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progetto caviglia - Kinetic Sport Center
PROGETTO CAVIGLIA 1 Introduzione Negli ultimi venti anni, grazie anche alla maggiore agiatezza socio-economica dell’italiano medio, si è potuta osservare una notevole coscientizzazione dell’importanza della cura del proprio corpo. Tale tendenza è confermata dalla sempre più ampia diffusione delle attività sportive in tutte le fasce d’età. Insieme a tale aumento della diffusione, tuttavia, si è registrato anche un incremento proporzionale dell’incidenza delle patologie cosiddette sportive. Le strutture maggiormente coinvolte in tali patologie sono quelle muscolotendinee degli arti inferiori, e in particolare quelle della caviglia. Di qui l’idea di elaborare un progetto rivolto ai soggetti appartenenti a qualsiasi fascia d’età ed in particolare agli sportivi, essendo quest’ultimi coloro maggiormente interessati dalle patologie più frequenti in traumatologia. Tale progetto mira a fornire informazioni utili al paziente al fine di renderlo consapevole della propria patologia e del successivo trattamento terapeutico (conservativo e/o chirurgico ), con particolare attenzione agli aspetti riabilitativi; condizione, quest’ultima, essenziale affinchè il soggetto assuma un ruolo attivo durante il trattamento riabilitativo ottenendo così il massimo recupero funzionale possibile. Anatomia della caviglia La caviglia è la parte della gamba posta immediatamente al di sopra del piede. L’articolazione della caviglia è costituita dal perone e dalla tibia (superiormente,esternamente ed internamente) e (inferiormente) dall’astragalo, un osso del piede; si chiama infatti articolazione tibio-peroneo-astragalica o tibio-tarsica ed è di tipo a troclea o ginglimo, in quanto costituita da capi ossei di forma cilindrica. Le estremità delle ossa sono rivestite dalla cartilagine, un tessuto connettivo di sostegno, privo di vasi sanguigni, che fa sì che le ossa, durante il movimento, “scorrano” tra loro quasi senza resistenza. E’ presente inoltre la capsula articolare, manicotto di tessuto connettivo denso, che si inserisce tra i segmenti ossei in connessione rivestendo completamente l’articolazione; all’interno vi è la membrana sinoviale, che secerne un liquido vischioso per facilitare lo scorrimento tra le due superfici a contatto. L'articolazione della caviglia è stabilizzata dai legamenti, che permettono il movimento e tengono insieme la struttura ossea: il legamento deltoideo (o mediale) di forma triangolare e i tre legamenti collateral esterni: il legamento peroneo-astragalico anteriore, il legamento peroneo-astragalico posteriore ed il legamento fibulocalcaneale. Il legamento deltoideo sostiene il lato mediale dell'articolazione; si distacca dal malleolo mediale della tibia e si espande in quattro fasci (due anteriori, uno mediale ed uno posteriore) che si inseriscono in quattro punti: il legamento tibionavicolare (posto anteriormente) si inserisce sullo scafoide; il legamento tibioastragaleo anteriore (posto anteriormente) si inserisce sul collo dell'astragalo; 2 il legamento tibiocalcaneale (posto medialmente) si inserisce sul sustentaculum tali del calcagno; il legamento tibioastragaleo posteriore si inserisce sulla faccia mediale dell'astragalo. I legamenti peroneo-astragalico anteriore e posteriore rinforzano la parte laterale dell'articolazione, dal malleolo laterale della fibula all’estremità dorsale dell'astragalo. Il legamento fibulocalcaneale si distacca dal malleolo laterale e si inserisce sulla superficie laterale del calcagno. A queste complesse strutture vanno aggiunti i muscoli, i tendini e retinacoli, sia del comparto laterale che di quello mediale. I principali sonno raffigurati nell’ immagine sottostante. 3 Cenni di fisiologia articolare Il movimento concesso dalla caviglia è la flesso-estensione con una ampiezza di circa 90°,dai -75° ai +15° rispetto la posizione di partenza considerata con il piede a 90° rispetto l'asse della gamba. Importante è anche il movimento di inversione-eversione del piede con fulcro nella articolazione sottoastragalica. 4 Principali patologie della caviglia Distorsione della caviglia La distorsione alla caviglia è il più frequente trauma muscolo-scheletrico dell'arto inferiore. Gli sport dove questo trauma è più frequente, in ordine crescente, sono i seguenti: pallavolo (56%), basket (55%), calcio (51%) e la corsa di resistenza (40%); traumi distorsivi si possono anche riscontrare nelle attività del tempo libero e negli incidenti domestici. Per distorsione si intende la perdita momentanea ed incompleta dei rapporti articolari fra due capi ossei. Il più frequente meccanismo di infortunio è in inversione (rotazione interna della pianta del piede) che comporta un interessamento del compartimento legamentoso esterno della caviglia. Quest’ultimo è formato da 3 legementi principali: -legamento peroneoastragalico anteriore ; -legamento peroneocalcaneale ; -legamento peroneoastragalico posteriore. Il legamento maggiormente interessato nel meccanismo lesivo in inversione è il peroneo astragalico anteriore (PAA) seguito dal peroneocalcaneale (PC) e dal peroneo astragalico posteriore (PAP) Meccanismo traumatico in INVERSIONE Le distorsioni in pronazione, più rare, coinvolgono invece il compartimento legamentoso interno, costituito essenzialmente dal legamento deltoideo con i suoi fasci superficiali e profondi. 5 QUADRO CLINICO E DIAGNOSI Dolore vivo, localizzato a livello della zona anteriore del malleolo peroneale, che insorge durante la palpazione; Tumefazione modesta o cospicua a livello periarticolare ed articolare, segno della rottura della piccola arteriola passante al di sopra del legamento peroneo-astragalico anteriore (segno di Robert-Jaspert); Limitazione funzionale causata dal dolore che il paziente avverte durante i movimenti dell'articolazione; Instabilità dell' articolazione tibiotarsica L’instabilità, anteriore o posteriore, dell’articolazione tibio-tarsica si quantifica attraverso due tipi test, che vengono rispettivamente definiti “segno del cassetto anteriore” e “segno del cassetto posteriore”. Test del cassetto anteriore: risulta positivo nella lesione del legamento peroneoastragalico anteriore, specie se associata a lesioni capsulari o del fascio tibionavicolare. L’operatore stabilizza la caviglia con una mano mentre con l’altra mano spinge posteriormente la tibia. Test del cassetto posteriore: risulta positivo nella lesione del legamento peroneoastragalico posteriore. L’operatore deve con una mano afferrare la superficie anteriore del piede,con l’altra la faccia posteriore della tibia ed effettuare una trazione anteriore di quest’ultima. 6 Test della stabilità mediale: In questo test l’operatore, con il paziente supino, afferra il piede eseguendo un’eversione passiva, la presenza di un gap deve far sospettare una rottura del legamento deltoideo. Questi test non devono essere eseguiti in una fase acuta della lesione,in quanto il dolore e la relativa contrattura potrebbero impedire un’esatta valutazione della lesione. E’ necessario escludere mediante indagini radiografiche lesioni importanti (fratture malleolari, gravi rotture legamentose ecc.); inoltre l'ecografia consente di evidenziare la lesione delle strutture legamentose tipiche della distorsione. In casi selezionati l'esame può essere completato con una RMN o TC. TRATTAMENTO A seconda della gravità,la distorsione può essere soggetta a: - Trattamento conservativo ( 80% dei casi) ; - Trattamento chirurgico. TRATTAMENTO CONSERVATIVO Per una corretta riabilitazione della caviglia, è molto importante conoscere il grado di distorsione sapendo che esiste un grado I, II e III. • Grado I (lieve): stiramento di uno o più legamenti con modico gonfiore e lieve limitazione funzionale. • Grado II (moderato): parziale lesione di uno o più legamenti associata ad edema e dolore, limitazione del movimento e modica instabilità. • Grado III (severo): lesione legamentosa completa accompagnata da edema marcato, stravaso emorragico, impotenza funzionale assoluta e una instabilità articolare. Nelle distorsioni di grado I è sufficiente seguire il protocollo R.I.C.E.: (Ice): Ghiaccio20 minuti 3 vv al di x 4-5 gg per ridurre il gonfiore (Compression): Bendaggio compressivo funzionale per l’edema e l’immobilizzazione della caviglia (Elevation): tenere l’arto sollevato sopra il cuore per le prime 48 ore. 7 Nelle distorsioni grado II e III la riabilitazione richiede 4 fasi: FASE 1 ( Fase acuta ) OBIETTIVI: Proteggere l’articolazione mediante tutore funzionale o bendaggi elastici. Minimizzare il quadro infiammatorio e attivare i processi di riparazione tissutale associando ghiaccio e terapie fisiche. Mantenere una situazione di carico adeguata mediante l’utilizzo di stampelle. FASE 2 ( Fase sub-acuta) OBIETTIVI: Riduzione continua della tumefazione,dell’infiammazione e del dolore Dare inizio ad una cauta mobilizzazione Iniziare esercizi di rinforzo e appropriati esercizi di carico Allenamento propriocettivo senza carico NOTE: In questo periodo vi è la proliferazione delle fibre collagene e stress eccessivi sui legamenti possono indebolire i tessuti. ESERCIZI TERAPEUTICI: Esercizi per il ROM attivi - Dorsiflessione - Supinazione - Circonduzioni del piede - Flessione plantare - Pronazione Esercizi di rinforzo - Esercizi isometrici nel raggio indolore Tricipite surale . Spingere il piede in avanti contro una resistenza (mano o muro). Tempo di lavoro 20 secondi con un recupero di 40 secondi. Ripetere l’esercizio per 5 minuti. 8 Tibiale anteriore. Spingere il piede indietro contro una resistenza manuale. Tempo di lavoro 20 secondi con un recupero di 40 secondi. Ripetere l’esercizio per 4 minuti. Contrazione isometrica dei muscoli intrarotatori esercitando una spinta dall’eversione all’inversione. Mantenere la spinta per 20 secondi,con un recupero di 40 secondi,ripetere per 3 minuti.(Tenere il tallone poggiato a terra e la pianta del piede alzata). Contrazione isometrica dei muscoli extrarotatori esercitando una spinta dall’inversione all’eversione. Mantenere la spinta per 20 secondi,con un recupero di 40 secondi,ripetere per 3 minuti.(Tenere il tallone poggiato a terra e la pianta del piede alzata). - Movimenti attivi delle dita 9 Esercizi propriocettivi in scarico In posizione seduta portare il piede in flessione plantare e dorsale per percepire e riconoscere la posizione del proprio corpo nello spazio e lo stato di contrazione dei propri muscoli, anche senza il supporto della vista. Esercizi di stretching in scarico Far eseguire uno stretching delle strutture posteriori della caviglia (tendine di Achille, strutture capsulo-legamentose posteriori) sotto la soglia del dolore. Si chiede di portare il piede in flessione dorsale e mantenere per 30 secondi. Ripetere per 5 minuti. Utilizzare preferibilmente un elastico o un asciugamano. Far eseguire uno stretching delle strutture anteriori della caviglia(tibiale anteriore e strutture capsulo-legamentose anteriori). Portare gradualmente il piede in flessione plantare e mantenere per 30 secondi. Ripetere per 5 minuti. 10 FASE 3 ( Fase riabilitativa ) Questa fase è dedicata al recupero della deambulazione corretta e dell'articolarità,nonché al recupero della forza muscolare ed all’affinamento del lavoro propriocettivo. OBIETTIVI: Incrementare il ROM indolore Rinforzo muscolare ed allenamento propriocettivo progressivi. Carico completo senza dolore e deambulazione non compensata. ESERCIZI TERAPEUTICI: Stretching Mobilizzazione dell’articolazione contro resistenza Rinforzo: Esercizi in carico - Sollevare i talloni - Mettere un piede sul gradino - Un quarto di accovacciamento Esercizi eccentrici,concentrici e isotonici (Theraband e cavigliere con pesi) Isocinetica ( Tapis-roulant,Cyclette... ) Allenamento propriocettivo fino a carico completo - In piedi su tavoletta oscillante - Esercizi in appoggio monopodalico 11 Continuare con le tecniche fisioterapiche secondo necessità per prevenire il ripresentarsi di dolore e tumefazione Usare bendaggio adesivo di sostegno,secondo necessità. NOTE: eseguire uno stretching controllato dei muscoli e un movimento articolare corretto favorisce un orientamento più normale delle fibre collagene del legamento che si sta cicatrizzando. FASE 4 ( Fase funzionale ) Lo scopo di quest’ultima fase è quello di portare il paziente ad effettuare tutti i gesti tecnici specifici tipici del suo sport senza timore e ad un livello pre-infortunio. OBIETTIVI: Recuperare tutta la forza,coordinazione e destrezza presenti prima del trauma Ritorno all’attività Prevenzione delle recidive ESERCIZI TERAPEUTICI: Continuare con la progressione del ROM ed esercizi di rinforzo Sono obbligatori un rinforzo ed un allenamento sport-specifici Sostegno protettivo preventivo,secondo necessità. NOTE: tra le complicanze più frequenti di un trauma distorsivo della caviglia vi è la persistenza di un senso di insicurezza ed instabilità che rischiano di causare una nuova distorsione (recidiva). All’origine di tale problema vi è una lesione delle fibre nervose propriocettive che informano il cervello della posizione della caviglia durante il movimento; si hanno quindi uno scorretto schema di movimento ed una cattiva postura. Dunque è importante che alla fine del trattamento il paziente esegua un programma di mantenimento che comprende sia esercizi di potenziamento che esercizi propriocettivi. TRATTAMENTO CHIRURGICO Nei quadri di instabilità cronica molto gravi può trovare indicazione il trattamento chirurgico di plastica legamentosa esterna che prevede l'utilizzo del tendine del muscolo peroneo 12 breve, variamente ripiegato a rinforzare la parte laterale della caviglia. Si pratica un tunnel nel malleolo peroneale attraverso cui viene fatto passare il tendine prelevato. L'intervento viene seguito da circa 35 giorni di immobilizzazione e da successiva rieducazione. La ripresa dello sport è prevista dopo 4 mesi. Principi generali della riabilitazione post-chirurgica Dopo l’operazione viene applicato uno splint di gamba con la caviglia in leggera pronazione: il paziente non deve caricare. Settimana 1-2: o Quando la tumefazione si è ridotta,applicare un gesso di gamba per camminare con la caviglia in posizione neutra o Se tollerato,concedere il carico con il gesso. Settimana 4: o Rimuovere il gesso e applicare un air splint come protezione o Iniziare esrcizi per il ROM ed esercizi isometrici per il rinforzo dei peronei Settimana 6: o Dare inizio ad esercizi propriocettivi e di equilibrio Settimana 8-12: o Il paziente può tornare a fare sport se la forza dei peronei è normale. Rottura tendine di Achille Negli ultimi anni il continuo aumento del numero e dell’età media delle persone che praticano attività sportiva ha portato ad un conseguente incremento di lesioni tendinee, tra le quali la rottura del Tendine d’Achille è una delle più frequenti. È bene ricordare che oltre agli sportivi (maggiormente esposti a questi traumi) queste lesioni possono interessare anche pazienti di una certa età che presentano patologie vascolari, disturbi metabolici e ormonali, oppure che fanno uso di particolari farmaci ( steroidi e fluorochinoloni ) che possono indurre una rottura spontanea. Il Tendine d’Achille è il tendine più largo e più forte del corpo. Origina dalla fusione dell’aponeurosi dei muscoli gastrocnemio e soleo e si inserisce a livello del calcagno; il tendine non ha una vera guaina sinoviale, ma è rivestito dal paratenon che ha uno spessore variabile. Solitamente la rottura è localizzata a circa 3-6 cm dall’inserzione calcaneare del tendine in quanto questa è la porzione meno vascolarizzata e più sottile. Esistono numerosi fattori predisponenti che possiamo dividere in intrinseci ed estrinseci. 13 o Fattori intrinseci: età, sovrappeso, tendinosi, ipoestensibilità della catena muscolare posteriore, deficit relativo di forza a carico del tricipite. o Fattori estrinseci: terreni duri, calzature rigide, infiltrazioni intratendinee con corticosteroidi, terapia antibiotica con fluorchinolonici, errato incremento dei carichi di lavoro in allenamento. Il quadro clinico è caratteristico: il paziente riferisce un dolore acuto di tipo trafittivo con impotenza funzionale. Raramente viene descritto un dolore modesto e in questi casi il paziente solo dopo alcune ore si rende conto di camminare “in modo strano” zoppicando vistosamente. All’esame obiettivo si può notare il classico segno clinico dell’avvallamento cutaneo dovuto alla depressione del Tendine d’Achille nella porzione della lesione in cui i due monconi si retraggono. Inoltre,nella rottura completa del tendine,il test di Thompson è positivo: la compressione manuale del ventre muscolare del tricipite surale non determina il movimento di flessione plantare. La diagnosi si avvale dell’esame clinico supportato da un esame ecografico che evidenzia molto bene l'interruzione delle fibre tendinee e permette di distinguere tra le rotture totali e quelle subtotali. Nel sospetto di una lesione intratendinea si richiede una RMN. TRATTAMENTO La sutura chirurgica (tenorrafia) è il trattamento elettivo salvo rare eccezioni (anziani sedentari, donne in gravidanze, pazienti con un basso potenziale di cicatrizzazione ad es. quelli diabetici). La riparazione chirurgica offre un tasso inferiore di nuova rottura,un più veloce ritorno alla piena attività e,teoricamente,un più alto livello di funzionalità. TRATTAMENTO RIABILITATIVO POST-CHIRURGICO Il protocollo da noi utilizzato prevede una immobilizzazione con tutore in equinismo per 2-3 settimane e un tutore in flessione neutra per 4 settimane con carico permesso dopo la 4° settimana dall'intervento chirurgico. Negli atleti la ripresa dell’attività sportiva è prevista 14 non prima dei 5 mesi dall’intervento chirurgico dopo valutazione clinica e funzionale della gamba operata. FASE POST-OPERATORIA (infiammatoria) 0-40 giorni OBIETTIVI: Limitare l’infiammazione e l’edema mediante crioterapia Evitare danni al tessuto tendineo Correggere le anomalie biomeccaniche che sovraccaricano il tendine FASE DI RIPARAZIONE 40-80 giorni In questa fase si riduce gradualmente l’equinismo del tutore fino ad arrivare ad una posizione neutra del piede. OBIETTIVI: Controllo dell’infiammazione e dell’edema Prevenzione delle aderenze mediante massaggi specifici sulla cicatrice e sul tricipite surale Prevenzione dell’atrofia muscolare mediante elettrostimolazione e rinforzo delle strutture muscolari periferiche Recupero dell’escursione articolare mediante mobilizzazioni assistite Carico completo senza stampelle gradualmente NOTE: introdurre gradualmente sollecitazioni di carico al tendine. In questo modo si favorisce la formazione di collagene,si incrementa la dimensione delle fibrille migliorando inoltre il loro allineamento; quindi, in ultima analisi, l’esercizio terapeutico introdotto gradualmente incrementa la forza tensile del tendine. In questa fase la mobilizzazione attiva, lo stretching ed il massaggio della cicatrice, prevengono la formazione di aderenze e consentono un allineamento funzionale del neo tessuto ripartivo. Anche il dolore e l’edema vengono influenzati favorevolmente dall’esercizio, a patto che le sollecitazioni meccaniche non vadano a ritraumatizzare la zona lesa. FASE DI RIMODELLAMENTO E MATURAZIONE OBIETTIVI: Assenza di dolore e gonfiore Recupero completo dell’articolarità e della forza muscolare Recupero dell’elasticità tissutale Corretta deambulazione Miglioramento del tono e del trofismo muscolare Evitare contratture muscolari mediante periodiche palpazioni 15 ESERCIZI TERAPEUTICI: Mobilizzazioni passive ed attive del piede Esercizi di stretching in scarico del tricipite surale Esercizi di rinforzo isometrici ed isotonici dei muscoli della gamba Cyclette e tapis roulant Esercizi di propriocezione da seduto ed in stazione eretta NOTE: in questa fase è utile associare alla fisiokinesiterapia anche l’idrokinesiterapia a cadenza giornaliera. FASE DI RITORNO GRADUALE ALL’ATTIVITA’ OBIETTIVI: Ottimizzare la guarigione del tendine Miglioramento della propriocezione Ricondizionamento aerobico Ritorno graduale e controllato all’attività sportiva ESERCIZI TERAPEUTICI: Esercizi per il mantenimento del ROM Esercizi di stretching Esercizi complessi a catena cinetica chiusa Tapis roulant e stepper ellittico Core stability Pliometrie e propriocezione La Tendinopatia achillea 16 Sotto il termine di “tendinopatia achillea” rientra una serie di patologie che coinvolgono il tendine d’Achille, frequenti negli atleti praticanti sport in cui è presente la corsa; tali patologie si riscontrano anche nei soggetti sedentari, magari favorite da un semplice aumento ponderale. E’ opportuno differenziare tali patologie per impostare un intervento adeguato. Si parla di: - Peritendinite quando si ha l’infiammazione del paratenon, sottile membrana che avvolge il tendine; in genere si scatena per overuse e sovraccarichi funzionali. - Entesite o tendinopatia inserzionale quando la sede principale dell’infiammazione è la tuberosità calcaneare. Spesso associata alla peritendinite, è caratterizzata da un dolore acuto a livello dell'inserzione del tendine d'Achille. - Tendinosi caratterizzata dalla degenerazione del tendine nel suo spessore, rientra pertanto nel normale processo di invecchiamento; si possono evidenziare, con una ecografia, aree di necrosi e/o rotture della sostanza tendinea. CAUSE DELLA TENDINOPATIA Per gli sportivi solitamente la tendinopatia è causata da microtraumatismi ripetuti (uso di calzature inidonee, errori d’allenamento,campi di gara incongrui), eccesivo stress meccanico, a volte accoppiato a fattori congeniti (eccessiva pronazione del piede, supinazione ecc.); non si devono però sottovalutare altre cause, per esempio quelle farmacologiche. Infatti l’eccessivo uso di corticosteroidi, di alcuni antibiotici (ciprofloxacina e altri antibiotici) e altri farmaci (stanite, betaistina ecc.) può causare tendinopatie anche in assenza di stress meccanico eccessivo. Nei soggetti sedentari spesso la tendinopatia è associata a uno stile di vita non ottimale: cause comuni possono essere l’assunzione continuata di farmaci, il sovrappeso o una muscolatura debole; altri fattori eziologici sono rappresentati da alterazioni anatomiche e funzionali del piede, predisposizione genetica ed utilizzo di calzature non adatte. ANAMNESI ED ESAME OBIETTIVO Un’ attenta anamnesi ed un dettagliato esame clinico costituiscono la base della diagnosi corretta e del trattamento efficace dei disordini tendinei acuti e cronici. Durante l’anamnesi molta attenzione va posta nel valutare la presenza di malattie sistemiche di origine metabolica o infiammatoria, l’uso di terapie con farmaci corticosteroidei locali o generali o di antibiotici a base di fluorochinolonici. È importante stabilire se il paziente è in grado di sostenere il carico, di camminare o di continuare a lavorare o partecipare ad attività sportiva in seguito ad un episodio traumatico acuto. Bisogna avere l’esatta conoscenza dell’attività sportiva svolta dal paziente, se di tipo agonistico o amatoriale, conoscere le modalità di allenamento, il tipo di attrezzatura utilizzato, il terreno di allenamento, le calzature, ecc. 17 Bisogna conoscere, altresì, le abitudini di vita quotidiana e il tipo di attività lavorativa svolta. È altrettanto importante definire l’area in cui il dolore è più intenso e la sede che si presenta maggiormente dolente alla palpazione, nonché stabilire quali movimenti suscitano il dolore. Il dolore rappresenta il sintomo cardine delle lesioni tendinee. I pazienti lamentano tipicamente un dolore nell’area della porzione distale del tendine di Achille, 2-6 cm prossimalmente dall’area dell’inserzione calcaneare; spesso si sviluppa con le prime attività mattutine e può aumentare con l’esercizio fisico, mentre diminuisce con il riposo. Aumentando l’interessamento del tendine, il dolore può associarsi sia alla deambulazione, sia alla corsa. Alcuni pazienti svilupperanno infine un dolore anche a riposo. L’esame clinico dovrebbe essere effettuato tramite l’ispezione, la palpazione e valutando i movimenti passivi e attivi dell’unità muscolo-tendinea. L’ispezione dovrebbe fornire informazioni riguardanti la morfologia dell’unità muscolotendinea e la presenza di eventuali alterazioni morfologiche agli arti inferiori (varismo o valgismo delle ginocchia). La palpazione dovrebbe identificare la sede e l’entità della tumefazione delle parti molli, la sede di possibili aree edematose e crepitanti, l’ipotrofia dei muscoli del polpaccio, la presenza di noduli intorno alle strutture tendinee o di altri difetti tendinei, nonché la localizzazione precisa delle aree dolenti. All’esame obiettivo, nella peritendinite, possono essere notati iperestesia localizzata alla palpazione, tumefazione, riduzione dell’arco di movimento, ispessimento del tendine, aumento della temperatura locale, edema ed eritema. Con alcuni movimenti può essere udito anche il crepitio del tendine in caso di tenosinovite stenosante acuta. Completata questa fase dell’ispezione e della palpazione , devono essere controllati i movimenti passivi ed attivi dell’unità, entro i limiti consentiti dal dolore. Il tendine dovrebbe essere esaminato con l’articolazione tibio tarsica sia in flessione plantare che in dorsiflessione; dovrebbe essere palpato con l’articolazione rilasciata a livello dell’inserzione e quindi lungo il suo decorso in direzione prossimale. La tendinosi è spesso asintomatica e rimane subclinica fino a quando non si presenta come una rottura, che può provocare un disturbo legato all’attività. Nei pazienti con tendinosi dell’achilleo, il segno dell’arco doloroso è positivo dato che la porzione ispessita del tendine si muove con la flessione plantare e dorsale attiva della caviglia, in contrasto con la peritendinite in cui l’area di dolorabilità rimane nello stesso punto nonostante i movimenti di flessione dorsale e plantare della caviglia. La diagnosi, basata sul quadro clinico, viene confermata dai seguenti esami strumentali: o Ecografia -> chiarisce la sede, il grado e l’estensione della lesione. o Rx -> può rivelare la presenza di calcificazioni o ossificazioni all’interno del tendine, nonché formazioni anomale (spina calcaneare, profilo del calcagno sfavorevole ecc.). o RMN -> per le forme più complesse. 18 TRATTAMENTO Il trattamento conservativo spesso è sufficiente a dominare la patologia. FASE INFIAMMATORIA (0-6 giorni) OBIETTIVI: Limitare l’infiammazione mediante applicazioni ripetute di ghiaccio durante il giorno (15-20 minuti), antinfiammatori topici, terapia fisica (ultrasuoni, laserterapia, ionoforesi); Riposo attivo: si tratta di ridurre, variare o sospendere l'attività sportiva a seconda della gravità della situazione; “Scarico” del tendine attraverso l’utilizzo di ortesi (rialzi calcaneari di 1-2 cm). FASE PROLIFERATIVA O DI RIPARAZIONE (7-21 GIORNI) OBIETTIVI: Controllo dell’infiammazione; Prevenire la formazione di aderenze mediante massaggi specifici e lo stretching; Prevenire l’atrofia muscolare ed il blocco dell’articolazione tibiotarsica attraverso la mobilizzazione articolare ed introducendo gradualmente gli esercizi terapeutici (isometrici, concentrici ed eccentrici). Esercizi eccentici (esempi): Per lavoro eccentrico si intende quella condizione in cui il muscolo è in contrazione ma si allunga. Esercizio no1: Stazione eretta, ginocchio esteso, in appoggio su un avampiede su un piccolo rialzo; scendere con il tallone (allungando il tricipite), mantenendo il ginocchio esteso. La risalita può essere eseguita aiutandosi con l’altra gamba. 19 Esercizio N02: Simile all’esercizio n.1, ma il ginocchio va tenuto in leggera flessione. FASE DI RIMODELLAMENTO (21 GIORNI A SEGUIRE) OBIETTIVI: Assenza di dolore e gonfiore; Recupero della propriocettività, recupero completo dell’articolarità e della forza muscolare aumentando progressivamente i carichi; Recupero dell’elasticità tissutale; Riduzione di eventuali fattori predisponenti. Note: Di fondamentale importanza è la valutazione baropodometrica per il conseguente confezionamento di plantari correttivi o rialzi bilaterali per scaricare il tendine; altresì importante risulta la valutazione del chiropratico per risolvere blocchi articolari del piede, spesso presenti nei quadri cronicizzati. Se 4-6 mesi di trattamento conservativo non hanno ridotto i sintomi, generalmente è indicato il trattamento chirurgico. TRATTAMENTO CHIRURGICO per le paratendiniti -Tecnica Il paziente è prono:viene applicato un laccio emostatico alla coscia. Si esgue un’incisione longitudinale posteromediale lungo il tendine di Achille. Il paratenon ispessito e le aderenze vengono rimossi posteriormente, medialmente e lateralmente se è necessario. TRATTAMENTO CHIRURGICO per le tendinosi - Tecnica Il paziente è prono con un laccio emostatico sulla coscia e i piedi che pendono dal bordo del tavolo. L’incisione viene fatta posteromedialmente subito accanto al bordo del tendine. Il parate non ipertrofico che aderisce al tendine viene esciso; viene eseguita un’incisione longitudinale all’interno del tendine sopra la parte ispessita per esporre le aree di necrosi centrali del tendine. Le zone degenerate vengono escise. Lo sbrigliamento è seguito da una chiusura laterolaterale per riparare ogni difetto. Note: prima dell’operazione eseguire una RM per confermare la diagnosi e pianificare le procedure operatorie. La sindrome da impingement L'impingement è una limitazione meccanica dolorosa dell'arco di movimento di un'articolazione dovuta ad una causa ossea o dei tessuti molli. Nella caviglia l'impingement è la conseguenza di un'infiammazione della capsula articolare o della membrana sinoviale secondaria a traumi (distorsioni, fratture, microtraumi ripetuti), 20 infezioni, malattie reumatiche o degenerative. Può essere coinvolta sia la porzione anteriore (impingement anteriore) che posteriore (impingement posteriore) della caviglia. LE CAUSE Impingement anteriore attività che causano una flessione dorsale forzata del piede (per esempio la danza); attività che causano microtraumi ripetuti sulla caviglia (es. l'urto con la palla nel calcio) può determinare la formazione di uno sperone osseo sulla tibia o sull'astragalo o delle calcificazioni (impingement osseo); distorsioni di caviglia (la lesione dei legamenti o della capsula possono determinare una sinovite cronica con ipertrofia e conseguente impingement). Impingement posteriore attività che causano una flessione plantare forzata del piede (es. la danza); fratture; presenza di un piccolo osso accessorio (os trigonum) che talvolta può avere dimensioni eccessive e può rimane intrappolato tra la tibia e l'astragalo nei movimenti di flessione plantare del piede; 21 lesioni osteocondrali; tendiniti del flessore lungo dell'alluce o del tibiale posteriore. I SINTOMI Sono caratterizzati principalmente da: dolore in flessione dorsale o plantare del piede ; lieve tumefazione locale (spesso assente); progressiva diminuzione dell'escursione articolare; zoppia LA DIAGNOSI La diagnosi viene solitamente posta sulla base di: un'accurata storia clinica (anamnesi); l'esame clinico, durante il quale viene ricercata la sede esatta del dolore e viene valutata l'escursione articolare residua; gli esami diagnostici strumentali quali le radiografie standard, l'ecografia, la risonanza magnetica e la TC. IL TRATTAMENTO conservativo, basato sul riposo funzionale, la fisioterapia, l'uso di plantari ed eventualmente di farmaci anti-infiammatori; chirurgico, in caso di insuccesso del trattamento conservativo Il trattamento chirurgico può prevedere: Artroscopia: si usa una piccola telecamera che permette di vedere in tempo reale e con un buon ingrandimento la possibile causa di impingement. L’eliminazione di eventuali osteofiti che comprimono i tessuti molli circostanti avviene mediante l’utilizzo di piccoli strumenti motorizzati. Tutto l’intervento é praticato attraverso dei 22 piccoli tagli della pelle. Le vie d’accesso sono (a seconda dei casi) la via anteromediale (medialmente al tendine tibiale anteriore) e quella antero-laterale (lateralmente al tendine distale lungo delle dita). Chirurgia convenzionale: non sempre è possibile ricorrere all’artroscopia e in questo caso si deve eseguire un taglio della pelle più esteso, per accedere in modo sicuro alle strutture anatomiche profonde, senza correre il rischio di lesionare importanti vasi sanguigni o nervi. Nel caso di impingement posteriore si rende generalmente necessario rimuovere l’os trigonum e quindi si deve posizionare il paziente a pancia in giù per avere una buona visuale della porzione posteriore della caviglia. In quest’ultimo caso si preferisce non usare la tecnica artrosopica ma piuttosto la tecnica tradizionale per il rischio di lesioni a uno dei molti rami nervosi o vasi sanguigni. TRATTAMENTO POST-OPERATORIO: kinesi attiva e passiva assistita della caviglia al 2° giorno; deambulazione con carico progressivo; carico completo dopo il 7° giorno; esercizi propriocettivi; ripresa dell’attivita’ sportiva: dopo circa 2 mesi (a seconda dei casi). 23 24