La lente a contatto e la sua interazione con il film lacrimale
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La lente a contatto e la sua interazione con il film lacrimale Francesco Sala, Antonio Madesani - Docenti Ist. B. Zaccagnini - Bologna - Optometristi S.Opt.I Francesca Madesani - Studente medicina e Chirurgia - Università di Pisa Il film lacrimale Il film lacrimale è caratterizzato da un’architettura dinamica capace di mantenere la propria struttura integra sulla superficie oculare allo scopo di adempiere alla duplice funzione di bagnare e proteggere la superficie esterna. La lacrima, con le proprietà di diluizione che la caratterizzano, riduce la concentrazione della carica batterica che può essere presente nel sacco congiuntivale; ha una certa azione filtrante sulle radiazioni pericolose per il segmento anteriore e inoltre tampona rapidamente eventuali variazioni di pH potenzialmente dannose per i tessuti. La componente acquosa è ricca di proteine che complessivamente costituiscono un vero e proprio sistema di Fig. 2 - Architettura del film lacrimale secondo Tiffany. Fig. 1 - Architettura del film lacrimale secondo il modello classico. CONTATTOLOGIA 25 dossier difesa efficace contro l’aggressione dei microrganismi. Serve per mediare la presenza dei leucociti in caso di infiammazione del segmento anteriore e allontana i cataboliti delle cellule epiteliali. Il film lacrimale si distribuisce sulla superficie oculare secondo una particolare architettura, capace di garantire stabilità ed efficienza. Classicamente il film lacrimale è descritto come una struttura a tre strati: lo strato lipidico più esterno, poi quello acquoso e infine quello mucoide a contatto con la superficie corneale (Fig. 1). L’ampia ricerca sull’argomento ha contribuito a conoscere più approfonditamente la sua architettura, individuando la presenza di strati e strutture con funzione di interfaccia tra gli strati fondamentali: Tiffany (1988) propone un nuovo modello che evidenzia queste strutture intermedie (Fig. 2). Prydal (1992) sostiene che lo spessore del film lacrimale sia stato sotto stimato e che l’errore si origini nella stima dello strato mucoide di cui rivede il valore portandolo dai tradizionali 7 µm a 40 µm. La proposta di Prydal è stata oggetto di molte discussioni, ma probabilmente una delle difficoltà maggiori incontrata dai ricercatori durante la misura è determinata dalla somiglianza degli indici di rifrazione tra strati limitrofi. Con lavori più recenti King-Smith nel 1999 definiscono lo spessore all’interno di un intervallo compreso tra i 1,6 Introduzione Il successo dell’applicazione di lenti a contatto è per buona parte deciso da una favorevole interazione tra Lac e film corneale: questo significa che il contattologo deve avere una conoscenza ragionevolmente approfondita della struttura e delle caratteristiche di questo importante tessuto dell’occhio. Gli autori propongono in questo dossier una sintesi di quanto può essere utile conoscere sul lacrimale per poter gestire in maniera corretta l’applicazione di una lente a contatto. Krause e di Wolfring; ha uno spessore compreso tra 6,5÷7,5 µm; all’interno della soluzione sono presenti ioni e proteine. La concentrazione di acqua e di soluti che formano il prodotto finale è determinata anche da quello che viene raccolto durante il passaggio all’interno dei dotti lacrimali della ghiandola principale. L’acqua e gli ioni costituiscono la componente principale, successivamente completata da proteine e da altre sostanze prodotte dalle altre componenti secretorie. All’azione secretoria delle ghiandole lacrimali principali si uniscono quelle delle accessorie. Il complesso innervativo che controlla la produzione lacrimale deriva dal trigemino (V nervo cranico), da quello facciale (VII nervo cranico) e dalle fibre del sistema cervicale simpatico. La ghiandola lacrimale principale è responsabile anche della secrezione riflessa, attraverso l’azione del trigemino, con il coinvolgimento del tessuto corneale, della congiuntiva, della pelle e del naso. Anche la retina, in caso di variazioni significative dell’intensità luminosa, contribuisce a stimolare la secrezione; il pianto è il risultato di stati emotivi, ma viene anche indotto da disturbi del sistema nervoso centrale. Recentemente è stato dimostrato che vi è un’azione sulla secrezione lacrimale da parte del sistema parasimpatico e simpatico che, innervando la ghiandola lacrimale principale, possono controllare la produzione di elettroliti, proteine e neurotrasmettitori. Un contributo essenziale alla produzione della lacrima è garantito dalle ghiandole accessorie: quelle di Krause ,che si collocano nei fornici congiuntivali, e quelle di Wolfring, che si trovano nella zona sovratarsale della congiuntiva palpebrale superiore e, occasionalmente, in quella della palpebra inferiore. Gli elettroliti presenti nel film lacrimale sono responsabili del mantenimento dell’osmolarità o tonicità lacrimale, con importante funzione nel mantenimento dell’integrità epiteliale. e 7,5 µm, ma si tratta di un argomento ancora oggetto di ricerca. Gli Strati del Film Lacrimale Lo strato lipidico ha uno spessore che si attesta vicino ai 100 nm, viene prodotto da tre diversi sistemi localizzati nella struttura palpebrale (Fig. 3). La maggiore produzione di lipidi è preposta alla secrezione sebacea delle ghiandole di Meibomio presenti all’interno della sezione tarsale della palpebra superiore e inferiore. Durante l’ammiccamento le ghiandole di Meibomio si riempiono per poi rilasciare, sotto l’azione dell’ammiccamento successivo, il secreto attraverso i dotti escretori situati sul margine palpebrale. I sistemi innervativi coinvolti non sono completamente conosciuti, recentemente Chung e Perra (1996) hanno individuato un’innervazione da parte di fibre dell’ortosimpatico e del parasimpatico. Alla produzione dei lipidi partecipano anche le ghiandole sudoripare di Moll e le sebacee di Zeis. Lo strato lipidico ha la funzione di ritardare l’evaporazione della componente acquosa, Craig e Tomlinson (1997) affermano che l’evaporazione aumenta di circa quattro volte quando lo strato lipidico risulta carente. McDonald (1968) propone un’interessante valutazione: quando la componente lipidica della cute è sensibilmente diversa nella composizione da quella lacrimale, è molto probabile riscontrare una destabilizzazione di quella lacrimale. Lo strato lipidico ha anche la funzione di costituire una barriera in grado di prevenire la fuoriuscita della lacrima dai margini palpebrali. Il contenuto è caratterizzato dalla presenza di lipidi polari e non polari: i primi sono presenti per il 90%, con una miscela di esteri del colesterolo e esteri della cera; il rimanente è formato da acidi grassi, idrocarburi e fosfolipidi. La fase acquosa è prodotta dalla ghiandola lacrimale principale e dalle ghiandole lacrimali accessorie di dossier PROTEINE DI MAGGIORE IMPORTANZA PRESENTI NEL FILM LACRIMALE Proteine dalla Ghiandola lacrimale Proteine del siero Lisozima Lattoferrina Lipocaline IgA Secretorie Albumina Transferrina IgG IgM Tab. I - Proteine fondamentali secondo Janssen e Bijsterveld. CONTATTOLOGIA 26 INCREMENTO DELL’OSMOLARITÀ IN CONDIZIONE DI EVAPORAZIONE LACRIMALE Condizione Variazione Normale Valore limite Moderata o Severa Evaporazione Lacrimale (occhio secco) <312 mOsm/l 312÷323 mOsm/l >323 mOsm/l Tab. II - Grado di osmolarità secondo Craig (1995). tenuto aumenta notevolmente quando viene stimolata la congiuntiva. Gli anticorpi sono conosciuti come immunoglobuline e sono composti proteici. Sono stati individuati cinque diversi tipi di immunoglobuline, ognuna con specifiche funzioni biologiche. Vengono indicate IgA, IgD, IgE, IgG e IgM, costituiscono la base del sistema immunitario con importanti compiti di difesa della struttura oculare, pertanto ogni immunoglobulina ha capacità specifiche. Le immunoglobuline IgE, IgG e IgM sono presenti in Le proteine svolgono diverse funzioni: sono preposte a migliorare la bagnabilità, riducendo la tensione superficiale e quindi consentendo al film lacrimale di distendersi uniformemente sulla superficie corneale e congiuntivale. L’azione delle proteine si esplica anche sul controllo delle infezioni, nella regolazione osmotica e come agenti tampone quando si verificano delle modifiche dell’equilibrio lacrimale. La fase acquosa, quella precorneale in particolare, è composta da numerosi ioni e molecole quali: elettroliti, ioni idrogeno, proteine, enzimi e metaboliti. Proteine e enzimi Nel 1979 Gachon individua 60 differenti proteine nel film lacrimale dell’uomo, ma Janssen e Bjisterveld più tardi (1983) suggeriscono di ridurre il numero proposto da Gachon tenendo conto solo di quelle più importanti (Tab. I). Approssimativamente il 20% di tutte le proteine del siero risultano presenti nella lacrima. Tra le proteine, le lipocaline sono quelle predominanti. Si tratta proteine acide con funzioni non ancora completamente conosciute, ma pare siano implicate nel trasporto di molecole lipidiche. Per questo motivo Glasgow (1995) propone che le lipocaline abbiano un ruolo determinante nel mantenimento della stabilità e dell’architettura del film lacrimale. Schoenwald (1998) ha dimostrato che la riduzione di lipocaline causa la precipitazione dello strato lipidico su quello mucoide, con la conseguente rottura ed evaporazione della fase acquosa. L’albumina è presente in minore quantità, ma il suo con- Fig. 3 - Sezione sagittale della palpebra superiore: 1 Muscolo orbicolare; 2 Ghiandola sudoripara; 3 Follicolo pilifero; 4 Ghiandola di Zeis; 5 Ciglia; 6 Ghiandola di Moll; 7 Parte marginale del muscolo orbicolare; 8 Parte subtarsale del muscolo orbicolare; 9 Arcata arteriosa inferiore; 10 Ghiandola di Meibomio; 11 Ghiandola di Wolfring; 12 Cripte congiuntivali; 13 Arcata arteriosa superiore; 14 Ghiandola di Krause; 15 Muscolo di Muller; 16 Muscolo elevatore della palpebra superiore; 17 Grasso. CONTATTOLOGIA 27 dossier Elettroliti e ioni idrogeno All’interno del lacrimale basale vi sono ioni di sodio, potassio, magnesio, calcio, cloro e bicarbonato; il pH è espressione della concentrazione degli ioni idrogeno contenuti nella fase acquosa. il contenuto di LDH possa diventare un indicatore sullo stato di ipossia corneale. dossier maggiore quantità quando si verificano dei processi infiammatori del segmento anteriore e, in questa azione, le IgA costituiscono la prima linea di difesa. Il sistema delle immunoglobuline, quando interviene contro la contaminazione dei microrganismi, è aiutato anche dalla presenza di cellule fagocitarie, linfociti e cellule del sangue della serie bianca, presenti nella lacrima. Il lisozima è presente nel contenuto lacrimale per una percentuale che oscilla tra il 20 e 40% di tutte le proteine, il suo compito principale è quello di eliminare i batteri dopo averli circondati e attaccati con enzimi specifici. È importante ricordare che la concentrazione di lisozima è legata all’età: con il passare degli anni diminuisce. Seal (1986) ha notato inoltre un impoverimento della quantità di lisozima in caso di occhio secco. La lattoferrina è una proteina molto simile al lisozima, anche lei prodotta dal secreto della ghiandola lacrimale principale, con proprietà antibatteriche. Più specificatamente la lattoferrina ha compiti più batteriostatici che battericidi, infatti rimuove il ferro necessario ai batteri per la riproduzione; la transferrina ha caratteristiche molto simili a quelle della lattoferrina, ma è contenuta nella fase lacrimale in percentuale minore. Il film lacrimale contiene anche diversi enzimi: ne sono stati riconosciuti dodici e tra i più significativi troviamo la lattico-deidrogenasi (LDH). In condizioni di carenza di ossigeno della cornea la concentrazione di LDH aumenta; Fullard (1986) propone che Proprietà della fase acquosa Normalmente il pH del film è compreso nell’intervallo tra 7,14 e 7,82; la permeabilità dell’epitelio corneale è sensibile alle variazioni del pH, pertanto sono presenti dei sistemi tampone in grado mantenerlo costante durante le ore della giornata. Quando si instillano soluzioni nel sacco congiuntivale con valori di pH differenti, per esempio al di sotto di 6,6 (come avviene per alcuni sostituti lacrimali) o per pH superiori a 7,8, spetta alla lacrima esercitare un’azione tampone per ridurre la sensazione di fastidio che compare a livello di segmento anteriore. L’osmolarità del film lacrimale esprime la concentrazione complessiva di alcune particelle contenute nella soluzione, senza considerare però la grandezza, la densità e la carica elettrica di questi elementi. L’osmolarità aumenta con il contenuto degli elettroliti in soluzione, solitamente è preso come riferimento il cloruro di sodio (NaCl); nei casi di eccessiva evaporazione della fase acquosa aumenta la percentuale di soluto e conseguentemente anche il grado di osmolarità. Le lacrime per mantenere un corretto valore di osmolarità devono avere una concentrazione di NaCl pari allo 0,9%, in questo modo il sistema è capace di mantenere le cellule epiteliali in una normale condizione di deturgescenza. Alcuni sostituti lacrimali sono realizzati con un’osmolarità più bassa di quella lacrimale, lo scopo è quello di alleviare i sintomi di bruciore ristabilendo la corretta percentuale di elettroliti, in particolare in caso di occhio secco. Lo strato mucoide è prodotto principalmente dalle cellule goblet presenti nella congiuntiva e dalle cripte di Henle collocate nei fornici (Fig. 3); una seconda risorsa deriva dalle vescicole secretorie di muco, che si trovano sempre a livello congiuntivale. Il numero delle vescicole aumenta quando ci sono alcuni stati infiammatori, come ad esempio in caso di congiuntiviti allergiche. Lo strato mucoide svolge, all’interno dell’architettura del film precorneale, un ruolo importante: dalla sua qualità fisica e chimica dipende il grado di bagnabilità della superficie corneale e congiuntivale (Rohen and LutjenDrecoll, 1992). Le cellule goblet sono all’incirca 1,5 milioni e sono distribuite su tutta la superficie congiuntivale (Fig. 4); sono Fig. 4 - Distribuzione delle cellule goblet, a e a’ indicano i puntini lacrimali; b indica la posizione delle cripte di Henle. CONTATTOLOGIA 28 Un altro importante compito è quello di proteggere l’epitelio corneale difendendo cornea e congiuntiva da corpi estranei e abrasioni. Fleiszig e Dily (1994) riportano studi interessanti sulla possibilità che lo strato mucoide possa funzionare come riserva delle immunoglobuline, infatti notano che quando lo strato è intatto l’adesione dello Pseudomonas Aeruginosa sulla cornea si riduce. Pertanto tutte quelle condizioni che concorrono ad alterare la fase mucoide, per esempio la condizione di occhio secco e della somministrazione di agenti mucolitici, possono contribuire ad aumentare l’incidenza di cheratiti infettive. presenti maggiormente nella porzione nasale e nella plica, diminuiscono sensibilmente nella parte temporale, specialmente in quella superiore. Non ci sono ancora conoscenze esatte sui meccanismi di produzione delle cellule goblet, ma si crede possibile un controllo dei centri superiori (Dartt, 1992). Anche se queste cellule non sono direttamente innervate, lo stroma e l’epitelio congiuntivale permettono ai neurotrasmettitori di raggiungerle e di stimolare dei recettori posti sulla superficie della cellula; in questo modo avviene la regolazione del secreto. Il secreto di muco delle cellule goblet è costituito da gruppi eterogenei di glicoproteine e si differenzia nella composizione da quella prodotta dalle vescicole dell’epitelio congiuntivale. Queste vescicole sono una delle principali sorgenti di glicocalice, che ha il compito di svolgere l’importante funzione di interfacciare l’epitelio corneale con la fase acquosa (Fig.5). Quando ci sono dei problemi a carico dell’epitelio corneale anche il glicocalice si lega con maggiori difficoltà creando una situazione di destabilizzazione del film lacrimale. Tra le funzioni dello strato mucoide individuiamo: quella di lubrificare il segmento anteriore e diminuire la frizione durante l’ammiccamento e i movimenti oculari. Fig. 5 - Disposizione del glicocalice sulla superficie delle cellule congiuntivali. CONTATTOLOGIA 29 dossier Il film lacrimale e la sua interazione con le lenti a contatto L’applicazione di una lente a contatto modifica la struttura del film lacrimale ed in particolare lo strato lipidico. Questo avviene in quanto le lenti a contatto tendono ad assottigliare lo strato acquoso rendendo più difficile per il lipidico lo stendersi correttamente sopra di esso. Sono state osservate differenze significative tra lenti a contatto morbide e gaspermeabili; tale differenza è riconducibile al diverso movimento dei due tipi di lenti durante l’uso. Secondo Guillon (1993) la combinazione di questi fattori determina una riduzione di spessore dello strato lipi- direttamente correlata al contenuto idrico, ma è la matrice del polimero con le sue caratteristiche a giocare un ruolo fondamentale. In ogni caso, sulla lente applicata si forma molto rapidamente un sottile strato di muco che contribuisce a migliorare la bagnabilità della superficie. Quando si sceglie di cambiare frequentemente la lente, la bagnabilità non viene incrementata dallo strato di muco a cui si faceva riferimento prima, e dipende totalmente dalle caratteristiche del polimero usato. Tomlinson (1992) individua cambiamenti nelle caratteristiche del film lacrimale nei nuovi portatori di lenti a contatto e suggerisce che tali modifiche siano da attribuire a un vero e proprio cambiamento nella composizione della lacrima conseguente all’uso della lente a contatto. L’autore riporta che nel periodo di adattamento c’è una diminuzione della concentrazione di elettroliti e delle proteine derivate dal siero. Probabilmente l’impoverimento di questi elementi deriva da una maggiore produzione di lacrima riflessa da parte della ghiandola lacrimale principale. Altre modifiche che interessano il contenuto lacrimale durante il periodo di adattamento coinvolgono la percentuale di glucosio, riducendola. La riduzione della presenza degli zuccheri è dovuta all’azione meccanica della LaC, che stimolando la lacrimazione riflessa “lava” via più rapidamente il glucosio dalle cellule dell’epitelio corneale; questo cambiamento può avere l’effetto di indebolire la resistenza cellulare. In letteratura non vi sono studi sulle variazioni del contenuto lacrimale a lungo termine nei portatori di lenti a contatto, eccetto lavori sul livello delle IgA. Temel (1991) afferma che il livello delle IgA è superiore nei portatori di lenti a contatto gaspermeabili rispetto a quelli che usano lenti morbide; probabilmente l’azione meccanica della LaC sulla congiuntiva aumenta la secrezione proteica. L’influenza delle LaC sul pH non è ancora completamente chiara, ci sono lavori che non riportano alcuna variazione indotta dall’uso delle lenti a contatto, altri invece hanno misurato una riduzione del pH pur senza trovare una variazione significativa dai valori ritenuti normali. L’uso delle lenti a contatto provoca inizialmente una riduzione dell’osmolarità, a causa all’aumento della produzione lacrimale nella fase di adattamento, più ricca di fase acquosa. Al contrario, ad adattamento terminato, Tomlinson e Cadarstaff hanno individuato un incremen- dico maggiore con le lenti gaspermeabili rispetto a quanto si verifica con le idrogel. Una buona biocompatibilità dei materiali migliora in maniera sostanziale il rapporto lenti-film lacrimale aumentandone la stabilità. Questo significa che una scelta non approppriata delle caratteristiche chimiche della lente a contatto contribuisce notevolmente alla destabilizzazione della struttura lacrimale. Guillon dimostra che anche in presenza di un buon strato lipidico prima dell’applicazione si ha, con l’uso, un assottigliamento dello strato con conseguente destabilizzazione, anche a causa dell’accumulo di lipidi sulla superficie della lente. Diventa quindi importante sia il controllo pre-applicativo per individuare situazioni già carenti che quello postapplicativo per valutare l’influenza della lente sulla stabilità del film. Considerando le lenti a contatto idrogel, è dimostrato che la bagnabilità della superficie non è dossier Fig. 6 - Distribuzione non omogenea del film lacrimale sulla superficie di una lente morbida idrogel. Fig. 7 - Distribuzione non omogenea del film lacrimale sulla superficie di una lente gaspermeabile. CONTATTOLOGIA 30 Conclusioni La lente a contatto è sicuramente uno dei più validi strumenti correttivi a disposizione dello specialista, ma richiede attenzione in quanto le modifiche che induce sul segmento anteriore in generale e sul film lacrimale in particolare, possono risultare più o meno significative in relazione allo stato pre-applicativo. Un’attenta analisi della situazione del segmento anteriore ed un’altrettanto attenta scelta dei materiali è condizione irrinunciabile per garantire un’applicazione che garantisca comfort e sicurezza nel tempo. Tanto più se il portatore è sufficientemente sensibilizzato a seguire scrupolosamente le indicazioni che gli vengono fornite al momento della consegna dei materiali. Una manutenzione accurata e regolari controlli sono la miglior garanzia per il portatore e per l’applicatore. Le due parti devono essere ben consapevoli che le scelte fatte oggi non obbligatoriamente saranno le migliori anche domani. to dell’osmolarità: l’utilizzo delle lenti a contatto interagisce con lo strato lipidico rendendolo più instabile, con conseguente aumento dell’evaporazione della fase acquosa. Gilbard (1986) afferma che la produzione lacrimale è ridotta a causa dell’uso delle lenti a contatto, una delle ragioni è relativa all’influenza della lente sulla sensibilità corneale determinandone una riduzione, con essa anche la produzione lacrimale viene ridotta innalzando il grado di osmolarità. Sono state trovate modifiche nella produzione del muco nei portatori dei lenti a contatto; gli studi condotti fino a ora dimostrano che il numero delle vescicole congiuntivali aumenta, mentre il numero delle cellule goblet sembra rimanere invariato. Una delle variazioni più significative che coinvolge lo strato mucoide è relativo al glicocalice, nei portatori di lenti a contatto è stata trovata una percentuale maggiore di glicocalice destrutturato. contact lens patient. Optician, 1993;206(5421):21-39. 15. Janssen PT, Van Bjisterveld OP. Origin and biosynthesis of human tear fluid proteins. Invest Ophthalmol Vis Sci, 1983;24:623-630. 16. King-Smith PE, Fink BA, Fogt N. Tree interferometric methods for measuring the thickness of layers of tear film. Optom. Vis. Sci., 1999;76:19-32. 17. McDonald JE. Surface phenomena of tear films. Trans Am Ophthalmol Soc, 1968;66:905-909. 18. Perra MT, Serra A, Sirigu P, Turno F. Histochemical demonstration of acetylcholinesterase activity in human meibomian glands. Eur J Histochem, 1996;40:39-44. 19. Prydal JI, Artal P, Woon H, Campbell FW. Study of the human precorneal tear film thickness and structure using laser interferometry. Invest Ophthalmol Vis. Sci., 1992;33:2006-2011. 20. 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