiore.
Ragione per cui, installare una tenda ancorandola al soffitto del
balcone sovrastante è atto del tutto legale, e che non crea alcuna
servitù. (s.f.)
ASSITES (associazione italiana tende da sole):
L'installazione delle
tende da sole secondo la legge e il giudice
L’installazione di una tenda da sole sul proprio balcone costituisce
legittimo esercizio del diritto di proprietà esclusiva sulla relativa
porzione immobiliare sempre che non si alteri il decoro architettonico
del fabbricato.
In base al principio per cui l’installazione di tenda da sole sul proprio
balcone altro non è che legittimo esercizio del diritto di proprietà
esclusiva sull’appartamento cui detto balcone appartiene, risulta con
chiarezza che ciascun condominio (o inquilino) ha il diritto di
installare una tenda a copertura della propia terrazza purchè tale
opera, ai sensi del combinato disposto degli artt. 1102 e 1122 del
Codice Civile, non integri né uso non consentito della cosa comune né
manufatto che, pur eseguito sulla porzione di proprietà esclusiva, rechi
danno alle parti comuni dell’edificio. Quanto all’uso della cosa comune,
si prenda il caso dell’installazione di tenda solare con l’utilizzo del
muro comune perimetrale in corrispondenza dell’appartamento come base
d’ancoraggio della struttura della tenda. Orbene, la Corte di cassazione
ha da tempo chiarito che i proprietari dei singoli piani possono
utilizzare i muri comuni, nella parte corrispondente agli appartamenti
di proprietà esclusiva, per trarne tutte quelle utilità che ineriscono
al godimento di detta proprietà Conf.Cass.Civ., 2.3.1967, n. 473). <br>
E fra le utilità che permettono un maggior godimento del bene è stata
ricompressa l’apposizione di inferriate poste su parti comuni (così
Trib. Milano, 5.3.1984),L’esercizio di tale facoltà è peraltro
subordinato alla condizione che esso non solo non leda i diritti degli
altri condomini (ad esempio, con sensibili diminuzioni di aria e di luce
per i proprietari dei piani inferiori ovvero di veduta per quelli dei
piani superiori) ma anche non pregiudichi il decoro architettonico
dell’intero fabbricato. Questi limiti, e, in particolare, quello del
danno estetico alla faccia dell’edificio condominiale, valgono anche nel
caso in cui la tenda sia installata mediante ancoraggio alla proprietà
esclusiva, quale si ha nel caso sopra esaminato dell’utilizzo della
soletta del balcone dell’appartamento sito al piano superiore. I limiti
all’utilizzo tanto delle cose comuni (art.1102 Cod.Civ.) quanto delle
parti esclusive (art. 1122 Cod.Civ.) per quanto applicabili alla
fattispecie del montaggio della tenda solare non significano affatto che
la tenda costituisca innovazione vietabile ai sensi dell’art. 1120 del
Cod.Civ. <br>
Nel senso che l’installazione di una tenda a copertura del proprio
balcone di un edificio condominiale non costituisce innovazione si è al
suo tempo chiaramente espresso il Tribunale di Milano con sentenza
19.9.1960 ( pubblicata in nuovo dir., 1961, 653). Commentando quest’ultima
pronuncia, la recente dottrina ha posto in luce come non può dirsi che
l’installazione di una tenda solare alteri il decoro del fabbricati, né
tanto meno pregiudichi la stabilità dello stesso. Atteso che
l’installazione di una tenda da sole non costituisce innovazione bensì,
se mai, semplice modificazione delle cose comuni per il migliore
godimento della parte esclusiva (nel caso di ancoraggio alla soletta del
balcone sovrastante), deve comunque osservarsi che: per alterazione del
decoro architettonico dell’edificio deve intendersi un mutamento
estetico implicante anche un pregiudizio economicamente valutabile: è
quindi lecito il mutamento estetico che non cagioni un deprezzamento
dell’intero fabbricato o che, pur arrecandolo si accompagni a un’utilità
la quale compensi l’alterazione architettonica di non grave ed
appariscente entità (così Cass.Civ., 15.5.1987, n. 4474 in Arch.
Locazioni, 1987, 478);al fine di stabilire se le opere modificatrici
della cosa comune abbiano pregiudicato il decoro di un fabbricato
condominiale, devono essere tenute presenti le condizioni in cui quest’ultimo
si trovava prima dell’esecuzione delle opere stesse, con la conseguenza
che una modifica non può essere ritenuta pregiudizievole per il decoro
architettonico se apportata ad un edificio la cui estetica era stata già
menomata a seguito di precedenti lavori ovvero che sia di mediocre
livello architettonico (così Cass.Civ., 29.7.1989, n. 3549, 1989, voce
“Comunione e condominio”, 581, n. 87). La sentenza della Corte di
Cassazione da ultimo ricordata consente di ritenere, in modo del tutto
pacifico, che una diffusa installazione di tende solari in varie unità
immobiliari del medesimo edificio condominiale costituisce una già
avvenuta generalizzata alterazione – seppur non vietata – dalle linee
architettoniche originarie dello stabile sicchè l’installazione
successiva di tenda da sole in appartamento condominiale che ne sia
ancora privo non è in alcun modo suscettibile di produrre un’avvertibile
eversione delle linee originarie.
Casi in cui il regolamento di condominio può limitare o vietare
l’installazione di tende da sole.
Il regolamento condominiale, con apposita norma che imponga il rispetto
della simmetria del fabbricato in caso di opere esterne può limitare o
giungere a vietare l’installazione di tende solari: ciò in quanto la
norma regolamentare integra il concetto normativo di decoro
architettonico recependo un autonomo valore e contribuendo pertanto a
definire in senso più rigoroso la nozione (così Cass.Civ., 28.11.1987,
Perugina, in Arch. Locazioni, 1988, I, 1, 2010).Anche la recente
giurisprudenza di merito ha affermato la legittimità delle disposizioni
di regolamento condominiale di natura contrattuale che vieti, a priori,
qualsiasi mutamento di destinazione tanto dalle parti comuni quanto
delle proprietà particolari (App.Perugia, 17.8.1987, Perugia, Arch.
Locazioni, 1988, 1060).Il condominio che abbia partecipato alla
stipulazione di tale regolamento e dunque assoggettato al vincolo, da
lui stesso accettato, che esclude o quantomeno limita le modalità di
installazione di tende solari: così, ad esempio, nel caso che lo stesso
regolamento, in forza di norma di questo, l’assemblea condominiale abbia
stabilito l’applicazione di un particolare tipo e/o modello di tenda al
fine di tutelare il decoro larchitettonico dell’edificio in ordine alla
struttura ed al colore. Quando invece si tratti di condominio
intenzionato ad installare una tenda da sole pur vietata dal regolamento
condominiale che, in quanto ad acquirente del precedente condominio, non
abbia partecipato alla stipulazione del testo regolamentare, le
disposizioni del regolamento, da cui scaturisce un’indubbia limitazione
a carico della singola proprietà esclusiva, non possono essere fatte
legittimamente valere nei confronti di lui a meno che: a) la specifica
limitazione in ordine all’installazione di tende solari sia stata
trascritta presso la componente Conservatoria dei registri immobiliari,
ovverob) detta specifica limitazione sia stata richiamata ed accettata
nel rogito d’acquisto da parte di chi ne sarebbe divenuto il soggetto
passivo. Ove non ricorra una delle due alternative condizioni ora
esposte e, per costante giurisprudenza della Suprema Corte (si veda
Cass.Civ., 13.7.1983, n. 4781), richieste per l’opponibilità a
successivi acquirenti dagli originari condomini dalle norme del
regolamento limitatrici delle facoltà dei singoli comproprietari sulle
loro parti esclusive, il condominio è pertanto legittimato ad installare
sul proprio balcone la tenda da sole secondo il modello ed il colore
prescelto indipendentemente da qualsivoglia limitazione contenuta nel
regolamento condominiale non efficace nei suoi confronti.
L’installazione di una tenda da sole non è suscettibile di compromettere
o di diminuire la sicurezza del fabbricato.
Pur non risultando pronunce giurisprudenziali edite a proposito del caso
specifico dell’installazione di tende da sole, in una fattispecie
concreta assimilabile, il Pretore di Roma, con ordinanza 18.4.1979 ha
rigettato una domanda di un condominio diretta alla rimozione in via
d’urgenza di grate ornamentali apposte ai balconi degli appartamenti
sottostanti che detto condominio assumeva idonee a costituire
innovazioni pregiudizievoli della sicurezza del fabbricato ai sensi
dell’art. 1120 Cod. Civ. in quanto suscettibili di agevolare l’accesso
di eventuali malintenzionati (ladri). Il Pretore di Roma ha fondato la
propria decisione sulla circostanza per cui le grate ornamentali erano
state poste nel rispetto delle distanze legali delle costruzioni dalle
vedute previste dall’art. 907 Cod. Civ. Alla luce di ciò ha statuito che
l’iniziativa giudiziale di un condominio, rivolta alla rimozione di
qualsiasi manufatto posto in opera da altro condomino e che si assume
diminuisca la sicurezza esclusivamente se siano violate le distanze
verticali stabilite dall’art. 907, terzo comma Cod. Civ. <br>
La decisione ora ricordata e di particolare interesse non solo perché
concerne elementi ornamentali dei balconi, quali appunto le grate in
legno, fra cui debbono necessariamente annoverarsi le tende degli
alloggi (così trib. Napoli, 17.2.1967. in Nuovo dir., 1967, 917) e per
analogia le tende solari, ma anche perché essa è stata espressamente
confermata, nella materia specifica delle tende da sole, dalla sentenza
inedita resa dal Pretore di Roma in data 29.11./14.12.1988. Con quest’ultima
pronuncia, infatti, il Pretore di Roma ha totalmente disatteso “la
pretesa di connettere margini di lesione possessoria alla fantasiosa
ipotesi di una molestia da arrampicata ladresca o alla inafferrabile
ipotesi di una turbativa da calore indotto da tendone solare di colore
bianco. Al tempo stesso, il medesimo Pretore ha tuttavia ribadito
l’applicabilità al caso concreto dell’installazione del tendone solare
del regime delle distanze legali che esamineremo nel paragrafo seguente.
Installazione di tenda solare a mezzo di struttura
metallica permanente di sostegno e distanze legali delle costruzioni
dalle vedute ex art. 907 Cod.Civ.
L’installazione di una struttura metallica permanente di sostegno di una
tenda da sole costituisce un “fabbricare” e come tale deve rispettare i
limiti per le distanze delle costruzioni dalle vedute (tre metri)
previsti dall’art. 907 Cod.Civ. In questo senso si è pronunciata la
Corte di Cassazione con sentenza in data 27.4.1981, voce “Distanze
Legali”, 893, n. 209 che costituisce il precedente sul quale il Pretore
di Roma ha fondato la propria decisione, da ultimo ricordata al
paragrafo che precede. E’ opportuno, al fine di valutare l’esatta
portata dalla decisione della Suprema Corte, trascriverne integralmente
il testo della massima ufficiale: “Le norme sulle distanze legali sono
applicabili nei rapporti reciprochi fra condomini, in relazione alle
parti immobiliari di proprietà esclusiva, qualora uno di essi,
utilizzando una parte comune a vantaggio della sua proprietà, sia pure
nei limiti di cui all’art. 1102 Cod. Civ., incorra nella violazione dei
diritti di un altro condomino; né a riguardo sono configurabili
temperamenti, alla stregua di una valutazione di compatibilità delle
norme indicate con gli interessi da considerare nei rapporti
condominiali, allorché trattasi di utilizzazione implicate la violazione
di norma del regolamento condominiale predisposto da unico proprietario
e recepito nei singoli atti di acquisto (nella specie:in base al
surriportato principio, il Supremo Collegio ha ritenuto corretta la
decisione dei giudici di merito con la quale, in accoglimento della
domanda di un condomino, altri condomini erano stati condannati a
rimuovere una struttura metallica a sostegno di una tenda, realizzata su
di un balcone di loro proprietà esclusiva a distanza inferiore a quella
prevista dall’art. 907 Cod. Civ. dal balcone soprastante dell’attore ed
in violazione di una norma del regolamento condominiale vietante ogni
modificazione dei balconi. Dal testo della massima ora strascritto è
dato evincere, al di là di ogni possibile legittimo dubbio circa la
natura di “fabbricato” della struttura metallica reggi – tenda, che il
regime delle distanze legali di cui all’art. 907 Cod. Civ. non si
applica allorquando la struttura di sostegno sia mobile così come è per
le tende solari detraibili ed avvolgibili e che, comunque, la decisione
del caso concreto è stata sensibilmente influenzata dalla vigenza del
divieto in materia contenuto in regolamento condominiale rispondente
alle condizioni esaminate nel precedente paragrafo 3.
Piena legittimità dell’installazione di tenda
solare corrente al filo del lato esterno della soletta del balcone
sovrastante: non tutelabilità delle cosiddette vedute retroverse.
La Corte di Cassazione, con la sopra citata sentenza 14.4.1983, n. 4821
(oltre a sancire la legittimità dell’utilizzo della parte inferiore
della soletta di un balcone per ancorarvi una tenda solare senza
necessità alcuna di autorizzazione da parte del condominio titolare
dell’appartamento sito al piano superiore, ha fatto correttamente
chiarezza statuendo che non vi è alcun diritto di veduta del disfatta
modellità di installazione non può in alcun modo essere balcone
superiore sul piano di calpestio del terrazzo sottostante.
Nella motivazione di detta pronuncia si legge infatti che sono del tutto
sconosciute al nostro ordinamento giuridico le cosiddette vedute
introverse o ad uncino che dunque non ricevono alcuna tutela giuridica.
Da ciò consegue che è pienamente legittima un eventuale chiusura della
sua e avente ad oggetto il ballatoio o terrazzo dell’appartamento
sottostante a mezzo di tenda solare installata a filo del profilo della
soletta e corrente parallelamente a detto profilo e che disfatta
modalità di installazione non può in alcun modo essere censurata dal
condominio titolare dell’appartamento sovrastante, meno che mai
accampando la pretesa lesione delle distanze legali ex art.907 Cod. Civ.
il cui disposto non è applicabile al caso di specie.
La stessa conclusione vale, ovviamente a maggior ragione, nel caso in
cui la veduta del condominio del piano superiore si esercita da una
finestra anziché da un balcone e che la tenda installata
nell’appartamento sottostante venga a chiudere un terrazzo in muratura
rientrante rispetto al muro perimetrale condominiale nel quale si apre
la detta finestra sita di sopra.
Usucapione del diritto alla conservazione della
tenda montata a distanza inferiore a quella legale.
. Occorre da ultimo ricordare che il diritto alla conservazione della
tenda e, a maggior ragione, della sua struttura portante realizzata
senza il rispetto delle norme in tema di distanze legali sopra esaminate
può essere usucapito, cioè acquisito a titolo originario grazie
all’utilizzo continuati ed interrotto nel tempo del manufatto
originariamente illegittimo. La recente giurisprudenza della Corte di
Cassazione ha infatti statuito che “la utilizzazione di manufatto,
realizzato con elementi prefabbricati a distanza inferiore a quella
prevista dall’art. 907 Cod. Civ., se protratta in modo continuativo per
venti anni, è idonea a far auspicare il diritto alla conservazione
dell’opera (Cass.Civ., 5.12.1988, n. 6594, in Foro it., 1988, I, 3571).
In quali specifici casi è necessaria la concessione edilizia per
l’installazione di una tenda da sole
Secondo la recente giurisprudenza amministrativa del Consiglio di Stato
rientrano nella nozione giuridica di costruzione, costituente modifica
del territorio comunale per la quale occorre la concessione edilizia
tutti quei manufatti che non necessariamente infissi al suolo e pur
semplicemente aderenti a questo alterino lo stato dei luoghi in modo
stabile non irrilevante e non veramente occasionale (Cons.Stato, Sev.V,
20.6.1987, Comune Lido delle Muse, Cons.Stato, 1987, I, 810). La
statuizione circa la valenza giuridica del concetto di “costruzione”
secondo la normativa urbanistica riveste un particolare interesse in
quanto è stata occasionata dalla fattispecie concreta di un tendone
parasole che, attraverso pali di legno, insisteva su una piattaforma di
notevoli dimensioni costituita da lastre di cemento armato
prefabbricato, infissa nell’arenile mediante blocchi di cemento: per
questo caso il giudice amministrativo ha riconosciuto la necessità della
concezione edilizia. Pur risultando pubblicata la sola massima, risulta
evidente che la decisione si fonda su un ragionamento che ha tenuto in
maggior conto la non irrilevante stabilità e la non vera occasionalità
dalla piattaforma d’appoggio in cemento infissa sulla spiaggia con
innegabile alterazione dello stato dei luoghi piuttosto che il manufatto
tessile e la sua struttura linea portante: ne consegue che risulta
decisivo, ai fini della necessità o meno della concessione edilizia, il
metodo tecnico utilizzato per il fissaggio al suolo della struttura
portante della tenda stessa. Infatti, allorché la struttura sia
agevolmente rimuovibile da ciò deve desumersi la precarietà del
manufatto e, quindi, la non necessità della concessione. In tal senso si
è puntualmente pronunciata la Corte di cassazione penale con la sentenza
in data 5.10.1982, in una fattispecie concernente una tettoia in tela
sul marciapiede antistante un pubblico esercizio di bar, sorretta da tre
pali metallici imbullonati a terra: in tale caso, la Suprema Corte ha
invero statuito che il carattere stagionale dell’opera e la sua facile
rimuovibilità costituiscono elementi da cui è desumibile la precarietà
dell’opera che rende del tutto superfluo lo strumento concessionario. E’
pertanto di criterio della precarietà del manufatto, da intendersi nel
senso ora chiarito, che permette di stabilire in quali casi
l’installazione di una tenda solare – ovviamente a struttura portante
fissa di notevoli dimensioni ed insistente non su balcone e terrazza
privata per valgano invece i limiti civilistici sopra esaminati –
necessiti o meno di concessione edilizia ai sensi della vigente
normativa ……………..carattere generale.
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