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“Se tu conoscessi il dono di Dio”

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“Se tu conoscessi il dono di Dio”
Diocesi di Treviso
Anno pastorale 2013-2014
“Se tu conoscessi il dono di Dio”
Riscoprire il nostro battesimo
Sussidio per la formazione degli adulti
nelle Parrocchie e nelle Collaborazioni
A cura dell’Ufficio diocesano per il coordinamento della pastorale
Obiettivo e struttura del sussidio
Questo sussidio è stato pensato per sostenere nelle parrocchie e nelle collaborazioni
pastorali una proposta formativa che ravvivi
nei partecipanti la consapevolezza del dono
del proprio battesimo e li sostenga nel farsene interpreti presso altri adulti.
La proposta consiste in cinque tappe,
per ognuna delle quali è stata predisposta
una scheda con l’obiettivo di illuminare un
aspetto del battesimo a partire da un episodio della vita di Gesù, così com’è raccontato
dall’evangelista Giovanni:
1.Nicodemo: «Se uno non nasce dall’alto» (Gv 3,3). Le relazioni.
2.La Samaritana: «Se tu conoscessi il
dono di Dio» (Gv 4,10). Il dono.
3.Il paralitico di Betzata: «Vuoi guarire?» (Gv 5,6). La liberazione dal male.
4.Il cieco nato: «Tu credi nel Figlio
dell’Uomo?» (Gv 9,35). La fede.
5.Il fianco aperto: «Gli colpì il fianco, e subito ne uscì sangue e acqua»
(Gv 19,34). Il dono pasquale di Cristo.
Ogni tappa è strutturata secondo la dinamica dei percorsi formativi dell’Azione cattolica “dalla vita alla Parola e dalla Parola
alla vita”:
- dopo il segno di croce iniziale, è descritta una situazione attuale che provoca
alla riflessione – la vita ci parla –, seguita da una preghiera di invocazione;
- nella parte intitolata in ascolto è riportato un passo dal vangelo di Giovanni, a
partire dal quale si sviluppa la proposta
di catechesi – per riflettere – accompagnata da alcune domande per noi;
- è indicato anche un segno o un gesto
per fare memoria del battesimo ricevuto, con una sintetica spiegazione del
suo significato, e nella sezione Va’ e
fa’ anche tu lo stesso è riportata una
testimonianza agiografica che presenta una figura che ha vissuto esemplarmente il tratto della vita battesimale
su cui verte la riflessione;
- infine, sono riportati un breve passo
dalla Lettera pastorale Se tu conoscessi il dono di Dio e un’antifona mariana con cui concludere l’incontro.
Ogni scheda è compiuta in sé e può essere
utilizzata anche singolarmente o per più incontri. Inoltre, l’essenzialità della proposta,
anche nello sviluppo della riflessione, intende facilitare eventuali adattamenti e approfondimenti ritenuti opportuni da chi guida
l’incontro.
“Se
conosce tu
dono d ssi il
i Dio”
Nicodemo
“Se uno non rinasce dall’alto”(Gv 3,3)
Le relazioni
Scheda n. 1
Preghiera iniziale
Guida Nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo.
TuttiAmen.
Tutti
O Spirito Santo,
illumina le nostre menti,
riversa la tua Grazia
nei cuori che hai creato
e vieni a rinnovare
il volto della terra.
La vita ci parla
Giovanni Lindo
Ferretti è un artista italiano nato
nel 1953 a Cerreto
Alpi, sull’Appennino tosco-emiliano.
Educato da bambino alla fede cattolica, è cresciuto
sullo sfondo del
post-Concilio e del ’68, passando poi per gli
anni di piombo. In gioventù e nella prima
fase della maturità ha vissuto l’etica “rivoluzionaria” in modo coerente, mietendo successi in campo artistico. Vivendo fino in fondo le proprie contraddizioni, ha poi avvertito
il bisogno di un “ritorno a casa”.
Da alcuni anni, infatti, Ferretti è tornato a vivere assieme all’anziana madre a Cerreto Alpi, dove ha rinunciato a Internet, al
cellulare e a tutti i mezzi di comunicazione
moderni. Un isolamento che però lo ha completamente riconciliato con Dio e con la genuinità del mondo della sua infanzia.
Da bambino, tutte le sere prima di coricarsi, la nonna lo aiutava a recitare le preghiere di fine giornata, prestando particolare
attenzione all’esame di coscienza. «Mi esortava a comprendere quali fossero le mie colpe», ha detto, «senza pensare a quelle degli
altri bambini, sulle quali avrebbero riflettuto
loro stessi, con le loro nonne...».
Aver ricevuto un’educazione cristiana
così rigorosa segnò il giovane Ferretti in
modo indelebile. Quella vissuta nella sua
famiglia era la fede degli umili, quella dei
Pater, Ave e Gloria scanditi in modo un po’
meccanico, in un “latino maccheronico” ma
con grande convinzione ed autenticità.
«L’educazione si può anche perdere ma
alla fine riaffiora», ha raccontato. «Ad una
certa età ho perso la fede, ma di sicuro la
fede non ha mai perso me. Questo ti fa scoprire una forza che non credevi di avere».
Quando, in età matura, Ferretti iniziò a
ripensare criticamente la sua vita, sentì l’esigenza di un esame di coscienza. Ripensò,
quindi, agli esami di coscienza fatti da bambino con la nonna e alle tante preghiere recitate con lei. Da ragazzo aveva smesso di andare in chiesa intorno ai 14 anni: «Le ultime
messe a cui ho assistito furono le prime con
le chitarre, poi, abbandonate le messe, iniziai
ad andare ai concerti dei Nomadi e dell’Equipe 84». Fu l’inizio della grande passione per
il rock che non lo ha mai abbandonato. Anche oggi, «quello che offro al Signore è la
mia musica», ha raccontato.
Negli anni in cui Giovanni Lindo Ferretti diventava adulto, il connubio tra musica e
politica era assai di moda e lui se ne lasciò
conquistare. «Sono cresciuto nella mitologia delle rivoluzioni», ha detto, ricordando
anche di quando, nel 1974, si ritrovò «in
Portogallo, armato su una barricata», durante la «rivoluzione dei garofani» che mise fine
alla dittatura.
Come la maggior parte dei rivoluzionari,
Ferretti fu per molti anni un avversario della
Chiesa cattolica: «Vedevo la Chiesa come la
causa di tutti i mali sociali», ha detto. Sparare a zero sulla Chiesa, oggi come ieri, è
fin troppo facile: è come se esistessero tanti
«pacchetti di luoghi comuni anticattolici e
io li ho presi tutti», ha confidato.
Poi arrivò il successo, unito all’inevitabile
prezzo da pagare e alle tante amarezze della
vita. Ferretti vide morire in giovane età tanti amici, chi per droga, chi per terrorismo.
Poi, molti anni più tardi, un viaggio nei paesi
dell’allora “socialismo reale” lo riportò bruscamente alla realtà.
«Credevo che con la prassi rivoluzionaria
si potesse costruire il paradiso in terra, invece peggiora le condizioni di vita degli uomini.
[...] Alla fine il discorso è molto semplice. Non
ero soddisfatto di quello che stavo facendo. Tu
cominci a fare delle cose perché pensi che ti
porteranno grandi soddisfazioni, perché pensi di aprire una porta che sarà piena di libertà
e di nuove esperienze. Poi, fatto un bel pezzo
di strada, ti guardi intorno e ti dici: «Bene,
ma tutte queste soddisfazioni dove sono?
Tutta questa libertà dov’è?». Alla fine, tutto
si riduce alla capacità di non raccontarsi le
bugie. Se una cosa non è soddisfacente, puoi
continuare a dire che è bella, però se non ti
racconti le bugie ti dici: «Oh, non vale niente». E se te lo dici, non rimani sul vuoto».
In tempi più recenti il ritorno alla casa
paterna, agli affetti e ai ricordi d’infanzia: l’amata nonna non c’era più ma le preghiere da
lei insegnate erano più vive che mai. «Ho la
certezza che, anche quando ero lontano da
Dio, qualcuno ha pregato per me».
Un ritorno a casa colmo di struggimento e gioia al tempo stesso, ma niente affatto
facile da intraprendere, così come non è stato facile il ritorno alla pratica sacramentale:
«La strada più lunga che ho mai percorso è
stata quella fino al confessionale», ha ammesso. (da zenit.org)
• Sostiamo qualche istante sulla vicenda di
Ferretti. Come si collega alla nostra esperienza quotidiana?
Invocazione
Guida Signore, tu hai messo nel nostro
cuore un’immensa nostalgia di te
Tutti E il nostro cuore non ha pace finché
in te non riposa.
Guida Signore, tu ascolti la voce di ogni uomo che invoca vita e speranza
Tutti E dischiudi per i tuoi figli il tuo abbraccio di salvezza.
Guida Signore, tu hai detto: «Se uno non
rinascerà nell’acqua e nello Spirito
santo non entrerà nel Regno di Dio».
Tutti Ci hai rigenerato nel battesimo e ci
apri le porte della vita eterna.
Guida Nel mistero della tua morte sei entrato dove nessuno poteva entrare:
Tutti Hai sconfitto la morte e ci hai resi
partecipi della tua vita risorta.
In ascolto
Dal Vangelo secondo Giovanni (3,1-8.14-16)
C’era tra i farisei un uomo chiamato Nicodèmo, un capo dei Giudei. Egli andò da
Gesù, di notte, e gli disse: «Rabbì, sappiamo
che sei un maestro venuto da Dio; nessuno infatti può fare i segni che tu fai, se Dio
non è con lui». Gli rispose Gesù: «In verità,
in verità ti dico, se uno non rinasce dall’alto,
non può vedere il regno di Dio». Gli disse
Nicodèmo: «Come può un uomo nascere
quando è vecchio? Può forse entrare una
seconda volta nel grembo di sua madre e
rinascere?». Gli rispose Gesù: «In verità, in
verità ti dico, se uno non nasce da acqua
e da Spirito, non può entrare nel regno di
Dio. Quel che è nato dalla carne è carne e
quel che è nato dallo Spirito è Spirito. Non ti
meravigliare se t’ho detto: dovete rinascere
dall’alto. Il vento soffia dove vuole e ne senti
la voce, ma non sai di dove viene e dove va:
così è di chiunque è nato dallo Spirito.
E come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell’uomo, perché chiunque crede in
lui abbia la vita eterna. Dio infatti ha tanto
amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non
muoia, ma abbia la vita eterna. Dio non ha
mandato il Figlio nel mondo per giudicare
il mondo, ma perché il mondo si salvi per
mezzo di lui».
Per riflettere
• La notte di Nicodemo
Nicodemo è un “ammiratore” di Gesù,
uno che ha visto i segni che ha compiuto
e si è lasciato in qualche modo affascinare
da questo maestro. Ma c’è differenza tra l’essere ammiratore e diventare discepolo. È il
cammino della fede, della formazione a cui
Gesù provocherà Nicodemo, scalzandolo
progressivamente, ma in modo inesorabile,
dalle sue sicurezze.
L’incontro avviene di notte: non è la notte
di Giuda, il buio del peccato e della distanza
da Dio, ma certamente Nicodemo con questa scelta cerca di vedere senza essere visto,
vuole rimanere in incognito. Lui è un capo,
un’autorità del sinedrio - il “parlamento” religioso di Gerusalemme -, è probabilmente
un uomo maturo, ricco, con una posizione sociale importante. Il suo stesso nome
- “Nico”, radice greca di vittoria, e “demo”,
popolo - indica “vittoria del popolo”: un vittorioso, dunque, che sa imporsi. Eppure qui
Nicodemo ha paura di compromettersi fino
in fondo. I suoi passi non avvengono alla luce
del sole: possiamo forse dire che la luce è un
dono che non ha ancora accolto, da cui non si
è lasciato trasformare. Nel suo cuore c’è però
una ricerca più o meno consapevole: Gesù la
coglie e la accoglie, anche se non è ancora
limpida, coraggiosa, capace di esporsi.
Nicodemo inizia il dialogo sicuro di sé:
parte con un «...sappiamo». Questo ci dice
che rappresenta un gruppo, ma soprattutto
che vuole guidare lui il discorso, che intende partire da quello che sa e che è. Fariseo,
amante ed esperto della Legge, porta con sé
tutte le sue competenze, sicurezze, il cammino di conoscenza di Dio e di comprensione della verità che si è costruito lungo tutta
una vita... Crede probabilmente di poter inserire Gesù in questo schema.
• Rinascere dall’alto
Il Maestro, però, non lo lascia continuare e gli chiede subito un salto, lo porta ad
un altro livello, introdotto dal suo «Amen
amen». Espressione tipica di Gesù, che intende dire: «Sicuro è quello che ti dico, fondato, certo: Bisogna rinascere dall’alto!».
L’avverbio in greco ha due significati, su cui
probabilmente Giovanni fa leva: significa
“dall’alto”, ma anche “di nuovo”. Nicodemo
ha pensato a questo secondo significato e
non comprende come sia possibile, ma Gesù
intende dire che bisogna nascere da un’altra
fonte: non si tratta di tornare indietro, di rientrare nel seno della madre, ma di trovare
una nuova origine. Questa possibilità non si
costruisce con le proprie forze, “non ti fai
da te”, ma viene dall’acqua e dallo Spirito
Santo. Acqua e Spirito fanno riferimento ad
un’unica realtà: lo Spirito è l’artefice divino
della vita, l’acqua ne richiama la forza e ne
esprime l’azione. Il riferimento al battesimo
è evidente: con l’immersione nell’acqua avviene la trasformazione per opera dello Spirito Santo. La persona rinasce nella novità di
Dio, vive una nuova esistenza le cui origini
affondano nella Trinità. “Rinascere dall’alto”
dice l’opera di Dio: rinascere è, in fondo e
prima di tutto, accettare con gratitudine di
essere figli, di venire alla luce dal suo amore, di partecipare della relazione unica del
Figlio Gesù Cristo con il Padre. Ognuno di
noi è figlio che riceve la vita dall’altro: scopriamo la nostra identità quando vediamo e
crediamo nell’amore di chi ci ha generato, e
solo quando accade questo diventiamo realmente capaci di amare. Sappiamo tutti, per
esperienza, che il cammino personale della
fede inizia davvero quando diventiamo capaci di riconoscere, nei volti e nei gesti di
coloro che in diversi modi e tempi ci hanno
generati alla vita, i tratti del volto e dell’amore del Signore.
• Una fede in cammino
Nel nostro contesto sociale ed ecclesiale
quasi tutti abbiamo ricevuto il battesimo e
questo sacramento continua ad essere comunemente richiesto e celebrato, ma quante volte, anche nelle nostre comunità cristiane, fatichiamo a passare dall’ammirazione
per Gesù a quel salto esistenziale che implica la consapevolezza di essere stati e di essere continuamente generati, amati, salvati da
Lui! Fatichiamo a maturare la coscienza reale che tutto, davvero tutto, lo abbiamo ricevuto da Lui; che il dono non è un ideale, un
valore, un insieme di tradizioni seppur buone e sensate, ma è Lui stesso vivo, presente
e operante nella nostra vita. La consapevolezza che nel battesimo ci ha immerso nella sua stessa Vita, che ci chiede di vivere un
incontro reale con Lui che si fa affidamento,
che diventa carne, compromissione dietro a
Lui, nella sequela lungo la sua via di passione, morte e resurrezione.
La misura e la profondità della fede non
sono qualcosa di statico, dato una volta per
tutte, ma una relazione che ha i suoi passaggi e i suoi salti, che avvengono quando
i nostri occhi sono capaci di riconoscere
realmente il suo amore per noi nella concretezza della nostra storia. Pensiamo alla
vicenda stessa di Nicodemo: il suo cammino di discepolo sarà lungo... Solo alla fine
del vangelo di Giovanni lo vedremo passare
dal buio alla luce: dopo la crocifissione, al
momento della sepoltura di Gesù. Nicodemo con Giuseppe d’Arimatea (Gv 19,38-39)
“accoglie” - così andrebbe tradotto il verbo
greco, più che “prese” - il corpo di Gesù e
gli dà degna sepoltura. Alla vigilia della Pasqua, quello che era un fariseo osservante
tocca un cadavere, si rende impuro e non
può mangiare la Pasqua. Ricopre quel corpo
con cento libbre di mirra e aloe, una quantità enorme, spropositata, che vale milioni
e dice una misura regale. Queste azioni ci
dicono che Nicodemo è uscito allo scoperto,
si è rivelato, è maturato. Vive ora quello che
Giovanni diceva nel prologo: «A quanti l’anno accolto, ha dato il potere di diventare
figli di Dio» (Gv 1,12). Nicodemo in realtà,
in questo momento, sta facendo pasqua, sta
rinascendo, sta cambiando.
Nicodemo è figura della fede per il nostro
cammino, per il superamento dei nostri ostacoli: quel battesimo che abbiamo ricevuto da
piccoli agisce adesso, ora possiamo rinascere,
ora possiamo essere nuove creature.
Domande per noi
• Quali sono le persone che hanno aperto
la mia storia personale alla vita di Dio?
In che modo?
• Cosa significa per me collocare ogni
giorno la mia vita nella relazione profonda con Gesù, radicarla sempre e
nuovamente nella fede in lui che mi rende figlio?
• Nei passaggi cruciali del mio cammino
chi mi ha stimolato ad alzare gli occhi, a
cambiare lo sguardo e trovare prospettive “alte” di vita? Chi mi aiuta oggi a
vivere da figlio?
Memoria del battesimo
Può essere preparato un cartellone con
un albero, “l’albero della fede”: in un momento di silenzio i partecipanti all’incontro
scrivono i nomi delle persone che li hanno
fatti crescere, che si sono prese cura di loro,
che hanno trasmesso e testimoniato loro la
fede in Gesù Cristo. Mentre viene intonato
un canto, ciascuno trascriverà questi nomi
sulle radici dell’albero (se risulta più pratico, si possono attaccare i foglietti con i nomi
scritti dal posto).
Alla fine si prega insieme così:
Va’ e anche tu fa’ lo stesso
Ti rendiamo grazie, o Padre,
per chi ha avuto cura di noi
e della crescita
della nostra fede in Te,
che con il battesimo ci hai donato.
Grazie per tutti coloro che
ci hanno fatto incontrare,
con i loro gesti e con le loro parole,
il volto di tuo Figlio Gesù,
e che hanno testimoniato
una fede vissuta in ogni tempo
con semplicità e fedeltà.
Una santa testimone: Monica
Ognuno legge i nomi che ha scritto.
Manda il tuo Spirito,
affinché anche noi
possiamo essere tuo strumento
per generare alla fede,
per essere annunciatori gioiosi
del Vangelo
nella quotidianità della nostra vita.
Amen.
Dall’«Introduzione»
al Rito del battesimo dei bambini
La chiesa, che ha ricevuto la missione di
annunciare il vangelo e di battezzare, fin
dai primi secoli ha conferito il battesimo
non solo agli adulti, ma anche ai bambini.
In forza della parola del Signore: «Se uno
non rinasce dall’acqua e dallo Spirito Santo, non può entrare nel regno di Dio», la
chiesa ha sempre ritenuto che i bambini
non debbano essere privati del battesimo. Essi infatti vengono battezzati nella
fede della chiesa, professata dai genitori, dai padrini e dagli altri presenti al rito:
questi rappresentano sia la chiesa locale
sia la società universale dei santi e dei fedeli, la chiesa madre, che tutta intera genera tutti e ciascuno.
Per attuare pienamente la realtà del sacramento, è necessario che i bambini siano in
seguito educati nella fede in cui sono stati
battezzati: il sacramento già ricevuto costituirà il fondamento di questo impegno.
Nacque a Tagaste, antica città della Numidia, nel 332.
Quello che sappiamo
di lei lo deduciamo
dalle ce­lebri Confessioni di suo figlio,
Agostino d’Ip­pona,
il quale attribuisce la
propria conversione
alle preghiere e alle
lacrime della madre.
Nelle Confessioni Agostino, parlando di lei,
afferma: «Educata pertanto nella castità e
nella temperanza, resa sottomessa ai genitori... quando nella pienezza della giovinezza
fu da marito, andò a nozze e servì lo sposo
come padrone. Cercò di guadagnarlo a te
(Dio) parlandogli di te con l’eloquenza della
sua vita morale, di cui tu la rendevi bella, degna di riverente amore, e d’ammirazione ai
suoi occhi. Tollerò poi le infedeltà del marito
con tanta rassegnazione da non venire mai
a diverbio con lui per questo. Egli era oltre
ciò veramente affettuosissimo, ma altrettanto iracondo. Essa era capace di non fare resistenza al marito in collera, non solo a fatti,
ma anche a parole. Quando poi tornava tranquillo, ella faceva al momento opportuno le
giustificazioni del suo operato, se mai egli si
fosse a torto inquietato. Molte altre matrone,
pur avendo mariti più mansueti, portavano i
segni delle battiture persino sulla faccia sfigurata e, chiacchierando con le amiche, si
lagnavano della vita dei loro uomini. Essa
riprendeva la loro lingua. [...] Quelle si meravigliavano perché sapevano che marito feroce ella dovesse sopportare e mai s’era sentito dire o s’era scoperto da qualche segno
che Patrizio avesse battuto la moglie o che
ci fosse stato, anche per un sol giorno, un
dissenso domestico tra lei e lui. [...]
Anche la suocera, che da principio era
irritata per i pettegolezzi contro di lei di
schiave cattive, fu talmente vinta dal suo
perseverante rispetto, dalla sua pazienza e
mansuetudine che rivelò spontaneamente al
figlio le cattive lingue frapposte tra lei e la
nuora per turbare la pace domestica e chiese la punizione. [...] E infine ella guadagnò
a te (Dio) anche il marito al termine della
sua vita temporale; quando perciò divenne
credente non dovette più piangere ciò che
di lui sopportava quando non era ancora cristiano. Essa era anche la serva dei tuoi servi.
Chiunque di loro la conosceva, molto lodava,
onorava e amava te, poiché avvertiva la tua
presenza nel suo cuore, attestata da una vita
santa. Fu infatti sposa di un solo uomo; aveva reso il contraccambio ai propri genitori;
aveva piamente governata la sua casa; aveva
la testimonianza di opere buone. Aveva educato i suoi figli dandoli tante volte alla luce,
quante li vedeva da te deviare» (IX, 9).
Monica, infatti, partecipò alle vicende del figlio, soffrì e pregò perché Agostino si decidesse
con fermezza per la fede in Gesù Cristo. Dopo
la conversione Agostino, durante le vacanze
autunnali del 386 si ritirò con la madre nella
villa dell’amico Verecondo a Cassiciaco, per riposarsi dalle fatiche, approfondire la filosofia
e prepararsi al battesimo. Dopo alcuni mesi di
vera pace e d’intensa preghiera Agostino fu rigenerato a Cristo, a Milano, per le mani di S.
Ambrogio, la vigilia di Pasqua del 387.
Avendo in mente un progetto di vita cenobitica, sul finire dell’estate egli partì per
la sua Africa con la madre, l’amico Alipio, il
fratello Navigio e il figlio suo Adeodato, che
aveva ricevuto il battesimo con lui. Giunta a
Ostia, la comitiva sostò per rimettersi dalle
fatiche del viaggio. Un giorno Monica e Agostino si trovarono soli a una finestra del loro
appartamento che dava sul giardino. Iniziarono un dialogo sulle gioie del paradiso:
“Mentre parlavamo pensando a quelle, confessa il figlio, lo raggiungemmo un poco con
tutto l’impeto del cuore e sospirammo... Mia
madre disse allora: «Figlio, quanto a me nessuna cosa più ha fascino in questa vita. Non
so cosa faccio ancora qui, né perché vi sia,
compiute ormai le speranze di questo mondo. Unico era il motivo per cui desideravo restare ancora un poco in questa vita: vederti
cristiano prima di morire. Dio me l’ha concesso con maggiore larghezza, facendomi
vedere che disprezzi la felicità terrena e ti
consacri al suo servizio» (IX, 10). Dopo alcuni giorni si mise a letto con la febbre. Presagendo prossima la sua fine, disse ai due figli
affranti: «Voi seppellirete qui vostra madre...
Ponete questo mio corpo dove volete; non vi
preoccupate di esso. Vi domando soltanto
che di me vi ricordiate presso il Signore in
qualsiasi parte vi troviate»” (IX, 11).
Morì a 56 anni, dopo nove giorni di malattia (forse malaria), il 27 agosto del 387 e fu
sepolta ad Ostia. Le sue reliquie sono venerate
a Roma nella chiesa di Sant’Agostino.
Dalla Lettera del Vescovo (nn. 28-30):
Il battesimo è ingresso nella Pasqua di Cristo. Da quel fonte usciamo, secondo la bella
espressione di Paolo, come “nuove creature”:
Se uno è in Cristo, è una nuova creatura; le cose vecchie sono passate; ecco, ne sono nate di nuove
(2Cor 5,17).
E nel brano battesimale già citato della lettera ai Romani egli parla di un “uomo vecchio”, segnato dal peccato, che è stato crocifisso con Cristo: dunque destinato a diventare un “uomo
nuovo”, risorto (cf. Rm 6,6). Il battesimo come nuova nascita appare anche nel denso discorso di Gesù a Nicodemo nel vangelo di Giovanni: «Se uno non nasce da acqua e Spirito, non
può entrare nel regno di Dio» (Gv 3,5). Non basta essere venuti al mondo: bisogna rinascere
“da acqua e Spirito”.
La “nuova creatura” del battesimo, che vede ormai alle proprie spalle le “cose vecchie” ci
ricorda che il battesimo è anche remissione del peccato. [...]
Si potrebbe obiettare: ma quali sono le cose vecchie ormai passate di cui parla Paolo, quelle
dell’uomo peccatore, nel caso di un neonato, che è privo di passato? Dov’è il male nella sua
vita appena iniziata?
Potremmo rispondere che chi giunge all’esistenza entra a far parte di un’umanità che non
è immacolata, non è al punto zero, ma è segnata da infinite storie di male e di peccato, personali e collettive, che sono evidenti segni di morte. Esse sono sotto gli occhi di tutti, e ben
presto raggiungono anche la vita innocente di un bambino. [...]
Del resto, chi di noi può dire: il male è entrato nella mia vita solo in quel momento, in quel
giorno, in quell’ora, mediante quell’atto preciso, e non prima? Davvero, come recitiamo nel
salmo Miserere, ognuno deve confessare che “mia madre mi ha concepito peccatore” (cf.
Sal 51 (50),6), e a nessuno è difficile sperimentare, ben presto, che porsi sulla via di Gesù e del
vangelo è impossibile alle sole proprie forze.
Certo, sappiamo bene che perdono dei peccati non significa essere liberati per sempre dalle
lusinghe del male; siamo ancora sottoposti a prove, che ci fanno chiedere nel Padre nostro di
non essere abbandonati alla tentazione (cf. Mt 6,13). Ma da battezzati, sappiamo di combattere un male che non è invincibile, che non ha l’ultima parola, che è sottoposto alla vittoria
pasquale di Cristo, di cui siamo resi partecipi.
Antifona mariana
O Maria, tutte le genti
ti proclamano beata
perché hai portato in grembo
il Figlio di Dio:
insegnaci ad accogliere Gesù
nella nostra vita
e a lasciarci formare da Lui.
O Maria, tutte le genti ti esaltano
perché, quale fedele discepola
del Verbo fatto uomo,
hai cercato costantemente
la volontà del Signore
e l’hai compiuta con amore:
Insegnaci a mettere Lui
al primo posto nella nostra vita,
ad orientare a Lui i pensieri e le azioni
e a credere che la potenza del suo Spirito
può rinnovare in ogni momento
la nostra vita.
Amen.
Guida Il Signore ci benedica, ci preservi da
ogni male e ci conduca alla vita eterna.
TuttiAmen.
“Se
conosce tu
dono d ssi il
i Dio”
La Samaritana
“Se tu conoscessi il dono di Dio”(Gv 4,10)
Il dono
Scheda n. 2
Preghiera iniziale
Guida Nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo.
TuttiAmen.
Tutti
Vieni, Spirito Santo,
dono del Padre altissimo,
acqua viva, fuoco, amore.
Fa’ che noi siamo docili
alla tua Grazia.
La vita ci parla
Lunedì 8 luglio 2013 papa Francesco ha
compiuto la sua prima visita ufficiale fuori
dalle mura vaticane. Non si è trattato di una
visita di Stato, né di un atto di venerazione
in un santuario, ma di un segno di vicinanza
e di preghiera, di attenzione agli ultimi, alla
periferia meridionale dell’Europa.
La visita del Santo Padre a Lampedusa
arriva proprio all’inizio dell’estate, quando
sull’isola si verifica un aumento del flusso
di migranti. Un’isola diventata uno dei principali porti di ingresso in Europa per i migranti disposti a rischiare la vita a bordo di
barconi sovraffollati e insicuri, dopo aver
affrontato sofferenze di ogni genere. Dopo
l’ennesimo dramma di morte in mare, papa
Francesco si è incamminato verso il suo
appuntamento, come Colui che si lascia afferrare dalle nostre vite disperse, quasi non
potesse farne a meno. Infatti, per quella notizia «ho sentito che dovevo venire qui oggi
a pregare», ha detto, spiegando che «il pen-
siero vi è tornato continuamente come una
spina nel cuore».
«“Dov’è tuo fratello? La voce del suo sangue grida fino a me”, dice Dio. Questa non è
una domanda rivolta ad altri, è una domanda
rivolta a me, a te, a ciascuno di noi. Quei nostri fratelli e sorelle», ha proseguito il Papa,
«cercavano di uscire da situazioni difficili
per trovare un po’ di serenità e di pace; cercavano un posto migliore per sé e per le loro
famiglie, ma hanno trovato la morte. Quante
volte coloro che cercano questo non trovano
comprensione, accoglienza, solidarietà! E le
loro voci salgono fino a Dio!». Sono voci di
uomini, donne e bambini che bussano alle
porte del nostro continente colmi di speranze, nomadi di una sete infinita: sete di libertà, sete di giustizia e dignità, sete di poter
autodeterminare il proprio futuro.
Una sete che rimane indifferente alle
orecchie dei nostri cuori, come ha detto
nell’omelia papa Francesco: «Tanti di noi, mi
includo anch’io, siamo disorientati, non siamo più attenti al mondo in cui viviamo... non
siamo più capaci neppure di custodirci gli
uni gli altri... La cultura del benessere, che ci
porta a pensare a noi stessi, ci rende insensibili alle grida degli altri, ci fa vivere in bolle
di sapone, che sono belle, ma non sono nulla, sono l’illusione del futile, del provvisorio,
che porta all’indifferenza verso gli altri, anzi
porta alla globalizzazione dell’indifferenza».
Il dono che ci ha fatto papa Francesco è lo
scuotimento dall’apatia del “non è affare nostro”, è in quell’invocazione di perdono che
ci ingloba tutti nel Cuore di Dio: perdono
per essere chiusi nel nostro benessere «che
ci porta all’anestesia del cuore». Il dono sono
quei legni spezzati sulle morti, riscattati alla
vita sull’altare della Parola e della Mensa, segno che anche i relitti dimenticati possono
essere “ricostruiti” a nuova vita, ed essere via
di Resurrezione.
• Riflettiamo per qualche istante sul gesto
di papa Francesco. Come si collega alla
nostra vita quotidiana?
Invocazione
Signore, Tu ci attendi con pazienza,
lì dove si incrocia il tuo sguardo
con la nostra storia.
Sei seduto al pozzo dei nostri giorni,
lì dove viviamo, amiamo, speriamo.
Manda a noi il tuo Spirito,
spalanca il nostro cuore
alla Grazia del Tuo Dono,
perché non si spenga mai quella sete
che ci ha fatti incamminare incontro a Te.
Attiraci a Te quando le fatiche
ci rallentano il passo.
Immergici nella tua acqua limpida,
perché abbiamo desiderio
di una nuova vita,
vogliamo vivere di Te.
In ascolto
Dal Vangelo secondo Giovanni (4,1-10)
Gesù venne a sapere che i farisei avevano
sentito dire: «Gesù fa più discepoli e battezza più di Giovanni» - sebbene non fosse
Gesù in persona a battezzare, ma i suoi discepoli -, lasciò allora la Giudea e si diresse
di nuovo verso la Galilea. Doveva perciò attraversare la Samaria.
Giunse così a una città della Samaria chiamata Sicar, vicina al terreno che Giacobbe
aveva dato a Giuseppe suo figlio: qui c’era un pozzo di Giacobbe. Gesù dunque,
affaticato per il viaggio, sedeva presso il
pozzo. Era circa mezzogiorno. Giunge una
donna samaritana ad attingere acqua. Le
dice Gesù: «Dammi da bere». I suoi disce-
poli erano andati in città a fare provvista
di cibi. Allora la donna samaritana gli dice:
«Come mai tu, che sei giudeo, chiedi da
bere a me, che sono una donna samaritana?». I Giudei infatti non hanno rapporti
con i Samaritani. Gesù le risponde: «Se tu
conoscessi il dono di Dio e chi è colui che ti
dice: “Dammi da bere!”, tu avresti chiesto a
lui ed egli ti avrebbe dato acqua viva». Per riflettere
• L’appuntamento
Gesù si mette in viaggio. “Doveva” attraversare la Samaria, luogo dei lontani, degli
infedeli religiosi. La attraversa per quel “dovere” che solo
in Dio si chiama Amore. Per
un’urgenza
di
sconfinare nelle
nostre lontananze, nelle nostre
distanze, nelle
zone deserte del
cuore. Attraversa il flusso dei
nostri giorni distratti, l’insieme
degli impegni, delle preoccupazioni, delle
fatiche... Attraversa e attende. Nel nostro
quotidiano si apre una fessura sull’Eternità: è nelle pieghe nascoste della vita, nella
fatica, nella fragilità, nella debolezza, nel
bisogno; si inoltra negli angoli remoti della
nostra piccola fede per riportarli alla vita.
Dio ci visita in un preciso momento della
nostra storia, ci prende per mano e ci conduce in uno spazio di interiorità e incontro:
viene a “mezzogiorno”, un tempo riconosciuto e fissato per sempre. La samaritana è
l’appuntamento di Gesù... noi siamo il suo
appuntamento!
Tutta la nostra vita è fatta di incontri. Ma
quanto spesso sono banali o frettolosi; quelli veri, invece, ci impegnano, ci stimolano,
ci fanno crescere e creano legami costruttivi, segnano in qualche modo la nostra vita.
Ci aiutano a capire chi siamo, a trovare il
nostro posto nel mondo. Anche l’incontro
con Gesù è così: scuote la polvere, smuove
le abitudini, cambia l’esistenza. Con quella
donna Lui è Colui che cerca, che incontra,
che ama per primo, che attende. Ma il suo
orologio è senza lancette: Dio è “appuntamento” senza tempo. Dio è l’attesa amante nella pazienza, sempre assetato di noi, di
immergere la nostra vita nella sua. E per la
samaritana incontrare Gesù è incontrare la
Vita... Lo è anche per noi?
• La sete
La samaritana va ad attingere l’acqua al
pozzo portandovi ognuno di noi, che, come
lei, vi giungiamo con la brocca vuota: quanti
pozzi abbiamo visitato e non ci hanno dissetati, quante seti mai spente ci hanno prosciugato. Eccoci dinanzi a Dio, con il fardello di storie colme di solitudini, di progetti
mal riusciti; con i cuori assetati di felicità,
di vita vera, d’amore e, se ne abbiamo il coraggio, come piccoli cercatori di verità. Sui
cerchi d’onda che l’acqua imprime quando
è scossa, c’è il nostro volto vero, quello che
Lui solo conosce.
Al pozzo vi è un uomo stanco che prende
l’iniziativa e chiede: «Dammi da bere!», «Ho
bisogno di te!». Gesù ha sete della fede di
quella donna, ha sete della nostra fede. Chi
ama ha sete di incontrare la creatura amata
e quando uno ama conosce la delicatezza,
è paziente e comprensivo. Gesù non inizia
con la donna un incontro di “verifica” della sua vita, la incontra con dolcezza perché
desidera conquistare il suo cuore. È il nostro cuore la sua méta: con Amore e Verità
ci vuole attirare a sé per condurci in una via
di fede, ad esplorare i sentieri impervi delle nostre seti, a scoprire le vere attese del
cuore. Le domande impegnative della vita si
dimenticano sepolte sotto uno spesso strato
di polvere. Il dialogo con Gesù, che nasce ai
bordi del nostro pozzo, ha la potenza della goccia d’acqua che fende la roccia: scava nella nostra interiorità per far nascere in
noi una sete eterna, sete d’Altro. Lui sa che
abbiamo bisogno di un punto fermo, di un
senso vero e pieno, di un “di più” d’amore...
di un’acqua viva. Senza acqua non c’è vita.
L’acqua è uno dei beni essenziali e indispensabili alla vita: è ciò che purifica e lava, ciò
che irriga e vince l’aridità, ciò che disseta
l’uomo e alimenta la sua esistenza. E Cristo è l’acqua per la nostra sete! Solo Lui può
spegnere la nostra sete d’amore!
• Il dono
L’amore ha il potere di cambiare il vuoto
in pienezza. L’amore, come un mare in tempesta, porta a galla i detriti e fa emergere i
tesori nascosti. Così nel deserto del cuore la
Parola scava, illumina, crea, irriga e rigenera
l’arida sabbia in un giardino. Un giardino di
opportunità, di nuova vitalità, dono di Dio,
dove ci sentiamo amati senza limiti, perdonati senza riserve.
«Se tu conoscessi...». Gesù ci invita a
desiderare il dono della sapienza, della conoscenza. C’è una regia nell’esperienza
della fede che non è nelle mani dell’uomo,
ma solo in quelle di Dio. Ma è necessario
il palpito del desiderio, come il frammento
centrale di un puzzle che da solo determina tutto il mio “centro” di creatura, di cui
perciò non posso fare a meno. E il desiderio
è il dono più grande che Dio ci abbia fatto:
scava in noi una voragine in cui Lui può riversarsi e che solo Lui può raggiungere e
colmare. Il tesoro che cerco è già dentro di
me: il mio più profondo è la mia finestra su
Dio, è l’Effatà, il mio “Apriti” al dono dello
Spirito. La bellezza del suo dono è nell’essere immersi profondamente nell’identità di
figli ricevuta nel battesimo e, nel desiderio
di stare con Lui, sperimentare la pienezza
del suo amore vivificante.
L’acqua che Gesù ci ha offerto per la prima volta il giorno del nostro battesimo, e
che continua ad offrirci nei Sacramenti e
nella sua Parola, ha il potere di generare in
noi una vita nuova. È un’acqua che è capace di dare un senso più profondo alla vita
dell’uomo, un’acqua che disseta il bisogno di
infinito, di senso, di pace, di amore. Che dilata la nostra esistenza, dà un nome alle seti,
scioglie l’indifferenza, cancella i pregiudizi,
spazza i dubbi e le paure, libera la fede! Gesù
desidera portare la donna, come noi, a conoscere il suo dono. Sogna per noi una vita
vera e nuova, di grazia, di libertà, di occhi
nuovi... una vita da Dio! Domande per noi
• Esiste in me un “angolo di desiderio”, sia
esso nascosto o trepidante, di essere atteso da Dio, essere il “suo appuntamento”
nella storia della mia vita?
• Quale “viaggio” dentro me è necessario
che io intraprenda? Quale sete mi spinge
a correre al pozzo della mia vita?
• Credere, avere fede, è solo un contorno
sbiadito della mia vita, o mi sono incamminato con la samaritana a scoprirne la
vera essenza?
• «Se tu conoscessi il dono di Dio...». Quale
dono ha portato con sé il battesimo nella
mia vita? Quali frammenti di eternità mi
ha aperto? Come percepisco l’amore di
Dio nella mia vita?
Memoria del battesimo
Il rito del battesimo inizia con l’accoglienza del battezzando da parte del sacerdote, a nome di tutta la comunità cristiana. Si può fare memoria di questo momento
della nostra vita varcando la porta della
chiesa e cantando “Accoglimi” (Sequeri).
Accoglimi, Signore,
secondo la tua parola.
Accoglimi, Signore,
secondo la tua parola.
Ed io lo so che Tu, Signore,
in ogni tempo sarai con me (2 v.).
Ti seguirò, Signore,
secondo la tua parola.
Ti seguirò, Signore,
secondo la tua parola.
Ed io lo so che in Te, Signore,
la mia speranza si compirà (2 v.).
Dal Rito del battesimo dei bambini:
riti di accoglienza
Il celebrante rivolge un saluto ai presenti,
specialmente ai genitori e ai padrini, e accenna brevemente alla gioia con cui i genitori
hanno accolto i loro bimbi come un dono di
Dio: è lui, fonte della vita, che nel battesimo
vuole comunicare la sua vita stessa.
37. Il celebrante domanda anzitutto ai genitori del bambino:
Celebrante: Che nome date al vostro bambino?
Genitori: N...
Celebrante: Per N. che cosa chiedete alla
Chiesa di Dio?
Genitori: Il battesimo.
Nel dialogo, il celebrante può usare altre
espressioni. Nella seconda risposta, i genitori possono esprimersi con altre parole,
come ad esempio: La fede, oppure La grazia di Cristo, o La vita eterna.
38. Il celebrante si rivolge ai genitori con
queste parole o con altre simili:
Celebrante: Cari genitori, chiedendo il battesimo per vostro figlio, voi vi impegnate a
educarlo nella fede, perché, nell’osservanza dei comandamenti, impari ad amare Dio
e il prossimo, come Cristo ci ha insegnato.
Siete consapevoli di questa responsabilità?
Genitori: Sì.
39. Rivolgendo la parola ai padrini, il celebrante, con queste espressioni o con altre
simili, domanda:
Celebrante: E voi, padrino e madrina, siete disposti ad aiutare i genitori in questo
compito così importante?
Padrini: Sì.
40. Il celebrante prosegue:
N., con grande gioia la nostra comunità
cristiana ti accoglie. In suo nome io ti segno con il segno della croce. E dopo di me
anche voi, genitori (e padrini), farete sul vostro bambino il segno di Cristo Salvatore.
Va’ e anche tu fa’ lo stesso
Un santo testimone: Filippo Neri
Filippo Neri nasce a Firenze il 21 luglio
1515, e riceve il battesimo nel “bel san Giovanni” dei Fiorentini il giorno seguente, festa di S. Maria Maddalena. Era dotato di un
bellissimo carattere, pio e gentile, vivace e
lieto, il “Pippo buono”, e suscitava affetto
tra tutti i conoscenti. Ricevette una buona
istruzione e poi fece pratica nell’attività di
suo padre e all’età di diciott’anni abbandonò
gli affari e andò a Roma.
Filippo vi giunse come pellegrino, e con
l’animo del pellegrino penitente, del “monaco della città” per usare un’espressione oggi
di moda; visse gli anni della sua giovinezza
austero e lieto al tempo stesso, tutto dedito
a coltivare lo spirito. Visse come laico per diciassette anni e inizialmente si guadagnò da
vivere facendo il precettore, scrisse poesie e
studiò filosofia e teologia. Cominciò a lavorare fra i giovani della città e fondò una confraternita di laici che si incontravano per adorare Dio e per dare aiuto ai pellegrini. Filippo
trascorreva tempo con i suoi ragazzi, sollecitandoli a guardare oltre i propri limiti: «Buttatevi in Dio, buttatevi in Dio, e sappiate che
se vorrà qualche cosa da voi, vi farà buoni in
tutto quello in cui vorrà adoperarvi».
Il desiderio di servire Dio si era impresso in lui fortemente insieme ad una grande
umiltà: «Figlioli, siate umili, state bassi»,
amava ripetere ai suoi giovani. E quando doveva frenare l’irrequietezza dei ragazzi diceva: «State fermi» e, sotto voce, «se potete».
Nel 1551 Filippo Neri fu ordinato prete
e andò a vivere nel convitto ecclesiastico di
san Girolamo, dove presto si fece un nome
come confessore; gli fu attribuito il dono di
saper leggere nei cuori. Ed è proprio con i
suoi penitenti che Filippo iniziò, nella semplicità della sua piccola camera, quegli incontri di meditazione, di dialogo spirituale,
di preghiera, che costituiscono l’anima ed
il metodo dell’Oratorio. Nacque così, senza
un progetto preordinato, la “Congregazione dell’Oratorio”: la comunità dei preti che
nell’Oratorio avevano non solo il centro della loro vita spirituale, ma anche il più fecondo campo di apostolato. Insieme ad altri discepoli di Filippo, iniziò quella semplice vita
famigliare, retta da poche regole essenziali,
che fu la culla della futura Congregazione.
Filippo aveva il dono dell’allegrezza, «Figliuoli, state allegri, state allegri. Voglio che
non facciate peccati, ma che siate allegri»,
ripeteva sempre. Ma era una gioia che si
alimentava alla fonte della preghiera, quella gioia che non viene scalfita dalle prove e
dalle delusioni: «Non voglio scrupoli, non
voglio malinconie. Scrupoli e malinconie,
lontani da casa mia!».
La sua sete di Dio portava Filippo a passare molto tempo in preghiera, specialmente di notte. Prediligeva le chiese solitarie, i
luoghi sacri delle catacombe, memoria dei
primi tempi della Chiesa apostolica, il sagrato delle chiese durante le notti silenziose: nella catacomba di san Sebastiano, nel
1544, sperimentò un’estasi di amore divino
che si crede abbia lasciato un effetto fisico
permanente sul suo cuore. Tanta sete di Dio
quanta del prossimo. Un’intensa, quanto discreta nelle forme e libera nei metodi, attività di apostolato la svolse nei confronti
di coloro che egli incontrava nelle piazze e
per le vie di Roma (quelle che noi ora chiameremmo periferie), nel servizio della carità presso gli Ospedali degli incurabili, nella
partecipazione alla vita di alcune confraternite. Tanto zelo nella preghiera quanto nel
servire, con allegria incitava i suoi chierici a
non abbandonarsi nell’ozio: «Non è tempo
di dormire, perché il Paradiso non è fatto
pei poltroni». Nelle sue prediche insisteva più sull’amore e sull’integrità spirituale
che sulle austerità fisiche, e le virtù che risplendevano in lui venivano trasmesse agli
altri: amore per Dio e per l’uomo, umiltà e
senso delle proporzioni, gentilezza e gaiezza. Trascorse gli ultimi dodici anni della sua
vita a S. Maria in Vallicella, dove incontrava
ogni categoria di persone con animo paterno e dolcissimo, ma al tempo stesso forte ed
impegnativo, nell’intento di condurre a Dio
ogni anima, non attraverso difficili sentieri
ma nella semplicità evangelica, nella fiduciosa certezza dell’infallibile amore divino,
nella letizia dello spirito che sgorga dall’immergersi tutto in Dio. Si spense nelle prime
ore del 26 maggio 1595, all’età di ottant’anni, amato dai suoi e da tutta Roma, di un
amore carico di stima e di affezione. Nella
sua vita cercò sempre di restare “piccolo” di
non subire la tentazione delle cariche importanti e dei riconoscimenti. «Paradiso!
Paradiso!» era il grido col quale calpestava
ogni grandezza umana.
Dalla Lettera del Vescovo (nn. 38-39):
Il bambino è «battezzato nella fede della chiesa». In realtà, anche la fede del battezzato
adulto è una «fede della chiesa», non è semplicemente la sua fede personale; né si può pensare che si battezzi solo nella fede personale del sacerdote, o dei genitori o di altre persone
presenti. Essi, come dice il testo citato, rappresentano la fede della chiesa tutta intera. La
fede della chiesa sarà anche quella che i genitori, e non solo loro, dovranno trasmettere al
battezzato.
Forse molti di noi, battezzati nell’infanzia, possono affermare che fin da piccoli si sono sentiti accolti, avvolti, circondati, dalla fede della chiesa. È stato un clima, un habitat cristiano che
ha fatto assimilare a poco a poco quella fede, che ha dato significato al battesimo ricevuto
subito dopo la nascita e lo ha fatto sentire come un dono della chiesa percepita, insieme,
come “madre” e come “famiglia”. Scrive papa Francesco: «Chi riceve la fede scopre che gli
spazi del suo “io” si allargano, e si generano in lui nuove relazioni che arricchiscono la vita.
Tertulliano l’ha espresso con efficacia parlando del catecumeno, che “dopo il lavacro della
nuova nascita” è accolto nella casa della Madre per stendere le mani e pregare, insieme ai
fratelli, il Padre nostro, come accolto in una nuova famiglia» (Lumen fidei, 39).
Per questo l’educazione cristiana da parte dei genitori viene richiesta esplicitamente e ripetutamente nel corso della celebrazione.
Antifona mariana
Santa Maria,
creatura nuova dello Spirito,
Vergine fatta Chiesa, salve!
Tu, che hai collaborato
all’opera della salvezza
e nella pienezza del tempo
hai donato Cristo,
fonte di acqua viva,
in cui l’umanità intera può saziare
l’ardente fame e sete
di comunione e di amore,
insegnaci ad essere docili
alla voce interiore dello Spirito,
attenti ai suoi richiami
alla nostra responsabilità
di testimoni della fede.
Madre della misericordia
e madre dei credenti,
ristora la nostra sete di Dio,
innaffia della Grazia del Signore
il nostro cuore inaridito,
accogli la preghiera di noi tuoi figli. Amen.
Guida Il Signore ci benedica, ci preservi da
ogni male e ci conduca alla vita eterna.
TuttiAmen.
Il paralitico di Betzata
“Vuoi guarire?”(Gv 5,6)
“Se
conosce tu
dono d ssi il
i Dio”
La liberazione dal male
Scheda n. 3
Preghiera iniziale
Guida Nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo.
TuttiAmen.
Tutti
Vieni, Spirito Santo,
nei nostri cuori
e santificali.
Vieni, Padre dei poveri,
e sollevaci.
Vieni, Autore di ogni bene,
e consolaci.
La vita ci parla
L’avventura cristiana di Paolo Caccone
(1948-1992) è affascinante perché ci mostra
come anche nel nostro tempo sia possibile
intendere la promessa di vita eterna contenuta nel Vangelo e credere ad essa. E come
sia possibile credervi anche per uomini che
vengono da lontano e che hanno vissuto devastanti ribellioni.
Paolo nasce a Modena da una famiglia operaia, cresce lontano da ogni chiesa, fa politica. Ha vent’anni nel 1968, è iscritto alla Fgci,
vive in una «comune», entra in un gruppo
filo-maoista. È iscritto a Biologia a Modena.
La politica lo delude, la lettura di un libro
sul Buddismo lo porta in India e in Pakistan,
dove spera di trovare «il suo guru» e invece
trova la droga. Arriva a spacciarla e viene arrestato durante un soggiorno romano: fa due
anni di carcere. Poi un’altra fuga in Francia
e in Gran Bretagna. Rottura completa con la
famiglia d’origine. Non spaccia più, ma viene
picchiato dagli spacciatori perché non paga
le dosi. È in queste condizioni quando si presenta – nel gennaio del 1986 – al pronto soccorso dell’ospedale di Modena per una colica
renale: risulta sieropositivo.
Ha preso l’Aids dalla droga, probabilmente,
attraverso una siringa usata e di Aids morirà
sei anni più tardi. Ma intanto, in uno dei suoi
passaggi in ospedale, incontra un monaco della comunità di don Dossetti, che gli dice «Venga a trovarci». Paolo va, incontra don Neri e
poi don Dossetti e si confessa e si converte e
nell’autunno del 1989 entra nella «Piccola
famiglia dell’Annunziata», come si chiama la
comunità monastica dossettiana. In essa vive
tre anni da novizio. Muore monaco.
(cfr. Umberto Neri, Morire per miracolo. Una
storia di droga, carcere e Aids. E di una conversione autentica, Guaraldi 1995)
• Sostiamo qualche istante sulla vicenda di
Caccone. Come si collega alla nostra esperienza quotidiana?
Invocazione
Dio mio,
quando nel cammino verso di te
non ho più provviste,
non ho altra possibilità
che rivolgermi a te,
ritornare umile sui miei passi.
Quando la colpa mi fa temere il castigo,
la speranza mi offre riparo
alla tua giustizia.
Quando l’errore mi confina
nel mio tormento,
la fede annuncia il tuo conforto.
Quando mi lascio vincere
dal sonno della debolezza,
i tuoi benefici e la tua generosità
mi risvegliano.
Quando la disobbedienza e la rivolta
mi allontanano da te,
il tuo perdono e la tua misericordia
mi riconducono all’amicizia.
E tu sei sempre lì
a sbirciare il mio ritorno
per stringermi
in un abbraccio rigenerante,
aperto a un futuro unico d’amore.
Possa la tua Parola
calare proficua nel mio cuore
e farmi vivere
per amarti e ringraziarti
ogni giorno della mia vita. Amen.
(Mario Gobbin)
In ascolto
Dal Vangelo secondo Giovanni (5,1-8)
Dopo questi fatti, ricorreva una festa dei
Giudei e Gesù salì a Gerusalemme. A Gerusalemme, presso la porta delle Pecore, vi è
una piscina, chiamata in ebraico Betzatà,
con cinque portici, sotto i quali giaceva un
grande numero di infermi, ciechi, zoppi
e paralitici. Si trovava lì un uomo che da
trentotto anni era malato. Gesù, vedendolo giacere e sapendo che da molto tempo
era così, gli disse: «Vuoi guarire?». Gli rispose il malato: «Signore, non ho nessuno che
mi immerga nella piscina quando l’acqua
si agita. Mentre infatti sto per andarvi, un
altro scende prima di me». Gesù gli disse:
«Alzati, prendi la tua barella e cammina».
E all’istante quell’uomo guarì: prese la sua
barella e cominciò a camminare.
Per riflettere
• La crisi
Per poter arrivare ad aprire il nostro cuore e la nostra esistenza al Signore, a volte,
dobbiamo percorrere strade del tutto personali e lunghe. Lo stesso Signore permette che la nostra esistenza “vaghi” attraverso
luoghi lontani ed esperienze limite, come la
storia di Paolo Caccone racconta.
Non tutti, certo e per fortuna, compiono
percorsi di fallimento, e neppure è necessario arrivare fino ad esperienze di quel tipo,
ma ad ognuno di noi spetta una “caduta da
cavallo”, un momento nel quale le certezze e
le sicurezze vengono a mancare.
«Non ho nessuno che mi immerga nella
piscina quando l’acqua si agita. Mentre infatti sto per andarvi, un altro scende prima
di me», dice il paralitico a Gesù. La salvezza
che Dio ci dona nel Figlio Gesù ci raggiunge
nella misura in cui noi liberamente apriamo
la nostra vita a Lui invocandone l’aiuto.
• Il compagno di viaggio
Proprio il momento e l’esperienza del fallimento e del peccato può diventare strada di
rinnovato incontro con il Signore della vita.
A volte, infatti, Egli ci attende attraverso
varchi inattesi e inaspettati, momenti della
vita che, guidati dalla sua provvidente azione, diventano occasioni uniche di incontro
con Lui. In questi momenti la vicinanza di
qualcuno che apre un senso, dischiude un
significato, offre una nuova chiave di lettura,
permette alla persona di dare un significato nuovo a ciò che sta vivendo. Il credente
cristiano è quel compagno di viaggio che si
accorge di chi lungo la strada della vita giace
a terra malmenato, e sa chinarsi e spargere
il vino della consolazione. A volte si tratta di
offrire una nuova chance, porgere la mano
dell’amicizia, lasciare che l’altro entri, con la
sua fatica, nella propria vita e famiglia.
• La guarigione
Quando ciò accade, quando cioè il Signore
Gesù entra e tocca la vita della persona, essa
si può rialzare in piedi. Alla piscina di Betzatà
addirittura non c’è neppure bisogno che lo
storpio entri nell’acqua. La parola/comando
del Signore - «Alzati, prendi la tua barella
e cammina» - è sufficiente per rimetterlo in
piedi e compiere il miracolo della guarigione.
Il compagno di strada, il credente che
aiuta il viandante a relazionarsi con il Signore, porta ed accompagna fino a quell’incontro, non si sostituisce al Signore in quanto la
salvezza avviene attraverso un incontro unico e personale. E il “salvato” diventa, a sua
volta, capace di farsi compagno di strada per
altre persone che cercano salvezza.
L’origine di questi incontri liberanti è nel
nostro battesimo, quando Gesù ci ha liberato da quella realtà di morte che ci induce a
fare alleanza con il male piuttosto che con il
bene: il peccato originale. Immersi nel suo
amore crocifisso, ormai nulla può separarci
da lui e con lui possiamo lottare contro ogni
forma di male che affligge noi e l’umanità.
Domande per noi
• Rispetto al racconto evangelico dove mi
colloco? Al bordo della piscina a chiedere
aiuto, a cercare salvezza magari a discapito di altri, ad offrire aiuto a chi lo chiede?
• Posso anch’io affermare di essermi incontrato con l’acqua della vita che mi ha ridato fiducia e speranza, mi ha rimesso in
piedi perdonando il mio peccato?
Memoria del battesimo
Si pone al centro un’ampolla contenente
l’olio per l’unzione dei catecumeni.
Guida Nell’antichità l’olio era usato dagli
atleti sia per tonificare i muscoli, sia
per sfuggire alla presa degli avversari. Anche noi siamo stati unti con
l’olio prima di essere battezzati per
essere irrobustiti simbolicamente
nella lotta contro satana e il peccato.
Sostiamo qualche istante ripensando
alla grazia ricevuta nel battesimo.
Andiamo con la mente alle lotte che
sosteniamo quotidianamente contro
il male e chiediamo al Signore la forza di non soccombere.
Dopo un tempo di silenzio preghiamo insieme, a due cori, con queste parole di don
Angelo Saporiti:
Quante volte, mio Dio,
la vita mi dissangua...
Quante volte,
le mie energie se ne vanno per mille rivoli...
Quante volte,
le delusioni e i fallimenti
hanno prosciugato
la mia voglia di cambiare...
Quante volte le mie scelte sbagliate,
il mio modo di comunicare,
di amare,
mi hanno gettato nell’isolamento.
In quei momenti, per non morire,
ho cercato di raggiungere una sicurezza,
ho voluto aggrapparmi a qualcuno che mi
potesse aiutare,
ho tentato di evitare gli sguardi taglienti di
chi mi giudicava.
In quei momenti,
in cui mi ritenevo perduto,
ho afferrato l’ultima spiaggia
che potesse guarire il mio cuore:
Te, Signore!
Ho provato ad avere fede in te,
a fidarmi della tua forza.
Ho giocato il tutto e per tutto con te.
E ho provato a venirti dietro,
a seguirti.
Ho provato ad imitare il tuo stile di vita,
il tuo sguardo sul mondo e sulle cose,
il tuo saper donare e ricevere,
il tuo modo di toccare e di essere toccato.
E tu mi hai guarito!
Hai risvegliato in me quel fanciullo
che era morto, o solo addormentato.
Mi hai dato una nuova vita interiore.
Mi hai mostrato nuovi modi
di vivere il contatto con gli altri.
Mi hai sollevato dalle amarezze,
dalle stanchezze e dalle immobilità
che bloccavano la mia vita.
E mi hai detto:
“Non avere paura.
Continua solo ad avere fede”.
E questo è l’unico,
solo,
assoluto segreto
della mia rinascita interiore:
la fede in te,
Dio di guarigione!
Dal Rito del battesimo: orazione
di esorcismo e unzione prebattesimale
Celebrante: Dio onnipotente, tu hai mandato il tuo unico Figlio per dare all’uomo,
schiavo del peccato, la libertà dei tuoi figli;
umilmente ti preghiamo per questo bambino, che fra le seduzioni del mondo dovrà lottare contro lo spirito del male: per
la potenza della morte e risurrezione del
tuo Figlio, liberalo dal potere delle tenebre, rendilo forte con la grazia di Cristo, e
proteggilo sempre nel cammino della vita.
Per Cristo nostro Signore.
Assemblea: Amen.
57. Il celebrante continua:
Ti ungo con l’olio, segno di salvezza: ti fortifichi con la sua potenza Cristo Salvatore,
che vive e regna nei secoli dei secoli.
Assemblea: Amen.
Va’ e anche tu fa’ lo stesso
In un appunto senza data, ma posteriore alla conversione, Paolo Caccone scrive
così: «Pacificazione. Attraverso il silenzio
e l’ascolto». La storia di quest’uomo ci dice
come sia possibile oggi l’ascolto e il silenzio
in mezzo al frastuono, alla dissipazione, allo
stordimento dell’epoca. E come sia possibile
nell’avventura di un uomo che quello stordimento aveva pienamente sposato.
Nella sua esperienza – prima del silenzio –
c’era stato il grido a Dio: «Ormai abbandonato alla disperazione più completa e in preda
alla paura e al dispiacere totale del fallimento, una notte piansi e piansi ore ed ore, chiedendo a un Dio – se mai ce ne fosse stato uno
– di aiutarmi: perché quello era il momento».
Il grido al Signore e la pacificazione si
intrecciano continuamente nell’avventura
di Paolo. Per esempio di fronte alla tentazione per lui più forte, quella della «lussuria», come la chiama: Allora gridai il nome
di Gesù, e tutto si disciolse».
In una lettera a don Dossetti, scritta il
7 agosto 1990, trovo il suo testo più bello:
«Dio è svisceratamente innamorato della
sua creatura e il suo grande diletto consiste nell’ascoltarla, e per questo la tiene nella
sua grande mano (Gesù), e la nostra intima
gioia consiste nel sentirci stretti con forza a
lui – vicino, vicino, vicino. Non vado in cerca di cose grandi, superiori alle mie forze».
All’omelia della messa di commiato, Dossetti parlò così di questo suo figlio dell’ultima ora: «Aveva percorso tutte le strade del
mondo e tutte le possibilità terrene, in un’inquietudine che talvolta si cambiava in ribellione, e tal altra diventava ricerca sincera».
Don Giuseppe invitò i genitori e i parenti di Paolo a vederlo come il figlio prodigo:
«Egli è ritornato, capite? Il figliol prodigo è
ritornato in bellezza, e vi è stato restituito
dal Signore meglio e più grande di quello
che era».
E concluse così: «Nella nostra Famiglia è
vissuto come un monaco perfetto, dandoci
esempio e commuovendo tutti. Sicché noi
diciamo: Paolo, prega per noi!».
Dalla Lettera del Vescovo (n. 23):
Essere battezzati significa seguire Gesù nella propria storia, avanzare nel tempo dietro a lui,
praticando una fedeltà spesso esigente, bisognosa di lotta, di conversione continua. Non è
un caso che dopo il battesimo ricevuto al Giordano (quello amministrato da Giovanni Battista, diverso dal nostro) Gesù si rechi nel deserto, dove «rimase quaranta giorni, tentato da
Satana» (Mc 1,12). In questo cammino di sequela, che può farsi difficile, soggetto alle seduzioni del male, il richiamo al proprio battesimo diviene prezioso e stimolante.
Il rito del battesimo ci ricorda questo impegno di lotta per la conversione soprattutto nella “orazione di esorcismo” e nell’unzione pre-battesimale (con l’olio detto dei catecumeni).
Una delle formule dell’orazione di esorcismo recita: «Umilmente ti preghiamo per questi
bambini, che fra le seduzioni del mondo dovranno lottare contro lo spirito del male: per la
potenza della morte e risurrezione del tuo Figlio, liberali dal potere delle tenebre, rendili forti con la grazia di Cristo, e proteggili sempre nel cammino della vita». L’unzione, fatta sul petto del bambino, richiama quella del lottatore. Nel rito antico, spogliato delle sue vesti prima
di entrare nella vasca battesimale, il battezzando veniva unto interamente come il lottatore
prima della sua competizione. Da sempre la vita cristiana è stata pensata anche come un
impegnativo combattimento. Ricordiamo l’espressione dell’anziano Paolo a Timoteo: «Ho
combattuto la buona battaglia, ho terminato la corsa, ho conservato la fede» (2 Tim 4,7).
Antifona mariana
Beata tu, Maria,
divenuta Madre del Signore dei re!
Nel tuo seno ha abitato
colui della cui lode sono pieni i cieli.
Beata tu, o Benedetta, perché per te
è stata cancellata la maledizione di Eva!
Grazie a te è stato pagato il debito comune
contratto dal serpente per le generazioni.
Tu hai generato quel tesoro
che ha colmato il mondo di ogni aiuto.
Da te è sorta la luce
che ha distrutto il regno delle tenebre.
(Efrem, il Siro)
Guida Il Signore ci benedica, ci preservi da
ogni male e ci conduca alla vita eterna.
TuttiAmen.
“Se
conosce tu
dono d ssi il
i Dio”
Il cieco nato
“Tu credi nel Figlio dell’Uomo?”(Gv 9,35)
La fede
Scheda n. 4
Preghiera iniziale
Invocazione (Gv 1,1.4-5.9-10.14)
Guida Nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo.
TuttiAmen.
Lett.
Tutti
In principio era il Verbo,
e il Verbo era presso Dio
e il Verbo era Dio.
Signore, nostra luce,
noi ti contempliamo.
Lett.
Tutti
In lui era la vita
e la vita era la luce degli uomini;
la luce splende nelle tenebre
e le tenebre non l’hanno vinta.
Signore, nostra luce,
noi ti contempliamo.
Lett.
Tutti
Veniva nel mondo la luce vera,
quella che illumina ogni uomo.
Era nel mondo
e il mondo è stato fatto
per mezzo di lui;
eppure il mondo
non lo ha riconosciuto.
Signore, nostra luce,
noi ti contempliamo.
Lett.
Tutti
E il Verbo si fece carne
e venne ad abitare in mezzo a noi;
e noi abbiamo contemplato
la sua gloria,
gloria come del Figlio unigenito
che viene dal Padre,
pieno di grazia e di verità.
Signore, nostra luce,
noi ti contempliamo.
Tutti
Vieni, Santo Spirito,
donaci di confessare con fede ardente
Gesù Cristo, Signore e Redentore,
morto e risorto per noi.
La vita ci parla
In una soleggiata domenica mattina d’inizio estate, in parrocchia è prevista la celebrazione comunitaria dei battesimi. Un
gran numero di parenti e amici si accalca
in chiesa per partecipare alla Santa Messa.
C’è chi sfoggia l’ultimo vestito color pesca,
molto apprezzato dai vicini di banco. C’è
chi si districa tra le varie borse contenenti i
doni per l’avvenimento. C’è chi si arrampica sugli altari laterali per immortalare ogni
attimo del rito. Ma c’è anche una comunità cristiana che, con emozione, accoglie
nuovi fratelli che per mezzo del battesimo
stanno per diventare figli di Dio. Adulti con
cammini di fede diversi, alcuni messi in
stand-by da tempo, altri coltivati in un crescendo continuo. Questi adulti sapranno
esserlo anche nella fede, nell’accompagnare quei piccoli verso l’incontro vivo e vero
con il Signore?
• Riflettiamo per qualche istante sulla situazione descritta. Come ci interpella?
In ascolto
Dal Vangelo secondo Giovanni (9,1-39)
[Questo vangelo può essere letto in forma dialogata tra il narratore, Gesù, i discepoli, i vicini, i Giudei,
i genitori]
Passando, vide un uomo cieco dalla nascita
e i suoi discepoli lo interrogarono: «Rabbì,
chi ha peccato, lui o i suoi genitori, perché
sia nato cieco?». Rispose Gesù: «Né lui ha
peccato né i suoi genitori, ma è perché in
lui siano manifestate le opere di Dio. Bisogna che noi compiamo le opere di colui che
mi ha mandato finché è giorno; poi viene
la notte, quando non può agire. Finché io
sono nel mondo, sono la luce del mondo».
Detto questo, sputò per terra, fece del fango con la saliva, spalmò il fango sugli occhi
del cieco e gli disse: «Va’ a lavarti nella piscina di Sìloe» – che significa “Inviato”. Quegli
andò, si lavò e tornò che ci vedeva.
Allora i vicini e quelli che lo avevano visto
prima, perché era un mendicante, dicevano: «Non è lui quello che stava seduto a
chiedere l’elemosina?». Alcuni dicevano: «È
lui»; altri dicevano: «No, ma è uno che gli
assomiglia». Ed egli diceva: «Sono io!». Allora gli domandarono: «In che modo ti sono
stati aperti gli occhi?». Egli rispose: «L’uomo
che si chiama Gesù ha fatto del fango, mi
ha spalmato gli occhi e mi ha detto: “Va’ a
Sìloe e làvati!”. Io sono andato, mi sono lavato e ho acquistato la vista».
Ma i Giudei non credettero di lui che fosse
stato cieco e che avesse acquistato la vista,
finché non chiamarono i genitori di colui
che aveva ricuperato la vista. E li interrogarono: «È questo il vostro figlio, che voi dite
essere nato cieco? Come mai ora ci vede?».
I genitori di lui risposero: «Sappiamo che
questo è nostro figlio e che è nato cieco;
ma come ora ci veda non lo sappiamo, e
chi gli abbia aperto gli occhi, noi non lo
sappiamo. Chiedetelo a lui: ha l’età, parlerà lui di sé». Questo dissero i suoi genitori,
perché avevano paura dei Giudei; infatti i
Giudei avevano già stabilito che, se uno lo
avesse riconosciuto come il Cristo, venisse
espulso dalla sinagoga. Per questo i suoi
genitori dissero: «Ha l’età: chiedetelo a lui!».
Allora chiamarono di nuovo l’uomo che era
stato cieco e gli dissero: «Da’ gloria a Dio!
Noi sappiamo che quest’uomo è un peccatore». Quello rispose: «Se sia un peccatore,
non lo so. Una cosa io so: ero cieco e ora ci
vedo». Allora gli dissero: «Che cosa ti ha fatto? Come ti ha aperto gli occhi?». Rispose
loro: «Ve l’ho già detto e non avete ascoltato; perché volete udirlo di nuovo? Volete
forse diventare anche voi suoi discepoli?».
Lo insultarono e dissero: «Suo discepolo
sei tu! Noi siamo discepoli di Mosè! Noi
sappiamo che a Mosè ha parlato Dio; ma
costui non sappiamo di dove sia». Rispose
loro quell’uomo: «Proprio questo stupisce:
che voi non sapete di dove sia, eppure mi
ha aperto gli occhi. Sappiamo che Dio non
ascolta i peccatori, ma che, se uno onora
Dio e fa la sua volontà, egli lo ascolta. Da
che mondo è mondo, non si è mai sentito
dire che uno abbia aperto gli occhi a un cieco nato. Se costui non venisse da Dio, non
avrebbe potuto far nulla». Gli replicarono:
«Sei nato tutto nei peccati e insegni a noi?».
E lo cacciarono fuori.
Gesù seppe che l’avevano cacciato fuori;
quando lo trovò, gli disse: «Tu, credi nel
Figlio dell’uomo?». Egli rispose: «E chi è,
Signore, perché io creda in lui?». Gli disse
Gesù: «Lo hai visto: è colui che parla con
te». Ed egli disse: «Credo, Signore!». E si prostrò dinanzi a lui.
Gesù allora disse: «È per un giudizio che io
sono venuto in questo mondo, perché coloro che non vedono, vedano e quelli che
vedono, diventino ciechi».
Per riflettere
• L’incontro tra Gesù e il cieco nato
Il capitolo 9 del Vangelo di Giovanni vede
per protagonista la vicenda di un uomo cieco
fin dalla nascita, un uomo che non ha mai
conosciuto la luce. Per quanto egli possa
desiderare di cambiare la sua esistenza, c’è
un’ineludibile condizione dalla quale non
può uscire con le sue forze: come può un
uomo che non ha mai visto la luce, immaginare di cosa si tratti? Ci sono situazioni dove
anche noi siamo privi di luce, disorientati,
pur magari senza esserne responsabili, magari segnati dalla fiducia tradita e dalle ferite
della nostra storia personale.
L’incontro con Gesù è sorprendente: senza nessuna richiesta da parte del cieco, Gesù
interviene nella sua vita, decidendo di strapparlo alla sua cecità. Non si tratta però di donargli solamente la vista: quello che avviene è
un cambiamento che ha i tratti di una nuova
creazione. Il nostro incontro con Gesù non è
il risultato della nostra ricerca, ma del fatto
che Lui per primo ci è venuto incontro: è passato per la nostra strada, ci ha visti, ha deciso di cambiare la nostra esistenza. La fede è
dunque il dono di Dio che ci viene incontro,
la grazia di sentirci raggiunti dal suo amore,
prima ancora di sceglierlo e decidersi per Lui.
• La dinamicità della fede del cieco
che diventa adulta
Gesù è entrato nella vita del cieco nato
senza chiedere permesso ma, contemporaneamente, gli chiede di esercitare la sua libertà, gli domanda di accogliere la sua iniziativa di grazia. Gesù gli spalma del fango
sugli occhi e lo manda a lavarsi. Da quel
momento comincia l’avventura del credente, accettando di recarsi a Siloe. Il cieco nato
si fida dei gesti di Gesù prima ancora di capire e obbedisce a quanto gli viene chiesto
senza domandare spiegazioni. Riacquistata
la vista, per quell’uomo inizia un itinerario che lo porta, pur in mezzo ai contrasti,
verso la luce. In un crescendo continuo, è
portato a prendere consapevolezza di quella
grazia che lo ha raggiunto. Dalla “sorpresa
di vederci” la fede dell’uomo guarito cresce
“di fede in fede”: dall’aderire personalmente
alla sequela di Gesù che viene riconosciuto
come profeta, al confronto a tratti aspro con
i farisei, fino alla proclamazione finale. Gesù
interviene di nuovo rivelandosi come “figlio
dell’uomo”, colui che offre una salvezza profonda, una nuova creazione che trasforma
la vita. Dinanzi a questa rivelazione, il cieco
nato fa la sua professione di fede: «“Credo,
Signore!”. E si prostrò dinanzi a lui».
La fede che abbiamo ricevuto in dono il
giorno del nostro battesimo quando siamo
divenuti figli di Dio rischia di rimanere un
seme sterile se non viene coltivato, se non lo
si porta a maturare e a crescere, se non giunge a portare fecondità nella vita quotidiana.
• La comunità dei discepoli
di fronte alla reazione del mondo
Il brano si apre con la comunità dei discepoli che interroga Gesù sul perché della
condizione di vita del cieco nato. Al miracolo appena compiuto da Gesù seguono diverse reazioni: quella della gente lì vicino che
ha assistito, che rimane relegata ad una superficiale curiosità, senza sentirsi coinvolta direttamente, quasi indifferente. Oppure
quella di condanna messa in atto dai farisei,
di chiusura alla novità di Gesù, incapaci di
riconoscere l’opera di Dio. Infine la reazione
dei genitori dettata dalla paura dell’esclusione, preferendo le comodità di una vita priva
di problemi rispetto alla ricerca della verità.
Come comunità cristiana dobbiamo lasciarci interpellare profondamente da queste reazioni: scegliamo di essere comunità
accogliente o ci adattiamo all’indifferenza?
Riusciamo a dare fiducia a cammini di conversione appena percettibili o esprimiamo di
fatto un’impietosa condanna? Sappiamo essere profetici o diventiamo accomodanti annacquando la portata del Vangelo?
Domande per noi
• Quali passaggi ha fatto la mia fede dal
mio battesimo ad oggi? Da quali tratti è
caratterizzata oggi?
• Come la comunità cristiana può rendere
più significativa la sua testimonianza della fede?
Memoria del battesimo
Si accende una candela, segno della luce
della fede. La fiammella flebile, ma viva, accesa nel giorno del nostro battesimo, è arrivata fino al nostro oggi.
Guida Fratelli carissimi, per mezzo del battesimo siamo divenuti partecipi del mistero pasquale del Cristo, siamo stati
sepolti insieme con lui nella morte, per
risorgere con lui a vita nuova. Ora, rinnoviamo le promesse del nostro battesimo, con le quali un giorno abbiamo
rinunciato a satana e alle sue opere e ci
siamo impegnati a servire fedelmente
Dio nella santa Chiesa cattolica.
Guida Rinunciate al peccato, per vivere nella libertà dei figli di Dio?
Tutti Rinuncio.
Guida Rinunciate alle seduzioni del male, per
non lasciarvi dominare dal peccato?
Tutti Rinuncio.
Guida Rinunciate a satana e a tutte le sue
opere e seduzioni?
Tutti Rinuncio.
Guida Credete in Dio, Padre onnipotente,
creatore del cielo e della terra?
Tutti Credo.
Guida Credete in Gesù Cristo, suo unico Figlio, nostro Signore, che nacque da
Maria Vergine, morì e fu sepolto, è risuscitato dai morti e siede alla destra
del Padre?
Tutti Credo.
Guida Credete nello Spirito Santo, che è il
Signore e dà la vita?
Tutti Credo.
Guida Credete nella santa Chiesa cattolica,
la comunione dei santi, la remissione
dei peccati, la risurrezione della carne e la vita eterna?
Tutti Credo.
Guida Questa è la nostra fede, questa è la
fede della Chiesa e noi ci gloriamo di
professarla, in Cristo Gesù nostro Signore.
Tutti Credo.
Dalla Lettera del Vescovo (n. 3):
Ai genitori che portano il proprio bambino
al fonte battesimale, il sacerdote chiede
di assumere con serietà il loro compito,
dicendo: «A voi il compito di educarlo nella fede, perché la vita divina che riceve in
dono sia preservata dal peccato e cresca
di giorno in giorno». E li invita poi ad esprimere la loro professione di fede, senza la
quale il Battesimo del loro bambino mancherebbe di una condizione necessaria:
«Se dunque, in forza della vostra fede, siete pronti ad assumervi questo impegno,
memori delle promesse del vostro battesimo, rinunciate al peccato, e fate la vostra
professione di fede in Cristo Gesù: è la fede
della Chiesa nella quale il vostro figlio viene battezzato».
Va’ e anche tu fa’ lo stesso
Mi chiamo Asia Noreen Bibi. Scrivo agli
uomini e alle donne di buona volontà dalla
mia cella senza finestre, nel modulo di isolamento della prigione di Sheikhupura, in
Pakistan, e non so se leggerete mai questa
lettera. Sono rinchiusa qui dal giugno del
2009. Sono stata condannata a morte mediante impiccagione per blasfemia contro il
profeta Maometto.
Dio sa che è una sentenza ingiusta e che
il mio unico delitto, in questo mio grande
Paese che amo tanto, è di essere cattolica.
Non so se queste parole usciranno da questa prigione. Se il Signore misericordioso
vuole che ciò avvenga, chiedo agli spagnoli
[il 15 dicembre, il marito di Asia ritirerà a
Madrid il premio dell’associazione HazteOir, ndr] di pregare per me e intercedere
presso il presidente del mio bellissimo Paese affinché io possa recuperare la libertà
e tornare dalla mia famiglia che mi manca tanto. Sono sposata con un uomo buono che si chiama Ashiq Masih. Abbiamo
cinque figli, benedizione del cielo: un maschio, Imran, e quattro ragazze, Nasima,
Isha, Sidra e la piccola Isham. Voglio soltanto tornare da loro, vedere il loro sorriso
e riportare la serenità. Stanno soffrendo a
causa mia, perché sanno che sono in prigione senza giustizia. E temono per la mia
vita. Un giudice, l’onorevole Naveed Iqbal,
un giorno è entrato nella mia cella e, dopo
avermi condannata a una morte orribile, mi
ha offerto la revoca della sentenza se mi fossi convertita all’islam. Io l’ho ringraziato di
cuore per la sua proposta, ma gli ho risposto con tutta onestà che preferisco morire
da cristiana che uscire dal carcere da musulmana. «Sono stata condannata perché
cristiana – gli ho detto –. Credo in Dio e nel
suo grande amore. Se lei mi ha condannata
a morte perché amo Dio, sarò orgogliosa di
sacrificare la mia vita per Lui».
(Avvenire, 8 dicembre 2012)
Dalla Lettera del Vescovo (nn. 34-35):
È significativo che nel rito del battesimo, immediatamente prima dell’infusione dell’acqua
vi sia, da parte del battezzando, o dei suoi genitori nel caso del battesimo dei bambini, la
professione di fede, mediante le tre domande poste dal celebrante, a cui si risponde con un
triplice «credo». [...]
La fede precede, accompagna e segue il battesimo; ma lo stesso battesimo, mentre è uno
straordinario dono di Dio, è nello stesso tempo una densissima professione di fede nella sua
Parola e nella sua salvezza. [...]
Si potrebbe dire che il battesimo è il punto di convergenza tra il dono di Dio, che nella sua
gratuità ci strappa dal male e ci introduce nella sua stessa vita, e la risposta della persona
che accoglie il dono con la sua risposta consapevole e grata. L’iniziativa è sempre di Dio, tutto parte da lui; una fede capace di accoglierlo è sempre dono suo: lo indica anche il gesto,
già ricordato, della consegna del cero acceso al battezzato. Ma Dio non ci travolge, non si
impone a noi con forza: vuole incontrare il nostro “sì”, che è il suo stesso amore, discreto e
rispettoso, a rendere possibile.
Antifona mariana
Maria,
Madre del Redentore
e Madre nostra,
porta del cielo e stella del mare,
soccorri il tuo popolo, che cade,
ma che pur anela a risorgere!
Vieni in aiuto alla Chiesa,
illumina i tuoi figli devoti,
fortifica i fedeli
sparsi nel mondo,
chiama i lontani,
converti chi vive
prigioniero del male!
(Giovanni Paolo II)
Guida Il Signore ci benedica, ci preservi da
ogni male e ci conduca alla vita eterna.
TuttiAmen.
Il fianco aperto
“Gli colpì il fianco, e subito
ne uscì sangue e acqua”(Gv 19,34)
“Se
conosce tu
dono d ssi il
i Dio”
Il dono pasquale di Cristo
Scheda n. 5
Preghiera iniziale
[Per accompagnare la preghiera in quest’incontro
si può esporre un’immagine del particolare del fiotto
di sangue ed acqua del crocifisso di San Damiano, che
cade sul capo di Giovanni]
Guida Nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo.
TuttiAmen.
Tutti
Vieni, Santo Spirito,
facci ricordare, amare,
comprendere e vivere oggi
le parole e i gesti di Gesù.
La vita ci parla
L’omicidio di don Pino Puglisi non doveva apparire un delitto di mafia, bensì l’opera
di un tossicodipendente o di un rapinatore.
Per tale motivo fu utilizzata una pistola di
piccolo calibro e al sacerdote fu sottratto il
borsello. Ad attenderlo sotto casa erano Salvatore Grigoli e Gaspare Spatuzza. Mentre
padre Pino stava accingendosi ad aprire la
porta, Spatuzza gli mise la mano sulla mano
per prendergli il borsello, e gli disse piano:
«Padre, questa è una rapina». Lui si girò, lo
guardò, sorrise. Disse solo: «Me l’aspettavo».
Non si era accorto di Grigoli che era alle spalle. Allora questi gli sparò un colpo alla nuca.
Quel “sorriso” di padre Pino il Grigoli non riuscì più a dimenticarlo. Fu l’inizio di una trasformazione radicale della sua vita. In un’in-
tervista raccontò: «C’era una specie di luce
in quel sorriso. Un sorriso che mi aveva dato
un impulso immediato. Non me lo so spiegare; io già ne avevo uccisi parecchi, però non
avevo mai provato nulla del genere. Me lo ricordo sempre quel sorriso... Quella sera cominciai a pensarci, si era smosso qualcosa».
Il cappellano del carcere ha testimoniato:
«Non dalle smorfie di dolore, ma dal sorriso
di don Pino, l’assassino ha letto la misericordia di Dio, Dio ha trovato il suo cuore aperto».
Un soffio di vita era uscito dalla morte di don
Pino ed era entrato in colui che l’aveva ucciso.
• Soffermiamoci qualche istante su questa
testimonianza. Come ci interpella?
Invocazione
Lett. Cristo Salvatore, come il chicco di
grano caduto in terra, hai conosciuto
la morte.
Tutti Unita a te la nostra vita porterà molto frutto.
Lett. Gesù nostro fratello, tu sei morto e
risorto per noi.
Tutti Nulla più ci separerà dall’amore di
Dio nostro Padre.
Lett. Cristo Gesù, sei sceso fino al punto
più basso della nostra condizione umana.
Tutti Tu stai vicino a tutti coloro che sono
abbandonati.
Lett. Signore, nel tuo amore ti sei caricato
dei nostri peccati.
Tutti Tu, il solo innocente, hai subito la
morte per strapparci alla morte.
Lett. O Cristo, mite e umile di cuore, hai
vinto il male e l’odio.
Tutti Tu ora vivi per sempre accanto al Padre.
Lett. O Crocifisso Risorto, tu ci ascolti nella tua bontà e ci visiti nel dolore.
Tutti Riempi i nostri cuori rivelandoci la
luce del tuo volto.
In ascolto
Dal Vangelo secondo Giovanni (19,31-35)
Era il giorno della Parasceve e i giudei,
perché i corpi non rimanessero sulla croce durante il sabato – era infatti un giorno
solenne quel sabato – chiesero a Pilato che
fossero spezzate loro le gambe e fossero portati via. Vennero dunque i soldati e
spezzarono le gambe all’uno e all’altro che
erano stati crocifissi insieme con lui. Venuti
però da Gesù, vedendo che era già morto,
non gli spezzarono le gambe, ma uno dei
soldati con una lancia gli colpì il fianco, e
subito ne uscì sangue e acqua. Chi ha visto
ne dà testimonianza e la sua testimonianza
è vera; egli sa che dice il vero, perché anche
voi crediate. Questo infatti avvenne perché
si adempisse la Scrittura: Non gli sarà spezzato alcun osso. E un altro passo della Scrittura dice ancora: Volgeranno lo sguardo a
colui che hanno trafitto.
Per riflettere
• Immersi in Cristo
Troppo facilmente c’è chi pensa al battesimo come ad un rito che aggrega ad una
“associazione”, la Chiesa, la quale chiede a
sua volta di assumere comportamenti adeguati al suo ideale, mettendo in pratica gli
insegnamenti di Gesù. Certamente chi vuole
dirsi cristiano è chiamato a imitare Gesù, e a
vivere il suo vangelo, ma non è questo il punto di partenza della vita cristiana e di conseguenza non è questo il cuore del battesimo.
Paolo, scrivendo ai cristiani di Roma
(Rm 6,3ss), ricorda come è iniziata la loro
vita cristiana: «Siete stati battezzati in Cristo». Ora, se il termine “battezzare” significa “immergere” è per dirci che siamo “messi dentro” ad una relazione viva, quella con
Gesù. Molti santi hanno sottolineato che per
loro la vita con Gesù è simile a quella di “un
pesce immerso nell’acqua”. Nel battesimo
noi ci siamo messi nelle mani di Gesù e lui
ci ha accolti per sempre in una comunione
di amore. Eppure non basta affermare che
siamo chiamati a vivere una relazione con
Gesù, perché questa potrebbe rimanere un
rapporto vago e legato ai propri sentimenti.
«Mediante il battesimo – ci ricorda il
Concilio – gli uomini vengono inseriti nel
mistero pasquale di Cristo. Con Lui morti, sepolti, risuscitati». È quanto Giovanni
contempla sulla croce di Gesù, ed è quanto
viene significativamente rappresentato nel
crocifisso di san Damiano, dove il discepolo
amato, immagine di ogni discepolo, si trova
proprio sotto il fiotto di acqua e sangue che
sgorga dal costato di Cristo. Lasciamoci perciò illuminare dal significato dei segni del
sangue e dell’acqua.
• Il sangue
Il termine “sangue” nella Bibbia non sta
a indicare una parte del corpo, indica invece
un evento: “la morte”. Se il sangue è la sede
della vita, il suo versamento indica la morte.
Però, quella morte che Giovanni contempla
sul calvario e nella quale veniamo immersi
nel battesimo è una morte particolare e unica, è quella di Gesù; una morte dove soffia
un potente alito di vita. Quel sangue è, infatti, non solo il segno negativo di una presenza
di morte, ma il segno di un amore sconfinato, che non è stato vissuto “per scherzo”.
E come spiega una suggestiva etimologia,
“amore” significa “privo di morte” (a-mors).
È, allora, grazie al battesimo che possiamo
vivere la vita cristiana; immersi in un amore
più forte della morte sappiamo vivere ogni
evento della vita con la forza della Pasqua di
Gesù. Con Lui continuamente attraversiamo
i passaggi dalla morte alla vita e ogni giorno
cominciamo a resuscitare con Lui.
Memoria del battesimo
• L’acqua
Anche l’acqua porta con sé il duplice significato di vita e di morte: annegamento e
rivitalizzazione. Gesù poco prima di morire
aveva esclamato: «Ho sete», un’invocazione
che richiama la richiesta d’acqua alla donna
samaritana. E come alla donna aveva svelato
d’essere Lui l’acqua viva, così ora sulla croce fa sgorgare la sorgente inestinguibile di
quell’acqua. Una fonte di vita che ci appare
sorprendente, perché sgorga da un cadavere, da un luogo di morte; come era sorprendete l’acqua viva che Ezechiele aveva visto
sgorgare dal Tempio (Ez 47,1ss). E così come
quel piccolo rigagnolo, diventato un immenso fiume, faceva risorgere la vita ovunque
passava, fino a guarire le acque salate del
mar Morto, così anche noi, immersi in Cristo, sentiamo sgorgare nella nostra esistenza
quella sorgente di vita che già fin d’ora ci fa
gustare anticipi di resurrezione.
Due persone hanno saputo immergere
subito la loro vita in quella di Gesù: il ladrone crocifisso e il centurione che aveva guidato il plotone d’esecuzione. Primi sepolti e
risorti in Cristo.
Guida Fratelli e sorelle, chiediamo con fiducia a Dio nostro Padre, che questo segno dell’acqua ravvivi in noi la grazia
del battesimo, per mezzo del quale
siamo stati immersi nella morte redentrice del Signore, per risorgere
con Lui alla vita nuova.
Tutti Padre nostro...
Domande per noi
• Immerso nella Pasqua di Gesù, quali
passaggi dalla morte alla vita sono chiamato a vivere ogni giorno grazie al mio
battesimo?
• Qual è l’amore che oggi vince le forze
della morte? Dove lo vedo in azione?
[Si pone al centro un recipiente con dell’acqua]
[Al canto di “Purificami, o Signore” (o altro canto o canone...) ognuno intinge le dita e si fa il segno
della croce]
Dal Rito del battesimo:
liturgia del sacramento
Preghiera e invocazione sull’acqua
Celebrante: Padre misericordioso, dal fonte
del battesimo hai fatto scaturire in noi la
nuova vita di figli.
Assemblea: Gloria a te, o Signore!
Celebrante: Tu dall’acqua e dallo Spirito
Santo fai di tutti i battezzati un solo popolo di Cristo.
Assemblea: Gloria a te, o Signore!
Celebrante: Tu infondi nei nostri cuori lo
Spirito del tuo amore per darci la libertà e
la pace.
Assemblea: Gloria a te, o Signore!
Celebrante: Tu chiami i battezzati perché
annuncino con gioia il Vangelo di Cristo
nel mondo intero.
Assemblea: Gloria a te, o Signore.
Celebrante: Per il mistero di quest’acqua
santificata dal tuo Spirito, fa’ rinascere a
vita nuova questo bambino, che tu chiami al battesimo nella fede della Chiesa,
perché abbia la vita eterna. Per Cristo nostro Signore.
Assemblea: Amen.
Va’ e anche tu fa’ lo stesso
Un santo testimone:
padre Massimiliano Kolbe
L’ultimo biglietto, padre Massimilano
Kolbe (1894-1941), lo inviò da Auschwitz
a sua madre, due mesi prima di morire nel
bunker della fame. Aveva scritto: «Cara
mamma, da me va tutto bene... stai tranquilla... perché il buon Dio c’è in ogni luogo e
con grande amore pensa a tutti e a tutto».
Se l’uomo sa aprire l’inferno sulla terra,
padre Kolbe ha dimostrato che il battezzato
continua a scendere, con Cristo, negli inferi. Immersi per sempre nell’amore del Crocifisso Risorto, i cristiani sanno immergersi negli abissi degli smarrimenti umani per
accendervi le prime luci della resurrezione.
I testimoni raccontano lo stupore di tutti i prigionieri che per la prima volta non
udivano dal bunker maledetto uscire le urla
e le bestemmie dei condannati a morte. Il
campo tendeva l’orecchio all’eco delle preghiere e dei canti che penetravano attraverso i muri. La fama del gesto del frate polacco, che aveva offerto la sua vita al posto di
quella di un padre di famiglia, aveva fatto il
giro di tutti i campi. Un testimone ha detto:
«Dire che padre Kolbe morì per uno di noi
sarebbe riduttivo. La sua morte fu la salvezza di migliaia di vite umane... Quella fu
una scossa che ci restituì l’ottimismo, che
ci rigenerò e ci diede forza; rimanemmo
ammutoliti da quel suo gesto che divenne
per noi una potentissima esplosione di luce
capace di illuminare l’oscura notte del campo». Nella cella accanto a quella dove padre
Kolbe morì, un prigioniero ha graffiato con
le unghie sul muro l’immagine di un “Sacro Cuore”. Nel calvario di Auschwitz quel
fiotto di sangue ed acqua, sorgente di vita,
ha continuato a sgorgare dal cuore di un
battezzato.
Dalla Lettera del Vescovo (nn. 21-22):
Uniti a Cristo, noi ci ritroviamo dentro un disegno, una storia, che è frutto dell’iniziativa di
Dio e che nel suo momento decisivo ha Gesù di Nazaret per protagonista. È la storia narrataci dalla Bibbia. Il rito del battesimo la richiama quando il sacerdote benedice l’acqua battesimale e ricorda il significato che l’acqua ha avuto in vari momenti di tale storia, divenendo
così una “prefigurazione”, cioè una specie di immagine anticipata, del battesimo. Vale la
pena di leggere quella preghiera.
Dio, per mezzo dei segni sacramentali,
tu operi con invisibile potenza
le meraviglie della salvezza;
e in molti modi, attraverso i tempi,
hai preparato l’acqua, tua creatura,
ad essere segno del Battesimo:
fin dalle origini
il tuo Spirito si librava sulle acque
perché contenessero in germe la forza di santificare;
e anche nel diluvio hai prefigurato il Battesimo,
perché, oggi come allora,
l’acqua segnasse la fine del peccato
e l’inizio della vita nuova;
tu hai liberato dalla schiavitù i figli di Abramo,
facendoli passare illesi attraverso il Mar Rosso,
perché fossero immagine del futuro popolo dei battezzati;
infine, nella pienezza dei tempi,
il tuo Figlio, battezzato nell’acqua del Giordano,
fu consacrato dallo Spirito Santo;
innalzato sulla croce,
egli versò dal suo fianco sangue ed acqua;
e dopo la sua risurrezione comandò ai discepoli:
«Andate, annunciate il Vangelo a tutti i popoli,
e battezzateli nel nome del Padre e del Figlio
e dello Spirito Santo».
E ora, Padre,
guarda con amore la tua Chiesa:
fa’ scaturire per lei la sorgente del Battesimo,
infondi in quest’acqua, per opera dello Spirito Santo,
la grazia del tuo unico Figlio;
affinché, con il sacramento del Battesimo,
l’uomo, fatto a tua immagine,
sia lavato dalla macchia del peccato,
e dall’acqua e dallo Spirito Santo
rinasca come nuova creatura.
Discenda in quest’acqua
la potenza dello Spirito Santo:
perché coloro che in essa riceveranno il Battesimo,
siano sepolti con Cristo nella morte
e con lui risorgano alla vita: immortale.
[...] Dio è “dentro” le vicende dell’umanità e dunque anche nella nostra vita: la nostra vita gli
interessa, egli vuole esserci. Così la nostra piccola storia diviene parte di quella grande storia
che i cristiani chiamano “storia della salvezza”. In essa Dio ci considera parte del suo popolo,
popolo che egli ama di un amore sconfinato e che vuole condurre alla felicità senza fine.
Antifona mariana
Siamo uniti nella preghiera con te,
Maria Madre di Cristo:
con te che hai partecipato
alle sue sofferenze.
Tu ci conduci al Cuore
del tuo Figlio
agonizzante sulla croce,
quando, nella sua spoliazione,
si rivela fino in fondo come Amore.
O tu, che hai partecipato
alle sue sofferenze,
permettici di perseverare sempre
nell’abbraccio di questo mistero.
Madre del Redentore!
Avvicinaci al cuore del tuo Figlio!
(Giovanni Paolo II)
Guida Il Signore ci benedica, ci preservi da
ogni male e ci conduca alla vita eterna.
TuttiAmen.
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