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alfonso maria petrosino
Ostello della gioventù
bruciata
© 2015 Miraggi Edizioni
via Dronero 2, 10144 Torino
www.miraggiedizioni.it
Progetto grafico Miraggi
Finito di stampare a Rende (CS)
nel mese di settembre 2015 da Universalbook srl
per conto di Miraggi Edizioni
Prima edizione: settembre 2015
isbn 978-88-96910-79-5
Miraggi Edizioni
Pensavo fosse amore
Palpeggiamenti e palpiti
fra tutti e due discerno
con quanta furia scalpiti
il cuore nello sterno.
I nervi sono fulmini
che abbagliano le membra;
sembra che tutto culmini
in una vetta. Sembra.
Ma quella forza
si placa e smorza,
finisce lì. Non era
poi tutta questa furia.
Pensavo fosse amore
e invece era lussuria.
Ti guardo ed una serie
di cose mi sconquassa:
il sangue nelle arterie
ha la pressione bassa;
sento che aumenta il battito,
si mozza il fiato e resta
in gola, e sono madido
di sudore e la testa
si disorienta,
è sonnolenta
e mi diventa nera.
Gli occhi, così, li abbasso…
Pensavo fosse amore
e invece era un collasso.
Mi sento molto stupido
e contagioso: rido.
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È stato un anno cupido
ma non perciò Cupido
a destra e a manca sfreccerà,
perché, sebbene cieco,
sa già quanto sia becera
l’umanità, che spreco
l’amore sia
per noi. Va via,
raggiunge l’alta sfera
di un mito senza età.
Pensavo fosse amore
e invece era chissà.
Qualcuno al buio mormora
una promessa casta
sperando che la formula
funzioni; ma non basta.
Ci rivediamo in un bar
che non esiste più
per fare una macumba
con bambole voodoo
e matrioske
con facce fosche.
Si muta la chimera
in incubo, l’ennesimo.
Pensavo fosse amore
ed era un incantesimo.
Io te ne imbusto
ancora, con la cera,
e dopo le stropiccio.
Pensavo fosse amore
e invece era un capriccio.
E se anche fosse? Immagina:
se fosse solo questo?
Melensa testardaggine
che serve da pretesto
ai bassi istinti, all’alea
(la freccia di Cupido),
a dare un po’ di sale
alla squallida libido;
che cosa cambia?
La vita è più ampia
così, e vera.
Pensavo fosse amore
e lo era, lo era.
Lascio che mi raggiungano
le immagini che spargo.
Il tempo non si allunga, no,
ma si può fare largo.
Io ti scrivevo lettere
appassionate e oscene
e ora potrei scommettere
che le hai buttate: bene.
Mi sembra giusto.
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La nostra terra di nessuno
Entra il tram nel solco,
nel canale di scolo
di lacrime, piogge acide e latrine.
Tremano le carrozze
mentre evito le pozze
come se l’acqua nascondesse mine.
Ripenso alle poltrone al cinema,
a quanto fossero vicine
all’uscita e, quindi, alla fine;
camminare sopra una grata
è ancora un rischio inopportuno.
Nel mezzo del diluvio
vado per via Vitruvio
e Settembrini e Cincinnato e viale,
mi pare, Tunisia
per arrivare in via
Settala, dove imbocco la spirale
vertiginosa delle scale
con cui verso di te si sale
al più non mi ricordo quale
piano. Milano è diventata
la nostra terra di nessuno.
Mappa del tesoro
Ti cerco a destra e a manca
– e soprattutto a manca – e sopra e sotto.
Quanto mi stanca
mettere di traverso il numero otto
e a te moltiplicandolo
rendere il senso della mia ricerca.
Ho perso il bandolo
e il labirinto si misura in circa.
Donna che sei svanita
e volatilizzandoti dissolta
dalla mia vita
quanto vorrei vederti un’altra volta.
Alla fermata del bus,
sul molo, all’aeroporto, alla stazione.
Il mondo è un rebus
di cui nessuno sa la soluzione.
Perché – ne sono certo –
le cose hanno un significato loro,
come un lacerto
di una distrutta mappa del tesoro.
Donna che sei svanita
ti trovo dove solo in parte sono:
tra le mie dita,
sotto le palpebre, nell’ultrasuono
e negli spazi bianchi
tra le parole “ancora” e “amo” e “ti”.
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Segnali di fumo
Quanto mi manchi
tu che ora sei ovunque ma non qui.
È tanto tempo che non sei con me
e non so più che cosa fai.
È così tanto che non so quant’è
e forse non potrò saperlo mai.
Gli ultimi spiccioli non a Caronte,
li lascio in mancia ad una cameriera.
Nel parco, ah quanto avrei voluto con te
attendere che si facesse sera.
Tant’acqua è già passata sotto al ponte,
una lunghissima fiumana nera.
È tanto tempo e mi ricordo che
tutto appassiva ed era estate.
È così tanto che non so quant’è:
continuano a confondersi le date.
2006, duemila e novecento
verso la fine della primavera.
Le candeline che non ho mai spento
hanno versato lacrime di cera.
Tant’acqua è già passata sotto al ponte
ed ogni istante non è più com’era.
Il tempo passa inesorabile e
mi rode dentro come un tarlo.
È così tanto che non so quant’è,
ma so che non potrò recuperarlo.
Segnali affumicano l’orizzonte:
neanche la luna ormai li tollera.
Notizie ambigue giungono dal fronte,
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Giù nel gorgo
Nel Quadrilatero
cerchi alla testa:
quanto mi costa
una batosta
e fare il satiro
per rendere Milano un luogo ameno!
Le ombre nei vicoli,
le luci al neon.
Chiedo a Matteo
se il galateo
ci ponga ostacoli.
“A te non so” risponde lui “ma a me no”.
Perché lo scorcio
della barista
mi manda in estasi
e mi rattrista;
mi sento il sorcio
che gusta nella trappola il veleno.
Mi attacco al vino
come a un catetere.
Il caos è il meno
che può succedere
con qualche eccesso
la renda in vomito
in fondo al cesso.
Scroscia lo scarico
dello sciacquone
e mi rammarico
senza emozione
per tanto spreco.
Sulle piastrelle
cammina un geco.
Lo chiamo e l’eco
ritorna accapponandomi la pelle.
Come un reality
parlo di nulla.
Qualcuno balla
sulla mia spalla,
mischiamo gli aliti
cattivi e rutta:
siamo alla frutta.
La soluzione
sembra essere aggrapparsi subito alla
ceramica.
Per strada i triangoli
mostrano un varco
tra stelle e sterco.
Perciò ti cerco,
anche se gli angeli
pare assodato ormai che non esistono.
restando al tavolo.
Inclino i piani,
prima che il diavolo
si prenda l’anima
Da tanto brancolo
nel buio pesto,
fuori asse e posto;
resto nascosto.
e alzando il gomito
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Ma sono stanco (l’ho
già detto?): cose note, e anche così stono:
cerco di infrangere
vetrine, specchi
e altri balocchi,
abbasso gli occhi
se leggo danger e
bestemmio addirittura un po’ (ma Cristo, no).
E poi confesso
i miei peccati,
escluso il sesso
e i derivati.
mentre io precipito.
E quando dormo
in via Palermo
sempre confermo
ed anzi accelero
questa mia brutta
caduta: è tutta
una questione
di principio (il secondo della termodinamica).
Torniamo a casa sua, ubriachi marci;
chiedo a Matteo, mettendomi supino
sul suo divano, pieno di fiducia
e di speranza:
“Che cosa devo farci
con tutta questa vita che mi avanza?”.
Allora lui mi passa l’accendino
e dice: “Bruciala”.
Al contrabbando
del cuore brindo,
ahi ahi cantando
cielito lindo.
Ai vecchi amori
che porto dentro
andando fuori,
restando in centro
finché non sento
salirmi i brividi.
Non mi lamento
e faccio brindisi
a te, a te, a
tutti, mi pare.
Anche alla mia
malinconia,
che sa nuotare:
la butto in un bicchiere e torna a galla,
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che non dà mai del tu, ma usa il voi.
Nella sua camera lo specchio è infranto.
Le hanno tolto i sonniferi e i rasoi.
Le vengono senza motivo i brividi
ed ogni cosa le trasmette angoscia.
Come se fossero tatuaggi, ha lividi
sugli avambracci e sull’interno coscia.
L’orbita fissa si direbbe cava:
contempla avanti a sé pareti nere
e in sé le stesse, ancora… Bisognava
alla finestra mettere una grata:
senza, è fin troppo facile cadere
dall’Ostello della gioventù bruciata.
La corrente fa sbattere le porte
e ad ogni tonfo mi spavento e stempio.
Le cameriere parlano di morte;
il portiere e il facchino della Champions.
Allora affondo il viso nella federa
e spingo via i pensieri come biglie
per non pensare a quello che succederà.
Qualcuno collezionerà conchiglie
riempiendole di miele e di formiche,
qualcuno verrà assunto dalla Shell.
Io scriverò ancora alle mie amiche,
in alto a destra ometterò la data,
ma non il luogo, e cioè la stanza
dell’Ostello della gioventù bruciata.
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Sommario
Pensavo fosse amore
La nostra terra di nessuno
Mappa del tesoro
Segnali di fumo
MasterCard
Saggio sulla nostalgia
Due innamorati di dieci anni fa
Telefonata anonima
Questa non è una lettera d’amore…
Montréal; due bambini; scoiattoli
Ma questo non basta
Biglietto con fiori di plastica
Transiberiana
Oosterpark
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Crisi
Tre gradi di miopia
Prendo l’iPod e Cara Valentina…
Dal terzo piano
La discarica abusiva sulla Luna
Metropolitana
Compianto per un amico
Una notte ai Murazzi
Non fidarsi dei marinai (niente di personale)
Yohena
Visita a Montmartre
Se proprio devo e ahimè mi sa di sì…
Decisamente via Belfiore
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39
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41
42
Martini
Luca
44
46
Espresso notturno
21 giugno
Amsterdam free hugs
Ritratto di ragazza in movimento
Giù nel gorgo
Perdere la testa per Alice
La Dama di A’dam
Entro in un bar e prendo un cappuccino… La verità, vi prego, sulla morte
Wittgenstein
La fine della fin’amors
Il brutto vizio
Troppi giorni
Preparativi per un rogo
A.A.A.
Un incubo di quasi primavera
Matrioska
San Salvario, salvami tu
Dalla tenzone con Dante Alighieri, vinta dall’autore
a tavolino
Il lato oscuro della Ville Lumière
Negazione di san Pietro
Tutta colpa dei comunisti
La seconda signora Petrosino
Angelica che fugge
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Ostello della gioventù bruciata
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