...

La lente a contatto e la sua interazione con il film lacrimale

by user

on
Category: Documents
20

views

Report

Comments

Transcript

La lente a contatto e la sua interazione con il film lacrimale
La lente a contatto
e la sua interazione
con il film lacrimale
Francesco Sala, Antonio Madesani - Docenti Ist. B. Zaccagnini - Bologna - Optometristi S.Opt.I
Francesca Madesani - Studente medicina e Chirurgia - Università di Pisa
Il film lacrimale
Il film lacrimale è caratterizzato da un’architettura dinamica capace di mantenere la propria struttura integra
sulla superficie oculare allo scopo di adempiere alla
duplice funzione di bagnare e proteggere la superficie
esterna.
La lacrima, con le proprietà di diluizione che la caratterizzano, riduce la concentrazione della carica batterica
che può essere presente nel sacco congiuntivale; ha una
certa azione filtrante sulle radiazioni pericolose per il
segmento anteriore e inoltre tampona rapidamente
eventuali variazioni di pH potenzialmente dannose per i
tessuti.
La componente acquosa è ricca di proteine che complessivamente costituiscono un vero e proprio sistema di
Fig. 2 - Architettura del film lacrimale secondo Tiffany.
Fig. 1 - Architettura del film lacrimale secondo il modello classico.
CONTATTOLOGIA
25
dossier
difesa efficace contro l’aggressione dei microrganismi.
Serve per mediare la presenza dei leucociti in caso di
infiammazione del segmento anteriore e allontana i
cataboliti delle cellule epiteliali.
Il film lacrimale si distribuisce sulla superficie oculare
secondo una particolare architettura, capace di garantire
stabilità ed efficienza.
Classicamente il film lacrimale è descritto come una
struttura a tre strati: lo strato lipidico più esterno, poi
quello acquoso e infine quello mucoide a contatto con la
superficie corneale (Fig. 1).
L’ampia ricerca sull’argomento ha contribuito a conoscere più approfonditamente la sua architettura, individuando la presenza di strati e strutture con funzione di
interfaccia tra gli strati fondamentali: Tiffany (1988)
propone un nuovo modello che evidenzia queste strutture intermedie (Fig. 2).
Prydal (1992) sostiene che lo spessore del film lacrimale
sia stato sotto stimato e che l’errore si origini nella stima
dello strato mucoide di cui rivede il valore portandolo
dai tradizionali 7 µm a 40 µm.
La proposta di Prydal è stata oggetto di molte discussioni, ma probabilmente una delle difficoltà maggiori
incontrata dai ricercatori durante la misura è determinata dalla somiglianza degli indici di rifrazione tra strati
limitrofi.
Con lavori più recenti King-Smith nel 1999 definiscono
lo spessore all’interno di un intervallo compreso tra i 1,6
Introduzione
Il successo dell’applicazione di lenti a contatto è per
buona parte deciso da una favorevole interazione tra Lac
e film corneale: questo significa che il contattologo deve
avere una conoscenza ragionevolmente approfondita
della struttura e delle caratteristiche di questo importante tessuto dell’occhio.
Gli autori propongono in questo dossier una sintesi di
quanto può essere utile conoscere sul lacrimale per poter
gestire in maniera corretta l’applicazione di una lente a
contatto.
Krause e di Wolfring; ha uno spessore compreso tra
6,5÷7,5 µm; all’interno della soluzione sono presenti ioni
e proteine.
La concentrazione di acqua e di soluti che formano il
prodotto finale è determinata anche da quello che viene
raccolto durante il passaggio all’interno dei dotti lacrimali della ghiandola principale.
L’acqua e gli ioni costituiscono la componente principale, successivamente completata da proteine e da altre
sostanze prodotte dalle altre componenti secretorie.
All’azione secretoria delle ghiandole lacrimali principali
si uniscono quelle delle accessorie.
Il complesso innervativo che controlla la produzione
lacrimale deriva dal trigemino (V nervo cranico), da
quello facciale (VII nervo cranico) e dalle fibre del sistema cervicale simpatico.
La ghiandola lacrimale principale è responsabile anche
della secrezione riflessa, attraverso l’azione del trigemino, con il coinvolgimento del tessuto corneale, della
congiuntiva, della pelle e del naso.
Anche la retina, in caso di variazioni significative dell’intensità luminosa, contribuisce a stimolare la secrezione; il pianto è il risultato di stati emotivi, ma viene anche
indotto da disturbi del sistema nervoso centrale.
Recentemente è stato dimostrato che vi è un’azione sulla
secrezione lacrimale da parte del sistema parasimpatico
e simpatico che, innervando la ghiandola lacrimale principale, possono controllare la produzione di elettroliti,
proteine e neurotrasmettitori.
Un contributo essenziale alla produzione della lacrima è
garantito dalle ghiandole accessorie: quelle di Krause
,che si collocano nei fornici congiuntivali, e quelle di
Wolfring, che si trovano nella zona sovratarsale della
congiuntiva palpebrale superiore e, occasionalmente, in
quella della palpebra inferiore.
Gli elettroliti presenti nel film lacrimale sono responsabili del mantenimento dell’osmolarità o tonicità lacrimale, con importante funzione nel mantenimento dell’integrità epiteliale.
e 7,5 µm, ma si tratta di un argomento ancora oggetto
di ricerca.
Gli Strati del Film Lacrimale
Lo strato lipidico ha uno spessore che si attesta vicino ai
100 nm, viene prodotto da tre diversi sistemi localizzati
nella struttura palpebrale (Fig. 3).
La maggiore produzione di lipidi è preposta alla secrezione sebacea delle ghiandole di Meibomio presenti
all’interno della sezione tarsale della palpebra superiore
e inferiore.
Durante l’ammiccamento le ghiandole di Meibomio si
riempiono per poi rilasciare, sotto l’azione dell’ammiccamento successivo, il secreto attraverso i dotti escretori
situati sul margine palpebrale.
I sistemi innervativi coinvolti non sono completamente
conosciuti, recentemente Chung e Perra (1996) hanno
individuato un’innervazione da parte di fibre dell’ortosimpatico e del parasimpatico. Alla produzione dei lipidi partecipano anche le ghiandole sudoripare di Moll e
le sebacee di Zeis.
Lo strato lipidico ha la funzione di ritardare l’evaporazione della componente acquosa, Craig e Tomlinson
(1997) affermano che l’evaporazione aumenta di circa
quattro volte quando lo strato lipidico risulta carente.
McDonald (1968) propone un’interessante valutazione:
quando la componente lipidica della cute è sensibilmente diversa nella composizione da quella lacrimale, è
molto probabile riscontrare una destabilizzazione di
quella lacrimale.
Lo strato lipidico ha anche la funzione di costituire una
barriera in grado di prevenire la fuoriuscita della lacrima
dai margini palpebrali. Il contenuto è caratterizzato dalla
presenza di lipidi polari e non polari: i primi sono presenti per il 90%, con una miscela di esteri del colesterolo e esteri della cera; il rimanente è formato da acidi
grassi, idrocarburi e fosfolipidi.
La fase acquosa è prodotta dalla ghiandola lacrimale
principale e dalle ghiandole lacrimali accessorie di
dossier
PROTEINE DI MAGGIORE IMPORTANZA PRESENTI NEL FILM LACRIMALE
Proteine dalla Ghiandola lacrimale
Proteine del siero
Lisozima
Lattoferrina
Lipocaline
IgA Secretorie
Albumina
Transferrina
IgG
IgM
Tab. I - Proteine fondamentali secondo Janssen e Bijsterveld.
CONTATTOLOGIA
26
INCREMENTO DELL’OSMOLARITÀ IN CONDIZIONE DI EVAPORAZIONE LACRIMALE
Condizione
Variazione
Normale
Valore limite
Moderata o Severa Evaporazione
Lacrimale (occhio secco)
<312 mOsm/l
312÷323 mOsm/l
>323 mOsm/l
Tab. II - Grado di osmolarità secondo Craig (1995).
tenuto aumenta notevolmente quando viene stimolata la
congiuntiva.
Gli anticorpi sono conosciuti come immunoglobuline e
sono composti proteici. Sono stati individuati cinque
diversi tipi di immunoglobuline, ognuna con specifiche
funzioni biologiche.
Vengono indicate IgA, IgD, IgE, IgG e IgM, costituiscono la base del sistema immunitario con importanti compiti di difesa della struttura oculare, pertanto ogni immunoglobulina ha capacità specifiche.
Le immunoglobuline IgE, IgG e IgM sono presenti in
Le proteine svolgono diverse funzioni: sono preposte a
migliorare la bagnabilità, riducendo la tensione superficiale e quindi consentendo al film lacrimale di distendersi uniformemente sulla superficie corneale e congiuntivale.
L’azione delle proteine si esplica anche sul controllo delle
infezioni, nella regolazione osmotica e come agenti tampone quando si verificano delle modifiche dell’equilibrio
lacrimale.
La fase acquosa, quella precorneale in particolare, è
composta da numerosi ioni e molecole quali: elettroliti,
ioni idrogeno, proteine, enzimi e metaboliti.
Proteine e enzimi
Nel 1979 Gachon individua 60 differenti proteine nel
film lacrimale dell’uomo, ma Janssen e Bjisterveld più
tardi (1983) suggeriscono di ridurre il numero proposto
da Gachon tenendo conto solo di quelle più importanti
(Tab. I).
Approssimativamente il 20% di tutte le proteine del siero
risultano presenti nella lacrima.
Tra le proteine, le lipocaline sono quelle predominanti. Si
tratta proteine acide con funzioni non ancora completamente conosciute, ma pare siano implicate nel trasporto
di molecole lipidiche.
Per questo motivo Glasgow (1995) propone che le lipocaline abbiano un ruolo determinante nel mantenimento della stabilità e dell’architettura del film lacrimale.
Schoenwald (1998) ha dimostrato che la riduzione di
lipocaline causa la precipitazione dello strato lipidico su
quello mucoide, con la conseguente rottura ed evaporazione della fase acquosa.
L’albumina è presente in minore quantità, ma il suo con-
Fig. 3 - Sezione sagittale della palpebra superiore: 1 Muscolo orbicolare; 2 Ghiandola sudoripara; 3 Follicolo pilifero; 4 Ghiandola di
Zeis; 5 Ciglia; 6 Ghiandola di Moll; 7 Parte marginale del muscolo
orbicolare; 8 Parte subtarsale del muscolo orbicolare; 9 Arcata arteriosa inferiore; 10 Ghiandola di Meibomio; 11 Ghiandola di
Wolfring; 12 Cripte congiuntivali; 13 Arcata arteriosa superiore; 14
Ghiandola di Krause; 15 Muscolo di Muller; 16 Muscolo elevatore
della palpebra superiore; 17 Grasso.
CONTATTOLOGIA
27
dossier
Elettroliti e ioni idrogeno
All’interno del lacrimale basale vi sono ioni di sodio,
potassio, magnesio, calcio, cloro e bicarbonato; il pH è
espressione della concentrazione degli ioni idrogeno
contenuti nella fase acquosa.
il contenuto di LDH possa diventare un indicatore sullo
stato di ipossia corneale.
dossier
maggiore quantità quando si verificano dei processi
infiammatori del segmento anteriore e, in questa azione,
le IgA costituiscono la prima linea di difesa.
Il sistema delle immunoglobuline, quando interviene
contro la contaminazione dei microrganismi, è aiutato
anche dalla presenza di cellule fagocitarie, linfociti e cellule del sangue della serie bianca, presenti nella lacrima.
Il lisozima è presente nel contenuto lacrimale per una
percentuale che oscilla tra il 20 e 40% di tutte le proteine, il suo compito principale è quello di eliminare
i batteri dopo averli circondati e attaccati con enzimi
specifici.
È importante ricordare che la concentrazione di lisozima
è legata all’età: con il passare degli anni diminuisce. Seal
(1986) ha notato inoltre un impoverimento della quantità di lisozima in caso di occhio secco.
La lattoferrina è una proteina molto simile al lisozima,
anche lei prodotta dal secreto della ghiandola lacrimale
principale, con proprietà antibatteriche.
Più specificatamente la lattoferrina ha compiti più batteriostatici che battericidi, infatti rimuove il ferro necessario ai batteri per la riproduzione; la transferrina ha caratteristiche molto simili a quelle della lattoferrina, ma è
contenuta nella fase lacrimale in percentuale minore.
Il film lacrimale contiene anche diversi enzimi: ne sono
stati riconosciuti dodici e tra i più significativi troviamo
la lattico-deidrogenasi (LDH).
In condizioni di carenza di ossigeno della cornea la concentrazione di LDH aumenta; Fullard (1986) propone che
Proprietà della fase acquosa
Normalmente il pH del film è compreso nell’intervallo
tra 7,14 e 7,82; la permeabilità dell’epitelio corneale è
sensibile alle variazioni del pH, pertanto sono presenti
dei sistemi tampone in grado mantenerlo costante
durante le ore della giornata.
Quando si instillano soluzioni nel sacco congiuntivale
con valori di pH differenti, per esempio al di sotto di 6,6
(come avviene per alcuni sostituti lacrimali) o per pH
superiori a 7,8, spetta alla lacrima esercitare un’azione
tampone per ridurre la sensazione di fastidio che compare a livello di segmento anteriore.
L’osmolarità del film lacrimale esprime la concentrazione complessiva di alcune particelle contenute nella soluzione, senza considerare però la grandezza, la densità e
la carica elettrica di questi elementi.
L’osmolarità aumenta con il contenuto degli elettroliti in
soluzione, solitamente è preso come riferimento il cloruro di sodio (NaCl); nei casi di eccessiva evaporazione
della fase acquosa aumenta la percentuale di soluto e
conseguentemente anche il grado di osmolarità.
Le lacrime per mantenere un corretto valore di osmolarità devono avere una concentrazione di NaCl pari allo
0,9%, in questo modo il sistema è capace di mantenere
le cellule epiteliali in una normale condizione di deturgescenza.
Alcuni sostituti lacrimali sono realizzati con un’osmolarità più bassa di quella lacrimale, lo scopo è quello di
alleviare i sintomi di bruciore ristabilendo la corretta
percentuale di elettroliti, in particolare in caso di occhio
secco.
Lo strato mucoide è prodotto principalmente dalle cellule goblet presenti nella congiuntiva e dalle cripte di
Henle collocate nei fornici (Fig. 3); una seconda risorsa
deriva dalle vescicole secretorie di muco, che si trovano
sempre a livello congiuntivale.
Il numero delle vescicole aumenta quando ci sono alcuni stati infiammatori, come ad esempio in caso di congiuntiviti allergiche.
Lo strato mucoide svolge, all’interno dell’architettura del
film precorneale, un ruolo importante: dalla sua qualità
fisica e chimica dipende il grado di bagnabilità della
superficie corneale e congiuntivale (Rohen and LutjenDrecoll, 1992).
Le cellule goblet sono all’incirca 1,5 milioni e sono distribuite su tutta la superficie congiuntivale (Fig. 4); sono
Fig. 4 - Distribuzione delle cellule goblet, a e a’ indicano i puntini
lacrimali; b indica la posizione delle cripte di Henle.
CONTATTOLOGIA
28
Un altro importante compito è quello di proteggere l’epitelio corneale difendendo cornea e congiuntiva da
corpi estranei e abrasioni. Fleiszig e Dily (1994) riportano studi interessanti sulla possibilità che lo strato mucoide possa funzionare come riserva delle immunoglobuline, infatti notano che quando lo strato è intatto l’adesione dello Pseudomonas Aeruginosa sulla cornea si
riduce. Pertanto tutte quelle condizioni che concorrono
ad alterare la fase mucoide, per esempio la condizione di
occhio secco e della somministrazione di agenti mucolitici, possono contribuire ad aumentare l’incidenza di
cheratiti infettive.
presenti maggiormente nella porzione nasale e nella
plica, diminuiscono sensibilmente nella parte temporale,
specialmente in quella superiore.
Non ci sono ancora conoscenze esatte sui meccanismi di
produzione delle cellule goblet, ma si crede possibile un
controllo dei centri superiori (Dartt, 1992).
Anche se queste cellule non sono direttamente innervate, lo stroma e l’epitelio congiuntivale permettono ai
neurotrasmettitori di raggiungerle e di stimolare dei
recettori posti sulla superficie della cellula; in questo
modo avviene la regolazione del secreto.
Il secreto di muco delle cellule goblet è costituito da
gruppi eterogenei di glicoproteine e si differenzia nella
composizione da quella prodotta dalle vescicole dell’epitelio congiuntivale.
Queste vescicole sono una delle principali sorgenti di glicocalice, che ha il compito di svolgere l’importante funzione di interfacciare l’epitelio corneale con la fase
acquosa (Fig.5).
Quando ci sono dei problemi a carico dell’epitelio corneale anche il glicocalice si lega con maggiori difficoltà
creando una situazione di destabilizzazione del film
lacrimale.
Tra le funzioni dello strato mucoide individuiamo: quella di lubrificare il segmento anteriore e diminuire la frizione durante l’ammiccamento e i movimenti oculari.
Fig. 5 - Disposizione del glicocalice sulla superficie delle cellule congiuntivali.
CONTATTOLOGIA
29
dossier
Il film lacrimale e la sua interazione con le lenti a
contatto
L’applicazione di una lente a contatto modifica la struttura del film lacrimale ed in particolare lo strato lipidico.
Questo avviene in quanto le lenti a contatto tendono ad
assottigliare lo strato acquoso rendendo più difficile per
il lipidico lo stendersi correttamente sopra di esso.
Sono state osservate differenze significative tra lenti a
contatto morbide e gaspermeabili; tale differenza è
riconducibile al diverso movimento dei due tipi di lenti
durante l’uso.
Secondo Guillon (1993) la combinazione di questi fattori determina una riduzione di spessore dello strato lipi-
direttamente correlata al contenuto idrico, ma è la matrice del polimero con le sue caratteristiche a giocare un
ruolo fondamentale.
In ogni caso, sulla lente applicata si forma molto rapidamente un sottile strato di muco che contribuisce a
migliorare la bagnabilità della superficie.
Quando si sceglie di cambiare frequentemente la lente, la
bagnabilità non viene incrementata dallo strato di muco
a cui si faceva riferimento prima, e dipende totalmente
dalle caratteristiche del polimero usato.
Tomlinson (1992) individua cambiamenti nelle caratteristiche del film lacrimale nei nuovi portatori di
lenti a contatto e suggerisce che tali modifiche siano
da attribuire a un vero e proprio cambiamento nella
composizione della lacrima conseguente all’uso della
lente a contatto.
L’autore riporta che nel periodo di adattamento c’è una
diminuzione della concentrazione di elettroliti e delle
proteine derivate dal siero. Probabilmente l’impoverimento di questi elementi deriva da una maggiore produzione di lacrima riflessa da parte della ghiandola lacrimale principale.
Altre modifiche che interessano il contenuto lacrimale
durante il periodo di adattamento coinvolgono la percentuale di glucosio, riducendola.
La riduzione della presenza degli zuccheri è dovuta all’azione meccanica della LaC, che stimolando la lacrimazione riflessa “lava” via più rapidamente il glucosio dalle
cellule dell’epitelio corneale; questo cambiamento può
avere l’effetto di indebolire la resistenza cellulare.
In letteratura non vi sono studi sulle variazioni del contenuto lacrimale a lungo termine nei portatori di lenti a
contatto, eccetto lavori sul livello delle IgA.
Temel (1991) afferma che il livello delle IgA è superiore
nei portatori di lenti a contatto gaspermeabili rispetto a
quelli che usano lenti morbide; probabilmente l’azione
meccanica della LaC sulla congiuntiva aumenta la secrezione proteica.
L’influenza delle LaC sul pH non è ancora completamente chiara, ci sono lavori che non riportano alcuna
variazione indotta dall’uso delle lenti a contatto, altri
invece hanno misurato una riduzione del pH pur senza
trovare una variazione significativa dai valori ritenuti
normali.
L’uso delle lenti a contatto provoca inizialmente una
riduzione dell’osmolarità, a causa all’aumento della produzione lacrimale nella fase di adattamento, più ricca di
fase acquosa. Al contrario, ad adattamento terminato,
Tomlinson e Cadarstaff hanno individuato un incremen-
dico maggiore con le lenti gaspermeabili rispetto a quanto si verifica con le idrogel. Una buona biocompatibilità
dei materiali migliora in maniera sostanziale il rapporto
lenti-film lacrimale aumentandone la stabilità. Questo
significa che una scelta non approppriata delle caratteristiche chimiche della lente a contatto contribuisce notevolmente alla destabilizzazione della struttura lacrimale.
Guillon dimostra che anche in presenza di un buon strato lipidico prima dell’applicazione si ha, con l’uso, un
assottigliamento dello strato con conseguente destabilizzazione, anche a causa dell’accumulo di lipidi sulla
superficie della lente.
Diventa quindi importante sia il controllo pre-applicativo per individuare situazioni già carenti che quello postapplicativo per valutare l’influenza della lente sulla stabilità del film. Considerando le lenti a contatto idrogel, è
dimostrato che la bagnabilità della superficie non è
dossier
Fig. 6 - Distribuzione non omogenea del film lacrimale sulla superficie di una lente morbida idrogel.
Fig. 7 - Distribuzione non omogenea del film lacrimale sulla superficie di una lente gaspermeabile.
CONTATTOLOGIA
30
Conclusioni
La lente a contatto è sicuramente uno dei più validi strumenti correttivi a disposizione dello specialista, ma
richiede attenzione in quanto le modifiche che induce
sul segmento anteriore in generale e sul film lacrimale in
particolare, possono risultare più o meno significative in
relazione allo stato pre-applicativo. Un’attenta analisi
della situazione del segmento anteriore ed un’altrettanto
attenta scelta dei materiali è condizione irrinunciabile
per garantire un’applicazione che garantisca comfort e
sicurezza nel tempo. Tanto più se il portatore è sufficientemente sensibilizzato a seguire scrupolosamente le
indicazioni che gli vengono fornite al momento della
consegna dei materiali. Una manutenzione accurata e
regolari controlli sono la miglior garanzia per il portatore e per l’applicatore. Le due parti devono essere ben
consapevoli che le scelte fatte oggi non obbligatoriamente saranno le migliori anche domani.
to dell’osmolarità: l’utilizzo delle lenti a contatto interagisce con lo strato lipidico rendendolo più instabile, con
conseguente aumento dell’evaporazione della fase
acquosa. Gilbard (1986) afferma che la produzione lacrimale è ridotta a causa dell’uso delle lenti a contatto, una
delle ragioni è relativa all’influenza della lente sulla sensibilità corneale determinandone una riduzione, con essa
anche la produzione lacrimale viene ridotta innalzando
il grado di osmolarità.
Sono state trovate modifiche nella produzione del muco
nei portatori dei lenti a contatto; gli studi condotti fino
a ora dimostrano che il numero delle vescicole congiuntivali aumenta, mentre il numero delle cellule goblet
sembra rimanere invariato.
Una delle variazioni più significative che coinvolge lo
strato mucoide è relativo al glicocalice, nei portatori di
lenti a contatto è stata trovata una percentuale maggiore di glicocalice destrutturato.
contact lens patient. Optician, 1993;206(5421):21-39.
15. Janssen PT, Van Bjisterveld OP. Origin and biosynthesis of human tear fluid proteins. Invest Ophthalmol Vis
Sci, 1983;24:623-630.
16. King-Smith PE, Fink BA, Fogt N. Tree interferometric
methods for measuring the thickness of layers of tear
film. Optom. Vis. Sci., 1999;76:19-32.
17. McDonald JE. Surface phenomena of tear films. Trans
Am Ophthalmol Soc, 1968;66:905-909.
18. Perra MT, Serra A, Sirigu P, Turno F. Histochemical
demonstration of acetylcholinesterase activity in
human meibomian glands. Eur J Histochem,
1996;40:39-44.
19. Prydal JI, Artal P, Woon H, Campbell FW. Study of the
human precorneal tear film thickness and structure
using laser interferometry. Invest Ophthalmol Vis. Sci.,
1992;33:2006-2011.
20. Port MJA, Asaria TS. The assessment of tear volume. J
Br Cont Lens Assoc, 1990;13:76-82.
21. Schoenwald RD, Vidvauns S, Wurster DE, Barfknecht
CF. The role of tear proteins in tear film stability in the
dry eye patient and in the rabbit. Adv Exp Med Biol,
1998;438:391-400.
22. Rohen JW, Lutjen-Drecoll E. Functional morphology of
the conjunctiva. In: The Dry Eye. A Comprehensive
guide (eds Lemp MA, Marquardt R), Berlin, SprigerVerlag, 1992;35-63.
23. Seal DV, McGill JI, Mackie IA et al. Bacteriology and
tear protein profiles of the dry eye. Br J Ophthalmol,
1986;70:122-125.
24. Temel A, Kazokoglu H, Taga Y et al. The effect of contact lens wear on tear immunoglobulins. CLAO J,
1991;17:69-71.
25. Tomlinson A. Tear film changes with contact lens wear.
In Complications of Contact Lens Wear (ed A
Tomlinson), St Louis, Mosby, 1992;159-194.
26. Tiffany JM. Tear film stability and contact lens wear. J
Br Cont Lens Assoc, 1988;11:35-38.
1. Benjamin WJ, Piccolo MG, Toubiana HA. Wettability: a
blink by blink account. Int Contact Lens Clin,
1984;11:492-498.
2. Bothelo SY. Tears and the lacrimal gland. Sci Am,
1964;211:78-86.
3. Bron AJ, Tiffany JM. The meibomian glands and the
tear film lipids, structure, function and control. Adv
Exp Med Biol, 1998;438:281-295.
4. Cadarstaff TH, Tomlinson A. A comparative study of
tear evaporation rates and water content of soft contact
lenses. Am J Optom Physiol Opt, 1983;60:167-174.
5. Chung CW, Tigges M, Stone RA. Peptidergic innervation of the primate meibomian gland. Invest
Ophthalmo Vis Sci, 1996;37:238-245.
6. Craig J, Blades K, Patel S. Tear lipid layer structure and
stability following expression of the meibomian glands.
Am J Optom Physiol Opt, 1995;15:569-574.
7. Dartt DA. Physiology of tear production. In The Dry
Eye. A Comprehensive guide (eds M. A. Lemp and R.
Marquardt). Berlin, Spriger-Verlag, 1992;65-99.
8. Dilly PN. Structure and function of the tear film. Adv
Exp Med Biol, 1994;350:239-247.
9. Fleiszig SMJ, Zaidi TS, Pier GB. Mucus and
Pseudomonas aeruginosa adherence to the cornea. Adv
Exp Med Biol, 1994;350:359-362.
10. Fullard RJ, Carney LG. Human tear enzyme changes as
indicators of the corneal response to contact lens wear.
Acta Ophthalmol, 1986;64:216-220.
11. Ganchon AM, Verelle PG, Dastugue B. Immunological
and electrophoretic studies of human tear proteins. Exp
Eye Res, 1979;29:539-553.
12. Glasgow BJ, Abdurangimov AR, Farahbakhsh Z et al.
tear lipocalins bind a broad array of lipid ligands. Curr
Eye Ries, 1995;14:363-372.
13. Gilbard JP, Gray KL, Rossi RS. A proposed mechanism
for increased tear-film osmolarity in contact lens wearers. Am J Ophthalmol, 1986;102:505-507.
14. Guillon JP, Guillon M. Tear film examination of the
CONTATTOLOGIA
31
dossier
Bibliografia
Fly UP